Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
In molte democrazie del mondo occidentale, la politica moderna sta diventando sempre più
personalizzata dal momento che le caratteristiche individuali degli elettori e dei candidati
assumono sempre più importanza. Ciò è dovuto anche ad altre due ragioni. La prima, le scelte
politiche sono più individualizzate, dal momento che dipendono sempre più dall’apprezzamento e
dalle euristiche degli elettori piuttosto che dalle variabili socio-demografiche comunemente prese in
considerazione per descriverle. La seconda, i candidati si sono interessati di più alla trasmissione
di immagini personali positive e di racconti accattivanti che siano graditi ai potenziali elettori
piuttosto che a promuovere un’ideologia politica. Tra i fattori che contribuiscono a questo processo
ci sono: più alti livelli di istruzione dell’elettorato, un più ampio accesso a informazioni sempre
reperibili, la diminuzione del numero e della diversità tra i partiti politici e la somiglianza dei
programmi sostenuti dai partiti avversari. Inoltre i media moderni, in particolar modo la televisione,
sono diventati veicoli personalizzanti, in grado di dare notevole risalto alle vicende personali degli
attori politici. Le caratteristiche di personalità dei singoli candidati, o quelle che si attribuiscono loro,
sembrano svolgere un ruolo di crescente rilievo nell’orientare preferenze e decisioni di voto.
È possibile individuare tre principali filoni di ricerca che si distinguono soprattutto per la
prospettiva adottata nella raccolta delle osservazioni:
1. La personalità del politico tramite metodi indiretti (materiale d’archivio, valutazioni storici,
biografi e giudici esperti)
Numerose ricerche sulla personalità dei politici hanno adottato varie tecniche indirette che
consentono di valutare la personalità a distanza. Nell’ambito di questa tradizione di ricerche, gli
studiosi si sono concentrati su una molteplicità di dimensioni della personalità ritenute rilevanti ai
fini dell’esercizio della leadership, quali il carisma, la motivazione al potere e l’intelligenza. Le
psicobiografie dei politici hanno suscitato grande interesse tra gli addetti ai lavori e non solo; esse,
tuttavia, sono soggette a dei limiti poiché inevitabilmente si riflettono le inclinazioni personali e gli
orientamenti teorici dello psicobiografo. L’utilizzo di tecniche più oggettive, come l’analisi del
contenuto di scritti e discorsi a opera di diversi giudici indipendenti, ha consentito di gettare luce
sulle caratteristiche personali di numerosi politici. In particolare, questo approccio ha consentito di
esaminare un’ampia gamma di disposizioni personali, quali le motivazioni (Winter, 1992), i tratti
(Etheredge, 1978), gli stili decisionali e relazionali (Prost, 2003) e le abilità cognitive ( Simonton,
2006).
Il capitolo affronta e collega il ruolo degli atteggiamenti come possibili predittori di alcuni
comportamenti significativi (es. la scelta di voto) e la possibile modificazione di tipo implicito di
questi, quindi l’impatto che le campagne di comunicazione in ambito politico possono avere
sulla percezione degli attori politici.
GLI ATTEGGIAMENTI IMPLICITI E LA LORO RAPIDA FORMAZIONE
Secondo Greenwald e Banaji (1995) gli atteggiamenti impliciti sono da sempre considerati come
tracce di esperienze passate, e si ritiene che essi vengano a formarsi molto precocemente per poi
rimanere inalterati durante tutto il corso della vita. Alla luce di ciò è facile pensare che anche gli
atteggiamenti in ambito politico si formino molto prima dell’età adulta, andando incontro a
successive modifiche. Queste ultime sono validate da varie evidenze empiriche che sottolineano
come influenze contestuali possono incidere anche sugli atteggiamenti impliciti e che esperienze
recenti possono modificarli in misura sostanziale. Inoltre si è dimostrato come atteggiamenti di tipo
implicito possono formarsi in maniera rapida a partire da minime informazioni circa un oggetto di
atteggiamento. Ciò risulta particolarmente interessante per le analisi delle dinamiche che si
realizzano in ambito politico come ad esempio un nuovo candidato o partito che si affaccia sulla
scena politica oppure in che modo le campagne elettorali e le scelte strategiche dei
candidati abbiano un’influenza sull’elettorato,senza necessariamente basarsi sugli auto-resoconti
degli elettori.
