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Fontana Cairoli Economia E Gestione Delle Imprese

Economia e gestione delle imprese (Università degli Studi di Catania)

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EGI

1. IL SISTEMA IMPRESA E L’AMBIENTE


COMPETITIVO

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1.1 L’IMPRESA COME SISTEMA

L’impresa è un sistema cos1tuito da un insieme di risorse e di a)ori lega1 tra loro da relazioni
orientate alla realizzazione di a6vità e collegato a vari sogge6 esterni. È un’en1tà che va
compresa in base al suo contesto geogra=co e a quello storico di cui è parte e dai quali esso è
condizionato.
È un sistema cogni-vo poiché apprende e matura progressivamente una conoscenza che è alla
base del suo operare.
È un sistema complesso, composto da tante
par1 che interagiscono in modo non
semplice, e gerarchico, nel senso che i
soAoinsiemi che lo cos1tuiscono sono in
rapporto tra loro. La sua soluzione dipende
da molteplici faAori interni ed esterni e dal
modo in cui essi si combinano. Essa evolve
aAraverso un alternarsi di fasi di stabilità e
di cambiamento.

1.1.1 Le modalità di crescita dell’impresa

L’impresa può seguire due alterna1ve


fondamentali:
1 Espandere la propria presenza nel
business a2uale.
La prima scelta può essere aAuata
aAraverso l’entrata in nuove aree geogra5che, per acquisire nuove unità aziendali. L’estensione
della gamma dell’o<erta tramite l’introduzione di nuovi prodo6 nello stesso mercato, stessi
prodo6 in nuovi merca1 o nuovi prodo6 in nuovi merca1. Tramite l’integrazione ver=cale a
monte o a valle.

2 Diversi5care in nuovi business.


La seconda opzione di crescita consiste nella diversi=cazione, cioè nell’entrare in seAori del tuAo
nuovi rispeAo a quelli di origine. La diversi=cazione si dis1ngue in base al grado di correlazione del
business verso cui l’impresa ha diversi=cato con quello che ha impegnato inizialmente l’impresa.

1.1.2 La proprietà autopoie-ca del sistema impresa

Vuol dire che è un sistema che evolve a par=re da sé stesso. L’impresa ha due proprietà
apparentemente contrastan1:
- Aperta, scambia risorse con l’ambiente di cui ne fa parte.

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- Chiusa è in grado di mantenere rela1vamente stabile la propria organizzazione, rendendola in


una certa misura impermeabile alle spinte provenien1 dall’esterno.
L’impresa delinea il proprio con=ne in base alle sue conoscenze. Lo scambio con l’ambiente è
orientato all’acquisizione di energie di cui l’impresa ha bisogno nel processo di generazione delle
proprie risorse.

1.1.3 ObieAvi impresa

Impresa deve operare in modo da oHrire un’adeguata soddisfazione degli scopi di molteplici
sogge6. Quindi deve essere guidata dal meta-obie6vo di raggiungere e mantenere nel tempo le
condizioni necessarie per soddisfare in maniera adeguata le aspeAa1ve dei suoi diversi
stakeholders. Tali condizioni sono in par1colare:
- raggiungimento dell’equilibrio economico, in condizioni di sostenibilità ambientale e sociale
- creazione di valore per la comunità
- arricchimento del patrimonio di risorse disponibili
- raHorzamento delle capacità di u1lizzazione delle risorse disponibili

1.2 L’IMPRESA FAMILIARE

Sono de=nite familiari le imprese in cui più membri di una stessa famiglia sono coinvol1 nella
proprietà o nella ges1one del business. Esse sono individua1 in base alla quota capitale detenuta
dai membri della famiglia e necessaria a oAenere il controllo dell’impresa. Quindi se i membri
della famiglia hanno una quota di proprietà pari almeno al 50% del capitale sociale. (25% se
quotata).
Nell’impresa familiare i con=ni tra famiglia e business risultano molto sfuma1 con la conseguenza
che priorità, emozioni e obie6vi lega1 al nucleo familiare spesso si sovrappongono alle esigenze
di performance aziendale. Il SEW “Socioemo1onal Wealth Theory” suggerisce che il =ne ul1mo
delle decisioni nelle imprese a controllo familiare sia il mantenimento del patrimonio “aHe6vo”
dei membri della famiglia. Con SEW si fa dunque riferimento all’insieme di faAori non economici
presen1 nell’impresa familiare e che ne guidano decisioni e comportamen1. Le principali scelte
aziendali sono guidate dal desiderio di preservare o incrementare la SEW.
Cinque dimensioni fondamentali del SEW:
1) Controllo e inCuenza esercita= dalla famiglia sul business. AspeAo fondamentale a[nché i
membri della famiglia possano perseguire i loro obie6vi aAraverso il business. A[nchè
obie6vi non economici giochino un ruolo chiave nei processi decisionali è essenziale che
sussistano elemen1 di ability e willingness dei membri della famiglia a perseguire tali goal.
2) Senso di iden=tà tra impresa e famiglia.
Poiché il nome dell’impresa corrisponde al nome della famiglia proprietaria, il tema
dell’iden1tà risulta par1colarmente accentuato non solo nella sua dimensione interna, ma
anche esterna, ovvero con riferimento alla percezione da parte degli stakeholders. Quindi
tanto più è elevata la visibilità della famiglia all’interno dell’organizzazione quanto più il
des1no di famiglia e impresa risultano lega1 insieme.
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3) Relazioni con gli stakeholders.


Poiché reputazione aziendale e reputazione familiare sono streAamente legate, l’impresa
familiare è molto sensibile a diHondere un’immagine posi1va. Di conseguenza essi risultano
disincen1va1 ad adoAare comportamen1 che potrebbero essere disapprova1 dalla
comunità.
4) A2accamento emo=vo della famiglia all’impresa.
Alcuni studiosi hanno notato che la frequenza e la severità dei conai6 aumenta con
l’aumentare di membri della famiglia coinvol1 in ruoli dirigenziali.
5) Approccio dinas=co alla successione aziendale.
Il desiderio di trasferire il controllo del business alla generazione familiare successiva è uno
degli aspe6 chiave che contraddis1ngue le imprese familiare dalle altre 1pologie di
organizzazione. È una peculiarità delle imprese familiari. È riscontrato addiriAura che si
tende a preferire un successore appartenente alla famiglia persino quando candida1 più
idonei sono disponibili.
È possibile individuare 3 aspe6 che inauenzano posi1vamente il processo di successione e
che ne agevolano il buon esito:
- Piani5cazione della successione (piani=cando preven1vamente e correAamente per
garan1re con1nuità).
- La qualità delle relazioni interpersonali tra membri della stessa famiglia e tra quest’ul=mi
ed eventuali dipenden= esterni. (Riferimento al tema della comunicazione e =ducia).
- Livello di preparazione del successore. (Competenze manageriali, esperienza lavora1va e
a6tudini professionali del successore)

1.2.1 Coinvolgimento manager esterni

Può avere per l’organizzazione l’eHeAo bene=co di moderare l’impaAo che gli obie6vi non
economici hanno nelle decisioni strategiche aziendali, riorientando i goal aziendali verso
considerazioni più streAamente di performance.

1.3 AMBIENTE RILEVANTE DELL’IMPRESA

L’evoluzione dell’impresa è proporzionale a come essa interagisce con il contesto esterno.


L’ambiente secondo la leAeratura economica degli anni 50-60 era un elemento fondamentale che
poteva spiegare la performance dell’azienda. Le sue caraAeris1che ne descrivono la sua
performance che deve essere monitorata nel tempo. L’ambiente è un insieme di 2 elemen1
fondamentali:

- gli a)ori, che hanno propri interesse (stakeholders)


- condizioni
Ques1 2 elemen1 ci permeAono di individuare 2 1pi di ambien1:
1) Esteso = aAori che direAamente e indireAamente inauenzano l’a6vità dell’impresa,
inauenzandone i comportamen1 e i risulta1 potenziali.

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2) Compe--vo = è cos1tuito dagli aAori e dalle condizioni che interagiscono direAamente con
l’impresa, inauenzandone le scelte compe11ve. I faAori rilevan1 di tale ambiente possono
essere precisa1 con riferimento al business in cui l’impresa è impegnata: ambiente
compe--vo del business. Esso è un ambiente compe11vo che si riferisce al singolo mercato
usato dall’impresa, nelle imprese che realizzano più prodo6.
Il criterio che permeAe di dis1nguere le componen1 (aAori e condizioni) dell’ambiente esteso e
compe11vo è la natura dell’interazione tra impresa e componen1. Due 1pologie di interazione:
- passiva, gli aAori inauenzano l’a6vità dell’impresa ma non il contrario, ques1 aAori li
troviamo nell’ambiente esteso.
- aAva, l’impresa può inauenzare gli aAori in modo passivo e a6vo.

1.3.1 Gli aEori e le condizioni dell’ambiente esteso

Nell’ambiente esteso possiamo trovare o2o 1pologie di aAori: acquiren=, concorren=, fornitori,
distributori, inves=tori, autorità pubbliche, forze sociali e organismi rilevan=. Questo ambiente va
suddiviso in cinque categorie di condizioni:
- Economica: Pil, occupazioni, interessi, debi1/de=cit, aAra6vità inves1men1 esteri, ecc.
- Tecnologia: protezione breve6, trasferimento di tecnologie.
- Poli-co is-tuzionale: sistema is1tuzionale, stabilità poli1ca, poli1che =scali, apertura
internazionale
- Socio-culturale: struAura sociale, orientamen1 culturali, composizione forza lavoro ecc.
- Condizione ambientale: cambiamen1 clima1ci, rischio even1 naturali catastro=ci ecc.
Esse vanno riferite al paese di appartenenza dell’impresa anche se stanno aumentando sempre di
più quelle a dimensione internazionale. Nel loro insieme, ques1 faAori determinano delle forze
che, oltre a inauenzare il comportamento dell’impresa, delineano il quadro di riferimento entro
cui essa orienta il suo sviluppo di lungo periodo. Le condizioni richiamate determinano un asseAo
che l’impresa deve considerare esogeno rispeAo alle proprie scelte strategiche, e ai rela1vi
comportamen1.

1.4 L’AMBIENTE COMPETITIVO

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L’ambiente compe11vo dell’impresa ha delle interazioni con gli insiemi di aAori sia a6ve che
passive. Le interazioni possono avere natura diversa in relazione a:
- ripe==vità nel tempo
- grado di conCi2ualità

Le interazioni possono essere compe--ve, quando gli aAori sono in posizione conaiAuale o
coopera-ve caraAerizzate dall’elemento della collaborazione.
Per comprendere le condizioni dell’ambiente compe11vo e la dinamica delle interazioni, occorre
approfondire la con=gurazione delle forze compe11ve. Un modello preposto per questo compito
è il modello delle 5 forze di Porter:

1) Intensità della concorrenza:

Il primo aspeAo rilevante che determina l’intensità della concorrenza è il Grado concentrazione
del se2ore. La concentrazione può essere determinata in funzione di diverse variabili, tra cui
capire la sua quota di mercato (percentuale che ogni impresa ha rispeAo al totale del
faAurato/domanda/inves1men1). Esiste concentrazione assoluta e rela1va. Capire come tali
quote sono distribuite tramite una dimensione assoluta ci permeAe di ordinare in modo
crescente le varie imprese secondo le varie quote di mercato) e rela1va (confrontare la
distribuzione delle quote di mercato delle imprese rispeAo alla media delle quote di mercato del
seAore). Un indicatore molto diHuso è l’ndice di Hirschman-Her=ndal, se l’indice tende a 1 il
grado di concentrazione è più alto.
Il secondo è il livello della domanda rispeAo all’oHerta e barriere all’uscita. Se l’oHerta è
superiore alla domanda, le imprese devono ridurre il surplus dell’oHerta, tramite ad esempio
una guerra al ribasso dei prezzi, determinando una selezione naturale delle imprese. L’uscita di
aziende a volte è ostacolato da barriere d’uscita (sono ostacoli di natura struAurale che
rallentano o addiriAura impediscono l’uscita dal seAore), che sono dei cos1 per poter uscire del
mercato. Dipendono da:

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- grado di idiosincrasia, se gli impian1 sono fortemente specializza1 essi non-possono essere
riu1lizzabili in altre a6vità
- interrelazioni con altri seAori
- interven- is-tuzionali (de=nite dalla legge, per non gravare magari sulla disoccupazione)
- azione di forze interne all’imprese
Il terzo è collegato alla struAura dei cos1. Da notare è il break even point (punto di equilibrio
economico), nel caso in cui i cos1 =ssi sono una porzione elevata dei cos1 totali anche una
riduzione limitata della quan1tà prodoAo determina una perdita rilevante. Per l’impresa è
quindi di vitale importanza accrescere la sua quota di domanda.
Il quarto è il Grado di diHerenziazione dell’oHerta (è una strategia compe11va) = meno sono
diHerenzia1 i prodo6 e più ci sono perfe6 sos1tu1, maggiori sono i prodo6 nella
diHerenziazione, minore sarà la concorrenza nei vari segmen1 di mercato di determinate
1pologie di prodo6. Più il portafoglio è ampio nella diHerenziazione minore sarà la sua
concorrenza nel mercato che andrà a servire.

2) Potenziali entranN

Un secondo faAore che inauenza direAamente le condizioni compe11ve di un seAore è


rappresentato dalla pressione esercitata dai potenziali entran1. La pressione compe11va dei nuovi
concorren1 può avere eHe6 diversi. Può manifestarsi in una prima fase nel senso che le imprese
incumbent operan1 nel seAore reagiscano modi=cando le proprie strategie aAraverso prezzi
predatori o acquisizioni di imprese deboli nel seAore. La pressione sugli incumbent rappresentata
dalla minaccia di potenziali entran1 potrebbe, a seguito di tali strategie, fermarsi qui. Oppure
potrebbe divenire concreta e tradursi nell’eHe6va entrata nel seAore di un nuovo operatore nel
seAore. Allora sarà possibile la creazione di una nuova unità produ6va, che incrementerà la
pressione compe11va nel seAore; o l’acquisizione di un’azienda già operante nel seAore o in=ne la
collaborazione strategica con un’impresa già operante nel seAore.
Le Barriere all’entrata sono degli ostacoli per gli entran1, pos1 almeno inizialmente in una
posizione di maggiore debolezza rispeAo agli incumbents, ad esempio in termini di maggiori i cos1
o riduzione della percezione del pro=Ao. Le barriere all’entrata possono essere:
- barriere is=tuzionali, hanno origine esogena essendo determinate per legge, ad esempio nei
seAori dove vi è un unico player che opera come monopolista e questa posizione è stata conferita
dallo Stato, licenze taxi, farmacie (negli ul1mi 30 anni si è assis1to ad un graduale processo di
liberalizzazione).
- barriere stru2urali: barriere legate alle caraAeris1che intrinseche del mercato. Ad esempio le
economie di scala (all’aumentare della produzione diminuiscono i cos1 medi), economie di
esperienza (risparmio di costo/tempo nel fare sempre la stessa cosa), economie di estensione
(vantaggio di costo per le imprese che operando da maggior tempo nello stesso seAore hanno
potuto sviluppare un maggiore inauenza nell’area del business).

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- barriere strategiche (comportamen1 degli incumbent aAuano o minacciano di aAuare per


scoraggiare l’entrata di nuovi potenziali concorren1) ,(ad esempio abba6mento dei prezzi al di
soAo del costo medio). Per essere e[caci,
queste azioni di deterrenza devono essere
credibili. TuAo dipende da convenienza e
sostenibilità. Convenienza sia economica, che
strategica.
Convenienza economica dipende dal rapporto
tra cos1 dire6 e indire6 richies1
dall’innalzamento della barriera strategica e
guadagni prodo6 dal mantenimento dello
status quo nel proprio seAore. Strategica
invece deriva dal contenimento del rischio
dell’intensi=carsi della concorrenza,
mantenimento controllo nel seAore, evitarsi
interrelazioni tra concorren1 e intensi=carsi della compe1zione. Sostenibilità =nanziaria deve
essere valutata sia in termini assolu1, come disponibilità dell’incumbent delle fon1 =nanziarie per
aAuare la strategia, sia in termini rela1vi, considerano la dimensione di tali fon1.

3) CompeNzione prodoP sosNtuNvi

Due prodo6 sono sos1tu1 se l’elas1cità del bene è posi-va ed elevata: all’aumentar del prezzo di
uno, si espande in maniera notevole la domanda dell’altro. Questa compe1zione può essere
ridoAa operando sul prodoAo (qualità) o riposizionando il prodoAo (inserendo il prodoAo nella
mente del consumatore, diHerenziazione del prodoAo ad esempio se il consumatore ha un
bisogno nella sua mente appare subito il brand del prodoAo)

4) 5) Potere contraEuale fornitori e acquirenN

Le condizioni di un seAore sono inauenzate anche dalle caraAeris1che dei fornitori e acquiren1.
Ques1 ul1mi esercitano una pressione compe11va sulle imprese del seAore. Tanto più i fornitori
hanno il controllo della relazione con l’impresa cliente, quanto più tenderanno a imporre
condizioni contraAuali a loro favore. Stesse considerazioni valgono per gli acquiren1 nei confron1
dell’impresa che si trova a monte nella posizione di loro fornitore. Il potere negoziale tra le due
contropar1 di una transazione dipende dal rispe6vo potere contraAuale rela1vo. Esso è
determinato dalla capacita di una parte di rinunciare alla transazione con l’altra parte rispeAo
all’analoga capacità di quest’ul1ma. Il potere contraAuale ha un grosso impaAo sul prezzo.

TuAavia alle 5 forze di Porter appena elencate se ne possono aggiungere due:

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6) Intensità e segno dell’azione degli stakeholders esterni

Vi sono quaAro 1pologie di stakeholders esterni all’impresa che possono avere rilievo
sull’andamento dell’ambiente compe11vo:
• Autorità poli1che amministra1ve, che governano il territorio
• Autorità pubbliche di regolamentazione, dove appare necessaria una maggiore
regolamentazione del seAore (come nell’energia, telecomunicazioni, assicurazioni)
• Associazioni di rappresentanza, come quelle sindacali o industriali. Inauenzano il seAore tramite
la loro azione di lobbying
• Organismi della società civile, condizionano le dinamiche compe11ve e i risulta1 potenziali
dell’impresa

7) Integrazione con le imprese complementari rispeEo alla domanda

Le imprese per poter competere creano delle alleanze con sogge6 che sono esterni al seAore e
da quest’ul1me cercano di usufruire di conoscenze, tecniche, innovazioni.

1.4.1 Raggruppamento strategico

È un gruppo di imprese che operano nello stesso stesso seAore, adoAando strategie simili. Le
imprese che appartengono ad uno stesso seAore tendono ad essere comparabili anche in
termini di dimensione organizza1va, modello produ6vo e asset societario. L’impresa de=nisce la
propria strategia e i rela1vi comportamen1 opera1vi tenendo conto degli altri sogge6
appartenen1 allo stesso raggruppamento strategico e non considerano coloro che appartengono
ad altri. I raggruppamen1 possono essere compos1 aAraverso l’u1lizzazione di variabili rilevan1
nel dis1nguere aspe6 chiave della strategia posta in essere. Diviso tra 2 modelli:
• Modello di AnsoS sviluppato negli anni 60, variabili = (prodoAo venduto, mercato di sbocco)
modello bidimensionale.
• Modello di Abel: prima tridimensionale e successivamente portato a 5 elemen1 (considerava il
gruppi di clien1, funzione d’uso, tecnologie u1lizzate e successivamente aggiunte estensione
geogra=ca, ampiezza ver1cale a6vità svolte cioè la crescita dell’impresa a monte acquistando le
imprese fornitrici o a valle acquistando canali distribu1vi)

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1.5 L’AMBIENTE NELLA CONSIDERAZIONE SOGGETTIVA DELL’IMPRESA

L’ambiente rilevante per l’impresa è scelto per la sua percezione soggeAva. La percezione
sogge6va, aAraverso cui l’impresa de=nisce il proprio ambiente, si ar1cola aAraverso due aspe6:
- l’insieme di a)ori e di condizioni che l’impresa considera nel momento in cui intraprende
un’azione.
- le modalità con cui l’impresa decide di inauenzare gli altri aAori.

Queste 2 condizioni potranno determinare scelte che porteranno ad una sua evoluzione. È
fondamentale quindi che ci sia compa-bilità tra impresa e ambiente a[nché si innes1 al meglio il
suo percorso evolu1vo. Essa si manifesta nella sua capacità di:
- percepire al meglio le condizioni ambientali, minacce da neutralizzare e sfruAamento di tuAe le
opportunità.
- interiorizzare le energie oHerte dall’ambiente.
La percezione sbagliata può portare nel medio-lungo termini a di[coltà o alla crisi dell’impresa.
L’ambiente è sede di apprendimento per l’impresa, e cos1tuzione di relazioni.
Un ambiente complesso oHre all’impresa svariate opportunità spingendola ad ampliare il
patrimonio di conoscenze, quindi un’impresa con buone probabilità di riuscita dovrà essere in
grado di imparare ad apprendere

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2. L’IMPRESA COME SISTEMA “


SOSTENIBILE”

2.1 I PRINCIPI CONCETTUALI:

I quaAro divari ormai considera1 insostenibili sono:


- sfruAamento delle risorse della terra e della sua disponibilità
- divario tra grado di soddisfacimento bisogni individuali e colle6vi
- divario tra zone più e meno sviluppate
- divario tra le zone che dispongono di faAori di crescita e quelle che non ne hanno la possibilità.

Le imprese non possono puntare al solo obie6vo di massimizzare il pro=Ao ma devono


contribuire a migliorare le condizioni ambientali e sociali.
La condizione minimale è quella di non avere eHe6 nega1vi sul pianeta e sulle persone.
Nel 700’ la scuola di pensiero di Antonio Genovesi “economia civile” evidenziò come la ricchezza
economica dovesse essere indirizzata a migliorare il benessere colle6vo. Seguendo questo
modello Porter e Kramer hanno recentemente proposto il conceAo di “shared value”, de=nito
come “manovre opera1ve che raHorzano la compe11vità dell’impresa e allo stesso tempo
migliorano le condizioni socio-economiche della colle6vità”. A[ancato dal conceAo di “corporate
Ci=zenship”, l’impresa deve comportarsi come buon membro della comunità.
Deve rispeAarne leggi e usi, ma anche contribuire alla sua crescita organica.
Deve maturare un forte senso di responsabilità verso il sistema sociale ed
economico di cui è parte.

2.2) CONCETTO DI SOSTENIBILITÀ APPLICATO ALL’IMPRESA

L’impresa è sostenibile quando soddisfa in maniera equilibrata tu6 i suoi stakeholders interni ed
esterni con lo scopo di perseguire obie6vi economici, sociali e ambientali. Essa si preoccupa di
creare in condizioni di equilibrio =nanziario, valore economico. Allo stesso tempo, di o6mizzare
l’impaAo ecologico delle scelte aziendali.
La sostenibilità è quindi l’a6tudine generale al bene comune. L’approccio alla sostenibilità è
sempre il risultato di un percorso evolu1vo che ogni impresa compie con modalità e rapidità
diverse in relazione alle speci=cità proprie e del contesto in cui opera. In linea generale questo
percorso è ar1colato in 4 fasi 1piche:

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1) FASE INIZIALE

Nella prima fase l’impresa non ha una strategia ben de=nita per la sostenibilità; intende però
migliorare l’impaAo sociale e ambientale e opera in 4 modalità:
- Adesione formale ai valor insi1 della sostenibilità aAraverso la redazione documen1 aziendali
- Realizzazione di buone pra1che interne
- Supporto ad organizzazioni specializzate, con proge6 ed inizia1ve a vantaggio di sogge6 deboli
- Rendiconto delle a6vità e dei risulta1 raggiun1

2) FASE SUCCESSIVA ALL’ESPERENZIA INIZIALE

Maturata la necessaria esperienza iniziale, l’impresa è nelle condizioni di delineare una vera e
propria strategia per la sostenibilità. Un importante evoluzione è la creazione di un’unità opera1va
a cui è a[data la responsabilità di predisporre la strategia da u1lizzare. StruAura spesso snella ma
formata da persone molto specializzate. Nelle aziende di grandi dimensioni è guidata da un
manager che ha 4 funzioni:
- ges-re il programma di sostenibilità
- coordinare della rendicontazione delle azioni svolte
- istruire i responsabili sul da farsi
- favorire interazioni con interlocutori esterni

3) FASE ULTERIORE DI AVANZAMENTO

Un ulteriore avanzamento dell’approccio alla stabilità è quando gli stakeholders sono coinvol1
direAamente -> stakeholder engagement.

4) FASE FINALE

Il percorso alla sostenibilità è completo quando l’impresa innova il suo business model in modo
che le misure per raggiungere il vantaggio compe11vo sono e[caci anche per sviluppare bene=ci
colle6vi e viceversa.

2.2.1) Le determinanN del grado di sostenibilità dell’impresa

Il grado di sostenibilità dell’impresa è la risultante di 3 dimensioni:


- rilevanza valore sociale e ambientale
- integrazione delle strategie sostenibili con quelle economiche
- intensità del coinvolgimento nelle decisioni strategiche

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2.2.2) L’impaEo della sostenibilità sul vantaggio compeNNvo di impresa

La ges-one sostenibile genera risulta1 posi1vi non solo sul piano ambientale e sociale ma anche
su quello economico dando quindi vantaggi compe11vi come la reddi1vità a medio lungo termine.
In questa prospe6va, tali azioni possono essere valutate dal punto di vista economico-=nanziario.

Osservando il gra=co, sopra illustrato, si considerano due operazioni:


- Cos== incremento di cos1 che esso genera indireAamente o direAamente.
- Ricavi= Vi sono 4 eHe6 economici posi1vi:
1. incremento dei ricavi (deriva dal grado di sostenibilità percepito dal mercato che può
riaeAersi in una maggiore diHerenziazione dei prodo6 e quindi sul valore aAribuito all’oHerta
dell’impresa), raHorzando la sua reputazione e la brand equity e la =delizzazione clien1.
2. riduzione cos- dire6/indire6, è insieme misure volte a ridurre sprechi e favorire il riu1lizzo
input.
3. riduzione rischi ambientali e sociali e contenimento danni potenzialmente conseguen1 al
manifestarsi even1 nega1vi. Sono ormai pochi i seAori dove le imprese non incorporano nei
loro modelli di risk management i rischi di natura ambientale.
4. miglioramento faAori di vantaggio compe11vo. Miglioramento clima organizza1vo, coesione
aAori aziendali, senso appartenenza e qualità vita persone.
EHe6 signi=ca1vi si osservano anche all’esterno dell’impresa (es nelle relazioni con aAori,
inves1tori e governo del territorio.)

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2.3) L’IMPULSO DELLE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI A FAVORE DELL’IMPRESA


SOSTENIBILE

L’impegno delle is1tuzioni è quello di promuovere i principi di sostenibilità, fondamentale impulso


è stato dato dal Global Compact nel 2000, che intendeva promuovere una ciAadinanza d’impresa
responsabile. Tale impegno deve manifestarsi all’interno della manifestazione aziendale. Ha
elaborato 10 principi universali rela1vi ai diri6 umani, al lavoro e all’ambiente.

L’unione Europea ha delineato i principi basilari rela1vi all’impresa sostenibile nel Libro Verde.
Il Libro verde è un testo con la quale la Commissione europea illustra lo stato di un
determinato seAore da disciplinare e chiarisce il suo punto di vista in ordine a cer1 problemi)->
promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale dell’impresa. Iden1=cando la
volontarietà dell’impresa Il Libro Verde precisa anche che le prassi socialmente responsabili
riguardano innanzituAo la dimensione interna dell’azienda. Rigurdano inoltre il modo in cui
l’azienda si rapporta con l’ambiente esterno e lo stakeholder’s engagement.

Un altro importante riferimento è la strategia “Europa 2020”:


1. Smart growth: promuove la conoscenza, l’innovazione, l’istruzione, la società digitale.
2. Sustainable growth rendendo la produzione più e[ciente nell’u1lizzo delle risorse.
3. Inclusive growth incen1vano la partecipazione nel mercato del lavoro.

ILO Interna1onal Labour O[ce dà un importante azione di spinta per la sostenibilità delle imprese,
nell’ambito delle condizioni di lavoro. Indica le linee guida che le imprese dovrebbero avere nei
rappor1 con i lavoratori e con le rappresentanze sindacali.

Rivolto ancora alle imprese internazionali sono le OCSE Guidelines on mul1na1onal enterprises.

GRI Global Repor1ng Ini1a1ve creato nel 1997 fornisce un frame work standardizzato a livello
internazionale per la misurazione e la comunicazione agli stakeholders delle performance
aziendali in relazione agli obie6vi di sostenibilità. Nel GRI par1colare rilievo è a[dato allo
stakeholders’ engagement, inteso come l’impegno dell’impresa a coinvolgere i diversi
stakeholders interni ed esterni nell’aAuazione degli obie6vi di sostenibilità. È importante stablire
il processo con cui essi sono individua1 e le azioni con essi condivise.
Esso fornisce una struAura di indicatori, rela1vi all’impaAo economico e sociale dell’a6vità svolta
dall’impresa.

