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EGI
L’impresa è un sistema cos1tuito da un insieme di risorse e di a)ori lega1 tra loro da relazioni
orientate alla realizzazione di a6vità e collegato a vari sogge6 esterni. È un’en1tà che va
compresa in base al suo contesto geogra=co e a quello storico di cui è parte e dai quali esso è
condizionato.
È un sistema cogni-vo poiché apprende e matura progressivamente una conoscenza che è alla
base del suo operare.
È un sistema complesso, composto da tante
par1 che interagiscono in modo non
semplice, e gerarchico, nel senso che i
soAoinsiemi che lo cos1tuiscono sono in
rapporto tra loro. La sua soluzione dipende
da molteplici faAori interni ed esterni e dal
modo in cui essi si combinano. Essa evolve
aAraverso un alternarsi di fasi di stabilità e
di cambiamento.
Vuol dire che è un sistema che evolve a par=re da sé stesso. L’impresa ha due proprietà
apparentemente contrastan1:
- Aperta, scambia risorse con l’ambiente di cui ne fa parte.
Impresa deve operare in modo da oHrire un’adeguata soddisfazione degli scopi di molteplici
sogge6. Quindi deve essere guidata dal meta-obie6vo di raggiungere e mantenere nel tempo le
condizioni necessarie per soddisfare in maniera adeguata le aspeAa1ve dei suoi diversi
stakeholders. Tali condizioni sono in par1colare:
- raggiungimento dell’equilibrio economico, in condizioni di sostenibilità ambientale e sociale
- creazione di valore per la comunità
- arricchimento del patrimonio di risorse disponibili
- raHorzamento delle capacità di u1lizzazione delle risorse disponibili
Sono de=nite familiari le imprese in cui più membri di una stessa famiglia sono coinvol1 nella
proprietà o nella ges1one del business. Esse sono individua1 in base alla quota capitale detenuta
dai membri della famiglia e necessaria a oAenere il controllo dell’impresa. Quindi se i membri
della famiglia hanno una quota di proprietà pari almeno al 50% del capitale sociale. (25% se
quotata).
Nell’impresa familiare i con=ni tra famiglia e business risultano molto sfuma1 con la conseguenza
che priorità, emozioni e obie6vi lega1 al nucleo familiare spesso si sovrappongono alle esigenze
di performance aziendale. Il SEW “Socioemo1onal Wealth Theory” suggerisce che il =ne ul1mo
delle decisioni nelle imprese a controllo familiare sia il mantenimento del patrimonio “aHe6vo”
dei membri della famiglia. Con SEW si fa dunque riferimento all’insieme di faAori non economici
presen1 nell’impresa familiare e che ne guidano decisioni e comportamen1. Le principali scelte
aziendali sono guidate dal desiderio di preservare o incrementare la SEW.
Cinque dimensioni fondamentali del SEW:
1) Controllo e inCuenza esercita= dalla famiglia sul business. AspeAo fondamentale a[nché i
membri della famiglia possano perseguire i loro obie6vi aAraverso il business. A[nchè
obie6vi non economici giochino un ruolo chiave nei processi decisionali è essenziale che
sussistano elemen1 di ability e willingness dei membri della famiglia a perseguire tali goal.
2) Senso di iden=tà tra impresa e famiglia.
Poiché il nome dell’impresa corrisponde al nome della famiglia proprietaria, il tema
dell’iden1tà risulta par1colarmente accentuato non solo nella sua dimensione interna, ma
anche esterna, ovvero con riferimento alla percezione da parte degli stakeholders. Quindi
tanto più è elevata la visibilità della famiglia all’interno dell’organizzazione quanto più il
des1no di famiglia e impresa risultano lega1 insieme.
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Può avere per l’organizzazione l’eHeAo bene=co di moderare l’impaAo che gli obie6vi non
economici hanno nelle decisioni strategiche aziendali, riorientando i goal aziendali verso
considerazioni più streAamente di performance.
2) Compe--vo = è cos1tuito dagli aAori e dalle condizioni che interagiscono direAamente con
l’impresa, inauenzandone le scelte compe11ve. I faAori rilevan1 di tale ambiente possono
essere precisa1 con riferimento al business in cui l’impresa è impegnata: ambiente
compe--vo del business. Esso è un ambiente compe11vo che si riferisce al singolo mercato
usato dall’impresa, nelle imprese che realizzano più prodo6.
Il criterio che permeAe di dis1nguere le componen1 (aAori e condizioni) dell’ambiente esteso e
compe11vo è la natura dell’interazione tra impresa e componen1. Due 1pologie di interazione:
- passiva, gli aAori inauenzano l’a6vità dell’impresa ma non il contrario, ques1 aAori li
troviamo nell’ambiente esteso.
- aAva, l’impresa può inauenzare gli aAori in modo passivo e a6vo.
Nell’ambiente esteso possiamo trovare o2o 1pologie di aAori: acquiren=, concorren=, fornitori,
distributori, inves=tori, autorità pubbliche, forze sociali e organismi rilevan=. Questo ambiente va
suddiviso in cinque categorie di condizioni:
- Economica: Pil, occupazioni, interessi, debi1/de=cit, aAra6vità inves1men1 esteri, ecc.
- Tecnologia: protezione breve6, trasferimento di tecnologie.
- Poli-co is-tuzionale: sistema is1tuzionale, stabilità poli1ca, poli1che =scali, apertura
internazionale
- Socio-culturale: struAura sociale, orientamen1 culturali, composizione forza lavoro ecc.
- Condizione ambientale: cambiamen1 clima1ci, rischio even1 naturali catastro=ci ecc.
Esse vanno riferite al paese di appartenenza dell’impresa anche se stanno aumentando sempre di
più quelle a dimensione internazionale. Nel loro insieme, ques1 faAori determinano delle forze
che, oltre a inauenzare il comportamento dell’impresa, delineano il quadro di riferimento entro
cui essa orienta il suo sviluppo di lungo periodo. Le condizioni richiamate determinano un asseAo
che l’impresa deve considerare esogeno rispeAo alle proprie scelte strategiche, e ai rela1vi
comportamen1.
L’ambiente compe11vo dell’impresa ha delle interazioni con gli insiemi di aAori sia a6ve che
passive. Le interazioni possono avere natura diversa in relazione a:
- ripe==vità nel tempo
- grado di conCi2ualità
Le interazioni possono essere compe--ve, quando gli aAori sono in posizione conaiAuale o
coopera-ve caraAerizzate dall’elemento della collaborazione.
Per comprendere le condizioni dell’ambiente compe11vo e la dinamica delle interazioni, occorre
approfondire la con=gurazione delle forze compe11ve. Un modello preposto per questo compito
è il modello delle 5 forze di Porter:
Il primo aspeAo rilevante che determina l’intensità della concorrenza è il Grado concentrazione
del se2ore. La concentrazione può essere determinata in funzione di diverse variabili, tra cui
capire la sua quota di mercato (percentuale che ogni impresa ha rispeAo al totale del
faAurato/domanda/inves1men1). Esiste concentrazione assoluta e rela1va. Capire come tali
quote sono distribuite tramite una dimensione assoluta ci permeAe di ordinare in modo
crescente le varie imprese secondo le varie quote di mercato) e rela1va (confrontare la
distribuzione delle quote di mercato delle imprese rispeAo alla media delle quote di mercato del
seAore). Un indicatore molto diHuso è l’ndice di Hirschman-Her=ndal, se l’indice tende a 1 il
grado di concentrazione è più alto.
Il secondo è il livello della domanda rispeAo all’oHerta e barriere all’uscita. Se l’oHerta è
superiore alla domanda, le imprese devono ridurre il surplus dell’oHerta, tramite ad esempio
una guerra al ribasso dei prezzi, determinando una selezione naturale delle imprese. L’uscita di
aziende a volte è ostacolato da barriere d’uscita (sono ostacoli di natura struAurale che
rallentano o addiriAura impediscono l’uscita dal seAore), che sono dei cos1 per poter uscire del
mercato. Dipendono da:
- grado di idiosincrasia, se gli impian1 sono fortemente specializza1 essi non-possono essere
riu1lizzabili in altre a6vità
- interrelazioni con altri seAori
- interven- is-tuzionali (de=nite dalla legge, per non gravare magari sulla disoccupazione)
- azione di forze interne all’imprese
Il terzo è collegato alla struAura dei cos1. Da notare è il break even point (punto di equilibrio
economico), nel caso in cui i cos1 =ssi sono una porzione elevata dei cos1 totali anche una
riduzione limitata della quan1tà prodoAo determina una perdita rilevante. Per l’impresa è
quindi di vitale importanza accrescere la sua quota di domanda.
Il quarto è il Grado di diHerenziazione dell’oHerta (è una strategia compe11va) = meno sono
diHerenzia1 i prodo6 e più ci sono perfe6 sos1tu1, maggiori sono i prodo6 nella
diHerenziazione, minore sarà la concorrenza nei vari segmen1 di mercato di determinate
1pologie di prodo6. Più il portafoglio è ampio nella diHerenziazione minore sarà la sua
concorrenza nel mercato che andrà a servire.
2) Potenziali entranN
Due prodo6 sono sos1tu1 se l’elas1cità del bene è posi-va ed elevata: all’aumentar del prezzo di
uno, si espande in maniera notevole la domanda dell’altro. Questa compe1zione può essere
ridoAa operando sul prodoAo (qualità) o riposizionando il prodoAo (inserendo il prodoAo nella
mente del consumatore, diHerenziazione del prodoAo ad esempio se il consumatore ha un
bisogno nella sua mente appare subito il brand del prodoAo)
Le condizioni di un seAore sono inauenzate anche dalle caraAeris1che dei fornitori e acquiren1.
Ques1 ul1mi esercitano una pressione compe11va sulle imprese del seAore. Tanto più i fornitori
hanno il controllo della relazione con l’impresa cliente, quanto più tenderanno a imporre
condizioni contraAuali a loro favore. Stesse considerazioni valgono per gli acquiren1 nei confron1
dell’impresa che si trova a monte nella posizione di loro fornitore. Il potere negoziale tra le due
contropar1 di una transazione dipende dal rispe6vo potere contraAuale rela1vo. Esso è
determinato dalla capacita di una parte di rinunciare alla transazione con l’altra parte rispeAo
all’analoga capacità di quest’ul1ma. Il potere contraAuale ha un grosso impaAo sul prezzo.
Vi sono quaAro 1pologie di stakeholders esterni all’impresa che possono avere rilievo
sull’andamento dell’ambiente compe11vo:
• Autorità poli1che amministra1ve, che governano il territorio
• Autorità pubbliche di regolamentazione, dove appare necessaria una maggiore
regolamentazione del seAore (come nell’energia, telecomunicazioni, assicurazioni)
• Associazioni di rappresentanza, come quelle sindacali o industriali. Inauenzano il seAore tramite
la loro azione di lobbying
• Organismi della società civile, condizionano le dinamiche compe11ve e i risulta1 potenziali
dell’impresa
Le imprese per poter competere creano delle alleanze con sogge6 che sono esterni al seAore e
da quest’ul1me cercano di usufruire di conoscenze, tecniche, innovazioni.
È un gruppo di imprese che operano nello stesso stesso seAore, adoAando strategie simili. Le
imprese che appartengono ad uno stesso seAore tendono ad essere comparabili anche in
termini di dimensione organizza1va, modello produ6vo e asset societario. L’impresa de=nisce la
propria strategia e i rela1vi comportamen1 opera1vi tenendo conto degli altri sogge6
appartenen1 allo stesso raggruppamento strategico e non considerano coloro che appartengono
ad altri. I raggruppamen1 possono essere compos1 aAraverso l’u1lizzazione di variabili rilevan1
nel dis1nguere aspe6 chiave della strategia posta in essere. Diviso tra 2 modelli:
• Modello di AnsoS sviluppato negli anni 60, variabili = (prodoAo venduto, mercato di sbocco)
modello bidimensionale.
• Modello di Abel: prima tridimensionale e successivamente portato a 5 elemen1 (considerava il
gruppi di clien1, funzione d’uso, tecnologie u1lizzate e successivamente aggiunte estensione
geogra=ca, ampiezza ver1cale a6vità svolte cioè la crescita dell’impresa a monte acquistando le
imprese fornitrici o a valle acquistando canali distribu1vi)
L’ambiente rilevante per l’impresa è scelto per la sua percezione soggeAva. La percezione
sogge6va, aAraverso cui l’impresa de=nisce il proprio ambiente, si ar1cola aAraverso due aspe6:
- l’insieme di a)ori e di condizioni che l’impresa considera nel momento in cui intraprende
un’azione.
- le modalità con cui l’impresa decide di inauenzare gli altri aAori.
Queste 2 condizioni potranno determinare scelte che porteranno ad una sua evoluzione. È
fondamentale quindi che ci sia compa-bilità tra impresa e ambiente a[nché si innes1 al meglio il
suo percorso evolu1vo. Essa si manifesta nella sua capacità di:
- percepire al meglio le condizioni ambientali, minacce da neutralizzare e sfruAamento di tuAe le
opportunità.
- interiorizzare le energie oHerte dall’ambiente.
La percezione sbagliata può portare nel medio-lungo termini a di[coltà o alla crisi dell’impresa.
L’ambiente è sede di apprendimento per l’impresa, e cos1tuzione di relazioni.
Un ambiente complesso oHre all’impresa svariate opportunità spingendola ad ampliare il
patrimonio di conoscenze, quindi un’impresa con buone probabilità di riuscita dovrà essere in
grado di imparare ad apprendere
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L’impresa è sostenibile quando soddisfa in maniera equilibrata tu6 i suoi stakeholders interni ed
esterni con lo scopo di perseguire obie6vi economici, sociali e ambientali. Essa si preoccupa di
creare in condizioni di equilibrio =nanziario, valore economico. Allo stesso tempo, di o6mizzare
l’impaAo ecologico delle scelte aziendali.
La sostenibilità è quindi l’a6tudine generale al bene comune. L’approccio alla sostenibilità è
sempre il risultato di un percorso evolu1vo che ogni impresa compie con modalità e rapidità
diverse in relazione alle speci=cità proprie e del contesto in cui opera. In linea generale questo
percorso è ar1colato in 4 fasi 1piche:
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1) FASE INIZIALE
Nella prima fase l’impresa non ha una strategia ben de=nita per la sostenibilità; intende però
migliorare l’impaAo sociale e ambientale e opera in 4 modalità:
- Adesione formale ai valor insi1 della sostenibilità aAraverso la redazione documen1 aziendali
- Realizzazione di buone pra1che interne
- Supporto ad organizzazioni specializzate, con proge6 ed inizia1ve a vantaggio di sogge6 deboli
- Rendiconto delle a6vità e dei risulta1 raggiun1
Maturata la necessaria esperienza iniziale, l’impresa è nelle condizioni di delineare una vera e
propria strategia per la sostenibilità. Un importante evoluzione è la creazione di un’unità opera1va
a cui è a[data la responsabilità di predisporre la strategia da u1lizzare. StruAura spesso snella ma
formata da persone molto specializzate. Nelle aziende di grandi dimensioni è guidata da un
manager che ha 4 funzioni:
- ges-re il programma di sostenibilità
- coordinare della rendicontazione delle azioni svolte
- istruire i responsabili sul da farsi
- favorire interazioni con interlocutori esterni
Un ulteriore avanzamento dell’approccio alla stabilità è quando gli stakeholders sono coinvol1
direAamente -> stakeholder engagement.
4) FASE FINALE
Il percorso alla sostenibilità è completo quando l’impresa innova il suo business model in modo
che le misure per raggiungere il vantaggio compe11vo sono e[caci anche per sviluppare bene=ci
colle6vi e viceversa.
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La ges-one sostenibile genera risulta1 posi1vi non solo sul piano ambientale e sociale ma anche
su quello economico dando quindi vantaggi compe11vi come la reddi1vità a medio lungo termine.
In questa prospe6va, tali azioni possono essere valutate dal punto di vista economico-=nanziario.
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L’unione Europea ha delineato i principi basilari rela1vi all’impresa sostenibile nel Libro Verde.
Il Libro verde è un testo con la quale la Commissione europea illustra lo stato di un
determinato seAore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a cer1 problemi)->
promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale dell’impresa. Iden1=cando la
volontarietà dell’impresa Il Libro Verde precisa anche che le prassi socialmente responsabili
riguardano innanzituAo la dimensione interna dell’azienda. Rigurdano inoltre il modo in cui
l’azienda si rapporta con l’ambiente esterno e lo stakeholder’s engagement.
ILO Interna1onal Labour O[ce dà un importante azione di spinta per la sostenibilità delle imprese,
nell’ambito delle condizioni di lavoro. Indica le linee guida che le imprese dovrebbero avere nei
rappor1 con i lavoratori e con le rappresentanze sindacali.
Rivolto ancora alle imprese internazionali sono le OCSE Guidelines on mul1na1onal enterprises.
GRI Global Repor1ng Ini1a1ve creato nel 1997 fornisce un frame work standardizzato a livello
internazionale per la misurazione e la comunicazione agli stakeholders delle performance
aziendali in relazione agli obie6vi di sostenibilità. Nel GRI par1colare rilievo è a[dato allo
stakeholders’ engagement, inteso come l’impegno dell’impresa a coinvolgere i diversi
stakeholders interni ed esterni nell’aAuazione degli obie6vi di sostenibilità. È importante stablire
il processo con cui essi sono individua1 e le azioni con essi condivise.
