Introduzione…ovvero
Quando la musica è un abbraccio di Giovanna Nastasi ................ pag. 7
Capitolo I
Pedagogia musicale e musicoterapia: discipline al confine ..... pag. 13
1.1 Un problema di definizione ......................................................pag. 13
1.2 Due professionalità complementari ..........................................pag. 22
1.3 Obiettivi e problematizzazione .................................................pag. 27
1.4 Fenomenologia delle situazioni di svantaggio .........................pag. 35
Capitolo II
La metodologia nelle attività musicali ....................................... pag. 39
2.1 L’indirizzo metodologico e la sintesi metodologica ................pag. 39
2.2 L’ambito pedagogico ................................................................pag. 41
2.3 L’ambito terapeutico .................................................................pag. 58
Capitolo III
La consapevolezza corporea: riflessione e tecniche ................. pag. 66
3.1 Prima la musica o il movimento? .............................................pag. 66
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
Rosa Alba Gambino
3.2 Sentirsi – sentire: il sentimento estetico ...................................pag. 67
Capitolo IV
ÉMILE JAQUES-DALCROZE........................................................ pag. 109
4.1 Cenni biografici ......................................................................pag. 109
4.2 L’educazione alla sensibilità ..................................................pag. 113
4.3 L’educazione dei sensi: l’ascolto, la voce, il movimento ......pag. 117
4.4 La ritmica ................................................................................ pag. 121
4.5 Il progetto del percorso educativo ..........................................pag. 125
4.6 Il ritmo nelle arti teatrali .........................................................pag. 132
Capitolo V
Il Corpo Musicale: attività secondo il modello di Émile Jacques-
Dalcroze ..................................................................................... pag. 136
5.1 Il modello di Émile Jaques-Dalcroze .....................................pag. 136
5.2 Trenta attività ..........................................................................pag. 141
1 – Esercizi di riscaldamento ....................................................pag. 141
2 – La pulsazione nei gesti quotidiani: il camminare...............pag. 144
3 – L’imitazione .........................................................................pag. 144
4 – Sonorizzazione dei gesti.......................................................pag. 145
5 – Il gesto si adatta al suono ....................................................pag. 145
6 – Battiti di mani ......................................................................pag. 146
7 – Passeggiata con… sorpresa ................................................pag. 146
8 – Parti del corpo associate .....................................................pag. 147
9 – Gioco di imitazione ..............................................................pag. 148
10 – Passaparola .......................................................................pag. 149
11 – Andature combinate ...........................................................pag. 150
12 – Scenette .............................................................................. pag. 151
13 – La meccanica dell’orologio ...............................................pag. 151
14 – La frase sibilata .................................................................pag. 152
15 – L’oggetto immaginario ......................................................pag. 153
16 – Il corpo plasmato ...............................................................pag. 154
17 – Danza a corpo libero .........................................................pag. 155
18 – Direzione del corpo nello spazio .......................................pag. 156
19 – L’orchestra di strumentini .................................................pag. 157
di Giovanna Nastasi
Prefazione
Anselmo Cananzi
Capitolo I
2
R. A. Gambino, I fondamenti della musicoterapia nella didattica della musica, in Arti Terapie
e Neuroscienze Online, anno 2 - n. 9. L’osservazione raccoglie le considerazioni emerse nel corso
del convegno “Musicoterapia, Artiterapie Professionalità e Relazioni” (curato da “Centro Thelo” a
Marsala il 5 novembre 2011) riguardo al rapporto tra le discipline musicali e quelle antropologiche,
mediche e psicopedagogiche. Il fulcro dell’interesse è individuato negli attuali contesti e
destinazioni d’uso della musica, con particolare riferimento all’uso terapeutico e a quello didattico.
Viene soprattutto sottolineato il problema delle competenze musicali degli insegnanti nella scuola
primaria, dove è previsto l’insegnamento della musica, ma non ancora la preparazione specifica di
coloro ai quali viene affidato l’insegnamento.