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2.4) STRATEGIE E AZIONI PER LA SOSTENIBILITÀ NELLA GESTIONE


DELL’IMPRESA

In linea generale, tuAe le funzioni organizza1ve possono essere coinvolte dalle poli1che per la
sostenibilità. Le principali misure per la sostenibilità nelle funzioni aziendali sono:
1) OperaNons → le poli1che di sostenibilità hanno ambi1 di applicazione molto importan1
nelle a6vità di trasformazione e nella logis1ca. Nel primo ambito, si possono introdurre
innovazioni nei processi produ6vi miran1 alla riduzione di sprechi e al riciclo alcuni input
produ6vi. Nella logis1ca è importante ridurre il numero e la distanza degli spostamen1. È
importante anche il mobility management, =nalizzato a o6mizzare, dal punto di vista
ambientale i aussi di persone e merci da e verso si1 opera1vi di impresa.
2) GesNone fornitori → L’impresa aAua obie6vi di sostenibilità aAraverso un’appropriata
ges1one di 5 aspe6 del rapporto con i fornitori: selezione, richiesta standard ambientali e
sociali, a6vità monitoraggio, accompagnamento del fornitore nel processo di miglioramento
del suo grado di sostenibilità, acquisto prodo6 realizza1 dai fornitori con forte impegno sociale
e ambientale.
3) GesNone risorse umane → poli1che di sostenibilità sono sempre più pregnan1, per eHeAo
di 3 faAori: crescente spinta norma=va, rilevanza a2ribuita dalle persone alla qualità del
contesto lavora=vo, forte sensibilità verso equità tra2amen=. In alcuni ambi1, le misure a favore
dei collaboratori sono ormai consolidate e abbastanza comuni ormai, almeno a tuAe le imprese
abbastanza avanzate dal punto di vista della sostenibilità. Riferimento a sicurezza, benessere del
lavoro, formazione e sviluppo professionale, pari opportunità, trasparenza. DiHuse ormai le
esperienze di volontariato di impresa e lo smart working (maggior autonomia a dipenden1 nello
svolgere a6vità da un luogo =sico diverso rispeAo alla sede aziendale avvalendosi di suppor1
informa1vi). Rimane irrisolto il problema dell’eccessivo divario tra il livello di compenso
complessivo, riconosciuto a una stre6ssima cerchia di persone ai ver1ci dell’azienda.
4) MarkeNng → area fortemente coinvolta dalle poli1che di sostenibilità, dato che acquiren1
di prodo6 o servizi impresa sono uno dei suoi principali stakeholders. Tali poli1che riguardano i
contenu1 dell’oHerta presentata al mercato e le modalità di ges1one delle relazioni con i clien1.
In linea generale, l’impresa sostenibile si as1ene dall’aAuare pra1che commerciali che
danneggiano direAamente o meno il cliente. In sostanza impresa deve, con trasparenza e
correAezza, meAere il consumatore nelle migliori condizioni di scegliere il prodoAo o servizio da
acquistare. Si prevede quindi il non u1lizzo di materiali dannosi per l’ambiente. Tale principio
non è facilmente aAuabile in quanto si potrebbe comportare un maggior costo di produzione
del prodoAo e tener conto che numerosi rilevan1 prodo6 o servizi necessitano una produzione
che genera eviden1 eHe6 ambientali nega1vi: automobile, trasporto aereo in ques1 casi la
sostenibilità orienta l’impresa a inves1re fortemente in innovazione. Inoltre coniugare
l’orientamento alla sostenibilità con l’approccio di marke1ng diviene complesso quando il
consumatore richiede prodo6 manifestamente dannosi per l’ambiente o società: sigareAe,
armi, gioco azzardo. Anche la poli1ca di prezzo può essere inauenzata dalle istanze a favore
della sostenibilità. In primo luogo aAraverso la discriminazione di prezzo che comporta prezzi
diHeren1 a diHeren1 1pologie di consumatori. Si potrebbero favorire le fasce economiche più
deboli e allo stesso tempo si usufruirebbe di un eHeAo economico posi1vo per l’impresa, dato
da una maggior domanda e maggior faAurato. La comunicazione ha anche un ruolo importante

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nel nello viluppo di inizia1ve di cause related marke=ng, in cui un certo prodoAo o servizio è
promosso insieme ad una causa sociale (parte del ricavo devoluto all’organizzazione partner).
5) Relazioni con la Comunità → conceAo di corporate ci=zenship dell’impresa. L’impregno
dell’impresa a favore del territorio ove opera deve essere direAamente proporzionale al suo
impaAo e rilievo su tale contesto. È importante dis1nguere le misure per la sostenibilità da
quelle di 1po più semplicemente =lantropico, come ad esempio a6vità di assistenza sociale e
sanitaria e sostegno =nanziario alle a6vità recupero, e la sponsorizzazione. In linea generale,
l’impresa si impegna a organizzare le proprie a6vità aAraverso modalità che eliminano o
almeno minimizzano il rischio di eHe6 ambientali o sociali nega1vi per il contesto geogra=co
ove opera. In sostanza, l’impresa opera per la creazione di valore condiviso con il territorio di
cui è parte.
6) GesNone dell’innovazione → l’impresa può orientare la propria innovazione tecnologica al
raggiungimento di obie6vi di raHorzamento allo stesso tempo della sua compe11vità e del suo
grado di sostenibilità. Innovazione è =nalizzata tanto alle strategie compe11ve di crescita,
quanto a quelle per migliorare il valore sociale e ambientale. L’innovazione di impresa orientata
alla sensibilità genera bene=ci di rilievo anche colle6vo. Essa, in concreto, è orientata a: ridurre
impaAo nega1vo per la colle6vità di determinate a6vità colle6ve; soddisfare esigenze
individuale del proprio mercato target; innalzare qualità di altri sogge6 in ambi1 di rilievo
sociale; trainare il progressivo innalzamento standard riferimento di rilievo sociale.

2.4.1) Innovazione del modello di business nella prospePva della sostenibilità

Essa concerne principalmente 4 aspe6:


- Proposta di valore fa)a al mercato -> inspirata alla migliore soddisfazione del cliente, ma
ponendo aAenzione che non generi esternalità nega1ve per la comunità. L’impresa sviluppa
un’oHerta che riesce anche a generare bene=ci colle6vi (es. automobile eleArica).
- modalità di generazione dei ricavi -> revenue streams, queste possono essere appunto
funzionali al raggiungimento obie6vi di interesse colle6vo. Semplice pensare all’u1lizzo delle
leve di marke1ng a[nché l’oHerta generi, insieme ai ricavi aziendali, risorse a bene=cio
colle6vità. (discriminazione prezzo, inizia1ve co-marke1ng, modello bene=t corpora1on).
- organizzazione interna -> innovazione sociale garan1sce cambiamen1 dell’organizzazione
lavoro e relazione tra lavoratori e struAura aziendale. (misure diversiy management e
innovazioni nell’organizzazione delle a6vità lavora1ve).
- ges-one oAmale dei cos- -> massimizzazione e[cienza e aessibilità opera1va insieme a
minimizzazione cos1. Si è già osservato come molte misure per il miglioramento dell’impaAo
ambientale determinino e[cienze che, almeno nel medio-lungo periodo, generino risulta1
economici ne6 posi1vi.

2.4.2) Governance dell’impresa nella prospePva di sostenibilità

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La governance aziendale è =nalizzata a migliorare la trasparenza delle relazioni tra gli inves1tori e
tra impresa e tra le diverse categorie di inves1tori. Sostenibilità e governance sono fortemente
interdipenden1.
È signi=ca1vo per una governance orientata alla sostenibilità l’esistenza nell’ambito del Consiglio
di Amministrazione di un comitato interno con competenze speci=che sui temi della sostenibilità;
importante che coinvolga gli stakeholders nelle scelte strategiche e nelle poli1che per migliorare il
grado di sostenibilità.

2.5) LO STAKEHOLDERS’ ENGAGEMENT

La sostenibilità come precedentemente accennato dipende molto dal grado di coinvolgimento


degli stakeholders nelle decisioni strategiche dell’impresa, sull’impaAo ambientale e sociale e
quindi il valore colle6vo. L’impresa aAua questo principio dell’“inclusione” su 3 direArici:
- ascolto degli stakeholders per comprendere il punto di vista e le eventuali istanze.
- coinvolgimento nell’elaborazione di strategie di sviluppo : tramite trasferimento di informazioni,
inizia1ve forma1ve per aumentare la loro conoscenza in un certo ambito, consultazione
struAurata (raccogliere informazioni su un determina1 ambi1)
- rendicontazione di decisioni, a6vità e risulta1 complessivi (rendicontazione integrata).
I contenu1 e il metodo di coinvolgimento degli stakeholders sono ormai abbastanza consolida1
sulla base dello standard internazionale AA1000 Stakeholders Engagement Standard.

2.5.1) Diverse modalità operaNve di coinvolgimento degli stakeholders.

Nella pra1ca aziendale, si individuano 4 modalità di coinvolgimento degli stakeolders, ordinate per
un diverso grado di rilevanza.
- trasferimento di informazioni agli stakeholders è la modalità più semplice.
- inizia1ve forma1ve a loro bene=cio per aumentare la loro conoscenza su argomen1 rilevan1.
- dialogo, dando la possibilità di replicare raccogliendo suggerimen1 e commen1.
- regole e modalità per giungere a una decisione pienamente condivisa.

2.5.2) Matrice materialità

Il metodo prevede collaborazione tra impresa e stakeholders sia focalizzata anche sulla matrice di
materialità. Essa posiziona la sostenibilità in relazione a 2 dimensioni:
- importanza aAribuita agli stakeholders in relazione all’impaAo sociale o ambientale.

- rilevanza per l’impresa in termini di probabile inauenza sul suo sviluppo compe11vo.

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2.5.3) Innovazione nello stakeholders’ engagement

Tale innovazione può essere osservata con riferimento alle seguen1 4 variabili rela1va appunto al
coinvolgimento degli stakeholders:
- modalità
- strumen1
- ambi1
- sogge6

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3. LE RISORSE E LE COMPETENZE
DISTINTIVE NEL SISTEMA IMPRESA

3.1) L’IMPRESA COME SISTEMA DI RISORSE

Le imprese ed il loro creare valore possono essere dis1nte in funzione della rispe6va dotazione di
risorse. Negli ul1mi anni è nata una scuola di pensiero con un approccio interpreta1vo deAo
resource based. Esso considera le risorse come fondamenta principali dell’evoluzione di impresa.

Risorsa → tu2o ciò che per l’organizzazione che la de=ene e la u=lizza può essere considerato un
punto di forza o di debolezza.

Il patrimonio di risorse ha una certa capacità autogenera-va, consistente nel potenziale di


generazione di nuove risorse.
Il processo di accumulazione delle risorse ha fondamentale importanza, poiché indica che il
patrimonio aziendale non è solamente la somma delle risorse che lo compongono, ma piuAosto il
prodoAo della loro reciproca fer1lizzazione avvenuta nel tempo.

3.1.1) Le risorse tangibili e intangibili

Le risorse si dis1nguo in:


- tangibili, hanno un riscontro quan1ta1vo nella situazione patrimoniale dell’impresa.
- intangibili immateriali, (molto di[cili da sviluppare e quan1=care queste risorse). Gran parte
della loro en1tà non può essere tradoAa in termini patrimoniali, e viene vista come
determinante dell’avviamento dell’impresa
Diversi autori dis1nguono le risorse umane sia dalle risorse tangibili sia da quelle intangibili,
considerandole come una terza categoria a sé stante. da un lato hanno la loro =sicità, dall’ altro
ciò che le caraAerizza è la loro componente immateriale ovvero l’insieme delle competenze. Tale
ambiguità si riscontra anche sul piano quan1ta1vo.

Le risorse INTANGIBILI si manifestano in 2 aree della ges1one aziendale:


1. il mercato: l’immagine, iden1tà percepita, reputazione aziendale, fedeltà clien1.
2. il sistema aziendale: a6tudine all’innovazione, relazione con stakeholders esterni, coesione
interna, accesso alle informazioni, professionalità e capitale organizza1vo.

In linea generale le risorse intangibili hanno la funzione di aumentare il valore prodoAo dai
processi opera1vi aAua1 dall’impresa, rendendo più e[ciente l’u1lizzazione delle risorse tangibili.
Questo incremento di valore può essere determinato in maniera diversa.
Le risorse intangibili producono i seguen1 bene=ci:
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I. maggior coerenza dei processi produ6vi con le condizioni interne ed esterne


II. maggior valore intrinseco dell’oHerta proposta dall’impresa al mercato
III. migliore accesso alle risorse
IV. migliore connessione tra impresa e aAori esterni.
L’insieme di risorse intangibili può essere indicato come capitale intelle)uale che si dis1ngue a
sua volta in:
- capitale umano: le competenze dei sogge6, a6tudini, aessibilità delle persone.
- capitale stru)urale: l’insieme dei clien1 su cui l’impresa può contare (=delizzazione del cliente),
relazioni, senso di appartenenza e capitale organizza1vo.

Le proprietà delle risorse intangibili:


- sedimentabili all’interno dell’organizzazione, derivan1 da un processo di accumulazione (ovvero
si accumulano un po’ alla volta).
- natura [rm speci[c, ovvero imperfeAamente mobile
- deperibili, nel tempo possono perdere consistenza e rilievo
- \essibili, possono essere u1lizzate in contes1 ambientali e compe11vi diversi
A causa della prima e seconda caraAeris1ca il processo di creazione del patrimonio di risorse
intangibili è normalmente lento e scarsamente piani=cabile.

La conoscenza può essere de=nita come


l’insieme di schemi cogni1vi
su[cientemente stabili e diHusi all’interno
del sistema aziendale. Consente di
individuare, valutare e acquisire le proprie
risorse aziendali.
La [ducia invece consiste nell’insieme di
schemi cogni1vi aAraverso cui determina1
sogge6 danno una rappresentazione
dell’impresa su[cientemente de=nita e
stabile nel tempo. È invece condizione essenziale da cui dipende la sua capacità di stabilire
relazioni con altri sogge6. AAraverso i suoi comportamen1 e in par1colare le varie modalità di
comunicazione, l’impresa inauenza lo schema cogni1vo di un soggeAo, alimentandolo con nuove
informazioni che, raggiungono il livello cri1co necessario per rendere stabile lo schema cogni1vo.
Un esempio riguarda il consumatore nei confron1 del prodoAo oHerto da un’impresa. AAraverso
l’esperienza di consumo, informazioni ricevute sul prodoAo, l’acquirente matura una certa
considerazione che si traduce in una progressiva =ducia circa le sue caraAeris1che e performance.
La =ducia rappresenta quindi un valore fondamentale per l’impresa, poiché riduce i cos1 di
comunicazione del prodoAo e aumenta la fedeltà del cliente. Essa è legata anche al capitale di
reputazione dell’impresa. Esso è prodoAo nel tempo dall’interazione di sei faAori sopra illustra1.

Il capitale sociale consiste nell’insieme di relazioni esterne che l’impresa a6va grazie alla propria
capacità di connessione con i sistemi che cos1tuiscono il suo ambiente di appartenenza.

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3.2) DALLE RISORSE ALLE COMPETENZE DISTINTIVE

Le singole risorse tangibili, intangibili e umane considerate singolarmente non determinano la


compe11vità di impresa. La capacità organizza1va e di coordinamento è denominata capacità
organizza-va e rappresenta una condizione essenziale per lo sviluppo aziendale. Essa comprende
anche una comunicazione e[cace tra gli aAori.
La capacità organizza1va è il faAore che determina il modo in cui determinate risorse sono
connesse tra loro per la realizzazione di una certa a6vità, in funzione del raggiungimento di
speci=ci obie6vi.
Ai =ni dell’acquisizione del vantaggio compe11vo, la capacità di coordinare e u-lizzare al meglio
le risorse disponibili è spesso più rilevante della loro semplice disponibilità.
L’integrazione delle risorse con i sogge6 esterni tramite lo sviluppo di relazioni di collaborazione
con i sogge6 esterni si manifesta aAraverso la rou-ne organizza-va ed è intesa come un modo di
operare regolare e prevedibile con azioni coordinate con determina1 individui. La coordinazione e
l’integrazione delle risorse permeAe di maturare le proprie competenze.
Esse si diHerenziano aAraverso vari gradi di complessità:
1. il primo livello è cos1tuito dalle risorse e dalle competenze necessarie per garan1re che la
con=gurazione del prodoAo sia in grado di soddisfare le esigenze essenziali della domanda
(a)ribu- soglia).
2. secondo livello iden1=ca le risorse e competenze che permeAono all’impresa di cara)erizzare
la propria oSerta rispeAo alle esigenze di un determinato segmento di mercato.
3. terzo livello iden1=ca condizioni aAraverso cui impresa cerca dis-nguere la propria oSerta
rispeAo ai concorren1 in termini di maggior valore oHerto e percepito dal cliente (competenze
dis1n1ve)

Le risorse e le competenze devono avere varie proprietà:


1. Scarsità, ovvero poco diHusa nell’ambiente e nel contesto compe11vo dove impresa opera.
Alcuni autori aHermano che a[nché una risorsa generi vantaggio deve esser unica.
2. Rilevanza, essa si misura rispeAo ai faAori cri1ci di successo del mercato, è rilevante quando
risulta decisiva per il raggiungimento di un obie6vo.
3. Appropriabilità, competenze basate su risorse di cui l’impresa abbia un controllo proprietario
che esclude i concorren1 dalla disponibilità di quella risorsa.

3.2.1) Competenze disNnNve

o Nel 1957 Selznick usava questa espressione per indicare le a6vità che un’organizzazione è in
grado di aAuare in modo migliore rispeAo ai concorren1, cioè la capacità di integrare in modo
e[ciente le condizioni esterne.
o Hamit e Schoemaker hanno introdoAo il conceAo di Strategic asset per de=nire l’insieme di
risorse e competenze speci=che per l’impresa, scarse e appropriabili, di[cili da acquistare e
imitare, che conferiscono un vantaggio compe11vo.
o Hamel e Prahalad hanno ripreso il conceAo introducendo il termine core competences, intese
come competenze chiave/fondamentali, caraAerizzate da
1. contribuiscono a determinare il valore che l’impresa crea per il cliente
2. faAore compe11vo per entrare in nuove aree di business

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3. sono di]cilmente imitabili dai concorren1


Queste core competences de=nisco i core products, sono componen1 complesse che trovano
u1lizzazione in un certo insieme di prodo6 =nali -> raggiungimento del controllo dei merca1.
o Goddard delinea alcuni aspe6 di ques1 prodo6:
- essere cos1tuite da un insieme di conoscenze empiriche, tacite
- individuare le aree e le a6vità dove l’impresa può eccellere
- rappresentare la forma primaria del valore, non imitabile, che l’impresa oHre ai concorren1
- favorire lo sviluppo di nuove conoscenze e la loro diHusione nel sistema aziendale.
Nella pra1ca manageriale l’impresa opera questo monitoraggio aAraverso proge6 di
benchmarking aAraverso cui l’impresa compara il proprio modo di realizzare determinate a6vità
con quello di un certo numero di altre imprese.

3.2.2) Le condizioni di durabilità della natura disNnNva di una risorsa.

La durata di queste competenze dis1n1ve è determinata da 4 faAori:


- condizioni intrinseche della competenza. Importante è il grado di trasferibilità e
replicabilità. Le competenze sono non replicabili in quanto basate su faAori unici. (Es.
breveAo).
- comportamento dell’impresa. L’impresa può cercare di aumentare la durata del caraAere
dis1n1vo di una competenza agendo su faAori che riducono la sua trasferibilità o replicabilità.
Essa agisce sulle determinan1 di Casual Ambiguity che rendono di[cile la comprensione da
parte di sogge6 esterni delle interrelazioni di causa ed eHeAo tra certe azioni organizza1ve.
- evoluzione dell’ambiente compe--vo. L’evoluzione della tecnologia può avere un eHeAo
decisivo per un verso sul rilievo che una certa competenza ha nel determinare un vantaggio
compe11vo; per l’altro, sull’emergere di nove 1pologie di competenze che possono rendere
meno rilevan1 quelle aAualmente dis1n1ve.
- comportamento dei concorren-. Un concorrente può agire per far evolvere il contesto
compe11vo in una direzione che rende non più rilevan1 determinate competenze dis1n1ve
dominate da altri.

3.2.3) Competenze dinamiche

Le competenze dinamiche sono alla base della capacità dell’impresa di mantenere un vantaggio
compe11vo anche in merca1 caraAerizza1 da cambiamento con1nui e poco prevedibili. Esse
spiegano la capacità dell’impresa di innovare la propria oSerta e a)uare i cambiamen- strategici
e organizza-vi richies1 per an1cipare o rispondere in maniera adeguata all’evoluzione
dell’ambiente compe11vo. Le competenze dinamiche favoriscono il rapido cambiamento
strategico e organizza1vo per rispondere in maniera adeguata all’evoluzione dell’ambiente
compe11vo.
Esse sono fondamentali in ambien1 dove si manifestano condizioni di ipercompe-zione, dove i
faAori di vantaggio compe11vo sono molto instabili e quindi temporanei. In questa prospe6va, la
sola fonte di vantaggio compe11vo realmente sostenibile è la capacità di cambiare in maniera
coerente con l’evoluzione dell’ambiente esterno e mantenendo la massima aessibilità strategica e
organizza1va. Per aHrontare con successo il cambiamento ambientale, l’impresa deve disporre di
quelle competenze dinamiche che le consentono di creare, modi=care, ricombinare le risorse e le

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competenze esisten1 per produrre nuove condizioni di vantaggio compe11vo. Le competenze


dinamiche rappresentano quindi la capacità dell’impresa di produrre nuove competenze
dis-n-ve.
Vi sono diversi faAori che limitano l’eHe6va possibilità di u1lizzare le competenze dinamiche.
Bisogna considerare l’eHeAo di path dependence, cioè le strategie compe11ve si evolvono lungo
un sen1ero evolu1vo a cui l’impresa è vincolata almeno per un dato intervallo di tempo.

Cambiamento e stabilità non sono necessariamente in contraddizione. Il punto di convergenza tra


i due termini sta nell’esistenza di fa)ori-perno aAorno a cui l’organizzazione man1ene una sua
con-nuità anche quando è aAraversata da profondi mutamen1 strategici e organizza1vi.
La “conoscenza profonda” cos1tuisce uno di ques1 faAori-perno, in quanto determina la capacità
dell’impresa di ridisegnare le proprie strategie in relazione al cambiamento ambientale.

3.3) LE RISORSE, LE COMPETENZE DISTINTIVE E L’ORIENTAMENTO STRATEGICO

Risorse e competenze dis1n1ve sono considerate il riferimento di base della strategia


dell’impresa, che le valorizza nel migliore dei modi. Questa valorizzazione ha una =nalità duplice:
1. verso l’esterno, determinando una posizione di vantaggio compe11vo per l’impresa;
2. verso l’interno, favorendo il processo di auto-creazione delle risorse dell’impresa.

Per quanto riguarda la strategia intesa come acquisizione di risorse e sviluppo delle competenze
dis1n1ve, si de=niscono quaAro orientamen1 di fondo:
a) Accumulazione, capacita di accumulare e ges1re le risorse nel tempo all’interno dell’impresa.
b) L’integrazione, risorse e competenze sono collegate tra loro e reciprocamente fer1lizzate in
relazione allo sviluppo di faAori di vantaggio compe11vo.
c) Conservazione, che si applica come già visto nello sviluppo di faAori di ambiguità, la ricerca della
protezione legale, la co-evoluzione di risorse complementari.
d)Rinnovo del patrimonio delle proprie conoscenze chiave.

La strategia compe11va che ne deriva è volta ad u1lizzare nel modo migliore le risorse e
competenze dis1n1ve che ne derivano, e aAraverso queste, a raggiungere una certa posizione di
vantaggio.
I contenu1 della strategia intesa come valorizzazione e sfru)amento delle risorse disponibili si
ar1colano su quaAro aree:
a) Focalizzazione delle risorse e competenze dis1n1ve per raggiungere i migliori risulta1 nelle
a6vità che l’impresa ri1ene cruciali.
b) Combinazione, u1lizzazione di diverse risorse e competenze per accrescere il valore potenziale
e l’originalità dell’oHerta.
c) Leveraging delle risorse e competenze disponibili fa leva sulle competenze dis1n1ve già
sperimentate per operare con successo su nuovi merca-.
d) La replicazione interna delle competenze dis1n1ve.

Condizione fondamentale per l’acquisizione del vantaggio compe--vo è la capacità dell’impresa


di porre in essere una strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse diversa da quelle delle
concorren1.

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La teoria aziendalisi1ca individua due abilità per l’acquisizione del vantaggio compe11vo: resource
picking e capability building. La prima consiste nel sapere individuare e acquisire meglio e più
rapidamente dei concorren1 le risorse che hanno un potenziale valore. La seconda riguarda la
capacità di sviluppare le competenze dis1n1ve sfruAano al meglio il potenziale delle risorse e
innovare tali competenze quanto al cambiamento dell’ambiente.

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4. LA GESTIONE STRATEGICA

4.1) L’ELABORAZIONE DELLA STRATEGIA

Nella strategia, l’impresa delinea un percorso evolu1vo per ges1re le interdipendenze con altri
sogge6 nel modo più e[cace, sfruAando al massimo i pun1 di forza.
L’elaborazione strategica è condizionata da:
1. ambiente in cui l’impresa opera, considerando la struAura del seAore, le dinamiche di mercato
e condizioni di caraAere più generale che inauenzano l’evoluzione dell’impresa.
2. condizioni interne (risorse disponibili), dimensione, ambiente geogra=co, struAura
organizza1va.
3. vision, mission e obieAvi a medio-lungo termine.
4. sistema dei valori consolida1 nell’impresa. Essi inauenzano la determinazione degli stessi
obie6vi e i comportamen1 tra aAori aziendali su ques1oni strategiche e quo1diane
dell’azienda. Tra i valori assume importanza lo sviluppo sostenibile.

Nel disegno strategico viene elaborata la business idea, che comprende:


- ambito compe11vo dove l’impresa vuole operare -> core business
- i drivers strategici e posizionamento nell’ambiente compe11vo
- modalità di rinnovazione nel tempo del vantaggio compe11vo.
- le a6vità della catena valore
- meccanismi struAurali di acquisizione e u1lizzazione delle risorse necessarie per operare

L’elaborazione viene eHeAuata tramite un documento: il piano strategico. La de=nizione di una


strategia è sempre collegata alla creazione di un modello organizza-vo. Per aver successo una
strategia deve essere coerente con le caraAeris1che organizza1ve dell’impresa, le sue risorse e il
contesto in cui opera. La strategia deve essere collegata all’opera1vità aziendale. È comune inoltre
dis1nguere il momento della decisione strategica (focalizzata sul cosa fare) dal momento della sua
implementazione opera1va (come farlo). Dis1nzione acceAabile sul piano logico a condizione che
non ci sia un primato del primo momento sul secondo.

Il principio di sostenibilità è un altro criterio per valutare i risulta1 di una strategia;


parallelamente alla creazione di valore economico, essa dovrebbe orientare l’impresa al
raggiungimento di adegua1 risulta1 nel miglioramento dell’ambiente ecologico e delle condizioni
di tu6 gli stakeholders. L’elaborazione di una strategia è un processo rela1vamente con1nuo nel
tempo per il quale è anche necessario per l’impresa una forte capacità di cambiamento.
Al cambiamento strategico deve corrispondere il cambiamento organizza=vo. I faAori che
inauenzano nega1vamente questo cambiamento sono:
- interessi degli aAori aziendali
- rou1ne consolidate
- focalizzazione sui clien1 e concorren1 aAuali
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- avversione culturale al cambiamento


- mancanze delle competenze necessarie al cambiamento

4.2) IL VANTAGGIO COMPETITIVO

Il vantaggio compe--vo è il risultato di una strategia che conduce l'impresa a occupare e


mantenere una posizione favorevole nel mercato, che si traduce in una reddi=vità stabilmente più
elevata di quella media dei concorren=.

Intesa come creazione di valore maggiore. Per individuare il vantaggio compe11vo dobbiamo
delineare i con=ni dell’area del business e i vari rivali.

FaAori cri1ci di successo: variabili che possono incidere su posizione compe11va delle imprese in
un seAore. Essi possono essere intesi da 2 pun1 di vista:
- Mercato, sono determinan1 dai vari aspe6 della domanda più rilevan1 per soddisfare bisogni
clien1
- Impresa, sono i vari aspe6 della propria organizzazione e della propria oHerta che la
dis1nguono dai concorren1, le consentono di soddisfare le esigenze clien1 e portano
acquisizione vantaggio compe11vo.

La creazione del valore: Ha posizione di vantaggio compe11vo quando riesce a creare valore in
modo superiore rispe2o alla maggior parte dei concorren= in un dato business. Essa è data dalla
diHerenza posi1va tra bene[cio ne)o (Bn) generato a vantaggio del consumatore e costo totale
(CT) sostenuto dall’impresa per la sua produzione. il bene=cio neAo per il consumatore è dato dal
bene=cio percepito dai clien1 meno i cos1 del consumatore per accedere al prodoAo e i cos1 di
transazione. Tanto maggiore è la distanza tra Bn e Ct maggiore sarà il valore creato. Per
massimizzare il valore quindi o si cerca di aumentare il Bn o ridurre il CT.

Il valore conseguente il vantaggio compe11vo si traduce in surplus per il consumatore e valore


ne)o per l’impresa, in funzione del prezzo =ssato per il prodoAo o servizio in ques1one. A
seconda del prezzo, =ssato nell’intervallo tra bene=cio neAo e costo totale, si genera un certo
surplus per il consumatore e valore neAo per l’impresa. Il prezzo non può essere maggiore del
bene=cio neAo, poiché determina la sua disponibilità a pagare-> più è minore, più il surplus
aumenta e quindi aumenterà la domanda=> di conseguenza posso puntare ad economia di scala.
Non posso =ssare un prezzo a sinistra del CT altrimen1 vado in perdita.

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La determinazione del prezzo deve tenere conto anche:


- dell’impaAo della dimensione della domanda sul costo totale.
- la reazione a un certo livello di prezzo da parte delle varie forze compe11ve.
La pro=Aabilità complessiva dell’impresa è determinata quindi dall’aAra6vità dei business e il
vantaggio compe11vo.