Esso fornisce una struAura di indicatori, rela1vi all’impaAo economico e sociale dell’a6vità svolta
dall’impresa.
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In linea generale, tuAe le funzioni organizza1ve possono essere coinvolte dalle poli1che per la
sostenibilità. Le principali misure per la sostenibilità nelle funzioni aziendali sono:
1) OperaNons → le poli1che di sostenibilità hanno ambi1 di applicazione molto importan1
nelle a6vità di trasformazione e nella logis1ca. Nel primo ambito, si possono introdurre
innovazioni nei processi produ6vi miran1 alla riduzione di sprechi e al riciclo alcuni input
produ6vi. Nella logis1ca è importante ridurre il numero e la distanza degli spostamen1. È
importante anche il mobility management, =nalizzato a o6mizzare, dal punto di vista
ambientale i aussi di persone e merci da e verso si1 opera1vi di impresa.
2) GesNone fornitori → L’impresa aAua obie6vi di sostenibilità aAraverso un’appropriata
ges1one di 5 aspe6 del rapporto con i fornitori: selezione, richiesta standard ambientali e
sociali, a6vità monitoraggio, accompagnamento del fornitore nel processo di miglioramento
del suo grado di sostenibilità, acquisto prodo6 realizza1 dai fornitori con forte impegno sociale
e ambientale.
3) GesNone risorse umane → poli1che di sostenibilità sono sempre più pregnan1, per eHeAo
di 3 faAori: crescente spinta norma=va, rilevanza a2ribuita dalle persone alla qualità del
contesto lavora=vo, forte sensibilità verso equità tra2amen=. In alcuni ambi1, le misure a favore
dei collaboratori sono ormai consolidate e abbastanza comuni ormai, almeno a tuAe le imprese
abbastanza avanzate dal punto di vista della sostenibilità. Riferimento a sicurezza, benessere del
lavoro, formazione e sviluppo professionale, pari opportunità, trasparenza. DiHuse ormai le
esperienze di volontariato di impresa e lo smart working (maggior autonomia a dipenden1 nello
svolgere a6vità da un luogo =sico diverso rispeAo alla sede aziendale avvalendosi di suppor1
informa1vi). Rimane irrisolto il problema dell’eccessivo divario tra il livello di compenso
complessivo, riconosciuto a una stre6ssima cerchia di persone ai ver1ci dell’azienda.
4) MarkeNng → area fortemente coinvolta dalle poli1che di sostenibilità, dato che acquiren1
di prodo6 o servizi impresa sono uno dei suoi principali stakeholders. Tali poli1che riguardano i
contenu1 dell’oHerta presentata al mercato e le modalità di ges1one delle relazioni con i clien1.
In linea generale, l’impresa sostenibile si as1ene dall’aAuare pra1che commerciali che
danneggiano direAamente o meno il cliente. In sostanza impresa deve, con trasparenza e
correAezza, meAere il consumatore nelle migliori condizioni di scegliere il prodoAo o servizio da
acquistare. Si prevede quindi il non u1lizzo di materiali dannosi per l’ambiente. Tale principio
non è facilmente aAuabile in quanto si potrebbe comportare un maggior costo di produzione
del prodoAo e tener conto che numerosi rilevan1 prodo6 o servizi necessitano una produzione
che genera eviden1 eHe6 ambientali nega1vi: automobile, trasporto aereo in ques1 casi la
sostenibilità orienta l’impresa a inves1re fortemente in innovazione. Inoltre coniugare
l’orientamento alla sostenibilità con l’approccio di marke1ng diviene complesso quando il
consumatore richiede prodo6 manifestamente dannosi per l’ambiente o società: sigareAe,
armi, gioco azzardo. Anche la poli1ca di prezzo può essere inauenzata dalle istanze a favore
della sostenibilità. In primo luogo aAraverso la discriminazione di prezzo che comporta prezzi
diHeren1 a diHeren1 1pologie di consumatori. Si potrebbero favorire le fasce economiche più
deboli e allo stesso tempo si usufruirebbe di un eHeAo economico posi1vo per l’impresa, dato
da una maggior domanda e maggior faAurato. La comunicazione ha anche un ruolo importante
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nel nello viluppo di inizia1ve di cause related marke=ng, in cui un certo prodoAo o servizio è
promosso insieme ad una causa sociale (parte del ricavo devoluto all’organizzazione partner).
5) Relazioni con la Comunità → conceAo di corporate ci=zenship dell’impresa. L’impregno
dell’impresa a favore del territorio ove opera deve essere direAamente proporzionale al suo
impaAo e rilievo su tale contesto. È importante dis1nguere le misure per la sostenibilità da
quelle di 1po più semplicemente =lantropico, come ad esempio a6vità di assistenza sociale e
sanitaria e sostegno =nanziario alle a6vità recupero, e la sponsorizzazione. In linea generale,
l’impresa si impegna a organizzare le proprie a6vità aAraverso modalità che eliminano o
almeno minimizzano il rischio di eHe6 ambientali o sociali nega1vi per il contesto geogra=co
ove opera. In sostanza, l’impresa opera per la creazione di valore condiviso con il territorio di
cui è parte.
6) GesNone dell’innovazione → l’impresa può orientare la propria innovazione tecnologica al
raggiungimento di obie6vi di raHorzamento allo stesso tempo della sua compe11vità e del suo
grado di sostenibilità. Innovazione è =nalizzata tanto alle strategie compe11ve di crescita,
quanto a quelle per migliorare il valore sociale e ambientale. L’innovazione di impresa orientata
alla sensibilità genera bene=ci di rilievo anche colle6vo. Essa, in concreto, è orientata a: ridurre
impaAo nega1vo per la colle6vità di determinate a6vità colle6ve; soddisfare esigenze
individuale del proprio mercato target; innalzare qualità di altri sogge6 in ambi1 di rilievo
sociale; trainare il progressivo innalzamento standard riferimento di rilievo sociale.
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La governance aziendale è =nalizzata a migliorare la trasparenza delle relazioni tra gli inves1tori e
tra impresa e tra le diverse categorie di inves1tori. Sostenibilità e governance sono fortemente
interdipenden1.
È signi=ca1vo per una governance orientata alla sostenibilità l’esistenza nell’ambito del Consiglio
di Amministrazione di un comitato interno con competenze speci=che sui temi della sostenibilità;
importante che coinvolga gli stakeholders nelle scelte strategiche e nelle poli1che per migliorare il
grado di sostenibilità.
Nella pra1ca aziendale, si individuano 4 modalità di coinvolgimento degli stakeolders, ordinate per
un diverso grado di rilevanza.
- trasferimento di informazioni agli stakeholders è la modalità più semplice.
- inizia1ve forma1ve a loro bene=cio per aumentare la loro conoscenza su argomen1 rilevan1.
- dialogo, dando la possibilità di replicare raccogliendo suggerimen1 e commen1.
- regole e modalità per giungere a una decisione pienamente condivisa.
Il metodo prevede collaborazione tra impresa e stakeholders sia focalizzata anche sulla matrice di
materialità. Essa posiziona la sostenibilità in relazione a 2 dimensioni:
- importanza aAribuita agli stakeholders in relazione all’impaAo sociale o ambientale.
- rilevanza per l’impresa in termini di probabile inauenza sul suo sviluppo compe11vo.
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Tale innovazione può essere osservata con riferimento alle seguen1 4 variabili rela1va appunto al
coinvolgimento degli stakeholders:
- modalità
- strumen1
- ambi1
- sogge6
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3. LE RISORSE E LE COMPETENZE
DISTINTIVE NEL SISTEMA IMPRESA
Le imprese ed il loro creare valore possono essere dis1nte in funzione della rispe6va dotazione di
risorse. Negli ul1mi anni è nata una scuola di pensiero con un approccio interpreta1vo deAo
resource based. Esso considera le risorse come fondamenta principali dell’evoluzione di impresa.
Risorsa → tu2o ciò che per l’organizzazione che la de=ene e la u=lizza può essere considerato un
punto di forza o di debolezza.
In linea generale le risorse intangibili hanno la funzione di aumentare il valore prodoAo dai
processi opera1vi aAua1 dall’impresa, rendendo più e[ciente l’u1lizzazione delle risorse tangibili.
Questo incremento di valore può essere determinato in maniera diversa.
Le risorse intangibili producono i seguen1 bene=ci:
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Il capitale sociale consiste nell’insieme di relazioni esterne che l’impresa a6va grazie alla propria
capacità di connessione con i sistemi che cos1tuiscono il suo ambiente di appartenenza.
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o Nel 1957 Selznick usava questa espressione per indicare le a6vità che un’organizzazione è in
grado di aAuare in modo migliore rispeAo ai concorren1, cioè la capacità di integrare in modo
e[ciente le condizioni esterne.
o Hamit e Schoemaker hanno introdoAo il conceAo di Strategic asset per de=nire l’insieme di
risorse e competenze speci=che per l’impresa, scarse e appropriabili, di[cili da acquistare e
imitare, che conferiscono un vantaggio compe11vo.
o Hamel e Prahalad hanno ripreso il conceAo introducendo il termine core competences, intese
come competenze chiave/fondamentali, caraAerizzate da
1. contribuiscono a determinare il valore che l’impresa crea per il cliente
2. faAore compe11vo per entrare in nuove aree di business
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Le competenze dinamiche sono alla base della capacità dell’impresa di mantenere un vantaggio
compe11vo anche in merca1 caraAerizza1 da cambiamento con1nui e poco prevedibili. Esse
spiegano la capacità dell’impresa di innovare la propria oSerta e a)uare i cambiamen- strategici
e organizza-vi richies1 per an1cipare o rispondere in maniera adeguata all’evoluzione
dell’ambiente compe11vo. Le competenze dinamiche favoriscono il rapido cambiamento
strategico e organizza1vo per rispondere in maniera adeguata all’evoluzione dell’ambiente
compe11vo.
Esse sono fondamentali in ambien1 dove si manifestano condizioni di ipercompe-zione, dove i
faAori di vantaggio compe11vo sono molto instabili e quindi temporanei. In questa prospe6va, la
sola fonte di vantaggio compe11vo realmente sostenibile è la capacità di cambiare in maniera
coerente con l’evoluzione dell’ambiente esterno e mantenendo la massima aessibilità strategica e
organizza1va. Per aHrontare con successo il cambiamento ambientale, l’impresa deve disporre di
quelle competenze dinamiche che le consentono di creare, modi=care, ricombinare le risorse e le
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Per quanto riguarda la strategia intesa come acquisizione di risorse e sviluppo delle competenze
dis1n1ve, si de=niscono quaAro orientamen1 di fondo:
a) Accumulazione, capacita di accumulare e ges1re le risorse nel tempo all’interno dell’impresa.
b) L’integrazione, risorse e competenze sono collegate tra loro e reciprocamente fer1lizzate in
relazione allo sviluppo di faAori di vantaggio compe11vo.
c) Conservazione, che si applica come già visto nello sviluppo di faAori di ambiguità, la ricerca della
protezione legale, la co-evoluzione di risorse complementari.
d)Rinnovo del patrimonio delle proprie conoscenze chiave.
La strategia compe11va che ne deriva è volta ad u1lizzare nel modo migliore le risorse e
competenze dis1n1ve che ne derivano, e aAraverso queste, a raggiungere una certa posizione di
vantaggio.
I contenu1 della strategia intesa come valorizzazione e sfru)amento delle risorse disponibili si
ar1colano su quaAro aree:
a) Focalizzazione delle risorse e competenze dis1n1ve per raggiungere i migliori risulta1 nelle
a6vità che l’impresa ri1ene cruciali.
b) Combinazione, u1lizzazione di diverse risorse e competenze per accrescere il valore potenziale
e l’originalità dell’oHerta.
c) Leveraging delle risorse e competenze disponibili fa leva sulle competenze dis1n1ve già
sperimentate per operare con successo su nuovi merca-.
d) La replicazione interna delle competenze dis1n1ve.
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La teoria aziendalisi1ca individua due abilità per l’acquisizione del vantaggio compe11vo: resource
picking e capability building. La prima consiste nel sapere individuare e acquisire meglio e più
rapidamente dei concorren1 le risorse che hanno un potenziale valore. La seconda riguarda la
capacità di sviluppare le competenze dis1n1ve sfruAano al meglio il potenziale delle risorse e
innovare tali competenze quanto al cambiamento dell’ambiente.
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4. LA GESTIONE STRATEGICA
Nella strategia, l’impresa delinea un percorso evolu1vo per ges1re le interdipendenze con altri
sogge6 nel modo più e[cace, sfruAando al massimo i pun1 di forza.
L’elaborazione strategica è condizionata da:
1. ambiente in cui l’impresa opera, considerando la struAura del seAore, le dinamiche di mercato
e condizioni di caraAere più generale che inauenzano l’evoluzione dell’impresa.
2. condizioni interne (risorse disponibili), dimensione, ambiente geogra=co, struAura
organizza1va.
3. vision, mission e obieAvi a medio-lungo termine.
4. sistema dei valori consolida1 nell’impresa. Essi inauenzano la determinazione degli stessi
obie6vi e i comportamen1 tra aAori aziendali su ques1oni strategiche e quo1diane
dell’azienda. Tra i valori assume importanza lo sviluppo sostenibile.
Intesa come creazione di valore maggiore. Per individuare il vantaggio compe11vo dobbiamo
delineare i con=ni dell’area del business e i vari rivali.
FaAori cri1ci di successo: variabili che possono incidere su posizione compe11va delle imprese in
un seAore. Essi possono essere intesi da 2 pun1 di vista:
- Mercato, sono determinan1 dai vari aspe6 della domanda più rilevan1 per soddisfare bisogni
clien1
- Impresa, sono i vari aspe6 della propria organizzazione e della propria oHerta che la
dis1nguono dai concorren1, le consentono di soddisfare le esigenze clien1 e portano
acquisizione vantaggio compe11vo.
La creazione del valore: Ha posizione di vantaggio compe11vo quando riesce a creare valore in
modo superiore rispe2o alla maggior parte dei concorren= in un dato business. Essa è data dalla
diHerenza posi1va tra bene[cio ne)o (Bn) generato a vantaggio del consumatore e costo totale
(CT) sostenuto dall’impresa per la sua produzione. il bene=cio neAo per il consumatore è dato dal
bene=cio percepito dai clien1 meno i cos1 del consumatore per accedere al prodoAo e i cos1 di
transazione. Tanto maggiore è la distanza tra Bn e Ct maggiore sarà il valore creato. Per
massimizzare il valore quindi o si cerca di aumentare il Bn o ridurre il CT.
26
- ROE è un indice di reddi1vità del capitale proprio= (reddito neAo di esercizio/mezzi propri)* 100
Alla base del vantaggio compe11vo vi è la capacità dell’impresa di risultare diversa dai
concorren1, essa è determinata:
- dall’eWcienza opera=va. Svolgere a6vità simili ai concorren1 ma nel modo più e[ciente
possibile. EHeAo dis1nzione si sta riducendo nel tempo. All’interno stesso raggruppamento
strategico si nota una convergenza verso la fron1era tecnologica. Convergenza facilitata da
crescente diHusione delle best prac1ces tra imprese e u1lizzazione procedure benchmarking.
- dal posizionamento strategico. Originalità riguarda area mercato in cui si è rivol1 o modo in cui
oHerta è determinata per soddisfare i clien1.
La diversità alla base del vantaggio compe11vo deriva dal modo in cui l’impresa si rapporta al
cambiamento. L’impresa può essa stessa generare cambiamento, ovvero: innovare. Ma si può
trovare anche a dover aHrontare il cambiamento determinato da altri sogge6 nel suo ambiente
rilevante; può farlo prima o meglio dei concorren1. È quindi elemento di grosso vantaggio
muoversi per primi, esso signi=ca guidare il cambiamento. Occorre però ricordare che l’intensità e
sostenibilità del vantaggio compe11vo che deriva dall’aAuazione di queste strategie dipende da
diverse circostanze: rilievo economie apprendimento, intensità barriere entrata, livello cos1
conversione, eHeAo su reputazione e percezione di qualità prodoAo, ecc.
27
2. controllo delle risorse fondamentali: l’impresa che le de1ene pone notevole impegno nel
mantenere e raHorzare le condizioni che ne sono alla base. I concorren1 possono o creare
nuove fon1 da cui approvvigionarsi o modi=care le caraAeris1che del mercato per
svantaggiare l’impresa che de1ene quella determinata risorsa
3. posizione dei concorren-: ques1 potrebbero trovarsi blocca1 (lock-in) per varie ragioni su un
diverso percorso evolu1vo che non permeAe loro di minacciare i faAori di vantaggio
compe11vo dell’impresa.