La prevalenza di obiettivi dell’area socio-affettiva spesso “diluisce” la preoccupazione dei
maestri, che attingono a contenuti e attività di carattere ludico musicale non sempre coerenti
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
Rosa Alba Gambino
4
Gambino, I fondamenti della musicoterapia, cit. Possiamo parlare di risposte apprese a partire
dagli ultimi due mesi di gestazione, quando il feto diventa in grado di associare ad un evento sonoro
ricorrente, come può essere la voce materna, ad uno stato emozionale.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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scolare), di provare a competere, di confrontarsi e collaborare, di mettere
in atto la propria “idea” di rapporto interpersonale. Scopi che vanno intesi
variamente secondo l’età, l’ambiente socio-culturale e le numerose altre
variabili oggetto di interesse della stessa sociologia musicale, ai cui studi
anche la musicoterapia e la pedagogia musicale necessitano di fare
riferimento. Nei diversi contesti si forma il “gusto” musicale e la capacità
di attribuzione di senso alla musica, dipendenti dalla valenza emotiva che
la musica riveste in quelle circostanze. 5
È abbastanza difficile che un’esperienza musicale in sé veicoli stati
emotivi negativi o addirittura traumatici, a meno che non sia
accompagnata da eventi di altro genere (legati a fatti o a persone), che
abbiano conferito ad un momento di fruizione musicale un significato
spiacevole. Nel momento in cui si avvia una interazione musicale
pedagogica o terapeutica questo significato, o i possibili significati,
diventano importanti al fine della progettazione dell’evento educativo o
del percorso terapeutico. L’ascolto e la pratica della musica, nelle forme
possibili, anche associate all’espressione corporea, possono consolidare
l’interpretazione dell’evento sonoro costruitasi nel tempo, oppure possono
destrutturare associazioni negative per costruirne di positive, contrastando
ansie e disagi mentali. Anche la parola, associata al suono, acquisisce una
forza evocativa che favorisce l’empatia, facilitando e migliorando la
relazione educativa o terapeutica.
5
Il concetto di attribuzione di senso è ben illustrato da G. Stefani, i cui studi semiologici
approfondiscono il rapporto fra parametri musicali e risposta emotiva nella cultura musicale
occidentale, illustrando altresì le definizioni qualificative attribuite dall’ascoltatore, a prescindere
dalle competenze musicali specifiche.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
Rosa Alba Gambino
Da queste osservazioni desumiamo che le attività e le metodologie
necessarie alla conduzione di un iter pedagogico musicale o
musicoterapico sono simili o coincidenti; la differenza più consistente è
data invece dalle specifiche professionalità coinvolte, che conferiscono
alla singola interazione il taglio più adeguato al contesto, al destinatario e
all’obiettivo. Ecco perché nella formazione di docenti e terapeuti si insiste
sulla conoscenza di teorie e metodi talora anche contrastanti: una visione
priva di pregiudizio rispetto alle proposte fornisce più strumenti tra i quali
scegliere e maggiori possibilità di personalizzazione del programma.
L’ascolto è il fulcro di una vasta serie di attività, poiché rappresenta il
primo contatto con l’evento sonoro. L’affermazione non è così scontata
perché il grado di consapevolezza di questo contatto oscilla tra gli estremi
opposti; può essere distratto o concentrato; può stimolare o meno il
movimento; può generare immagini mentali e sensazioni; può stimolare o
meno rievocazioni; può indurre stati psichici di vario genere; può
invogliare il soggetto all’associazione con altre attività, a prescindere dalle
previsioni di chi conduce l’attività.
Nella maggior parte delle impostazioni metodologiche serve a mettere il
soggetto in “contatto consapevole” con i contesti sonori nei quali è
immerso, rivelando componenti sonore che abitualmente sfuggono alla
coscienza; cominciando a scardinare eventuali chiusure verso l’esterno;
stimolando la curiosità; inducendo al confronto e all’interazione.
Anche la rappresentazione grafica dell’evento sonoro viene praticata sia
nei contesti della pedagogia musicale che in quelli della musicoterapia,
poiché innesca un meccanismo di scoperta della propria immagine
7
In merito ai principi sui quali si fonda una ideale conduzione dei gruppi si
possono desumere utili riferimenti da F. Cino e S. Centonze, 70 giochi di creatività
per la conduzione dei gruppi e dal correlato Manuale di Arti Terapie, di aa.vv. e a
cura dei sopra citati nomi, entrambi Ebook Ed. Circolo Virtuoso, 2011. Il laboratorio
creativo, il cui elemento unificante è la dimensione della corporeità, viene scelto
come momento determinante nel lavoro svolto da medici e psicologi, educatori e
insegnanti, formatori e studenti, arte terapeuti e tecnici della riabilitazione e si pone
come sostanziale strumento di contrasto della demotivazione e della conflittualità.
