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Eduard Hanslick
(Praga, 11 settembre 1825 – Baden, 6 agosto 1904)
E’ stato uno dei critici e dei filosofi della musica più incisivi e influenti
dell'Ottocento.
Nella sua autobiografia (pubblicata all'età di sessantanove anni), Hanslick sottolinea che
la sua educazione letteraria e filosofica derivi in gran parte dal contatto con il padre (appassionato
di filosofia ed estetica) piuttosto che dagli studi scolastici e dal biennio filosofico degli anni 1844-
1846.
L'Hanslick di questi anni era un giovane idealista che aspirava a fare critica musicale con ambizioni
politiche: ne è prova la sua attività di corrispondente e scrittore di articoli 'rivoluzionari' per il
«Prager Zeitung» durante la Rivoluzione di Vienna del 1848.
Questa vocazione politica non stupisce visto che a Praga, attraverso il suo maestro Tomašek, era
entrato in contatto con il movimento nazionalista ceco. Tuttavia, il 6 ottobre dello stesso anno,
dopo sette mesi di rivolta a Vienna, con il potere passato dalla borghesia al proletariato urbano, il
segretario del Ministero della guerra Theodore Latour venne impiccato dalla folla sulla pubblica
piazza: questo episodio disgustò profondamente Hanslick.
Nonostante il fallimento, la rivoluzione di Vienna del 1848 portò alla riforma del sistema scolastico,
liberandolo dal controllo del potente clero austriaco. La filosofia fu il primo campo del sapere a
risentire degli influssi delle nuove tendenze: si deliberò che nelle università fosse adottata
ufficialmente la posizione di Johann Friedrich Herbart, notoriamente anti-idealista, che divenne
espressione istituzionale della filosofia austriaca.
La sua carriera di critico musicale (redattore dei giornali viennesi Wiener Zeitung, Die Presse e poi
Neue Freie Presse) e professore universitario di storia ed estetica musicale, si svolse per più di
mezzo secolo a Vienna, privilegiato osservatorio della miracolosa fioritura musicale di quel periodo.
Scrisse numerosi volumi relativi a problemi di storia della musica, tra cui, nel 1854, il suo celebre
saggio “Il Bello musicale” e molto piu tardi un monumentale saggio sull'Opera moderna redatto
fra il 1875 e il 1900, oltre ad essere autore delle sue memorie.
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Dal punto di vista della critica musicale Hanslick risulta essere abbastanza conservatore: nelle sue
memorie sostiene che per lui la storia della musica ha il suo vero inizio con Mozart e tocca il suo
apice con Beethoven, Schumann e Brahms.
Hanslick conduce una martellante critica dell'antica idea, rilanciata in epoca romantica ed
attualizzata ai suoi tempi da Wagner, che la musica "debba esibire sentimenti" che influiscono
sull'animo dell'ascoltatore, agisca insomma come una sorta di "oppio sonoro". Invece egli
rivendica la necessità di una considerazione "estetica" e non psicologica ("patologica") della
musica che colga e valorizzi la specifica "bellezza musicale", la quale consiste nell'universo dei
suoni e nella loro dinamica articolazione artistica come "forme sonore in movimento".
Nella seconda metà dell’Ottocento l’idea romantica wagneriana, secondo cui la musica rappresenta
per l’uomo il punto di convergenza di tutte le arti, viene superata da un approccio diverso, quello
positivista. Nascono infatti teorie che tendono a non considerare il concetto di “bello artistico”
come un qualcosa che riguarda esclusivamente la sfera sentimentale di compositore, esecutore e
fruitore. Si pone ora attenzione alla componente materiale dell’arte, ovvero la sua tecnica, ed è
proprio in questo tentativo di sempre maggiore “scientificizzazione” degli studi musicali che si
originano i nuovi studi di acustica di storiografia, paleografia e psicologia musicale.
Il saggio “Il bello musicale” rivela varie fonti d'ispirazione: la filosofia di Herbart, di Kant ed il
positivismo.
Il Bello della musica è invece – egli sostiene – un bello specificamente musicale che non dipende e
non ha bisogno di alcun contenuto esteriore, ma che consiste unicamente nei suoni e nella loro
artistica connessione. Le combinazioni di suoni belli, il loro concordare e opporsi, il loro sfuggire e
raggiungersi, il loro crescere e morire: questo è ciò che in libere forme si presenta all’intuizione del
nostro spirito e che piace come bello.