Per difendere il vantaggio compe11vo, l’impresa può:
- nascondere la propria reddi1vità, nascondendo il proprio vantaggio ai rivali
- aAuare comportamen1 credibili che scoraggiano i rivali dal tentare di raggiungere la stessa
posizione dell’impresa, tramite moral suasion o vere e proprie azioni aggressive
Ma questo comportamento di difesa può essere paradossalmente controproducente. Nei contes1
caraAerizza1 da cambiamen1 con1nui e radicali, le fon1 di vantaggio compe11vo sono instabili;
dunque il tenta1vo di preservarle non solo rischia di produrre risulta1 nega1vi, ma blocca
l’impresa su posizione che diventano obsolete. Si riprende il conceAo di ipercompe-zione. In tale
contesto per intaccare la leadership di un rivale occorre aAuare azioni innova1ve in con1nuazione
che rendono obsolete le fon1 di vantaggio dell’avversario.
4.2.2) L’analisi delle aPvità e delle relazioni da cui deriva la generazione del valore
La catena del valore può essere riferita all’intera azienda o a ogni singola area del business;
scompone l’impresa nell’insieme di a6vità e di soAo-a6vità aAraverso cui si crea valore per il
mercato. Queste a6vità si possono dis1nguere in due categorie generali:
1) Primarie, processo direAo di produzione e vendita in senso lato:
• Logis=ca in entrata → piani=cazione e ges1one consegne dai fornitori, ges1one veAori di
trasporto in entrata, ricezione materiali, controlli conformità, ges1one magazzini.
• AYvità produYve → predisposizione impian1, trasformazione input, assemblaggio semilavora1,
manutenzione impian1, controllo qualità, organizzazione ciclo produ6vo.
• Logis=che in uscita→ ges1one magazzini prodo6 =ni1, movimentazione prodo6 uscita,
evasione ordini, consegne ai distributori.
• Marke=ng e venite→ poli1ca prezzo, azione comunicazione, ges1one forza vendita.
• Servizi al cliente→ assistenza post-vendita, analisi soddisfazione cliente, relazione cliente.
2) Secondarie, hanno come obie6vo migliorare le a6vità primarie:
• Approvvigionamento → analisi e selezione fornitori, ges1one relazione fornitori, ges1one
acquis1.
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Il sistema e la costellazione del valore: la catena del valore va considerata in relazione a quella di
altre imprese collegate, in par1colare a monte o a valle. Si u1lizza il termine sistema del valore
poiché la catena del valore di una impresa si inserisce in una 5liera che comprende a monte le
catene dei fornitori degli input produ6vi e valle degli u1lizzatori dell’output (clien1). I legami tra
le diverse catene si sostanziano in 5 aussi che si condizionano a vicenda: quello dei beni, delle
informazioni, delle competenze, monetario e di valori di natura non economica.
Una prospe6va più ampia è oHerta dall’idea di Costellazione del valore di Norman e Ramirez. Essa
supera il presupposto implicito nella catena di Porter secondo il quale il valore =nale risulta dalla
somma del valore realizzato progressivamente nelle singole fasi. Ipo1zza invece che esso derivi
dalla co-produzione realizzata da aAori diversi che conauiscono all’interno di un territorio comune.
Ques1 aAori distribuiscono a sé stessi e agli altri. Il valore del cliente è quindi la risultante di
componen1 di valore crea1 dai singoli aAori coinvol1 nella produzione.
L’estensione delle a6vità rilevan1 non sempre riaeAe l’ampliamento delle a6vità svolte
dall’impresa poiché a volte potrebbe essere svantaggioso. Si con=gurano quindi 2 1pologie di
imprese: quelle che organizzano la rete e quelle che giocano un ruolo specialis-co al suo interno.
La catena delle relazioni: può essere estesa, considerando l’insieme di relazioni stabilite
dall’impresa con sogge6 diversi, per realizzare tali a6vità. Essa ordina l’insieme dei rappor1 che
l’impresa stabilisce con i vari sogge6 interni ed esterni per realizzare al meglio le sue a6vità.
La capacità di un’impresa di operare a livello di cos1 unitari inferiore a quello dei rivali consente
alla stessa di controllare la leva compe11va del prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo di
vendita della propria oHerta a un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo medio, risulta
inferiore a quello dei concorren1. Ne deriva un aumento della sua quota di mercato, tanto
maggiore quanto più la domanda è elas1ca.
Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l’impresa leader man1ene
un prezzo al livello medio degli altri compe1tors può comunque bene=ciare di un reddito posi1vo
perché i suoi cos1 sono più bassi della concorrenza (aumento della domanda, maggiore
sfruAamento delle economie di scala e accumulo di esperienza). Il maggiore margine di reddito
generato dalla leadership di costo si riaeAe nell’aumento delle fon1 =nanziarie disponibili:
maggior livello auto-=nanziamento e maggior remunerazione capitale di rischio. Il più alto livello
delle fon1 disponibili consente all’impresa di eHeAuare inves1men1 vol1 a migliorare l’e[cienza o
di diHerenziarsi. In de=ni1va, la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita
dell’impresa, e/o in un raHorzamento della propria posizione compe11va.
La determinazione della strategia di vantaggio di costo si basa sull’u1lizzazione della catena del
valore.
- Si comincerà a scomporre i cos1 opera1vi e per inves1men1 sostenu1 dall’azienda per le
singole a6vità della catena del valore. Si evidenziano quindi le a6vità cruciali dal punto di vista
dei cos1.
- La seconda fase dell’analisi compara i cos1 sostenu1 dall’impresa con quelli che i concorren1
aHrontano nelle a6vità corrisponden1. Vantaggio di cos1 è valutato in termini rela1vi. (Nella
realtà opera1va è di di[cile aAuazione, in quanto è arduo s1mare i cos1 concorren1).
- La terza fase individua le determinan1 del livello dei cos1 delle a6vità e in par1colare quelle
maggiormente rilevan1 e comparazione con quelle concorren1.
- Individuazione aree miglioramento rispeAo ai concorren1 e si procede a de=nire la strategia per
raggiungere il vantaggio di costo.
- Nell’ul1ma fase si aAuano le azioni per meAere in pra1ca la strategia.
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Per le determinan1 del livello di costo di una certa a6vità prendiamo in esame faAori come:
a) Le economie di scala, diminuzione del costo medio all’aumentare della dimensione
della produzione.
b) Le economie di scopo, riduzione dei cos1 medi totali dovuta all’aumentare dell’estensione
dell’a6vità dell’impresa.
c) Le economie di apprendimento, riduzione dei cos1 unitari di produzione all’aumentare
della quan1tà prodoAa dall’impresa nel tempo (produzione cumulata). Lo svolgimento con1nuo di
un’a6vità determina la progressiva maturazione di esperienza che porta ad operare in maniera
sempre più e[ciente ed e[cace.
d) Il grado di u-lizzazione delle capacità produAve, i cos1 =ssi medi di un impianto si
riducono all’aumentare del volume di produzione.
e) Tecnologia del processo salvo casi par1colari, una stessa a6vità può essere realizzata con
modalità diverse e u1lizzando tecniche diHeren1 che possono portare ad una diHerenziale di costo
rispeAo ai concorren1.
f) Proge)azione prodo)o inauenza la complessità dell’assemblaggio e determina la qualità
di materiali u1lizza1, numero par1 che compongono output e il suo grado di standardizzazione.
g) Localizzazione delle aAvità produAve, ha un rilievo fondamentale sul costo di
un’impresa, la vicinanza delle a6vità produ6ve alle fon1 di approvvigionamento degli input e ai
merca1 di sbocco.
g) Il potere contra)uale dei fornitori, inauenza la reddi1vità potenziale delle imprese. Una
posizione “forte” dei fornitori si traduce in eleva1 cos1 per la fornitura. Nel caso di fornitori esteri,
bisogna considerare l’inauenza che le possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo
di acquisto.
h) L’oAmizzazione delle relazioni con i distributori, conceAo speculare a quello faAo per i
fornitori.
i) E]cienza complessiva. Il conceAo di “x-ine[ciency è l’insieme di cos1 che l’impresa sos1ene
nelle varie a6vità ges1onali e che potrebbero essere elimina1 senza alcun eHeAo nega1vo
sull’e[cienza ed e[cacia.
Una strada diHerente per raggiungere vantaggi di costo è la Ricon[gurazione della catena del
valore. piuAosto che agire sui singoli faAori che determinano i cos1, l’impresa modi=ca la propria
organizzazione e il modo in cui svolge le sue a6vità. Questo cambiamento organizza1vo può
manifestarsi secondo quaAro modalità:
31
1 esternalizzazione di determinate fasi della catena del valore. Si traAa di fasi in cui l’impresa ha
uno svantaggio di costo.
2 Reingegnerizzazione della catena del valore. nuova modalità per organizzare e realizzare a6vità
produ6ve sempre con l’intento di ridurre i cos1;
3 Razionalizzazione della stru2ura produYva (riduzione del numero di stabilimen1);
4 Modi5cazione della posizione nella 5liera produYva. (integrazione ver1cale o a monte)
4.3.2) LA DIFFERENZIAZIONE
La diHerenziazione consiste nel dis1nguere la propria oHerta da quella dei concorren1 generando
un maggio bene=cio neAo percepito dal cliente rispeAo ai concorren1 con modalità a cui i clien1
riconoscono un valore, aAraverso queste quaAro condizioni:
1) L’unicità. Elemen1 che dis1nguono in maniera neAa la propria oHerta dai compe1tors e
riguardano le componen1 =siche del prodoAo, caraAeris1che intangibili, o elemen1 che non
riguardano direAamente il prodoAo.
2) Il valore dei fa)ori di unicità. Quei faAori unici che creano eHe6vamente valore per il
cliente, valore che si manifesta in due maniere:
- riduzione dei cos1 che egli sos1ene per realizzare una certa a6vità
- aumento delle prestazioni che egli o6ene da una certa a6vità.
3) La percezione dell’unicità e del valore dei faAori che la determinano. È necessario che il
cliente sia consapevole degli elemen1 di unicità che caraAerizzano l’oHerta e del valore che da
essi egli può trarre vantaggio.
4) la sostenibilità economica. Maggior valore dell’oHerta determinato da unicità e
percepito da parte del cliente, si traduce nella disponibilità di quest’ul1mo a pagare un prezzo
più alto di quello riconosciuto ai concorren1. (una maggiore reddi1vità).
32
I servizi ex ante, prima dell’acquisto sono molto e[caci e rappresentano un inves1mento sullo
sviluppo della relazione futura col cliente potenziale. Tra le componen1 aggiun1ve ai prodo6 vi
sono i fa)ori di segnalazione, u1li a facilitare la correAa valutazione da parte del cliente
dell’eHe6vo valore dell’oHerta. uno fra i più frequen1 faAori di segnalazione è la garanzia.
Ques1 faAori intervengono nella diHerenziazione del prodoAo soAo 3 pro=li:
1. aumentano informazione disponibile per il consumatore
2. raHorzano nei clien1 gli elemen1 di unicità
3. possono manifestarsi con modalità che aggiungono valore all’oHerta.
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4.3.3) La focalizzazione
La strategia di focalizzazione consiste nella ricerca di una posizione di vantaggio nei cos1 o di
diHerenziazione in un’area molto circoscriAa del mercato (nicchia). Per sua natura, tale strategia,
tende ad essere adoAata più frequentemente dalle imprese di dimensione minore che hanno
maggiore convenienza e necessità di operare nelle nicchie di mercato. La focalizzazione ha alcuni
vantaggi importan1 rispeAo alle due preceden1 strategie:
a) Consente all’impresa di indirizzare tu6 i propri sforzi economici e strategici in un contesto
circoscriAo
b) Favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze da parte dell’impresa
c) Riduce la pressione compe11va proveniente dalle grandi imprese, che tendono ad avere
minore aAenzione verso le aree di business di piccola dimensione.
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Le mo1vazioni alla base di una strategia coopera1va vanno ricercate innanzituAo all’interno dei
sogge6 che si prepongono di aAuarla. Vi possono però essere anche:
- fa)ori ambientali che rendono gli accordi soluzioni strategiche favorevoli
- azione delle is-tuzioni pubbliche che supportano gli accordi e le intese.
Le alleanze possono legare sogge6 tra loro più o meno simili rispeAo alle seguen1 5 variabili:
dimensione, posizione compe11va, area di business di principale focalizzazione, natura dei
sogge6 e area geogra=ca di origine.
Le alleanze possono essere dis1nte in taAche e strategiche, sulla base dei seguen1 6 possibili
criteri: Natura degli obie6vi, potenziale impaAo sulla strategia compe11va di ciascun partner,
potenziale impaAo sulla strategia opera1va di ciascun partner, livello risorse impiegate, grado
necessario di integrazione tra i sistemi organizza1vi dei partner richiesta, durata.
RispeAo a ques1 elemen1 è possibile caraAerizzare due 1pi di alleanza. (Vedi tabella)
Le alleanze di 1po strategico si dis1nguono da quelle di 1po ta6co per il faAo di incidere in
maniera molto più profonda e duratura sul processo evolu1vo dell’impresa, quindi sulla sua
strategia compe11va e di crescita.
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Il successo è determinato sia da condizioni sogge6ve dei partner sia da aspe6 ogge6vi rela1vi
all’alleanza in sé.
Condizioni soggeAve: necessario che i partner abbiano caraAeris1che coeren1 tra loro e che le
mantengano durante tuAo il periodo dell’intesa, nei seguen1 4 ambi1:
1. obie6vi strategici dei singoli partner.
2. apporto di risorse e competenze
3. orizzonte temporale
4. approccio culturale
Condizioni oggeAve: derivano dal modo in cui l’accordo è progeAato e riguardano 4 ambi1:
1. EHe6vo potenziale impaAo che può avere l’intesa sui partner
2. Equilibrio tra i cos1 sostenu1 fai diversi aAori e bene=ci che gli stessi riescono a trarre
dall’accordo.
3. Sistema di governo (aAribuzione dei poteri e ambi1 di competenza)
4. CorreAo equilibrio tra autonomia e integrazione della struAura di ges1one dell’alleanza dei
sogge6 partner.
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5. IL BUSINESS MODEL
Essa è il cuore del business model ed è basata sul modo con cui crea, fa percepire e fa arrivare
valore ai propri clien1 target. La necessità di essere sostenibile, oltre a creare valore per i clien1
target, le impone di creare al tempo stesso un valore condiviso a bene=cio dei vari stakeholders.
La value deve quindi essere delineata con riferimento al mercato e parallelamente alla colle6vità
ove l’impresa ha una presenza rilevante sul piano economico e sociale. È ar1colata su 3 contenu1:
1. Target: è l’insieme dei sogge6 che cos1tuiscono il segmento di mercato ai quali l’impresa
intende indirizzare prioritariamente il valore. Possono essere compresi vari target di clien1, a
condizione che si riesca a diHerenziare l’oHerta per soddisfare al meglio le speci=che esigenze
di ognuno. Per elaborare un modello vincente è necessario comprendere le caraAeris1che
fondamentali dei clien1-target: l’esigenza che essi desiderano soddisfare, la disponibilità
marginale a pagare, la modalità di relazionamento con tali sogge6 ed erogare loro il valore.
2. Valore del target: de=nisce i contenu1 materiali e immateriali dell’oHerta con cui l’impresa
cerca di soddisfare le esigenze dei sogge6 appartenen1 al suo target di mercato. Tale oHerta
si concre1zza in un prodoAo o in un servizio. Esempi di contenu1: este1ca, a[dabilità,
accessibilità. Per essere consistente e quindi percepito dal target, il valore proposto deve non
essere generico, deve quindi es1nguere una precisa esigenza o raHorzare le condizioni di
generale soddisfazione di una persona.
3. Modalità di erogazione del valore: sono fondamentali nella value proposi1on poiché incidono
sul bene=cio neAo determinato dal valore per il target. Si traAa di capire come rendere il
prodoAo o il servizio disponibile al cliente target, far percepire a ques1 gli elemen1 di valore
del prodoAo e ges1re la relazione col cliente. Importante tenere conto dei canali di
distribuzione e comunicazione. Il modello di ges1one della relazione col cliente è
fondamentale nel processo di acquisizione del cliente per comprendere le aspeAa1ve e fargli
percepire il valore dell’oHerta; anche nella strategia di mantenimento del cliente, volta alla
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=delizzazione. La scelta del modello è condizionata dalle caraAeris1che struAurali del mercato,
abitudini consumatore, caraAeris1che prodoAo e tecnologie disponibili.
Sono l’insieme delle condizioni fondamentali necessarie per aAuare la proposta di valore
aAraverso cui si ha come =ne quello di raggiungere un vantaggio compe11vo. Essi sono:
- risorse chiave, sono quelle ritenute fondamentali per produrre ed erogare il valore progeAato
rendendolo unico e superiore a quello fornito dai concorren1. Possono riguardare persone,
tecnologia, struAure produ6ve. Le risorse chiave non sono rilevan1 in quanto tali ma in
relazione all’apporto che danno all’implementazione del business model. È quindi essenziale il
modo in cui sono u1lizzate in un certo modello organizza1vo e per la realizzazione delle a6vità
chiave.
- aAvità chiave, hanno maggior rilievo nella creazione del valore erogato al cliente target e per la
cui realizzazione l’impresa dispone di competenze dis1n1ve, ovvero delle risorse chiave appena
indicate. => sono quindi le aAvità core, che si collocano in 3 possibili ambi1: processo
produ6vo, creazione e ges1one di piaAaforme o re1 per o6mizzare la interazione tra impresa
e cliente e la ges1one di problemi speci=ci del cliente.