8
Il termine “operatore” solleva dal dubbio sulla definizione di musicoterapeuta o
musicoterapista. In Italia si usa la distinzione terminologica (pressoché assente negli altri paesi) per
indicare con il primo termine il professionista, medico o psicologo, specialmente psichiatra o
neuropsichiatra, iscritto al relativo Ordine Professionale (dei medici, degli psicologi, degli
psicoterapeuti). A lui compete l’onere di eseguire una diagnosi, pianificare una terapia e monitorare
il raggiungimento degli obiettivi. Il musicoterapista è l’operatore che esegue tecnicamente il
percorso delineato dal musicoterapeuta e che vanta una specifica formazione. La divergenza è
alimentata dal fatto che non esista chiara corrispondenza fra ciascuno dei due titoli e un Ordine
appositamente delineato. Così il valore più rilevante è dato dalla formazione negli ambiti sia
terapeutico che pedagogico e dall’esperienza sul campo, congiunte alla conoscenza della musica
come cultura e come strumento di comunicazione.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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la struttura dei percorsi ne determina di volta in volta il peso, è vero di
conseguenza che le competenze musicali “dialogano” tra loro in tutti i
contesti di interazione musicale. Osservazione che sollecita le diverse
professionalità a riscoprire e pianificare l’impiego di mezzi e strumenti
didattico-pedagogici nella musicoterapia e, viceversa, musicoterapeutici
nell’insegnamento musicale; vale a dire prendere coscienza della
complementarità delle due.
Vale la pena di accennare a un’introspezione nel pensiero di chi pratica
una delle suddette professioni. La maggior parte di coloro che
intraprendono e proseguono gli studi musicali desidera, generalmente,
perfezionarsi nella pratica dello strumento preferito a vari livelli, da quello
amatoriale a quello professionale concertistico. Alcuni maturano
precocemente l’idea di insegnare lo strumento. In pochi prospettano di
dedicarsi all’educazione musicale o alle situazioni di svantaggio, e lo
fanno per lo più nel momento in cui si proiettano nel mondo del lavoro.
Queste ultime due strade vengono però spesso intese come ripiego
perché non se ne ha conoscenza, né coscienza della complessità, se non
quando se ne sono già intrapresi i percorsi formativi. Esiste un problema di
informazione che istituzioni e associazioni preposte contrastano con forza,
per ribaltare ogni modo riduttivo di intendere l’insegnamento della musica
nella scuola e la cura dei disagi attraverso la musica.
Il primo dovere del professionista è quello di osservare se stesso, le
proprie motivazioni e concezioni, i propri sentimenti e valori. L’autoesame
è il primo passo attraverso cui far luce sulle componenti della propria
formazione musicale e culturale nel complesso, sul proprio temperamento
9
Vedi Piaget, 1972
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
Rosa Alba Gambino
Il complesso degli obiettivi relativi alla scoperta del sé e dell’altro è il
nucleo fondamentale di ogni pedagogia e di ogni terapia cognitivo-
comportamentale. Il bambino viene guidato: a rilevare le differenze, per
esempio tra bambini e bambine, dalle evidenze fisico-estetiche e
comportamentali; a collaborare in gruppo imparando a mettere in relazione
le intenzioni proprie e quelle degli altri; a confrontare la propria realtà con
quella degli altri all’insegna del rispetto e contro la discriminazione; ad
associare a fatti ed eventi sentimenti positivi e negativi, dalla tristezza alla
gioia, dalla paura allo stupore, dall’ammirazione alla disapprovazione,
dalla diffidenza alla simpatia, e via dicendo.
Immediatamente correlati sono gli obiettivi legati al corpo e al
movimento. I bambini prendono coscienza del proprio corpo attraverso
l’osservazione, l’attività motoria, l’uso di oggetti e strumenti per svolgere
giochi individuali e collettivi, la rappresentazione grafica. Imparano a
rappresentarsi mentalmente la differenza tra il proprio corpo fermo e in
movimento, le direzioni nello spazio circostante, metabolizzano il
coordinamento motorio proprio e del gruppo.
Il piano degli obiettivi della comprensione e della comunicazione insiste
sulle attività di ascolto e comprensione di narrazioni, nonché sul racconto
da parte del bambino, utilizzando la parola, la scrittura, il disegno e la
drammatizzazione (espressione vocale e gestuale, corpo e movimento
nello spazio).
Esplorazione, conoscenza e ideazione vengono perseguiti attraverso
l’esecuzione di compiti che coinvolgono i cinque sensi, azioni con gli altri
e manipolazioni degli oggetti nel tempo e nello spazio (montare e
10
François Delalande analizza l’attività musicale dei bambini soffermandosi sulla distinzione
operata da Piaget sulle forme di gioco, senso-motorio, simbolico e di regole. Queste si susseguono
durante lo sviluppo nell’infanzia, e ciascuna delle forme successive ingloba in qualche modo le
precedenti. Nello studio delle condotte musicali del bambino l’autore individua la compresenza
costante dei tre aspetti, con la chiara predominanza di una sulle altre. La manifestazione è data dalla
realizzazione di giochi sonori spontanei, più significativi nel momento in cui si configurano tra le
esplorazioni sensoriali, che assumono un significato simbolico e maturano un gusto per la
combinazione e per l’organizzazione man mano che il bambino esercita le possibilità di ripetizione
del suono e scopre le modalità di variazione. Tali preferenze sono alternatamente palesi anche
nell’attività del musicista, che talora esercita la corrispondenza gesto-suono per un gusto
strettamente sensoriale, talora opera le sue scelte in base a un significato simbolico, oppure prevale
il gusto per l’esercizio intellettuale della regola, come risulta particolarmente evidente da alcune
impostazioni dell’attività compositiva. L’osservazione di Delalande sintetizza una copiosa quantità
di esperienze laboratoriali condotte su gruppi-classe o su singoli individui in contesti appositamente
predisposti per osservare l’interazione sonora del bambino con l’ambiente, in presenza di
sollecitazioni gestuali/verbali e di dispositivi, ossia strumenti tecnici di amplificazione, riproduzione
o altro che fungano da stimolo.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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formativa musicale si plasma opportunamente sulle occorrenze e sulle
richieste di allievi con bisogni differenti.