Indicatori dedo6 dal conto economico riclassi=cato:


- ROI: Il return on investment (o ROI, tradoAo come indice di reddi-vità del capitale inves-to o
ritorno sugli inves-men-) è un indice di bilancio che indica la reddi-vità e l'e]cienza
economica della ges-one cara)eris-ca a prescindere dalle fon1 u1lizzate: esprime, cioè,
quanto rende il capitale inves1to in quell'azienda. ROI=risultato opera1vo/capitale inves1to
neAo

- ROE è un indice di reddi1vità del capitale proprio= (reddito neAo di esercizio/mezzi propri)* 100

4.2.1) Le determinanN e la sostenibilità del vantaggio compeNNvo

Alla base del vantaggio compe11vo vi è la capacità dell’impresa di risultare diversa dai
concorren1, essa è determinata:
- dall’eWcienza opera=va. Svolgere a6vità simili ai concorren1 ma nel modo più e[ciente
possibile. EHeAo dis1nzione si sta riducendo nel tempo. All’interno stesso raggruppamento
strategico si nota una convergenza verso la fron1era tecnologica. Convergenza facilitata da
crescente diHusione delle best prac1ces tra imprese e u1lizzazione procedure benchmarking.
- dal posizionamento strategico. Originalità riguarda area mercato in cui si è rivol1 o modo in cui
oHerta è determinata per soddisfare i clien1.
La diversità alla base del vantaggio compe11vo deriva dal modo in cui l’impresa si rapporta al
cambiamento. L’impresa può essa stessa generare cambiamento, ovvero: innovare. Ma si può
trovare anche a dover aHrontare il cambiamento determinato da altri sogge6 nel suo ambiente
rilevante; può farlo prima o meglio dei concorren1. È quindi elemento di grosso vantaggio
muoversi per primi, esso signi=ca guidare il cambiamento. Occorre però ricordare che l’intensità e
sostenibilità del vantaggio compe11vo che deriva dall’aAuazione di queste strategie dipende da
diverse circostanze: rilievo economie apprendimento, intensità barriere entrata, livello cos1
conversione, eHeAo su reputazione e percezione di qualità prodoAo, ecc.

Sostenibilità del vantaggio compe11vo: la posizione di vantaggio compe11vo è legata al


cambiamento e quindi non è immutabile, anzi tende a modi=carsi. Due faAori erodono la
posizione di superiorità acquisita da un’impresa:
- cambiamen1 ambiente rilevante, che ne modi=cano i faAori cri1ci successo(mercato)
- azione dei concorren= vol1 ad appropriarsi dei faAori determinan1 il vantaggio.
Ghemawat individua 3 faAori poco imitabili, che rendono la posizione di vantaggio compe11vo
rela1vamente duratura:
1. la dimensione, poiché pone l’impresa nella possibilità di avvantaggiarsi delle economie di
produzione (di scala, di esperienza e di estensione), certo controllo sul mercato, inauenzare gli
stakeholders e il soggeAo pubblico.

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2. controllo delle risorse fondamentali: l’impresa che le de1ene pone notevole impegno nel
mantenere e raHorzare le condizioni che ne sono alla base. I concorren1 possono o creare
nuove fon1 da cui approvvigionarsi o modi=care le caraAeris1che del mercato per
svantaggiare l’impresa che de1ene quella determinata risorsa
3. posizione dei concorren-: ques1 potrebbero trovarsi blocca1 (lock-in) per varie ragioni su un
diverso percorso evolu1vo che non permeAe loro di minacciare i faAori di vantaggio
compe11vo dell’impresa.
Per difendere il vantaggio compe11vo, l’impresa può:
- nascondere la propria reddi1vità, nascondendo il proprio vantaggio ai rivali
- aAuare comportamen1 credibili che scoraggiano i rivali dal tentare di raggiungere la stessa
posizione dell’impresa, tramite moral suasion o vere e proprie azioni aggressive
Ma questo comportamento di difesa può essere paradossalmente controproducente. Nei contes1
caraAerizza1 da cambiamen1 con1nui e radicali, le fon1 di vantaggio compe11vo sono instabili;
dunque il tenta1vo di preservarle non solo rischia di produrre risulta1 nega1vi, ma blocca
l’impresa su posizione che diventano obsolete. Si riprende il conceAo di ipercompe-zione. In tale
contesto per intaccare la leadership di un rivale occorre aAuare azioni innova1ve in con1nuazione
che rendono obsolete le fon1 di vantaggio dell’avversario.

Gli impegni vincolan1, i limi1 al cambiamento strategico e le opzioni future: un inves1mento è


molto vischioso quando la sua u=lizzazione in contes= diversi da quello originario comporta una
forte perdita del suo valore economico o è comunque molto complessa e lenta da a2uare (1po
inves1men1 idiosincra-ci).
Un’impresa che fa inves1men1 vischiosi è soggeAa al fenomeno del lock-in cioè il blocco
strategico delineato da tali inves1men1 (poichè deve recuperare =nanziariamente tali
inves1men1). Meccanismo analogo e contrario il lockout. Questa di[coltà al cambiamento può
essere anche causata anche dall’inerzia, causata da faAori organizza1vi.

4.2.2) L’analisi delle aPvità e delle relazioni da cui deriva la generazione del valore

La catena del valore può essere riferita all’intera azienda o a ogni singola area del business;
scompone l’impresa nell’insieme di a6vità e di soAo-a6vità aAraverso cui si crea valore per il
mercato. Queste a6vità si possono dis1nguere in due categorie generali:
1) Primarie, processo direAo di produzione e vendita in senso lato:
• Logis=ca in entrata → piani=cazione e ges1one consegne dai fornitori, ges1one veAori di
trasporto in entrata, ricezione materiali, controlli conformità, ges1one magazzini.
• AYvità produYve → predisposizione impian1, trasformazione input, assemblaggio semilavora1,
manutenzione impian1, controllo qualità, organizzazione ciclo produ6vo.
• Logis=che in uscita→ ges1one magazzini prodo6 =ni1, movimentazione prodo6 uscita,
evasione ordini, consegne ai distributori.
• Marke=ng e venite→ poli1ca prezzo, azione comunicazione, ges1one forza vendita.
• Servizi al cliente→ assistenza post-vendita, analisi soddisfazione cliente, relazione cliente.
2) Secondarie, hanno come obie6vo migliorare le a6vità primarie:
• Approvvigionamento → analisi e selezione fornitori, ges1one relazione fornitori, ges1one
acquis1.
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• Sviluppo della tecnologia → sviluppo conoscenza, innovazione prodo6.


• Ges=one delle risorse umane → selezione personale, addestramento, relazioni sindacali.
• AYvità infrastru2urali → piani=cazione strategica, amministrazione, ges1one =nanziaria,
corporate governance.

Il sistema e la costellazione del valore: la catena del valore va considerata in relazione a quella di
altre imprese collegate, in par1colare a monte o a valle. Si u1lizza il termine sistema del valore
poiché la catena del valore di una impresa si inserisce in una 5liera che comprende a monte le
catene dei fornitori degli input produ6vi e valle degli u1lizzatori dell’output (clien1). I legami tra
le diverse catene si sostanziano in 5 aussi che si condizionano a vicenda: quello dei beni, delle
informazioni, delle competenze, monetario e di valori di natura non economica.
Una prospe6va più ampia è oHerta dall’idea di Costellazione del valore di Norman e Ramirez. Essa
supera il presupposto implicito nella catena di Porter secondo il quale il valore =nale risulta dalla
somma del valore realizzato progressivamente nelle singole fasi. Ipo1zza invece che esso derivi
dalla co-produzione realizzata da aAori diversi che conauiscono all’interno di un territorio comune.
Ques1 aAori distribuiscono a sé stessi e agli altri. Il valore del cliente è quindi la risultante di
componen1 di valore crea1 dai singoli aAori coinvol1 nella produzione.
L’estensione delle a6vità rilevan1 non sempre riaeAe l’ampliamento delle a6vità svolte
dall’impresa poiché a volte potrebbe essere svantaggioso. Si con=gurano quindi 2 1pologie di
imprese: quelle che organizzano la rete e quelle che giocano un ruolo specialis-co al suo interno.
La catena delle relazioni: può essere estesa, considerando l’insieme di relazioni stabilite
dall’impresa con sogge6 diversi, per realizzare tali a6vità. Essa ordina l’insieme dei rappor1 che
l’impresa stabilisce con i vari sogge6 interni ed esterni per realizzare al meglio le sue a6vità.

4.3) LE STRATEGIE COMPETITIVE

Come già deAo il vantaggio compe11vo è la capacità di realizzare un pro=Ao superiore ai


concorren-, e si sviluppa tramite varie strategie compe--ve:
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1. capacità di commercializzare prodoAo o servizio analogo a quello concorren1 ad un costo


più basso -> vantaggio di costo (leadership di costo)
2. capacità di oHrire un prodoAo con caraAeris1che che lo dis1nguono da quello dei rivali->
diSerenziazione.
L’impresa può perseguire una delle due strategie o concentrarsi un singolo par1colare segmento
dello stesso mercato. In questo caso aAua una terza strategia compe--va: focalizzazione
prevedeva concentrazione della strategia di vantaggio di costo o di quella di diHerenziazione in
una par1colare area del mercato(nicchia).
Queste 2 strategie non devono per essere considerate in senso opposto (no an1te1ci). L’una non
esclude l’altra. Per raggiungere una posizione di vantaggio compe11vo, l’impresa deve coniugare
la creazione di valore per il cliente aAraverso la diHerenziazione della propria oHerta con cos1
bassi di produzione, con la valorizzazione di una sua iden1tà che la caraAerizza agli occhi dei
consumatori. DiHerenziazione e vantaggio di cos1 non solo non devono essere contrappos1, a
possono addiriAura essere complementari.

4.3.1) La leadership di costo

La capacità di un’impresa di operare a livello di cos1 unitari inferiore a quello dei rivali consente
alla stessa di controllare la leva compe11va del prezzo. L’impresa può abbassare il prezzo di
vendita della propria oHerta a un livello che, pur rimanendo al di sopra del costo medio, risulta
inferiore a quello dei concorren1. Ne deriva un aumento della sua quota di mercato, tanto
maggiore quanto più la domanda è elas1ca.
Il vantaggio di costo non si manifesta solo nella riduzione di prezzo. Se l’impresa leader man1ene
un prezzo al livello medio degli altri compe1tors può comunque bene=ciare di un reddito posi1vo
perché i suoi cos1 sono più bassi della concorrenza (aumento della domanda, maggiore
sfruAamento delle economie di scala e accumulo di esperienza). Il maggiore margine di reddito
generato dalla leadership di costo si riaeAe nell’aumento delle fon1 =nanziarie disponibili:
maggior livello auto-=nanziamento e maggior remunerazione capitale di rischio. Il più alto livello
delle fon1 disponibili consente all’impresa di eHeAuare inves1men1 vol1 a migliorare l’e[cienza o
di diHerenziarsi. In de=ni1va, la leadership di costo si traduce in una maggiore capacità di crescita
dell’impresa, e/o in un raHorzamento della propria posizione compe11va.
La determinazione della strategia di vantaggio di costo si basa sull’u1lizzazione della catena del
valore.
- Si comincerà a scomporre i cos1 opera1vi e per inves1men1 sostenu1 dall’azienda per le
singole a6vità della catena del valore. Si evidenziano quindi le a6vità cruciali dal punto di vista
dei cos1.
- La seconda fase dell’analisi compara i cos1 sostenu1 dall’impresa con quelli che i concorren1
aHrontano nelle a6vità corrisponden1. Vantaggio di cos1 è valutato in termini rela1vi. (Nella
realtà opera1va è di di[cile aAuazione, in quanto è arduo s1mare i cos1 concorren1).
- La terza fase individua le determinan1 del livello dei cos1 delle a6vità e in par1colare quelle
maggiormente rilevan1 e comparazione con quelle concorren1.
- Individuazione aree miglioramento rispeAo ai concorren1 e si procede a de=nire la strategia per
raggiungere il vantaggio di costo.
- Nell’ul1ma fase si aAuano le azioni per meAere in pra1ca la strategia.

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Per le determinan1 del livello di costo di una certa a6vità prendiamo in esame faAori come:
a) Le economie di scala, diminuzione del costo medio all’aumentare della dimensione
della produzione.
b) Le economie di scopo, riduzione dei cos1 medi totali dovuta all’aumentare dell’estensione
dell’a6vità dell’impresa.
c) Le economie di apprendimento, riduzione dei cos1 unitari di produzione all’aumentare
della quan1tà prodoAa dall’impresa nel tempo (produzione cumulata). Lo svolgimento con1nuo di
un’a6vità determina la progressiva maturazione di esperienza che porta ad operare in maniera
sempre più e[ciente ed e[cace.
d) Il grado di u-lizzazione delle capacità produAve, i cos1 =ssi medi di un impianto si
riducono all’aumentare del volume di produzione.
e) Tecnologia del processo salvo casi par1colari, una stessa a6vità può essere realizzata con
modalità diverse e u1lizzando tecniche diHeren1 che possono portare ad una diHerenziale di costo
rispeAo ai concorren1.
f) Proge)azione prodo)o inauenza la complessità dell’assemblaggio e determina la qualità
di materiali u1lizza1, numero par1 che compongono output e il suo grado di standardizzazione.
g) Localizzazione delle aAvità produAve, ha un rilievo fondamentale sul costo di
un’impresa, la vicinanza delle a6vità produ6ve alle fon1 di approvvigionamento degli input e ai
merca1 di sbocco.
g) Il potere contra)uale dei fornitori, inauenza la reddi1vità potenziale delle imprese. Una
posizione “forte” dei fornitori si traduce in eleva1 cos1 per la fornitura. Nel caso di fornitori esteri,
bisogna considerare l’inauenza che le possibili variazioni del tasso di cambio esercitano sul prezzo
di acquisto.
h) L’oAmizzazione delle relazioni con i distributori, conceAo speculare a quello faAo per i
fornitori.
i) E]cienza complessiva. Il conceAo di “x-ine[ciency è l’insieme di cos1 che l’impresa sos1ene
nelle varie a6vità ges1onali e che potrebbero essere elimina1 senza alcun eHeAo nega1vo
sull’e[cienza ed e[cacia.

Le strategie per acquisire il vantaggio di costo possono essere:


- Il massimo sfru)amento delle economie di produzione (di scala, scopo e di esperienza).
- L’innovazione di processo o di prodo)o, strada per oAenere un vantaggio di costo almeno a
medio termine. L’impresa difa6 produce un prodoAo che a parità di valore , ha un costo di
produzione inferiore.
- Riorganizzazione geogra[ca dell’aAvità produAva, localizzazione degli stabilimen1 in aree che
oHrono le migliori opportunità per ridurre i cos1 medi rispeAo al seAore.
- Riduzione delle “x-ine]ciencies” che si sviluppano nel sistema organizza1vo aziendale,
meccanismi incen1van1 e/o disincen1van1 che spingano i singoli a comportamen1 virtuosi e li
coinvolgano nel programma di riduzione delle ine[cienze organizza1ve.

Una strada diHerente per raggiungere vantaggi di costo è la Ricon[gurazione della catena del
valore. piuAosto che agire sui singoli faAori che determinano i cos1, l’impresa modi=ca la propria
organizzazione e il modo in cui svolge le sue a6vità. Questo cambiamento organizza1vo può
manifestarsi secondo quaAro modalità:

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1 esternalizzazione di determinate fasi della catena del valore. Si traAa di fasi in cui l’impresa ha
uno svantaggio di costo.
2 Reingegnerizzazione della catena del valore. nuova modalità per organizzare e realizzare a6vità
produ6ve sempre con l’intento di ridurre i cos1;
3 Razionalizzazione della stru2ura produYva (riduzione del numero di stabilimen1);
4 Modi5cazione della posizione nella 5liera produYva. (integrazione ver1cale o a monte)

4.3.2) LA DIFFERENZIAZIONE

La diHerenziazione consiste nel dis1nguere la propria oHerta da quella dei concorren1 generando
un maggio bene=cio neAo percepito dal cliente rispeAo ai concorren1 con modalità a cui i clien1
riconoscono un valore, aAraverso queste quaAro condizioni:
1) L’unicità. Elemen1 che dis1nguono in maniera neAa la propria oHerta dai compe1tors e
riguardano le componen1 =siche del prodoAo, caraAeris1che intangibili, o elemen1 che non
riguardano direAamente il prodoAo.
2) Il valore dei fa)ori di unicità. Quei faAori unici che creano eHe6vamente valore per il
cliente, valore che si manifesta in due maniere:
- riduzione dei cos1 che egli sos1ene per realizzare una certa a6vità
- aumento delle prestazioni che egli o6ene da una certa a6vità.
3) La percezione dell’unicità e del valore dei faAori che la determinano. È necessario che il
cliente sia consapevole degli elemen1 di unicità che caraAerizzano l’oHerta e del valore che da
essi egli può trarre vantaggio.
4) la sostenibilità economica. Maggior valore dell’oHerta determinato da unicità e
percepito da parte del cliente, si traduce nella disponibilità di quest’ul1mo a pagare un prezzo
più alto di quello riconosciuto ai concorren1. (una maggiore reddi1vità).

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Vantaggi diHerenziazione: aumenta la disponibilità a pagare da parte del cliente, consentendo


quindi all’impresa di =ssare un prezzo per il suo prodoAo maggiore di quello degli altri operatori
nella stessa area di business, senza per questo risen1re di una riduzione della domanda.
Aumento quota di mercato e il potere di mercato dell’impresa.

La diHerenziazione può essere aAuata a tre


livelli:
1) Componen1 tangibili, aAribu1 concre1
del prodoAo o servizio;
2) Componen1 intangibili, tu6 gli elemen1
che inauenzano la percezione che il
cliente ha del valore di un prodoAo e del
suo posizionamento rispeAo a quello dei
concorren1. Delineano l’immagine del
prodoAo, aAraverso cui esso assume
personalità che lo caraAerizza agli occhi
del cliente.
3) Componen1 aggiun-ve e relazionali,
quegli elemen1 aggiun1vi che l’impresa
propone insieme al prodoAo che
aumentano il valore complessivo
dell’oHerta.

(Vedi tabella 4.10 per gli aspeY rilevan= di


di<erenziazione dei vari di di<erenziazione)

Come per la determinazione del vantaggio


di costo, gli interven1 vol1 a diSerenziare l’oHerta vanno idea1 e aAua1 con riferimento alle
singole fasi della catena del valore agendo sui faAori di unicità più rilevan1 e sulle a6vità della
catena del valore dove l’impresa ri1ene di avere le potenzialità migliori per creare unicità cui i
clien1 aAribuiscono valore.

I servizi ex ante, prima dell’acquisto sono molto e[caci e rappresentano un inves1mento sullo
sviluppo della relazione futura col cliente potenziale. Tra le componen1 aggiun1ve ai prodo6 vi
sono i fa)ori di segnalazione, u1li a facilitare la correAa valutazione da parte del cliente
dell’eHe6vo valore dell’oHerta. uno fra i più frequen1 faAori di segnalazione è la garanzia.
Ques1 faAori intervengono nella diHerenziazione del prodoAo soAo 3 pro=li:
1. aumentano informazione disponibile per il consumatore
2. raHorzano nei clien1 gli elemen1 di unicità
3. possono manifestarsi con modalità che aggiungono valore all’oHerta.

Per essere credibili devono essere facilmente veri=cabili dal cliente

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4.3.3) La focalizzazione

La strategia di focalizzazione consiste nella ricerca di una posizione di vantaggio nei cos1 o di
diHerenziazione in un’area molto circoscriAa del mercato (nicchia). Per sua natura, tale strategia,
tende ad essere adoAata più frequentemente dalle imprese di dimensione minore che hanno
maggiore convenienza e necessità di operare nelle nicchie di mercato. La focalizzazione ha alcuni
vantaggi importan1 rispeAo alle due preceden1 strategie:
a) Consente all’impresa di indirizzare tu6 i propri sforzi economici e strategici in un contesto
circoscriAo
b) Favorisce la specializzazione delle risorse e delle conoscenze da parte dell’impresa
c) Riduce la pressione compe11va proveniente dalle grandi imprese, che tendono ad avere
minore aAenzione verso le aree di business di piccola dimensione.

La strategia di focalizzazione presenta alcuni rischi quali:


a) L’intrinseca mancanza di diversi=cazione, lega le vicende dell’impresa focalizzata all’andamento
della sua nicchia
b) Area del mercato economicamente non sostenibile dal punto di vista economico, poiché troppo
piccola in termini di valore potenziale, o perché vi è compe1zione troppo intensa.
c) Impresa spesso, a causa delle poche risorse di cui dispone, entra nel mercato senza valutare
aAentamente le sue potenzialità economiche. Nel medio periodo vi è rischio che il mercato sia
scarsamente reddi1zio.
d) Mercato scarsamente proteAo e spesso preda di grandi concentrazioni.

4.4) LE STRATEGIE DI COLLABORAZIONE

Il comportamento strategico dell’impresa non è necessariamente di 1po solo compe11vo; può


anche essere di natura collabora1va. Nella realtà si osserva una notevolissima diHusione di
comportamen1 coopera1vi tra imprese. Per raggiungere la massimizzazione del valore economico
non basta appropriarsi delle opportunità da cui trarre valore, occorre anche creare tali
opportunità; a tal =ne operare insieme ad altri è smesso molto e[cace. Importante ricordare che
l’ambiente compe11vo va inteso non come ambiente dove gli aAori sono in conaiAo, ma come
ambiente dove essi interagiscono, in maniera sia compe11va sia coopera1va. Nei contes1
compe11vi maggiormente espos1 alla concorrenza aumenta la frequenza di intese tra le imprese
collegate nell’ambito di una stessa costellazione.
La cooperazione può manifestarsi in linea:
- orizzontale -> tra imprese impegnate in una stessa area di business o di mercato
- ver=cale -> tra sogge6 operan1 in fasi diverse e collegate di una stessa =liera
- laterale -> tra aziende appartenen1 a seAori o merca1 diversi, o quella tra aziende e altri 1pi di
organizzazioni
Le alleanze possono essere dis1nte anche in relazione al territorio di appartenenza degli aAori
coinvol1. Inoltre si diHerenziano in relazione alla numerosità dei partner coinvol1.

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Le mo1vazioni alla base di una strategia coopera1va vanno ricercate innanzituAo all’interno dei
sogge6 che si prepongono di aAuarla. Vi possono però essere anche:
- fa)ori ambientali che rendono gli accordi soluzioni strategiche favorevoli
- azione delle is-tuzioni pubbliche che supportano gli accordi e le intese.

Mentre le 4 principali mo1vazioni di caraAere interno alle imprese:


1. sviluppo del patrimonio di competenze. (Alleanze su proge6 di ricerca o innovazione).
2. miglioramento dell’eWcienza. (Condivisone di alcune fasi del processo produ6vo o la
centralizzazione di determinate a6vità).
3. espansione della capacità produYva e distribu=va
4. ges=one della posizione compe==va, può portare ad accordi collusivi, generalmente ritenu1
non leci1 perché lesivi della concorrenza. Ma anche leci1, come cooperare in caso di
manifestazione di opportunità/ minacce di 1po con1ngente, coordinazione di poli1che di
marke1ng e commerciali

Le alleanze possono legare sogge6 tra loro più o meno simili rispeAo alle seguen1 5 variabili:
dimensione, posizione compe11va, area di business di principale focalizzazione, natura dei
sogge6 e area geogra=ca di origine.

4.4.1) Capacità di collaborazione

È risultante di varie condizioni: disponibilità di risorse =nanziarie richies1 per aAuazione


dell’accordo, disponibilità di risorse dis1n1ve e i vari faAori che inauenzano i sogge6 che hanno il
potere decisionale sull’alleanza, come:
- capitale sociale (qualità delle relazioni dell’impresa)
- s1le manageriale
- chiarezza degli obbie6vi strategici
- competenze organizza1ve
- reputazione

4.4.2) Le diverse Npologie di alleanze e il loro ciclo di vita

Le alleanze possono essere dis1nte in taAche e strategiche, sulla base dei seguen1 6 possibili
criteri: Natura degli obie6vi, potenziale impaAo sulla strategia compe11va di ciascun partner,
potenziale impaAo sulla strategia opera1va di ciascun partner, livello risorse impiegate, grado
necessario di integrazione tra i sistemi organizza1vi dei partner richiesta, durata.

RispeAo a ques1 elemen1 è possibile caraAerizzare due 1pi di alleanza. (Vedi tabella)
Le alleanze di 1po strategico si dis1nguono da quelle di 1po ta6co per il faAo di incidere in
maniera molto più profonda e duratura sul processo evolu1vo dell’impresa, quindi sulla sua
strategia compe11va e di crescita.

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 Le alleanze ta6che possono avere 2 ambi1:


- azioni =nalizzate allo sviluppo commerciale e ges1one o6male dei clien1
- ges1one di par1colari problema1che nello svolgimento ordinario del processo produ6vo.
 Le alleanze strategiche possono essere raggruppate secondo 3 modalità:
- accordi contraAuali di medio lungo termine
- consorzi
- joint ventures,
Consorzi e joint ventures si dis1nguono dagli accordi contraAuali perché implicano la cos1tuzione
di un nuovo soggeAo giuridico. Le joint ventures sono società cos1tuite da un certo numero di
persone e seguono regole di governance e funzionamento analoghe a quelle di una normale
società.
Ogni intesa è caraAerizzata da un ciclo di vita ar1colato in 3 macro fasi:
- preparazione, de=nizione da parte dei partner dei vari appor1 di risorse e del chi fa cosa =>
cos1tuzione della struAura organizza1va e organi di governo e predisposizione dei vari contra6
- ges=one delle varie a6vità previste nel progeAo strategico
- transizione quando l’alleanza ha esaurito ragion di esistere. Può manifestarsi in 3 modalità
alterna1ve: normale chiusura dell’intesa, res1tuzione degli asset ai 1tolari e rilancio di una
alleanza per aggiornamento degli obie6vi strategici.

4.4.3) Le condizioni di successo delle alleanze strategiche

Il successo è determinato sia da condizioni sogge6ve dei partner sia da aspe6 ogge6vi rela1vi
all’alleanza in sé.
Condizioni soggeAve: necessario che i partner abbiano caraAeris1che coeren1 tra loro e che le
mantengano durante tuAo il periodo dell’intesa, nei seguen1 4 ambi1:
1. obie6vi strategici dei singoli partner.
2. apporto di risorse e competenze
3. orizzonte temporale
4. approccio culturale

Condizioni oggeAve: derivano dal modo in cui l’accordo è progeAato e riguardano 4 ambi1:
1. EHe6vo potenziale impaAo che può avere l’intesa sui partner
2. Equilibrio tra i cos1 sostenu1 fai diversi aAori e bene=ci che gli stessi riescono a trarre
dall’accordo.
3. Sistema di governo (aAribuzione dei poteri e ambi1 di competenza)
4. CorreAo equilibrio tra autonomia e integrazione della struAura di ges1one dell’alleanza dei
sogge6 partner.

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Nella progeAazione di un’alleanza strategica le principali fasi sono:


- de5nizione del business model, ovvero la sua fondamentale ragion d’essere, i sogge6 coinvol1,
perimetro azione, proposta valore, ecc.
- veri5ca della coerenza tra i soggeY potenzialmente coinvol= (aspe6 sopra descri6 e condizioni
sogge6 e ogge6ve)
- proge2azione del modello organizza=vo,
- delineamento delle procedure di oYmizzazione per le relazioni, che si stabiliscono durante la
vita dell’alleanza tra soggeAo gestore e i partner.
- compa=bilità dei soggeY coinvol= con il complessivo impegno

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5. IL BUSINESS MODEL

5.1) IL CONCETTO DI BUSINESS MODEL

Il business model di un’inizia1va economica delinea come essa si caraAerizza in un determinato


contesto compe11vo, come svolge, raggiunge e innova un certo vantaggio compe11vo. In altri
termini, esso descrive l’insieme di elemen1 aAraverso cui l’inizia1va economica o impresa crea,
trasferisce ad altri sogge6 e al tempo stesso caAura a suo vantaggio quel valore che le consente
di evolvere in modo =siologico.
Rappresenta in modo organico i contenu1 di un’idea imprenditoriale. I contenu1 fondamentali e
di un business model sono:
- proposta di valore (value proposi1on)
- faAori cri1ci (key condi1ons)
- proposta di pro=Aabilità (pro=t proposi1on)

5.2) PROPOSTA DI VALORE (Value proposiNon)

Essa è il cuore del business model ed è basata sul modo con cui crea, fa percepire e fa arrivare
valore ai propri clien1 target. La necessità di essere sostenibile, oltre a creare valore per i clien1
target, le impone di creare al tempo stesso un valore condiviso a bene=cio dei vari stakeholders.
La value deve quindi essere delineata con riferimento al mercato e parallelamente alla colle6vità
ove l’impresa ha una presenza rilevante sul piano economico e sociale. È ar1colata su 3 contenu1:
1. Target: è l’insieme dei sogge6 che cos1tuiscono il segmento di mercato ai quali l’impresa
intende indirizzare prioritariamente il valore. Possono essere compresi vari target di clien1, a
condizione che si riesca a diHerenziare l’oHerta per soddisfare al meglio le speci=che esigenze
di ognuno. Per elaborare un modello vincente è necessario comprendere le caraAeris1che
fondamentali dei clien1-target: l’esigenza che essi desiderano soddisfare, la disponibilità
marginale a pagare, la modalità di relazionamento con tali sogge6 ed erogare loro il valore.
2. Valore del target: de=nisce i contenu1 materiali e immateriali dell’oHerta con cui l’impresa
cerca di soddisfare le esigenze dei sogge6 appartenen1 al suo target di mercato. Tale oHerta
si concre1zza in un prodoAo o in un servizio. Esempi di contenu1: este1ca, a[dabilità,
accessibilità. Per essere consistente e quindi percepito dal target, il valore proposto deve non
essere generico, deve quindi es1nguere una precisa esigenza o raHorzare le condizioni di
generale soddisfazione di una persona.
3. Modalità di erogazione del valore: sono fondamentali nella value proposi1on poiché incidono
sul bene=cio neAo determinato dal valore per il target. Si traAa di capire come rendere il
prodoAo o il servizio disponibile al cliente target, far percepire a ques1 gli elemen1 di valore
del prodoAo e ges1re la relazione col cliente. Importante tenere conto dei canali di
distribuzione e comunicazione. Il modello di ges1one della relazione col cliente è
fondamentale nel processo di acquisizione del cliente per comprendere le aspeAa1ve e fargli
percepire il valore dell’oHerta; anche nella strategia di mantenimento del cliente, volta alla

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=delizzazione. La scelta del modello è condizionata dalle caraAeris1che struAurali del mercato,
abitudini consumatore, caraAeris1che prodoAo e tecnologie disponibili.