Tuttavia la dinamica di questo processo può essere vista in maniera più articolata, seguendo in
questo caso la linea interpretativa proposta dal modello duale di Gawronski e Bodenhausen
(2006) che prende in considerazione gli effetti prodotti dalle associazioni automatiche e le
credenze possedute a livello consapevole dai votanti decisi e da quelli che non hanno ancora
maturato una decisione.
Per associazioni mentali automatiche intendiamo quelle associazioni che arrivano alla mente
senza uno sforzo deliberato ed intenzionale, e che una volta attivate, è difficile esercitare un
controllo che non richiedono una consapevole accettazione. Le associazioni automatiche sono
solitamente contrapposte alle credenze consapevoli, ovvero contenuti mentali che solitamente un
individuo esplicitamente considera accurati. Entrambe sono componenti della struttura di
atteggiamento, e vengono registrate e messe in luce facendo ricorso a diverse metodologie di
indagine: le associazioni mentali vengono misurate grazie all’impiego di tecniche di tipo implicito
come lo IAT mentre le credenze consapevoli sono misurate facendo ricorso ai tradizionali
questionari grazie ai quali i partecipanti definiscono il proprio atteggiamento.
L’ipotesi di ricerca è che le associazioni automatiche possono predire le future scelte delle
persone al momento indecise. Le evidenze empiriche a disposizione suggeriscono che le
associazioni automatiche sono in grado di distorcere l’elaborazione delle nuove informazioni
cosicché le decisioni future, saranno in linea con le associazioni automatiche precedentemente
attive. Potrebbe essere questa la dinamica grazie alla quale le decisioni finali di un votante
possono prendere forma molto prima che questa persona faccia propria, in maniera consapevole,
un giudizio di preferenza nei confronti di un candidato rispetto all’altro.
Per mettere alla prova l’ipotesi precedentemente illustrata è stata condotta una ricerca volta a
registrare gli atteggiamenti di un campione di abitanti della città di Vicenza a proposito di un tema
politico-sociale particolarmente dibattuto, ossia l’ampliamento di una base militare americana
collocata in prossimità della zona urbana (a favore, contrari e indecisi). Le misure impiegate
riguardavano l’atteggiamento generale a proposito della base militare, una scala di atteggiamento
esplicito a proposito degli aspetti legali, ambientali e sociali del problema, nonché un test di
associazione implicita IAT per registrare al computer le associazioni valutative di tipo automatico
suscitate dal problema. I partecipanti dovevano categorizzare il più velocemente possibile alcune
immagini della base militare in combinazione, a seconda delle fasi del compito, con parole positive
o negative. Le associazioni automatiche erano inferite dalla velocità e dalla correttezza con cui i
partecipanti eseguivano i diversi compiti di categorizzazione. Due le registrazioni effettuate a
distanza di una settimana una dall’altra; per individuare la relazione tra le associazioni
automatiche, le credenze consapevoli manifestate e le scelte finali operate dai partecipanti,
classificati in decisi e indecisi. Successivamente sono state condotte due analisi di regressione; la
prima ha dimostrato che le associazioni automatiche registrate nella prima fase della
ricerca prevedevano i cambiamenti successivamente manifestati nelle credenze
consapevoli dei partecipanti se questi erano inizialmente indecisi. Al contrario le credenze
consapevoli monitorate nella fase iniziale della rilevazione erano in grado di prevedere i
cambiamenti successivamente intervenuti nelle associazioni automatiche dei partecipanti
decisi, ma non degli indecisi. La seconda analisi aveva l’obiettivo di mettere in luce i legami che
collegavano le associazioni automatiche e le credenze consapevoli con le scelte operate nel
futuro, i partecipanti decisi avrebbero operato scelte finali che erano predette dalle credenze
consapevoli manifestate nella prima fase della rilevazione mentre questo non capitava nel
caso delle associazioni automatiche. Speculare era l’esito dell’analisi condotta sui partecipanti
indecisi: le loro scelte nella seconda fase della rilevazione erano significativamente
predette dalle associazioni automatiche manifestate nella prima fase, ma non dalle
credenze consapevoli da loro stessi possedute.