Nella scuola secondaria di primo grado, che si installa anch’essa sui
metodi e sulle acquisizioni precedenti, il percorso della musica cambia
veste: l’ingresso al nuovo grado scolastico è caratterizzato dal passaggio
da una concezione “complessiva” dell’esperienza di vita (attraverso la
distinzione di discipline con specifici interessi solo dalla terza classe della
primaria), ad una proprietà strettamente disciplinare (i contenuti di ogni
materia vengono trattati con ben precisi insegnanti e materiali). L’analisi e
la sintesi tra esperienze di natura diversa dovrà passare gradatamente
“dalle mani” dell’insegnante a quelle dell’allievo; nell’ascolto, nell’analisi,
nell’interpretazione, nella pratica vocale e strumentale sarà incrementata la
componente trasmissiva. Ma è essenziale che essa non venga travolta da
ansie nozionistiche, che vanificherebbero il significato del percorso finora
illustrato. Inoltre non va dimenticato che il marcato interesse pedagogico
della scuola primaria ha sottolineato la funzione socioeducativa e
terapeutica della musica: ribaltarne le prerogative può equivalere al
disinteresse di alcuni bambini e al disorientamento di altri. Diventa allora
necessario coltivare la continuità tra gli ambienti educativi istituzionali ed
extraistituzionali.
11
G. Levi condusse nel 1989 una accurata ricerca sull’entità dei minori portatori di handicap
nella fascia scolastica e nella fascia prescolastica, pubblicandone i dati nel saggio Handicap e
disadattamento scolastico.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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considerati come un problema epidemiologico, come un problema diagnostico e
come un problema prognostico».12
Capitolo II
L’opera didattica di Carl Orff come rappresenta uno dei capisaldi su cui
si fonda la moderna pedagogia della musica. La sua concezione
Capitolo III
Le variazioni del ritmo cardiaco sono solo la prova più evidente del
coinvolgimento fisico all’attività intellettiva dell’ascolto attento. Tutto il
corpo partecipa dei moti del sentimento con una quantità e varietà di
movimenti non facilmente osservabili.
Ogni soggetto risponde alla percezione musicale con una gamma di gesti
che, se potessero essere attentamente monitorati e catalogati,
restituirebbero il ritratto della personalità musicale (forse anche non
musicale). Ogni individuo possiede una gestualità istintiva che si compone
di un patrimonio innato, una propensione naturale a rappresentare il suono
e il discorso musicale con tensioni e distensioni muscolari proprie e
inimitabili.
La componente culturale interviene su quella naturale modificando il
gesto nell’ampiezza, nella forma, nell’intensità e nella densità: crea cioè
relazioni fra più movimenti degli arti, del capo, del volto, conferendovi
significato. Si codifica così un linguaggio del corpo che è complesso,
soggettivo e culturale. In tutto il mondo si sorride alla stessa maniera e si
piange allo stesso modo; ma si dice molto altro in modi assai diversi e
differenziati.
13
Cfr. Sloboda, cit.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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musica è il senso che essa acquisisce per il soggetto, un senso che solo in
parte è condiviso da altri, perché il significato emotivo più profondo non è
codificabile, né esprimibile, e non può che appartenere alla sfera più
intima di ciascun individuo.
L’esperienza emozionale è il riconoscimento di se stessi nell’opera,
l’individuazione del proprio essere nell’oggetto del proprio sentire.
Quando in una musica fluisce un carico emozionale significativo per il
soggetto, ne muove come per simpatia l’animo: il momento del
riconoscimento è l’emozione, di essa partecipano il corpo e la mente, l’uno
dipende dall’altra e viceversa in una relazione tanto più forte quanto
maggiore diventa il livello di consapevolezza e quanto più intenso si fa lo
scambio fra la sfera del razionale e quella dell’irrazionale.
