tratta degli schiavi. Prima del 500 i rapporti tra mondo europeo e africano era diverso: vi
erano degli imperi che si trattavano alla pari con maggiore vicinanza e meno ostilità.
Colonizzazione che interessa le coste africane dove si fanno dei porti in funzione della tratta
degli schiavi. Bisognerà aspettare la fine del 700 x assistere la penetrazione europea in
Africa e al controllo militare e politico di tali paesi. Nel 600 prende avvio la prima fase dello
schiavismo (“di pirateria”) messo in atto dai navigatori x completare il carico degli schiavi.
Questa richiesta arriva dalle americhe dove nel frattempo si è costituita una piantagione che
ha bisogno di manodopera (in quanto sterminati i nativi non c’erano lavoratori) → alleanze
tra europei e capi africani: gli europei partecipano alle guerre in cambio degli schiavi.
Viene messa in piedi un’industria, un commercio strutturalizzato.
Gli effetti: una gran parte di uomini di una certa fascia d’età sono stati resi schiavi →
conseguenze dal punto di vista demografico, familiare, culturale…(50 milioni di africani
ca.).
Società africana è fonte di forza lavoro, lavoro forzato in funzione delle madrepatrie. E’ lo
schiavismo che ha creato il razzismo!
2. Colonizzazione dell’America latina: all’annientamento fisico è seguito l’annientamento
della memoria. La conoscenza e la storia di queste popolazioni è stata annientata con
l’annientamento fisico. 3 processi: sterminio in battaglia, decimazione dovuta al lavoro
forzato (rinchiusi nell’encomiendas), diffusione di malattie, processo di legittimazione
dell’olocausto → disumanizzazione degli indios.
Espropriazione delle risorse (oro e argento) + annientamento fisico della popolazione
indigena – processi alla quale partecipano tutte le popolazioni europee. Le società coloniali
non sono come le società europee: altissima percentuale di polarizzazione sociale
(latifondisti) e gli schiavi. Altissimo grado di militarizzazione. Questo tipo di società ha
portato alla nascita di forme politiche particolarmente dure, ovvero alle dittature latino-
americane, dove lo Stato ha ruolo di controllore e oppressore. Sfruttamento e rapina dello
sfruttamento dell’oro e dopo sullo sfruttamento della piantagione. Chi sta peggio sono le
donne native sottoposte al lavoro forzato e alla riproduzione forzata dei lavoratori forzati.
Nel 500 si rompe l’equilibrio tra i continenti e questo dà avvio a un processo cumulativo che
porta ad una disuguaglianza nei gradi di sviluppo. Possiamo individuare nel colonialismo
diverse fasi: mercantile (500-600): di carattere predatorio con espropriazione rapina e
massacri – industriale (paesi europei interessati alle materie prime per le industrie,
assoggettamento politico e economico dei paesi poveri), meccanismo dell’estroversione
(convergersi verso bisogni altrui) questo crea monocultura e sottosviluppo x cause umane
sociali storiche.
Le radici dell’attuale divario tra nord e sud del mondo risalgono ai secoli passati. La caratt del
mercato mondiale è il sistema della divisione internazionale del lavoro, ossia la specializzazione di
alcuni paesi del sud del mondo nel fungere da produttore di materie prime secondo una logica di….
Tra i beni forniti dai paesi del sud del mondo ci sono gli uomini che sono stati specializzati in
quanto paesi resi poveri e dominati. La creazione di un mercato mondiale - fattore x spiegare
l’immigrazione. Migrazioni collegate alla formazione del mercato mondiale del lavoro (dal 600 in
poi). Il colonialismo è strettamente legato alla costituzione del mercato mondiale.
La disuguaglianza nella speranza di vita, anche la speranza di vita scolastica è diversa nel mondo,
sono i motori permanenti dell’immigrazione. L’Europa nel 1820 era 3 volte più ricca dell’africa, nel
2000 13 volte.