Innumerevoli sono gli studi in merito a questo argomento. Uno di questi è stato condotto in
occasione delle ultime elezioni presidenziali americane in cui veniva controllata la componente
implicita degli atteggiamenti politici attraverso uno strumento recentemente messo a punto da
Payne, Cheng, Govorun e collaboratori (2005) chiamato Affect Misattribution Procedure
(AMP). Il compito prevede una serie di prove basate sulla presentazione veloce di uno stimolo
rappresentativo dell’oggetto di atteggiamento studiato, nei confronti del quale non deve essere
espressa alcuna valutazione. A esso viene fatto seguire uno stimolo neutro nei confronti del quale
il partecipante deve emettere un giudizio di piacevolezza. La presenza implicita per l’oggetto di
atteggiamento è inferita dalla tendenza che si manifesta in maniera differenziale a preferire o
rifiutare gli stimoli inizialmente neutrali presentati di seguito all’oggetto di atteggiamento. In
generale quindi, le indicazioni che provengono da misurazioni implicite possono essere
efficacemente utilizzate nella previsione delle scelte politiche.
Per campagne negative si intende l’attacco all’avversario piuttosto che di promozione del
proprio programma. Sulla base di alcuni dati americani possiamo contraddire l’idea di un
progressivo incremento nel ricorso a campagne negative, sostenendo piuttosto una certa stabilità
negli ultimi decenni. La vera rivoluzione è avvenuta nella copertura da parte dei mass media che
selettivamente si focalizzano su messaggi negativi, portando quindi una maggiore
esposizione a tali tipologie di campagne. Il secondo importante aspetto è collegato all’efficacia
delle campagne negative dato che le dimostrazioni circa la loro utilità per il candidato promotore
sono scarse. Partendo da alcune metanalisi della letteratura esistente Lau e i suoi collaboratori
hanno concluso che non vi è alcuna indicazione certa circa l’efficacia delle campagne negative,
anzi si osserva una esplicita condanna rispetto questa scelta strategica, talvolta ancora più
accentuata se il politico che attacca appartiene al proprio schieramento politico (effetto
black sheep). Risulta quindi ancora oggi difficile comprendere perché ci si ostina a ricorrere a
questa strategia politica anziché abbandonarla a favore di campagne politiche che al contrario
mettono in risalto le qualità positive della propria proposta politica. E’ importante sottolineare come
le ricerche realizzate abbiano utilizzato misure alquanto dirette ed esplicite, quindi facile dedurre
come motivazioni di desiderabilità sociale possano indurre a stigmatizzare comportamenti di
attacco dell’avversario. Ci si è dunque chiesti in che misura anche le risposte spontanee e meno
controllate seguano uno stesso andamento oppure evidenzino tendenze differenti. A tal proposito
sono stati condotti studi in cui un candidato politico, a seconda delle condizioni sperimentali,
attaccava il proprio avversario oppure si limitava a rimarcare i propri punti di forza.
Successivamente, venivano rilevati sia gli atteggiamenti espliciti dei partecipanti, attraverso scale
Likert che indagavano la piacevolezza percepita, sia quelli impliciti, questi ultimi venivano misurati
grazie all’Affect Misattribution Procedure. I risultati dimostrano che l’invio di messaggi negativi
viene considerato inadeguato e quindi si reagisce negativamente a chi ne fa uso, e in
aggiunta anche la rappresentazione di chi ne è oggetto viene a costruirsi sulla base di
legami associativi che collegano la persona a informazioni negative e, a prescindere da una
valutazione razionale circa la loro veridicità, si producono di conseguenza risposte affettive
spontanee negative. Il messaggio di fondo è dunque che le campagne negative possono
effettivamente intaccare in modo rilevante l’immagine di un candidato, e allo stesso tempo anche
chi attacca subisce delle conseguenze.
Le risposte affettive precedentemente accennate rappresentano solo una delle componenti su
cui si basa la nostra percezione sociale, che può essere guidata da due dimensioni chiave,
Socievolezza e Competenza, rispetto sia ai singoli individui che ai gruppi, come suggericono i
lavori di Rosenberg del 1968. Per quanto riguarda la Socievolezza o “Calore” (warmth) si intende
la capacità di stabilire delle relazioni positive con gli altri e quindi di intrattenere rapporti armoniosi
e appaganti con chi ci circonda. La seconda dimensione, quella della Competenza, si rifà all’abilità
nel raggiungere i propri obiettivi e alla capacità quindi di muoversi strategicamente per dare corso
ai propri piani ed aspirazioni. Nella vita di tutti i giorni la socievolezza è la dimensione più
importante ed è possibile ritenere che le misure implicite, quali l’AMP, rilevino in massima misura
la socievolezza percepita (ossia la differenziazione buono/cattivo) e quindi la nostra propensione a
stabilire legami interpersonali con la persona target. Ovviamente a seconda dei contesti il peso
delle due dimensioni cambia notevolmente; in ambito politico infatti la competenza acquisisce
un ruolo fondamentale.