1. Sono rilassato (Si ripete la frase più volte con intervalli di silenzio fra
le ripetizioni, finché non ci si sente rilassati; ogni altra frase va
ripetuta fin quando non si rinforza la sensazione stessa) ≈
2. Il mio respiro è regolare ≈ lento e regolare ≈
3. Il mio battito cardiaco è regolare ≈ lento e regolare ≈
4. Il respiro ossigena il mio corpo ≈
5. L’aria sfiora le narici ≈
6. Si scalda la punta del naso ≈
7. Le narici si contraggono e dilatano sensibilmente quando inspiro ed
espiro ≈
8. L’aria entra nel naso ≈
9. Nella parte più interna delle narici l’aria arriva più fresca ≈
10. Poi esce tiepida e sfiora la pelle tra il naso e il labbro superiore ≈
11. L’aria entra nel naso ≈
12. Rinfresca il fondo del naso ≈
13. Il fondo del naso è il fondo del palato molle, in alto ≈
14
Di grande interesse gli studi pubblicati sul Journal fur Psychologie und Neurologie.
Edizioni E-book Circolo Virtuoso 2011 Pagina 78
Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
Rosa Alba Gambino
abbigliamento comodo e non costrittivo) l’eliminazione degli stimoli
afferenti al corpo, come la luce e i rumori. Occorre poi assumere una
posizione idonea al rilassamento (supina o seduta) ed eseguire cinque o sei
respirazioni diaframmatiche lente e profonde cercando di prolungare il più
possibile le espirazioni; alla seconda o terza espirazione si chiudono gli
occhi e si recita la formula per la predisposizione alla calma, come ad
esempio: «Lascio che i miei pensieri, quelli della vita quotidiana, scivolino
via come l’acqua che scorre sui tetti quando piove». Una volta che
l’attenzione è stata centrata sul proprio corpo disteso e abbandonato nello
stato di calma e di benessere si ripete mentalmente, e per almeno due
volte, la formula «Io sono calmo e disteso».
A questo punto si entra nel vivo della tecnica del rilassamento frazionato
di cui si riporta una formula tipo.
1. Il mio pensiero ora scivola giù≈ giù fino alla pu nta delle dita dei
miei piedi ≈ mi concentro sui muscoli e nervi delle dita dei piedi, li sto a
percepire, sentire e rilasso i muscoli e i nervi delle dita, dei piedi e da qui
risalgo poi su, lungo le mie caviglie≈ i malleoli ≈ i polpacci ≈ li sto a
sentire, percepire e li rilasso. Mi concentro sulle ginocchia, ne rilasso i
nervi, salgo lungo le cosce, le rilasso ≈
2. ≈ lo percepisco ≈ lo rilasso ≈ mi
Mi concentro ora sul bacino
concentro ora sugli organi genitali, li sto a sentire, percepire e mi distendo
≈ da qui ora col pensiero salgo verso il ventre che rilasso, distendo, mi
concentro ora sull’addome. Sto a percepire tutti i muscoli addominali che
cerco di rilassare, abbandonare e sciogliere ≈ lascio che questo
rilassamento penetri nel mio addome e si diffonda anche nel mio intestino
che si rilassa e allo stomaco che si distende ≈ si ammorbidisce ≈ diventa
più elastico favorendo e facilitando il processo digestivo ≈ in questo modo
≈ si abbandona e questo rilassamento si
tutto il mio addome si rilassa
≈ si distendono ≈ si
espande su fino ai fianchi che si abbandonano
rilassano ≈ il pensiero continua a salire lungo il torace, il petto, che si
abbandona ≈ si distende ≈ si rilassa.
Seguirà una lunga pausa di percezione piena del proprio corpo; la seduta
si concluderà con gli esercizi di ripresa descritti in coda all’esercizio del
“rilassamento frazionato”.
«Il mio corpo è pesante (ripetere più volte)≈ sono calmo e rilassato ≈ il
≈ sono calmo e rilassato ≈ il mio
mio corpo è caldo (ripetere più volte)
≈ io sono calmo e rilassato ≈ ascolto il mio
cuore è calmo e regolare
respiro ≈ il mio respiro è calmo e rego lare ≈ il mio respiro diventa più
profondo ≈ sempre più profondo ≈ calmo ≈ regolare ≈ tutto il mio corpo
respira con me, il respiro mi respira (visualizzare il corpo come un grande
polmone o come una spugna che si gonfia e sgonfia al ritmo delle onde
oppure elaborare immagini mentali che rendano questa sensazione) ≈
Anche questa formula viene introdotta dalla fase di induzione alla calma
cui ci si è abituati. Raggiunto uno stato di rilassatezza, si cerca di
visualizzare un piccolo sole, posto nella zona addominale fra lo sterno e
l’ombelico, che emana calore ed energia a tutto il corpo, oppure di
«Mi sento rilassato in ogni mio muscolo ed ogni angolo della mia mente
≈ immagino un’
è calmo e sereno onda di benessere, di calma e di
distensione che attraversa il mio corpo rilassandolo≈ il viso ≈ il petto ≈ il
ventre ≈ il bacino ≈ le gambe ≈ fino alla punta delle dita dei miei piedi≈
ogni nervo si rilassa, ogni muscolo si riposa ≈ ogni lavorio mentale cessa ≈
tutto in me si acquieta e si placa≈ io sono piacevolmente calmo, disteso e
rilassato, pervaso da un piacevole senso di benessere.»