5.3) I FATTORI CRITICI (Key condiNons)

Sono l’insieme delle condizioni fondamentali necessarie per aAuare la proposta di valore
aAraverso cui si ha come =ne quello di raggiungere un vantaggio compe11vo. Essi sono:
- risorse chiave, sono quelle ritenute fondamentali per produrre ed erogare il valore progeAato
rendendolo unico e superiore a quello fornito dai concorren1. Possono riguardare persone,
tecnologia, struAure produ6ve. Le risorse chiave non sono rilevan1 in quanto tali ma in
relazione all’apporto che danno all’implementazione del business model. È quindi essenziale il
modo in cui sono u1lizzate in un certo modello organizza1vo e per la realizzazione delle a6vità
chiave.
- aAvità chiave, hanno maggior rilievo nella creazione del valore erogato al cliente target e per la
cui realizzazione l’impresa dispone di competenze dis1n1ve, ovvero delle risorse chiave appena
indicate. => sono quindi le aAvità core, che si collocano in 3 possibili ambi1: processo
produ6vo, creazione e ges1one di piaAaforme o re1 per o6mizzare la interazione tra impresa
e cliente e la ges1one di problemi speci=ci del cliente.
- modello organizza-vo: individua le condizioni organizza1ve che consentono la migliore
realizzazione del complesso delle a6vità chiave. Riguarda la struAura organizza1va, modalità
ges1one risorse umane, diHusione valori aziendali e sviluppo del social capital interno. Molto
importante è il sistema delle relazioni chiave che l’impresa stabilisce con sogge6 essenziali per
la migliore implementazione della proposta di valore.

5.4) LA PROPOSTA DI PROFITTABILITÀ (Pro[t proposi-on)

Il business model è completato dalla proposta di pro[)abilità, che esplicita come l’impresa pensa
di estrarre il valore economico per sé dalla proposta di valore avanzata al mercato. Essa è
cos1tuita dal:
- revenue stream, sono determina1 sulla base dei contenu1 dell’oHerta e del valore per i quali il
cliente target è disposto a pagare (dipende dalla percezione del valore, possibilità di spesa e
altri faAori). I aussi dei ricavi possono avere natura, frequenza e dimensione media diversa in
relazione alle caraAeris1che del consumatore target, D alle sue modalità di acquisto e al valore
percepito del prodoAo. De=nisce quindi come l’impresa intende agire sulle due determina1:
prezzo e quan1tà vendute. Approcci che si riaeAono nella strategia di leadership di costo e di
diHerenziazione.
- cost structure, individua e ordina l’insieme dei cos1 che l’impresa deve sostenere per aAuare il
business modelle la loro possibile dinamica al variare della proposta di valore o delle condizioni
cri1che necessarie. Ha due =nalità: in primis valutare la sostenibilità economica e =nanziaria del
business model sulla base del confronto con il revenue stream; secundis comprendere le a6vità
che hanno maggior impaAo sulla struAura dei cos1 per ricercare la massima e[cienza. Il

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business model è considerato un cost driven quando è focalizzato sulla minimizzazione dei cos1
(esempio low cost e value driven).

5.5) INNOVAZIONE DEL BUSINESS MODEL

Vi sono diverse situazioni in cui il business model deve essere innovato.


Cause di innovazione:
- introduzione di nuove tecnologie che rendono obsolete quelle aAuali
- evoluzione delle caraAeris1che del consumatore(esigenze)
- nuove condizione del contesto ambientale come al livello norma1vo e regolatorio
- spinte interne per la disponibilità di nuove risorse dis1n1ve che sostengano un signi=ca1vo
cambiamento della proposta di valore
Ques1 cambiamen1 possono essere intese come un nuovo modo di leggere le dinamiche
compe--ve e il posizionamento potenziale dell’impresa.

5.6) I FATTORI DISRUPTIVE DEI MODELLI DEI BUSINESS TRADIZIONALI

In ques1 anni, nella maggior parte dei seAori, i modelli di business hanno avuto cambiamen1
radicali e stanno mutando le determinan1 del loro successo. Ques1 cambiamen1 sono
determina1 da 3 fenomeni: digital, sharing e green economy. Le tecnologie digitali, la logica della
condivisione e l’o6mizzazione dell’impaAo ambientale delle a6vità umane stanno favorendo la
nascita di nuovi modelli di business. La loro forza sta nella natura composita tra esse: tecnologica
economica e sociale al tempo stesso.

5.6.1) La digital economy

Il fenomeno della digitalizzazione include i processi di conversione di informazioni in forma digitale


e lo sviluppo di tecnologie per ges1re e sfruAare l’ammontare delle risorse digitali generate da tali
processi. Esso poggia su un complesso di tecnologie interdipenden1, riguardan1 Internet, le
infrastruAure di comunicazione e rete, hardware, servizi ICT, IOT Internet of things, big data
analis1, social network. L’economia digitale può essere faAa rientrare nel macro-seAore
dell’informa=on and communica=on technologies (ICT). La maggior parte dei seAori produ6vi
stanno aAraversando una fase di digital transformaNon che ne sta modi=cando la struAura e le
dinamiche compe11ve con inevitabili riaessi sul modello di business delle imprese.
L’aHermarsi di nuove oHerte basate sulla digitalizzazione del prodoAo o del servizio hanno avuto
un eHeAo disrup=ve sui sistemi produ6vi =no ad allora molto consolida1. Un forte impaAo lo
hanno avuto le piaAaforme digitali dove si aggregano insiemi di persone per svolgere a6vità
nuove. Un altro elemento caraAerizzante è lo smart working, e-commerce, social networks. I
MOOC (Massive Open Online Courses, in italiano: Corsi aper1 online su larga scala) sono dei corsi,
aper1 e disponibili in rete, pensa1 per una formazione a distanza che coinvolga un numero
elevato di uten1.
I modelli di business basa1 sul digitale sono fonda1 su 5 fondamentali componen1:

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- Concept, per soddisfare nuove esigenze degli uten1


- presidio delle tecnologie abilitan1
- dimensione tale da sfruAare meglio le esternalità della rete
- capacità di acquisizione e ges1one dei da1
- potenziale diHusione globale
- diHusione internazionale
Migliorano processi di produzione, aumento della aessibilità, ridimensionamento delle economie
di scala, creazione del vantaggio compe11vo di costo, diminuzione degli sprechi, impaAo
ambientale diminuito.

5.6.2) Sharing economy

Può essere de=nita come un insieme di pra1che e modalità organizza1ve che aAraverso
piaAaforme digitali, aggregano grandi quan1tà di sogge6, accomuna1 da esigenze e
comportamen- simili, generando così la nascita di comunità dove si sviluppa una =Aa rete di
relazioni di natura virtuale. Queste piaAaforme permeAono al membro-utente della comunità di
accedere a prodo6, servizi, informazioni condividendoli con altri sogge6 all’interno della stessa
comunità. In questo ambito si fanno rientrare anche i meccanismi di pooling, aAraverso cui si
creano gruppi di persone che condividono l’uso di un certo bene o la fruizione di un certo servizio,
favorendo l’uso o6male, riducendo i cos1 e facilitando l’interazione sociale.
In un numero crescente di casi ormai il consumatore è interessato non tanto a possedere un
bene durevole ma ad avere accesso ad esso e poterlo u1lizzare quando ne sente il bisogno. Un
secondo fondamentale elemento comportamentale è il faAo che la possibilità di condividere
con altri l’u1lizzo di beni o servizi è in sé un elemento di valore.
È chiaro che la sharing economy non ha avuto solo eHe6 incrementali ma ha rappresentato un
concorrente direAo dell’economia convenzionale, determinando uno spiazzamento di modelli
meno e[caci e più costosi. Ha costreAo le imprese ad innovare il proprio business model per
poter sfruAare le logiche della condivisione.
Una importante caraAeris1ca dei modelli di business di queste piaAaforme è la capacità di
evolvere rapidamente in relazione al mutare della natura degli aAori coinvol1 o comunque delle
loro aspeAa1ve e dalle loro opportunità rappresentate dallo sviluppo delle tecnologie. Anche in
questo senso, essi risultano molto più e[caci di quelli tradizionali che quando raggiungono un
vantaggio compe11vo tendono a cercare le condizioni di stabilità e a proteggere i propri faAori di
forza. Un aspeAo rilevante di questa con1nua evoluzione è l’aHermarsi di 2 ulteriori 1pologie di
piaAaforme:
- quelle che dove l’utente può comparare prezzi di oHerte uguali presen1 in diverse piaAaforme
concorren1.
- quelle che creano condizioni supporto dello sviluppo di quelle esisten1 e fortemente popolate.
L’applicazione di questo business non ha limi1 geogra=ci salvo eventuali diHerenze di 1po tecnico
o norma1vo. Inoltre poiché le piaAaforme digitali si sono caraAerizzate da for1 economie di
agglomerazione, una volta raggiunta una certa dimensione si veri=ca il fenomeno “the winner
takes all”; i primi diventavano irraggiungibili per gli al1ssimi cash aows, che permeAono loro di
acquistare anche a un prezzo molto elevato gli eventuali nuovi entran1 con potenzialità di
sviluppo tali da minacciare la loro leadership. Nella breve storia delle principali piaAaforme
digitali, si sono veri=ca1 già casi di grandi acquisizioni e concentrazione oHerta. Ciò ha aHermato
dei gigan1 globali. Se è abbastanza intui1vo comprendere la ragione per cui le piaAaforme digitali
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e le imprese che le ges1scono riescono ad aggregare numerosi uten1, è meno immediato stabilire
come da questo riescano a creare valore. L’a6vazione dei revenue streams è molto delicata,
considerando che la leva fondamentale di aggregazione della domanda è stata proprio la gratuità
dell’accesso. Ancora più incerte sono le modalità di trare reddito dal grande volume di aHari
generato.
Le principali modalità per generare ricavi sono:
- Service fee, la piaAaforma guadagna una fee dai sogge6 che pone in collegamento,
proporzionale al valore della transazione.
- Freemium, la piaAaforma è liberamente accessibile e non richiede alcun pagamento per
l’accesso ai servizi base; gli u1lizzatori sono poi s1mola1 a chiedere servizi aggiun1vi per i quali
è previsto un pagamento. (ES linkedin)
- Membership plus usage, La piaAaforma richiede un pagamento per entrare nella community e
poter usufruire di determina1 servizi. Ques1 servizi sono paga1 in relazione all’uso. (ES. car
sharing).
- Flat membership, la piaAaforma richiede una free per l’appartenenza alla community che
consente l’accesso completamente gratuito ai servizi oHer1. (ES. Tecshop).
- On sale, la piaAaforma facilita la vendita online di prodo6 o servizi che per diverse ragioni
consentono di riceve scon1.

5.6.3) La green economy

Dai primi anni del secolo i grandi organismi internazionali e tu6 i principali sta1 nazionali hanno
raHorzato l’impulso allo sviluppo della green economy per migliorare l’impaAo ambientale, basato
sul principio “fare meglio con meno”. Nell’ambito dei processi produ6vi, ciò signi=ca adoAare
tecnologie e modalità opera1ve che permeAano la produzione di ugual quan1tà di prodoAo, ma
con minor quan1tà di materie prime, risorse naturali e di energia e allo stesso tempo riducendo
l’impaAo nega1vo sul pianeta. È essenziale aAuare un approccio integrato o circolare al ciclo di
vite del prodoAo (riciclo delle materia) riducendo così il consumo di nuovi materiali. Il programma
per l’ambiente Nazioni Unite indica quale ques1one primaria della green economy l’u1lizzo del
capitale naturale. Questo 1po di economia è una rappresentazione concreta all’orientamento
dello sviluppo sostenibile, per cui la creazione di valore economico avviene nell’ambito del
miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale. La green economy è quindi un conceAo
generale in cui sono compresi una molteplicità di fenomeni, accomuna1 da un meta-obie6vo del
miglioramento del “capitale naturale” del pianeta nel quadro del suo sviluppo sostenibile e basa1
su 5 faAori principali:
- tecnologie
- merca1
- poli1che, norma1ve e regolamen1
- business models
- prodo6 o servizi oHer1
nella prospe6va di questo paragrafo, l’aAenzione è focalizzata sul business modell; l’innovazione
di determina1 cocmponen1 del business model è indirizzarta a migliorare l’impaAo ambientale
del business stesso parallelamente alla creazione di valore economico e sociale. L’approccio green
determina un’evoluzione dei business model tradizionali nelle imprese, e l’aHermarsi di nuovi
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modelli concepi1 a =nalità di miglioramento ambientale e di sostenibilità. Ques1 ul1mi per un


verso sfruAano le tecnologie digitali, per l’altro sono basa1 sui principi dello sharing. Una prima
possibile innovazione è l’introduzione di modelli di fruizione del prodo)o da parte del
consumatore che migliorano l’impaAo ambientale del consumo; un altro modello innova1vo è
quello delle Energy Saving Cimpanies ESCO basato sull’idea che l’impresa guadagna in funzione del
risparmio di costo, nella fa6specie per il consumo di energia eleArica. Ma anche nelle speci=che
aree delle opera-ons (processi di approvvigionamento, produzione e distribuzione) come il green
supply chain management (ges1one sostenibile della catena di approvvigionamento) che
comprende modalità di ges1one del sistema delle forniture =nalizzate a o6mizzare l’impaAo
ambientale. Va anche considerato il complesso di manifestazioni della economia circolare,
comprendente tecnologie, struAure produ6ve e modelli di business =nalizza1 a o6mizzare l’uso
di energia, acqua, materie prime.

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7. LA PIANIFICAZIONE STRATEGICA

7.1 IL SIGNIFICATO, L’EVOLUZIONE E IL RUOLO ATTUALE DELLA PIANIFICAZIONE


D’IMPRESA

La piani[cazione è la procedura idonea ad esprimere in maniera formale l’orientamento


strategico dell’impresa. In par1colare gli obie6vi di medio-lungo termine, le azioni da aAuare per
raggiungerli, le unità organizza1ve coinvolte, le
modalità di allocazione delle risorse per
raggiungere obie6vo. I contenu1 cos1tuiscono
il riferimento per assumere decisioni opera1ve
e per la valutazione della loro e[cacia. Ha 6
funzioni:
- Facilitare l’analisi e la comprensione
razionale di ques1oni che hanno valenza
strategica fornendo il quadro u=le per
prendere le decisioni. La piani5cazione non
genera, quindi, le decisioni strategiche ma
crea le condizioni perché queste siano prese
nel modo più eWcacie.

- Determinare un metodo di azione, poiché la


piani=cazione cos1tuisce una modalità di
analisi-valutazione-decisione-controllo che
può essere u1lizzata nella ges1one di
problemi aziendali complessi. Essa fornisce i
contenu1 strategici a cui devono far
riferimento i vari aAori aziendali per
assumere le decisioni opera1ve.
- S=molare l’integrazione tra le varie
componen= del sistema aziendale, svolge
quindi integrazione interna, volta a
consolidare una ges1one coerente delle
diverse problema1che aziendali
- Facilitare il manifestarsi di un orientamento
strategico di medio-lungo termine e
sistema=co.
- Rappresentare uno strumento di
comunicazione, permeAe di comunicare in modo organico ai vari livelli aziendali gli obie6vi di
medio termine, le linee di azione strategica.
- Fornire i riferimen= necessari per aYvare appropriate procedure di controllo strategico.

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Il processo di piani=cazione ha natura itera-va, nel senso che le decisioni sono progressivamente
a[nate nel tempo, sulla base dei risulta1 realizza1, dall’esperienza maturata, di possibili
cambiamen1 nel sistema aziendale. Il limite alla natura itera1va della piani=cazione è che si rischia
di rendere il piano un documento formalmente completo e coerente, ma di faAo poco rilevante
nell’ordinare il procedere delle azioni aziendali. Il processo di piani=cazione è ar1colato su due
aspe6:
a) il livello organizza-vo responsabile;
Secondo un modello di piani=cazione, i livelli organizza1vi sono tre:
1.1.1. direzione centrale;
1.1.2. direzione di divisione
1.1.3. direzione di funzione a livello centrale;

b) gli stadi del processo, ciascuno stadio è composto da fasi cos1tuite da un insieme di a6vità.
Gli stadi del processo sono quaAro:

2.1.1 determinazione delle condizioni di fondo


2.1.2 formulazione dell’orientamento strategico,
2.1.3 indicazione del programma di azioni,
2.1.4 predisposizione delle condizioni di implementazione e controllo del piano

7.1.1) La strategia e la pianibcazione della strategia

In passato la formazione della strategia poteva essere determinata razionalmente, aAraverso la


piani=cazione. Visione molto cri1cata Mintzberg, secondo il quale la piani=cazione può cos1tuire
uno strumento u1le per rappresentare la realtà, riducendone la complessità, ma non può
determinare la realtà stessa. Egli ripropone l’approccio di Simon focalizato sulla centralità
dell’intuizione nella determinazione delle decisioni strategiche. L’esperto p colui in grado di
inquadrare immediatamente la situazione che ha di fronte e intuire il comportamento migliore.
L’essenza dell’intuizione consiste nella capacità di organizzare in maniera rapida ed e[cace il
sapere.
La piani=cazione non genera la decisione strategica, ma è funzionale alla sua determinazione e
aAuazione. RispeAo alla decisione strategica la piani=cazione interviene a tre livelli: il primo, che
potremmo indicare “preparatorio” alla decisione strategica, il secondo, di “esplicitazione”, e il
terzo di “accompagnamento all’a)uazione”.
La piani=cazione interviene a monte della decisione strategica, fornendo =nalità a cui questa deve
tendere, esplicitando i contenu1 tramite schemi formali.
Elabora inoltre un faAore di connessione tra la decisone strategica e azione opera1va.
Esistono 4 1pi di \essibilità che determinano la performance dell’azienda:
1. aessibilità strategica-> modi=care rapidamente il mix di prodo6/servizi oHer1
2. aessibilità [nanziaria -> oAenere in modo rapido le risorse =nanziarie
3. aessibilità organizza-va-> modi=care rapidamente la struAura organizza1va
4. aessibilità tecnologica-> acquistare rapidamente le tecnologie più vantaggiose

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Si osserva che la piani=cazione non necessariamente irrigidisce l’impresa in un percorso strategico,


compe11vo, organizza1vo predeterminato.
L’obie6vo della aessibilità assegna alla piani=cazione tre compi1 fondamentali:
1. L’individuazione e l’analisi delle ques=oni cri=che che l’impresa dovrà a<rontare nel futuro
di medio-lungo termine
2. L’elaborazione di un orientamento di fondo u=le per garan=re una organicità alla ges=one
opera=va dell’impresa
3. La de5nizione di diverse opzioni strategiche a2uabili in relazione alle situazioni che si
verranno a con5gurare

7.1.2) Nuovo approccio alla panibcazione strategica:

L’approccio razionale risulta ine[cace per 3 aspe6:


1. orientamento top down, implica che il piano strategico sia elaborato al livello di ver1ce
aziendale e successivamente trasmesso ai vari aAori. Questa impostazione ha due limi1: scarso
coinvolgimento di chi deve agire ed eccessivo distacco dal processo di piani=cazione dalla
realtà opera1va.
2. insu]ciente a)enzione agli aspeA di implementazione del piano, il piano strategico in mol1
casi è l’enunciazione di un insieme di proposi1 di caraAere generale e non troppo originali cui
non corrisponde una valutazione approfondita delle condizioni per la loro aAuazione. Troppa
aAenzione sul “cosa fare” e poca sul “come”.
3. il fa)o che il proge)o strategico è basato su una previsione dell’evoluzione di medio termine
del contesto ambientale e compe--vo e tale previsione è inevitabilmente sempre più
incerta e complessa, è di[cile prevedere l’evoluzione di un ambiente quando questo è
estremamente mutevole. Cosicché il piano strategico =nisce per essere un insieme di proposi-
di caraAere abbastanza generale.

Dunque la piani=cazione può comunque essere u1le o addiriAura necessaria, poiché raHorza la
capacità dell’impresa di ges1re in modo e[cace l’incertezza del contesto compe11vo. Occorre
innovare processo e contenu1 della piani=cazione; va superata l’idea di una piani=cazione come
disegno razionale, a favore di una piani=cazione come processo in cui sono coinvol1 numerosi
sogge6 opportunamente integra1 e in grado di rispondere e[cacemente ai condizionamen1 di
natura interna ed esterna che si presentano nel tempo.

Lineamen1 di un’e[cace piani=cazione strategica: la piani=cazione deve accompagnare


l’elaborazione e poi l’implementazione delle azioni strategiche =nalizzate a raggiungere
determina1 obie6vi:
 le imprese devono aSrontare andamen- non lineari, che meAono a rischio l’e[cacia del loro
normale processo di elaborazione della strategia. Una causa 1pica è l’arrivo del newcomer che
entra nel mercato e modi=ca le regole dei gioco. Il processo di elaborazione deve mantenere
l’equilibrio tra =tness, evolvability e capacità di sapersi adaAare al cambiamento ambientale.

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 il processo di elaborazione della strategia è fortemente inauenzato dagli asse6 di natura


organizza1va. A riguardo sono decisivi aspe6 quali: la distribuzione dei poteri, la distribuzione
delle risorse, i meccanismi di controllo e il grado di trasparenza.

 È essenziale favorire la diHusione nel sistema aziendale della capacità di strategia thinking.
Esso è un modello per l’elaborazione della strategia basato sull’interazione tra gli aAori
aziendale, per favorire la messa in discussione dei comportamen1 più consolida1, individuare
nuove determinan1 per la creazione di valore e favorire l’adozione di innovazioni strategiche
organizza1ve e del business model. Metodo aiuta ad evitare la trappola della rou1ne e della
burocra1zzazione. OHre anche delle regole di comportamento per l’elaborazione della
strategia.
- Predisporre una strategia duale, piano strategico sviluppato sia nel lungo termine che nel breve
termine
- Fissare le invarian=, la vision, mission, la value proposi1on, il sistema dei valori interni
- Bilanciare esigenze diverse, coinvolgendo la maggior parte degli stakeholders
- Sviluppare una prospeYva sistemica, elaborazione strategia deve delineare il ruolo che
l’impresa svolge nel sistema di cui fa parte, come si conneAe con aAori e come o6mizza il
proprio apporto e i bene=ci che ne trae. Non impresa vista singolarmente ma sviluppo
interdipendenze con partner esterni.
- Bilanciare centralizzazione e autonomia, equilibrio tra autonomia delle singole unità opera1ve e
mantenimento di un indirizzo unitario stabilito dal capogruppo.

 inves1re molta energia sul tenta1vo di elaborare previsioni che appaiono sempre meno e[caci

scenario planning: è uno strumento u1le per raHorzare la diHusione nel sistema aziendale dello
strategico thinking -> un processo di elaborazione di diverse alterna1ve, plausibili e basate su
analisi approfondite. Un processo condoAo con lo scopo di migliorare i meccanismi di assunzione
delle decisioni strategiche, modi=cando il modo abituale di pensare e raHorzando il
coinvolgimento e l’apprendimento delle persone e dell’organizzazione.
Uno scenario è una storia che descrive un futuro possibile e signi=ca1vo in cui l’impresa può
trovarsi a operare.
La costruzione di uno scenario è u1le per individuare l’evoluzione dell’impresa, usato come punto
di riferimento nel processo di elaborazione della strategia, favorendo il coinvolgimento dei vari
aAori aziendali. I principali bene=ci di caraAere generale:
- favorisce la combinazione di diversi ambi1 di conoscenza e pun1 di vista, incoraggiando quindi
il coinvolgimento di prospe6ve diverse
- permeAe un adeguato approfondimento nelle aree di incertezza
- s-mola la generazione di idee innova1ve
- abitua le persone a considerare il futuro non in maniera univoca
- permeAe di valutare la consistenza delle competenze chiave di cui l’impresa dispone rispeAo ai
futuri mondi possibili

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7.1.3) Evoluzione della pianibcazione d’impresa

Evoluzione storica del modello di piani=cazione in quaAro fasi:


1) l’aAvità di budge-ng, l’a6vità di piani=cazione è limitata alla predisposizione del budget.
Quindi alla previsione dei cos1 e dei ricavi a un anno. In questa forma, essa rappresenta uno
strumento di controllo dell’andamento ges1onale di breve termine.
2) La piani[cazione di lungo termine, amplia l’orizzonte temporale oltre l’anno ed estende le
previsioni ad altre variabili quan1ta1ve (es. quote di mercato da raggiungere, capacità
produ6va, il numero dei dipenden1, ecc.). il punto di partenza è sempre la previsione
dell’andamento pluriennale del faAurato. Questo approccio è basato sull’ipotesi di stabilità
dell’ambiente compe11vo o comunque la prevedibilità del loro eventuale cambiamento.
3) Piani[cazione strategica si passa a considerare anche l’ambiente, l’obie6vo di queste a6vità
è il determinare le alterna1ve strategiche che permeAono il miglior posizionamento
dell’impresa in termini di rapporto rischi/rendimento in un determinato contesto ambientale.
L’idea di piani=cazione ha dei limi-; non adeguata aAenzione alla fase di implementazione,
di[coltà a tradurre gli orientamen1 di lungo termine in programmi di medio e di breve
periodo, rigidità delle decisioni assunte, è un processo accentrato ed essenzialmente top-down
(limita il coinvolgimento e la mo1vazione di mol1 sogge6 e riduce la capacità di comprensione
dell’ambiente da parte di chi lo redige)
4) Management strategico, la funzione fondamentale di questo approccio consiste
nell’aAvare i meccanismi interni che raHorzano la coerenza tra la strategia piani=cata e le
azioni opera1ve eHe6vamente aAuate dall’organizzazione. La decisione strategica e quella
opera1va sono sostanzialmente connesse. Si pongono in evidenza tre sistemi con cui la
pianificazione deve essere connessa:
a. Sistema di controllo di gestione
b. Sistema incentivante
c. Sistema informativo e di comunicazione

Nella logica del management, la pianificazione mantiene la sua funzione, che si esplica però
nell’ambito della struttura organizzativa e in modo coordinato con altre attività.

7.1.4) Il piano

Il piano è il risultato materiale del processo di piani=cazione. Un piano è cos1tuito da alcuni


contenu1 1pici e alcun caraAeris1che generali.
- I contenu- -pici riguardano analisi del contesto compe11vo e scenari; vision e mission, obie6vi
e target aAesi, strategie, azioni, valutazione delle risorse.
- Le cara)eris-che generali sono l’orizzonte temporale, la ciclicità, il grado di complessità e il
grado di aessibilità.
La caraAeris1ca che dis1ngue un piano è il suo orizzonte temporale. L’ampiezza temporale varia
da caso a caso, essendo legata alle caraAeris1che del modello di direzione dell’impresa e del
seAore in cui opera. Nella maggior parte dei casi, il piano strategico ha orizzonte temporale di tre-
quaAro anni. L’a6vità di piani=cazione può produrre, insieme al piano strategico, un programma
annuale con rela1vo budget che indica le azioni del piano di medio termine che s’intende porre in
essere nell’esercizio più prossimo. In passato, il limite superiore era maggiore di dieci anni, ma si è
capito che gli ambien1 compe11vi sono troppo variabili e complessi per tali intervalli di tempo.
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Per evitare troppa rigidità del piano si adoAa il meccanismo dello scorrimento: al termine di un
esercizio o un biennio, si procede alla revisione del piano per gli anni che mancano al suo
completamento e al suo prolungamento aAraverso una nuova piani=cazione.
AAributo essenziale di un piano è la sua \essibilità, capacità ed e[cace adeguamento di fronte al
cambiamento delle condizioni interne o esterne.

7.2) I CONTENUTI DELLA PIANIFICAZIONE: LE CONDIZIONI DI FONDO

La visione esprime ciò che l’impresa si propone di divenire nel lungo termine. La visione delinea il
futuro ricercato: di lungo termine, audace, visionario, inspiratore; rappresenta il denominatore
comune cui devono ispirarsi obie6vi, strategie e azioni opera1ve dell’impresa.
La missione deriva dalla visione dell’impresa, esprime cosa l’impresa vuole compiere per diventare
ciò che sogna di essere.
Il sistema dei valori o principi guida ispirano il comportamento di tu6 i membri della comunità
aziendale. Esso è codi=cato in un documento, portato a conoscenza di tu6 i dipenden1.
I valori aziendali si manifestano concretamente in 4 ambi1:
1. i principi e1ci applica1 nei vari ambi1 dell’azione d’impresa
2. gli orientamen1 sui temi di fondo della ges1one
3. gli aspe6 cruciali che guidano il rapporto tra impresa e suoi principali stakeholders
4. le poli1che aziendali rela1ve a compliance, trasparenza ed e1cità dei comportamen1 di
business.
La carta dei valori è un documento sinte1co ove i valori chiave sono illustra1 aAraverso poche
proposizioni ed è a[ancato da un Codice e1co che ha come obie6vo interno la sensibilizzazione
di tu6 i collaboratori (correAezza, trasparenza, compliance). In alcuni casi, l’impresa elabora
ulteriori documen1 rela1vi ai principi guida in ambi1 speci=ci, dedica1 ai =ni della correAa
ges1one (tema corruzione, lavoro, ambiente).
Il sistema dei valori è il risultato prodoAo nel tempo da diverse forze interne ed esterne
all’impresa. In primo luogo la sua stessa storia, in cui si sinte1zzano: modelli, esperienze, idee. Le
aspe)a-ve degli stakeholders, sopraAuAo i principali tra ques1. I valori e i modelli di
comportamento dei concorren- hanno rilievo. Anche vision e mission dell’impresa.

La determinazione da parte della direzione centrale delle cosiddeAe condizioni di fondo su cui
impostare la strategia è completata da 3 ulteriori ques1oni:
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1. analisi delle risorse e delle competenze disponibili all’impresa.


2. analisi dell’ambiente in cui l’impresa opera.
3. de=nizione del modello di sviluppo e acquisizione delle risorse.
Per quanto riguarda il primo e il terzo punto si rimanda al Capitolo3. Preme qui soAolineare che la
determinazione dell’orientamento strategico dell’impresa è fondamentalmente basato sul
patrimonio di risorse che ha a disposizione. Anche l’analisi dell’ambiente è oggeAo di traAazione
nel Capitolo1. C’è da dire però che tale analisi non riguarda tanto l’ambiente “compe11vo” ma
quello “esteso”. Sono quindi valutate le condizioni e sopraAuAo le tendenze economiche,
is1tuzionali, poli1che e tecnologiche.
La costruzione di scenari a medio- lungo termine fornisce il quadro di riferimento per
l’elaborazione della strategia. Ques1 scenari delineano l’insieme di vincoli e opportunità che
l’ambiente nel suo complesso presenta all’impresa.
Confronto con i valori economici e 5nanziari dei concorren= è realizzata aAraverso l’analisi di
bilancio, capendo quali sono i pun1 di forza e di debolezza dell’impresa rispeAo alla media del
seAore.