Le campagne negative hanno differenti effetti, e che a seconda del tipo di rilevazioni che vengono
condotte si può giungere a considerarle come più o meno efficaci dal punto di vista di chi le
utilizza. Tra le varie strategie per far fronte ad un attacco subito, esiste la possibilità di ignorarlo,
tentare di mostrare superiorità disinteressandosene e parlando invece della bontà della propria
proposta politica; una seconda possibilità è quella di ribattere colpo su colpo e contrattaccare il
proprio avversario. I dati mostrano comunque che la scelta di ignorare l’attacco subito sembri
danneggiare il candidato, e che il conformismo aumenta quando il candidato, uomo o
donna che sia, segue una strategia di contrattacco in quanto nonostante venga apprezzata
la scelta di mostrare superiorità nel disinteressarsi dell’offensiva avversaria questa stessa
scelta sottolinea una forma di debolezza che rende gli elettori meno propensi a seguire un
candidato che adotta questo tipo di strategia.
Un esempio specifico di questo tipo di risultato ci riguarda molto da vicino a proposito delle elezioni
italiane del 2006 quando il candidato di centrodestra, Silvio Berlusconi produsse una nuova forma
di attacco verso l’elettorato della controparte, dichiarandosi sicuro della vittoria non potendo
“pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse”.
Questo ha suscitato una reazione da parte dell’elettorato avverso che da quel momento si definì
con l’appellativo di “orgoglioni” dimostrandosi orgogliosi e vicini al proprio partito. Da questo
episodio si è tentato, a distanza di alcuni mesi di ricreare una situazione sperimentale simile in cui
veniva chiesto ai partecipanti di indicare la propria affiliazione politica, misurando il loro grado di
identificazione esplicita nonché la loro valutazione implicita nei confronti dei due schieramenti
contrapposti attraverso lo IAT per verificare quanti elementi positivi e negativi venissero associati
automaticamente ai due schieramenti. Eseguita la misurazione veniva introdotta la manipolazione
critica e i partecipanti leggevano alcuni messaggi positivi, messaggi di attacco al candidato
contrapposto o di attacco all’elettorato contrapposto, pronunciate da un politico che apparteneva
ogni volta allo schieramento opposto al proprio. Successivamente, venivano proposte due nuove
misurazioni finalizzate a rilevare il grado di identificazione esplicita (simile a quella somministrata
prima della manipolazione sperimentale) ed implicita (che permette di cogliere quanti pronomi
personali riferiti al sé venissero automaticamente associati ai due partiti) con il proprio
schieramento. I risultati dimostrano che chi è sicuro nelle proprie convinzioni, possiede forti
rappresentazioni che non vengono minate dagli attacchi ricevuti, contrariamente
atteggiamenti più deboli sembrano mettere in atto strategie compensatorie per difendersi
dall’attacco subito che coinvolgono un desiderio di rivendicare la propria appartenenza.
Contemporaneamente però sembra che a un livello più sottile il messaggio di attacco inizi a
mettere in crisi l’appartenenza al proprio gruppo politico, indebolendo i legami associativi
tra il sé e i simboli del proprio schieramento.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
A partire dagli anni Sessanta, la fine delle ideologie comincia a diventare un argomento di
rilevanza importante. In Italia, questo tema si fa strada a partire dagli anni Novanta, in
concomitanza con lo scandalo di Tangentopoli e la fine della “Prima Repubblica”. Diversi studiosi,
infatti, iniziano ad interrogarsi sul significato, l’attualità e l’adeguatezza politico- sociale di una
differenziazione politica tra destra e sinistra.
Le ragioni che hanno portato a parlare di “fine delle ideologie” possono essere riassunto come
segue:
• Mancanza di differenze basilari tra le visioni politiche dei partiti di destra e di sinistra, ovvero
conservatori e progressisti, a livello ideologico e filosofico;
• Mancanza di coerenza e organizzazione logica degli atteggiamenti politici e sociali dei
comuni cittadini, necessari per poter parlare di “ideologia”;
• Mancanza di una reale capacità delle ideologie astratte di “destra” e “sinistra” di attrarre e
influenzare il comportamento dei cittadini;
• Mancanza di specifiche differenze psicologiche tra cittadini che si identificano con la destra o
con la sinistra.
