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Mussolini a teatro
Al Teatro dell’Opera. Molti custodi in uniforme, come se non si trattasse d’uno spettacolo ma di
una riunione di governo. La classe dirigente è forte, bruna, ben nutrita, allenata dagli sport. In
genere una classe dirigente suscita l’idea di una classe intellettuale. In questa, la robustezza e la
prestanza sono i primi requisiti. Gli uomini in abito da sera seguono le donne, con le mani
sprofondate nelle tasche. Sono eccessivamente eleganti, come se avessero fatto un buon colpo. Le
frasi più comuni tra costoro sono: “Si è sciupata”, “Oh, come sta giù!”. Gli uomini si giudicano
guardandosi: “Stai bene”, “Sei ingrassato”. “E' arrivato?” si chiedevano le signore sedendosi con la
grazia delle ragazze che posano il loro posteriore sul banco della scuola. Doveva arrivare il duce. Lo
spettacolo era cominciato. Un rumore di chiavistelli e l’aprirsi di una porta fece voltare tutti al
quinto palco di prima fila a sinistra. La luce del corridoio gialla tagliò la semioscurità del teatro. Lui
entrava. La duchessa X, nel palco in cui ero invitato, ebbe un fremito: “Come è?”, “Come sta?”, “E’
bello”. “E’ solo?”. La duchessa stava protesa verso quell’apparizione come un fiore aperto,
incantato, mentre su tutto il popolo dei fiori, ugualmente aperto e incantato, sorvola lui, il grosso
insetto nero che cerca dove ficcarsi1. Tutti lo ammiravano. Lui fingeva di non accorgersi di quella
attenzione, come l’attore che recita non guarda mai verso la platea. Aveva nel pugno una rosa e la
portava al naso di tanto in tanto serrando in pugno la corolla.
L’atto dell’opera terminò quasi inavvertito2. Tutti gli occhi si fissarono sul palco del duce, ma
già il palco era vuoto. Le donne avevano l’aria di essere addirittura svergognate dai loro uomini che
guardavano rapiti là, alla forza e alla potenza, diventati essi stessi femminili. In un baleno la fila dei
palchi di primo ordine si vuotò. Nel corridoio le signore avevano abbandonato gli uomini come se
fosse scoppiato un incendio. Lui era appoggiato alla parete, davanti alla porta del suo palco, le mani
nelle tasche e solo. Aveva gli occhi cerchiati di rosso. Non era grande di statura, il colorito terreo3.
Si pensava fosse malato di stomaco, di fegato o di cuore. La folla veniva avanti. Gli uomini
arrancavano dietro alle donne, altri le trascinavano tenendole a braccetto come temendo di perderle.
La folla a due passi da lui, che lo vedeva arrivare indifferente e imperativo, svoltò verso le scale e
passandogli davanti si mise a sfilare levando la mano in alto, e camminava di lato per non voltargli
le spalle svoltando. Lui rispondeva a quei saluti con un cenno del capo, senza levare le mani dalle
tasche. A un tratto i suoi occhi si fissarono in fondo al corridoio dove io stavo con una signora. Non
vedeva nient’altro che due che non sfilavano. (1933)
(adattato da Corrado Alvaro, Quasi una vita, 1950)
1
ficcarsi: mettersi.
2
quasi inavvertito: senza che quasi ci si accorgesse che era finito.
3
terreo: colore giallo-bruno della terra. Si dice anche del colore del viso di persona spaventata o malata.