7.2.1) Il livello di direzione di divisione.

A livello di direzione di divisione, la de=nizione delle condizioni di fondo alla base


dell’orientamento strategico, ha contenu1 analoghi a quelli che sono sviluppa1 dalla direzione
centrale, con riferimento all’intero sistema impresa. Si procede quindi alla determinazione della
visione e missione delle unità di business comprese nella divisione, all’analisi dell’ambiente
compe11vo e delle risorse disponibili. A tal =ne , è ormai consolidato il conceAo di area strategia
di aSari (ASA) denominata anche “strategic business unit” (SBU). Un’area strategica d’aHari, o area
di business, può essere de=nita come una unità opera1va che ges1sce uno o più prodo6
chiaramente iden1=ca1, rivol1 ad una domanda determinata e in concorrenza con operatori la cui
iden1tà è bene individuata.
Un area di business è quindi descriAa dall’incrocio di tre variabili:
1. La gamma di prodoY o<er= dall’impresa
2. L’area di mercato a cui questa gamma è rivolta
3. Il gruppo di concorren= con cui l’impresa si confronta

Ogni area di business ha la sua compiutezza e funzionalità interna che la rendono autonoma dalle
altre, e questa autonomia non implica l’indipendenza dal sistema aziendale perché in mol1 casi i
tre legami indica1 sopra sono molto for1 e determinan1.
Al suo interno sono esplicita1 obieAvi e orientamen- strategici che riguardano speci=catamente
quel business e che la dis1nguono ma non la separano dal resto dell’impresa.
La visione e la missione a livello di area di business assumono lo stesso signi=cato osservato con
riferimento all’impresa nel suo insieme.
La visione è il ruolo che si vuole che il business giochi nel lungo termine.
La missione descrive gli scopi che il business intende perseguire. È la strategia dell’impresa nel suo
insieme che determina l’iden1tà che ciascun business deve raggiungere nel tempo(visione) e che
gli assegna la missione.
L’esistenza di un determinato business trova gius1=cazione solo nel più ampio contesto di tuAo il
sistema aziendale. La missione ul1ma di qualsiasi business è sempre quella di contribuire
all’aAuazione della missione del sistema impresa. Di conseguenza è la strategia compe11va
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dell’impresa che determina l’iden1tà che ciascun business deve raggiungere nel tempo e che gli
assegna una determinata missione. Nel tempo, un’area d business può assumere un rilievo
strategico ed economico elevato nell’evoluzione dell’impresa, per esempio in seguito ad una forte
crescita della domanda. Una singola area di business può raggiungere un’importanza addiriAura
preponderante nel portafoglio dell’impresa; in questo caso, la visione e la missione di quest’ul1ma
possono essere modi=cate in funzione delle prospe6ve strategiche determinate dall’unità di
business divenuta centrale. Può anche risultare opportuno che l’area di business sia cos1tuita in
azienda indipendente. Nel caso di un’area di business di nuova cos1tuzione, le risorse disponibili
sono quelle assegnate dalla direzione centrale, in relazione alla missione che essa deve assolvere e
alle condizioni compe11ve che deve aHrontare. La valutazione è realizzata al momento della
creazione dell’area di business. Negli altri casi, la ricognizione del
patrimonio di risorse e competenze nell’ambito del business avviene su due piani:
1. All’interno del business, considerando le risorse che esso ha sviluppato nel corso della sua
evoluzione
2. All’interno del sistema impresa, considerando le risorse detenute da altre aree strategiche o
dalle direzioni funzionali che possono essere u=lizzate a bene5cio dell’area di business in
ques=one

Le condizioni esterne che occorre analizzare per quanto riguarda l’area di business sono descriAe
dai faAori che determinano l’ambiente speci=co del business, determinato dall’azione esercitata
dalle forze compe11ve che intervengono nel business in ques1one.

7.3) I CONTENUTI DELLA PIANIFICAZIONE: L’ORIENTAMENTO STRATEGICO

La direzione centrale delinea la strategia che orienta il comportamento di medio-lungo termine del
sistema impresa nel suo insieme, con il =ne ul1mo di creare valore. La direzione centrale
determina l’insieme di aree di business in cui estendere l’impegno compe11vo dell’impresa.
Questa scelta implica due a6vità conseguen1:

A) la segmentazione dell’aAvità dell’impresa in aree di business;


La dis1nzione delle unità di business dell’impresa è svolta con il metodo di Abell. Le tre
dimensione di base sono:

a) il gruppo di clien1 cui il business fa riferimento


b) la funzione d’uso della linea di prodoAo del business;
c) la tecnologia u1lizzata.

Le due dimensioni aggiun1ve sono:


- l’area geogra=ca
- il grado di integrazione ver1cale dell’a6vità svolta.

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B) l’analisi e la valutazione delle singole aree di business;

I due criteri di valutazione della convenienza delle unità di business sono:a)


le potenzialità economiche del business in sé;
b) gli eHe6 strategici ed economici che derivano dall’inserimento del business nel portafoglio
dell’impresa (valenza strategica).
(matrice General Electric)
Per analizzare le potenzialità economiche di un singolo business un metodo diHuso è la matrice
del grado di a)raAvi del business e della capacità compe--va dell’impresa. Quindi ordina la
valutazione del potenziale di un determinato business in funzione delle caraAeris1che
dell’ambiente compe11vo e della posizione compe11va dell’impresa rispeAo ai principali
concorren1.

La costruzione della matrice è ar1colata in 5 fasi.


1 Si esplicitano i faAori che determinano l’aAra6vità potenziale del business e la capacità
compe11va dell’impresa. Tra i faAori del primo gruppo vi sono sostanzialmente le forze
compe11ve.
2 Si cerca di valutare in modo quan1ta1vo i faAori individua1 in precedenza. Si determina
l’impaAo che ciascun faAore ambientale ha sull’aAra6vità del business e che ciascuna
caraAeris1ca interna dell’impresa ha sulla sua capacità di competere nel business stesso. Si
assegna a ciascun faAore un punteggio compreso in un certo intervallo.
3 Valutazione ripetuta per tu6 i business nel quali l’impresa è presente o intende entrare.
4 Ogni business è descriAo da due punteggi, uno rela1vo alla sua aAra6vità e l’altro
concernente la compe11vità dell’impresa.
5 Si ordinano diversi business in griglia u1le per visualizzare qualità del portafoglio impresa.

Un altro metodo per valutare le condizioni di un determinato business il suo ruolo nel portafoglio
dell’impresa consiste nel confronto delle caraAeris1che dell’oHerta dell’impresa rispeAo a quella
dei concorren1 nello stesso raggruppamento strategico, con riferimento a un determinato insieme
di aAribu1. Anche questo ha come pregio l’immediatezza e la semplicità. Viene valutato
considerando il maggior numero di aAribui1 di natura compe11va e coinvolgendo nella
valutazione anche i clien1 di riferimento dell’area del business. Gli aAribu1 dell’oHerta si possono
valutare in 4 categorie:
1. aAribu1 rilevan1 dove l’impresa ha una posizione migliore dei concorren1
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2. aAribu1 rilevan1 dove l’impresa ha una posizione peggiore rispeAo ai concorren1


3. aAribu1 poco rilevan1 dove l’impresa ha una posizione migliore rispeAo ai concorren1
4. aAribu1 poco rilevan1 dove l’impresa ha una posizione peggiore dei concorren1

La S.W.O.T. analysis descrive un business dell’impresa in termini di pun1 di forza e di debolezza


interni e di minacce e opportunità ambientali. I pun1 di forza e di debolezza sono valuta1 non
tanto in senso assoluto, quanto sopraAuAo rela1vamente ai principali concorren1 nello stesso
raggruppamento strategico. Le minacce e le opportunità ambientali vanno considerate nella
prospe6va sogge6va dell’impresa.

La strategia di portafoglio richiede la valutazione degli eHe6 che ogni unità di business produce
nell’ambito del portafoglio di cui è parte, aAraverso le interdipendenze con gli altri business.

L’analisi dell’equilibrio =nanziario del portafoglio aAraverso la matrice BCG: de=nita secondo 2
parametri:
1. tasso di crescita della domanda
2. quota di mercato rela1va a quella del principale concorrente.

Per il secondo parametro, il valore di riferimento è l’unità, che rappresenta il caso in cui ci sia una
parità sulla quota di mercato nei confron1 del principale concorrente. Occorre considerare che i
valori 1pici di questo parametro possono variare nei vari seAori. Nel caso di seAori concentra1
con pochi grandi concorren1, il rapporto fra le quote di mercato tende ad essere elevato, il
contrario si veri=ca in caso di seAori caraAerizza1 da un numero molto elevato di impresa.
I due parametri permeAono di individuare quaAro quadran1, in ciascuno dei quali si osserva una
par1colare 1pologia di business.
- Business dog, impresa ha bassa quota di mercato e basso tasso crescita domanda
- Business ques-on mark impresa ha bassa quota di mercato e alto tasso crescita domanda
- Business star impresa ha alta quota di mercato e alto tasso crescita domanda
- Business cash cow impresa ha alta quota di mercato e basso tasso crescita domanda

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Si possono aggiungere 2 ulteriori 1pologie di business, se si considera un tasso di crescita della


domanda nega1vo. In par1colare si dis1nguono i business cosidde6 “dudes” dove l’impresa ha
una bassa quota di mercato, e gli “ old war horses” dove l’impresa ha un elevata quota di
mercato. Le diverse unità di business sono valutate in relazione alla loro capacità di generare aussi
di cassa ne6 posi1vi o nega1vi. In funzione della quota di mercato rela1va, l’impresa o6ene una
reddi1vità opera1va più o meno alta. Il tasso di crescita del mercato inauenza il segno del ausso
neAo di cassa, perché i business nella fase iniziale e di sviluppo del ciclo di vita richiedono maggiori
inves1men1.
I business di 1po “star” e “dog” risultano entrambi in tendenziale equilibrio di cassa. I primi
generano molte risorse grazie alla posizione di leadership, assorbono però altreAante risorse
perché hanno tassi di sviluppo molto consisten1 quindi richiedono for1 inves1men1. I aussi di
cassa prodo6 dai business “dog” sono molto rido6, altreAanto limita1 sono quelli assorbi1.
I “ques1on mark” sono normalmente in una posizione di de=cit =nanziario. Al contrario i “cash
cow” sono in eccedenza di cassa. I business “dudes” hanno una posizione =nanziaria nega1va,
mentre gli “old war horses” possono essere produAori di aussi di cassa posi1vi. L’insieme dei
business compresi nel portafoglio deve soddisfare due condizioni:
1. L’equilibrio dei Cussi di cassa complessivi
2. Un tasso di crescita complessivo suWcientemente elevato

7.3.1) Le strategie orizzontali

Nella valutazione della singola unità di business nella prospe6va dell’intero portafoglio è
essenziale considerare le relazioni che essa può stabilire con gli altri business dell’impresa.
Occorre quindi analizzare le sinergie di cui un determinato business può bene=ciare e che esso
può a sua volta favorire nel portafoglio di cui è parte. Le sinergie che si stabiliscono possono avere
un peso decisivo nella posizione compe11va che l’impresa de1ene nei merca1 in cui è presente. In
ques1 anni, le radicali innovazioni tecnologiche e di mercato occorse in gran parte dei seAori
hanno fortemente aumentato la diHusione e la rilevazione delle interdipendenze tra business
diversi.
L’individuazione e lo sfruAamento delle sinergie tra le unità di business è il contenuto delle
strategie orizzontali.
Porter ha individuato 3 1pologie di interrelazioni:
A) Interrelazioni tangibili: derivano dalla connessione tra le catene del valore di unità di business
diverse. In concreto, sono prodoAe dalla condivisione di determinate a6vità o asset aziendali.
Si manifestano principalmente nell’area di approvvigionamento, produzione, marke1ng e
vendite. I vantaggi prodo6 dall’implementazione di un’interrelazione tangibile tra diverse aree
di business devono essere valuta1 in relazione ai cos1 che le interrelazioni possono causare.
Queste interrelazioni possono individuare 3 diverse 1pologie di costo: di coordinamento (quelli
per dare vita a una interrelazione), di compromesso (un’interrelazione tra due a6vità di
business non è mai perfeAo), di rigidità (legame strategico legato tra i due business).

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B) Interrelazioni intangibili riguardano la condivisione e lo scambio di risorse immateriali tra aree


di business diverse (conoscenza, immagine, reputazione e relazioni). Anche in questo caso
bisogna confrontare i vantaggi che esse determinano con i cos1 che ne derivano; in par1colare
con quelli connessi al trasferimento della conoscenza e alla condivisione delle relazioni.
C) Interrelazioni con i concorren- si manifestano tra aree di business in cui l’impresa si confronta
con gli stessi rivali. Possono avere origine territoriale, derivare cioè dal fato che in una
determinata area di business l’impresa è presente in merca1 geogra=ci diversi. L’individuazione
delle interrelazioni è agevole. Si considera l’insieme di aree di business che cos1tuiscono il
portafoglio strategico di impresa e per ciascuno si elencano i rivali con cui l’impresa si
confronta.

7.3.2) La strategia verNcale

Le problema1che rela1ve sono:


A) determinazione dei con=ni ver1cali a monte e a valle dell’a6vità svolta dall’impresa
B) de[nizione del modo in cui sono ar1cola1 e sviluppa1 i legami con i sogge6 che svolgono
a6vità
C) individuazione delle fon1 di vantaggio compe11vo conseguen1 l’integrazione ver1cale
dell’impresa
D) iden-[cazione dei criteri per modi=care i con=ni ver1cali dell’impresa.

La strategia di integrazione ver1cale consiste in un processo di “internalizzazione sequenziale o


ver-cale” (da qui la denominazione) delle fasi della =liera tecnologico-produ6va
immediatamente collegate a quelle in cui già opera l’impresa

7.3.3) I criteri di allocazione delle risorse

I criteri di allocazione delle risorse riguardano il modo in cui l’impresa potrà accedere a
determinate risorse. L’assegnazione delle risorse è un problema che si risolve su due piani: quello
della valutazione della convenienza ges1onale e quello della determinazione di un equilibrio
“poli1co” tra le par1 coinvolte.
La valutazione di convenienza fa riferimento a due criteri essenziali: uno economico, l’altro
strategico. Il criterio economico richiede l’individuazione dei faAori che inauenzano la creazione di
valore nelle varie aree di business, in par1colare i aussi di cassa ne6 e il rischio. Considera anche
la rapidità con cui le risorse impiegate sono reintegrate soAo il pro=lo =nanziario. L’allocazione
delle risorse deve quindi, rispeAare l’equilibrio temporale tra gli impieghi e le fon1 acquisite
dall’esterno. Nel criterio strategico, si osserva che a ciascuna area di business sono assegnate le
risorse necessarie a[nché essa possa svolgere in maniera idonea il ruolo che le è assegnato
nell’ambito della strategia di portafoglio.

7.3.4) L’orientamento strategico a livello di direzione di divisione

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La direzione di divisione ha la responsabilità della strategia compe11va per le unità di


business che rientrano nel suo ambito di competenze. Essa eHeAua direAamente
l’elaborazione delle strategie delle sue unità di business o collabora e supporta l’elaborazione
direAamente svolta dai responsabili di tali unità. In entrambi i casi ha anche il compito di
consolidare i piani delle singole aree di business.
Gli obie6vi assegna1 alle unità di business sono di caraAere sia economico =nanziario sia
strategico e derivano direAamente dalla mission (incremento della quota di mercato, il
raggiungimento di determina1 valori della produzione, innovazione del prodoAo, ecc.).
Tanto più esteso è l’orizzonte temporale previsto per l’aAuazione dell’obie6vo assegnato, quanto
più occorre scomporre tale obie6vo in più so)o-obieAvi che l’unità di business deve raggiungere
entro cer1 intervalli dell’orizzonte temporale originario.
Può essere u1le far precedere la de=nizione della strategia di business dalla iden1=cazione dei
nodi compe11vi chiave. Alcuni esempi di quelli che indichiamo come nodi compe11vi chiave
possono essere:
 La riduzione del grado di leva opera1va, insieme ad una riduzione generalizzata dei cos1
 Il raggiungimento di una leadership tecnologica che permeAe una con1nua innovazione dei
prodo6 oHer1.

La strategia di un’area di business si manifesta in un insieme di programmi di azioni, =nalizza1 al


raggiungimento degli obie6vi assegna1 al business. È importante esprimere con chiarezza il
legame logico tra i programmi generali, gli obie6vi assegna1 all’unità di business e i nodi
compe11vi chiave. In relazione a questo legame, la strategia dell’unità di business esprime i
seguen1 contenu1:

• strategia compe==va; stabilisce la posizione che l’impresa intende raggiungere nel business e le
modalità compe11ve per aAuare tale intendimento.
• strategia di mercato; stabilisce i segmen1 target di mercato e il suo grado di
internazionalizzazione, orientamento di marke1ng e rela1ve poli1che.
• strategia di produzione; piani=ca le a6vità della struAura produ6va =nalizzate alla realizzazione
dell’output previsto.
• strategia di acquisizione e sviluppo delle risorse; rela1va agli approvvigionamen1, ges1one
risorse umane e ges1one =nanziaria.

7.3.5) La pianibcazione a livello di direzione di funzione

L’analisi della piani=cazione delle direzioni funzionali a livello centrale richiede sia precisata
l’ar1colazione di tali direzioni e la loro posizione nel sistema aziendale. Si u1lizzerà il termine di
direzione funzionale per indicare quelle direzioni che operano a livello di direzione centrale o, nel
caso di gruppi, a livello di corporate. Non si fa quindi riferimento alle unità funzionali esisten1
all’interno delle divisioni con il compito di svolgere a6vità di supporto al business. Le a6vità di
1po funzionale sono svolte a livello sia di direzione centrale (corporate) sia di divisione.
A livello di direzione centrale sono svolte a6vità rela1ve all’aAuazione delle linee di indirizzo
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generale e alla ges1one di aspe6 di rilievo per tuAo il sistema aziendale.


A livello di direzione di business sono aAuate le a6vità funzionali più direAamente connesse alla
ges1one opera1va.
Le “direzioni funzionali” sono le unità organizza-ve =nalizzate allo svolgimento di a6vità
“trasversali” alle diverse componen1 del sistema impresa. Si possano dis1nguere due 1pologie di
direzione,
• quelle del primo 1po possono derivare dalla concentrazione di determinate a6vità di supporto
della catena del valore delle varie aree di business in cui l’impresa è impegnata. Esse possono
essere: approvvigionamen1, servizi logis1ci, ges1one del patrimonio immobiliare,
amministrazione e =nanza e controllo; risorse umane; ricerca e sviluppo.
• Quelle del secondo 1po possono nascere come unità ad hoc per la realizzazione di a6vità
specialis1che proprie della direzione centrale. Possono essere: Piani=cazione, aHari is1tuzionali
e legali, comunicazione e relazione con il cliente, audit, poli1che di sostenibilità.
Per strategia funzionale si intende l’insieme di scelte di medio-lungo termine che guidano l’azione
delle varie funzioni che a livello centrale supportano lo svolgimento dei business dell’azienda e
realizzano a6vità di rilievo generale.
Ciascuna direzione funzionale condivide l’obie6vo generale di garan1re le migliori condizioni nel
proprio ambito funzionale per supportare l’aAuazione della strategia compe11va dell’impresa, la
ges1one delle varie aree di business e lo sviluppo sostenibile dell’impresa nel suo complesso.
Questa =nalità si declina in una serie di obie6vi riferi1 speci=camente alla singola funzione. Le
categorie di decisione 1piche più diHuse tra le “direzioni” funzionali sono: funzione =nanziaria;
strategia di =nanziamento,(condizione dei debi1, relazioni con le banche, con il mercato),
relazione con le banche poli1ca del dividendo e scelta dell’auto=nanziamento, strategia dei rischi
=nanziari, di portafoglio, di inves1mento (decisioni di capital budge1ng del ver1ce dell’impresa),
ges1one del sistema pensionis1co dell’azienda, strategia di comunicazione =nanziaria. Funzione
amministrazione e controllo; Funzione risorsa umane. Funzione approvvigionamen1; poli1che per
la scelta dei fornitori, architeAura del sistema di applicazione. (Concentrazione vs. diversi=cazione
dei fornitori, poli1che degli acquis1 e delle scorte. Funzione di comunicazione e relazione con il
cliente; strategia di comunicazione e di Costumer Rela1on Management. R&S; individuazione delle
linee di ricerca (de=nizione della scala di priorità tra i proge6, allocazione delle risorse; scelta
delle tecnologie di ricerca, poli1ca di breve6 e ges1one degli “spill-overs”, sviluppo del sistema di
collaborazioni e alleanze sull’a6vità di ricerca, strategia di acquisto o vendita della conoscenza,
strategia di introduzione dell’innovazione prodoAa dalla ricerca.

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8. L’IMPLEMENTAZIONE DELLE STRATEGIE:


PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA E
GESTIONE DEL CAPITALE UMANO

8.1) I SISTEMI ORGANIZZATIVI AZIENDALI, LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA, IL


CAPITALE UMANO E IL VANTAGGIO COMPETITIVO

Il sistema organizza1vo aziendale consente di interpretare le imprese secondo una prospe6va


sistemica, prendendo in considerazione i principali aspe6 fondamentali: struAurale, umano,
ges1onale e tecnologico. È la risultante dell’interazione tra i seguen1 elemen1:
• strategie e orientamen1 di fondo;
• struAure e ruoli;
• risorse umane;
• meccanismi opera1vi,
• tecnologie.
La con1nua interazione viene garan1ta dalle interdipendenze reciproche tra i vari elemen1.
L’allineamento tra gli asset strategici e le struAure organizza1ve, consente alle imprese di
mantenere in con1nua evoluzione i sistemi organizza1vi. A[nché tale allineamento possa
contribuire all’implementazione delle strategie, esso deve bilanciare gli obie6vi e le esigenze di
aessibilità. Il veri=carsi di queste condizioni fa sì che il sistema organizza1vo cos1tuisca esso stesso
una fonte di vantaggio compe11vo. Esso cos1tuisce, infa6, il terreno sul quale si sviluppano le
rou1ne organizza1ve.

8.1.1) Il percorso strategico e organizzaNvo per la formazione delle strategie

La formazione della strategia comprende l’intero processo che auisce gradualmente dalle strategie
intenzionali a quelle realizzate. Il divario tra queste due è dovuto all’eHeAo combinato di quella
parte di strategia che viene rimossa o non aAuata e delle strategie emergen1 dall’organizzazione.

La strategia intenzionale è l’assunzione da parte del soggeAo strategico di un disegno di sviluppo


dell’impresa, fondato su obie6vi generali e su un ventaglio di opzioni strategiche, che vengono
speci=cate man mano che si realizzano le condizioni assunte come ipotesi. TuAavia l’intenzione
strategica non viene totalmente metabolizzata nella strategia decisa. Alcune opzioni strategiche
possono essere rimosse a causa della veri=ca di aspeAa1va dimostratesi infondate, valutazione
rischi, oppure abbandonate in ragione del cambiamento di scenari, condizioni organizza-ve.

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TuAavia le opzioni abbandonate non vengono del tuto rimosse, in quanto esse possono essere
reintrodoAe in un momento futuro.
La strategia decisa e piani=cata di[cilmente viene
completamente realizzata (strategia non a)uata), in ragione
delle caren1 condizioni organizza1ve o per il realizzarsi di
scenari esterni nuovi rispeAo a quelli pre=gura1. Nella
formazione delle scelte quelle deliberate e emergen1 si
intrecciano in un processo unitario che conauisce verso la
realizzazione della strategia, al punto da renderle non
separabili. Inoltre la predisposizione delle condizioni che
favoriscono lo sviluppo di linee di azione del sistema organizza1vo porta a con=gurare le strategie
intenzionalmente emergen-. L’e[cacia del processo di formazione della strategia è condizionata
dall’apprendimento organizza1vo. Tale apprendimento infa6, allarga le capacità cogni1ve
dell’organizzazione.

8.1.2) La progeEazione organizzaNva e la sostenibilità del vantaggio compeNNvo

La resource-based view ha posto aAenzione sulle risorse interne come fonte del vantaggio
compe11vo facendo emergere l’esigenza di una progeAazione organizza1va inserita nel processo
di formulazione della strategia complessiva. Lo scollamento tra formulazione delle strategie e
progeAazione organizza1va, può vani=care gli eHe6 dei vantaggi compe11vi acquisi1. In tal senso
la vitalità del tessuto organizza1vo, intesa come capacità di favorire il trasferimento e la
ricomposizione di competenze diverse, è alla base del conseguimento di vantaggi compe11vi
sostenibili. Tra le dimensioni del sistema organizza1vo aziendale, la stru)ura organizza-va
rappresenta un elemento vitale del vantaggio compe11vo che maggiormente si caraAerizza per la
valenza del vantaggio compe11vo. Valenza posi1va quando la struAura contribuisce allo sviluppo
e mantenimento dei faAori cri1ci di successo del business; nega1va quando l’asseAo dell’impresa
risulta inadeguato. La progeAazione organizza1va non si risolve nella sola scelta di un modello di
stru)ura; ma al contrario è necessario combinare le variabili organizza1ve con riferimento alle
speci=cità del contesto compe11vo e allo sviluppo della base di risorse dell’impresa, per
neutralizzare le minacce e per cogliere nuove opportunità nel futuro.

8.1.3) Le strategie e le risorse umane

Tra gli elemen1 del sistema organizza1vo aziendale, le persone stanno assumendo un ruolo
sempre più cri1co rispeAo all’implementazione delle strategie, alimentando il =lone di studi
dedicato alla ges1one strategica delle risorse umane. La considerazione del’ organizzazione come
un’en1tà in grado di apprendere e di trasformarsi aAraverso l’azione di una pluralità di sogge6
impone l’adozione di un approccio evolu-vo nell’iden1=cazione del contributo delle risorse
umane alla formazione delle strategie. L’adozione di un approccio evolu1vo indiche che la
relazione tra strategia e struAura risenta anche dell’insieme di regole, convenzioni e sistemi di
sanzioni che regolano le relazioni tra gli aAori, come pure del contesto sociale, is1tuzionale e
poli1co di riferimento. Ciò si avvicina all’interpretazione delle organizzazioni come en1tà sociali, in
quanto composte da persone, e alla formazione delle strategie come la risultante di strategie
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individuali. In tal senso il ruolo della progeAazione organizza1va è quello di far convergere verso
un’azione colle6va =nalizzata il comportamento organizza1vo messo in aAo dai singoli individui.

8.2) LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA

La progeAazione organizza1va, =nalizzata alla realizzazione di una struAura che risul1 congruente
con le esigenze strategiche dell’impresa, nono si esaurisce nella scelta di un modello organizza1vo
di riferimento (funzionale, divisionale), ma si sviluppa aAraverso un processo che impone con1nue
modi=che e corre6vi organizza1vi in ragione delle dinamiche interne e delle inauenze
dell’ambiente esterno. Vale la considerazione che da un numero limitato di modelli-1po sia
possibile oAenere in=nite struAure organizza1ve e poiché esso presenta vantaggi e svantaggi,
cos1 e bene=ci, la progeAazione deve ricondurre a condizioni di equilibrio. La progeAazione della
struAura organizza1va cos1tuisce parte integrante della piani=cazione strategica. Nella
prospe6va di conseguimento di un vantaggio compe11vo sostenibile, la progeAazione prende le
mosse dall’analisi strategica condoAa:
• A livello Corporate, mediante la struAura strategica dell’impresa, intesa come
architeAura delle unità di business. Strategic Business Unit SBU

• A livello di Business, evidenziando per ciascuna SBU il quadro compe11vo e il rela1vo


posizionamento, con la de=nizione delle conseguen1 risposte strategiche.

La stru2ura strategica descrive l’insieme delle unità di business in cui opera l’azienda, indagate nei
rispe6vi faAori cri1ci di successo e vantaggi compe11vi e nelle loro interrelazioni strategiche
rilevan1. Le SBU devono essere de=nite a un livello di aggregazione signi=ca1vo per
l’individuazione di strategie sele6ve, per la progeAazione organizza1va e dei meccanismi di
controllo. Nell’ambito della struAura strategica è possibile dis1nguere alcune 1pologie di SBU:
- core business: unità di business che riaeAe meglio la mission o ha una maggiore reddi=vità
- business cerniera: presenta le maggiori interrelazioni con altri business
- business cap-ve: si rivolge in via esclusiva o prevalente ad un mercato interno(intr-aziendale),
avendo come clien1 le altre SBU aziendali.
I bisogni struAurali che emergono dall’analisi strategica orientano le scelte di progeAazione
organizza1va che si traducono nei seguen1 aspe6:
- individuazione delle diverse combinazioni di caraAeris1che organizza1ve
- de=nizione della forma organizza1va capace di esprimere tali caraAeris1che
- analisi delle interazioni tra la struAura organizza1va con gli altri aspe6 del sistema
organizza1vo aziendale.

Il superamento dell’approccio causale, che vedeva il collegamento tra l’analisi strategica e la


progeAazione organizza1va in modo lineare, riconosce nel tessuto organizza1vo il luogo in cui si
accumulano e si fer1lizzano le competenze derivan1 dall’esperienza; tali competenze, oltre ad
alimentare il processo di formulazione delle strategie deliberate (consapevoli), consentono
l’emergere spontaneo di linee di azione (strategie emergen1), che cos1tuiscono risposte ai
mutamen1 per ciò che riguarda gli ambi1 compe11vi. Inoltre le strategie emergen1 svolgono
anche la funzione di favorire lo sviluppo delle scelte strategiche e dei cambiamen1 radicali che ne

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possono derivare. Per tali ragioni le organizzazioni tendono a predisporre, in sede di progeAazione
organizza1va, le condizioni che consentono la crescita e il riconoscimento delle linee di azione nei
diversi livelli di nei diversi livelli della struAura organizza1va (strategie deliberatamente
emergen1). In tal senso le risposte strategiche possono essere considerate come la risultante
dell’intreccio delle scelte deliberate e con le strategie spontanee.