- modello organizza-vo: individua le condizioni organizza1ve che consentono la migliore
realizzazione del complesso delle a6vità chiave. Riguarda la struAura organizza1va, modalità
ges1one risorse umane, diHusione valori aziendali e sviluppo del social capital interno. Molto
importante è il sistema delle relazioni chiave che l’impresa stabilisce con sogge6 essenziali per
la migliore implementazione della proposta di valore.
Il business model è completato dalla proposta di pro[)abilità, che esplicita come l’impresa pensa
di estrarre il valore economico per sé dalla proposta di valore avanzata al mercato. Essa è
cos1tuita dal:
- revenue stream, sono determina1 sulla base dei contenu1 dell’oHerta e del valore per i quali il
cliente target è disposto a pagare (dipende dalla percezione del valore, possibilità di spesa e
altri faAori). I aussi dei ricavi possono avere natura, frequenza e dimensione media diversa in
relazione alle caraAeris1che del consumatore target, D alle sue modalità di acquisto e al valore
percepito del prodoAo. De=nisce quindi come l’impresa intende agire sulle due determina1:
prezzo e quan1tà vendute. Approcci che si riaeAono nella strategia di leadership di costo e di
diHerenziazione.
- cost structure, individua e ordina l’insieme dei cos1 che l’impresa deve sostenere per aAuare il
business modelle la loro possibile dinamica al variare della proposta di valore o delle condizioni
cri1che necessarie. Ha due =nalità: in primis valutare la sostenibilità economica e =nanziaria del
business model sulla base del confronto con il revenue stream; secundis comprendere le a6vità
che hanno maggior impaAo sulla struAura dei cos1 per ricercare la massima e[cienza. Il
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business model è considerato un cost driven quando è focalizzato sulla minimizzazione dei cos1
(esempio low cost e value driven).
In ques1 anni, nella maggior parte dei seAori, i modelli di business hanno avuto cambiamen1
radicali e stanno mutando le determinan1 del loro successo. Ques1 cambiamen1 sono
determina1 da 3 fenomeni: digital, sharing e green economy. Le tecnologie digitali, la logica della
condivisione e l’o6mizzazione dell’impaAo ambientale delle a6vità umane stanno favorendo la
nascita di nuovi modelli di business. La loro forza sta nella natura composita tra esse: tecnologica
economica e sociale al tempo stesso.
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Può essere de=nita come un insieme di pra1che e modalità organizza1ve che aAraverso
piaAaforme digitali, aggregano grandi quan1tà di sogge6, accomuna1 da esigenze e
comportamen- simili, generando così la nascita di comunità dove si sviluppa una =Aa rete di
relazioni di natura virtuale. Queste piaAaforme permeAono al membro-utente della comunità di
accedere a prodo6, servizi, informazioni condividendoli con altri sogge6 all’interno della stessa
comunità. In questo ambito si fanno rientrare anche i meccanismi di pooling, aAraverso cui si
creano gruppi di persone che condividono l’uso di un certo bene o la fruizione di un certo servizio,
favorendo l’uso o6male, riducendo i cos1 e facilitando l’interazione sociale.
In un numero crescente di casi ormai il consumatore è interessato non tanto a possedere un
bene durevole ma ad avere accesso ad esso e poterlo u1lizzare quando ne sente il bisogno. Un
secondo fondamentale elemento comportamentale è il faAo che la possibilità di condividere
con altri l’u1lizzo di beni o servizi è in sé un elemento di valore.
È chiaro che la sharing economy non ha avuto solo eHe6 incrementali ma ha rappresentato un
concorrente direAo dell’economia convenzionale, determinando uno spiazzamento di modelli
meno e[caci e più costosi. Ha costreAo le imprese ad innovare il proprio business model per
poter sfruAare le logiche della condivisione.
Una importante caraAeris1ca dei modelli di business di queste piaAaforme è la capacità di
evolvere rapidamente in relazione al mutare della natura degli aAori coinvol1 o comunque delle
loro aspeAa1ve e dalle loro opportunità rappresentate dallo sviluppo delle tecnologie. Anche in
questo senso, essi risultano molto più e[caci di quelli tradizionali che quando raggiungono un
vantaggio compe11vo tendono a cercare le condizioni di stabilità e a proteggere i propri faAori di
forza. Un aspeAo rilevante di questa con1nua evoluzione è l’aHermarsi di 2 ulteriori 1pologie di
piaAaforme:
- quelle che dove l’utente può comparare prezzi di oHerte uguali presen1 in diverse piaAaforme
concorren1.
- quelle che creano condizioni supporto dello sviluppo di quelle esisten1 e fortemente popolate.
L’applicazione di questo business non ha limi1 geogra=ci salvo eventuali diHerenze di 1po tecnico
o norma1vo. Inoltre poiché le piaAaforme digitali si sono caraAerizzate da for1 economie di
agglomerazione, una volta raggiunta una certa dimensione si veri=ca il fenomeno “the winner
takes all”; i primi diventavano irraggiungibili per gli al1ssimi cash aows, che permeAono loro di
acquistare anche a un prezzo molto elevato gli eventuali nuovi entran1 con potenzialità di
sviluppo tali da minacciare la loro leadership. Nella breve storia delle principali piaAaforme
digitali, si sono veri=ca1 già casi di grandi acquisizioni e concentrazione oHerta. Ciò ha aHermato
dei gigan1 globali. Se è abbastanza intui1vo comprendere la ragione per cui le piaAaforme digitali
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e le imprese che le ges1scono riescono ad aggregare numerosi uten1, è meno immediato stabilire
come da questo riescano a creare valore. L’a6vazione dei revenue streams è molto delicata,
considerando che la leva fondamentale di aggregazione della domanda è stata proprio la gratuità
dell’accesso. Ancora più incerte sono le modalità di trare reddito dal grande volume di aHari
generato.
Le principali modalità per generare ricavi sono:
- Service fee, la piaAaforma guadagna una fee dai sogge6 che pone in collegamento,
proporzionale al valore della transazione.
- Freemium, la piaAaforma è liberamente accessibile e non richiede alcun pagamento per
l’accesso ai servizi base; gli u1lizzatori sono poi s1mola1 a chiedere servizi aggiun1vi per i quali
è previsto un pagamento. (ES linkedin)
- Membership plus usage, La piaAaforma richiede un pagamento per entrare nella community e
poter usufruire di determina1 servizi. Ques1 servizi sono paga1 in relazione all’uso. (ES. car
sharing).
- Flat membership, la piaAaforma richiede una free per l’appartenenza alla community che
consente l’accesso completamente gratuito ai servizi oHer1. (ES. Tecshop).
- On sale, la piaAaforma facilita la vendita online di prodo6 o servizi che per diverse ragioni
consentono di riceve scon1.
Dai primi anni del secolo i grandi organismi internazionali e tu6 i principali sta1 nazionali hanno
raHorzato l’impulso allo sviluppo della green economy per migliorare l’impaAo ambientale, basato
sul principio “fare meglio con meno”. Nell’ambito dei processi produ6vi, ciò signi=ca adoAare
tecnologie e modalità opera1ve che permeAano la produzione di ugual quan1tà di prodoAo, ma
con minor quan1tà di materie prime, risorse naturali e di energia e allo stesso tempo riducendo
l’impaAo nega1vo sul pianeta. È essenziale aAuare un approccio integrato o circolare al ciclo di
vite del prodoAo (riciclo delle materia) riducendo così il consumo di nuovi materiali. Il programma
per l’ambiente Nazioni Unite indica quale ques1one primaria della green economy l’u1lizzo del
capitale naturale. Questo 1po di economia è una rappresentazione concreta all’orientamento
dello sviluppo sostenibile, per cui la creazione di valore economico avviene nell’ambito del
miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale. La green economy è quindi un conceAo
generale in cui sono compresi una molteplicità di fenomeni, accomuna1 da un meta-obie6vo del
miglioramento del “capitale naturale” del pianeta nel quadro del suo sviluppo sostenibile e basa1
su 5 faAori principali:
- tecnologie
- merca1
- poli1che, norma1ve e regolamen1
- business models
- prodo6 o servizi oHer1
nella prospe6va di questo paragrafo, l’aAenzione è focalizzata sul business modell; l’innovazione
di determina1 cocmponen1 del business model è indirizzarta a migliorare l’impaAo ambientale
del business stesso parallelamente alla creazione di valore economico e sociale. L’approccio green
determina un’evoluzione dei business model tradizionali nelle imprese, e l’aHermarsi di nuovi
42
43
7. LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA
44
Il processo di piani=cazione ha natura itera-va, nel senso che le decisioni sono progressivamente
a[nate nel tempo, sulla base dei risulta1 realizza1, dall’esperienza maturata, di possibili
cambiamen1 nel sistema aziendale. Il limite alla natura itera1va della piani=cazione è che si rischia
di rendere il piano un documento formalmente completo e coerente, ma di faAo poco rilevante
nell’ordinare il procedere delle azioni aziendali. Il processo di piani=cazione è ar1colato su due
aspe6:
a) il livello organizza-vo responsabile;
Secondo un modello di piani=cazione, i livelli organizza1vi sono tre:
1.1.1. direzione centrale;
1.1.2. direzione di divisione
1.1.3. direzione di funzione a livello centrale;
b) gli stadi del processo, ciascuno stadio è composto da fasi cos1tuite da un insieme di a6vità.
Gli stadi del processo sono quaAro:
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Dunque la piani=cazione può comunque essere u1le o addiriAura necessaria, poiché raHorza la
capacità dell’impresa di ges1re in modo e[cace l’incertezza del contesto compe11vo. Occorre
innovare processo e contenu1 della piani=cazione; va superata l’idea di una piani=cazione come
disegno razionale, a favore di una piani=cazione come processo in cui sono coinvol1 numerosi
sogge6 opportunamente integra1 e in grado di rispondere e[cacemente ai condizionamen1 di
natura interna ed esterna che si presentano nel tempo.
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È essenziale favorire la diHusione nel sistema aziendale della capacità di strategia thinking.
Esso è un modello per l’elaborazione della strategia basato sull’interazione tra gli aAori
aziendale, per favorire la messa in discussione dei comportamen1 più consolida1, individuare
nuove determinan1 per la creazione di valore e favorire l’adozione di innovazioni strategiche
organizza1ve e del business model. Metodo aiuta ad evitare la trappola della rou1ne e della
burocra1zzazione. OHre anche delle regole di comportamento per l’elaborazione della
strategia.
- Predisporre una strategia duale, piano strategico sviluppato sia nel lungo termine che nel breve
termine
- Fissare le invarian=, la vision, mission, la value proposi1on, il sistema dei valori interni
- Bilanciare esigenze diverse, coinvolgendo la maggior parte degli stakeholders
- Sviluppare una prospeYva sistemica, elaborazione strategia deve delineare il ruolo che
l’impresa svolge nel sistema di cui fa parte, come si conneAe con aAori e come o6mizza il
proprio apporto e i bene=ci che ne trae. Non impresa vista singolarmente ma sviluppo
interdipendenze con partner esterni.
- Bilanciare centralizzazione e autonomia, equilibrio tra autonomia delle singole unità opera1ve e
mantenimento di un indirizzo unitario stabilito dal capogruppo.
inves1re molta energia sul tenta1vo di elaborare previsioni che appaiono sempre meno e[caci
scenario planning: è uno strumento u1le per raHorzare la diHusione nel sistema aziendale dello
strategico thinking -> un processo di elaborazione di diverse alterna1ve, plausibili e basate su
analisi approfondite. Un processo condoAo con lo scopo di migliorare i meccanismi di assunzione
delle decisioni strategiche, modi=cando il modo abituale di pensare e raHorzando il
coinvolgimento e l’apprendimento delle persone e dell’organizzazione.
Uno scenario è una storia che descrive un futuro possibile e signi=ca1vo in cui l’impresa può
trovarsi a operare.
La costruzione di uno scenario è u1le per individuare l’evoluzione dell’impresa, usato come punto
di riferimento nel processo di elaborazione della strategia, favorendo il coinvolgimento dei vari
aAori aziendali. I principali bene=ci di caraAere generale:
- favorisce la combinazione di diversi ambi1 di conoscenza e pun1 di vista, incoraggiando quindi
il coinvolgimento di prospe6ve diverse
- permeAe un adeguato approfondimento nelle aree di incertezza
- s-mola la generazione di idee innova1ve
- abitua le persone a considerare il futuro non in maniera univoca
- permeAe di valutare la consistenza delle competenze chiave di cui l’impresa dispone rispeAo ai
futuri mondi possibili
47
Nella logica del management, la pianificazione mantiene la sua funzione, che si esplica però
nell’ambito della struttura organizzativa e in modo coordinato con altre attività.
7.1.4) Il piano
Per evitare troppa rigidità del piano si adoAa il meccanismo dello scorrimento: al termine di un
esercizio o un biennio, si procede alla revisione del piano per gli anni che mancano al suo
completamento e al suo prolungamento aAraverso una nuova piani=cazione.
AAributo essenziale di un piano è la sua \essibilità, capacità ed e[cace adeguamento di fronte al
cambiamento delle condizioni interne o esterne.
La visione esprime ciò che l’impresa si propone di divenire nel lungo termine. La visione delinea il
futuro ricercato: di lungo termine, audace, visionario, inspiratore; rappresenta il denominatore
comune cui devono ispirarsi obie6vi, strategie e azioni opera1ve dell’impresa.
La missione deriva dalla visione dell’impresa, esprime cosa l’impresa vuole compiere per diventare
ciò che sogna di essere.
Il sistema dei valori o principi guida ispirano il comportamento di tu6 i membri della comunità
aziendale. Esso è codi=cato in un documento, portato a conoscenza di tu6 i dipenden1.
I valori aziendali si manifestano concretamente in 4 ambi1:
1. i principi e1ci applica1 nei vari ambi1 dell’azione d’impresa
2. gli orientamen1 sui temi di fondo della ges1one
3. gli aspe6 cruciali che guidano il rapporto tra impresa e suoi principali stakeholders
4. le poli1che aziendali rela1ve a compliance, trasparenza ed e1cità dei comportamen1 di
business.
La carta dei valori è un documento sinte1co ove i valori chiave sono illustra1 aAraverso poche
proposizioni ed è a[ancato da un Codice e1co che ha come obie6vo interno la sensibilizzazione
di tu6 i collaboratori (correAezza, trasparenza, compliance). In alcuni casi, l’impresa elabora
ulteriori documen1 rela1vi ai principi guida in ambi1 speci=ci, dedica1 ai =ni della correAa
ges1one (tema corruzione, lavoro, ambiente).
Il sistema dei valori è il risultato prodoAo nel tempo da diverse forze interne ed esterne
all’impresa. In primo luogo la sua stessa storia, in cui si sinte1zzano: modelli, esperienze, idee. Le
aspe)a-ve degli stakeholders, sopraAuAo i principali tra ques1. I valori e i modelli di
comportamento dei concorren- hanno rilievo. Anche vision e mission dell’impresa.
La determinazione da parte della direzione centrale delle cosiddeAe condizioni di fondo su cui
impostare la strategia è completata da 3 ulteriori ques1oni:
49
Ogni area di business ha la sua compiutezza e funzionalità interna che la rendono autonoma dalle
altre, e questa autonomia non implica l’indipendenza dal sistema aziendale perché in mol1 casi i
tre legami indica1 sopra sono molto for1 e determinan1.
Al suo interno sono esplicita1 obieAvi e orientamen- strategici che riguardano speci=catamente
quel business e che la dis1nguono ma non la separano dal resto dell’impresa.
La visione e la missione a livello di area di business assumono lo stesso signi=cato osservato con
riferimento all’impresa nel suo insieme.
La visione è il ruolo che si vuole che il business giochi nel lungo termine.
La missione descrive gli scopi che il business intende perseguire. È la strategia dell’impresa nel suo
insieme che determina l’iden1tà che ciascun business deve raggiungere nel tempo(visione) e che
gli assegna la missione.
L’esistenza di un determinato business trova gius1=cazione solo nel più ampio contesto di tuAo il
sistema aziendale. La missione ul1ma di qualsiasi business è sempre quella di contribuire
all’aAuazione della missione del sistema impresa. Di conseguenza è la strategia compe11va
50
dell’impresa che determina l’iden1tà che ciascun business deve raggiungere nel tempo e che gli
assegna una determinata missione. Nel tempo, un’area d business può assumere un rilievo
strategico ed economico elevato nell’evoluzione dell’impresa, per esempio in seguito ad una forte
crescita della domanda. Una singola area di business può raggiungere un’importanza addiriAura
preponderante nel portafoglio dell’impresa; in questo caso, la visione e la missione di quest’ul1ma
possono essere modi=cate in funzione delle prospe6ve strategiche determinate dall’unità di
business divenuta centrale. Può anche risultare opportuno che l’area di business sia cos1tuita in
azienda indipendente. Nel caso di un’area di business di nuova cos1tuzione, le risorse disponibili
sono quelle assegnate dalla direzione centrale, in relazione alla missione che essa deve assolvere e
alle condizioni compe11ve che deve aHrontare. La valutazione è realizzata al momento della
creazione dell’area di business. Negli altri casi, la ricognizione del
patrimonio di risorse e competenze nell’ambito del business avviene su due piani:
1. All’interno del business, considerando le risorse che esso ha sviluppato nel corso della sua
evoluzione
2. All’interno del sistema impresa, considerando le risorse detenute da altre aree strategiche o
dalle direzioni funzionali che possono essere u=lizzate a bene5cio dell’area di business in
ques=one
Le condizioni esterne che occorre analizzare per quanto riguarda l’area di business sono descriAe
dai faAori che determinano l’ambiente speci=co del business, determinato dall’azione esercitata
dalle forze compe11ve che intervengono nel business in ques1one.
