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CAP 1 LA PERSONALITA’ DEL POLITICO (Vecchione – Caprara)

In molte democrazie del mondo occidentale, la politica moderna sta diventando sempre più
personalizzata dal momento che le caratteristiche individuali degli elettori e dei candidati
assumono sempre più importanza. Ciò è dovuto anche ad altre due ragioni. La prima, le scelte
politiche sono più individualizzate, dal momento che dipendono sempre più dall’apprezzamento e
dalle euristiche degli elettori piuttosto che dalle variabili socio-demografiche comunemente prese in
considerazione per descriverle. La seconda, i candidati si sono interessati di più alla trasmissione
di immagini personali positive e di racconti accattivanti che siano graditi ai potenziali elettori
piuttosto che a promuovere un’ideologia politica. Tra i fattori che contribuiscono a questo processo
ci sono: più alti livelli di istruzione dell’elettorato, un più ampio accesso a informazioni sempre
reperibili, la diminuzione del numero e della diversità tra i partiti politici e la somiglianza dei
programmi sostenuti dai partiti avversari. Inoltre i media moderni, in particolar modo la televisione,
sono diventati veicoli personalizzanti, in grado di dare notevole risalto alle vicende personali degli
attori politici. Le caratteristiche di personalità dei singoli candidati, o quelle che si attribuiscono loro,
sembrano svolgere un ruolo di crescente rilievo nell’orientare preferenze e decisioni di voto.
È possibile individuare tre principali filoni di ricerca che si distinguono soprattutto per la
prospettiva adottata nella raccolta delle osservazioni:

1. La personalità del politico tramite metodi indiretti (materiale d’archivio, valutazioni storici,
biografi e giudici esperti)
Numerose ricerche sulla personalità dei politici hanno adottato varie tecniche indirette che
consentono di valutare la personalità a distanza. Nell’ambito di questa tradizione di ricerche, gli
studiosi si sono concentrati su una molteplicità di dimensioni della personalità ritenute rilevanti ai
fini dell’esercizio della leadership, quali il carisma, la motivazione al potere e l’intelligenza. Le
psicobiografie dei politici hanno suscitato grande interesse tra gli addetti ai lavori e non solo; esse,
tuttavia, sono soggette a dei limiti poiché inevitabilmente si riflettono le inclinazioni personali e gli
orientamenti teorici dello psicobiografo. L’utilizzo di tecniche più oggettive, come l’analisi del
contenuto di scritti e discorsi a opera di diversi giudici indipendenti, ha consentito di gettare luce
sulle caratteristiche personali di numerosi politici. In particolare, questo approccio ha consentito di
esaminare un’ampia gamma di disposizioni personali, quali le motivazioni (Winter, 1992), i tratti
(Etheredge, 1978), gli stili decisionali e relazionali (Prost, 2003) e le abilità cognitive ( Simonton,
2006).

- Winter (le motivazioni)


ha sviluppato una metodologia che consente di studiare le motivazioni dei politici a distanza,
tramite l’analisi dei discorsi elettorali. L’approccio si fonda sull’assunto secondo il quale le persone
percepiscono il mondo in base ai motivi predominanti, che si riflettono nel loro modo di esprimersi
e comunicare. Tale autore ha sottolineato l’importanza della motivazione al potere nella
personalità dei presidenti americani. In questi studi, per esempio, il bisogno di potere è risultato
associato a una maggiore efficienza in politica interna e a una maggiore inflessibilità in politica
estera; d’altra parte, una motivazione a potere combinata a una discreta motivazione affiliativa è
risultata più frequentemente collegata a una maggiore moderazione in politica estera, ma anche a
un eccesso di nepotismo a livello di politica interna. Recentemente Winter (2009) ha valutato il
profilo motivazionale dell’attuale presidente degli Stati Uniti Barack Obama, basandosi sul discorso
inaugurale in occasione del suo insediamento alla Casa Bianca, egli ha evidenziato come il
presidente presenti un livello medio nel bisogno di riuscita, un elevato bisogno di affiliazione,
superiore alla media della popolazione, e un bisogno molto elevato di potere. Come sottolinea lo
psicologo statunitense, tale combinazione è particolarmente vantaggiosa per chi deve ricoprire una
carica presidenziale.
- Etheredge si è focalizzato sui tratti interpersonali di personalità, in particolare associazione
tratti di dominanza ed estroversione e la politica estera. es. politica dei dominanti-estroversi
caratterizzata dalla ricerca di integrazione globale, poco dominanti-estroversi conciliazione,
dominanti-introversi consolidamento blocchi e alleanze, poco dominanti-introversi mantenimento
status quo.
- Barber le tre componenti fondamentali per valutare la personalità di un politico sono carattere,
stile e concezione di vita. Ha individuato quindi due dimensioni fondamentali: attività o passività
e orientamento positivo o negativo verso la propria attività.
- Tetlock (studio sulle abilità cognitive) nessi tra appartenenza politica e la complessità
integrativa, cioè la capacità di differenziare e integrare info diverse relativamente a medesimi
oggetti o eventi. È caratterizzata da due dimensioni principali: capacità di differenziazione
(capacità di adottare diverse prospettive nel valutare un argomento) e capacità di integrazione
(capacità di riconoscere collegamenti e somiglianze tra diversi punti di vista). È emersa una
complessità integrativa maggiore tra i moderati rispetto agli estremisti, in linea con quanto emerso
negli studi sugli elettori. Maggiore complessità integrativa tra i liberali rispetto ai conservatori, in
accordo con la teoria della personalità autoritaria, secondo cui l’ideologia conservatrice si associa
ad un funzionamento cognitivo più rigido e meno complesso rispetto ai liberali. Tuttavia il successo
raggiunto da ciascun politico non è ascrivibile alla complessità cognitiva in sè, ma alla capacità di
saperla adattare a quanto richiesto dalla situazione. Gli stili cambiano anche in base
all’interlocutore che il politico si trova davanti li per li.
- Thoemmes e Conway hanno recentemente applicato l’analisi del contenuto ai discorsi dei
politici, al fine di valutare la complessità dello stile cognitivo di 41 presidenti degli Stati Uniti. I
risultati suggeriscono tuttavia che il successo raggiunto da ciascun presidente non è
ascrivibile alla complessità cognitiva in sé ma alla capacità di saperla adattare a quanto
richiesto dalla situazione. I leader di successo, per esempio, ricorrono a uno stile semplice e
diretto nei discorsi rivolti al pubblico, soprattutto in prossimità delle elezioni, mentre evidenziano
una notevole complessità nella gestione delle attività governative.
Il limite di questi studi risiede probabilmente nella mancanza di una teoria complessiva del
funzionamento della personalità, che consenta di integrare le conclusioni cui sono pervenuti i vari
autori.
Gli studi di Rubenzer hanno in parte superato tali limiti, riferendosi a tassonomie comprensive, o
quantomeno sufficientemente ampie da includere le principali differenze individuali nella sfera della
personalità. Rubenzer e co si sono serviti di strumenti di valutazione della personalità ampiamente
consolidati, come i questionari di auto valutazione e le liste di aggettivi relativi al modello dei
Cinque Grandi Fattori, per raccogliere le valutazioni di storici, biografi ed esperti del settore, infine
approdare ai profili di personalità di tutti i presidenti degli Stati Uniti d’America. In ambito politico, il
modello dei Big Five è stato in grado di fornire una classificazione condivisa delle principali
dimensioni cui sono riconducibili i diversi aggettivi che si impiegano per descrivere la personalità:
Estroversione, Amicalità, Coscienziosità, Stabilità Emotiva e Apertura. All’Estroversione
corrisponde l’agire vigorosamente e dinamicamente, alla facilità di parola e alla tendenza a
primeggiare; all’Amicalità sono riconducibili l’altruismo, la generosità, l’affabilità e la fiducia negli
altri; alla Coscienziosità la puntualità, l’affidabilità e la perseveranza; alla Stabilità Emotiva il
controllo degli impulsi e delle emozioni, l’equilibrio e la serenità; all’Apertura mentale la creatività,
la fantasia, l’interesse per la cultura e la curiosità per il nuovo. Apertura mentale ed estroversione
risultano le dimensioni più importanti per il raggiungimento degli obiettivi nel proprio mandato.
- Simonton (abilità cognitive)
ha fornito per ciascun presidente una stima del quoziente intellettivo. L’intelligenza è tipicamente
associata a una varietà di attributi rilevanti per l’esercizio della leadership, come il carisma e la
creatività.
Gli studi fin qui descritti si basano su dati d’archivio, testimonianze e informazioni che non derivano
direttamente dal politico. Si tratta di fonti che presentano l’innegabile vantaggio di poter essere
impiegate anche per personaggi illustri del passato. Tali studi, tuttavia, non sono sufficienti a
rendere conto delle componenti più soggettive della personalità. Nel caso delle biografie è spesso
difficile stabilire quanto esse rispecchino i valori, i motivi e le convinzioni del protagonista, piuttosto
che le ipotesi o le simpatie del biografo. In realtà solo gli interessati possono svelarci i loro modi di
porsi in rapporto con il mondo, le loro abitudini, le convinzioni e ambizioni.

2. Il leader si racconta (questionari standardizzati per la misurazione della personalità)


Questo filone di studi ha esaminato la personalità dei leader per come viene riportata dai politici
stessi, attraverso la compilazione di questionari standardizzati per la misurazione di varie
dimensioni della personalità. Tuttavia queste ricerche sono particolarmente esigue e talmente
diverse da non permettere generalizzazioni. Lo studio di Costantini e Craik (1980) sulla
personalità di militanti e politici della California rappresenta uno dei contributi più importanti, sia per
l’affidabilità degli strumenti sia per l’ampiezza della popolazione esaminata. Nei politici è stata
evidenziata una maggiore inclinazione alla riuscita e più sicurezza in se stessi rispetto alla
popolazione generale. I democratici sono risultati più labili e autocentrati dei repubblicani, che
invece sono risultati più adattati, resistenti, ordinati e autocontrollati. Converse (1964) negli anni
sessanta ha evidenziato come l’élite politica disponga di un sistema di idee, credenze e
atteggiamenti ben organizzato e strettamente interconnesso con le preferenze ideologiche, più di
quanto accada nel cittadino medio, spesso poco interessato alla politica, in cui i sistemi di
credenze politiche rappresentano un insieme di nozioni piuttosto vago e poco coerente. È
probabile che la maggiore corrispondenza nei politici tra presentazione di sé e collocazione
ideologica si rinforzi con il passare del tempo: la pressione sociale richiede infatti che i politici si
presentino in accordo con i principi ideologici che affermano di sostenere.