Nel 900 nei paesi del sud del mondo, sulla scia delle lotte anticoloniali è avvenuta la conquista
dell’indipendenza per molti paesi ex-colonizzati; questo ha dato loro la possibilità di avere uno
sviluppo più autonomo, sviluppo non basato sull’estroversione (nazione in funzione dei bisogni
altrui) ma uno sviluppo basato sui propri bisogni interni.
A tutto ciò, si pone un ostacolo:
Crisi del debito estero: questi paesi una volta terminato il dominio coloniale si sono trovati
in una condizione di debolezza economica, quindi obbligati ad avere sviluppo interno
(scuola, sanità, infrastrutture stradali di comunicazione) – sono andati a chiedere prestiti agli
ex paesi colonizzatori per mettere in piedi un minimo di pubblica amministrazione. Dagli
anni 80 i paesi prestatori hanno aperto l’incasso dei debiti – dalla dipendenza politica alla
dipendenza economica (da colonialismo industriale a finanziario/ termonucleare –
accompagnato dalle guerre della estrema razio).
Meccanismo dei piani di aggiustamento strutturale: nel momento in cui uno stato si indebita
e non riesce a restituire i debiti – avviene ristrutturazione del debito che viene definito dalla
Banca mondiale (in cambio di…demolizione dei sistemi del welfare ovvero scuola, sanità,
privatizzazioni…) queste producono povertà e disuguaglianze di massa. Vista dal sud del
mondo la globalizzazione si presenta come la globalizzazione della povertà.
Vengono imposte misure “draconiane”, delle macro riforme economiche che prevedono
abbattimento salari + stipendi – pochi diritti. Alla base di uno scarto crescente sempre +
forte nella disuguaglianza tra sud e nord.
Nel 1974 la ricchezza del mondo il PIL ammontava a 7,5 migliaia di migliaia di dollari, nel
2014 è 75 (la ricchezza del mondo si è quadruplicata ma questa distribuzione è stata
concentrata nei centri del mondo o nei centri delle periferie del mondo – amplificazione
delle disuguaglianze di sviluppo ( limitata possibilità di sviluppo). Le 30 banche + ricche
detengono il 2/3 di tta la ricchezza del mondo!! Esse ovviamente stanno a NEW YORK E
TOKYO. Il 90 % della ricchezza mondiale è concentrata nel nord del mondo. La grande
parte del debito estero è concentrata nel nord del mondo. Sviluppo diseguale e combinato, è
il motore costante che produce migrazione (forzata).
Agricoltura asiatica, sudamericana: industrializzazione dell’agricoltura dei paesi del sud del
mondo in senso capitalistico a seguito della progressiva presa di possesso della produzione
agricola e della da parte dei grandi industriale….
L’industrializzazione dell’agricoltura comporta l’espansione delle monocolture: in un paese
si coltiva solo una coltura (es. mais x fare biocarburanti o riso) x la commercializzazione
all’estero (non x i bisogni locali). Il 35% della forza lavoro mondiale sono agricoltori,
espulsi dalla campagna stante i processi di urbanizzazione. Si stringe la morsa
dell’industrializzazione della coltura che li costringe ad abbandonare le terre e a riversarsi
nella città – fenomeno dell’end grabby (accaparramento della terra): fenomeno in corso da
10 anni da quando è esplosa la crisi dei prezzi agricoli nel 2007; accaparramento della terra
attraverso l’acquisto della terra o affitto x 99 anni da parte di: governi stranieri,
multinazionali, o soggetti privati che hanno grandi fondi di finanziamento. Questo comporta
da parte delle pop locali la perdita del controllo e l’accesso delle proprie terre che sono state
cedute (es. acqua). Con queste terre si fa la messa a colture alimentari destinate alla
commercializzazione del mercato mondiale (e non della località) o la messa a produzione x
biocarburanti. Tutto ciò ricade ad esempio in grandissima parte nei paesi sub-saariani
(Senegal), sud-est asiatico e America latina. Ciò produce povertà di massa – emigrazioni
verso altre regioni o verso il Nord del mondo.