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Quest’opera contiene un elemento fondamentale di tutta la riflessione musicologica di Hanslick:
l’idea che la musica, nonostante possa suscitare dei sentimenti, non li possa esibire, non li possa
descrivere.
Possiamo cioè descrivere un brano musicale come malinconico, ma anche con altri termini quali,
ad esempio, bilanciato, delicato, etc. In questo senso i sentimenti che utilizziamo per la
designazione del carattere di una musica sono solo fenomeni come altri che offrono somiglianze.
Si può dire che la musica è triste, ma ci si guardi bene dal dire questa musica descrive tristezza.
Descrivere, spiega Hanslick, significa mostrare con chiarezza ed evidenza qualcosa, “esibirla”.
Pensando quindi che la musica assoluta non abbia nulla da esibire, Hanslick sostenne la causa della
musica cosiddetta "pura" contro le tendenze dei Neudeutscher (seguaci di R. Wagner e di F. Liszt).
Ma partiamo dall'inizio.
Durante l’età barocca e classica la musica strumentale si era sviluppata secondo principi propri del
linguaggio sonoro e come già detto in precedenza, non esprimeva sentimenti né descriveva
alcunché. Le creazioni di Haydn, Mozart e Beethoven rappresentano il più alto grado di sviluppo
al quale sia pervenuta la MUSICA ASSOLUTA o PURA il cui genere per eccellenza era la sinfonia.
Un’inversione di tendenza si ebbe con l’affermazione degli ideali romantici: alcuni compositori
cercarono al di fuori della musica nuovi stimoli e motivi di ispirazione (soprattutto nella letteratura).
Nasce il concetto di MUSICA A PROGRAMMA.
Con l’espressione «Sinfonia a Programma» si indicano quelle composizioni del primo Ottocento in
cui elementi descrittivi ed extramusicali sono innestati in una struttura di stampo classico. Gli
esempi più noti sono la Sesta sinfonia di Beethoven «Pastorale», la Sinfonia fantastica di Berlioz e
alcune composizioni di Liszt.
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Il termine Poema Sinfonico fu poi coniato da Franz Liszt. Con esso il musicista
una voleva indicare una nuova strada: una stretta
alleanza tra poesia e musica. Caratteristica importante
dei suoi poemi sinfonici sono i «programmi», brevi
testi poetici o in prosa in cui l’autore delinea
un’atmosfera, un personaggio (come in Tasso,
lamento e trionfo), scena, un’idea poetica. Sono scritti
per orchestra e sono in un unico movimento.
Questo genere musicale trae la sua ispirazione da spunti narrativi o poetici, da dipinti, da argomenti
autobiografici o naturalistici. Questo è appunto il concetto di musica a programma che si opponeva
a quello di musica pura o assoluta sostenuta da Hanslick.
La tesi hanslickiana segna un punto di forte rottura con il pensiero musicale filo-wagneriano in
voga a metà dell'Ottocento che vedeva nella musica (e nell'uso sistematico dei leitmotiv) un vero
mosaico di reminiscenze psicologiche.
Bruckner inseguito dai critici Eduard Hanslick, Max Kalbeck e Richard Heuberger.
Caricatura di Otto Böhler (Österreiche Bilderarchiv di Vienna).
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L’unico contenuto che alla musica si può attribuire, secondo Hanslick, è quello delle forme sonore
in movimento.
La musica utilizza degli strumenti specifici (l’eufonia, il ritmo, le note, la melodia, l’armonia, i timbri)
per esprimere delle “idee musicali”, delle “forme sonore in movimento” che risiedono nella fantasia
del compositore e che, lungi dall’essere una descrizione di qualcosa (neanche, come spesso si
crede, di sentimenti), rappresentano una metafora che allude a qualcosa che non è di questo
mondo e che, pertanto, non è razionalmente comprendibile, ma intuibile grazie all’allusione
metaforica della musica.
In base a questa impostazione l’ascoltatore deve allora porsi in una condizione di “ricezione
estetica” e non “patologica”.