3. Come gli elettori organizzano le informazioni sulla personalità del politico


Il limite delle ricerche precedenti è rappresentato dalla mancanza di sicurezza sulla
corrispondenza tra descrizioni auto-riferite del politico e il modo in cui l’elettore lo percepisce. Gli
elettori delle moderne democrazie ricorrono a strategie conoscitive nelle quali la personalità dei
candidati assume un ruolo centrale come ancora delle loro impressioni e decisioni, come le
euristiche che permettono di organizzare in breve tempo la massa di informazioni in entrata e di
semplificare le scelte politiche.
A tal proposito, alcune recenti ricerche ci aiutano a conoscere gli aspetti di personalità dei politici
che contano di più nell’impressione che ne ricevono gli elettori.
In occasione delle elezioni politiche del 1996 che ponevano di fronte per la prima volta Romano
Prodi e Silvio Berlusconi, è stato condotto uno studio per scoprire quali fossero le caratteristiche
distintive dei due candidati politici, i punti di forza e di debolezza nella percezione dei loro
sostenitori e avversari. In prossimità delle elezioni, è stato chiesto ad oltre un migliaio di elettori di
diversa condizione economica, età e residenza geografica, di valutare i tratti di personalità dei due
candidati politici, utilizzando una lista di aggettivi previamente selezionati tra i descrittori proto tipici
dei cinque grandi fattori. Attraverso l’analisi fattoriale si è evidenziato una soluzione a due fattori,
molto diversa alla consueta struttura penta fattoriale. Le dimensioni Energia e Apertura mentale si
sono aggregate su un primo fattore, che è stato definito Leadership ; le dimensioni di Amicalità,
Coscienziosità e Stabilità emotiva si sono aggregate su un secondo fattore, che è stato definito
Integrità. I due fattori emersi pur essendo una combinazione dei cinque fattori sono caratterizzati
in maniera preponderante dagli aggettivi riconducibili alle dimensioni Energia e Amicalità.
Nell’impressione che l’elettorato si fa del politico, sembra che tali tratti funzionano da “attrattori”,
calamitando su di sé e soppiantando tutti gli altri. Evidentemente Energia e Amicalità
rappresentano al meglio quelle esigenze di competenza, lealtà, affidabilità e carisma che toccano
di più il cuore e la testa dell’elettorato e sono le stesse dimensioni rispetto alle quali i politici italiani
hanno presentato valori superiori rispetto alla media della popolazione, evidenziando una certa
corrispondenza tra il modo in cui il politico si descrive e le percezioni che l’elettore trae dalla
rappresentazione mediatica del politico.
Gli stessi fattori, corrispondenti alle medesime combinazioni, sono emersi anche a distanza di
tempo. Nel 2004 quando Prodi e Berlusconi occupavano posizioni politiche diverse, è stata
replicata la medesima ricerca, producendo gli stessi risultati relativi ai due fattori evidenziando un
vantaggio di Berlusconi nella dimensione della Leadership e quello di Prodi nella dimensione
dell’Integrità, in accordo con le immagini dei rispettivi personaggi veicolate dai mass media, che
hanno frequentemente associato la personalità di Berlusconi al dinamismo e all’imprenditorialità, e
quella di Prodi alla cordialità e all’onestà. Ci si potrebbe domandare se tale fenomeno dipenda
essenzialmente dal fatto che la conoscenza dei leader politici è perlopiù indiretta e largamente
influenzata da quanto riportato dai mass media. Tuttavia, quando sono state esaminate le
valutazioni di celebrità dello sport e dello spettacolo, che, come i politici, il pubblico conosce
attraverso i media, l’analisi fattoriale ha evidenziato la classica struttura penta fattoriale.
E’ probabile che la semplificazione che si osserva nella valutazione della personalità dei politici
derivi da una strategia cognitiva che permette agli elettori di far fronte al massiccio flusso di
informazioni cui sono esposti. Evidentemente, quando si tratta di valutare i politici, il giudizio degli
individui tende a ridursi alle dimensioni che maggiormente contano per la politica, e che per questo
risultano più salienti nell’impressione che l’elettore si fa del politico.
Quindi se Leadership e Integrità rimandano alle caratteristiche personali più salienti nel giudizio
degli elettori, è opportuno interrogarsi sul peso relativo che i due fattori hanno nell’orientare le
scelte degli elettori. In altri termini, che cosa conta di più nell’impressione degli elettori?
Sorprendentemente il fattore che presenta la maggiore capacità predittiva non è quello più
caratteristico del rispettivo candidato, ovvero quello largamente riconosciuto dall’opinione
pubblica, ma il tratto in cui il candidato sembra più vulnerabile: la Leadership in Prodi e
l’Integrità in Berlusconi. Tali risultati sono un fenomeno noto in psicologia, secondo cui gli aspetti
negativi hanno, rispetto a quelli positivi, un impatto maggiore su giudizi e valutazioni, poiché sono
più salienti e maggiormente suscettibili di attrarre l’attenzione: effetto negatività. Nel caso della
percezione dei politici, l’effetto negativo associato alla carenza di un tratto desiderabile, assume un
peso determinante nell’orientare le scelte di voto, più importante del riconoscimento di un tratto
parimenti desiderabile.
Il Leader allo specchio
Un altro filone di ricerche ha permesso documentare il grado in cui le preferenze elettorali si
associano alla somiglianza tra la personalità degli elettori e le loro percezioni della personalità dei
politici. Diversi studi, infatti, attestano che gli elettori tendono a preferire i candidati con
atteggiamenti percepiti come simili ai propri su una varietà di tematiche in materia di
sicurezza sociale, istruzione pubblica, politica fiscale.
Altre ricerche, più sorprendentemente, hanno rilevato il medesimo effetto in relazione ai tratti di
personalità, ovvero disposizioni di base che predispongono a determinare condotte abituali in
un’ampia gamma di contesti e situazioni, come la scuola, il lavoro, la famiglia. In questo studio
sono emersi i medesimi risultati in diversi contesti culturali e politici, quali Stati Uniti, l’Italia e la
Spagna. Elettori americani, italiani e spagnoli hanno compilato lo stesso questionario composto da
una lista di aggettivi che consentono di valutare, oltre alla propria personalità, anche quelle delle
rispettive figure politiche. Per verificare la somiglianza percepita è stato calcolato un coefficiente di
similarità tra le risposte fornite alle due liste di
aggettivi. I risultati hanno evidenziato una maggiore similarità tra politici ed elettori della stessa
parte politica. Evidentemente più i candidati politici vengono percepiti degli elettori come simili a se
stessi, più vengono valutati positivamente, e maggiore è l’intenzione di votarli.
Conclusioni
Alla base del successo politico vi sono spesso caratteristiche riconducibili all’inclinazione al potere
e alla riuscita, alla dominanza e all’estroversione, all’apertura mentale, all’intelligenza e alla
flessibilità cognitiva, e quindi alle capacità di comunicare efficacemente con il pubblico, di veicolare
messaggi in modo chiaro e persuasivo, e di gestire la complessità richiesta dal ruolo. Altri studi
hanno invece documentato che per gli elettori ciò che conta in un candidato sono soprattutto
Integrità e Leadership, che sembrano rappresentare le dimensioni di personalità più socialmente
appetibili, probabilmente quelle che vengono maggiormente privilegiate dai media. Soprattutto i
tratti sembrano svolgere un ruolo di rilievo nella percezione degli elettori. Ragionare sui politici in
termini di tratti corrisponde infatti a una sorta di euristica disposizionale, che trova nelle
disposizioni degli organizzatori informazioni relative ad altre persone. Poiché si tratta di
caratteristiche individuali ritenute stabili, i tratti ci consentono di descrivere e di distinguere le
persone le une dalle altre, di fare previsioni sui nostri comportamenti e su quelli altrui. Se non
facessimo ricorso ai tratti, non potremmo parlare di noi e degli altri, non sapremmo come
comportarci con un conoscente o uno sconosciuto, non potremmo avere fiducia o nutrire
aspettative di alcun tipo. Ad esempio quando diciamo che una persona è coscienziosa,
generalmente rendiamo conto, con un’unica parola, di varie impressioni relative alla sua diligenza
e affidabilità, e ci predisponiamo ad agire di conseguenza nei suoi confronti, nel presupposto che
la persona non cambierà mai nel tempo e nelle situazioni: “In realtà è proprio a questo che mirano i
costruttori di immagine: fornire elementi osservabili, cioè percezioni, dai quali siano inferibili dei
desiderabili, cioè dei propositi, o in altri termini assicurare una presentazione capace di valere
come una certificazione”.
Infine un’altra strategia alla quale si ricorre più o meno inconsapevolmente in ambito politico è una
sorta di euristica della somiglianza, in base alla quale gli elettori generalmente percepiscono i
politici per cui votano più simili a se stessi.
Naturalmente è difficile trarre conclusioni definitive e generalizzabili, soprattutto in assenza di
rilevazioni effettuate in diversi contesti, su diverse popolazioni in modo ripetuto nel tempo.
L’influenza esercitata sul voto dalle percezioni che gli elettori hanno della personalità dei politici è
infatti inestricabilmente legata a una varietà di fattori più o meno contingenti, tra cui lo scenario
politico, il contesto storico e sociale, le strategie elettorali e la maniera di presentarsi del candidato.
Studi futuri dovranno esaminare il grado in cui tali risultati sono generalizzabili ad altre occasioni
elettorali e si dimostrano validi anche in diversi contesti culturali e per altri personaggi politici. Ciò
potrebbe fornire ulteriori indicazioni sui meccanismi che operano nella decisione di votare per un
candidato politico e sui modi più efficaci per gestire il rapporto con il pubblico al fine di valorizzarne
i punti di forza e sopperire agli eventuali punti di debolezza.
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Cap 2 ATTEGGIAMENTI IMPLICITI IN PSICOLOGIA POLITICA (Arcuri – Castelli)

Il capitolo affronta e collega il ruolo degli atteggiamenti come possibili predittori di alcuni
comportamenti significativi (es. la scelta di voto) e la possibile modificazione di tipo implicito di
questi, quindi l’impatto che le campagne di comunicazione in ambito politico possono avere
sulla percezione degli attori politici.
GLI ATTEGGIAMENTI IMPLICITI E LA LORO RAPIDA FORMAZIONE
Secondo Greenwald e Banaji (1995) gli atteggiamenti impliciti sono da sempre considerati come
tracce di esperienze passate, e si ritiene che essi vengano a formarsi molto precocemente per poi
rimanere inalterati durante tutto il corso della vita. Alla luce di ciò è facile pensare che anche gli
atteggiamenti in ambito politico si formino molto prima dell’età adulta, andando incontro a
successive modifiche. Queste ultime sono validate da varie evidenze empiriche che sottolineano
come influenze contestuali possono incidere anche sugli atteggiamenti impliciti e che esperienze
recenti possono modificarli in misura sostanziale. Inoltre si è dimostrato come atteggiamenti di tipo
implicito possono formarsi in maniera rapida a partire da minime informazioni circa un oggetto di
atteggiamento. Ciò risulta particolarmente interessante per le analisi delle dinamiche che si
realizzano in ambito politico come ad esempio un nuovo candidato o partito che si affaccia sulla
scena politica oppure in che modo le campagne elettorali e le scelte strategiche dei
candidati abbiano un’influenza sull’elettorato,senza necessariamente basarsi sugli auto-resoconti
degli elettori.