8.2.1) La progeEazione della struEura organizzaNva

La progeAazione della struAura organizza1va è vista come l’archite)ura organizza-va


dell’impresa. La struAura organizza1va si compone di unità organizza1ve. Ogni unità organizza1va
soAende il raggruppamento delle a6vità dell’impresa in aree di a6vità e responsabilità
circoscriAe.
La struAura viene rappresentata nell’organigramma, che evidenzia i livelli gerarchici su cui essa si
ar1cola e che esplicita i rappor1 di dipendenza formale esisten1 tra le posizioni organizza1ve. In
fase di progeAazione, la scelta del modello di struAura organizza1va dipende da una serie di
variabili interne ed esterne con le quali il sistema organizza1vo deve essere in tendenziale
equilibrio:
- La dimensione aziendale, intesa come il volume di risorse da ges1re
- La situazione prodo6-merca1, che esprime il peso dei singoli prodo6 in termini di volume di
vendita e produzione
- la tecnologia ossia il contenuto tecnologico dei vari prodo6
- la struAura e la dinamica dell’ambiente, in termini di incertezza e complessità a cui il sistema
organizza1vo deve far fronte
- le strategie adoAate, sia a livello di SBU(diHerenziazione, vantaggio di costo, focalizzazione), sia
a livello di Corporate (strategie ver1cali e orizzontali).
La valutazione dell’adeguatezza della struAura organizza1va alle caraAeris1che delle imprese e
alle strategie adoAate per conseguirli può essere eHeAuata seguendo l’approccio variabili cri=che-
stru2ura (Ansolf e Brandeburg), che interpreta i pun- di forza e di debolezza dei modelli
organizza1vi discussi.
- Le variabili cri1che rispeAo alle quali viene valutata l’adeguatezza della struAura organizza1va
sono:
- l’eWcienza, intesa come u1lizzo meno dispendioso delle risorse
- l’elas=cità opera=va, capacità di rispondere ad aumen1 quan1ta1vi della produzione
- elas=cità strategica, capacità di modi=care in modo tempes1vo le caraAeris1che qualita1ve dei
prodo6
- elas=cità stru2urale, capacità di modi=care la struAura aziendale alle variazioni ambientali.

I modelli di riferimento per la struAura organizza1va sono:


A) funzionale o unitario (forma a U). Esso prevede la ripar=zione delle responsabilità organizza1ve
di primo livello secondo le funzioni fondamentali dell’impresa. Privilegia lo svolgimento in
condizioni di eWcienza per sfruAare al massimo i bene=ci lega1 alle economie di scale e di
esperienza. Questa specializzazione funzionale crea un’elevata rigidità stru)urale e delle
conoscenze che rendono il sistema organizza1vo rigido e ine[ciente al veri=carsi di s1moli
ambientali tenden1 a modi=care le caraAeris1che dei suoi prodo6. Le condizioni di e[cacia
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del modello funzionale sono: dimensioni aziendali piccole e medie, prodo6 indiHerenzia1 e a
lungo ciclo vitale, tecnologia stabile, ambiente stabile, strategie basa1 sullo sviluppo di merca1
preesisten1. La rigidità può essere aAenuata con una ripar=zione ver=cale delle aYvità al
secondo livello organizza=vo nell’ambito delle funzioni fondamentali. La rigidità del modello
funzionale può essere, inoltre, stemperata dalla formazione di posizioni organizza1ve di 1po
matriciale che esprimono ruoli integratori; tali posizioni non hanno responsabilità opera1ve, ma
sono incarica1 di portare all’interno delle unità organizza1ve (funzioni) una prospe6va
(orizzontale) di coordinamento diversa da quella (ver1cale) su cui si basa la struAura
organizza1va.

B) MulNdivisionale (forma a M). Secondo tale modello, l’organizzazione viene scomposta in


Divisioni che si con=gurano come quasi-imprese, dotate di ampi margini di autonomia.
AAraverso la cos1tuzione di unità organizza1ve che si con=gurano come centri di pro=Ao, la
situazione divisionale consente di recuperare i vantaggi della piccola dimensione
d’impresa(aessibilità), mantenendo quelli 1pici delle grandi imprese (economia di scala,
economie di scope ecc.). TuAavia, l’autonomia delle Divisioni può risultare eccessiva,
alimentando tendenze opportunis1che e fenomeni di sub-o6mizzazione a livello divisionale.
La forma divisionale gode di elas1cità opera1va, in quanto dilata i limi1 dimensionali derivan1
dalla crescente complessità aziendale, evitando l’insorgere di diseconomie che producono nel
lungo periodo un andamento crescente delle curve di costo medio dei prodo6; l’elas1cità
strategica invece è dovuta all’unitarietà della ges1one derivante dal conseguimento di
economie manageriali. In virtù dei vantaggi elenca1, il modello divisionale si è storicamente
aHermato come soluzione alterna1va al modello funzionale, consentendo all’impresa di far
fronte e[cacemente a situazioni ambientali caraAerizzate da:
- crescita delle dimensioni aziendali;
- proliferazione di prodo6-servizi;
- sviluppo tecnologico;
- turbolenza ambientale;
- strategie di diversi=cazione.
Al crescere della complessità ges1onale struAure mul1divisionali possono evolvere verso la
struAura a holding, in cui l’autonomia strategica e opera1va delle divisioni viene accentuata dalla
loro autonomia giuridica.
Il mantenimento dei vantaggi 1pici di questo modello passa aAraverso la scelta del grado di
autonomia delle Divisioni, o grado di divisionalizzazione della stru)ura, determinando il grado di
autonomia delle singole Divisioni e le a6vità svolte dalle Divisioni Centrali. L’a6vità che vengono
soAraAe all’autonomia delle divisioni vengono concentrate (condivisione di a6vità) nelle Direzioni
Centrali (o di Corporate) e svolte in maniera accentrata per tuAa l’impresa nel suo complesso.
Pertanto, la scelta del grado di divisionalizzazione determina l’autonomia delle singole divisioni e
l’a6vità svolte dalle Direzioni Centrali nello svolgimento di alcune funzioni aziendali.
La condivisione delle a6vità può essere sostenuta a livello organizza1vo secondo due soluzioni:
1. Creazione di Direzioni Centrali che operano a livello Corporate, nel caso si traY di aYvità di
supporto del catena del valore
2. Creazione di una divisione autonoma nel caso in cui si proceda alla condivisione di aYvità
opera=ve a2raverso l’iden=5cazione di un business cap=ve

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I rappor1 tra le struAure centrali di Corporate e le divisioni si sono evolu1 verso una prospe6va di
condivisione delle responsabilità, rispeAo agli obie6vi di ciascuna unità di business. Le struAure
centrali pertanto, vengono a caraAerizzarsi per una responsabilità primaria rispeAo agli output
della propria funzione e per una responsabilità contributoria con riferimento agli obie6vi delle
struAure opera1ve. Nell’ambito delle struAure centrali è possibile iden1=carne alcune de=nibili
“di servizio”; queste Direzioni Centrali erogano servizi speci=ci e a favore delle divisioni che
possono essere sogge6 a tariHazione interna o essere oggeAo di esternalizzazione o assegna1 a
dis1nte società controllate. Le Direzioni Centrali non di servizio invece svolgono a6vità di
supporto generali non riconducibili ai fabbisogni speci=ci delle divisioni.
La condivisione di a6vità a livello centrale produce lo snellimento delle SBU favorendo una loro
maggiore focalizzazione su quelle a6vità che incorporano le competenze chiave in forma tacita, in
grado di produrre l’unicità del vantaggio compe11vo. TuAavia, la condivisione di a6vità a livello
centrale, se da un lato rende le SBU snelle e aessibili, dall’altro determina i livelli di complessità
nelle a6vità condivise, con l’emergere di cos1 di coordinamento, compromesso, rigidità e di
fenomeni di burocra1zzazione. I cos1 di compromesso si manifestano quando la condivisione delle
a6vità a livello Corporate si trova a soddisfare esigenze contrastan1 delle diverse Divisioni. Infa6
l’unità organizza1va che ges1sce la condivisione a livello accentrato tende a una missione propria,
e ciò esalta i cos1 di compromesso. Inoltre la condivisione di un’a6vità richiede che essa sia
ges1ta in modo uniforme per poter generare economie di scala e specializzazione, il che può non
essere un comportamento o6male per quelle unità di business che si rivolgono a merca1 con
esigenze diverse mediante strategie diHerenziate. TuAavia i cos1 di compromesso possono essere
contenu1 se vengono preven1vamente individuate le determinan1 e de=ni1 alcuni accorgimen1
organizza1vi.
Le Divisioni possono assumere diverse con=gurazioni:
1) unità organizza1va dell’impresa senza alcuna autonomia giuridica(Divisioni);
2) azienda con propria autonomia ges1onale e giuridica (Società Opera1va) che fa capo alle
struAure direzionali di una holding capo-gruppo o di una “=nanziaria di ges1one”;
3) 5nanziaria di ges1one o capo-gruppo che ges-sce segmen- di a6vità correla1 o
comunque omogenei, appartenente a sua volta, a una Holding a un ente ges1one.

C) holding (forma a H). Le grandi imprese diversi=cate, hanno sovente adoAato modelli
struAurali ad holding. Tra le forme di holding si dis1nguono due soluzioni, a seconda del
ruolo svolto dalla Capo-Gruppo(Corporate) che controlla le altre imprese autonome
(Società opera1ve).
• La prima soluzione è rappresentata dalla [nanziaria di ges-one. In tale con=gurazione,
ciascuna società controllata risulta strategicamente autonoma e ges1sce un’area di
business omogenea che presenta delle interrelazioni intangibili con le SBU delle altre
aziende del gruppo.
• La seconda soluzione è quella del capo-gruppo/capo-se)ore; essa viene solitamente
preferita quando le interrelazioni da sfruAare sono di caraAere tangibile od opera1vo e i
business sono integra1 ver1calmente. In tali frangen1, la capogruppo, oltre a realizzare le
strategie orizzontali ges1sce direAamente una o più aree di business. La focalizzazione del
core business consente all’azienda di centrale del gruppo di eHeAuare il coordinamento
delle a6vità rela1ve all’intera struAura strategica. L’adozione della struAura a holding ha
favorito, tra l’altro, la realizzazione di manovre strategiche come le cessioni, le
acquisizioni e le alleanze strategiche.
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A ques1 modelli di riferimento si aggiungono, inoltre, con=gurazioni ulteriori che possono


integrarsi in maniera variamente ar1colata con i modelli preceden1 o dare con=gurazioni
organizza1ve indipenden1. Tra queste =gurano le soluzioni organizza1ve matriciali e le forme
re1colari interne ed esterne.

8.2.2) StruEure Matriciali.

Le struAure organizza1ve devono spesso rispondere a molteplici esigenze, in relazione alla


mul1dimensionalità della performance compe11va.
Le esigenze di compe11vità impongono alle imprese di focalizzare molteplici orientamen- della
struAura organizza1va. Si cos1tuiscono cosi varie dimensioni:
- unità di business-funzione, nella struAura mul1divisionale o a holding in cui le singole Divisioni
risultano a loro volta struAurate per funzioni.
- proge)o-funzione, nella struAura per proge6.
- funzione-prodo)o, nella struAura funzionale modi=cata con ruoli integratori orizzontali, come il
product manager o il project manager.
Il funzionamento di tali forme si caraAerizza per la diHusione di modalità organizza1ve matriciali,
che si cos1tuiscono tra le unità organizza1ve opera1ve e quelle di supporto. Le prime svolgono le
a6vità opera1ve, con responsabilità primaria, le seconde svolgono quelle di coordinamento, con
responsabilità contributoria.

La struEura per progeP prevede una duplice ripar=zione delle responsabilità: una struAura
funzionale di base(permanente) e una struAura temporanea per proge6. Per tale mo1vo il
modello si caraAerizza per una sorta di temporaneità permanente. La prima dimensione
garan1sce l’e[cienza dell’intera struAura, la seconda consente il mantenimento di un’elevata

elas1cità strategica. Questo 1po di struAura opera e[cacemente al veri=carsi delle seguen1
condizioni:
1) dimensioni medio-grandi
2) prodo6 a brevissimo ciclo di vita
3) prodo6 che rispondo a speci=che richieste della clientela, sempre diverse
4) elevato faAurato unitario di commesse industriali, proge6 di ricerca, ecc;
5) necessità di innovazione con1nua;
6) strategie di segmentazione e forte diHerenziazione.

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La struEura a matrice si caraAerizza per il faAo di essere ar1colata su due o più dimensioni.
Prevede una ripar1zione delle responsabilità organizza1ve mediante la de=nizione di una
matrice di responsabilità aAraverso l’adozione di due (o più) criteri di specializzazione; a ogni
criterio corrisponde una speci=ca linea di autorità. Presentano sullo stesso livello organizza1vo
una dimensione funzionale e una
divisionale, oppure di due insiemi di
Divisioni focalizzate su aspe6 diversi del
business(per esempio prodoAo/
mercato). Tale modello gode di elevata
elas1cità struAurale e rappresenta la
soluzione organizza1va più e[cace al
veri=carsi delle seguen1 condizioni:
1) dimensioni medio-grandi; 2)
prodo6 a breve ciclo di vita; 3)
necessità di svolgere a6vità interne di sviluppo tecnologico; 4) strategie di segmentazione e
forte diHerenziazione. La struAura a matrice può essere considerata come un’evoluzione
della struAura divisionale (o holding) in cui l’elevato tasso di sviluppo tecnologico e le
marcate strategie di segmentazione e forte diHerenziazione impongono il presidio
simultaneo e bipolare di più ambi1 di focalizzazione. La struAura a matrice si caraAerizza
per un elevato grado di complessità interna, in quanto il suo funzionamento richiede
l’adozione di meccanismi opera1vi, modelli di comportamento e lo sviluppo di una cultura
aziendale in sintonia con le esigenze della struAura.

8.3) LE FORME ORGANIZZATIVE RETICOLARI

Le re- network (forma N) non sono un fenomeno nuovo rispeAo al panorama organizza1vo delle
forme organizza1ve che le imprese, o insiemi di imprese possono adoAare. In Italia il tema ha
assunto molta rilevanza per la nuova nascita dell’is1tuto giuridico del contra2o di rete.
Dal punto di vista della progeAazione organizza1va i network non rappresentano un vero e
proprio modello struAura, quanto una modalità di funzionamento di diverse en1tà organizza1ve,
interne o esterne.

8.3.1) La rete interna

La diHusione di modalità organizza1ve a network o rete presuppone la formazione di meccanismi


organizza1vi non codi=ca1 che facilitano le interazioni tra le singole unità e con i quali gli aAori
organizza1vi interpretano e realizzano le interrelazioni. Le forme organizza1ve re1colari possono
svilupparsi in ambito di struAure divisionali o a holding (re1 interne) e si caraAerizzano per la
cos1tuzione e il mantenimento di una rete(network) di rappor1 tra le società del gruppo e tra
queste ul1me e il Corporate , mediante la progeAazione di un sistema aessibile e coerente di
meccanismi opera1vi, capace di alimentare la formazione di re1. L’aHermazione della modalità di
rete interna si accompagna con la promozione di una cultura organizza1va comune.
Il crescente u1lizzo dell’approccio strategico nella progeAazione ha portato una
sempli=cazione di queste struAure rendendole più snelle -> maggiore capacità di

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cambiamento, di coordinamento e per l’aAenuazione delle relazioni ver1cali con il


conseguente sviluppo di quelle orizzontali. Tali con=gurazioni sono basate su stabili rappor1
transazionali e organizza1vi tra i vari nodi, ovvero sulla cos1tuzione e il mantenimento di una
rete di rappor1 tra repar1, Divisioni o società controllate e tra queste ul1me e le struAure di
Corporate. Il caraAere dis1n1vo della rete interna è rinvenibile nella riduzione spontanea delle
inerzie e aAri1 insi1 nelle forme di coordinamento senza che vi siano meccanismi formali o
procedurali in tal senso.

8.3.2) La rete esterna

Un ulteriore stadio evolu1vo della forma organizza1va a holding può derivare dai fenomeni di
quasi-disintegrazione, cioè dalla esternalizzazione (outsourcing) controllata di a6vità lungo la
catena del valore- siano esse opera1ve o di supporto. Tale scelta può rendersi necessaria per
l’impossibilità dei sistemi organizza1vi di adaAarsi aessibilmente all’incertezza esogena, per la
carenza di risorse di professionalità imprenditoriali e per l’insorgere di faAori di inerzia
struAurale. Una seconda mo1vazione è inoltre rappresentata dal faAo che in alcuni anelli della
catena del valore può risultare economicamente più conveniente il ricorso al mercato.
Le a6vità esternalizzate vengono realizzate da imprese già esisten1 o da cui si promuove la
cos1tuzione, con le quali la grande impresa man1ene delle relazioni contraAuali e, spesso, anche
legami proprietari deboli. In tal modo si vengono a creare modalità organizza1ve a rete esterna
che tendono ad integrarsi in un disegno unitario con le re1 interne.
L’esternalizzazione controllata di fasi della catena del valore esprime anche il tenta1vo di
realizzare forme di condivisione delle a6vità all’esterno, per realizzare i vantaggi delle economie
di scale e di specializzazione e quelli connessi a una maggiore aessibilità delle struAure interne.
L’esternalizzazione delle a6vità può generare in tal modo con=gurazioni re1colari, nelle quali
l’impresa assume connotazione di centro strategico, capace di esercitare funzioni chiave di
progeAazione, e di controllo strategico elle relazioni con la rete esterna. La con1nuità
organizza1va tra la struAura re1colare interna ed esterna è assicurata dal mantenimento
all’interno delle a6vità chiave, come la progeAazione, ricerca, commercializzazione prodo6 =nali.

8.3.3) Le reN per l’innovazione

Di recente le imprese hanno sviluppato un’ulteriore 1pologia di network esterno legata


all’esigenza di cooperare nello sviluppo di nuove tecnologie, laddove queste ul1me richiedano
l’integrazione di conoscenze. I driver che conducono verso l’aggregazione possono essere lega1
all’e[cienza (ricerca economia scala esterne) o al patrimonio cogni1vo (ricerca economia
esperienza esterne). Lo sviluppo dei network tecnologici poggia sulla convinzione che essi
generino, per i diversi partner, bene=ci comuni (mutual bene=ts) altrimen1 irrealizzabili. Secondo
un’altra prospe6va si dovrebbe realizzare un gioco a somma posi=va in cui i principali elemen1:
• possibilità di sfruAare economie di scala e di scopo
• condivisione di cos1 e rischi
• sviluppo di capitale relazionale
• separazione e trasferimento
Nonostante i vantaggi appena espos1, si potrebbero presentare dei rischi di natura strategica,
legate a potenziali aHe6 di lock-in tecnologico, sopraAuAo da parte dei partner più deboli.

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8.4) LE SOLUZIONI ORGANIZZATIVE PER L’ATTUAZIONE DELLE STRATEGIE DI


CORPORATE

Le forme organizza1ve =nora illustrate hanno considerato le caraAeris1che delle imprese, interne
ed esterne, come determinan1 della loro struAurazione organizza1va, in ragione delle
performance organizza1ve aAese (e[cienza, elas1cità). TuAavia, le strategie di Corporate delle
imprese mul1-business non si limitano alla scelta dei seAori nei quali l’impresa intende operare,
ma si estendono all’analisi del come il Corporate dovrebbe ges1re l’insieme delle unità di business
(strategie orizzontali) e all’allocazione delle risorse tra le unità di business.
La valorizzazione delle interrelazioni in termini di miglioramento del vantaggio compe11vo
richiede un forte impegno del Corporate, che non si traduce esclusivamente nell’is1tuzione delle
Direzioni Centrali di Corporate, ma si estende alla predisposizione e all’u1lizzo di sistemi opera1vi
per il coordinamento delle unità di business. La necessità di predisporre struAure orizzontali e
meccanismi di coordinamento (sistemi opera1vi) deriva dalla considerazione che la realizzazione
delle interrelazioni non necessariamente conduce al miglioramento della posizione compe11va
dei business interrela1. Al contrario, l’inauenza delle interrelazioni può tradursi nella distruzione
del valore. Ciò può veri=carsi non solo per il livello dei cos1 associa1 alla condivisione di a6vità,
ma anche per la crescita di cos1 associa1 a interven1 eccessivamente intensi del Corporate.

8.4.1) Le struEure orizzontali

Le struAure orizzontali di coordinamento delle interrelazioni tra le unità di business svolgono la


funzione di iden1=cazione delle potenziali relazioni, di veri=ca della coerenza dei piani strategici,
di controllo strategico degli eHe6 di vantaggio compe11vo delle interdipendenze a6vate. Tali
funzioni vengono svolte:
• dalle stru)ure di corporate preposte alla piani=cazione strategica. L’unità di piani=cazione
strategica realizza una fondamentale funzione di supporto all’Alta Direzione di Corporate, in
quanto svolge le a6vità di analisi strategica preliminare alla formulazione e piani=cazione della
strategia; inoltre coordina il sistema di piani=cazione e controllo strategico, assumendo un ruolo
nei processi di negoziazione tra la direzione di Corporate e i responsabili delle Divisioni.
• dal comitato strategico. È un organismo collegiale presieduto da uno dei componen1 dell’Alta
Direzione di corporate e cos1tuito dai direAori dei seAori o delle rela1ve divisioni. Tale
organismo svolge un ruolo importante nella de=nizione delle dire6ve per la formulazione dei
piani strategici divisionali, nella de=nizione e approvazione dei criteri di allocazione delle risorse,
nell’approvazione del piano strategico e nel controllo della realizzazione dei proge6 strategici;
• dai se)ori strategici (o gruppi), che cos1tuiscono un livello intermedio della struAura
organizza1va, tra le singole divisioni e il livello di corporate; esse scaturiscono dall’aggregazione
di più divisioni aAorno alle loro interdipendenze più signi=ca1ve;
• Un’altra forma di struAura di coordinamento sono i comita- di a)enzione al mercato.

8.4.2) I sistemi operaNvi di coordinamento

L’implementazione delle strategie di Corporate non passa solo aAraverso la predisposizione di


unità organizza1ve ad hoc (soluzioni struAurali), ma anche l’elaborazione di meccanismi e sistemi
opera1vo vol1 al coordinamento delle a6vità e alla condivisione di informazioni. Tali meccanismi
interessano il supporto alle a6vità di piani=cazione strategica e il coordinamento delle procedure

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organizza1ve inter-divisionali. IL sistema di piani[cazione strategica presenta una connotazione


ver1cale, che porta a trascurare la ricerca delle connessioni sinergiche tra le SBU. Le procedure
inter-divisionali hanno la funzione di coordinamento ex ante delle interdipendenze transazionali,
rappresentate dai rappor1 di fornitura interna, con i rela1vi prezzi di trasferimento. Esempi 1pici
di interdipendenze che pongono problemi di applicazione dei prezzi di trasferimento sono
rappresenta1 dalle relazioni tra la Divisione prodoAo, che vende al canale del primo impianto, e la
Divisione ricambi nelle imprese mul1business della componen1s1ca auto. Le procedure
organizza1ve interdivisionali vengono, di conseguenza, de=nite con il coordinamento della
competente struAurata centrale di Corporate e con la partecipazione a6va delle Divisioni di
business.

8.5) IL RUOLO DELLE STRUTTURE DI CORPORATE NELL’ATTUAZIONE DELLE STRATEGIE DI


DIVERSIFICAZIONE

Il ruolo delle struAure di corporate nell’aAuazione delle strategie di diversi=cazione varia al variare
della natura e delle intensità delle interdipendenze tra le SBU.

8.5.1) La diversibcazione conglomerale

Nel caso di diversi=cazione non correlata(conglomerale) le SBU via via acquisite non presentano
irrilevan1 connessioni tecnologiche o di mercato con le a6vità dell’impresa acquirente. Il
Corporate ha un ruolo marginale, limitandosi a interven1 di ristruAurazione e a svolgere le
funzioni di intermediazione =nanziaria, ricevendo le risorse =nanziarie degli azionis1 e dai
=nanziatori e riallocandole in una molteplicità di business, secondo una prospe6va di ges1one del
portafoglio. L’impossibilità di formulare una strategia orizzontale , inibisce lo sviluppo di
consisten1 unità centrali di Corporate (quindi le funzioni di ges1one del portafoglio vengono
svolte dalla capogruppo. Secondo la logica di portafoglio, le società controllate che ges1scono le
SBU rimangono competen1 nella formulazione delle strategie di business mentre la Corporate
svolge le funzioni di raccolta dei mezzi =nanzia1 a un costo più basso di quanto possano le singole
società, di allocazione delle risorse nelle SBU per la realizzazione dei loro inves1men1, di controllo
economico-=nanziario delle società in portafoglio. Per raccogliere i mezzi =nanziari a cos1 più
bassi, la capogruppo spesso ricorre alla cos1tuzione di una società =nanziaria cap1ve nella forma
di joint venture interna.

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8.5.2) La diversibcazione non streEamente correlata

Si fonda sulla possibilità di realizzare economie di scopo (ampiezza) aAraverso la condivisione di


risorse intangibili (marchi, reputazione dell’impresa, tecnologie, competenze organizza1ve) o di
a6vità di supporto tra i business tradizionali dell’impresa e quelli oggeAo della diversi=cazione.
Esempi emblema1ci, in tal senso, sono rappresenta1 dalle imprese farmaceu1che che
acquisiscono delle SBU complementari- come quelle del seAore degli alimen1 diete1ci- e delle
imprese fornitrici di energia eleArica che entrano nel seAore del gas, dell’acqua e in quello delle
telecomunicazioni. Le risorse condivise devono essere trasferibili tra le SBU ad un basso costo, in
modo da condurre al miglioramento della posizione compe11va delle SBU diversi=cate, ovvero
all’accrescimento delle loro competenze dis1n1ve. Più che aAraverso le unità di Corporate, la
diversi=cazione non streAamente correlata può essere perseguita aAraverso la predisposizione di
struAure orizzontali e meccanismi opera1vi ad hoc.

8.5.3) La diversibcazione streEamente correlata

La diversi=cazione collaterale, omogenea, streAamente correlata si ha con lo sviluppo interno o


con l’acquisizione di business complementari a quelli già esisten1 nell’impresa, caraAerizza1 da
intense ed estese interrelazioni lungo le rispe6ve catene del valore. U1lizzo di struAure
orizzontali per il coordinamento delle relazioni tra le unità di business. Lo sviluppo delle unità
centrali di Corporate a sostegno delle forme di diversi=cazione correlata enfa1zza le possibilità di
sfruAamento delle potenziali sinergie derivan1 da signi=ca1ve interrelazioni tra i business
diversi=ca1 e la valorizzazione, in termini di sinergie, delle stesse aAraverso strategie orizzontali.
In tal senso, le Direzioni Centrali di Corporate contribuiscono all’aAuazione delle strategie
orizzontali, che aAraversano le fron1ere delle Divisioni (SBU) e a6vano ulteriori fon1 di vantaggio
compe11vo, enfa1zzando i vantaggi di costo o di diHerenziazione dei singoli business. Lo sviluppo
delle Direzioni Centrali di Corporate può favorire anche la condivisone di asset intangibili e il
trasferimento di competenze, cos1tuendo una solida base per le strategie di diversi=cazione,
anche se la ricerca di opportunità di diversi=cazione basata sul trasferimento di competenze
appare più complessa rispeAo alla stessa ricerca basata sulle relazioni tangibili, in quanto implica
una conoscenza della dinamica delle competenze interne dei business e di quelle dei seAori
obie6vo di diversi=cazione. Lo sfruAamento delle interrelazioni tangibili comporta la limitazione
dell’autonomia ges1onale delle Divisioni che ges1scono le diverse SBU, nonché l’emergere dei
cos1 di rigidità a carico delle stesse. Il Corporate si trova a dover mantenere un equilibrio tra
l’autonomia delle SBU e l’esigenza di governo delle interrelazioni e tra strategie di business e
quelle orizzontali

8.5.4) Gli ostacoli organizzaNvi all’implementazione delle strategie di diversibcazione

Le interrelazioni spesso non vengono realizzate, facendo ricadere la ges1one dei business a livello
di Corporate in una logica di portafoglio. Talvolta le mancate realizzazioni delle interrelazioni
possono ricondursi a scelte deliberate del Corporate di non intervento, carenze delle strategie di
Corporate, inadeguatezza del modello organizza1vo, eccessivi cos1. Inoltre ci possono essere delle
di[coltà organizza1ve che il Corporate incontra nelle interrelazioni aAraverso il coordinamento

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delle SBU. Tali di[coltà possono essere ricondoAe a resistenze delle singole SBU al trasferimento
di tecnologie e competenze. Tali resistenze possono essere ricondoAe a:
- diversità dei contes= organizza=vi delle SBU interrelate, in termini di orientamen1 strategici.
- assenza di un collante stru2urale di Corporate, che facili1 l’emergere di diHerenze nei principi di
fondo delle culture divisionali.
- asimmetria dei bene5ci, derivan1 da interrelazioni per le diverse unità di business.
- vincoli impos= alle Divisioni (come limi= di autonomia e Cessibilità)
- resistenza, possono essere alimentate dai sistemi di controllo delle performance divisionali,
focalizza1 spesso sui risulta1 reddituali delle Divisioni.
- sistemi di incen=vazione, che tendono a raHreddare le inizia1ve verso la realizzazione delle
interrelazioni.