2. Posizione seduta.
1. Premere con la mano sinistra verso il basso per circa quattro secondi.
2. Rilasciarla e cercare di percepire, anche in questo caso, la differenza
fra la tensione iniziale e il successivo rilassamento.
3. Il rilassamento differenziale.
Conclusa la seduta si rimane nello stato raggiunto per alcuni minuti. Poi
lentamente si induce il risveglio con voce calma e dolce, evitando ogni
reazione brusca, oppure si attende che la ripresa avvenga naturalmente.
16
Nel 1949 scrisse Il corpo e il comportamento maturo, che rappresenta la sintesi delle sue
esperienze.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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possibilità, che non esiste negli altri animali, di assimilare un gran numero di
risposte apprese, ma che rende l’uomo per questo stesso fatto vulnerabile,
poiché esistono pericoli legati a un cattivo apprendimento. Gli altri animali
hanno delle risposte appropriate agli stimoli radicati nel loro sistema nervoso,
sotto forma di reazioni istintive che si rivelano raramente cattive.
Noi abbiamo tendenza a sbagliarci più di altre creature e, ciò che è più grave,
abbiamo poca probabilità di prendere coscienza di ciò che abbiamo commesso
come errore, per il fatto che noi siamo al tempo stesso allievo e giudice; il nostro
giudizio dipende da ciò che abbiamo imparato, e di limita alla nostra
conoscenza.
La conclusione oggettiva della nostra analisi è che per progredire, dobbiamo
migliorare il nostro giudizio. Ma questo ci riporta alla casella di partenza, poiché
il giudizio è il risultato dell’apprendimento, che, quando siamo adulti, è già
lontano dietro di noi». 17
17
M. Feldenkrais, Le basi del Metodo per la consapevolezza dei processi psicomotori,
Astrolabio, Roma, 1991
18
Il termine designa ufficialmente questo metodo nel 1964.
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Pedagogia musicale e musicoterapia nel modello di Émile Jaques Dalcroze
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Il fulcro dell’attività risiede nella coscienza della postura: soprattutto le
dodici posizioni di controllo dell’eutonia, attraverso le quali si impara a
rilevare le alterazioni del tono muscolare corretto. Ne conseguono la
rappresentazione interiore della propria immagine corporea e la
consapevolezza corporea in situazioni attive e passive, dunque armonia
psicofisica e capacità di adattamento alle situazioni.
Parallelamente l’individuo impara ad analizzare pensieri e sentimenti
individuandone le conseguenti ripercussioni a livello corporeo: le
modificazioni del battito cardiaco, della pressione sanguigna, della
temperatura, della respirazione, delle tensioni muscolari interiori, delle
reazioni viscerali.
La sollecitazione attraverso immagini mentali, largamente usata da altre
tecniche, viene qui vista con diffidenza perché vi si individua il rischio di
cercare punti di riferimento astratti, privandosi dei contatti con la realtà.
Viceversa la lucida attenzione a input-sensazioni-sentimenti pone
l’individuo al centro della propria realtà personale e sociale,
permettendogli una nuova conquista della propria identità-personalità, nel
rispetto di quella altrui e nella piena auto-conferma e non-penalizzazione
in ambito sociale (considerato che timori e timidezze inducono alcuni
soggetti a tirarsi indietro, soffocando la piena espressione di sé in presenza
di personalità più forti).
Pertanto l’E.I.T. punta sulla capacità di riordino delle strutture psico-
mentale, psico-motoria e neuro-motoria, tanto in ambito clinico che in
contesto extraterapeutico.
Capitolo IV
ÉMILE JAQUES-DALCROZE
Émile Jaques nacque a Vienna nel 1865. Qui frequentò il Liceo classico
e i corsi di pianoforte del Conservatorio di Musica. Dopo il diploma di
Pianoforte si recò a Parigi, dove conobbe Gabriel Fauré e Léo Delibes.