LE PREVISIONI DEI COMPORTAMENTI FUTURI DEGLI ELETTORI INDECISI


L’analisi dei percorsi decisionali e delle future scelte elettorali dei votanti indecisi costituisce un
esempio evidente di come le persone siano inconsapevoli del legame tra atteggiamento implicito e
le manifestazioni comportamentali. In situazioni di forte fluidità dell’offerta politica, dove vige anche
un forte indebolimento delle ideologie politiche troviamo sempre più spesso potenziali elettori che
manifestano incertezza riguardo la propria scelta di voto, dichiarando di decidere solo in prossimità
dell’apertura dei seggi. Numerose le ricerche svolte a riguardo, una di queste è quella condotta in
occasione delle elezioni politiche italiane del 2001 in cui la scelta elettorale vedeva contrapposta la
coalizione di centrodestra (Casa delle Libertà) e quella di centrosinistra (L’Ulivo) in uno studio
condotto da Arcuri, Castelli, Galdi et al., 2008 nella quale venivano presi in esame elettori
classificabili come decisi ed indecisi. Entrambi gli elettori erano sottoposti a un Implicit
Assosation Test (IAT) per studiare la forza dei legami associativi tra concetti rappresentati in
memoria. Lo IAT consiste in una serie di prove di categorizzazione: in ciascuna di queste prove,
sul monitor compare uno stimolo e al partecipante viene chiesto di classificarlo, il più velocemente
ed accuratamente possibile. Gli stimoli sono generalmente parole o immagini e appartengono a
quattro diverse categorie: due di queste categorie rappresentano dei concetti (es. persone bianche
e nere, oppure donne e uomini), mentre le altre due rappresentano due attributi opposti bipolari
(es. positivo e negativo, oppure estroverso e introverso). Ogni volta che uno stimolo appare sul
monitor, il rispondente lo deve ricondurre alla categoria di riferimento.
Durante il test i partecipanti dovevano esprimere giudizi di classificazione di parole e immagini che
avevano a che fare con i politici in competizione, e parole che si riferivano a concetti positivi e
negativi. L’ipotesi sottesa è che, se due concetti sono già implicitamente associati tra loro in
memoria, risulterà più semplice per il partecipante dare una risposta accurata e rapida, quando
invece i due concetti non sono associati, o lo sono debolmente i tempi di risposta saranno più
lunghi. L’obiettivo era misurare le associazioni implicite espressa da un gruppo di elettori nei
confronti di candidati circa un mese prima della data delle elezioni e, contemporaneamente,
raccogliere le loro esplicite intenzioni di voto, infine registrare la loro effettiva scelta di voto. Si è
potuto constatare che gli elettori “certi” , quelli cioè che avevano già maturato la scelta di voto
erano in realtà la porzione di campione meno interessante da studiare, mentre appassionante
appariva la condizione dei votanti che si dichiaravano ancora incerti riguardo la scelta del
candidato per cui votare. Proprio in questo caso lo IAT avrebbe dovuto rivelarsi utile per prevedere
i futuri comportamenti di voto delle persone inizialmente indecise in quanto l’ipotesi era che il
votante avesse già attivato, anche a livello inconsapevole, il processo di costruzione
dell’atteggiamento e che le componenti implicite di tale processo anticipassero la struttura decisiva
che il sistema valutativo avrebbe assunto quando la decisione si fosse tradotta in scelta di voto. I
risultati ottenuti dal confronto dei punteggi dello IAT hanno confermato quello che era stato
precedentemente ipotizzato; nel caso degli elettori “certi” lo strumento ha dimostrato la sua
validità nel cogliere i loro atteggiamenti quando essi esprimevano preferenze già
consolidate. Nel caso degli elettori “incerti” i risultati hanno messo in luce che questi ultimi
mostravano già delle precoci ma riconoscibili preferenze per il candidato che avrebbero poi
votato. I due tipi di elettori dovevano esprimere dei giudizi di classificazione di parole e immagini
riferiti a concetti positivi e negativi che avevano a che fare con i politici in competizione. Le ipotesi
sottese a questo paradigma è che , se i due concetti sono già implicitamente associati tra loro in
memoria, risulterà più semplice per il partecipante dare una risposta accurata e rapida quando
questi ultimi due concetti sono accomunati. Quando invece i due concetti non sono associati, o lo
sono debolmente il compito sarà più difficile e le modalità di risposta saranno più lunghi. Nella
situazione di giudizio impiegata, quanto più una persona preferiva il candidato A rispetto il
candidato B, tanto più sarebbe stata rapida e accurata nel
compito in cui doveva categorizzare con lo stesso tasto il nome o l’immagine del candidato A
insieme a concetti negativi.
I risultati precedentemente citati depongono a favore del ruolo di organizzazione precoce
esercitato dalla componente implicita dell’atteggiamento politico, soprattutto nel caso degli
elettori inizialmente incerti, a tal proposito vale la pena soffermarsi sulle relazioni tra diverse
espressioni dell’atteggiamento implicito ed esplicito, e sul processo che porta il votante a
raccogliere informazioni che indurranno l’elettore a raccogliere informazioni che lo persuaderanno
a prendere una decisione. Si tratta, quindi, di un votante che non ha ancora maturato una
decisione riguardo la possibile scelta tra i due candidati, dunque, è possibile ritenere che nel
tempo precedente le elezioni il votante in questione si preoccupi di informarsi riguardo ai
programmi politici dei due candidati e alla fine raggiunga la decisione che lo porterà a preferire un
candidato rispetto un altro .

Tuttavia la dinamica di questo processo può essere vista in maniera più articolata, seguendo in
questo caso la linea interpretativa proposta dal modello duale di Gawronski e Bodenhausen
(2006) che prende in considerazione gli effetti prodotti dalle associazioni automatiche e le
credenze possedute a livello consapevole dai votanti decisi e da quelli che non hanno ancora
maturato una decisione.
Per associazioni mentali automatiche intendiamo quelle associazioni che arrivano alla mente
senza uno sforzo deliberato ed intenzionale, e che una volta attivate, è difficile esercitare un
controllo che non richiedono una consapevole accettazione. Le associazioni automatiche sono
solitamente contrapposte alle credenze consapevoli, ovvero contenuti mentali che solitamente un
individuo esplicitamente considera accurati. Entrambe sono componenti della struttura di
atteggiamento, e vengono registrate e messe in luce facendo ricorso a diverse metodologie di
indagine: le associazioni mentali vengono misurate grazie all’impiego di tecniche di tipo implicito
come lo IAT mentre le credenze consapevoli sono misurate facendo ricorso ai tradizionali
questionari grazie ai quali i partecipanti definiscono il proprio atteggiamento.
L’ipotesi di ricerca è che le associazioni automatiche possono predire le future scelte delle
persone al momento indecise. Le evidenze empiriche a disposizione suggeriscono che le
associazioni automatiche sono in grado di distorcere l’elaborazione delle nuove informazioni
cosicché le decisioni future, saranno in linea con le associazioni automatiche precedentemente
attive. Potrebbe essere questa la dinamica grazie alla quale le decisioni finali di un votante
possono prendere forma molto prima che questa persona faccia propria, in maniera consapevole,
un giudizio di preferenza nei confronti di un candidato rispetto all’altro.
Per mettere alla prova l’ipotesi precedentemente illustrata è stata condotta una ricerca volta a
registrare gli atteggiamenti di un campione di abitanti della città di Vicenza a proposito di un tema
politico-sociale particolarmente dibattuto, ossia l’ampliamento di una base militare americana
collocata in prossimità della zona urbana (a favore, contrari e indecisi). Le misure impiegate
riguardavano l’atteggiamento generale a proposito della base militare, una scala di atteggiamento
esplicito a proposito degli aspetti legali, ambientali e sociali del problema, nonché un test di
associazione implicita IAT per registrare al computer le associazioni valutative di tipo automatico
suscitate dal problema. I partecipanti dovevano categorizzare il più velocemente possibile alcune
immagini della base militare in combinazione, a seconda delle fasi del compito, con parole positive
o negative. Le associazioni automatiche erano inferite dalla velocità e dalla correttezza con cui i
partecipanti eseguivano i diversi compiti di categorizzazione. Due le registrazioni effettuate a
distanza di una settimana una dall’altra; per individuare la relazione tra le associazioni
automatiche, le credenze consapevoli manifestate e le scelte finali operate dai partecipanti,
classificati in decisi e indecisi. Successivamente sono state condotte due analisi di regressione; la
prima ha dimostrato che le associazioni automatiche registrate nella prima fase della
ricerca prevedevano i cambiamenti successivamente manifestati nelle credenze
consapevoli dei partecipanti se questi erano inizialmente indecisi. Al contrario le credenze
consapevoli monitorate nella fase iniziale della rilevazione erano in grado di prevedere i
cambiamenti successivamente intervenuti nelle associazioni automatiche dei partecipanti
decisi, ma non degli indecisi. La seconda analisi aveva l’obiettivo di mettere in luce i legami che
collegavano le associazioni automatiche e le credenze consapevoli con le scelte operate nel
futuro, i partecipanti decisi avrebbero operato scelte finali che erano predette dalle credenze
consapevoli manifestate nella prima fase della rilevazione mentre questo non capitava nel
caso delle associazioni automatiche. Speculare era l’esito dell’analisi condotta sui partecipanti
indecisi: le loro scelte nella seconda fase della rilevazione erano significativamente
predette dalle associazioni automatiche manifestate nella prima fase, ma non dalle
credenze consapevoli da loro stessi possedute.
Innumerevoli sono gli studi in merito a questo argomento. Uno di questi è stato condotto in
occasione delle ultime elezioni presidenziali americane in cui veniva controllata la componente
implicita degli atteggiamenti politici attraverso uno strumento recentemente messo a punto da
Payne, Cheng, Govorun e collaboratori (2005) chiamato Affect Misattribution Procedure
(AMP). Il compito prevede una serie di prove basate sulla presentazione veloce di uno stimolo
rappresentativo dell’oggetto di atteggiamento studiato, nei confronti del quale non deve essere
espressa alcuna valutazione. A esso viene fatto seguire uno stimolo neutro nei confronti del quale
il partecipante deve emettere un giudizio di piacevolezza. La presenza implicita per l’oggetto di
atteggiamento è inferita dalla tendenza che si manifesta in maniera differenziale a preferire o
rifiutare gli stimoli inizialmente neutrali presentati di seguito all’oggetto di atteggiamento. In
generale quindi, le indicazioni che provengono da misurazioni implicite possono essere
efficacemente utilizzate nella previsione delle scelte politiche.

REAZIONI ALLE CAMPAGNE NEGATIVE.

Per campagne negative si intende l’attacco all’avversario piuttosto che di promozione del
proprio programma. Sulla base di alcuni dati americani possiamo contraddire l’idea di un
progressivo incremento nel ricorso a campagne negative, sostenendo piuttosto una certa stabilità
negli ultimi decenni. La vera rivoluzione è avvenuta nella copertura da parte dei mass media che
selettivamente si focalizzano su messaggi negativi, portando quindi una maggiore
esposizione a tali tipologie di campagne. Il secondo importante aspetto è collegato all’efficacia
delle campagne negative dato che le dimostrazioni circa la loro utilità per il candidato promotore
sono scarse. Partendo da alcune metanalisi della letteratura esistente Lau e i suoi collaboratori
hanno concluso che non vi è alcuna indicazione certa circa l’efficacia delle campagne negative,
anzi si osserva una esplicita condanna rispetto questa scelta strategica, talvolta ancora più
accentuata se il politico che attacca appartiene al proprio schieramento politico (effetto
black sheep). Risulta quindi ancora oggi difficile comprendere perché ci si ostina a ricorrere a
questa strategia politica anziché abbandonarla a favore di campagne politiche che al contrario
mettono in risalto le qualità positive della propria proposta politica. E’ importante sottolineare come
le ricerche realizzate abbiano utilizzato misure alquanto dirette ed esplicite, quindi facile dedurre
come motivazioni di desiderabilità sociale possano indurre a stigmatizzare comportamenti di
attacco dell’avversario. Ci si è dunque chiesti in che misura anche le risposte spontanee e meno
controllate seguano uno stesso andamento oppure evidenzino tendenze differenti. A tal proposito
sono stati condotti studi in cui un candidato politico, a seconda delle condizioni sperimentali,
attaccava il proprio avversario oppure si limitava a rimarcare i propri punti di forza.
Successivamente, venivano rilevati sia gli atteggiamenti espliciti dei partecipanti, attraverso scale
Likert che indagavano la piacevolezza percepita, sia quelli impliciti, questi ultimi venivano misurati
grazie all’Affect Misattribution Procedure. I risultati dimostrano che l’invio di messaggi negativi
viene considerato inadeguato e quindi si reagisce negativamente a chi ne fa uso, e in
aggiunta anche la rappresentazione di chi ne è oggetto viene a costruirsi sulla base di
legami associativi che collegano la persona a informazioni negative e, a prescindere da una
valutazione razionale circa la loro veridicità, si producono di conseguenza risposte affettive
spontanee negative. Il messaggio di fondo è dunque che le campagne negative possono
effettivamente intaccare in modo rilevante l’immagine di un candidato, e allo stesso tempo anche
chi attacca subisce delle conseguenze.
Le risposte affettive precedentemente accennate rappresentano solo una delle componenti su
cui si basa la nostra percezione sociale, che può essere guidata da due dimensioni chiave,
Socievolezza e Competenza, rispetto sia ai singoli individui che ai gruppi, come suggericono i
lavori di Rosenberg del 1968. Per quanto riguarda la Socievolezza o “Calore” (warmth) si intende
la capacità di stabilire delle relazioni positive con gli altri e quindi di intrattenere rapporti armoniosi
e appaganti con chi ci circonda. La seconda dimensione, quella della Competenza, si rifà all’abilità
nel raggiungere i propri obiettivi e alla capacità quindi di muoversi strategicamente per dare corso
ai propri piani ed aspirazioni. Nella vita di tutti i giorni la socievolezza è la dimensione più
importante ed è possibile ritenere che le misure implicite, quali l’AMP, rilevino in massima misura
la socievolezza percepita (ossia la differenziazione buono/cattivo) e quindi la nostra propensione a
stabilire legami interpersonali con la persona target. Ovviamente a seconda dei contesti il peso
delle due dimensioni cambia notevolmente; in ambito politico infatti la competenza acquisisce
un ruolo fondamentale.
Le campagne negative hanno differenti effetti, e che a seconda del tipo di rilevazioni che vengono
condotte si può giungere a considerarle come più o meno efficaci dal punto di vista di chi le
utilizza. Tra le varie strategie per far fronte ad un attacco subito, esiste la possibilità di ignorarlo,
tentare di mostrare superiorità disinteressandosene e parlando invece della bontà della propria
proposta politica; una seconda possibilità è quella di ribattere colpo su colpo e contrattaccare il
proprio avversario. I dati mostrano comunque che la scelta di ignorare l’attacco subito sembri
danneggiare il candidato, e che il conformismo aumenta quando il candidato, uomo o
donna che sia, segue una strategia di contrattacco in quanto nonostante venga apprezzata
la scelta di mostrare superiorità nel disinteressarsi dell’offensiva avversaria questa stessa
scelta sottolinea una forma di debolezza che rende gli elettori meno propensi a seguire un
candidato che adotta questo tipo di strategia.
Un esempio specifico di questo tipo di risultato ci riguarda molto da vicino a proposito delle elezioni
italiane del 2006 quando il candidato di centrodestra, Silvio Berlusconi produsse una nuova forma
di attacco verso l’elettorato della controparte, dichiarandosi sicuro della vittoria non potendo
“pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse”.
Questo ha suscitato una reazione da parte dell’elettorato avverso che da quel momento si definì
con l’appellativo di “orgoglioni” dimostrandosi orgogliosi e vicini al proprio partito. Da questo
episodio si è tentato, a distanza di alcuni mesi di ricreare una situazione sperimentale simile in cui
veniva chiesto ai partecipanti di indicare la propria affiliazione politica, misurando il loro grado di
identificazione esplicita nonché la loro valutazione implicita nei confronti dei due schieramenti
contrapposti attraverso lo IAT per verificare quanti elementi positivi e negativi venissero associati
automaticamente ai due schieramenti. Eseguita la misurazione veniva introdotta la manipolazione
critica e i partecipanti leggevano alcuni messaggi positivi, messaggi di attacco al candidato
contrapposto o di attacco all’elettorato contrapposto, pronunciate da un politico che apparteneva
ogni volta allo schieramento opposto al proprio. Successivamente, venivano proposte due nuove
misurazioni finalizzate a rilevare il grado di identificazione esplicita (simile a quella somministrata
prima della manipolazione sperimentale) ed implicita (che permette di cogliere quanti pronomi
personali riferiti al sé venissero automaticamente associati ai due partiti) con il proprio
schieramento. I risultati dimostrano che chi è sicuro nelle proprie convinzioni, possiede forti
rappresentazioni che non vengono minate dagli attacchi ricevuti, contrariamente
atteggiamenti più deboli sembrano mettere in atto strategie compensatorie per difendersi
dall’attacco subito che coinvolgono un desiderio di rivendicare la propria appartenenza.
Contemporaneamente però sembra che a un livello più sottile il messaggio di attacco inizi a
mettere in crisi l’appartenenza al proprio gruppo politico, indebolendo i legami associativi
tra il sé e i simboli del proprio schieramento.
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CAP 4 AUTORITARISMO e ATTEGGIAMENTI ANTIDEMOCRATICI (Aiello)