8.6) I SISTEMI DI GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

8.6.1) Dalle risorse umane al capitale umano

Da anni gli esper1 sono alla ricerca di una connessione tra risorse umane, capitale umano e
vantaggio compe11vo. È possibile dis1nguere tra i principali strumen1 di ges1one delle risorse
umane (valutazione, retribuzione, carriere) e i principali legami tra il capitale umano, la creazione
di valore e la sostenibilità del vantaggio compe11vo (fedeltà del personale, cultura organizza1va,
ricambio generazionale). È u1le soHermarsi sul conceAo di human capital e organiza-on capital: il
primo 1ene conto delle competenze, dei faAori dis1n1vi (talento) e delle competenze speci=che
(idiosincra1che) detenute dai dipenden1. Mentre il capitale organizza1vo pone aAenzione
all’allineamento delle caraAeris1che del personale agli obie6vi strategici e alla capacità degli
impiega1 di condividere conoscenza aAraverso a[ancamento di networking.
Il legame tra ges1one del capitale umano e sviluppo strategico dell’impresa si basa sul conceAo
1pico del capitale aziendale intangibile: il valore degli asset intangibili dipende dalla loro liquidità,
ovvero dalla loro capacità di essere pron1 a sostenere adeguatamente la strategia aziendale. Nel
caso di human capital la liquidità è rappresentata dal possesso da parte dei dipenden1 della
giusta qualità e livello di competenze per eHeAuare i processi interni cri1ci per la realizzazione
della strategia aziendale; mentre nel caso di organiza1on capital, la liquidità è data dalla capacità
d’impresa di cambiare l’organizzazione per supportare la strategia e al contempo, dal grado di
interiorizzazione del personale di cultura, valori, visione e missione dell’impresa. La liquidità del
capitale umano può essere sviluppata nel tempo aAraverso interven1 strategici e organizza1vi
svol1 a s1molare:
- fedeltà del personale, intesa come estensione dei tempi di permanenza individuali dei
dipenden1 oltre la soglia ritenuta minima per lo sviluppo delle competenze base.
- cultura organizza-va, concepita come insieme di valori e principi acceAa1 e condivisi all’interno
dell’impresa.
- ricambio generazionale, avvicendamento tra risorse senior e neoassun1 nelle varie posizioni.

8.6.2) Gli strumenN a supporto dell’implementazione di strategie

La ges1one delle risorse umane e lo sviluppo del capitale umano si basano entrambi sul conceAo
di contraAo psicologico che è caraAerizzato dalle reciproche aspeAa1ve tra l’organizzazione e i
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suoi membri. Tra gli aspe6 del contraAo psicologico che lega gli individui alle organizzazioni quelli
maggiormente a6nen1 all’implementazione delle scelte strategiche, a livello sia di business che di
Corporate sono:

La formazione ha un ruolo fondamentale nella generazione, sviluppo e mantenimento delle


conoscenze e capacità degli individui, ed è per l’organizzazione fonte di vantaggio
compe11vo. Le imprese tendono sempre di più ad inves1re in formazione speci=ca che
incrementa le conoscenze dei processi speci=ci dell’impresa. Si è a[ancata la tendenza anche
a u1lizzare maggiormente le capacità speci=che presen1 nell’organizzazione cercando di
trasferire il sapere colle6vo già presente, aAraverso forme di apprendimento sul campo.
Oltre alle conoscenze incrementate sul campo nelle quali vengono a6va1 processi learning by
doing, si sono sviluppate quelle learning by networking, ossia aAraverso processi di relazione
interpersonale tra le persone più o meno esperte (lavori di gruppo).

Percorsi di carriera: progredire nell’ambito dello sviluppo professionale. Dal punto di vista
dell’impresa la carriera è l’insieme di mansioni che uno ricopre nel tempo e che sono
quali=cate congiuntamente dal livello retribu1vo, dalla quali=ca, posizione, livello gerarchico,
contenu1 e caraAeris1che professionali. Nell’ambito dei vari percorsi di carriera è possibile
dis1nguere 3 1pologie:
- Percorso di carriera lineare, spostamen1 ver1cali all’interno della stessa struAura =no a
raggiungere il limite della carriera. (mutazioni di status)
- Percorso di carriera da esperto, competenze e sviluppo della professione.
- Percorso a spirale, implica spostamen1 tra ruoli e posizioni anche a livello trans-funzionale
(spostarsi da una posizione all’altra per trasferire conoscenze) adaAo per i manager.

Per una piani=cazione delle carriere =nalizzata ad una valorizzazione strategica del
patrimonio di competenze aziendali nel tempo, le imprese tendono ad impostare percorsi di
carriera duali, speci=ci e diHerenzia1, per i manager e per gli specialis1. Mentre i primi
prevedono un andamento a spirale, i secondi privilegiano lo sviluppo in profondità di
conoscenze e competenze speci=che.

L’allineamento strategico del sistema di compensa-on.: Il processo di compensa=on


management individua un sistema complesso di strategie, poli1che e strumen1, fondato su
una serie di decisioni strategiche e opera1ve capaci di inauenzare le mo1vazioni e anche
l’e[cacia della people strategy aAraverso la realizzazione della business strategy. Questo
processo ha l’obie6vo di assumere le decisioni strategiche e opera1ve in ordine al livello
qualita1vo di ricompensa economica da adoAare nei confron1 di individui e gruppo.
Rientrano in tale sistema retribuzione =ssa e variabile, bene=ts e altre forme di
riconoscimento economico. La strategia si riferisce all’insieme di scelte di medio-lungo
periodo rela1ve alle poli1che di remunerazione e dei rela1vi strumen1 a supporto , che un
organizzazione progeAa e u1lizza per coordinare l’azione delle varie componen1 al =ne di
inauenzare e guidare i comportamen1 organizza1vi di persone e gruppi. Gli obie6vi della
strategia di compensa1on sono:
- mantenere aAra6vità sul mercato
- accrescere la performance complessiva
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- rinforzare i comportamen1 organizza1vi


- mantenere /accrescere la aessibilità del costo del lavoro
- comunicare i valori dell’organizzazione per allineare la visione del management e e delle
persone.
Legami con la strategia di Corporate si possono trovare nell’u1lizzo dei sistemi di
Management by Objec-ves. L’incen1vazione per obie6vi consiste nell’erogazione di una
parte aggiun1va di ricompensa monetaria rispeAo alla retribuzione annua lorda stabilita e di
misura variabile. Tale variabilità è in funzione, da un lato, delle scelte di poli1ca retribu1va
dell’organizzazione, dall’altro, del raggiungimento di un mix di obie6vi assegna1 all’inizio del
periodo di riferimento.

Scelta degli obieAvi: per costruire un adeguato MBO è fondamentale l’iden1=cazione degli
obie6vi aAraverso l’individuazione delle aree chiave di risultato. Le aree chiave sono quelle
aree di a6vità dove è necessario realizzare una prestazione soddisfacente per o6mizzare il
risultato di livello superiore. Gli obie6vi devono essere:
• prioritari per le strategie aziendali;
• signi=ca1vamente correla1 con le prestazioni individuali, inauenzabili dalla persona
incen1vata;
• realis1ci, ambiziosi e s=dan1 ma comunque raggiungibili;
• misurabili e controllabili aAraverso i sistemi aziendali;
• coeren1 della dimensione temporale.
Gli obie6vi possono essere di 1po economico-=nanziario, di processo, aziendali o funzionali
e individuali.

Ogni obie6vo deve essere associato a indicatori di performance adegua1 e coeren1 (Fontana,
1994) di 1po:
• reddituali; performance economica dell’organizzazione
• =nanziari; scaturiscono dai piani di inves1men1 e dai budget =nanziari
• =sici; livelli e[cienza dei prodo6
• temporali; dimissioni di un impianto entro una certa data
• strategici; piano strategico di lungo periodo
• di integrazione. iden1=cano corresponsabilità rispeAo a obie6vi cri1ci

Equità e incen-vi: il singolo non valuta soltanto ciò che riceve dall’impresa a fronte di un suo
impegno, ma tende a monitorare costantemente tale rapporto rispeAo a lavoratori che ri1ene
suoi simili. Il contesto organizza1vo è rilevante ai =ni dell’incen1vazione; quando il contesto
aziendale viene considerato favorevolmente dai lavoratori, i comportamen1 individuali non si
limitano ai comportamen1 produ6vi, ma al contrario è possibile innescare dei
comportamen1 innova=vi e coopera=vi.

8.6.3) Le basi per la sostenibilità del vantaggio compeNNvo aEraverso il capitale umano

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L’acquisizione di skill nella forma di =gure professionali chiave cos1tuisce il primo stadio del lungo
e ar1colato processo di formazione delle competenze dis1n1ve, che si svolge in una prospe6va di
compe1zione sul mercato delle risorse-competenze. Lo sviluppo della conoscenza organizza1va si
basa sul processo di trasformazione della conoscenza nelle due dimensioni:

- tacita-esplicita.

- individuale colle6va.

La conoscenza si trasferisce tra individui e tra ques1 ul1mi e l’organizzazione e viceversa, nella
forma tacita o esplicita, a6vando un meccanismo circolare di creazione di nuova conoscenza. La
conoscenza tacita è insita nell’azione e si esprime in un saper fare. La dimensione della conoscenza
tacita implica il possesso da parte degli operatori, oltre che di un saper fare, anche di un saper
essere =nalizzato a combinare, sviluppare tale conoscenza. La dimensione sociale e tacita della
conoscenza la rendono non separabile dal contesto nel quale si è sviluppata, perciò non
trasferibile tra organizzazioni.
L’apprendimento tra le organizzazioni cos1tuisce una risposta più rapida alle esigenze emergen1
di nuove competenze dis1n1ve. L’apprendimento organizza1vo fondato sull’esperienza e
sull’a6vità di ricerca all’interno della singola impresa può risultare lento se non viene alimentato
con altre forme di apprendimento nell’ambito di alleanze strategiche con altre imprese. Le
alleanze rispondono all’esigenza delle imprese di accedere a risorse complementari a quelle
possedute. Raramente l’impresa possiede tuAe le e competenze per sviluppare diverse tecnologie
e nuovi prodo6. L’apprendimento organizza1vo soAostante il processo di formazione delle
competenze può richiedere il disimparare, ovvero di dismeAere conoscenze e comportamen1
pregressi consolida1si nel tempo; esigenza questa che incontra le resistenze dei singoli o di intere
aree organizza1ve. La difesa delle competenze assume una rilevanza cri1ca.
La protezione breveAuale e organizza1va delle tecnologie, lo sviluppo della prospe6va del
knowledge management, cioè delle funzioni di acquisizione e uso delle conoscenze, con la
cos1tuzione di ruoli che presidiano i processi di formazione delle competenze, l’adozione di
sistemi di incen1vazione del personale basa1 sulle competenze cos1tuiscono degli strumen1 sui
quali si fondano le poli1che di protezione delle competenze dis1n1ve.

9. IL MARKETING

9.1) IL MARKETING COME APPROCCIO ALLA GESTIONE D’IMPRESA:

La diHusione del marke1ng è stata molto intensa: nelle imprese è divenuta un’area ges1onale
primaria, assumendo in non pochi seAori un ruolo centrale nella determinazione del vantaggio
compe11vo; allo stesso tempo, è entrato nella ges1one anche di altri 1pi di organizzazioni: le
aziende no pro=t, molte is1tuzioni. Questa diHusione trasversale è spiegata dalla circostanza che i

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principi di fondo del marke1ng sono applicabili a qualsiasi 1po di organizzazione umana.
Nonostante ciò i suoi contenu1 sono ancora oggeAo di valutazioni diverse. SopraAuAo nelle
imprese di dimensione minore, al marke1ng tende ad essere aAribuita la funzione di aAuare la
strategia compe11va per quanto riguarda gli aspe6 riguardan1 il rapporto con il mercato. In linea
generale, al marke1ng è prevalentemente aAribuita la funzione di sviluppare i rappor1 con il
mercato; in questa prospe6va, esso si occupa di ges1re:
1. Vendite: nell’ambito della ges1one delle vendite, il marke1ng si occupa del funzionamento
della rete commerciale dell’azienda; dei rappor1 con la distribuzione; della ges1one dei
prezzi.
2. Comunicazione: la comunicazione è l’ambito di competenza del marke1ng forse più 1pico.
3. Relazione con i clien-: in=ne la relazione con i clien1 concerne la misurazione del grado di
soddisfacimento verso l’oHerta dell’impresa. In questo ambito sta assumendo crescente
importanza la ges1one della presenza dell’impresa nella rete internet e nei social network.

Meno chiaro è il ruolo del marke1ng nella ges1one dell’oHerta, e questo nonostante che la
poli=ca di prodo2o sia tra i compi1 opera1vi del marke1ng. Il coinvolgimento del marke1ng
nell’elaborazione dei contenu1 dell’oHerta dipende dall’aAenzione che a riguardo l’impresa è in
grado di prestare al mercato. Ancora più controversa è la funzione del marke1ng nel processo di
elaborazione della strategia compe11va. Anche su questo punto si è =ssato diverse tema1che
strategiche che dovrebbero essere elaborate con gli strumen1 di marke1ng. Tali ques1oni sono:
 Analisi della domanda
 Segmentazione
 Posizionamento
 Ges1one della marca
 De=nizione della strategia di marke1ng

Nella pra1ca queste a6vità possono trovare collocazione presso altre aree aziendali. L’analisi della
domanda è a[data normalmente a sogge6 specializza1 esterni che interloquiscono direAamente
con il ver1ce aziendale. La scelta di segmentazione e di posizionamento, nonché quella rela1va
all’approccio di marke1ng, sono normalmente prese a monte. In=ne la strategia di marca
coinvolge in modo primario il marke1ng per la parte inerente la comunicazione e lo sviluppo del
brand. In de=ni1va la funzione di marke1ng si occupa della ges1one commerciale, comunicazione,
e dello sviluppo del rapporto con i clien1.

9.1.1) I principi basilari del markeNng come metodo di gesNone d’impresa

Il principio alla base dell’approccio ges1onale di marke1ng è il concepire l’oHerta con l’obie6vo di
soddisfare le esigenze della domanda individuata nel modo più preciso possibile. Il metodo di
marke-ng predispone tuAa l’a6vità di impresa al =ne della creazione di valore per coloro che
cos1tuiscono il mercato cui essa intende rivolgersi e per l’insieme di sogge6 con cui essa
interagisce. Fine ul1mo del marke1ng è quello di creare negli interlocutori, cioè chi lavora con e
nell’azienda, il massimo consenso verso di essa. Da questo principio derivano altri tre elemen1
caraAerizzan1 l’approccio di marke1ng:
1. Nell’evoluzione dell’impresa è decisiva la scelta del mercato, o della parte di mercato dove
focalizzare la propria strategia compe11va
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2. Il sistema di oHerta è progeAato in funzione del modo in cui si vogliono soddisfare le


esigenze essenziali dei segmen1 di domanda prioritari
3. La ges1one del rapporto con il mercato deve avvenire in chiave relazionale, proponendosi
di sviluppare il rapporto con il cliente aAraverso una relazione più ampia.

Il principio base del marke1ng, cioè l’orientamento alla creazione del massimo valore per il
cliente, diviene fondante del modello evolu1vo dell’impresa. L’aHermarsi del modello di impresa
sostenibile ha esteso la portata conceAuale del marke1ng poiché ha ampliato i sogge6 per i quali
essa deve creare valore: non più solo i clien1 ma tu6 gli stakeholder.

9.1.2) Gli approcci precedenN a quello di markeNng

Un’analisi storica dell’approccio dell’impresa nei confron1 del suo mercato evidenzia altri tre
orientamen1 indica1 come:
 Orientamento alla produzione: è 1pico delle fasi in cui la domanda è molto superiore alla
oHerta totale esistente nel mercato, quando, dunque, l’esigenza primaria dei consumatori
è l’immediata disponibilità del prodoAo o del servizio. Gli speci=ci faAori che caraAerizzano
il prodoAo sono considera1 rela1vamente secondari. Per il cliente è primario trovare
un’oHerta quan1ta1vamente adeguata e a un prezzo coerente con la sua capacità di spesa.
In questa situazione, dal punto di vista dell’impresa, è prioritario ges1re al meglio la
produzione, o6mizzando capacità produ6va e e[cienza. Il primo aspeAo per evitare che
una parte del mercato non riesca ad oAenere il prodoAo, il secondo invece per ridurre i
cos1 e poter collocare l’oHerta ad un prezzo sostenibile dal mercato, il terzo per facilitare
l’accesso del compratore al prodoAo. In questa situazione il marke1ng non ha
pra1camente ragion d’essere poiché ciò che massimizza il valore per il consumatore è la
semplice disponibilità e a un prezzo adeguato del prodoAo.
 Orientamento al prodo)o: è basato sull’idea che un prodoAo con contenu1 tecnici
chiaramente superiori è in grado di avere successo nel mercato. L’a6vità aziendale, quindi,
deve essere focalizzata sul miglioramento tecnico della propria oHerta e sull’innovazione
=nalizzata ad introdurre nel mercato prodo6 sempre migliori. Inizia ad evidenziarsi una
funzione opera1va del marke1ng, poiché è necessario che la qualità dell’oHerta sia
percepita dai consumatori.
 Orientamento alla vendita: si ha nelle fasi avanzate del ciclo di vita di un mercato, quando
la capacità produ6va tende ad essere superiore alla domanda complessiva. Si pone al
centro dell’agire dell’impresa il suo rapporto con il mercato. Nell’orientamento alla vendita
il fulcro del successo consiste nella capacità dell’impresa di trovare un adeguato spazio nel
mercato. Tale capacità si esprime nell’e[cacia e nell’e[cienza con cui l’impresa riesce a
spingere la propria oHerta verso la domanda; quindi portare l’oHerta il più vicino possibile
al suo potenziale acquirente, promuoverla e spingere il consumatore all’acquisto. Il cliente
rimane un soggeAo contrapposto all’impresa, le cui esigenze sono considerate solo nella
fase =nale del processo di oHerta, quando occorre a6vare i meccanismi commerciali più
e[caci. Anche in questo approccio il marke1ng ha una connotazione solo opera1va.

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 Orientamento al mercato (a)uale): l’aspeAo fondamentale che dis1ngue l’approccio di


marke1ng dai preceden= orientamen= è il porre come presupposto della strategia
compe11va la conoscenza del mercato, =nalizzata a:
 Individuare l’area del mercato più conveniente in relazione alle caraAeris1che
dell’impresa
 Comprendere i bisogni rilevan1 e i modelli di comportamento del consumatore
 Individuare i faAori che il consumatore considera essenziali

Sulla base della conoscenza di ques1 elemen1, l’impresa sviluppa una certa strategia di
oHerta =nalizzata a raggiungere un vantaggio compe11vo, con la diHerenza essenziale
che nell’approccio di marke1ng, l’elevato valore non deriva da caraAeris1che
tecnologiche del prodoAo superiori in generale, ma dal faAo che il prodoAo è dotato di
quegli aspe6 grazie ai quali riesce a soddisfare meglio di altri le aspeAa1ve del
mercato.

9.1.3 L’approccio di markeNng razionale alla gesNone d’impresa.

La comprensione del mercato e lo sviluppo di un’oHerta che ne soddis= al meglio le esigenze


rimane valido ma non su[ciente; è funzionale a rendere o6male la transazione tra impresa e
cliente, ma non è in grado di cogliere pienamente la relazione che lega ques1 due sogge6.
Nel modello basato sullo scambio, il valore oHerto al mercato è creato dall’impresa sulla base di
una correAa comprensione delle esigenze dei clien1 target, ma comunque indipendente da ques1;
una volta incorporato in una determinata oHerta il valore viene reso disponibile al mercato. Il
marke1ng interviene a monte e a valle di questo processo; rispe6vamente nello studio del
mercato per orientare la progeAazione dell’oHerta, e nella ges1one di questa nel mercato in modo
da massimizzarne il valore percepito.
Nel modo in cui è creato il valore per il cliente sta la diHerenza tra i modello di relazione e il
precedente. Nell’approccio relazionale, l’impresa genera il valore oHerto al cliente aAraverso lo
sviluppo di un rapporto intenso e con1nuato nel tempo con il proprio cliente, principio che in
termini pra1ci signi=ca:
 Il valore non si esaurisce nel prodoAo
 Il riconoscimento dato dal cliente ad una determinata oHerta è inauenzato dalla qualità del
rapporto che l’impresa è in grado di instaurare con esso

Anche nei casi in cui l’aAenzione del cliente rimane focalizzata sul prodoAo in sé, la relazione
rimane decisiva, rappresentando il contesto migliore entro cui è necessario costruire lo scambio.
Nell’approccio relazionale domanda e oHerta smeAono di essere antagonis1, trovando entrambi
convenienza a sviluppare un rapporto coopera1vo. Condizione evidentemente necessaria a[nché
la relazione sia generatrice di valore per entrambe le par1. Il marke1ng si occupa di ges1re non più
lo scambio con il cliente, ma l’intero processo di sviluppo della relazione con esso. In questa
prospe6va inauenza anche il processo produ6vo, almeno per quanto riguarda quelle fasi in cui il
coinvolgimento del cliente risulta signi=ca1vo per la creazione di valore. In termini concre1 si
traduce nella necessità di aHrontare alcune ques1oni di ordine:
 Strategico:

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 Ges1re l’oHerta nella prospe6va di un processo rela1vamente con1nuo, ar1colato


in a6vità più numerose di quelle necessarie alla realizzazione di un prodoAo e alla
sua collocazione nel mercato
 Sviluppare re1 di relazione, anche virtuali
 Ripensare tuAo il modello di creazione di valore e di sviluppo delle competenze
interne sulla base delle relazioni stabilite dall’impresa con i sogge6 esterni
 TaAco:
 Costruzione e ges1one di una banca da1 con le informazioni u1li a ges1re la
relazione con i clien1
 Predisposizione degli strumen1 per a6vare, mantenere e arricchire la relazione con
i clien1
 Predisposizione degli strumen1 per veri=care l’evoluzione dei clien1, dei loro
desideri e comportamen1, nonché del grado di soddisfazione verso l’oHerta

Per valutare gli obie6vi del marke1ng si deve dis1nguere tra la prospe6va che lo vede come
approccio ges1onale da quella rela1va alla funzione organizza1va. Dal primo punto di vista i suoi
obie6vi coincidono con quelli generali dell’intero sistema aziendale: il raggiungimento del
vantaggio compe11vo aAraverso la massimizzazione del valore creato per i clien1 e per gli altri
stakeholder, in un quadro di evoluzione sostenibile.

9.1.4) Gli obiePvi del markeNng

In quanto funzione aziendale (organizza1va), gli obie6vi del marke1ng fanno riferimento ai
risulta1 raggiun1 dall’impresa nel mercato. In termini di:
1. Volume di fa)urato
2. Quota di mercato
3. Margine opera-vo
4. Livello del capitale intangibile riferito alla posizione dell’impresa nel mercato

I risulta1 obie6vo in ques1 quaAro ambi1 sono espressi con riferimento a un determinato
orizzonte temporale, determinando così obie6vi di breve, medio e lungo termine. Le prime tre
hanno natura quan1ta1va, mentre la quarta quan1-qualita1va. La =ssazione degli obie6vi di
marke1ng è condizionata in modo più o meno vincolante da faAori lega1 al contesto compe11vo
in cui l’azienda opera, al mercato ed eventualmente anche all’ambiente rilevante. La =ssazione
degli obie6vi strategici risente anche del più generale approccio assunto dall’impresa nel
mercato, con riferimento al grado di aggressività della strategia compe11va adoAata.

9.2) LE PROBLEMATICHE DI MARKETING DI RILIEVO STRATEGICO

9.2.1) La segmentazione del mercato

La segmentazione è il processo aAraverso cui l’impresa individua le porzioni di mercato cui


rivolgere in modo speci=co la propria oHerta. È ar1colato in due fasi
1. Divisione del mercato in segmen-
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2. Scelta dei segmen1 target

La divisione del mercato in segmen1 avviene in relazione a uno o più parametri rilevan1 per
dis1nguere gli appartenen1 a ciascun segmento da coloro che non ne fanno parte. L’impresa non
può considerare il mercato come un insieme indis1nto, dovendo individuare i gruppi di sogge6
con comportamen1 simili per proporre loro un’oHerta diHerenziata da quella indirizzata ad altri
segmen1. In altre situazioni la segmentazione non risulta par1colarmente necessaria; questo
accade quando i consumatori sono accumuna1 da un determinato bisogno la cui soddisfazione
rappresenta anche la principale determinante di valore che essi percepiscono. La scelta dei
segmen1 target è un passaggio cruciale della strategia compe11va, rappresenta la saldatura tra
marke1ng e strategia. La scelta dei segmen1 obie6vo dipende per un verso dalle caraAeris1che
degli stessi, per l’altro, dalle risorse che l’impresa ha a disposizione.
La divisione del mercato in segmen1 richiede le variabili di segmentazione. Con riferimento alle
persone, alcune tra le variabili sono u1lizzabili agevolmente. Le più importan1 tra queste sono:
 Variabili demogra=che
 Variabili geogra=che
 Variabili socio-economiche

Le variabili complesse colgono aspe6 più speci=ci della natura del consumatore. In gran parte dei
casi sono osservabili solo aAraverso rilevazioni apposite. Di questo 1po sono:
 Variabili psicogra=che: la personalità del consumatore
 Variabili comportamentali: le modalità di comportamento di consumo

Una complessità inerente a queste ul1me due variabili deriva dal faAo che le caraAeris1che
caraAeriali del consumatore tendono a variare nel tempo. Le variabili comportamentali in
sostanza dis1nguono i consumatori e in funzione del rapporto che essi stabiliscono con il prodoAo
prima, durante e dopo il suo consumo. Le variabili comportamentali sono di[cilmente rilevabili a
causa della loro instabilità. Per la segmentazione di un mercato è quindi essenziale comprendere
quali variabili di segmentazione riescono a cogliere precisamente gruppi di consumatori con
esigenze omogenee.
Per dis1nguere i diversi 1pi di consumatore ai =ni della massimizzazione della sua soddisfazione, è
abbastanza diHuso nella pra1ca manageriale il modello “Compass”. Iden1=ca quaAro componen1:
bisogni primari, aspeAa1ve, stereo1pi, emozioni.
Nella ges1one pra1ca, non ogni soAoinsieme di sogge6 omogenei può rappresentare un target
signi=ca1vo per l’azienda. Per avere rilevanza un segmento deve presentare:
 Misurabilità: deve essere agevole s1mare con precisione la dimensione del segmento in
termini di numerosità dei suoi appartenen1, di quan1tà della domanda complessiva che
genera, di valore economico totale
 Signi[ca-vità dimensionale: deve avere una dimensione tale da gius1=care l’impegno
organizza1vo, produ6vo e di marke1ng necessario per soddisfarne la domanda
 Pro[)abilità: è legata alla dimensione del segmento, ma anche alla complessità e quindi ai
cos1 delle a6vità che occorre svolgere per soddisfare la domanda di quel segmento
 Accessibilità: indica la capacità dell’impresa di accedere al segmento con un’oHerta
compe11va e in grado di generare valore economico

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Si osserva che, con l’accezione della prima, tuAe le caraAeris1che che determinano la rilevanza
economica di un segmento non hanno natura ogge6va, ma riaeAono gli orientamen1
dell’impresa che ne fa la valutazione. Ne deriva che la scelta del segmento ha un’importanza sulla
qualità del percorso poli1co dell’azienda. Tale successo dipende anche dalla capacità di scegliere
un contesto compe11vo dove è più in grado di esprimere le proprie potenzialità. Individua1 i
segmen1 potenzialmente interessan1 e sulla base delle proprie risorse e competenze, l’impresa
deve scegliere quelli ai quali rivolgere la propria oHerta. Tale decisione implica in primo luogo la
determinazione del numero di segmen1. La decisione dei segmen1 dove operare è resa complessa
in modo ulteriore dall’evoluzione dei consumatori in mol1 merca1. La complessità del
consumatore unitamente alla facilità d’accesso a oHerte molto speci=che, ha in mol1 merca1
generato un progressivo frazionamento dei segmen1. Quelli che una volta erano considera1
segmen1 marginali, perché troppo piccoli, assumono rilevanza anche per le grandi imprese
dimostrandosi molto reddi1zi. La crescente mobilità del consumatore è un secondo fenomeno che
inauenza la segmentazione. I segmen1 sono molto meno de=ni1 e meno stabili. Meno de=ni1
perché il consumatore può sen1rsi facilmente parte di segmen1 diversi, meno stabili perché il
consumatore con facilità passa da un segmento all’altro.

9.2.2 Il posizionamento:

Il posizionamento individua la collocazione che un prodoAo o servizio occupa nella percezione di


un consumatore rispeAo ai prodo6 o servizi concorren1. È determinato dall’insieme di
caraAeris1che che diHerenziano un prodoAo dagli altri presen1 nello stesso mercato o nello
stesso segmento di mercato. La determinazione del posizionamento risulta dalla sintesi delle
risposte rela1ve a tre ques1oni:
1. Quali sono gli aspe6 che il consumatore considera e privilegia per soddisfare i propri
bisogni aAraverso l’u1lizzazione di un prodoAo
2. Come il consumatore valuta l’oHerta rappresentata dai prodo6 concorren1
3. Come si vuole che il consumatore valu1 il prodoAo o il servizio oggeAo del posizionamento

Per posizionare un prodoAo o servizio è u1le disegnare una mappa che rappresen1 il diverso
modo in cui i consumatori percepiscono l’oHerta. Su questa mappa cogni-va vengono colloca1 i
prodo6 o i servizi concorren1; in relazione allo spazio occupato da ques1, si procede, a
posizionare il prodoAo o il servizio in ques1one. Tra i criteri u1lizza1 per de=nire la mappa vi sono:
 FaAori caraAerizzan1 la 1pologia di prodoAo o servizio in ques1one
 livello qualita1vo complessivo
 Bene=ci aAesi
 Occasioni d’uso

La scelta del posizionamento strategico deve tener conto delle potenzialità di successo che il
prodoAo in ques1one ha nel momento in cui occupa una determinata posizione; a tal =ne la
valutazione è completata con la costruzione della mappa delle preferenze. Questa è individuata
dagli stessi faAori u1lizza1 per disegnare quella cogni1va. La mappa delle preferenze individua le
aree del mercato maggiormente rilevan1 in termini di numerosità e di valore degli acquiren1
potenziali. La sovrapposizione della mappa cogni1va con quella delle preferenze fornisce:
 Quale è la distanza tra il pro=lo ideale del prodoAo richiesto dai vari gruppi dei
consumatori e l’oHerta che ques1 hanno eHe6vamente a disposizione nel mercato
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 Quali sono gli spazi del mercato che un determinato prodoAo può occupare con successo

La =gura rappresenta un esempio di


mappe sovrapposte rela1ve al
mercato turis1co. I faAori che
de=niscono le mappe sono il prezzo
(alto e basso) e 1po esperienza
turis1ca (familiare e mondana). I
quadra1 da 1 a 7 rappresentano
località turis1che che si collocano
nella mappa cogni1va sulla base di
come sono percepite dai clien1. I
cerchi da A a F rappresentano i gruppi di consumatori che si addensano verso le diverse
possibili combinazioni. Familiare e a prezzo contenuto è il più concentrato.