Con la pubblicazione de La personalità autoritaria, si è dato il via allo studio scientifico delle basi
psicologico-sociali dell’ideologia. Nonostante ciò, la teorizzazione della fine delle ideologie ha
causato una diminuzione dell’attenzione della ricerca per questi temi. Recentemente, data la
spiccata personalizzazione della politica e la maggiore capacità predittiva delle variabili
psicologico-sociali soft rispetto alle variabili sociodemografiche hard, si riaccende l’interesse per lo
studio dei fattori psicologici alla base dell’ideologia. Si inizia così a parlare di “fine della fine delle
ideologie” (Jost, 2006).
_L’ideologia politica come cognizione sociale motivata_ Alcuni studiosi americani hanno
recentemente proposto un modello integrato per poter meglio interpretare le basi psicologiche
dell’ideologia politica secondo la prospettiva della cognizione sociale motivata. Secondo questa
prospettiva, l’ideologia politica è funzionale a particolari bisogni e motivazioni di natura
epistemica ed esistenziale, per esempio: Riduzione dell’incertezza, dell’ansia e della paura;
Evitamento del cambiamento, del disordine e dell’ambiguità; La giustificazione dell’ordine sociale e
delle conseguenti disuguaglianze tra gruppi e individui. Secondo questo modello, le Motivazioni
epistemiche e le Motivazioni esistenziali sarebbero gli antecedenti psicologici fondamentali
degli aspetti centrali dell’ideologia politica, ovvero gli antecedenti rispettivamente di:
Preferenza per ordine e stabilità (vs cambiamento); Accettazione (vs rifiuto) dell’ineguaglianza
sociale.
- Motivazioni epistemiche: riduzione dell’incertezza. L’ideologia politica mette a disposizione
certezze e credenze stabili e chiare, pertanto risulta funzionale a tutta una serie di bisogni di natura
epistemica. Le Motivazioni epistemiche (conoscenza) si riferiscono a quelle tendenze di
riduzione dell’incertezza, dell’ambiguità e della complessità, cognitivamente legate al bisogno di
chiusura, ordine e struttura. Tuttavia non tutte le ideologie forniscono lo stesso grado di certezza e
stabilità. Sono molto numerose le ricerche che hanno indagato la relazione tra bisogno di chiusura
cognitiva, atteggiamenti sociali e ideologia politica. Il bisogno di chiusura cognitiva si riferisce
alla necessità di avere una risposta certa e concreta ad un dato problema (Kruglanski, 2004),
aggrappandosi a credenze che offrono questa certezza e semplicità ricercate. Questo bisogno
sembra essere correlato a diversi aspetti fondamentali dell’ideologia, come: Autoritarismo di
destra; Orientamento alla dominanza sociale, quindi giustificazione dell’ineguaglianza economica e
sociale tra i gruppi; Etnocentrismo e razzismo; Conservatorismo socioculturale ed economico. La
motivazione epistemica alla chiusura è anche positivamente correlata all’orientamento politico e al
voto per un partito di destra.
- Motivazioni esistenziali: gestione della minaccia. L’ideologia politica, offrendo sicurezza e
protezione, sarebbe funzionale a tutta una serie di bisogni di natura esistenziale, ovvero a quello
tendenze psicologiche utili a gestire minacce e paure di tipo culturale, sociale ed economico, e che
si riferiscono alla ricerca di sicurezza personale e sociale. Sembra esistere una particolare
connessione tra ideologia conservatrice e motivazioni psicologiche di riduzione dell’ansia e della
paura connesse a determinate minacce. In particolare, la paura della morte, l’ansia relativa a
minacce al sistema sociale, la percezione e la credenza di vivere in un mondo pericoloso risultano
associate a un orientamento politico di destra. Appaiono particolarmente interessanti gli
esperimenti condotti nell’ambito della teoria della gestione del terrore (Terror Management
Theory, TMT). La rievocazione di cognizioni e stati emotivi connessi al pensiero della propria
morte nelle persone susciterebbe una serie di meccanismi psicologici funzionali alla riduzione e
alla gestione della paura e del terrore evocati da tali pensieri. La salienza del pensiero della
propria morte (mortality salience) fa in modo che, come meccanismo difensivo, gli individui
si rifugino in sistemi di credenze più stabili, consolidati e tradizionali come le ideologie.