Punto di partenza degli studi sull’autoritarismo e degli atteggiamenti antidemocratici, lo si individua


nell’opera di Adorno (La personalità autoritaria). Lo studio ha lo scopo di indagare le basi
psicologiche dell’antisemitismo. In quel periodo le non facili condizioni socio economiche e la
relativa instabilità politica fanno emergere segnali preoccupanti di diffusione di ideologie
etnocentriche (tendenza a giudicare le altre culture ed interpretarle in base ai criteri della propria
proiettando su di esse il nostro concetto di evoluzione, di progresso, di sviluppo e di benessere,
basandosi su una visione critica unilaterale) e antidemocratiche, quelle stesse ideologie che
avevano trovato forma di istituzionalizzazione nella Germania nazista e nell’Italia fascista. Basi
psicologiche, secondo alcuni autori, del fascismo potenziale e dell’antidemocrazia.
LA SINDROME AUTORITARIA
L’identificazione dell’autoritarismo, che si sostanzia in uno specifico tratto di personalità, è un
punto di arrivo a cui giungono Adorno e collaboratori partendo dallo studio dell’antisemitismo
attraverso un metodo innovativo che vede l’uso delle scale Likert. Inizia così ad emergere un
quadro complesso in cui si delinea una forma di ideologia etnocentrica, che sembra trovare
evidenze nelle convinzioni e opinioni secondo le quali il mondo va
conservato secondo il suo assetto politico ed economico, ostacolando ogni opzione di
allargamento ed estensione democratica dei diritti civili, sociali e politici a gruppi ritenuti inferiori di
razza (es. i neri), credo religioso (ebrei: antisemitismo (scala AS) o giudeofobia, avversione nei
confronti dell’ebraismo) e altre socio-diversità. Adorno e collaboratori giungono quindi a delineare
una sindrome che viene ricondotta a un unico fattore che caratterizza la personalità
potenzialmente fascista, definita prima “personalità antidemocratica” e successivamente
“personalità autoritaria”;
tale fattore di personalità è ricondotto, in origine, a 9 sottosindromi:
- Convenzionalismo: adesione a valori formali, determinata a forti pressioni sociali esterne.
- Sottomissione autoritaria: bisogno di essere guidati da una forma di autorità.
- Aggressività autoritaria: bisogno di punitività verso attori sociali.
- Anti-intracezione: avversione nei confronti dell’introspezione e aspetti di “debolezza”, quali
sentimenti e ideazioni fantastiche.
- Superstizione e stereotipia: la prima è un meccanismo di difesa dello spostamento degli esiti di
azioni responsabilità proprie su altre figure bersaglio; la seconda è una disposizione a pensare
secondo categorie rigide.
- Potere e durezza: ricerca di rapporti interindividuali caratterizzati da una forte dominanza
derivante asimmetrie di ruolo.
- Distruttività e cinismo: esaltazione della sopraffazione legata a una generalizzata aggressività.
- Proiettività: conduce la persona ad attribuire all’esterno impulsi distruttivi, salvaguardando la
stabilità dell’Io.
- Concezione della sessualità: motiva le persone a osteggiare tutte le manifestazioni di
comportamenti ritenuti peccaminosi e non conformi alla moralità dominante in tema di sessualità.
Scale di misura utilizzate: - Conservatorismo politico-economico (CPE) – Scala di Etnocentrismo
(anti-black) –Scala Antisemitismo (AS)
Stanford 1973, venti anni dopo Adorno, pubblica un lavoro sulla personalità autoritaria la quale
non si delinea come unidimensionale, ma come composta da 3 dimensioni: Convenzionalismo,
Sottomissione, Aggressività.
Studio successivo, Aiello, Chirumbolo e Leone 2004 affermano come l’autoritarismo possa
essere ricondotto a 2 dimensioni principali:
Ordine-convenzionalismo e Distruttività e cinismo.

GLI SVILUPPI: SOTTOMISSIONE e DOMINANZA AUTORITARIA


Il quadro proposto da Adorno e coll. si sviluppa in 2 direzioni:
- Leader potenzialmente fascista con un potere autoritario e di azione antidemocratica;
- il “Seguace” che in qualche misura subisce, o perlomeno accetta e non si oppone ad azioni di
sostegno.
L’opera di Adorno si focalizza soprattutto sulla seconda direzione sull’autoritarismo dei “seguaci”,
mentre opere successive piu recenti si sono focalizzati sulle dinamiche sottostanti all’autoritarismo
dei leader. Fromm (1941) in “Fuga dalla libertà” sostiene che l’autoritario ha una duplice
personalità, ammira le autorità e si sottomette ad essa, ma allo stesso tempo vuole essere
anch’egli un’autorità e sottomettere gli altri a se stesso.

LA SOTTOMISSIONE AUTORITARIA: L’AUTORITARISMO DI DESTRA NELLA PROSPETTIVA


DI ALTEMEYER
Negli studi di Altemeyer (1981,1996) si ricorre alla teoria dell’apprendimento sociale di Bandura
sull’ipotesi dell’origine della sindrome autoritaria. Le strutture di personalità, perfino quelle
profonde o centrali, trovano fonti di influenza nel sistema sociale in cui gli individui vivono,
articolandosi in cambiamenti delle conoscenze, delle priorità valoriali, degli orientamenti culturali e
di opinione, continuamente in evoluzione negli assetti sociali contemporanei, Bandura. Le origini
dell’autoritarismo si ritrovano in particolar modo nell’età adolescenziale, soprattutto per lo sviluppo
dell’aggressività autoritaria che, come vedremo rappresenta uno dei 3 clusters proposti come
basi dell’autoritarismo di destra. Sul piano empirico la proposta di Altemeyer si concretizza in una
scala specifica di Autoritarismo di destra (Right-Wing Authoritarianism – RWA). La scala
consente di ridurre i fattori di desiderabilità sociale delle risposte e aggiorna i contenuti
dell’autoritarismo. La struttura concettuale della scala poggia su tre differenti raggruppamenti di
atteggiamenti (clusters) :
- Sottomissione all’autorità: riguarda la sottomissione e accettazione acritica verso specifiche
tipologie di autorità (genitori, leader, giudici, capi di governo) si consoliderebbe la fiducia da riporre
nell’autorità percepita fino a decretarle un’acritica obbedienza e rispetto.
- Aggressività autoritaria: ostilità diretta verso particolari gruppi, sottogruppi o singoli individui.
- Convenzionalismo: desiderio di mantenimento dello status quo e delle prerogative che le varie
autorità detengono, avversando qualsiasi posizione critica verso di esse. La peculiare tendenza ad
aderire acriticamente a norme e convenzioni sociali consolidate in senso marcatamente
conservatore segnala accettazione e sostegno nei confronti degli assetti normativi più orientati in
senso reazionario.

LA DOMINANZA AUTORITARIA: LA TEORIA DELLA DOMINANZA SOCIALE DI PRATTO e


SIDANIUS
La teoria della dominanza sociale di Sidanius e Pratto rappresenta la versione più accreditata
dell’autoritarismo nella sua componente di dominanza autoritaria. La teoria poggia su un’ipotesi di
struttura trimorfica dell’autoritarismo. L’idea di partenza è che ogni società caratterizzata da
un surplus economico possa contenere 3 distinti sistemi di gerarchie basate
sull’appartenenza di gruppo:
1 sistema: basato sull’età, secondo cui le persone adulte detengono un potere
sovradimensionato rispetto alle persone in età evolutiva o anziana.
2 sistema: basato sul genere, per cui gli uomini risulterebbero detentori di un potere, politico
sociale maggiore rispetto a quello delle donne.
3 sistema:culturalmente determinato in base alle maggiori opportunità possedute da alcuni
gruppi dominanti rispetto ad altri in posizione svantaggiata.
Questo è un processo che risulta nascere dall’individuo come predisposizione, ma si propaga poi
nel sociale. Quella che può essere definita come motivazione alla dominanza deve confrontarsi
con le specificità del contesto nel quale trova modo di esprimersi, sottolineando la natura e la
dimensionalità non strettamente intraindividuale dell’autoritarismo.
La natura della dominanza sociale come ideologia sociale viene chiarita da Pratto come ascrivibile
a un sistema plastico di conoscenze condivise alle quali le persone fanno riferimento. Tale
sistema, flessibilmente ancorato a logiche di tipo sociale, fornirebbe alle persone indicazioni circa
la modalità più o meno condivise di guardare alle relazioni intergruppi a partire da sistemi valoriali,
di opinioni e di atteggiamenti, destinati a connotare le relazioni tra le persone in termini di
dominanza e sottomissione. Tali ideologie sociali divengono in tal modo degli artefatti culturali atti
a legittimare forme dichiaratamente manifeste di discriminazione, come nel caso dell’ideologia anti-
Black.
è stato proposto uno specifico costrutto denominato Orientamento/tendenza alla dominanza
sociale, in grado di valutare quanto le persone possano essere differentemente portatrici di questo
tratto autoritario.
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CAP 5 Basi psicologiche e motivazionali dell’ideologia politica. (Chirumbolo)

