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Dibattito tra Machiavelli e Cartesio

Il tema della fortuna è stato oggetto di riflessione e di dibattito tra molti pensatori. Tra i
filosofi rinascimentali studiati quest’anno, ci siamo soffermati sulle massime di Cartesio e
sul pensiero di Machiavelli proprio inerenti il concetto della fortuna. Per quest’ultimo la
fortuna, intesa come sorte o casualità, è arbitra per metà delle vicende umane. Il fato
inevitabilmente pone sulla strada dell’uomo degli ostacoli e lo mette alla prova, ma vi è
un’arma con la quale far fronte ai colpi della fortuna: la virtù. Questo valore, per
Machiavelli, consiste nel sapere approntare delle difese, affinché si possa resistere meglio
alle sventure che il destino presenta. È per questo che, se la fortuna determina per metà le
vicende della vita umana, l’altra metà appartiene all’uomo che, grazie alla virtù, saprà
prepararsi adeguatamente e sfruttare i momenti favorevoli. Cartesio afferma invece che
occorre […] “cambiare i miei desideri piuttosto che l’ordine del mondo” e io ho scelto di
analizzare quest’ultima affermazione. Cartesio nella sua terza massima che si trova
all’interno del libro “Discorso sul metodo” asserisce che solo il pensiero umano può essere
totalmente in nostro potere e guidato dal nostro libero arbitrio. In questo precetto il filosofo
sostiene che la sorte fa parte della nostra vita e che gli eventi del mondo sono
esclusivamente riconducibili al caso. Cartesio sperimenta inoltre l’impotenza dei propri
desideri che cercano di trasformare ciò che è necessario in qualcosa di sottomesso alla
volontà umana. L’appagamento dunque non proviene dalla soddisfazione dei propri desideri
e passioni ma dall’uso giusto e corretto della ragione che dipende unicamente dal soggetto.
L’uomo è padrone assoluto della propria interiorità e di conseguenza della propria felicità.
Quest’ultima può essere considerata in modi diversi: per alcuni è solamente qualcosa di
esterno al soggetto, legata al desiderio di ricchezze e piaceri. Per Cartesio e altri invece la
felicità è interna e i beni materiali e onori non possono essere sottomessi a poteri personali.
Il filosofo scrisse anche che sarebbe stato utile imitare i filosofi stoici, felici anche nel
dolore e nella povertà, poiché disponevano dei loro pensieri che li rendevano ricchi, potenti
e più liberi di qualunque altro uomo. Questa regola rimase il caposaldo della morale di
Cartesio.

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