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CAPITOLO 1
FEEDBACK: è la risposta che un insegnante fornisce all’allievo e che agisce da segnale orientativo
permettendo a questi di comprendere se sta procedendo nella giusta via o se deve cambiare rotta.
VALUTAZIONE FORMATIVA: riguarda l’insieme delle valutazioni intermedie con valore orientativo che
l’educatore fornisce all’allievo in itinere
MOTIVAZIONE: spesso gli educatori si trovano a fare i conti con alunni senza motivazione. Ci sono 3 punti di
vista con cui oggi viene affrontato questo problema: 1) MODELLO DI SKINNER – MOTIVAZIONE ESTRINSECA:
per Skinner è il rinforzo positivo, cioè la risposta gratificante che viene data all’allievo che si comporta
secondo quanto auspicato; attraverso un uso sistematico del rinforzo positivo egli ritiene che si possa
alimentare la motivazione ad apprendere. 2) MODELLO DI BRUNER – MOTIVAZIONE INTRINSECA: per
Bruner è il piacere in sé dell’apprendere e dell’uso di una nuova conoscenza. La motivazione potrebbe
emergere e rafforzarsi in itinere facendo percepire all’allievo il piacere derivante dal conseguimento di una
progressiva padronanza in un determinato ambito, anche se ciò non è facile. 3) MODELLO DI BANDURA:
Bandura integra le due posizioni. Egli ha indagato come si costruisce l’AUTOEFFICACIA, per lui il vero
motore motivazionale dell’apprendimento. L’autoefficacia si alimenta indipendentemente dai rinforzi
tangibili, quando un soggetto constata di aver raggiunto un risultato in accordo con i propri standard
personali. La Motivazione è la forza che induce il soggetto al compimento di una azione o al conseguimento
di un obiettivo. La motivazione può essere indotta o facilitata da meccanismi premianti esterni (rinforzi
positivi) oppure può essere interna o intrinseca, come quando il soggetto è spinto dal piacere in sé
dell’azione; nel caso dell’apprendimento si può avere motivazione interna quando il soggetto apprende per
il gusto di apprendere. La motivazione interna può essere favorita dalla consapevolezza dell’autoefficacia
del comportamento.
I LIMITI COGNITIVI DELLA MEMORIA DI LAVORO: un’acquisizione significante concerne il fatto che la
nostra mente ha dei precisi limiti nella possibilità di trattare informazioni o conoscenze in arrivo. Secondo il
cognitivismo, la MEMORIA è formata da 3 sottosistemi: MEMORIA SENSORIALE, MEMORIA DI LAVORO o A
BREVE TERMINE, MEMORIA A LUNGO TERMINE. Il primo incontro con le informazioni avviene nella
MEMORIA SENSORIALE; questa si avvale di due modalità a seconda che si tratti di immagini o suoni.
L’attenzione filtra istantaneamente queste informazioni, le codifica, le organizza rendendole disponibili per
entrare nella MEMORIA DI LAVORO, che continua il trattamento nei due canali distinti (visivo e acustico). La
MEMORIA DI LAVORO non ha però una grande capacità di contenimento, e le informazioni sono destinate a
decadere. Le informazioni possono sopravvivere se sono trasferite nella MEMORIA A LUNGO TERMINE, un
magazzino che ha ampia capacità di conservazione in virtù del fatto che vengono strutturate connettendole
ad altre conoscenza già possedute.
CARICO COGNITIVO: si riferisce alla quantità di impegno di elaborazione che si produce nella memoria di
lavoro. In molti casi l’insegnamento non funziona perché non tiene conto del collo della bottiglia del nostro
sistema cognitivo rappresentato dai limiti della memoria di lavoro e dal fatto che l’allievo non è messo in
grado di trovare le connessioni tra le nuove conoscenze e le preconoscenze. La riflessione sul carico
cognitivo, ha portato alla distinzione tra: CARICO COGNITIVO ESTRANEO, INTRINSECO E PERTINENTE. 1) Il
CARICO COGNITIVO ESTRANEO riguarda le forme di attività cognitiva che distraggono da ciò che è
significativo per l’apprendimento. Esso va dunque eliminato o ridotto allo scopo di lasciare spazio di
memoria per attivare processi cognitivi utili. 2) Il CARICO COGNITIVO INTRINSECO è il carico di lavoro
imposto di per sé da un determinato compito; questo tipo di carico si può presentare più o meno
complesso in funzione dell’expertise dell’alunno. Quando il carico cognitivo intrinseco è troppo alto,
bisogna che gli educatori provvedano a ridurlo con particolari tecniche (scomposizione e
sequenzializzazione del compito in fasi). 3) Il CARICO COGNITIVO PERTINENTE si riferisce all’impegno
cognitivo utile, quello che la mente impiega per apprendere effettivamente. Il carico cognitivo è un
costrutto elaborato in ambito cognitivista. Può essere definito come la quantità totale di attività mentale
imposta alla memoria di lavoro in un dato momento, che varia in funzione dei rapporti tra contenuti,
studente e contesto di apprendimento. Si distingue in: Carico cognitivo estraneo, intrinseco e pertinente. Il
primo riguarda tutto ciò che causa una dispersione e sottrae energie cognitive dalla soluzione del problema,
e dunque va tenuto quanto più basso e se possibile eliminato. Il secondo deriva dalla richiesta posta dal
compito/problema e può/deve essere ridotto con la scomposizione del compito qualora rimanga difficile. Il
terzo va tenuto alto, perché riguarda l’impiego dell’attività mentale correttamente convogliata verso la
soluzione del problema.