La direzione centrale delinea la strategia che orienta il comportamento di medio-lungo termine del
sistema impresa nel suo insieme, con il =ne ul1mo di creare valore. La direzione centrale
determina l’insieme di aree di business in cui estendere l’impegno compe11vo dell’impresa.
Questa scelta implica due a6vità conseguen1:
51
Un altro metodo per valutare le condizioni di un determinato business il suo ruolo nel portafoglio
dell’impresa consiste nel confronto delle caraAeris1che dell’oHerta dell’impresa rispeAo a quella
dei concorren1 nello stesso raggruppamento strategico, con riferimento a un determinato insieme
di aAribu1. Anche questo ha come pregio l’immediatezza e la semplicità. Viene valutato
considerando il maggior numero di aAribui1 di natura compe11va e coinvolgendo nella
valutazione anche i clien1 di riferimento dell’area del business. Gli aAribu1 dell’oHerta si possono
valutare in 4 categorie:
1. aAribu1 rilevan1 dove l’impresa ha una posizione migliore dei concorren1
52
La strategia di portafoglio richiede la valutazione degli eHe6 che ogni unità di business produce
nell’ambito del portafoglio di cui è parte, aAraverso le interdipendenze con gli altri business.
L’analisi dell’equilibrio =nanziario del portafoglio aAraverso la matrice BCG: de=nita secondo 2
parametri:
1. tasso di crescita della domanda
2. quota di mercato rela1va a quella del principale concorrente.
Per il secondo parametro, il valore di riferimento è l’unità, che rappresenta il caso in cui ci sia una
parità sulla quota di mercato nei confron1 del principale concorrente. Occorre considerare che i
valori 1pici di questo parametro possono variare nei vari seAori. Nel caso di seAori concentra1
con pochi grandi concorren1, il rapporto fra le quote di mercato tende ad essere elevato, il
contrario si veri=ca in caso di seAori caraAerizza1 da un numero molto elevato di impresa.
I due parametri permeAono di individuare quaAro quadran1, in ciascuno dei quali si osserva una
par1colare 1pologia di business.
- Business dog, impresa ha bassa quota di mercato e basso tasso crescita domanda
- Business ques-on mark impresa ha bassa quota di mercato e alto tasso crescita domanda
- Business star impresa ha alta quota di mercato e alto tasso crescita domanda
- Business cash cow impresa ha alta quota di mercato e basso tasso crescita domanda
53
Nella valutazione della singola unità di business nella prospe6va dell’intero portafoglio è
essenziale considerare le relazioni che essa può stabilire con gli altri business dell’impresa.
Occorre quindi analizzare le sinergie di cui un determinato business può bene=ciare e che esso
può a sua volta favorire nel portafoglio di cui è parte. Le sinergie che si stabiliscono possono avere
un peso decisivo nella posizione compe11va che l’impresa de1ene nei merca1 in cui è presente. In
ques1 anni, le radicali innovazioni tecnologiche e di mercato occorse in gran parte dei seAori
hanno fortemente aumentato la diHusione e la rilevazione delle interdipendenze tra business
diversi.
L’individuazione e lo sfruAamento delle sinergie tra le unità di business è il contenuto delle
strategie orizzontali.
Porter ha individuato 3 1pologie di interrelazioni:
A) Interrelazioni tangibili: derivano dalla connessione tra le catene del valore di unità di business
diverse. In concreto, sono prodoAe dalla condivisione di determinate a6vità o asset aziendali.
Si manifestano principalmente nell’area di approvvigionamento, produzione, marke1ng e
vendite. I vantaggi prodo6 dall’implementazione di un’interrelazione tangibile tra diverse aree
di business devono essere valuta1 in relazione ai cos1 che le interrelazioni possono causare.
Queste interrelazioni possono individuare 3 diverse 1pologie di costo: di coordinamento (quelli
per dare vita a una interrelazione), di compromesso (un’interrelazione tra due a6vità di
business non è mai perfeAo), di rigidità (legame strategico legato tra i due business).
54
I criteri di allocazione delle risorse riguardano il modo in cui l’impresa potrà accedere a
determinate risorse. L’assegnazione delle risorse è un problema che si risolve su due piani: quello
della valutazione della convenienza ges1onale e quello della determinazione di un equilibrio
“poli1co” tra le par1 coinvolte.
La valutazione di convenienza fa riferimento a due criteri essenziali: uno economico, l’altro
strategico. Il criterio economico richiede l’individuazione dei faAori che inauenzano la creazione di
valore nelle varie aree di business, in par1colare i aussi di cassa ne6 e il rischio. Considera anche
la rapidità con cui le risorse impiegate sono reintegrate soAo il pro=lo =nanziario. L’allocazione
delle risorse deve quindi, rispeAare l’equilibrio temporale tra gli impieghi e le fon1 acquisite
dall’esterno. Nel criterio strategico, si osserva che a ciascuna area di business sono assegnate le
risorse necessarie a[nché essa possa svolgere in maniera idonea il ruolo che le è assegnato
nell’ambito della strategia di portafoglio.
55
• strategia compe==va; stabilisce la posizione che l’impresa intende raggiungere nel business e le
modalità compe11ve per aAuare tale intendimento.
• strategia di mercato; stabilisce i segmen1 target di mercato e il suo grado di
internazionalizzazione, orientamento di marke1ng e rela1ve poli1che.
• strategia di produzione; piani=ca le a6vità della struAura produ6va =nalizzate alla realizzazione
dell’output previsto.
• strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse; rela1va agli approvvigionamen1, ges1one
risorse umane e ges1one =nanziaria.
L’analisi della piani=cazione delle direzioni funzionali a livello centrale richiede sia precisata
l’ar1colazione di tali direzioni e la loro posizione nel sistema aziendale. Si u1lizzerà il termine di
direzione funzionale per indicare quelle direzioni che operano a livello di direzione centrale o, nel
caso di gruppi, a livello di corporate. Non si fa quindi riferimento alle unità funzionali esisten1
all’interno delle divisioni con il compito di svolgere a6vità di supporto al business. Le a6vità di
1po funzionale sono svolte a livello sia di direzione centrale (corporate) sia di divisione.
A livello di direzione centrale sono svolte a6vità rela1ve all’aAuazione delle linee di indirizzo
56
57
La formazione della strategia comprende l’intero processo che auisce gradualmente dalle strategie
intenzionali a quelle realizzate. Il divario tra queste due è dovuto all’eHeAo combinato di quella
parte di strategia che viene rimossa o non aAuata e delle strategie emergen1 dall’organizzazione.
58
TuAavia le opzioni abbandonate non vengono del tuto rimosse, in quanto esse possono essere
reintrodoAe in un momento futuro.
La strategia decisa e piani=cata di[cilmente viene
completamente realizzata (strategia non a)uata), in ragione
delle caren1 condizioni organizza1ve o per il realizzarsi di
scenari esterni nuovi rispeAo a quelli pre=gura1. Nella
formazione delle scelte quelle deliberate e emergen1 si
intrecciano in un processo unitario che conauisce verso la
realizzazione della strategia, al punto da renderle non
separabili. Inoltre la predisposizione delle condizioni che
favoriscono lo sviluppo di linee di azione del sistema organizza1vo porta a con=gurare le strategie
intenzionalmente emergen-. L’e[cacia del processo di formazione della strategia è condizionata
dall’apprendimento organizza1vo. Tale apprendimento infa6, allarga le capacità cogni1ve
dell’organizzazione.
La resource-based view ha posto aAenzione sulle risorse interne come fonte del vantaggio
compe11vo facendo emergere l’esigenza di una progeAazione organizza1va inserita nel processo
di formulazione della strategia complessiva. Lo scollamento tra formulazione delle strategie e
progeAazione organizza1va, può vani=care gli eHe6 dei vantaggi compe11vi acquisi1. In tal senso
la vitalità del tessuto organizza1vo, intesa come capacità di favorire il trasferimento e la
ricomposizione di competenze diverse, è alla base del conseguimento di vantaggi compe11vi
sostenibili. Tra le dimensioni del sistema organizza1vo aziendale, la stru)ura organizza-va
rappresenta un elemento vitale del vantaggio compe11vo che maggiormente si caraAerizza per la
valenza del vantaggio compe11vo. Valenza posi1va quando la struAura contribuisce allo sviluppo
e mantenimento dei faAori cri1ci di successo del business; nega1va quando l’asseAo dell’impresa
risulta inadeguato. La progeAazione organizza1va non si risolve nella sola scelta di un modello di
stru)ura; ma al contrario è necessario combinare le variabili organizza1ve con riferimento alle
speci=cità del contesto compe11vo e allo sviluppo della base di risorse dell’impresa, per
neutralizzare le minacce e per cogliere nuove opportunità nel futuro.
Tra gli elemen1 del sistema organizza1vo aziendale, le persone stanno assumendo un ruolo
sempre più cri1co rispeAo all’implementazione delle strategie, alimentando il =lone di studi
dedicato alla ges1one strategica delle risorse umane. La considerazione del’ organizzazione come
un’en1tà in grado di apprendere e di trasformarsi aAraverso l’azione di una pluralità di sogge6
impone l’adozione di un approccio evolu-vo nell’iden1=cazione del contributo delle risorse
umane alla formazione delle strategie. L’adozione di un approccio evolu1vo indiche che la
relazione tra strategia e struAura risenta anche dell’insieme di regole, convenzioni e sistemi di
sanzioni che regolano le relazioni tra gli aAori, come pure del contesto sociale, is1tuzionale e
poli1co di riferimento. Ciò si avvicina all’interpretazione delle organizzazioni come en1tà sociali, in
quanto composte da persone, e alla formazione delle strategie come la risultante di strategie
59
individuali. In tal senso il ruolo della progeAazione organizza1va è quello di far convergere verso
un’azione colle6va =nalizzata il comportamento organizza1vo messo in aAo dai singoli individui.
La progeAazione organizza1va, =nalizzata alla realizzazione di una struAura che risul1 congruente
con le esigenze strategiche dell’impresa, nono si esaurisce nella scelta di un modello organizza1vo
di riferimento (funzionale, divisionale), ma si sviluppa aAraverso un processo che impone con1nue
modi=che e corre6vi organizza1vi in ragione delle dinamiche interne e delle inauenze
dell’ambiente esterno. Vale la considerazione che da un numero limitato di modelli-1po sia
possibile oAenere in=nite struAure organizza1ve e poiché esso presenta vantaggi e svantaggi,
cos1 e bene=ci, la progeAazione deve ricondurre a condizioni di equilibrio. La progeAazione della
struAura organizza1va cos1tuisce parte integrante della piani=cazione strategica. Nella
prospe6va di conseguimento di un vantaggio compe11vo sostenibile, la progeAazione prende le
mosse dall’analisi strategica condoAa:
• A livello Corporate, mediante la struAura strategica dell’impresa, intesa come
architeAura delle unità di business. Strategic Business Unit SBU
La stru2ura strategica descrive l’insieme delle unità di business in cui opera l’azienda, indagate nei
rispe6vi faAori cri1ci di successo e vantaggi compe11vi e nelle loro interrelazioni strategiche
rilevan1. Le SBU devono essere de=nite a un livello di aggregazione signi=ca1vo per
l’individuazione di strategie sele6ve, per la progeAazione organizza1va e dei meccanismi di
controllo. Nell’ambito della struAura strategica è possibile dis1nguere alcune 1pologie di SBU:
- core business: unità di business che riaeAe meglio la mission o ha una maggiore reddi=vità
- business cerniera: presenta le maggiori interrelazioni con altri business
- business cap-ve: si rivolge in via esclusiva o prevalente ad un mercato interno(intr-aziendale),
avendo come clien1 le altre SBU aziendali.
I bisogni struAurali che emergono dall’analisi strategica orientano le scelte di progeAazione
organizza1va che si traducono nei seguen1 aspe6:
- individuazione delle diverse combinazioni di caraAeris1che organizza1ve
- de=nizione della forma organizza1va capace di esprimere tali caraAeris1che
- analisi delle interazioni tra la struAura organizza1va con gli altri aspe6 del sistema
organizza1vo aziendale.
60
possono derivare. Per tali ragioni le organizzazioni tendono a predisporre, in sede di progeAazione
organizza1va, le condizioni che consentono la crescita e il riconoscimento delle linee di azione nei
diversi livelli di nei diversi livelli della struAura organizza1va (strategie deliberatamente
emergen1). In tal senso le risposte strategiche possono essere considerate come la risultante
dell’intreccio delle scelte deliberate e con le strategie spontanee.
del modello funzionale sono: dimensioni aziendali piccole e medie, prodo6 indiHerenzia1 e a
lungo ciclo vitale, tecnologia stabile, ambiente stabile, strategie basa1 sullo sviluppo di merca1
preesisten1. La rigidità può essere aAenuata con una ripar=zione ver=cale delle aYvità al
secondo livello organizza=vo nell’ambito delle funzioni fondamentali. La rigidità del modello
funzionale può essere, inoltre, stemperata dalla formazione di posizioni organizza1ve di 1po
matriciale che esprimono ruoli integratori; tali posizioni non hanno responsabilità opera1ve, ma
sono incarica1 di portare all’interno delle unità organizza1ve (funzioni) una prospe6va
(orizzontale) di coordinamento diversa da quella (ver1cale) su cui si basa la struAura
organizza1va.
62
I rappor1 tra le struAure centrali di Corporate e le divisioni si sono evolu1 verso una prospe6va di
condivisione delle responsabilità, rispeAo agli obie6vi di ciascuna unità di business. Le struAure
centrali pertanto, vengono a caraAerizzarsi per una responsabilità primaria rispeAo agli output
della propria funzione e per una responsabilità contributoria con riferimento agli obie6vi delle
struAure opera1ve. Nell’ambito delle struAure centrali è possibile iden1=carne alcune de=nibili
“di servizio”; queste Direzioni Centrali erogano servizi speci=ci e a favore delle divisioni che
possono essere sogge6 a tariHazione interna o essere oggeAo di esternalizzazione o assegna1 a
dis1nte società controllate. Le Direzioni Centrali non di servizio invece svolgono a6vità di
supporto generali non riconducibili ai fabbisogni speci=ci delle divisioni.
La condivisione di a6vità a livello centrale produce lo snellimento delle SBU favorendo una loro
maggiore focalizzazione su quelle a6vità che incorporano le competenze chiave in forma tacita, in
grado di produrre l’unicità del vantaggio compe11vo. TuAavia, la condivisione di a6vità a livello
centrale, se da un lato rende le SBU snelle e aessibili, dall’altro determina i livelli di complessità
nelle a6vità condivise, con l’emergere di cos1 di coordinamento, compromesso, rigidità e di
fenomeni di burocra1zzazione. I cos1 di compromesso si manifestano quando la condivisione delle
a6vità a livello Corporate si trova a soddisfare esigenze contrastan1 delle diverse Divisioni. Infa6
l’unità organizza1va che ges1sce la condivisione a livello accentrato tende a una missione propria,
e ciò esalta i cos1 di compromesso. Inoltre la condivisione di un’a6vità richiede che essa sia
ges1ta in modo uniforme per poter generare economie di scala e specializzazione, il che può non
essere un comportamento o6male per quelle unità di business che si rivolgono a merca1 con
esigenze diverse mediante strategie diHerenziate. TuAavia i cos1 di compromesso possono essere
contenu1 se vengono preven1vamente individuate le determinan1 e de=ni1 alcuni accorgimen1
organizza1vi.
Le Divisioni possono assumere diverse con=gurazioni:
1) unità organizza1va dell’impresa senza alcuna autonomia giuridica(Divisioni);
2) azienda con propria autonomia ges1onale e giuridica (Società Opera1va) che fa capo alle
struAure direzionali di una holding capo-gruppo o di una “=nanziaria di ges1one”;
3) 5nanziaria di ges1one o capo-gruppo che ges-sce segmen- di a6vità correla1 o
comunque omogenei, appartenente a sua volta, a una Holding a un ente ges1one.
C) holding (forma a H). Le grandi imprese diversi=cate, hanno sovente adoAato modelli
struAurali ad holding. Tra le forme di holding si dis1nguono due soluzioni, a seconda del
ruolo svolto dalla Capo-Gruppo(Corporate) che controlla le altre imprese autonome
(Società opera1ve).
• La prima soluzione è rappresentata dalla [nanziaria di ges-one. In tale con=gurazione,
ciascuna società controllata risulta strategicamente autonoma e ges1sce un’area di
business omogenea che presenta delle interrelazioni intangibili con le SBU delle altre
aziende del gruppo.