A partire dagli anni Sessanta, la fine delle ideologie comincia a diventare un argomento di
rilevanza importante. In Italia, questo tema si fa strada a partire dagli anni Novanta, in
concomitanza con lo scandalo di Tangentopoli e la fine della “Prima Repubblica”. Diversi studiosi,
infatti, iniziano ad interrogarsi sul significato, l’attualità e l’adeguatezza politico- sociale di una
differenziazione politica tra destra e sinistra.
Le ragioni che hanno portato a parlare di “fine delle ideologie” possono essere riassunto come
segue:
• Mancanza di differenze basilari tra le visioni politiche dei partiti di destra e di sinistra, ovvero
conservatori e progressisti, a livello ideologico e filosofico;
• Mancanza di coerenza e organizzazione logica degli atteggiamenti politici e sociali dei
comuni cittadini, necessari per poter parlare di “ideologia”;
• Mancanza di una reale capacità delle ideologie astratte di “destra” e “sinistra” di attrarre e
influenzare il comportamento dei cittadini;
• Mancanza di specifiche differenze psicologiche tra cittadini che si identificano con la destra o
con la sinistra.
Con la pubblicazione de La personalità autoritaria, si è dato il via allo studio scientifico delle basi
psicologico-sociali dell’ideologia. Nonostante ciò, la teorizzazione della fine delle ideologie ha
causato una diminuzione dell’attenzione della ricerca per questi temi. Recentemente, data la
spiccata personalizzazione della politica e la maggiore capacità predittiva delle variabili
psicologico-sociali soft rispetto alle variabili sociodemografiche hard, si riaccende l’interesse per lo
studio dei fattori psicologici alla base dell’ideologia. Si inizia così a parlare di “fine della fine delle
ideologie” (Jost, 2006).

Ambiti e dimensioni dell’ideologia politica.


Sono possibili molteplici definizioni del concetto di ideologia, in particolare, possiamo distinguere
due approcci:
- Approccio critico: ideologia considerata come falsa coscienza, concepita in termini negativi,
in quanto strumentalizzata per mantenere le relazioni di potere, di controllo e dominio. Marx e
Engels sono i principali esponenti di questa corrente di pensiero.
- Approccio descrittivo e neutro: ideologia considerata come una costellazione coerente di
valori e credenze politiche organizzata intorno alla dimensione di progressismo-conservatorismo
o liberalismo-conservatorismo. Questa corrente di pensiero è frutto dell’analisi teorica di
Mannheim.
In un’ottica psicologica, una concezione dell’ideologia sostenuta da diversi autori è quella che la
vede come un sistema condiviso di credenze, valori o prescrizioni politiche e sociali, che
organizzano e coordinano le interpretazioni sociali e le pratiche dei gruppi, legittimando e
giustificando le azioni dei gruppi stessi. L’ideologia politica rappresenta un insieme interrelato
di atteggiamenti morali e politici con connotazioni cognitive, affettive e motivazionali. Essa,
quindi, ci aiuta a spiegare perché gli individui agiscono in un determinato modo, rappresentando
una guida dei loro comportamenti politici e non. Inoltre, l’ideologia politica svolge una funzione di
giustificazione del sistema e dello “status quo” sia per sostenerlo, sia per rifiutarlo e metterlo in
discussione.

_Le dimensioni centrali dell’ideologia politica_


La contrapposizione tra destra e sinistra nasce con la Rivoluzione Francese, quando
nell’Assemblea Costituente del 1789, i deputati monarchici si posizionarono alla destra del
Presidente, mentre a sinistra si sistemarono i portavoce del cambiamento sociale. Da allora, in
tutto l’occidente si è soliti considerare la destra come conservatrice in favore dello “status quo”, e
la sinistra progressista in favore del cambiamento. Per quanto riguarda le componenti
dell’ideologia politica, si distinguono in:
- Componenti simboliche, come immagini e etichette ideologiche, ad esempio l’identificazione
lungo il continuum sinistra-destra;
- Componenti operative, come opinioni e credenze su questioni specifiche e tangibili.
È importante distinguere tra:
- dimensioni periferiche dell’ideologia politica: malleabili dalle reali condizioni storiche, politiche,
sociali e culturali;
- dimensioni centrali dell’ideologia politica: stabili e caratterizzanti.
Partendo dalla tesi sostenuta da Lipset e collaboratori nell’Handbook of Social Psychology del
1962, alcuni autori individuano due dimensioni centrali della distinzione politica sinistra-
destra:
- Sostegno vs resistenza al cambiamento sociale;
- Accettazione vs rifiuto dell’ineguaglianza sociale.
Queste due dimensioni si sono dimostrate stabili e durature nel tempo. In questa prospettiva,
l’orientamento di destra promuove un ordine sociale tradizionale e gerarchico, contrapposto a
quello di sinistra, fautore di un cambiamento sociale che garantisca una maggiore uguaglianza
politica, sociale ed economica.

_L’ideologia politica come costrutto multidimensionale_


Diversi autori, sebbene riconoscano la validità del modello unidimensionale, ritengono sia
indispensabile descrivere gli atteggiamenti politici degli individui attraverso un modello a due
dimensioni. In particolare, destra e sinistra rappresenterebbero due dimensioni unipolari e
indipendenti, piuttosto che un unico continuum bipolare. In una ricerca del 2003,
Chirumbolo, Sensales e Kosic, hanno studiato la struttura degli atteggiamenti ideologici in un
campione di studenti universitari. Attraverso un’analisi fattoriale, sono emersi due fattori:
- Progressismo: costituito dai valori di pluralismo, democrazia, internazionalismo, multietnicità,
solidarismo e pacifismo;
- Conservatorismo: costituito da nazionalismo e bisogno di sicurezza, stabilità e ordine.
Queste due dimensioni sono relativamente indipendenti, correlate negativamente in modo
significativo e coerentemente associate all’orientamento politico sinistra-destra e al
comportamento di voto.
Diversi studi individuano due componenti per le dimensioni operative dell’ideologia politica:
- Una dimensione sociale: si differenziamo progressisti e conservatori rispetto a questioni quali
diritto all’aborto, struttura della famiglia tradizionale, omosessualità, immigrazione ecc.
- Una dimensione economica: si differenziano progressisti e conservatori rispetto a questioni
quali l’intervento dello stato nell’economia, la tassazione, l’iniziativa privata ecc. Tali dimensioni
risultano correlate tra loro, in quanto i conservatori (o progressisti) in una dimensione, tendono ad
esserlo anche nell’altra. Nonostante i contributi descritti, la classica distinzione lungo il continuum
unipolare destra-sinistra non viene sostituita dalla concettualizzazione multidimensionale
dell’ideologia politica.

_Destra e sinistra: le ragioni psicologiche di una differenza_


In termini psicologici la distinzione tra destra e sinistra assume un significato solo se si
considerano i profili degli individui che si identificano in uno dei due schieramenti. _Atteggiamenti
sociopolitici_ Diverse ricerche hanno dimostrato come l’orientamento politico influenzi
atteggiamenti espliciti, come l’importanza attribuita all’ordine sociale (vs l’ineguaglianza sociale),
all’uguaglianza (vs l’ineguaglianza sociale) e agli atteggiamenti all’interno del gruppo. Risultanti
simile sono stati evidenziati anche negli atteggiamenti impliciti. In particolare, nel 2008 in cinque
diversi studi Jost, Nosek e Glosling hanno indagato la relazione tra l’orientamento politico e le
preferenze implicite ed esplicite per diversi valori in contrapposizione tra loro come: ordine-caos;
Conformismo-ribellione; Stabilità-flessibilità; Tradizione-progresso; Valori tradizionali-femminismo.
L’orientamento politico è stato misurato con una scala a sette passi, gli atteggiamenti espliciti con
una scala Likert mentre gli atteggiamenti impliciti con l’Implicit Association Test per rilevare le
risposte inconsapevoli ed automatiche degli individui esaminati. I risultati mostrano che, sia a
livello esplicito che a livello implicito, le preferenze per ordine, stabilità, conformismo,
tradizione e valori tradizionali sono correlate significativamente con un orientamento
politico conservatore, mentre le preferenze per ribellione flessibilità, progresso e
femminismo con un orientamento progressista. Nonostante il risultato non rappresenti una
novità a livello esplicito, è significativo notare come questi atteggiamenti siano confermati
anche a livello implicito. Infatti, tale risultato mostra come l’orientamento politico deriverebbe da
preferenze latenti molte delle quali non di natura politica o, in alternativa,come coerentemente a
forme ideologiche astratte le persone tendono a internalizzare, in modo inconsapevole,valori e
atteggiamenti dell’ideologia. Per esempio i progressisti sono più favorevoli ad esperienze
connesse alla novità come viaggi e cibi esotici, verso attività artistiche, nei confronti di gruppi
marginali, di espressioni di controcultura come i tatuaggi e attività connesse alla ricerca del piacere
come l’uso di droghe leggere. I conservatori invece, si mostrano più favorevoli nei confronti di
aspetti che riflettono i valori tradizionali. Gli stessi autori hanno inoltre mostrato differenze non solo
negli stili di interazione interpersonale, in cui i progressisti mostravano uno stile empatico ed
espressivo, mentre i conservatori interagivano in modo distante e composto, ma anche nel modo
di organizzare i propri ambienti quotidiani, per i conservatori più ordinati, puliti e con oggetti
convenzionali, per i progressisti più vivaci e colorati e con una maggiore varietà di libri, dischi e
oggetti d’arte.
_Personalità_ Alcuni autori ritengono che siano le differenze disposizionali psicologiche, come i
tratti di personalità e i valori a determinare la distinzione politica tra destra e sinistra. I fattori di
personalità predicono quote di varianza nel comportamento politico (orientamento, voto,
volontariato) pari o persino superiori rispetto alle variabili sociodemografiche “classiche”
quali etnia, genere, reddito. Inoltre diversi studi dimostrano come tratti di personalità rilevati in età
infantile predicano il comportamento politico anche vent’anni dopo. Con l’affermarsi del modello di
personalità dei Big Five la ricerca ha analizzato la relazione tra orientamento politico, atteggiamenti
sociali e grandi fattori di personalità, ovvero Estroversione, Gradevolezza, Coscienziosità,
Nevroticismo (o Stabilità emotiva) e Apertura. Tra i fattori di personalità il maggior predittore
empirico dell’orientamento ideologico è quello di Apertura che caratterizza individui fantasiosi,
creativi, curiosi intellettualmente, alla ricerca di esperienze e sensazioni nuove, aperti e tolleranti
nei confronti di culture e stili di vita diversi. Questo fattore è collegato fortemente con le dimensioni
centrali dell’ideologia, principalmente con quella della resistenza (vs apertura) al cambiamento. Gli
individui che si collocano a sinistra e che si definiscono progressisti si descrivono come
maggiormente aperti all’esperienza e con una maggiore apertura mentale. Il fattore Apertura è
correlato negativamente con l’autoritarismo di destra e la dominanza sociale. Contrariamente il
fattore Coscienziosità caratterizza individui ordinati, organizzati, motivati al successo e con una
personalità imprenditoriale. Quest’ultimi si collocano a destra e si definiscono conservatori. Il
fattore Coscienziosità correla positivamente con l’autoritarismo di destra. Altri autori hanno
utilizzato il modello di personalità a sei fattori denominato HEXACO. Tale modello aggiunge un
fattore a quelli proposti dal Big Five, denominato Onestà- Umiltà rappresentato da dimensioni
quali lealtà, sincerità e modestia (Ashton, Lee, 2007). Chirumbolo e Leone hanno dimostrato che
il fattore Onestà- Umiltà è il secondo miglior predittore del comportamento politico. Il fattore
Onestà- Umiltà correla negativamente con l’autoritarismo di destra e con la dominanza
sociale. L’HEXACO è maggiormente predittivo rispetto al modello dei Big Five.
_Orientamenti Valoriali_Gli orientamenti valoriali vengono frequentemente considerati gli
elementi psicologici alla base degli atteggiamenti sociali e dei comportamenti. I valori rispecchiano
aspirazioni e desideri di singoli individui e di gruppi, trascendono il contesto specifico delle
situazioni, operano come principi guida per credenze, atteggiamenti e comportamenti. Numerosi
studi hanno individuato due dimensioni sottostanti ai diversi atteggiamenti e orientamenti
ideologici:
- Armonia internazionale e Eguaglianza che caratterizza i progressisti. Rimanda a principi quali
integrità e benessere proprio ed altrui, libertà ed uguaglianza.
- Ordine e Sicurezza Nazionale che caratterizza i conservatori. Rinvia a valori quali forza,
disciplina, potere e successo personale.
Caprara e coll, rifacendosi al modello dei valori dei Schwartz, hanno trovato che gli elettori di
centrosinistra ottenevano punteggi più elevati nei valori di Universalismo, Benevolenza e
Autodirezione, mentre gli elettori di centrodestra in valori come Sicurezza, Potere, Successo.
La letteratura distingue tre tipi di orientamento: Prosociale (o cooperativo), nella situazione
interpersonale si mira a massimizzare i benefici propri ed altrui avendo come scopo l’equità dei
risultati. Orientamento tipico dei progressisti. Individualista, nella situazione interpersonale si mira
a massimizzare i propri benefici, essendo poco o nulla interessati a quelli altrui. Orientamento
proprio dei conservatori. Competitivo, nella situazione interpersonale si mira a massimizzare a
proprio vantaggio la differenza tra i propri benefici e quelli dell’altro. Orientamento specifico dei
conservatori.