MODELLAMENTO E FADING: deriva dal mondo dell’apprendistato. E’ la modalità con cui la società ha fatto
ricorso per far acquisire ai novizi la cultura depositaria. Impiega 4 importanti strategie: 1. modelling, in cui
l’apprendista osserva ed imita il maestro che dimostra come fare; 2. coaching, in cui il maestro assiste
continuamente secondo le necessità; 3. scaffolding, in cui si fornisce un sistema di appoggio all’apprendista;
4. fading, in cui il maestro riduce gradualmente la guida in modo da dare a chi apprende uno spazio
progressivamente maggiore di responsabilità. Quest’ultimo, il fading, è riferito all’intervento istruttivo che
progressivamente si riduce; dapprima l’esperto mostra all’allievo come fare, orientandolo su compiti molto
semplici, lo aiuta se sbaglia, successivamente passa ad un compito un po' più complesso seguendo la stessa
procedura. Procedendo in tal modo alla fine l’esperto arriverà a lasciare l’allievo in condizione di affrontare
da solo il compito complesso nella sua interezza; la guida progressivamente si dissolve.
INSEGNANTI EFFICACI: ROSENSHINE ha raccolto la sintesi in alcuni concetti base sul comportamento di un
insegnante efficace. Le funzioni per insegnare compiti ben strutturati sono: 1. REVISIONE (revisiona i
compiti a casa; gli apprendimenti precedenti; i prerequisiti e le conoscenze necessari per la lezione; compie
revisioni settimanali o mensili). 2. PRESENTAZIONE (definisce la meta della lezione; presenta il novo
materiale a piccoli passi; modella le procedure; presenta esempi positivi e negativi; usa un linguaggio
chiaro; controlla la comprensione dello studente; evita digressioni). 3. PRATICA GUIDATA (dedica molto
tempo alla pratica guidata; impiega domande; mette gli alunni in condizione di rispondere e di ricevere i
feedback). 4. FEEDBACK E SOSTEGNO (offre visione di sintesi e aiuto costante durante i passi iniziali;
fornisce feedback frequenti con elementi di sostegno quando le risposte sono sbagliate; ridisegna i
materiali quando necessario; fornisce supervisione e predispone routine specifiche per aiuti a studenti più
lenti). Gli insegnanti efficaci sono attenti ai collegamenti tra le conoscenze, iniziando ad esempio la lezione
con una breve rassegna dell’apprendimento precedente e una veloce presentazione di cosa vogliono
ottenere; concludono con una sintesi; presentano nuovi materiali a piccoli passi per non sovraccaricare la
memoria di lavoro; pongono domande; controllano sistematicamente la comprensione degli studenti
raccogliendo le risposte; forniscono feedback sistematici; ristrutturano semplificando il compito in caso di
necessità; aiutano gli studenti usando i prompt (suggerimenti) procedurali. Secondo Rosenshine si possono
individuare i seguenti aspetti: 1. Importanza di una conoscenza ben organizzata: aiutare gli studenti a
strutturare le informazioni in pattern coesi è importante. Una struttura ben organizzata rappresenta una
forma di semplificazione ed è un modo per conservare meglio le conoscenze. 2. Fiducia nel conseguimento
degli obiettivi: deriva dal mastery learning; gli insegnanti esperti comunicano sin dall’inizio la loro fiducia in
un alto conseguimento. 3. Importanza della pratica guidata: l’insegnante esperto dedica meno tempo
all’esposizione o lezione; mette subito gli allievi a lavoro. Fornisce molta assistenza mentre essi affrontano
esercizi in fase di avvio. 4. Importanza della scomposizione della complessità del compito: gli insegnanti
esperti suddividono il compito in passi semplici per evitare sovraccarico cognitivo e mettono l’allievo alla
prova. Forniscono feedback e correzione immediata senza lasciare correre tempo dalla prestazione. 5.
Capacità di usare il modellamento e il pensare ad alta voce: gli insegnanti esperti fanno vedere come si
deve fare, con dimostrazioni e accompagnate spesso dal pensiero ad alta voce. Allo stesso tempo
incoraggiano gli allievi ad interiorizzare la procedura avvalendosi anche essi del pensiero a voce alta. 6.