• La seconda soluzione è quella del capo-gruppo/capo-se)ore; essa viene solitamente
preferita quando le interrelazioni da sfruAare sono di caraAere tangibile od opera1vo e i
business sono integra1 ver1calmente. In tali frangen1, la capogruppo, oltre a realizzare le
strategie orizzontali ges1sce direAamente una o più aree di business. La focalizzazione del
core business consente all’azienda di centrale del gruppo di eHeAuare il coordinamento
delle a6vità rela1ve all’intera struAura strategica. L’adozione della struAura a holding ha
favorito, tra l’altro, la realizzazione di manovre strategiche come le cessioni, le
acquisizioni e le alleanze strategiche.
63
La struEura per progeP prevede una duplice ripar=zione delle responsabilità: una struAura
funzionale di base(permanente) e una struAura temporanea per proge6. Per tale mo1vo il
modello si caraAerizza per una sorta di temporaneità permanente. La prima dimensione
garan1sce l’e[cienza dell’intera struAura, la seconda consente il mantenimento di un’elevata
elas1cità strategica. Questo 1po di struAura opera e[cacemente al veri=carsi delle seguen1
condizioni:
1) dimensioni medio-grandi
2) prodo6 a brevissimo ciclo di vita
3) prodo6 che rispondo a speci=che richieste della clientela, sempre diverse
4) elevato faAurato unitario di commesse industriali, proge6 di ricerca, ecc;
5) necessità di innovazione con1nua;
6) strategie di segmentazione e forte diHerenziazione.
64
La struEura a matrice si caraAerizza per il faAo di essere ar1colata su due o più dimensioni.
Prevede una ripar1zione delle responsabilità organizza1ve mediante la de=nizione di una
matrice di responsabilità aAraverso l’adozione di due (o più) criteri di specializzazione; a ogni
criterio corrisponde una speci=ca linea di autorità. Presentano sullo stesso livello organizza1vo
una dimensione funzionale e una
divisionale, oppure di due insiemi di
Divisioni focalizzate su aspe6 diversi del
business(per esempio prodoAo/
mercato). Tale modello gode di elevata
elas1cità struAurale e rappresenta la
soluzione organizza1va più e[cace al
veri=carsi delle seguen1 condizioni:
1) dimensioni medio-grandi; 2)
prodo6 a breve ciclo di vita; 3)
necessità di svolgere a6vità interne di sviluppo tecnologico; 4) strategie di segmentazione e
forte diHerenziazione. La struAura a matrice può essere considerata come un’evoluzione
della struAura divisionale (o holding) in cui l’elevato tasso di sviluppo tecnologico e le
marcate strategie di segmentazione e forte diHerenziazione impongono il presidio
simultaneo e bipolare di più ambi1 di focalizzazione. La struAura a matrice si caraAerizza
per un elevato grado di complessità interna, in quanto il suo funzionamento richiede
l’adozione di meccanismi opera1vi, modelli di comportamento e lo sviluppo di una cultura
aziendale in sintonia con le esigenze della struAura.
Le re- network (forma N) non sono un fenomeno nuovo rispeAo al panorama organizza1vo delle
forme organizza1ve che le imprese, o insiemi di imprese possono adoAare. In Italia il tema ha
assunto molta rilevanza per la nuova nascita dell’is1tuto giuridico del contra2o di rete.
Dal punto di vista della progeAazione organizza1va i network non rappresentano un vero e
proprio modello struAura, quanto una modalità di funzionamento di diverse en1tà organizza1ve,
interne o esterne.
65
Un ulteriore stadio evolu1vo della forma organizza1va a holding può derivare dai fenomeni di
quasi-disintegrazione, cioè dalla esternalizzazione (outsourcing) controllata di a6vità lungo la
catena del valore- siano esse opera1ve o di supporto. Tale scelta può rendersi necessaria per
l’impossibilità dei sistemi organizza1vi di adaAarsi aessibilmente all’incertezza esogena, per la
carenza di risorse di professionalità imprenditoriali e per l’insorgere di faAori di inerzia
struAurale. Una seconda mo1vazione è inoltre rappresentata dal faAo che in alcuni anelli della
catena del valore può risultare economicamente più conveniente il ricorso al mercato.
Le a6vità esternalizzate vengono realizzate da imprese già esisten1 o da cui si promuove la
cos1tuzione, con le quali la grande impresa man1ene delle relazioni contraAuali e, spesso, anche
legami proprietari deboli. In tal modo si vengono a creare modalità organizza1ve a rete esterna
che tendono ad integrarsi in un disegno unitario con le re1 interne.
L’esternalizzazione controllata di fasi della catena del valore esprime anche il tenta1vo di
realizzare forme di condivisione delle a6vità all’esterno, per realizzare i vantaggi delle economie
di scale e di specializzazione e quelli connessi a una maggiore aessibilità delle struAure interne.
L’esternalizzazione delle a6vità può generare in tal modo con=gurazioni re1colari, nelle quali
l’impresa assume connotazione di centro strategico, capace di esercitare funzioni chiave di
progeAazione, e di controllo strategico elle relazioni con la rete esterna. La con1nuità
organizza1va tra la struAura re1colare interna ed esterna è assicurata dal mantenimento
all’interno delle a6vità chiave, come la progeAazione, ricerca, commercializzazione prodo6 =nali.
66
Le forme organizza1ve =nora illustrate hanno considerato le caraAeris1che delle imprese, interne
ed esterne, come determinan1 della loro struAurazione organizza1va, in ragione delle
performance organizza1ve aAese (e[cienza, elas1cità). TuAavia, le strategie di Corporate delle
imprese mul1-business non si limitano alla scelta dei seAori nei quali l’impresa intende operare,
ma si estendono all’analisi del come il Corporate dovrebbe ges1re l’insieme delle unità di business
(strategie orizzontali) e all’allocazione delle risorse tra le unità di business.
La valorizzazione delle interrelazioni in termini di miglioramento del vantaggio compe11vo
richiede un forte impegno del Corporate, che non si traduce esclusivamente nell’is1tuzione delle
Direzioni Centrali di Corporate, ma si estende alla predisposizione e all’u1lizzo di sistemi opera1vi
per il coordinamento delle unità di business. La necessità di predisporre struAure orizzontali e
meccanismi di coordinamento (sistemi opera1vi) deriva dalla considerazione che la realizzazione
delle interrelazioni non necessariamente conduce al miglioramento della posizione compe11va
dei business interrela1. Al contrario, l’inauenza delle interrelazioni può tradursi nella distruzione
del valore. Ciò può veri=carsi non solo per il livello dei cos1 associa1 alla condivisione di a6vità,
ma anche per la crescita di cos1 associa1 a interven1 eccessivamente intensi del Corporate.
67
Il ruolo delle struAure di corporate nell’aAuazione delle strategie di diversi=cazione varia al variare
della natura e delle intensità delle interdipendenze tra le SBU.
Nel caso di diversi=cazione non correlata(conglomerale) le SBU via via acquisite non presentano
irrilevan1 connessioni tecnologiche o di mercato con le a6vità dell’impresa acquirente. Il
Corporate ha un ruolo marginale, limitandosi a interven1 di ristruAurazione e a svolgere le
funzioni di intermediazione =nanziaria, ricevendo le risorse =nanziarie degli azionis1 e dai
=nanziatori e riallocandole in una molteplicità di business, secondo una prospe6va di ges1one del
portafoglio. L’impossibilità di formulare una strategia orizzontale , inibisce lo sviluppo di
consisten1 unità centrali di Corporate (quindi le funzioni di ges1one del portafoglio vengono
svolte dalla capogruppo. Secondo la logica di portafoglio, le società controllate che ges1scono le
SBU rimangono competen1 nella formulazione delle strategie di business mentre la Corporate
svolge le funzioni di raccolta dei mezzi =nanzia1 a un costo più basso di quanto possano le singole
società, di allocazione delle risorse nelle SBU per la realizzazione dei loro inves1men1, di controllo
economico-=nanziario delle società in portafoglio. Per raccogliere i mezzi =nanziari a cos1 più
bassi, la capogruppo spesso ricorre alla cos1tuzione di una società =nanziaria cap1ve nella forma
di joint venture interna.
68
Le interrelazioni spesso non vengono realizzate, facendo ricadere la ges1one dei business a livello
di Corporate in una logica di portafoglio. Talvolta le mancate realizzazioni delle interrelazioni
possono ricondursi a scelte deliberate del Corporate di non intervento, carenze delle strategie di
Corporate, inadeguatezza del modello organizza1vo, eccessivi cos1. Inoltre ci possono essere delle
di[coltà organizza1ve che il Corporate incontra nelle interrelazioni aAraverso il coordinamento
69
delle SBU. Tali di[coltà possono essere ricondoAe a resistenze delle singole SBU al trasferimento
di tecnologie e competenze. Tali resistenze possono essere ricondoAe a:
- diversità dei contes= organizza=vi delle SBU interrelate, in termini di orientamen1 strategici.
- assenza di un collante stru2urale di Corporate, che facili1 l’emergere di diHerenze nei principi di
fondo delle culture divisionali.
- asimmetria dei bene5ci, derivan1 da interrelazioni per le diverse unità di business.
- vincoli impos= alle Divisioni (come limi= di autonomia e Cessibilità)
- resistenza, possono essere alimentate dai sistemi di controllo delle performance divisionali,
focalizza1 spesso sui risulta1 reddituali delle Divisioni.
- sistemi di incen=vazione, che tendono a raHreddare le inizia1ve verso la realizzazione delle
interrelazioni.
Da anni gli esper1 sono alla ricerca di una connessione tra risorse umane, capitale umano e
vantaggio compe11vo. È possibile dis1nguere tra i principali strumen1 di ges1one delle risorse
umane (valutazione, retribuzione, carriere) e i principali legami tra il capitale umano, la creazione
di valore e la sostenibilità del vantaggio compe11vo (fedeltà del personale, cultura organizza1va,
ricambio generazionale). È u1le soHermarsi sul conceAo di human capital e organiza-on capital: il
primo 1ene conto delle competenze, dei faAori dis1n1vi (talento) e delle competenze speci=che
(idiosincra1che) detenute dai dipenden1. Mentre il capitale organizza1vo pone aAenzione
all’allineamento delle caraAeris1che del personale agli obie6vi strategici e alla capacità degli
impiega1 di condividere conoscenza aAraverso a[ancamento di networking.
Il legame tra ges1one del capitale umano e sviluppo strategico dell’impresa si basa sul conceAo
1pico del capitale aziendale intangibile: il valore degli asset intangibili dipende dalla loro liquidità,
ovvero dalla loro capacità di essere pron1 a sostenere adeguatamente la strategia aziendale. Nel
caso di human capital la liquidità è rappresentata dal possesso da parte dei dipenden1 della
giusta qualità e livello di competenze per eHeAuare i processi interni cri1ci per la realizzazione
della strategia aziendale; mentre nel caso di organiza1on capital, la liquidità è data dalla capacità
d’impresa di cambiare l’organizzazione per supportare la strategia e al contempo, dal grado di
interiorizzazione del personale di cultura, valori, visione e missione dell’impresa. La liquidità del
capitale umano può essere sviluppata nel tempo aAraverso interven1 strategici e organizza1vi
svol1 a s1molare:
- fedeltà del personale, intesa come estensione dei tempi di permanenza individuali dei
dipenden1 oltre la soglia ritenuta minima per lo sviluppo delle competenze base.
- cultura organizza-va, concepita come insieme di valori e principi acceAa1 e condivisi all’interno
dell’impresa.
- ricambio generazionale, avvicendamento tra risorse senior e neoassun1 nelle varie posizioni.
La ges1one delle risorse umane e lo sviluppo del capitale umano si basano entrambi sul conceAo
di contraAo psicologico che è caraAerizzato dalle reciproche aspeAa1ve tra l’organizzazione e i
70
suoi membri. Tra gli aspe6 del contraAo psicologico che lega gli individui alle organizzazioni quelli
maggiormente a6nen1 all’implementazione delle scelte strategiche, a livello sia di business che di
Corporate sono:
Percorsi di carriera: progredire nell’ambito dello sviluppo professionale. Dal punto di vista
dell’impresa la carriera è l’insieme di mansioni che uno ricopre nel tempo e che sono
quali=cate congiuntamente dal livello retribu1vo, dalla quali=ca, posizione, livello gerarchico,
contenu1 e caraAeris1che professionali. Nell’ambito dei vari percorsi di carriera è possibile
dis1nguere 3 1pologie:
- Percorso di carriera lineare, spostamen1 ver1cali all’interno della stessa struAura =no a
raggiungere il limite della carriera. (mutazioni di status)
- Percorso di carriera da esperto, competenze e sviluppo della professione.
- Percorso a spirale, implica spostamen1 tra ruoli e posizioni anche a livello trans-funzionale
(spostarsi da una posizione all’altra per trasferire conoscenze) adaAo per i manager.
Per una piani=cazione delle carriere =nalizzata ad una valorizzazione strategica del
patrimonio di competenze aziendali nel tempo, le imprese tendono ad impostare percorsi di
carriera duali, speci=ci e diHerenzia1, per i manager e per gli specialis1. Mentre i primi
prevedono un andamento a spirale, i secondi privilegiano lo sviluppo in profondità di
conoscenze e competenze speci=che.
Scelta degli obieAvi: per costruire un adeguato MBO è fondamentale l’iden1=cazione degli
obie6vi aAraverso l’individuazione delle aree chiave di risultato. Le aree chiave sono quelle
aree di a6vità dove è necessario realizzare una prestazione soddisfacente per o6mizzare il
risultato di livello superiore. Gli obie6vi devono essere:
• prioritari per le strategie aziendali;
• signi=ca1vamente correla1 con le prestazioni individuali, inauenzabili dalla persona
incen1vata;
• realis1ci, ambiziosi e s=dan1 ma comunque raggiungibili;
• misurabili e controllabili aAraverso i sistemi aziendali;
• coeren1 della dimensione temporale.
Gli obie6vi possono essere di 1po economico-=nanziario, di processo, aziendali o funzionali
e individuali.
Ogni obie6vo deve essere associato a indicatori di performance adegua1 e coeren1 (Fontana,
1994) di 1po:
• reddituali; performance economica dell’organizzazione
• =nanziari; scaturiscono dai piani di inves1men1 e dai budget =nanziari
• =sici; livelli e[cienza dei prodo6
• temporali; dimissioni di un impianto entro una certa data
• strategici; piano strategico di lungo periodo
• di integrazione. iden1=cano corresponsabilità rispeAo a obie6vi cri1ci
Equità e incen-vi: il singolo non valuta soltanto ciò che riceve dall’impresa a fronte di un suo
impegno, ma tende a monitorare costantemente tale rapporto rispeAo a lavoratori che ri1ene
suoi simili. Il contesto organizza1vo è rilevante ai =ni dell’incen1vazione; quando il contesto
aziendale viene considerato favorevolmente dai lavoratori, i comportamen1 individuali non si
limitano ai comportamen1 produ6vi, ma al contrario è possibile innescare dei
comportamen1 innova=vi e coopera=vi.
8.6.3) Le basi per la sostenibilità del vantaggio compeNNvo aEraverso il capitale umano
72
L’acquisizione di skill nella forma di =gure professionali chiave cos1tuisce il primo stadio del lungo
e ar1colato processo di formazione delle competenze dis1n1ve, che si svolge in una prospe6va di
compe1zione sul mercato delle risorse-competenze. Lo sviluppo della conoscenza organizza1va si
basa sul processo di trasformazione della conoscenza nelle due dimensioni:
- tacita-esplicita.
- individuale colle6va.
La conoscenza si trasferisce tra individui e tra ques1 ul1mi e l’organizzazione e viceversa, nella
forma tacita o esplicita, a6vando un meccanismo circolare di creazione di nuova conoscenza. La
conoscenza tacita è insita nell’azione e si esprime in un saper fare. La dimensione della conoscenza
tacita implica il possesso da parte degli operatori, oltre che di un saper fare, anche di un saper
essere =nalizzato a combinare, sviluppare tale conoscenza. La dimensione sociale e tacita della
conoscenza la rendono non separabile dal contesto nel quale si è sviluppata, perciò non
trasferibile tra organizzazioni.
L’apprendimento tra le organizzazioni cos1tuisce una risposta più rapida alle esigenze emergen1
di nuove competenze dis1n1ve. L’apprendimento organizza1vo fondato sull’esperienza e
sull’a6vità di ricerca all’interno della singola impresa può risultare lento se non viene alimentato
con altre forme di apprendimento nell’ambito di alleanze strategiche con altre imprese. Le
alleanze rispondono all’esigenza delle imprese di accedere a risorse complementari a quelle
possedute. Raramente l’impresa possiede tuAe le e competenze per sviluppare diverse tecnologie
e nuovi prodo6. L’apprendimento organizza1vo soAostante il processo di formazione delle
competenze può richiedere il disimparare, ovvero di dismeAere conoscenze e comportamen1
pregressi consolida1si nel tempo; esigenza questa che incontra le resistenze dei singoli o di intere
aree organizza1ve. La difesa delle competenze assume una rilevanza cri1ca.
La protezione breveAuale e organizza1va delle tecnologie, lo sviluppo della prospe6va del
knowledge management, cioè delle funzioni di acquisizione e uso delle conoscenze, con la
cos1tuzione di ruoli che presidiano i processi di formazione delle competenze, l’adozione di
sistemi di incen1vazione del personale basa1 sulle competenze cos1tuiscono degli strumen1 sui
quali si fondano le poli1che di protezione delle competenze dis1n1ve.