Invitato dal Théâtre des Nouveautés come secondo direttore, si trasferì ad
Algeri, dove si dedicò anche allo studio della musica locale, alla stesura e
alla pubblicazione di sue composizioni, nelle quali comparve il cognome
Dalcroze affinché non venisse confuso con un altro autore omonimo.
Tornato a Vienna nel 1887 studiò con Anton Bruckner, poi a Parigi
ancora con Gabriel Fauré e Léo Delibes e con César Franck. Nel 1892
cominciò a insegnare al Conservatorio di Ginevra, prima armonia e poi
solfeggio. Questa esperienza gli rivelò tutta la difficoltà di porgere la
disciplina musicale nel freddo stile dei conservatori.
Intanto proseguiva la sua attività di compositore e musicologo dedito, in
particolare, alla musica contemporanea. Nel 1899 sposò la cantante Nina
Faliero (Maria Anna Starace), sua apprezzata interprete e ne ebbe un
figlio.
Il fatto che un bambino si disinteressi alla musica, che non gli piaccia cantare,
che non sia in grado di seguire, cantando, il tempo di una marcia militare e che
si rifiuti energicamente di studiare il pianoforte, non significa necessariamente
che manchi di musicalità. Spesso le attitudini musicali sono profondamente
nascoste nell’individuo e non hanno modo, per un motivo o per l’altro, di
manifestarsi. È così che certe sorgenti, che scorrono sotto terra, schizzano in
superficie solo quando una zappa ostinata avrà loro aperto la strada. [1912, p.40]
o sopravvalutarla:
Molti genitori credono che il solo fatto di avere una voce dall’intonazione
giusta e chiara implichi un talento musicale. Non è sempre così. Come tutti
sanno è il ritmo che dà un senso e una forma alla giustapposizione dei suoni. Un
bambino che improvvisa con una bella voce delle successioni di note senza
ordine né tempo non è più musicale di quello che non ha voce, ma che
improvvisa marce ben ritmate sul tamburo. [1912, p. 41]
Il primo atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli, già durante
l’infanzia, dovrebbe essere in ogni caso quello di favorire le attività atte a
sviluppare l’orecchio musicale; i comportamenti musicali del bambino in
età prescolare o poco più avanzata non sono predittivi in assoluto della sua
Il fatto che nelle nostre scuole si dedichino alla musica una o due ore alla
settimana ci dice che la parola “musica” ha assunto un altro significato: e cioè di
studio meccanico, di produzione, o meglio di riproduzione dei suoni, basato
esclusivamente sull’imitazione e tendente solo a riempire la testa del bambino di
tante melodie sentimentali di tipo convenzionale. […]
Piuttosto sopprimete completamente la musica dal vostro programma! […] Se
considerate la musica una materia secondaria, abolitela del tutto; ma se le
attribuite importanza affrontate l’ostacolo. [1915, p.84]
Nei suoi saggi Jaques-Dalcroze ribadisce molte volte che il primo passo
“dentro” il linguaggio musicale dovrebbe essere l’ascolto, ma sottolinea
che la scelta non pare essere ovvia per tutti i didatti.
L’ascolto della musica deve essere coltivato costantemente perché tutti i
bambini, a qualunque livello di competenza musicale, vengono stimolati
dalla musica sia fisicamente che spiritualmente. Il corpo reagisce col
movimento ai parametri del suono e comunica alla mente precise
sensazioni, che con la pratica dell’ascolto definiscono delle corrispondenze
emotive. Queste tornano ad influenzare la risposta corporea alla musica.
Però è sbagliato pensare di riservare ai bambini un ascolto semplificato,
privandoli della musica dei grandi compositori, come pure è importante
proporre loro i repertori popolari. Tra l’altro Jaques-Dalcroze confida in
questa azione pedagogica della scuola, duplice nel momento in cui i
bambini “portano a casa” i canti e le musiche imparate, proseguendo in
direzione della famiglia l’educazione musicale proveniente dalla scuola
stessa.
Cosicché alla base di una educazione musicale deve essere posta una
“educazione dei sensi” attraverso l’esperienza diretta. La maggior parte dei
giovani studenti di musica non proviene da una simile formazione, ma ha
avuto i propri primi contatti con la musica in un contesto di studio
tradizionale, dove la musica non viene prima di tutto ascoltata e danzata,
come la sua natura richiede. Invece sono stati “accompagnati per mano”
sui libri e sul pianoforte dove, della musica, hanno conosciuto, come
contenuto sul quale concentrarsi, la difficoltà di decifrare quanto scritto e
tradurlo in un atto motorio. Quando manca l’educazione dei sensi gli
allievi non sanno “verso cosa” stanno andando seguendo questo “percorso
ginnico”.