Gli investimenti riguardano la produzione di cibo, es. mais, canna da zucchero x
biocarburanti, il cotone x industrie tessili, arachidi x industrie olearie….e riducendo non
solo le possibilità di lavoro ma anche il fabbisogno alimentare.
La produzione di monocolture e una produzione di monoculture. Tutta la cultura materiale,
del lavoro, della popolazione – vi sono diverse culture rispetto alla produzione di colture nei
diversi paesi!! (Semi del suicidio di Van Dam Shiba – libro)
MOVIMENTI MIGRATORI NN FLUSSI MIGRATORI!
Questione ambientale: oggi ci troviamo di fronte ad una doppia crisi: sociale ed ecologico-
ambientale. Quest’ultima ha a che fare con le migrazioni: oggi si aggiunge la questione delle
migrazioni provocate da disastri ecologici da devastazioni ambientali che secondo le ultime
stime potrebbero colpire entro il 2050 dai 200 ai… mila persone. Oggi ci sono 7/8 milioni di
ecomigranti/profughi. 2 le cause ambientali: catastrofi naturali (ztsunami, terremoti, eruzioni
vulcaniche, valanghe, cicloni, disastri chimici e nucleari, guerre per controllo materie prime
del territorio, carestie, progetti infrastrutturali di sviluppo come dighe, cambiamenti
climatici come erosione del suolo o deforestazione).
Molto spesso questi fenomeni sono la causa primaria: spesso la povertà o la mancanza di
sicurezza sociale e influenzato dai cambiamenti climatici (dal fatto che la terra non rende +
o per la salinizzazione delle terre…) molte volte i fattori ecologici/ambientali conducono
alla migrazione indiretta. Rispetto alla questione degli ecomigranti-ecoprofughi c’è un tema
giuridico - possibilità di riconoscergli lo statuto di profughi x questioni ambientali (indotti
da cause ambientali).
Crescita delle aspettative delle popolazioni del sud del mondo: aspettative in crescita, condizioni in
discesa.
La questione delle guerre: esse producono un enorme massa di espiantati che sono privati di tutto e
sono alla mercè del mercato, costituiscono una massa enorme della componente dell’esercito di
riserva. In particolare dai primi anni 2000 cambiamento per le guerre – nel 900: moti civili dei
soldati, la guerra assume carattere terroristico, guerra contro le popolazioni e le persone. Negli anni
2000 le guerre si allargano e sono sempre + acute. Molto + intense e aumentano gli effetti distruttivi
su decine di milioni di persone. Dalla guerra in Iraq avviene un processo di allargamento e
acutizzazione dei conflitti. In questa dinamica sempre più globale, per l’EU il peso delle guerre
riveste importanza sempre + forte nella genesi della migrazione. Internazionalizzazione crescente
dei conflitti, le ultime guerre hanno visto coalizioni sempre + forti. Ciò comporta il fatto che nn ci
sia la possibilità di difesa x cui gli effetti sono enormi.
Es. caso iracheno: è stato sotto bombardamento da almeno 25 anni (500 mila bambini morti,
uso dell’uranio impoverito ha contaminato flora e fauna x secoli). Migrazione = tappa
forzata, ma alcuni non se la possono permettere.
Es: Afghanistan (il + alto tasso di mortalità infantile al mondo)
La guerra uccide la speranza di vivere in patria, sbriciola e amputa le famiglie, ha effetti
cronici che vanno al di là della stessa fine della guerra.
Es: Jugoslavia: per via delle guerre civili a cui si sono combinate le guerre nato – alto livello
di profughi (2 milioni e 700 mila tra rifugiati e profughi di cui una larga parte si è trasferita
in Germania). Caso del Kosovo: sono usciti molti kosovari; nei primi mesi del 2015 sono
partiti 150 mila persone, in buona parte giovani.
E’ cresciuta la componente dei bambini e dei ragazzi e questo complica di molto il lavoro
sociale.