9. IL MARKETING
La diHusione del marke1ng è stata molto intensa: nelle imprese è divenuta un’area ges1onale
primaria, assumendo in non pochi seAori un ruolo centrale nella determinazione del vantaggio
compe11vo; allo stesso tempo, è entrato nella ges1one anche di altri 1pi di organizzazioni: le
aziende no pro=t, molte is1tuzioni. Questa diHusione trasversale è spiegata dalla circostanza che i
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principi di fondo del marke1ng sono applicabili a qualsiasi 1po di organizzazione umana.
Nonostante ciò i suoi contenu1 sono ancora oggeAo di valutazioni diverse. SopraAuAo nelle
imprese di dimensione minore, al marke1ng tende ad essere aAribuita la funzione di aAuare la
strategia compe11va per quanto riguarda gli aspe6 riguardan1 il rapporto con il mercato. In linea
generale, al marke1ng è prevalentemente aAribuita la funzione di sviluppare i rappor1 con il
mercato; in questa prospe6va, esso si occupa di ges1re:
1. Vendite: nell’ambito della ges1one delle vendite, il marke1ng si occupa del funzionamento
della rete commerciale dell’azienda; dei rappor1 con la distribuzione; della ges1one dei
prezzi.
2. Comunicazione: la comunicazione è l’ambito di competenza del marke1ng forse più 1pico.
3. Relazione con i clien-: in=ne la relazione con i clien1 concerne la misurazione del grado di
soddisfacimento verso l’oHerta dell’impresa. In questo ambito sta assumendo crescente
importanza la ges1one della presenza dell’impresa nella rete internet e nei social network.
Meno chiaro è il ruolo del marke1ng nella ges1one dell’oHerta, e questo nonostante che la
poli=ca di prodo2o sia tra i compi1 opera1vi del marke1ng. Il coinvolgimento del marke1ng
nell’elaborazione dei contenu1 dell’oHerta dipende dall’aAenzione che a riguardo l’impresa è in
grado di prestare al mercato. Ancora più controversa è la funzione del marke1ng nel processo di
elaborazione della strategia compe11va. Anche su questo punto si è =ssato diverse tema1che
strategiche che dovrebbero essere elaborate con gli strumen1 di marke1ng. Tali ques1oni sono:
Analisi della domanda
Segmentazione
Posizionamento
Ges1one della marca
De=nizione della strategia di marke1ng
Nella pra1ca queste a6vità possono trovare collocazione presso altre aree aziendali. L’analisi della
domanda è a[data normalmente a sogge6 specializza1 esterni che interloquiscono direAamente
con il ver1ce aziendale. La scelta di segmentazione e di posizionamento, nonché quella rela1va
all’approccio di marke1ng, sono normalmente prese a monte. In=ne la strategia di marca
coinvolge in modo primario il marke1ng per la parte inerente la comunicazione e lo sviluppo del
brand. In de=ni1va la funzione di marke1ng si occupa della ges1one commerciale, comunicazione,
e dello sviluppo del rapporto con i clien1.
Il principio alla base dell’approccio ges1onale di marke1ng è il concepire l’oHerta con l’obie6vo di
soddisfare le esigenze della domanda individuata nel modo più preciso possibile. Il metodo di
marke-ng predispone tuAa l’a6vità di impresa al =ne della creazione di valore per coloro che
cos1tuiscono il mercato cui essa intende rivolgersi e per l’insieme di sogge6 con cui essa
interagisce. Fine ul1mo del marke1ng è quello di creare negli interlocutori, cioè chi lavora con e
nell’azienda, il massimo consenso verso di essa. Da questo principio derivano altri tre elemen1
caraAerizzan1 l’approccio di marke1ng:
1. Nell’evoluzione dell’impresa è decisiva la scelta del mercato, o della parte di mercato dove
focalizzare la propria strategia compe11va
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Il principio base del marke1ng, cioè l’orientamento alla creazione del massimo valore per il
cliente, diviene fondante del modello evolu1vo dell’impresa. L’aHermarsi del modello di impresa
sostenibile ha esteso la portata conceAuale del marke1ng poiché ha ampliato i sogge6 per i quali
essa deve creare valore: non più solo i clien1 ma tu6 gli stakeholder.
Un’analisi storica dell’approccio dell’impresa nei confron1 del suo mercato evidenzia altri tre
orientamen1 indica1 come:
Orientamento alla produzione: è 1pico delle fasi in cui la domanda è molto superiore alla
oHerta totale esistente nel mercato, quando, dunque, l’esigenza primaria dei consumatori
è l’immediata disponibilità del prodoAo o del servizio. Gli speci=ci faAori che caraAerizzano
il prodoAo sono considera1 rela1vamente secondari. Per il cliente è primario trovare
un’oHerta quan1ta1vamente adeguata e a un prezzo coerente con la sua capacità di spesa.
In questa situazione, dal punto di vista dell’impresa, è prioritario ges1re al meglio la
produzione, o6mizzando capacità produ6va e e[cienza. Il primo aspeAo per evitare che
una parte del mercato non riesca ad oAenere il prodoAo, il secondo invece per ridurre i
cos1 e poter collocare l’oHerta ad un prezzo sostenibile dal mercato, il terzo per facilitare
l’accesso del compratore al prodoAo. In questa situazione il marke1ng non ha
pra1camente ragion d’essere poiché ciò che massimizza il valore per il consumatore è la
semplice disponibilità e a un prezzo adeguato del prodoAo.
Orientamento al prodo)o: è basato sull’idea che un prodoAo con contenu1 tecnici
chiaramente superiori è in grado di avere successo nel mercato. L’a6vità aziendale, quindi,
deve essere focalizzata sul miglioramento tecnico della propria oHerta e sull’innovazione
=nalizzata ad introdurre nel mercato prodo6 sempre migliori. Inizia ad evidenziarsi una
funzione opera1va del marke1ng, poiché è necessario che la qualità dell’oHerta sia
percepita dai consumatori.
Orientamento alla vendita: si ha nelle fasi avanzate del ciclo di vita di un mercato, quando
la capacità produ6va tende ad essere superiore alla domanda complessiva. Si pone al
centro dell’agire dell’impresa il suo rapporto con il mercato. Nell’orientamento alla vendita
il fulcro del successo consiste nella capacità dell’impresa di trovare un adeguato spazio nel
mercato. Tale capacità si esprime nell’e[cacia e nell’e[cienza con cui l’impresa riesce a
spingere la propria oHerta verso la domanda; quindi portare l’oHerta il più vicino possibile
al suo potenziale acquirente, promuoverla e spingere il consumatore all’acquisto. Il cliente
rimane un soggeAo contrapposto all’impresa, le cui esigenze sono considerate solo nella
fase =nale del processo di oHerta, quando occorre a6vare i meccanismi commerciali più
e[caci. Anche in questo approccio il marke1ng ha una connotazione solo opera1va.
75
Sulla base della conoscenza di ques1 elemen1, l’impresa sviluppa una certa strategia di
oHerta =nalizzata a raggiungere un vantaggio compe11vo, con la diHerenza essenziale
che nell’approccio di marke1ng, l’elevato valore non deriva da caraAeris1che
tecnologiche del prodoAo superiori in generale, ma dal faAo che il prodoAo è dotato di
quegli aspe6 grazie ai quali riesce a soddisfare meglio di altri le aspeAa1ve del
mercato.
Anche nei casi in cui l’aAenzione del cliente rimane focalizzata sul prodoAo in sé, la relazione
rimane decisiva, rappresentando il contesto migliore entro cui è necessario costruire lo scambio.
Nell’approccio relazionale domanda e oHerta smeAono di essere antagonis1, trovando entrambi
convenienza a sviluppare un rapporto coopera1vo. Condizione evidentemente necessaria a[nché
la relazione sia generatrice di valore per entrambe le par1. Il marke1ng si occupa di ges1re non più
lo scambio con il cliente, ma l’intero processo di sviluppo della relazione con esso. In questa
prospe6va inauenza anche il processo produ6vo, almeno per quanto riguarda quelle fasi in cui il
coinvolgimento del cliente risulta signi=ca1vo per la creazione di valore. In termini concre1 si
traduce nella necessità di aHrontare alcune ques1oni di ordine:
Strategico:
76
Per valutare gli obie6vi del marke1ng si deve dis1nguere tra la prospe6va che lo vede come
approccio ges1onale da quella rela1va alla funzione organizza1va. Dal primo punto di vista i suoi
obie6vi coincidono con quelli generali dell’intero sistema aziendale: il raggiungimento del
vantaggio compe11vo aAraverso la massimizzazione del valore creato per i clien1 e per gli altri
stakeholder, in un quadro di evoluzione sostenibile.
In quanto funzione aziendale (organizza1va), gli obie6vi del marke1ng fanno riferimento ai
risulta1 raggiun1 dall’impresa nel mercato. In termini di:
1. Volume di fa)urato
2. Quota di mercato
3. Margine opera-vo
4. Livello del capitale intangibile riferito alla posizione dell’impresa nel mercato
I risulta1 obie6vo in ques1 quaAro ambi1 sono espressi con riferimento a un determinato
orizzonte temporale, determinando così obie6vi di breve, medio e lungo termine. Le prime tre
hanno natura quan1ta1va, mentre la quarta quan1-qualita1va. La =ssazione degli obie6vi di
marke1ng è condizionata in modo più o meno vincolante da faAori lega1 al contesto compe11vo
in cui l’azienda opera, al mercato ed eventualmente anche all’ambiente rilevante. La =ssazione
degli obie6vi strategici risente anche del più generale approccio assunto dall’impresa nel
mercato, con riferimento al grado di aggressività della strategia compe11va adoAata.
La divisione del mercato in segmen1 avviene in relazione a uno o più parametri rilevan1 per
dis1nguere gli appartenen1 a ciascun segmento da coloro che non ne fanno parte. L’impresa non
può considerare il mercato come un insieme indis1nto, dovendo individuare i gruppi di sogge6
con comportamen1 simili per proporre loro un’oHerta diHerenziata da quella indirizzata ad altri
segmen1. In altre situazioni la segmentazione non risulta par1colarmente necessaria; questo
accade quando i consumatori sono accumuna1 da un determinato bisogno la cui soddisfazione
rappresenta anche la principale determinante di valore che essi percepiscono. La scelta dei
segmen1 target è un passaggio cruciale della strategia compe11va, rappresenta la saldatura tra
marke1ng e strategia. La scelta dei segmen1 obie6vo dipende per un verso dalle caraAeris1che
degli stessi, per l’altro, dalle risorse che l’impresa ha a disposizione.
La divisione del mercato in segmen1 richiede le variabili di segmentazione. Con riferimento alle
persone, alcune tra le variabili sono u1lizzabili agevolmente. Le più importan1 tra queste sono:
Variabili demogra=che
Variabili geogra=che
Variabili socio-economiche
Le variabili complesse colgono aspe6 più speci=ci della natura del consumatore. In gran parte dei
casi sono osservabili solo aAraverso rilevazioni apposite. Di questo 1po sono:
Variabili psicogra=che: la personalità del consumatore
Variabili comportamentali: le modalità di comportamento di consumo
Una complessità inerente a queste ul1me due variabili deriva dal faAo che le caraAeris1che
caraAeriali del consumatore tendono a variare nel tempo. Le variabili comportamentali in
sostanza dis1nguono i consumatori e in funzione del rapporto che essi stabiliscono con il prodoAo
prima, durante e dopo il suo consumo. Le variabili comportamentali sono di[cilmente rilevabili a
causa della loro instabilità. Per la segmentazione di un mercato è quindi essenziale comprendere
quali variabili di segmentazione riescono a cogliere precisamente gruppi di consumatori con
esigenze omogenee.
Per dis1nguere i diversi 1pi di consumatore ai =ni della massimizzazione della sua soddisfazione, è
abbastanza diHuso nella pra1ca manageriale il modello “Compass”. Iden1=ca quaAro componen1:
bisogni primari, aspeAa1ve, stereo1pi, emozioni.
Nella ges1one pra1ca, non ogni soAoinsieme di sogge6 omogenei può rappresentare un target
signi=ca1vo per l’azienda. Per avere rilevanza un segmento deve presentare:
Misurabilità: deve essere agevole s1mare con precisione la dimensione del segmento in
termini di numerosità dei suoi appartenen1, di quan1tà della domanda complessiva che
genera, di valore economico totale
Signi[ca-vità dimensionale: deve avere una dimensione tale da gius1=care l’impegno
organizza1vo, produ6vo e di marke1ng necessario per soddisfarne la domanda
Pro[)abilità: è legata alla dimensione del segmento, ma anche alla complessità e quindi ai
cos1 delle a6vità che occorre svolgere per soddisfare la domanda di quel segmento
Accessibilità: indica la capacità dell’impresa di accedere al segmento con un’oHerta
compe11va e in grado di generare valore economico
78
Si osserva che, con l’accezione della prima, tuAe le caraAeris1che che determinano la rilevanza
economica di un segmento non hanno natura ogge6va, ma riaeAono gli orientamen1
dell’impresa che ne fa la valutazione. Ne deriva che la scelta del segmento ha un’importanza sulla
qualità del percorso poli1co dell’azienda. Tale successo dipende anche dalla capacità di scegliere
un contesto compe11vo dove è più in grado di esprimere le proprie potenzialità. Individua1 i
segmen1 potenzialmente interessan1 e sulla base delle proprie risorse e competenze, l’impresa
deve scegliere quelli ai quali rivolgere la propria oHerta. Tale decisione implica in primo luogo la
determinazione del numero di segmen1. La decisione dei segmen1 dove operare è resa complessa
in modo ulteriore dall’evoluzione dei consumatori in mol1 merca1. La complessità del
consumatore unitamente alla facilità d’accesso a oHerte molto speci=che, ha in mol1 merca1
generato un progressivo frazionamento dei segmen1. Quelli che una volta erano considera1
segmen1 marginali, perché troppo piccoli, assumono rilevanza anche per le grandi imprese
dimostrandosi molto reddi1zi. La crescente mobilità del consumatore è un secondo fenomeno che
inauenza la segmentazione. I segmen1 sono molto meno de=ni1 e meno stabili. Meno de=ni1
perché il consumatore può sen1rsi facilmente parte di segmen1 diversi, meno stabili perché il
consumatore con facilità passa da un segmento all’altro.
9.2.2 Il posizionamento:
Per posizionare un prodoAo o servizio è u1le disegnare una mappa che rappresen1 il diverso
modo in cui i consumatori percepiscono l’oHerta. Su questa mappa cogni-va vengono colloca1 i
prodo6 o i servizi concorren1; in relazione allo spazio occupato da ques1, si procede, a
posizionare il prodoAo o il servizio in ques1one. Tra i criteri u1lizza1 per de=nire la mappa vi sono:
FaAori caraAerizzan1 la 1pologia di prodoAo o servizio in ques1one
livello qualita1vo complessivo
Bene=ci aAesi
Occasioni d’uso
La scelta del posizionamento strategico deve tener conto delle potenzialità di successo che il
prodoAo in ques1one ha nel momento in cui occupa una determinata posizione; a tal =ne la
valutazione è completata con la costruzione della mappa delle preferenze. Questa è individuata
dagli stessi faAori u1lizza1 per disegnare quella cogni1va. La mappa delle preferenze individua le
aree del mercato maggiormente rilevan1 in termini di numerosità e di valore degli acquiren1
potenziali. La sovrapposizione della mappa cogni1va con quella delle preferenze fornisce:
Quale è la distanza tra il pro=lo ideale del prodoAo richiesto dai vari gruppi dei
consumatori e l’oHerta che ques1 hanno eHe6vamente a disposizione nel mercato
79
Quali sono gli spazi del mercato che un determinato prodoAo può occupare con successo
Il successo di un prodoAo nel mercato dipende dalla coerenza tra il suo posizionamento e le
poli-che di marke-ng che ne determinano le caraAeris1che; la promessa (di valore) espressa
al consumatore nel posizionamento deve trovare corrispondenza nei contenu1 concre1
dell’oHerta. Il posizionamento deve essere ges1to nel tempo. Per un verso, è necessario
garan1re ad esso stabilità, quale condizione essenziale per sviluppare una percezione chiara
nel consumatore; per l’altro, è importante fare in modo che esso evolva in relazione ai
cambiamen1 delle esigenze del consumatore. Il cambiamento del posizionamento può essere
determinato in tre modalità fondamentali:
La marca è una componente dell’oHerta che può contribuire al valore a essa aAribuito dal
consumatore; cos1tuisce una risorsa molto rilevante per il raggiungimento del vantaggio
compe11vo. La marca è cos1tuita da tre componen1 connesse:
1. Componente iden=5ca=va: è cos1tuita dall’insieme dei segni di riconoscimento aAraverso
cui il cliente iden1=ca la marca e la dis1ngue dalle altre. Da questa componente dipende la
rapidità e la facilità con cui il cliente iden1=ca la marca e la posizione nella sua mappa
cogni1va
2. Componente perceYva: è l’immagine della marca, consiste nell’insieme di associazioni
costruito dall’impresa aAorno agli elemen1 iden1=ca1vi della marca. Tali associazioni
riguardano:
80
Dai contenu1 di queste tre componen1 e dal modo in cui esse interagiscono, deriva la brand
equity traducibile come valore della marca.