4.4 La ritmica.
[…] desidero anzitutto insistere sulla funzione precisa che la ritmica esplica
nella formazione della personalità musicale e indicare la natura e la forma degli
esercizi fino ad ora inventati. Desidero poi chiarire […] lo sviluppo delle facoltà
uditive “solfeggio” e della capacità di creazione immediata “improvvisazione”.
[1914, p.55]
Capitolo V
ÉMILE JAQUES-DALCROZE
1-Esercizi di riscaldamento.
3-L’imitazione.
6-Battiti di mani.
9-Gioco di imitazione.
Per questo gioco si sceglie una base musicale dal ritmo chiaro e lineare.
Si costituiscono delle coppie nelle quali si stabilisca il ruolo di chi propone
e di chi risponde. L’insegnante lascia ascoltare alcune pulsazioni invitando
a stare attenti al momento in cui sta per indicare il primo battito della
sequenza (può contare otto battiti a vuoto o, meglio ancora, solo due prima
dell’attacco). Per i primi otto battiti il primo bambino propone una
semplice sequenza di gesti che l’altro deve imitare negli otto battiti
successivi. L’importanza di questo gioco sta nel creare una relazione
corretta nei confronti del compagno: si dovrà infatti riflettere, ma in fretta,
sui gesti da proporre, che non devono mettere in difficoltà l’altro ma gli si
devono “adattare”.
Questo deve spingere a “conoscere” i compagni e ad andare incontro
alle loro esigenze.
10-Passaparola.
11-Andature combinate.
12-Scenette.
15-L’oggetto immaginario.
In questo gioco si partecipa uno alla volta come direttori del gruppo.
Come un direttore dirige l’orchestra con i gesti, allo stesso modo qui dirige
gli spostamenti dell’intero gruppo con la propria mimica. Bisogna essere
molto attenti nelle scelta dei brani: quelli vivaci non si prestano molto a
questa attività, sono preferibili quelli lenti o moderati chiari nel fraseggio.
Anche qui si possono scegliere brani viversi per ottenere diverse rese
espressive.
L’allievo scelto come direttore sarà invitato a riflettere prima
dell’attività sulla serie di gesti da usare per farsi intendere dal gruppo. Per
esempio può simulare con le mani una spinta lontano da sé per indicare al
gruppo di indietreggiare, viceversa può eseguire con le mani il gesto di
accogliere verso di sé per indicare di avvicinarsi.
I movimenti del direttore sono più belli e comunicativi se sono plastici
piuttosto che rigidi e schematici e se interessano tutto il corpo rispettando
sempre il fraseggio.
Una variante più interessante anche dal punto di vista estetico è data
dalla divisione estemporanea del gruppo in due sottogruppi. Inizialmente
l’attività inizia a gruppo intero, poi il direttore indica con le mani di
dividersi in due gruppi (per esempio mettendo i dorsi delle mani a contatto
e allontanando le mani rispettivamente verso destra e verso sinistra:
ciascuno dei partecipanti si sposta verso destra o sinistra in relazione alla
sua posizione nel gruppo al momenti di quella indicazione.) A questo
19-L’orchestra di strumentini.
20-Il rombo.
Si tratta di un’attività tra quelle più efficaci nel rafforzare l’intesa del
gruppo. Quattro allievi si dispongono come vertici di un rombo; torna
ancora la figura della guida, ma la particolarità del gioco consiste nel
creare una coreografia estemporanea nella quale non sia “riconoscibile”
agli spettatori colui che occupa questo ruolo.
I quattro bambini si dispongono in modo che un vertice sia più vicino
agli spettatori. Iniziata la musica chi occupa il vertice anteriore comincia a
realizzare movimenti coerenti con la durata e il carattere del fraseggio
musicale, come in una danza. I movimenti sono lenti affinché gli altri
vertici possano eseguirli quasi simultaneamente, senza che il pubblico
possa accorgersi che non si tratta di una coreografia preparata. Quando il
vertice-guida ha completato la propria o le proprie frasi, volge lo sguardo e
il corpo in direzione del vertice destro. Questo è il segnale del passaggio
del ruolo di guida al compagno di destra: il gesto è sempre lento e misurato
allo scopo di dare vita a una figura di gruppo che sia uniforme, omogenea.
Il gioco continua allo stesso modo finché tutti non abbiano ricoperto il
ruolo di vertice-guida.
È un gioco di grande effetto nel quale vengono impiegati
armoniosamente tutti gli elementi e le competenze corporee e musicali
acquisite fino a questo momento, e soprattutto emerge lo spirito di unione,
il desiderio di uniformità espressivo-emotiva cui i bambini tendono fin
dall’inizio.
22-Corsa sonorizzata.
24-Il gruppo-pulsazione.
25-L’onda ritmica.
27-Plastique animée.
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