Quest’ultima la si ha quando nella musica si cercano dei contenuti che dovrebbero produrre degli
“effetti morali”, quando, perciò, si considera la musica solo come uno strumento per tendere ad
uno scopo esterno alla musica stessa; la ricezione estetica, invece, la si ha quando, a partire dalla
consapevolezza che la musica non contiene concetti né esibisce sentimenti, la si ascolta
unicamente per se stessa.
È chiaro quindi che per Hanslick l’esibizione di un determinato sentimento o affezione non è
assolutamente in potere della musica, poiché i sentimenti, egli sostiene, sono introdotti
esclusivamente dal nostro cuore: «questa può sussurrare, infuriare, mormorare; ma l’amore o la
collera sono introdotti solo dal nostro cuore». La musica non ha il potere di raccontare
un’esperienza determinata, di esibire sentimenti ancorati ad un particolare contesto d’esperienza,
il potere di esibire emozioni..
Che cosa resta allora alla musica nella dimensione in cui Hanslick l’ha pensata, privandola
completamente del sentimento?
Restano la serie di suoni, di forme sonore che hanno contenuto solo in se stesse. Il contenuto di
un brano musicale, spiega Hanslick, non è altro se non le forme sonore udite, perché i suoni non
solo sono ciò con cui la musica si esprime, ma sono l’unica cosa espressa.
Fino a oggi il modo in cui è stata considerata l’estetica musicale si è basato su un grosso equivoco;
cioè essa non cerca di conoscere cosa sia il bello nella musica , ma fa una descrizione dei sentimenti
che questa suscita in noi cioè, consideravano il bello solo in relazione alle sensazioni che esso
risveglia.
Secondo Hanslick Chi cerca la vera essenza della musica dovrà uscire dall’oscuro dominio del
sentimento e cercare una conoscenza il più possibile oggettiva delle cose poiché, non è
ragionevole seguire un metodo che parte dal sentimento soggettivo per ritornare di nuovo al
sentimento. Quindi l’indagine sul bello dovrà avvicinarsi al metodo delle scienze naturali.
Hanslick, uno dei grandi maestri del “formalismo” musicale ci consegna uno studio estetico
finalmente scientifico. Introduce l’esistenza di un Bello specificamente musicale, che non rinvia ad
altro che a sé stesso e che risiede nella «forma», ossia nella concatenazione dei suoni, nella
disposizione strutturale del brano, il che equivale a dire che l'estetica musicale deve bandire, dalla
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propria analisi, ogni idea extramusicale. C'è da precisare che l'interesse di Hanslick si appunta sulla
musica strumentale, che a suo giudizio è l'espressione della massima purezza di quest'arte.
Tecnicamente, la musica secondo Hanslick può essere in grado di imitare fenomeni esteriori, ad es.
il canto degli uccelli, riproducendone il più fedelmente possibile timbro, intensità, ritmo. Di certo,
invece, non potrà mai esprimere fenomeni interiori, quali sono i sentimenti, se non in alcuni loro
particolari aspetti, ovvero quello “dinamico” e quello “simbolico”.
Gli avversari passionali hanno fantasticato di una mia polemica contro tutto ciò che sia sentimento,
mentre ogni lettore imparziale e attento non farà difficoltà a riconoscere che io protesto solo contro la
falsa ingerenza dei sentimenti nella scienza, ossia io combatto contro quei visionari dell’estetica che con la
pretesa di insegnare qualcosa al musicista, non fanno che interpretare i loro sogni da fumatori di oppio
sonoro. Io sono completamente d’accordo con l’opinione che il valore ultimo del bello si trova all’interno
dell’immediata evidenza del sentimento. Ma sono altrettanto sicuro che il richiamo al sentimento come
spesso accade, non consente di ricavare leggi musicali.
La musica ha un contenuto, sebbene sia musicale, in quanto scintilla del fuoco divino non inferiore alla
bellezza di ogni altra arte. Ma solo negando inesorabilmente alla musica ogni altro “contenuto”, se ne salva
il contenuto spirituale. Infatti non con il ricorrere a un sentimento indefinito – in cui, nel migliore dei casi,
consiste il contenuto – si può attribuirle un significato spirituale, ma riconoscendo la bella e ben definita
forma sonora come creazione dello spirito, compiuta su un materiale atto a essere spiritualizzato.
EDUARD HANSLICK
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