Il conceAo di brand equity è centrale nella ges1one strategica di marke1ng. In sintesi quest’ul1ma
sinte1zza il diHerenziale di valore riconosciuto dal consumatore a un determinato prodoAo o
servizio in virtù appunto della sua marca. Questo diHerenziale si traduce in una maggiore capacità
del prodoAo di generare reddito e aAribuisce al marchio un valore economico. La brand equity è il
risultato del modo in cui la marca è ges1ta nel tempo. Evolve in relazione alle dinamiche del
mercato, delle marche concorren1 e di faAori ambientali eventualmente rilevan1. È importante
ges1rla con aAenzione anche nella fase della maturità e successivamente quando essa inizia a
declinare. A riguardo, occorre ges1re la cosiddeAa “rivitalizzazione” della marca. È possibile agire
su due fron1:
RaHorzare i faAori tradizionali che hanno =no ad allora determinato la brand equity della
marca
A6vare nuovi faAori genera1vi della brand equity
Questa seconda strategia richiede che si procede ad un riposizionamento del prodoAo cui la marca
fa riferimento.
La ges1one della marca si aAua sia a livello di area di business sia a livello di complessiva strategia
aziendale. In questa seconda prospe6va si pongono due ques1oni:
1. La connessione tra la marca Corporate e le marche dei singoli prodo6 o servizi
2. La ges1one del portafoglio marche
Nel caso in cui l’impresa decida di a[ancare un brand corporate a quello dei prodo6/servizi in
portafoglio, occorre approfondire le funzioni che esso deve esprimere a loro vantaggio. Funzioni
sono:
Integrare le singole marche di prodoAo/servizio nella percezione del mercato
RaHorzare il posizionamento delle singole marche di prodoAo/servizio nei rispe6vi merca1
81
La seconda quesNone riguarda la ges1one del portafoglio marche. Una ges1one organica e
integrata delle varie marche controllate dall’impresa è essenziale per sfruAare al meglio il loro
potenziale non solo nei rispe6vi merca1, ma anche sul piano della complessiva posizione
compe11va dell’impresa. È possibile iden1=care alcune a6vità 1piche:
Valutazione periodica del portafoglio: =nalizzata a valutare l’equilibrio complessivo rispeAo ad
alcune variabili economiche-strategiche e la coerenza della sua composizione rela1vamente
alle strategie compe11ve e di mercato in essere. AAraverso la posizione compe==va nei
confron= delle marche concorren= e il ciclo di vita del business si individuano sei situazioni 1po
rispeAo alle quali si possono ordinare le varie marche del portafoglio.
1. Trainan-: sono le marche fondamentali per la posizione di vantaggio compe11vo, sia
aAuale sia futuro, poiché hanno una posizione consolidata nel mercato. Richiedono
inves1men1 consisten1 poiché l’evoluzione del mercato può favorire la nascita di
condizioni che minacciano la leadership
2. Bas-oni: marche con una leadership nei rispe6vi merca1 ormai consolidata, grazie
anche alla maturità del mercato stesso
3. Alto potenziale: rappresentano il potenziale su cui l’impresa deve concentrare
l’aAenzione; l’evoluzione è ancora nelle fasi iniziali perciò imprevedibile
4. Da sviluppare: richiedono un impegno par1colare perché sono ancora deboli, ma
essendo il mercato ancora nelle fasi inziali del suo sviluppo possono raggiungere
posizioni di forza
5. Problema-che: sono marche deboli in merca1 in notevole crescita, sulle quali l’impresa
deve valutare l’opportunità di un forte rilancio
6. Marginali: probabilmente da abbandonare, deboli in merca1 maturi
Il piano di marke1ng a livello di area di business rappresenta una strada essenziale tra gli indirizzi
strategici assun1 dalla corporate e la ges1one strategica dei singoli business. In de=ni1va, il piano
stabilisce una serie di riferimen1 qualita1vi e quan1ta1vi necessari a[nché la ges1one del singolo
business sia coerente con il complessivo progeAo strategico dell’impresa e in grado di raggiungere
i risulta1 da esso aAesi. Il piano strategico di marke1ng del business indica in=ne i criteri per
l’aAuazione delle poli1che opera1ve di marke1ng (marke1ng mix) e per l’aAuazione delle azioni
commerciali. Tale piani=cazione parte dall’analisi delle condizioni del mercato e più in generale del
contesto compe11vo in cui l’impresa intende operare, insieme all’esplicitazione degli obie6vi
assegna1 al business dalla strategia corporate. Si procede alla =ssazione degli obie6vi strategici di
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marke1ng i quali devono essere condivisi con la direzione generale. Si procede poi all’elaborazione
della strategia di marke1ng; in par1colare, alla scelta del posizionamento e delle modalità
aAraverso cui raggiungere un vantaggio compe11vo; in modo parallelo, si procede alla
determinazione delle risorse necessarie per l’implementazione di tale strategia.
Il passaggio successivo si ar1cola in tre a6vità parallele e integrate:
De=nizione delle linee guida delle poli1che del marke1ng mix
Indicazione di un “1ming” di implementazione delle principali a6vità e costruzione del
budget di marke1ng
Fissazione dei target di performance
In mol1 casi, prima di procedere alla fase dell’esecuzione, il soggeAo responsabile del business
deve oAenere il via libera sul budget, sui tempi di implementazione e sui target di performance. La
fase di implementazione è accompagnata da un controllo strategico.
Nella ges-one del prodo)o il termine prodoAo non va riferito soltanto alle caraAeris1che
tecniche-=siche di un singolo bene materiale, ma anche ai servizi, ai sistemi di oHerta cos1tui1 da
un insieme di prodo6 e servizi, =no ad elemen1 anche molto immateriali. Alle diverse categorie di
prodoAo corrispondono merca1 con diverse caraAeris1che di fondo; quindi diHerenze rilevan1
negli strumen1 di ges1one del prodoAo stesso. I prodo6 =sici vanno dis1n1 in relazione alla loro
durata (beni durevoli e non) e al 1po di u1lizzatore cui sono rivol1 (beni di consumo e industriali).
È poi fondamentale richiamare la dis1nzione tra prodoAo =sico e servizi. Si individuano alcuni
principi di fondo alla base della poli=ca di prodo2o. Nella prospe6va del marke1ng mol1
contenu1 di un prodoAo sono importan1 nella prospe6va del cliente cui esso è rivolto per
soddisfarne determinate esigenze (rilievo sogge6vo). Altri contenu1 hanno un 1po di rilievo
ogge6vo. Nella prospe6va sogge6va degli acquiren1 cui è rivolto, il prodoAo genera valore
aAraverso quelle componen1 grazie alle quali esso:
Assolve a determinate funzioni d’uso
Assume determina1 signi=ca1 simbolici
Rende possibili esperienze, entrando a far parte del vissuto della persona
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È anche importante considerare che un prodoAo ha sempre un ciclo di vita in quanto aAraversa
alcune fasi 1piche:
o Introduzione nel mercato
o Sviluppo
o Maturità
o Declino
o Eventuale rivitalizzazione
L’impresa deve comprendere i faAori che inauenzano l’evoluzione del ciclo di vita del proprio
prodoAo e al tempo stesso deve individuare poli1che di prodoAo diHerenziate per ciascuna fase.
La poli1ca di prodoAo si occupa dell’insieme dei prodo6 in cui si ar1cola l’oHerta dell’impresa. Per
descrivere l’insieme dell’oHerta di un’impresa si usa il termine di gamma. Una gamma ha un certo
grado di ampiezza determinata dal numero più o meno ampio di linee di prodoAo. È importante
anche la coerenza esistente tra le diverse linee della gamma, espressa dalla somiglianza con cui le
diverse linee si posizionano sul mercato. Ogni linea di prodoAo ha una certa estensione in termini
di:
Lunghezza, determinata dalla numerosità dei diversi modelli di prodoAo esisten1 al suo
interno
Profondità, determinata dal numero di varian1 disponibili in ciascun modello di prodoAo
della linea
Si intuisce la rilevanza di un’aAenta ges1one della gamma in cui è ar1colata l’oHerta dell’impresa,
e al suo interno, delle singole linee. Tale ges1one deve tener conto in primo luogo di:
- FaAori interni: obie6vi strategici e di marke1ng, risorse disponibili e quelle =nanziarie per
aAuare le poli1che di marke1ng nelle varie linee.
- FaAori esterni: la rilevanza che lunghezza, profondità e coerenza delle linee hanno per il
consumatore e per la soddisfazione delle sue esigenze.
L’ar1colazione della gamma e la struAura delle linee deve essere monitorata nel tempo poiché
tende ad evolvere tramite introduzioni/eliminazioni di nuove linee.
La determinazione del prezzo dell’oHerta è uno dei pun1 fondamentali della ges1one d’impresa, in
quanto il prezzo è sempre un punto di riferimento nelle scelte della domanda. La ges1one del
prezzo da parte dell’impresa avviene in un quadro caraAerizzato dai seguen1 aspe6:
Elevata variabilità
Esistenza di un sistema di prezzi
Il prezzo può essere faAo variare con rapidità; per molte 1pologie di prodo6 o di servizi, è
normale che il prezzo sia modi=cato in relazione al cambiamento di determinate condizioni. È
evidente è la più aessibile tra le leve del marke1ng mix. È altreAanto vero che cambiamen1 troppo
frequen1 del prezzo sono controproducen1, potendo causare incertezza nella valutazione del
consumatore. La modi=cazione del prezzo è una delle misure fondamentali nel caso in cui si voglia
perseguire proprio un cambiamento di posizionamento. Deriva che la poli1ca di prezzo non si
limita alla =ssazione di un prezzo, ma di un sistema di prezzi; per la semplice ragione che l’oHerta
di impresa è ar1colata in una gamma ar1colata in un certo numero di linee a loro volta cos1tuite
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da un insieme di prodo6. C’è un ulteriore mo1vo per cui la poli1ca di prezzo consiste nello
sviluppo di un sistema di prezzi: l’opportunità di =ssare prezzi diversi per dis1nte 1pologie di
clien1 potenziali. Si parla in questo caso di discriminazione dei prezzi, intesa come la non
applicazione di uno steso prezzo a tu6 i potenziali acquiren1 che vengono traAa1 in maniera
diHerenziata. La discriminazione del prezzo è gius1=cata quando i diversi segmen1 di mercato
hanno una disponibilità a pagare diversa e tendono a ritenere acceAabile un prezzo diHerente. Per
i beni rivol1 all’u1lizzatore =nale, i criteri di discriminazione e[caci sono cos1tui1 da
caraAeris1che socio-demogra=che ed economiche dei potenziali acquiren1. La discriminazione è
frequentemente applicata in funzione delle quan1tà acquisite, della durata e intensità della
relazione tra impresa e acquirente. In ques1 casi la discriminazione è aAuata semplicemente
aAraversi meccanismi di sconto.
L’impresa =ssa il prezzo sulla base di tre faAori fondamentali:
CosN. I cos1 di produzione determinano normalmente il livello minimo del prezzo. Prezzi
inferiori ai cos1 di produzione possono essere comunque sostenu1 per un periodo di
tempo rela1vamente limitato, funzione anche della possibilità di =nanziare le perdite con
u1li consisten1 realizza1 in altri merca1. Sulla base dei cos1 l’impresa può =ssare tre livelli
fondamentali di prezzo:
1. Prezzo base: prezzo uguale al costo variabile unitario. Determina una perdita ma
consente all’impresa di con1nuare ad operare almeno =no a quando non deve
realizzare nuovi inves1men1 =ssi
2. Prezzo tecnico: prezzo uguale al costo variabile unitario più cos1 =ssi medi. Consente il
recupero del totale dei cos1 totali sostenu1 dall’impresa
3. Prezzo target: prezzo uguale al costo variabile unitario più cos1 =ssi medi comprensivi
di un margine di reddi1vità sul capitale inves1to. È il prezzo che consente, oltre alla
copertura dei cos1 totali, la realizzazione di un certo livello di reddi1vità
Domanda. La determinazione del prezzo deve tenere anche conto delle condizioni esterne
ovvero della domanda e dei prezzi dei concorren1. Mentre i cos1 rappresentano
sopraAuAo un vincolo nella =ssazione dei prezzi, la domanda dovrebbe rappresentare il
riferimento primario. Il prezzo deve essere coerente con la disponibilità a pagare del
consumatore; in alcuni casi il prezzo viene =ssato un po’ al di soAo di tale disponibilità, così
da lasciare una certa rendita del consumatore che spinge quest’ul1mo a preferire il
prodoAo. La disponibilità a pagare è determinata da 2 aspe6:
1. Il valore che il consumatore a2ribuisce al prodo2o: deriva dalle caraAeris1che materiali
e non dell’oHerta dell’impresa e dal modo in cui essa entra in relazione con il cliente
2. La sua capacità di spesa: deriva dalle condizioni patrimoniali e reddituali del
consumatore oltre che dalle sue abitudini di spesa. La disponibilità a pagare tende a
variare nel tempo anche per l’evoluzione del ciclo di vita del prodoAo.
della quan1tà domandata di un certo prodoAo o servizio al variare del suo prezzo.
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Nella =ssazione del prezzo, cos1 di produzione e vendita, domanda e concorrenza devono essere
considera1 in modo organico: i cos1 cos1tuiscono il limite minimo, il valore neAo percepito dalla
domanda il limite massimo. Il prezzo eHe6vo è =ssato tra ques1 due estremi. Il posizionamento
del prezzo dipende anche dall’orientamento strategico dell’impresa, in par1colare da come essa
intende u1lizzare il prezzo come leva compe11va. L’impresa può =ssare:
3. Comunicazione
La comunicazione può essere de=nita come un processo dinamico che incide sugli aAeggiamen1 e
sui comportamen1 delle persone e delle organizzazioni. La comunicazione può avere eHeAo sulle
diverse fasi che compongono il processo di acquisto da parte di un determinato soggeAo. Tali fasi
sono:
Consapevolezza
Conoscenza
Adesione
Preferenza
Scelta
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Sulla base di ques1 obie6vi, la strategia di comunicazione può essere ar1colata in tre macro-fasi:
1. La predisposizione delle condizioni di base per l’a2uazione della strategia di
comunicazione: comprende l’iden1=cazione dei sogge6 target della comunicazione
e, rispeAo ai target, gli obie6vi che si vogliono raggiungere aAraverso la
comunicazione; in=ne è necessario considerare le risorse disponibili e predisporre
un budget
2. Esplicitazione della strategia
3. La misurazione dei risulta=
Il budget disponibile comunque vincola la scelta del mix di strumen1 di comunicazione u1lizzabili;
le leve della comunicazione sono rappresenta1 da:
Pubblicità: comprende tuAe le forme di comunicazione a pagamento rivolta ad un pubblico
rela1vamente ampio e comunque non selezionato
Promozione: consiste nelle azioni =nalizzate a s1molare il cliente =nale o gli intermediari
ad acquistare il prodoAo o il servizi; le azioni di promozione u1lizzano la leva del prezzo e
sono spesso legate a campagne pubblicitarie. Sono aAuate per un periodo di tempo
limitato.
Relazioni pubbliche: riguarda inizia1ve di diverso 1po =nalizzate a sviluppare una relazione
posi1va tra l’impresa e varie categorie di interlocutori. Sono sviluppate con coloro che
possono inauenzare le condizioni di contesto in cui l’impresa si trova ad operare, quindi, in
primo luogo, gli organi di governo locale, regionale e nazionale.
Propaganda: è cos1tuita da un insieme eterogeneo di a6vità, =nalizzate a raHorzare la
notorietà del prodoAo, della marca o dell’impresa realizzate da sogge6 terzi. In questo
ambito è faAo rientrare il “product placement”, che consiste nel posizionamento di un
prodoAo nell’ambito di scene di =lm o even1 pubblici.
Marke-ng dire)o: comprende la comunicazione che l’impresa indirizza a singoli acquiren1
aAraverso strumen1 che le consentono di stabilire una relazione direAa con essi
Vendita personale: è la comunicazione del prodoAo/servizio e della marca realizzata
personalmente dai venditori dell’impresa
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4. Distribuzione
Con il termine gesNone commerciale si intende la ges1one delle a6vità più direAamente
riguardan1 la vendita e in par1colare:
Organizzazione dei canali distribu=vi;
Sviluppo dei servizi commerciali dell’ambito dei canali distribu=vi;
I canali distribui1 sono cos1tui1 da un insieme di sogge6 che realizzano le varie a6vità necessarie
per rendere il prodoAo o il servizio disponibile al suo acquirente =nale e da ques1 acquistabile
nelle modalità che ri1ene più convincen1. Tali sogge6 sono intermediari commerciali L’impresa
deve interagire con gli intermediari commerciali per favorire il migliore accesso del proprio
prodoAo o servizio al mercato =nale. Entro i cer1 limi1, l’impresa può anche cercare di organizzare
i canali distribu1vi nella maniera per essa più conveniente, =no a integrarsi a valle, arrivando a un
rapporto direAo con il cliente =nale.
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La dis1nzione dei canali distribu-vi in funzione della loro “lunghezza”, ovvero del numero di
intermediari commerciali che intervengono nel favorire il passaggio del prodoAo dal s