_L’ideologia politica come cognizione sociale motivata_ Alcuni studiosi americani hanno
recentemente proposto un modello integrato per poter meglio interpretare le basi psicologiche
dell’ideologia politica secondo la prospettiva della cognizione sociale motivata. Secondo questa
prospettiva, l’ideologia politica è funzionale a particolari bisogni e motivazioni di natura
epistemica ed esistenziale, per esempio: Riduzione dell’incertezza, dell’ansia e della paura;
Evitamento del cambiamento, del disordine e dell’ambiguità; La giustificazione dell’ordine sociale e
delle conseguenti disuguaglianze tra gruppi e individui. Secondo questo modello, le Motivazioni
epistemiche e le Motivazioni esistenziali sarebbero gli antecedenti psicologici fondamentali
degli aspetti centrali dell’ideologia politica, ovvero gli antecedenti rispettivamente di:
Preferenza per ordine e stabilità (vs cambiamento); Accettazione (vs rifiuto) dell’ineguaglianza
sociale.
- Motivazioni epistemiche: riduzione dell’incertezza. L’ideologia politica mette a disposizione
certezze e credenze stabili e chiare, pertanto risulta funzionale a tutta una serie di bisogni di natura
epistemica. Le Motivazioni epistemiche (conoscenza) si riferiscono a quelle tendenze di
riduzione dell’incertezza, dell’ambiguità e della complessità, cognitivamente legate al bisogno di
chiusura, ordine e struttura. Tuttavia non tutte le ideologie forniscono lo stesso grado di certezza e
stabilità. Sono molto numerose le ricerche che hanno indagato la relazione tra bisogno di chiusura
cognitiva, atteggiamenti sociali e ideologia politica. Il bisogno di chiusura cognitiva si riferisce
alla necessità di avere una risposta certa e concreta ad un dato problema (Kruglanski, 2004),
aggrappandosi a credenze che offrono questa certezza e semplicità ricercate. Questo bisogno
sembra essere correlato a diversi aspetti fondamentali dell’ideologia, come: Autoritarismo di
destra; Orientamento alla dominanza sociale, quindi giustificazione dell’ineguaglianza economica e
sociale tra i gruppi; Etnocentrismo e razzismo; Conservatorismo socioculturale ed economico. La
motivazione epistemica alla chiusura è anche positivamente correlata all’orientamento politico e al
voto per un partito di destra.
- Motivazioni esistenziali: gestione della minaccia. L’ideologia politica, offrendo sicurezza e
protezione, sarebbe funzionale a tutta una serie di bisogni di natura esistenziale, ovvero a quello
tendenze psicologiche utili a gestire minacce e paure di tipo culturale, sociale ed economico, e che
si riferiscono alla ricerca di sicurezza personale e sociale. Sembra esistere una particolare
connessione tra ideologia conservatrice e motivazioni psicologiche di riduzione dell’ansia e della
paura connesse a determinate minacce. In particolare, la paura della morte, l’ansia relativa a
minacce al sistema sociale, la percezione e la credenza di vivere in un mondo pericoloso risultano
associate a un orientamento politico di destra. Appaiono particolarmente interessanti gli
esperimenti condotti nell’ambito della teoria della gestione del terrore (Terror Management
Theory, TMT). La rievocazione di cognizioni e stati emotivi connessi al pensiero della propria
morte nelle persone susciterebbe una serie di meccanismi psicologici funzionali alla riduzione e
alla gestione della paura e del terrore evocati da tali pensieri. La salienza del pensiero della
propria morte (mortality salience) fa in modo che, come meccanismo difensivo, gli individui
si rifugino in sistemi di credenze più stabili, consolidati e tradizionali come le ideologie.
Alcune ricerche dimostrano come, accrescendo sperimentalmente la mortality salience, si
inducano gli individui ad avere atteggiamenti legati all’ideologia di destra, per quanto
riguarda sia gli aspetti simbolici, sia gli aspetti operativi dell’ideologia. Sembra, infatti, che in
situazioni sociali di minaccia, paura e incertezza, i leader e le ideologie di destra aumentino la
propria capacità di attrarre gli individui. Minaccia e paura aumentano i bisogni epistemici ed
esistenziali nell’opinione pubblica e quindi aumenterebbe anche il ricorso difensivo a credenze di
tipo conservativo. In particolare, se nella società venissero resi salienti nel discorso pubblico, per
esempio dai mass media, fattori che minacciano il senso di sicurezza personale e sociale (come
terrorismo, violenze ecc.) si assisterebbe ad un generale spostamento dell’opinione pubblica in
senso conservativo.
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CAP 6 ATTACCO e DIFESA NELLA COMUNICAZIONE MASS MEDIALE (Catellani)

La comunicazione nell'odierna politica mediatizzata presenta le vicende politiche sottoforma di


narrazione, con i leader politici come protagonisti e dando particolare importanza alle loro azioni,
questioni e conflitti. Il dibattito politico è spesso presentato come conflitto comunicativo, con
l'unico scopo di catturare l'attenzione di un pubblico il più ampio possibile; questi dibattiti,
che si svolgono soprattutto faccia a faccia o con interviste, utilizzano diverse strategie di attacco e
di difesa.

Comunicazione negativa e partecipazione politica


L'uso della comunicazione negativa nasce negli Stati Uniti, dove viene utilizzata per la
realizzazione delle campagne elettorali. Il successo riscontrato in questo tipo di campagne ha
motivato altri Paesi, come anche l'Italia, a investire in questa strategia comunicativa. Tale
diffusione è dovuta alla convinzione che queste campagne siano efficaci nell'indurre una
valutazione negativa dell'avversario e che questa conti più di una valutazione positiva
nell'indirizzare il voto. Il quadro teorico di riferimento è quello dell'effetto negatività, secondo cui
le informazioni negative pesano più di quelle positive quando ci si forma l'impressione su un'altra
persona. Questo effetto riguarda sia i processi di ragionamento, dove l'informazione negativa
risulta saliente poiché è in contrasto con le proprie aspettative positive, sia le motivazioni delle
persone, per cui l'informazione negativa attira l'attenzione dato che è legata a percezioni di rischio
e minaccia. L'effetto negatività è stato riscontrato anche nei confronti dei candidati politici, infatti gli
elettori dedicano più tempo a leggere informazioni negative piuttosto che quelle positive e, in
seguito, ricordano quelle negative con maggiore facilità. Gli studi in questo settore hanno avuto
risultati contraddittori. Alcuni si sono incentrati sugli effetti della propaganda negativa sulla
partecipazione elettorale, riscontrando che un incremento nella frequenza di messaggi politici
negativi sarebbe correlato a:
- declino dell'affluenza alle urne
- ridotta espressione dell'intenzione di voto;
- peggioramento nella valutazione dei candidati;
- aumento del livello di cinismo e sfiducia nel governo;
Altri studi hanno, invece, osservato un incremento dell'affluenza al voto in concomitanza con un
incremento della negatività della campagna. Secondo Martin (Martin, 2004), i fattori che
aumenterebbero la mobilitazione sono:
a) la percezione che il paese stia affrontando gravi problemi e che le elezioni siano importanti;
b) la percezione di minaccia indotta dalla comunicazione negativa;
c) la percezione che la competizione elettorale sia alla pari.
Questi risultati suggeriscono che il legame tra esposizione a propaganda negativa e
partecipazione elettorale non è un legame diretto, ma mediato da una serie di percezioni
dell'elettore.

Attacchi ai politici e giudizi dei cittadini


I giudizi che i cittadini esprimono, nei confronti di politici protagonisti di un dibattito, sono tra gli
effetti immediati più importanti della comunicazione politica negativa. È stato dimostrato che
l'informazione negativa può essere più accettata quando riguarda argomenti rilevanti ed è
presentata in modo appropriato, quando, invece, l'informazione è presentata in modo
irrilevante o discutibile la comunicazione negativa può avere un effetto boomerang, ovvero
un giudizio negativo nei confronti della fonte anziché del target della comunicazione.
_Stile e contenuto degli attacchi personali_ L'efficacia degli attacchi varia in funzione dello stile
e del contenuto, per quanto riguarda i primi una differenza è tra attacchi diretti e gli indiretti. Gli
attacchi indiretti possono essere percepiti come meno scorretti di quelli diretti, più efficaci
e possono ridurre l'effetto boomerang nel senso che i soggetti tendono a dare un giudizio più
negativo del politico attaccato e uno più positivo della fonte dell'attacco. Per quanto riguarda il
contenuto degli attacchi personali ai politici, bisogna considerare la sfera di personalità attaccata,
che si divide in competenza e socievolezza. All'interno di ciascuna sfera di personalità si
distinguono dimensioni più specifiche: nella sfera della Competenza tratti come “energico”,
“deciso” e “dinamico” formano la dimensione della Leadership; nella sfera della Socievolezza tratti
come “onesto”, “leale” e “sincero” formano la dimensione della Moralità. Nel caso del contesto
politico, è stato dimostrato che le dimensioni della Leadership e Moralità hanno particolare
rilievo nei giudizi sui politici. Secondo la ricerca di Catellani e Bertolotti (2011a) è emerso che
un attacco alla moralità può essere più efficace di un attacco alla leadership, ma solo se
questo è indiretto di tipo controfattuale e non nel caso di un attacco diretto. Si evince, quindi,
che un attacco alla moralità di un politico può avere effetti più gravi di un attacco ad altre
dimensioni della sua personalità, ma solo se ciò avviene in maniera socialmente accettabile.
_Quali effetti su quali cittadini_ Gli effetti degli attacchi ai politici dipendono non solo dal loro
contenuto e dal loro stile ma anche da alcune caratteristiche dei cittadini che esprimono i giudizi.
L'attenzione delle ricerche si è incentrata sulla similarità o meno tra la posizione ideologica dei
cittadini che giudicano e quella del politico che viene attaccato, con riferimento alla Teoria della
Dissonanza Cognitiva di Festinger (1957). Ne deriva che le persone tendono ad esporsi
selettivamente a informazioni che confermano i propri atteggiamenti preesistenti e che
questi atteggiamenti condizionano l'elaborazione e il ricordo di nuove informazioni: effetto
di conferma o coerenza. Nel contesto politico, tale bisogno di coerenza si manifesta nella ricerca
di informazioni coerenti con le proprie posizioni politiche e nell'evitare di esporsi ad informazioni di
altro tipo. Se capita di essere esposti ad informazioni incoerenti con i propri atteggiamenti,
l'individuo si può impegnare per trovare contro-argomentazioni e, quindi, confermare gli
atteggiamenti iniziali. In questa direzione, la ricerca di Catellani e Bertolotti (2011a) già citata,
mostra che i partecipanti appartenenti allo stesso schieramento del politico attaccato danno
meno credito agli attacchi, soprattutto a quelli riguardanti la moralità del politico, e
biasimano di più la fonte di questi attacchi. Un'altra caratteristica del cittadino, che influenza gli
effetti degli attacchi ai politici, è la competenza politica: le persone più competenti in politica, da
un lato, tendono a cercare più informazioni e prestare maggiore attenzione alle notizie politiche,
dall'altro, però, dispongono di filtri e criteri guida più saldi per la loro interpretazione. Allo stesso
modo, è possibile che l'effetto degli atteggiamenti preesistenti sia più forte nelle persone
competenti rispetto a quelle incompetenti, perché quest'ultimi possiedono conoscenze poco
organizzate e poco interconnesse.