Attività cognitive alte: l’elaborazione da parte dello studente può avvenire in diversi livelli. Una cosa è
guardare velocemente un testo per vedere se contiene una parola, una cosa è riassumerlo; questa attività
comporta una elaborazione più profonda perché lo studente deve ricostruire il senso. Gli insegnanti esperti
invitano gli studenti di avvalersi di attività riflessive e metacognitive. 7. Aiutare gli studenti a rendere
maneggevoli le conoscenze: gli insegnanti esperti si rendono conto che gli alunni possono incontrare
difficoltà. Mentre cercano di ridurre la quantità delle conoscenze stesse, forniscono supporto cognitivo
(scaffold) utili agli studenti per rendere maneggevoli quelle conoscenze. L’insegnante efficace si sa muovere
con flessibilità e sicurezza nella zona di negoziazione che si crea tra conoscenze nuove e preconoscenze, sa
proporre impalcature, sa adattarle, spinge gli alunni ad esprimere i propri schemi, e a riesaminarli
consapevolmente. Quando gli studenti sono incoraggiati a costruire idee per proprio conto, pervengono
spesso a concezioni sbagliate; l’insegnante esperto conosce il rischio e supervisiona e interviene per evitare
che schemi sbagliati si possano consolidare.
CAPITOLO 2
LEZIONE: ESPOSITIVA: docente oratore; caratteristica principale è linearità sequenzialità. Non sempre è
inefficace se l’espositore sa tenere sotto controllo la cadenza espositiva, il tono, la voce. Al suo fianco oggi si
possono usare anche supporti visivi o multimediali, ciò può migliorare la comunicazione didattica ma
rappresentare un ostacolo per apprendimento. ANTICIPATIVA: breve informazione in cui si presentano agli
allievi i concetti che anticipano le acquisizioni importanti che devono essere apprese. L’insegnante
introduce una rapida idea, un grafico di sintesi, di quello che gli alunni dovranno imparare. Si può
trasformare anche in una discussione per far emergere le preconoscenze degli alunni. NARRATIVA:
carattere di racconto. Permette una presentazione concreta di dati esperenziali, e quindi di più immediata
comprensione. SOCRATICA O EURISTICA: carattere dialogico. L’insegnante alterna brevi esposizioni a
domande o frasi non complete. L’alunno non è ascoltatore ma prende parte alla formulazione di contenuti
nelle interruzioni, spazi, che il docente solleva. METODOLOGICA: esposizione orientata a fornire contenuti
con intervento orientato a fornire consegne di lavoro circa attività che l’alunno deve compiere.
APPROCCIO TUTORIALE: tipologie caratterizzate da una stretta interazione tra docente e alunno con il tutor
che accompagna l’allievo verso compiti complessi. Docente invita lo studente ad agire, allievo esegue, il
tutor valuta e ripropone a seconda del risultato un compito nuovo. ISTRUZIONE PROGRAMMATA:
apprendimento diviso in piccole unità di conoscenza, accompagnate da domande o esercizi, con controllo
immediato delle risposte. MODELLAMENTO/PRATICA GUIDATA: implica ad insegnare con esempio
dimostrativo. L’esperto mostra come si deve fare; come si usa uno strumento.
PROBLEM SOLVING: percorso che muove da un problema che stimola alla formulazione di ipotesi, tentativi
successivi di adattamento e verifica. Non ha niente a che fare con eseguire un esercizio. Infatti esso richiede
che il problema non sia definito, deve cioè mantenere gradi di apertura e supporre molteplici soluzioni per
indurre lo studente a prendere decisioni e difendere punti di vista. PROBLEM BASED LEARNING: per
formularlo si deve identificare il concetto, contestualizzarlo in un problema o caso reale, individuare
interrogativi a cui gli studenti risponderanno e devono dare risposte. DISCUSIONE SOCRATICA: processo di
scambio/confronto di idee. Interazione dialettica volta a risolvere il problema attraverso il dialogo,
domandare, sollevare dubbi. Il ruolo del docente si sposta come tutor facilitatore che non trasmette
conoscenze ma supporta lo studente nelle attività cognitive, come pensare ragionare.
SIMULAZIONE: riprodurre problemi ed eventi simili al mondo reale, per far si che lo studente agisca in un
ambiente controllato, e apprende le conseguenze delle sue azioni. 2 tipi: SIMBOLICA: valenza più teorica, si
presenta in una vasta varietà di forme e gradi da quelli meno strutturati a quelli più sofisticati.
ESPERENZIALE: drammatizzazione si presenta all’allievo una situazione fittizia e si chiede di assumere
decisioni e agire autonomamente. 2 tipologie: role playing e studio di caso
APPRENDIMENTO DI GRUPPO: diverse modalità: forme di sostegno reciprocità tutoraggio tra pari, e
apprendimento cooperativo/collaborativo. Peer tutoring (gli allievi si aiutano a vicenda, apprendono loro
stessi il concetto di insegnare)
ESPRESSIONE AUTONOMA: attività che valorizzano la capacità espressiva autonoma partendo da una
consegna di lavoro: progetto/ricerca; Brainstormig/espressione libera individuale: discussione di gruppo in
cui si chiede si esprimente liberamente le idee su un determinato argomento, serve per affiorare i punti di
vista.