Il successo di un prodoAo nel mercato dipende dalla coerenza tra il suo posizionamento e le
poli-che di marke-ng che ne determinano le caraAeris1che; la promessa (di valore) espressa
al consumatore nel posizionamento deve trovare corrispondenza nei contenu1 concre1
dell’oHerta. Il posizionamento deve essere ges1to nel tempo. Per un verso, è necessario
garan1re ad esso stabilità, quale condizione essenziale per sviluppare una percezione chiara
nel consumatore; per l’altro, è importante fare in modo che esso evolva in relazione ai
cambiamen1 delle esigenze del consumatore. Il cambiamento del posizionamento può essere
determinato in tre modalità fondamentali:

1. Modi=cando le caraAeris1che core del prodoAo


2. Modi=cando il concept del prodoAo
3. Modi=cando la percezione che i clien1 target hanno delle caraAeris1che core o del concept
del prodoAo

9.2.3) GesNone strategica della marca

La marca è una componente dell’oHerta che può contribuire al valore a essa aAribuito dal
consumatore; cos1tuisce una risorsa molto rilevante per il raggiungimento del vantaggio
compe11vo. La marca è cos1tuita da tre componen1 connesse:
1. Componente iden=5ca=va: è cos1tuita dall’insieme dei segni di riconoscimento aAraverso
cui il cliente iden1=ca la marca e la dis1ngue dalle altre. Da questa componente dipende la
rapidità e la facilità con cui il cliente iden1=ca la marca e la posizione nella sua mappa
cogni1va
2. Componente perceYva: è l’immagine della marca, consiste nell’insieme di associazioni
costruito dall’impresa aAorno agli elemen1 iden1=ca1vi della marca. Tali associazioni
riguardano:
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 Gli aAribu1 della marca riconducibili a determinate caraAeris1che fondamentali del


prodoAo
 Bene=ci della marca
 I valori della marca, che il consumatore desidera comunicare a terzi aAraverso il
possesso
3. Componente 5duciaria: è determinata dall’esperienza vissuta dal consumatore da cui
deriva la reputazione del 1po di soddisfazione che essa è in grado di generare

Dai contenu1 di queste tre componen1 e dal modo in cui esse interagiscono, deriva la brand
equity traducibile come valore della marca.
Il conceAo di brand equity è centrale nella ges1one strategica di marke1ng. In sintesi quest’ul1ma
sinte1zza il diHerenziale di valore riconosciuto dal consumatore a un determinato prodoAo o
servizio in virtù appunto della sua marca. Questo diHerenziale si traduce in una maggiore capacità
del prodoAo di generare reddito e aAribuisce al marchio un valore economico. La brand equity è il
risultato del modo in cui la marca è ges1ta nel tempo. Evolve in relazione alle dinamiche del
mercato, delle marche concorren1 e di faAori ambientali eventualmente rilevan1. È importante
ges1rla con aAenzione anche nella fase della maturità e successivamente quando essa inizia a
declinare. A riguardo, occorre ges1re la cosiddeAa “rivitalizzazione” della marca. È possibile agire
su due fron1:
 RaHorzare i faAori tradizionali che hanno =no ad allora determinato la brand equity della
marca
 A6vare nuovi faAori genera1vi della brand equity

Questa seconda strategia richiede che si procede ad un riposizionamento del prodoAo cui la marca
fa riferimento.

La ges1one della marca si aAua sia a livello di area di business sia a livello di complessiva strategia
aziendale. In questa seconda prospe6va si pongono due ques1oni:
1. La connessione tra la marca Corporate e le marche dei singoli prodo6 o servizi
2. La ges1one del portafoglio marche

La prima quesNone riguarda la valutazione della convenienza a sviluppare la marca dell’impresa e


la sua connessione con le marche dei singoli prodo6/servizi. Vanno valutate le due situazioni
limite:
 Si sviluppa la sola marca Corporate: è appropriata nel caso di un’oHerta ar1colata in un
unico o pochi prodo6/servizi, oppure quando è necessario focalizzare le risorse su un
unico brand. (Mc Donald’s o Coca Cola).
 La marca Corporate non viene sviluppata: quando l’impresa ha un portafoglio
prodo6/servizi molto ampio e diHerenziato; sopraAuAo se tali prodo6/servizi sono
consolida1, la marca corporate non determina vantaggi signi=ca1vi.

Nel caso in cui l’impresa decida di a[ancare un brand corporate a quello dei prodo6/servizi in
portafoglio, occorre approfondire le funzioni che esso deve esprimere a loro vantaggio. Funzioni
sono:
 Integrare le singole marche di prodoAo/servizio nella percezione del mercato
 RaHorzare il posizionamento delle singole marche di prodoAo/servizio nei rispe6vi merca1
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 Favorire il trasferimento di immagine tra le singole marche di prodoAo/servizio

La seconda quesNone riguarda la ges1one del portafoglio marche. Una ges1one organica e
integrata delle varie marche controllate dall’impresa è essenziale per sfruAare al meglio il loro
potenziale non solo nei rispe6vi merca1, ma anche sul piano della complessiva posizione
compe11va dell’impresa. È possibile iden1=care alcune a6vità 1piche:
 Valutazione periodica del portafoglio: =nalizzata a valutare l’equilibrio complessivo rispeAo ad
alcune variabili economiche-strategiche e la coerenza della sua composizione rela1vamente
alle strategie compe11ve e di mercato in essere. AAraverso la posizione compe==va nei
confron= delle marche concorren= e il ciclo di vita del business si individuano sei situazioni 1po
rispeAo alle quali si possono ordinare le varie marche del portafoglio.
1. Trainan-: sono le marche fondamentali per la posizione di vantaggio compe11vo, sia
aAuale sia futuro, poiché hanno una posizione consolidata nel mercato. Richiedono
inves1men1 consisten1 poiché l’evoluzione del mercato può favorire la nascita di
condizioni che minacciano la leadership
2. Bas-oni: marche con una leadership nei rispe6vi merca1 ormai consolidata, grazie
anche alla maturità del mercato stesso
3. Alto potenziale: rappresentano il potenziale su cui l’impresa deve concentrare
l’aAenzione; l’evoluzione è ancora nelle fasi iniziali perciò imprevedibile
4. Da sviluppare: richiedono un impegno par1colare perché sono ancora deboli, ma
essendo il mercato ancora nelle fasi inziali del suo sviluppo possono raggiungere
posizioni di forza
5. Problema-che: sono marche deboli in merca1 in notevole crescita, sulle quali l’impresa
deve valutare l’opportunità di un forte rilancio
6. Marginali: probabilmente da abbandonare, deboli in merca1 maturi

 Individuazione e aYvazione delle interdipendenze tra le marche: interdipendenze che


possono manifestarsi tra le marche che fanno parte del portafoglio e a6vazione dei
meccanismi di sfruAamento
 Ges=one degli inserimen= e delle esclusioni delle marche dal portafoglio

9.2.4) La pianibcazione strategica di markeNng a livello di area di business

Il piano di marke1ng a livello di area di business rappresenta una strada essenziale tra gli indirizzi
strategici assun1 dalla corporate e la ges1one strategica dei singoli business. In de=ni1va, il piano
stabilisce una serie di riferimen1 qualita1vi e quan1ta1vi necessari a[nché la ges1one del singolo
business sia coerente con il complessivo progeAo strategico dell’impresa e in grado di raggiungere
i risulta1 da esso aAesi. Il piano strategico di marke1ng del business indica in=ne i criteri per
l’aAuazione delle poli1che opera1ve di marke1ng (marke1ng mix) e per l’aAuazione delle azioni
commerciali. Tale piani=cazione parte dall’analisi delle condizioni del mercato e più in generale del
contesto compe11vo in cui l’impresa intende operare, insieme all’esplicitazione degli obie6vi
assegna1 al business dalla strategia corporate. Si procede alla =ssazione degli obie6vi strategici di
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marke1ng i quali devono essere condivisi con la direzione generale. Si procede poi all’elaborazione
della strategia di marke1ng; in par1colare, alla scelta del posizionamento e delle modalità
aAraverso cui raggiungere un vantaggio compe11vo; in modo parallelo, si procede alla
determinazione delle risorse necessarie per l’implementazione di tale strategia.
Il passaggio successivo si ar1cola in tre a6vità parallele e integrate:
De=nizione delle linee guida delle poli1che del marke1ng mix
Indicazione di un “1ming” di implementazione delle principali a6vità e costruzione del
budget di marke1ng
Fissazione dei target di performance

In mol1 casi, prima di procedere alla fase dell’esecuzione, il soggeAo responsabile del business
deve oAenere il via libera sul budget, sui tempi di implementazione e sui target di performance. La
fase di implementazione è accompagnata da un controllo strategico.

9.3 LE QUESTIONI PIÙ RILEVANTI NELLA GESTIONE OPERATIVA DI MARKETING

La ges1one opera1va di marke1ng ha l’obie6vo di predisporre l’oHerta dell’impresa in modo


coerente con il suo posizionamento strategico. Tale ges1one è ar1colata su 4 tema1che:

1. Sviluppo dei contenuN del prodoEo

Nella ges-one del prodo)o il termine prodoAo non va riferito soltanto alle caraAeris1che
tecniche-=siche di un singolo bene materiale, ma anche ai servizi, ai sistemi di oHerta cos1tui1 da
un insieme di prodo6 e servizi, =no ad elemen1 anche molto immateriali. Alle diverse categorie di
prodoAo corrispondono merca1 con diverse caraAeris1che di fondo; quindi diHerenze rilevan1
negli strumen1 di ges1one del prodoAo stesso. I prodo6 =sici vanno dis1n1 in relazione alla loro
durata (beni durevoli e non) e al 1po di u1lizzatore cui sono rivol1 (beni di consumo e industriali).
È poi fondamentale richiamare la dis1nzione tra prodoAo =sico e servizi. Si individuano alcuni
principi di fondo alla base della poli=ca di prodo2o. Nella prospe6va del marke1ng mol1
contenu1 di un prodoAo sono importan1 nella prospe6va del cliente cui esso è rivolto per
soddisfarne determinate esigenze (rilievo sogge6vo). Altri contenu1 hanno un 1po di rilievo
ogge6vo. Nella prospe6va sogge6va degli acquiren1 cui è rivolto, il prodoAo genera valore
aAraverso quelle componen1 grazie alle quali esso:
 Assolve a determinate funzioni d’uso
 Assume determina1 signi=ca1 simbolici
 Rende possibili esperienze, entrando a far parte del vissuto della persona

Gli elemen1 che compongono un prodoAo vanno ar1cola1 su diversi livelli:


 Elemen- soglia: elemen1 minimi che devono necessariamente caraAerizzare il prodoAo in
quanto essenziali a[nché questo possa svolgere la sua funzione d’uso
 Elemen- di posizionamento: essenziali a[nché un prodoAo possa aspirare ad un certo
posizionamento, dis1nguendosi dai concorren1
 Elemen- di unicità: aAraverso cui il prodoAo acquisisce un diHerenziale posi1vo rispeAo ai
concorren1, giungendo ad un vantaggio compe11vo

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È anche importante considerare che un prodoAo ha sempre un ciclo di vita in quanto aAraversa
alcune fasi 1piche:
o Introduzione nel mercato
o Sviluppo
o Maturità
o Declino
o Eventuale rivitalizzazione

L’impresa deve comprendere i faAori che inauenzano l’evoluzione del ciclo di vita del proprio
prodoAo e al tempo stesso deve individuare poli1che di prodoAo diHerenziate per ciascuna fase.
La poli1ca di prodoAo si occupa dell’insieme dei prodo6 in cui si ar1cola l’oHerta dell’impresa. Per
descrivere l’insieme dell’oHerta di un’impresa si usa il termine di gamma. Una gamma ha un certo
grado di ampiezza determinata dal numero più o meno ampio di linee di prodoAo. È importante
anche la coerenza esistente tra le diverse linee della gamma, espressa dalla somiglianza con cui le
diverse linee si posizionano sul mercato. Ogni linea di prodoAo ha una certa estensione in termini
di:
 Lunghezza, determinata dalla numerosità dei diversi modelli di prodoAo esisten1 al suo
interno
 Profondità, determinata dal numero di varian1 disponibili in ciascun modello di prodoAo
della linea

Si intuisce la rilevanza di un’aAenta ges1one della gamma in cui è ar1colata l’oHerta dell’impresa,
e al suo interno, delle singole linee. Tale ges1one deve tener conto in primo luogo di:
- FaAori interni: obie6vi strategici e di marke1ng, risorse disponibili e quelle =nanziarie per
aAuare le poli1che di marke1ng nelle varie linee.
- FaAori esterni: la rilevanza che lunghezza, profondità e coerenza delle linee hanno per il
consumatore e per la soddisfazione delle sue esigenze.
L’ar1colazione della gamma e la struAura delle linee deve essere monitorata nel tempo poiché
tende ad evolvere tramite introduzioni/eliminazioni di nuove linee.

2. ArNcolazione del sistema dei prezzi

La determinazione del prezzo dell’oHerta è uno dei pun1 fondamentali della ges1one d’impresa, in
quanto il prezzo è sempre un punto di riferimento nelle scelte della domanda. La ges1one del
prezzo da parte dell’impresa avviene in un quadro caraAerizzato dai seguen1 aspe6:
 Elevata variabilità
 Esistenza di un sistema di prezzi

Il prezzo può essere faAo variare con rapidità; per molte 1pologie di prodo6 o di servizi, è
normale che il prezzo sia modi=cato in relazione al cambiamento di determinate condizioni. È
evidente è la più aessibile tra le leve del marke1ng mix. È altreAanto vero che cambiamen1 troppo
frequen1 del prezzo sono controproducen1, potendo causare incertezza nella valutazione del
consumatore. La modi=cazione del prezzo è una delle misure fondamentali nel caso in cui si voglia
perseguire proprio un cambiamento di posizionamento. Deriva che la poli1ca di prezzo non si
limita alla =ssazione di un prezzo, ma di un sistema di prezzi; per la semplice ragione che l’oHerta
di impresa è ar1colata in una gamma ar1colata in un certo numero di linee a loro volta cos1tuite

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da un insieme di prodo6. C’è un ulteriore mo1vo per cui la poli1ca di prezzo consiste nello
sviluppo di un sistema di prezzi: l’opportunità di =ssare prezzi diversi per dis1nte 1pologie di
clien1 potenziali. Si parla in questo caso di discriminazione dei prezzi, intesa come la non
applicazione di uno steso prezzo a tu6 i potenziali acquiren1 che vengono traAa1 in maniera
diHerenziata. La discriminazione del prezzo è gius1=cata quando i diversi segmen1 di mercato
hanno una disponibilità a pagare diversa e tendono a ritenere acceAabile un prezzo diHerente. Per
i beni rivol1 all’u1lizzatore =nale, i criteri di discriminazione e[caci sono cos1tui1 da
caraAeris1che socio-demogra=che ed economiche dei potenziali acquiren1. La discriminazione è
frequentemente applicata in funzione delle quan1tà acquisite, della durata e intensità della
relazione tra impresa e acquirente. In ques1 casi la discriminazione è aAuata semplicemente
aAraversi meccanismi di sconto.
L’impresa =ssa il prezzo sulla base di tre faAori fondamentali:
CosN. I cos1 di produzione determinano normalmente il livello minimo del prezzo. Prezzi
inferiori ai cos1 di produzione possono essere comunque sostenu1 per un periodo di
tempo rela1vamente limitato, funzione anche della possibilità di =nanziare le perdite con
u1li consisten1 realizza1 in altri merca1. Sulla base dei cos1 l’impresa può =ssare tre livelli
fondamentali di prezzo:
1. Prezzo base: prezzo uguale al costo variabile unitario. Determina una perdita ma
consente all’impresa di con1nuare ad operare almeno =no a quando non deve
realizzare nuovi inves1men1 =ssi
2. Prezzo tecnico: prezzo uguale al costo variabile unitario più cos1 =ssi medi. Consente il
recupero del totale dei cos1 totali sostenu1 dall’impresa
3. Prezzo target: prezzo uguale al costo variabile unitario più cos1 =ssi medi comprensivi
di un margine di reddi1vità sul capitale inves1to. È il prezzo che consente, oltre alla
copertura dei cos1 totali, la realizzazione di un certo livello di reddi1vità

Domanda. La determinazione del prezzo deve tenere anche conto delle condizioni esterne
ovvero della domanda e dei prezzi dei concorren1. Mentre i cos1 rappresentano
sopraAuAo un vincolo nella =ssazione dei prezzi, la domanda dovrebbe rappresentare il
riferimento primario. Il prezzo deve essere coerente con la disponibilità a pagare del
consumatore; in alcuni casi il prezzo viene =ssato un po’ al di soAo di tale disponibilità, così
da lasciare una certa rendita del consumatore che spinge quest’ul1mo a preferire il
prodoAo. La disponibilità a pagare è determinata da 2 aspe6:
1. Il valore che il consumatore a2ribuisce al prodo2o: deriva dalle caraAeris1che materiali
e non dell’oHerta dell’impresa e dal modo in cui essa entra in relazione con il cliente
2. La sua capacità di spesa: deriva dalle condizioni patrimoniali e reddituali del
consumatore oltre che dalle sue abitudini di spesa. La disponibilità a pagare tende a
variare nel tempo anche per l’evoluzione del ciclo di vita del prodoAo.

La domanda e, in par1colare l’elas-cità della domanda al prezzo è un riferimento


primario. Tale elas1cità indica la sensibilità

della quan1tà domandata di un certo prodoAo o servizio al variare del suo prezzo.

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• Molto elas=ca: quando la quan1tà domandata varia in maniera più che


proporzionale rispeAo ad una determinata variazione di prezzo
• Poco elas=ca: quando varia in maniera meno che proporzionale

Concorrenza. La concorrenza rappresenta il terzo faAore che l’impresa deve considerare


nella determinazione del prezzo proprio. È necessario tener conto del prezzo =ssato dai
concorren1, in par1colare, quelli appartenen1 allo stesso raggruppamento strategico. I
prezzi più rilevan1 sono quelli dei prodo6 o servizi che hanno un posizionamento simile e
propongono alla domanda un valore simile.

Nella =ssazione del prezzo, cos1 di produzione e vendita, domanda e concorrenza devono essere
considera1 in modo organico: i cos1 cos1tuiscono il limite minimo, il valore neAo percepito dalla
domanda il limite massimo. Il prezzo eHe6vo è =ssato tra ques1 due estremi. Il posizionamento
del prezzo dipende anche dall’orientamento strategico dell’impresa, in par1colare da come essa
intende u1lizzare il prezzo come leva compe11va. L’impresa può =ssare:

• Il prezzo nella parte inferiore dell’intervallo, in tal caso si traAa di un prezzo di


penetrazione, in quanto favorisce una acquisizione rapida di quota di mercato.
• Il prezzo nella parte superiore dell’intervallo con l’intento di massimizzare la reddi1vità
delle vendite, in tal caso si traAa di un prezzo di scrematura, indicato par1colarmente per
prodo6 innova1vi.
• Ci sono molte situazione in cui i prezzi sono regola1 aAraverso provvedimen1 norma1vi.
Tale regolamentazione è adoAata nei merca1 in condizione di monopolio, oppure per
prodo6 o servizi di interesse pubblico. La regolamentazione consiste nella =ssazione di
parametri aAraverso cui si determina il pezzo e la sua variazione nel tempo tenendo conto
di un te2o massimo.

3. Comunicazione

La comunicazione può essere de=nita come un processo dinamico che incide sugli aAeggiamen1 e
sui comportamen1 delle persone e delle organizzazioni. La comunicazione può avere eHeAo sulle
diverse fasi che compongono il processo di acquisto da parte di un determinato soggeAo. Tali fasi
sono:
 Consapevolezza
 Conoscenza
 Adesione
 Preferenza
 Scelta

Il processo di comunicazione può essere descriAo aAraverso un modello cos1tuito da nove


elemen1.

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Il comunicatore e il ricevente sono gli aAori protagonis1 della comunicazione; il primo è la


persona che genera la comunicazione, indirizzandola al soggeAo o organizzazione ricevente. Il
contenuto della comunicazione deve essere codi[cato aAraverso l’uso di linguaggi, immagini e
forme che rendano comprensibile per il ricevente ciò che gli viene comunicato. Per mezzo della
codi=ca, il comunicatore crea le condizioni a[nché la comunicazione inauenzi concretamente il
sistema cogni1vo del ricevente; assume concretezza nel messaggio che è appunto un insieme di
linguaggi, immagini e simboli che il comunicatore trasmeAe al ricevente. Il canale rappresenta la
via aAraverso cui auisce il messaggio dal comunicatore al ricevente. Nel ricevere il messaggio il
ricevente ne decodi[ca i contenu1 in base al suo grado di comprensione degli elemen1 u1lizza1
dal comunicatore per codi=care il messaggio stesso. La comunicazione tende ad essere più
e[cacie quando avviene tra sogge6 che hanno ripetute occasioni di comunicare. Il processo di
comunicazione non è unilaterale ma circolare. Il ricevente può rispondere alla comunicazione
ricevuta aAraverso un nuovo messaggio che invia all’originario comunicatore. La risposta del
ricevente produce un feedback sul comunicatore: sorta di valutazione. La fase retroa6va della
risposta del ricevente e del conseguente feedback sui contenu1 della comunicazione non si
veri=ca sempre. Il suo manifestarsi dipende dal 1po di strumento di comunicazione u1lizzato. Il
funzionamento di questo processo è inauenzato da un certo livello rumore che cos1tuisce l’ul1ma
componente del modello di comunicazione. Il rumore indica l’insieme dei faAori che interferiscono
nella comunicazione tra comunicatore e ricevente, alterando la capacità di decodi=ca del
ricevente e i contenu1 del messaggio da questo eHe6vamente percepi1. Si manifesta nell’insieme
di altri messaggi genera1 nel sistema di cui fanno parte comunicatore e ricevente. Il
funzionamento del modello di comunicazione dipende innanzituAo dalla coerenza tra il modo in
cui il comunicatore codi=ca il messaggio e il modo in cui il ricevente lo decodi=ca.
La misura in cui il comunicatore è acceAato dal ricevente ed è percepito come credibile è una
determinante fondamentale del modo in cui il ricevente è eHe6vamente inauenzato dalla
comunicazione.
La strategia di comunicazione è ar1colata nelle seguen1 a6vità:
1. Occorre chiarire i sogge6 obie6vo della comunicazione. Divenuta rilevante anche la
comunicazione verso i principali stakeholder esterni ed interni ( =nanziatori, is1tuzioni,
dipenden1 etc.)
2. Iden1=cazione delle diverse aree di comunicazione dell’impresa:
 Commerciale: è rivolta ai clien1 =nali e/o intermedi dell’impresa e generalmente
focalizzata sopraAuAo sul prodoAo o sul servizio e sulla marca, per evidenziarne gli
elemen1 di valore.
 Economico-[nanziaria: è rivolta agli inves1tori e ad altri sogge6 interessa1 alla
solidità economico-=nanziaria dell’impresa e focalizzata sulla situazione patrimoniale,
=nanziaria e reddituale dell’impresa, sulle sue potenzialità di creazione di valore e
sulle modalità di raggiungere i target di risultato promessi
 Is-tuzionale: è rivolta agli organismi pubblici; ha per oggeAo l’impresa nel suo
insieme e riguarda il ruolo da essa svolto nella comunità di cui è parte e il valore
economico, sociale e ambientale generato aAraverso la sua a6vità.
 Interna: è rivolta a coloro che operano all’interno dell’azienda. Riguarda per un verso
gli orientamen1 strategici, gli obie6vi dell’azienda, per l’altro i fa6 principali che
caraAerizzano l’evoluzione dell’impresa

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Con riferimento al target scelto, si stabiliscono gli obie6vi della comunicazione

 Di 1po strategico: riguardano il posizionamento dell’impresa, della sua oHerta e


dei suoi marchi
 Di 1po taAco: lega1 a speci=che azioni di marke1ng compiute sul prodoAo

In linea generale la comunicazione persegue tre ordini di =nalità:


Fornire informazioni
Suscitare sen1men1 e a6tudini
S1molare azioni e comportamen1

Sulla base di ques1 obie6vi, la strategia di comunicazione può essere ar1colata in tre macro-fasi:
1. La predisposizione delle condizioni di base per l’a2uazione della strategia di
comunicazione: comprende l’iden1=cazione dei sogge6 target della comunicazione
e, rispeAo ai target, gli obie6vi che si vogliono raggiungere aAraverso la
comunicazione; in=ne è necessario considerare le risorse disponibili e predisporre
un budget
2. Esplicitazione della strategia
3. La misurazione dei risulta=

Il budget disponibile comunque vincola la scelta del mix di strumen1 di comunicazione u1lizzabili;
le leve della comunicazione sono rappresenta1 da:
 Pubblicità: comprende tuAe le forme di comunicazione a pagamento rivolta ad un pubblico
rela1vamente ampio e comunque non selezionato
 Promozione: consiste nelle azioni =nalizzate a s1molare il cliente =nale o gli intermediari
ad acquistare il prodoAo o il servizi; le azioni di promozione u1lizzano la leva del prezzo e
sono spesso legate a campagne pubblicitarie. Sono aAuate per un periodo di tempo
limitato.
 Relazioni pubbliche: riguarda inizia1ve di diverso 1po =nalizzate a sviluppare una relazione
posi1va tra l’impresa e varie categorie di interlocutori. Sono sviluppate con coloro che
possono inauenzare le condizioni di contesto in cui l’impresa si trova ad operare, quindi, in
primo luogo, gli organi di governo locale, regionale e nazionale.
 Propaganda: è cos1tuita da un insieme eterogeneo di a6vità, =nalizzate a raHorzare la
notorietà del prodoAo, della marca o dell’impresa realizzate da sogge6 terzi. In questo
ambito è faAo rientrare il “product placement”, che consiste nel posizionamento di un
prodoAo nell’ambito di scene di =lm o even1 pubblici.
 Marke-ng dire)o: comprende la comunicazione che l’impresa indirizza a singoli acquiren1
aAraverso strumen1 che le consentono di stabilire una relazione direAa con essi
 Vendita personale: è la comunicazione del prodoAo/servizio e della marca realizzata
personalmente dai venditori dell’impresa

DiHusione crescente registrano le modalità di comunicazione legate all’u1lizzazione di internet. In


primo luogo, la comunicazione dei social network , basata sul dialogo dell’impresa con i membri di
comunità virtuali; rilevante, nei servizi è la comunicazione virale, basata sul “passa parola”.

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Un’implementazione della comunicazione virale è il “buzz marke=ng” =nalizzato ad aumentare la


notorietà di un prodoAo, suscitando conversazioni, incontri. Interessan1 sono le esperienze di
“Street marke1ng”, in cui il prodoAo e il marchio sono comunica1 aAraverso performance
realizzate in maniera improvvisata nelle vie, piazze e nelle principali luoghi di aggregazione delle
ciAà. Si osservano esempi di “ambient marke=ng”, in cui l’impresa comunica il prodoAo e il
marchio in luoghi 1picamente frequenta1 dal target principale dove è possibile organizzare una
sorta di incontro reale . Il rilevo dei diversi strumen1 di comunicazione varia notevolmente in
relazione alla struAura del mercato e alle caraAeris1che del prodoAo o del servizio. Tanto più il
mercato è cos1tuito da un gruppo ristreAo di sogge6 e il prodoAo ha un valore elevato , quanto
più sono rilevan1 forme di comunicazione basate sull’interazione direAa tra impresa e target. In
relazione alle caraAeris1che tecniche degli strumen1 di comunicazione scel1 si procede alla
costruzione del messaggio di comunicazione e contemporaneamente alla scelta dei canali
aAraverso cui questo è diHuso. La strategia di comunicazione è completata dalla misurazione dei
risulta1, che comprende la predisposizione di analisi dei risulta1, e l’a6vità di rilevazione dei da1.
Per la misurazione dei risulta1 di un piano di comunicazione, sono codi=ca1 una serie di
parametri:
 Numero di contraA lordi: è dato dal numero di colte che i sogge6 appartenen1 al
segmento target sono espos1 a un determinato messaggio comunicazionale, indica la
probabilità che un soggeAo sia “colpito” dal messaggio;
 Numero di contaA neA: Indica il numero di individui apparen1 al segmento target
“colpi1” almeno una volta dal messaggio, al neAo quindi delle repliche del messaggio dallo
stesso veicolo o da altri veicoli;
 Copertura ne)a: è data dal rapporto tra numero di conta6 ne6 e numero di appartenen1
al segmento target;
 Frequenza media: è data dal rapporto tra numero conta6 lordi e numero conta6 ne6 ed
è riferita a un certo orizzonte temporale.

4. Distribuzione

Con il termine gesNone commerciale si intende la ges1one delle a6vità più direAamente
riguardan1 la vendita e in par1colare:
 Organizzazione dei canali distribu=vi;
 Sviluppo dei servizi commerciali dell’ambito dei canali distribu=vi;

I canali distribui1 sono cos1tui1 da un insieme di sogge6 che realizzano le varie a6vità necessarie
per rendere il prodoAo o il servizio disponibile al suo acquirente =nale e da ques1 acquistabile
nelle modalità che ri1ene più convincen1. Tali sogge6 sono intermediari commerciali L’impresa
deve interagire con gli intermediari commerciali per favorire il migliore accesso del proprio
prodoAo o servizio al mercato =nale. Entro i cer1 limi1, l’impresa può anche cercare di organizzare
i canali distribu1vi nella maniera per essa più conveniente, =no a integrarsi a valle, arrivando a un
rapporto direAo con il cliente =nale.

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La dis1nzione dei canali distribu-vi in funzione della loro “lunghezza”, ovvero del numero di
intermediari commerciali che intervengono nel favorire il passaggio del prodoAo dal s