Le difese dei politici


Gli studi di Bull sul “face management” si rifanno alla teoria dell’equivoco di Bavelas, Black,
Chavil e Millet. Spesso ciò che viene detto dai politici durante dibattiti o interviste assume forma di
promesse e i protagonisti possono utilizzare atti linguistici volti ad accentuare tali garanzie ma
anche ad evitarle, facendo vaghi discorsi politici attraverso l’uso dell’equivoco definito come “ uso
intenzionale del linguaggio impreciso”. In genere, secondo Bavelas et al. (1990), le persone
tendono ad equivocare quando si pone una domanda a cui tutte le risposte portano
conseguenze negative, ma dove una risposta è comunque necessaria. Questa situazione è
definita comunicazione evasiva, ovvero evitamento del conflitto. Questi scopi possono essere
perseguiti rispondendo agli attacchi in vari modi, uno di questi consiste nell'evitarli. Non sempre è
possibile evitare l’argomento e, per questo, i politici ricorrono a resoconti e spiegazioni, ricondotte
a quattro categorie principali (McGraw, 2001):
1) le concessioni: il politico riconosce l'esistenza di un evento negativo e se ne assume la
responsabilità. L'attore riconosce sia la negatività dell'evento sia la responsabilità dell'attore; 2) le
scuse: il politico ammette di aver commesso degli errori ma non ne accetta in parte o totalmente la
responsabilità, negando la negatività dell'evento stesso; McGraw (2001) ha individuato le seguenti
tipologie di scuse:
- circostanze attenuanti del passato: il politico fa appello a circostanze del passato e, in questo
modo, segnala di non aver avuto altra scelta;
- circostanze attenuanti del presente: il politico fa appello a circostanze che si riferiscono al
presente e in questo caso, evidenzia il poco controllo personale nell'azione;
- appello all'ignoranza: il politico afferma che non aveva intenzione o non poteva immaginare
simili conseguenze negative;
- diffusione di responsabilità: la responsabilità viene estesa ad altri, coinvolti nel processo
decisionale.
3) le negazioni: il politico nega ogni responsabilità e partecipazione all'evento. L'attore non
riconosce né la negatività né la responsabilità.
4) le giustificazioni: si accetta la responsabilità dell'evento ma si discute sulla negatività delle sue
conseguenze; consistono in un processo di ridefinizione delle conseguenze dell'azione contestata
o dei principi morali associati a quell'azione. Nel primo caso il politico cerca di ridurre la percezione
di negatività delle conseguenze attraverso uno spostamento del focus di attenzione su
conseguenze più positive della stessa azione oppure su altre azioni caratterizzate da conseguenze
peggiori. Tipologie di giustificazioni:
- presentazione di benefici futuri: il politico evidenzia i benefici futuri che l'azione negativa potrà
avere in futuro;
- presentazione di benefici presenti: in questo caso l'enfasi è posta su alcuni benefici già presi in
considerazione dai cittadini stessi;
- confronto con problemi del passato: il politico rileva che anche in passato sono avvenute simili
situazioni, poi risolte in maniera positiva. In questo modo ammette la negatività della condizione
attuale ma si dichiara fiducioso per il futuro;
- confronto sociale: il politico ricerca il caso di altri gruppi sociali che si trovano in condizioni
peggiori rispetto al gruppo coinvolto nella situazione;
- confronto con scenari ipotetici negativi: il politico confronta l'esito attuale con altri possibili
esiti peggiori, riducendo così la negatività di quello attuale.
Altri tipi di giustificazioni si basano su una ridefinizione degli standard normativi utilizzati per
valutare l'azione avvenuta:
- riferimento alla giustizia: il politico spiega che l'azione si è resa necessaria per garantire un
bene pubblico più ampio;
- coscienza personale: il politico afferma che le sue decisioni sono state dettate dal suo sistema
di valori.
Una ricerca di Catellani e Covelli (2011) sui dibattiti televisivi tra Silvio Berlusconi e Romano Prodi
prima delle elezioni politiche del 2006, ha mostrato che, quando parlano di eventi negativi, i politici
si preoccupano sia di difendere se stessi da eventuali responsabilità sia a scaricare la
responsabilità sugli avversari. In entrambi i casi, vi è il ricorso ai controfattuali, cioè al confronto
con ipotetici scenari alternativi peggiori o migliori rispetto a quelli reali. I controfattuali possono
essere espressi in modo esplicito, ma la maggiorparte delle volte vengono espressi in modo
implicito, attraverso indicatori linguistici che alludono a scenari ipotetici.

Le difese più efficaci


Per indagare gli effetti di diverse strategie di difesa si creano situazioni di ricerca in cui si mostrano
ai partecipanti varie versioni di discorsi o interviste nelle quali un politico difende il proprio operato.
Come nel caso degli attacchi , anche nel caso delle difese lo stile indiretto è risultato più efficace.
Ancora di più se il politico scarica le responsabilità sull’opposizione. L’efficacia della difesa è
influenzata dal fatto che vi sia o meno una coincidenza tra l’appartenenza ideologica del politico
che si difende a quella del cittadino chiamato a giudicare la difesa. Inoltre l’efficacia varia anche in
base alla competenza politica dei cittadini: meno le persone sono competenti e più vi è
un’accettazione passiva delle strategie difensive utilizzate dai politici.

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CAPITOLO 7 - IL CORPO NELLA COMUNICAZIONE POLITICA CONTEMPORANEA

Dalla piazza urbana a quella mediatica

Dai comizi in piazza, oggi si è passati ai mezzi di comunicazione di massa, tv in primis, in cui però
il pubblico assume un aspetto amorfo e spersonalizzato. In tv i discorsi durano molto meno che in
piazza, quindi è ancora più facile usare frasi brevi, semplici e ripetitive. Alcune tecniche del
discorso in piazza possono essere usate anche in televisione. Una delle cose che più differenzia la
piazza dalla tv è che nei comizi i politici spesso parlavano quasi esclusivamente ai propri elettori,
come oggi nei discorsi in pubblico durante le manifestazioni e i congressi del proprio partito. Il
pubblico era di sostegno e di incitamento al discorso stesso del politico. Il discorso, frutto di una
interazione immediata, era più autentico e spontaneo, al contrario degli interventi televisivi spesso
preparati a tavolino. La presenza dei politici in tv è anche molto più assidua, si ha una visibilità
continua e quindi una sorta di campagna elettorale (anche basata sulla sua vita personale). è per
questo che oggi il politico è molto più attento a come viene percepito dal pubblico, perchè la sua
esposizione avviene in termini quantitativi ma anche qualitativi (dettagli e informazioni un tempo
non visibili in pubblico). Oggi più che di politica sembra opportuno parlare di percezione politica,
influenzata da un insieme di fattori spesso indicati come modernizzazione o anche
americanizzazione della politica (enfasi sulla commercializzazione, globalizzazione, cultura visiva,
sviluppo delle nuove tecnologie). Questo tipo di sviluppo della politica porta i cittadini a formarsi
impressioni intuitive dei candidati politici basate su indici come lo stile linguistico, l’apparenza e il
comportamento non verbale, piuttosto che a formarsi un’opinione ponderata basata sui contenuti
delle argomentazioni politiche. Il corpo sembra aver sostituito l’ideologia.
Secondo il modello della probabilità di elaborazione di Petty e Cacioppo, il crollo del
coinvolgimento politico significa che gli elettori tendono a usare la via periferica (caratteristiche del
candidato) piuttosto che quella centrale (argomentazioni politiche) nell’elaborazione
dell’informazione politica. Questa tendenza ingigantisce il ruolo dello stile, dell’appartenenza, della
personalità. I politici seguono le regole dello spettacolo. Gli elettori ai tempi delle piazze erano
molto leali verso il loro partito politico, adesso le persone votano per un politico con cui si sentono
in sintonia emotiva (familiarità creata dalla presenza scenica televisiva). Alcuni espedienti scenici
(primi piani, mani, sorrisi) lo rendono familiare, ed è proprio con il corpo che i politici comunicano,
diventando performers.
è importante notare come questo processo di riappropriazione del corpo si è fatto forte con
l’avanzare dei vari processi che hanno tracciato un solco tra politico ed elettorato, mediandone la
comunicazione. Nella piazza l’elettore era il cittadino, adesso l’elettore è il telespettatore, abituato
al televoto. In una televisione sempre più autoreferenziale (in tv si parla di quelli della tv quindi
politico deve diventare star della tv). Lo spettacolo condivide con la politica il luogo di
rappresentazione, la televisione.

Politica e comunicazione corporea


Con corporea si intende tutto il non verbale, sia segnali visivi che vocali.
Alcuni studi hanno identificato una misura di dominanza nella comunicazione vocale non verbale.
Questi, analizzando la spettrografia della frequenza vocale nelle conversazioni, hanno trovato che
gli interagenti tendono inconsapevolmente a convergere tra loro nella frequenza vocale. In
situazioni di asimmetria interattiva, i soggetti meno dominanti nella conversazione presentano più
variazioni nella frequenza vocale, la quale tende man mano a adattarsi alla frequenza vocale
dell’interlocutore più dominante. Il dominante sarebbe dunque quello che meglio controlla la voce.
Gregory e Gallagher adattando questa misura di dominanza alla comunicazione politica, hanno
analizzato la frequenza vocale dei candidati in 19 dibattiti televisivi. La capacità di un candidato di
dominare gli altri nei dibattiti politici si evincerebbe dal controllo anche inconsapevole che esercita
sulla frequenza della sua voce, mentre gli altri convergono su di essa.
Data però la forte penetrazione dei mezzi televisivi, i segnali visivi diventano prevalenti nelle
elezioni presidenziali rispetto ai segnali vocali. Diversi studi hanno dimostrato la relazioni tra le
varie forme di segnali non verbali visivi e preferenze politiche. Ad esempio i membri dell’uditorio
imitavano di più i comportamenti non verbali dei politici altamente carismatici e presumibilmente
questo contagio emotivo porta ad aumentare il consenso verso questi politici. L’idea del contagio
corporeo-emotivo sta alla base di studi che hanno indagato come il comportamento corporeo dei
politici durante la comunicazione di info influenzi la percezione dei politici e delle info stesse da
parte dell’audience.
Bucy ha notato che le reazioni non verbali dei politici a importanti notizie avevano un effetto su
come gli elettori li percepivano. Dunque i candidati politici utilizzano il linguaggio del corpo per
(tentare di) influenzare le impressioni sull’oggetto dei loro discorsi.
I segnali non verbali visivi possono anche influenzare indirettamente il successo elettorale dei
politici. Friedman, Di Matteo e Mertz analizzarono le espressioni facciali dei giornalisti televisivi
che seguirono le elezioni presidenziali nel 1976, trovando differenze significative nella positività
percepita delle espressioni facciali del giornalista quando pronunciavano i nomi dei diversi
candidati. Gli elettori sembravano favorire il candidato presentato con espressioni facciali positive
dal giornalista. L’immagine di un politico ne soffriva quando l’intervistatore era ostile piuttosto che
amichevole.
La ricerca recente ha mostrato che i giudizi circa i tratti di personalità dei candidati politici si
basano spesso unicamente sull’immagine e sui segnali corporei dei candidati e questi possono
predire gli esiti elettorali.
Il forte flusso di info sui candidati, proveniente da mass media ecc comporta che gli elettori siano
inondati da fatti, pettegolezzi, citazioni, interviste ecc. Quando si ha a che fare con più info di
quante se ne possano esaminare, la mente tende a semplificare il processo decisionali facendo
affidamento a semplici regole o euristiche.