Alcune ricerche dimostrano come, accrescendo sperimentalmente la mortality salience, si
inducano gli individui ad avere atteggiamenti legati all’ideologia di destra, per quanto
riguarda sia gli aspetti simbolici, sia gli aspetti operativi dell’ideologia. Sembra, infatti, che in
situazioni sociali di minaccia, paura e incertezza, i leader e le ideologie di destra aumentino la
propria capacità di attrarre gli individui. Minaccia e paura aumentano i bisogni epistemici ed
esistenziali nell’opinione pubblica e quindi aumenterebbe anche il ricorso difensivo a credenze di
tipo conservativo. In particolare, se nella società venissero resi salienti nel discorso pubblico, per
esempio dai mass media, fattori che minacciano il senso di sicurezza personale e sociale (come
terrorismo, violenze ecc.) si assisterebbe ad un generale spostamento dell’opinione pubblica in
senso conservativo.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
CAPITOLO 7 - IL CORPO NELLA COMUNICAZIONE POLITICA CONTEMPORANEA
Dai comizi in piazza, oggi si è passati ai mezzi di comunicazione di massa, tv in primis, in cui però
il pubblico assume un aspetto amorfo e spersonalizzato. In tv i discorsi durano molto meno che in
piazza, quindi è ancora più facile usare frasi brevi, semplici e ripetitive. Alcune tecniche del
discorso in piazza possono essere usate anche in televisione. Una delle cose che più differenzia la
piazza dalla tv è che nei comizi i politici spesso parlavano quasi esclusivamente ai propri elettori,
come oggi nei discorsi in pubblico durante le manifestazioni e i congressi del proprio partito. Il
pubblico era di sostegno e di incitamento al discorso stesso del politico. Il discorso, frutto di una
interazione immediata, era più autentico e spontaneo, al contrario degli interventi televisivi spesso
preparati a tavolino. La presenza dei politici in tv è anche molto più assidua, si ha una visibilità
continua e quindi una sorta di campagna elettorale (anche basata sulla sua vita personale). è per
questo che oggi il politico è molto più attento a come viene percepito dal pubblico, perchè la sua
esposizione avviene in termini quantitativi ma anche qualitativi (dettagli e informazioni un tempo
non visibili in pubblico). Oggi più che di politica sembra opportuno parlare di percezione politica,
influenzata da un insieme di fattori spesso indicati come modernizzazione o anche
americanizzazione della politica (enfasi sulla commercializzazione, globalizzazione, cultura visiva,
sviluppo delle nuove tecnologie). Questo tipo di sviluppo della politica porta i cittadini a formarsi
impressioni intuitive dei candidati politici basate su indici come lo stile linguistico, l’apparenza e il
comportamento non verbale, piuttosto che a formarsi un’opinione ponderata basata sui contenuti
delle argomentazioni politiche. Il corpo sembra aver sostituito l’ideologia.
Secondo il modello della probabilità di elaborazione di Petty e Cacioppo, il crollo del
coinvolgimento politico significa che gli elettori tendono a usare la via periferica (caratteristiche del
candidato) piuttosto che quella centrale (argomentazioni politiche) nell’elaborazione
dell’informazione politica. Questa tendenza ingigantisce il ruolo dello stile, dell’appartenenza, della
personalità. I politici seguono le regole dello spettacolo. Gli elettori ai tempi delle piazze erano
molto leali verso il loro partito politico, adesso le persone votano per un politico con cui si sentono
in sintonia emotiva (familiarità creata dalla presenza scenica televisiva). Alcuni espedienti scenici
(primi piani, mani, sorrisi) lo rendono familiare, ed è proprio con il corpo che i politici comunicano,
diventando performers.
è importante notare come questo processo di riappropriazione del corpo si è fatto forte con
l’avanzare dei vari processi che hanno tracciato un solco tra politico ed elettorato, mediandone la
comunicazione. Nella piazza l’elettore era il cittadino, adesso l’elettore è il telespettatore, abituato
al televoto. In una televisione sempre più autoreferenziale (in tv si parla di quelli della tv quindi
politico deve diventare star della tv). Lo spettacolo condivide con la politica il luogo di
rappresentazione, la televisione.