Politica e aspetto esteriore


La fisionomia del volto di un politico influenza l’impressione che del politico si formano i cittadini e
di conseguenza le loro intenzioni di voto. Il volto fornisce info su genere, età, etnia, attrattività fisica
ma anche porta a inferire i tratti di personalità di un candidato. In queste ricerche vengono
presentati foto di volti di candidati e viene chiesto solo in base al volto quanto la persona risulti
competente.
Altri studi hanno dimostrato che la competenza inferita dal volto (face competence) predice la
quota di voto e la probabilità di vittoria alle elezioni negli USA. Ricordiamo che il grado in cui il
giudizio su uno specifico tratto predice i risultati elettorali è fortemente correlato con l’importanza
assegnata a tale tratto. Ad esempio i giudizi circa i tratti che non sono ritenuti importanti
(riservatezza) non predicono il voto.
Questi risultati suggeriscono che gli elettori hanno la giusta nozione dei tipi di politici che
dovrebbero essere eletti, tuttavia alcuni, possono fare affidamento su segnali sbagliati per inferire
attributi giusti. In altre parole invece di guardare la competenza si focalizzano sull’apparenza.
Spesso vengono attivati dei processi automatici di valutazione, che possono essere spiegati con il
modello MODE di Fazio. Secondo tale modello, la motivazione e le opportunità, intese come
risorse cognitive e di tempo, determinano quanto un processo di attribuzione o valutazione sia
deliberato o automatico. I processi psicologici sono misti, hanno sia componenti automatiche che
controllate. Qualsiasi componente controllata all’interno di una sequenza mista richiede che
l’individuo sia motivato a impegnarsi nel compito cognitivo e abbia l’opportunità (tempo, risorse)
per farlo. Probabilmente nella percezione dei candidati politici gli elettori si formano le impressioni
in modo immediato e automatico attraverso segnali superficiali per vari motivi: bassa motivazione
alle decisioni di carattere politico, impossibilità di conoscere meglio i candidati, assenza di
competenze adeguate a riconoscere i giusti indicatori dei tratti salienti, assenza di tempo per
un’elaborazione deliberata. Questa ipotesi risulta coerente con dati di ricerca che mostrano come
le inferenze basate sull’apparenza vengano fatte anche dopo esposizioni estremamente rapide a
volti.
Ballew e Todorov hanno osservato che i giudizi di competenza prodotti dopo un’esposizione di
100 ms a volti di vincitori e secondi classificati alle elezioni USA a governatore o a sindaco erano
tanto accurati nel predire i risultati delle elezioni quanto i giudizi prodotti dopo 250 ms o dopo
un’esposizione illimitata. Forzare i partecipanti a rispondere entro 2 secondi non diminuiva
l’accuratezza della predizione. L’unica cosa che andava a peggiorare l’accuratezza era chiedere ai
partecipanti di riflettere e fare giudizi accurati. L’accuratezza poteva essere rintracciata nelle
componenti automatiche non in quelle deliberate.
Le persone generalmente sono inconsapevoli dei segnali che utilizzano nell’esprimere i loro giudizi
a partire dai volti e le istruzioni a dare giudizi accurati introducono semplicemente disturbo nei
giudizi. Le impressioni di competenza si possono formare rapidamente e con facilità senza
necessità di alcun processo deliberativo ed una volta formatesi possono influenzare le decisioni di
voto non sempre consapevolmente.
Benjamin e Shapiro hanno mostrato che i partecipanti riuscivano a predire i risultati elettorali per
le cariche a governatore a partire dalle thin slices del comportamento corporeo, cioè videoclip
senza audio di 10 secondi di un dibattito elettorale. Curiosamente quando i partecipanti potevano
ascoltare il dibattito le loro predizioni erano simili al caso. Questo mostra come gli indicatori non
verbali possono avere maggior peso di quelli verbali nel determinare probabili risultati
elettorali. I risultati sono inoltre in linea con quelli di Ballew e Todorov secondo i quali gli
effetti dell’apparenza sulle decisioni di voto derivano da impressioni rapide e non
ponderate.
I giudizi di competenza rapidi, basati unicamente sull’apparenza facciale, predicono dunque gli
esiti elettorali, ma non è ancora chiaro quali siano i fattori sottostanti a tale relazione.
Olivola e Todorov hanno tentato di comprendere quali siano le determinanti dell’inferenza di
competenza a partire dall’apparenza che predice gli esiti elettorali. Per fare questo hanno cercato
di identificare altre inferenze di tratto che covariano con l’inferenza di competenza. I giudizi di
competenza facciale sono correlati positivamente con i giudizi di attrattività e familiarità facciale e
negativamente con i giudizi di apparenza infantile (baby face). Fra gli altri tratti inferiti
dall’apparenza facciale, l’attrattiva e l’età percepita risultano predittori della previsione dell’esito
elettorale e del voto ipotetico, mentre l’età percepita risulta predittore anche del voto reale. Alla fine
la competenza percepita rimane il migliore predittore di tutti i tre criteri utilizzati nella
ricerca: previsione degli esiti elettorali da parte dei partecipanti, ipotetico voto, voto reale.
I medesimi autori hanno poi introdotto un modello computerizzato per esaminare quali segnali
facciali influenzino le inferenze di competenza dimostrando una correlazione con l’attrattiva fisica
del viso e alla maturità facciale.
Verhulst, Lodge e Lavine non sono d’accordo sul fatto che la competenza percepita sia il
predittore più forte della vittoria elettorale, poichè il giudizio di competenza annulla l’effetto
dell’attrattiva e della percezione di maturità sui criteri di comportamento di voto, portando a
pensare che queste due arrivino prima. Concludono quindi che siano i segnali di maturità e
soprattutto l’attrattiva del volto a influenzare la percezione di competenza e questa a predire poi gli
esiti elettorali.
Castelli, Carraro, Ghitti e co hanno presentato ai partecipanti foto di candidati a sindaco in
province lontane dalla loro e hanno analizzato gli effetti sugli esiti elettorali della competenza e
della socievolezza, cioè le due dimensioni universali che presiedono alle percezioni interpersonali.
Entrambe hanno effetti positivi sulla previsione di vittoria, mentre nella predizione del reale esito
positivo, le due dimensioni hanno effetti opposti: competenza positivo, socievolezza negativo. Ciò
porta a pensare che nel contesto italiano essere percepiti più socievoli non premia sul piano della
reale vittoria elettorale. Emerge anche che la percezione di moralità sia meno rilevante rispetto alle
altre due. Si potrebbe ipotizzare che in Italia la moralità risulta meno importante, ma invece è per
una mancanza di tratti fisici che possono implicitamente rimandare all’onestà, cose che nella
competenza si può (maturità, età percepita).

Politica e movimenti del corpo


I movimenti del corpo segnalano tratti fisico-psicologici rilevanti anche nell’interazione sociale,
come per esempio il genere, l’età, le emozioni e possono facilitare e influenzare i giudizi sociali.
Kramer, Arend e Ward hanno mostrato ad un campione di partecipanti alcune sezioni degli
interventi ai dibattiti presidenziali dei candidati alla presidenza 2008, sezioni convertite in immagini
virtuali, in cui braccia, spalle e busto erano rappresentati come linee e occhi e mani come punti. I
risultati hanno mostrato che i movimenti del corpo influenzavano le scelte di voto e che la
salute fisica percepita a partire dai movimenti del corpo era l’unico predittore della scelta di
voto. Nonostante attrattiva e leadership percepite correlassero con il comportamento di
voto, non aggiungevano potere predittivo alla percezione di benessere. Dunque, stato di
salute e di benessere di un candidato, inferito dai movimenti del corpo, sarebbe un buon
predittore di vittoria elettorale, probabilmente perchè sinonimo di forza.
I politici lo hanno capito e perciò spesso si presentano in tuta.

Politica e gesti delle mani


I movimenti di tutte le parti del corpo sono strettamente coordinati con il parlato. Un esempio di
sincronia con il parlato (self-synchrony) è’ la relazione tra movimenti e accenti vocali. Ma l’aspetto
dei movimenti del corpo maggiormente connesso al parlato è la gestualità delle mani. I gesti sono
fondamentali nella rappresentazione di significato. Nell’organizzazione della frase, parlato e gesto
sono pianificati all’inizio: la codifica (encoding) della frase può avvenire simultaneamente
attraverso verbale e gesto; la decodifica (decoding) degli enunciati si avvale non solo degli
elementi verbali ma anche di quelli corporei. L’integrazione gesti-parlato (speech-gesture
integration) è quindi molto forte.
Streeck mette in mostra come i candidati attuano un codice condiviso di gestualità pragmatica.
Mentre i gesti iconici rappresentano e descrivono oggetti reali introdotti nel discorso (ad esempio
riprodurre con la mano la forma di un oggetto), i gesti pragmatici fanno riferimento alla struttura
dell’espressione linguistica (movimenti orizzontali delle mani per indicare lo sviluppo del discorso).
Tali gesti forniscono ai riceventi una struttura visiva del discorso che facilita l’analisi e
l’elaborazione dello stesso. Streeck ha notato anche l’utilizzo di un singolo gesto ripetitivo, il dito
indice sollevato rivolto al pubblico, ma questo non sempre è apprezzato dal pubblico.
Quando le persone cercano di essere più persuasive utilizzano molti più gesti
significativamente rispetto ad altre situazioni. I leader politici in particolare usano e combinano
dispositivi retorici verbali, gesti delle mani e intonazione vocale per rendersi più persuasivi. I gesti
articolano la struttura dei dispositivi retorici i quali di solito precedono l’applauso.
Nel 2001 è stato analizzato lo stile retorico e gestuale dei due candidati alle elezioni, e per quanto
simili presentavano notevoli differenze: Berlusconi faceva più uso di gesti coesivi, ossia che
conferiscono continuità, coerenza e struttura al discorso; Rutelli ha utilizzato maggiori gesti
emblematici, gesti simbolici con significati condivisi e gesti metaforici per illustrare concetti astratti
(concetto di forza mostrando il pugno chiuso). Entrambi hanno utilizzato gesti adattatori (gesti di
manipolazione non connessi al discorso): Berlusconi gesti oggetto adattatori (manipolazione di
oggetti ad esempio la penna) che sono riconosciuti meno penalizzanti in termini di credibilità
rispetto ai gesti autoadattatori (movimenti di automanipolazione) che sono invece associati
maggiormente ad ansia, incertezza.
Le differenze nelle gestualità rispecchiano i differenti stili comunicativi: Berlusconi maggiori gesti
deittici (puntare il dito verso l’alto) e gli oggetto adattatori rendono lo stile comunicativo intrusivo,
impetuoso ed esuberante; gesti metaforici e coesivi caratterizzano lo stile razionale e pacato.
L’associazione tra gesti e contenuti verbali rispecchia in qualche modo la scelta dei contenuti e
delle argomentazioni di tutta la campagna elettorale.
Maricchiolo, Giuliano e Bonaiuto hanno preso in esame le co-occorrenze tra gesti e parole
utilizzate dai due candidati premier durante i dibattiti televisivi faccia a faccia, con l’obiettivo di
descrivere l’associazione tra diversi tipi di gesti e parole co-occorrenti dei due leader e di
individuare eventuali aree semantiche date da tali associazioni. Le associazioni possono essere
riportate a quattro aree semantiche che descrivono i discorsi dei politici e che risultano dall’incrocio
dei due assi fattoriali astrattezza/concretezza e assertività/incertezza: le quattro aree sono
concretezza incertezza, astrattezza incertezza, concretezza assertività, astrattezza assertività.
Berlusconi sembra usare particolari categorie di gesti in associazione sistematica con specifiche
parole o temi ricorrenti: gesti deittici in associazione con concetti concreti; gesti metaforici con
parole indicanti astrattezza. Emerge quindi che Berlusconi ha strutturato più sistematicamente le
corrispondenze funzionali tra piano corporeo e piano verbale della comunicazione.

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