Causa attrattiva: forte richiesta di manodopera a basso prezzo da parte del sistema economico dei
paesi occidentali. Una certa figura di immigrazione: una forte manodopera di disponibilità sociale
che viene richiesta per far fronte a un duplice processo: declinio dell’Europa nella + declinio del
welfare state. All’interno dei capitalismi europei da decenni all’immigrazione e stata attribuita una
specifica funzione: esercito di riserva, di manodopera a buon prezzo x accendere la competizione
con i lavoratori locali, x abbassare il salario. E utilizzata come ammortizzatore sociale della crisi
perchè storicamente la forza lavoro immigrata ha costituito una leva fondamentale per la
svalorizzazione del lavoro nel suo complesso (si abbassa il costo del lavoro mettendo a disposizione
manodopera iperflessibile, accendendo la concorrenza con lavoratori del posto). Immigrazione
complessa, precaria, a basso costo e con pochi diritti. Immigrati utilizzati come elemento di
abbassamento del costo del lavoro. Non è più una questione teorica, ma soprattutto politica perchè
ha a che fare con i rapporti con la popolazione.
l’integrazione degli immigrati. È diverso da quello inglese in cui gli immigrati sono invitati a fare
comunità. La cittadinanza non deve essere legata a origini etniche\razziali\religiosi, ma deve essere
legata in quanto cittadino. C’è poco riconoscimento dell’identità culturale e molta attenzione
all’uguaglianza, poiché la religione\cultura\lingua dello straniero viene considerata un ostacolo
all’integrazione. Vi è una richiesta di abbandono della cultura\lingua\religione o di esercitarla nella
propria casa, non in pubblico, sulla base della missione civilizzatrice della Francia. L’uguaglianza
sociale è formale, ma lo è sulla carta\documenti. La vita degli immigrati in Francia, però, era
caratterizzata da discriminazioni, inferiorità e razzismo, vi è una discrasia fra i principi dichiarati
dell’uguaglianza formale e la realtà effettiva di disuguaglianza sostanziale. Vige il principio
dell’universalismo che doveva animare le politiche migratorie, ma in realtà queste sono molto
selettive, in quanto, dopo la SGM, la Francia si è orientata verso una selezione degli immigrati:
immigrazione scelta, per evitare l’immigrazione subita. Questa politica si basa sui binomi culture
vicine -culture lontane, e per lungo tempo si sono privilegiati italiani, spagnoli, nell’idea che la
vicinanza culturale favorisse l’integrazione. È stata stipulata una graduatoria delle culture delle
varie popolazioni con il grado di distanza e di relativa assimilabilità: Italia (soprattutto Liguria),
Spagna, Belgio. Negli anni ’50-’60-’70 è esistito l’antropometro, per la misurazione della vicinanza
o distanza della cultura. Viene, quindi, eseguita una classificazione e divisione fra quelli definiti
immigrati desiderabili e non desiderabili, quindi la pretesa della politica migratoria francese è
scegliere tra l’immigrazione buona e cattiva e ciò lo stabilisce chi fa la politica migratoria, secondo
3 criteri:
1. Il criterio dell’economicamente più profittevole;
2. Il criterio dell’etnicamente più omogeneo;
3. Il criterio del politicamente più conveniente.
GB: era aperta nella concessione della cittadinanza alle popolazioni del Commonwealth; nel ’62
iniziano a subentrare dei criteri per richiedere la cittadinanza. Inoltre, era aperta nel riconoscimento
dell’identità altrui. L’integrazione è subordinata etnicamente connotata, è un’integrazione sub-
alterna con l’etichetta razziale. Si è sviluppato il modello multiculturale, da quel periodo gli
immigrati sono considerati individui che fanno parte di comunità etniche, le quali sono discriminati
e devono essere tutelati. Questo tipo di politica ha favorito da un lato il riconoscimento dell’identità
culturale (positivo), dall’altro ha favorito la formazione di comunità tendenzialmente autonome
(negativo), perché questo comunitarismo viene dall’alto, da parte dello Stato, che favorisce
l’istituzionalizzazione di comunità chiuse/complete, ciò implica una certa indifferenza degli
immigrati verso l’accesso alla cittadinanza, la quale garantisce l’integrazione nella propria
comunità, garantisce l’accesso ai servizi forniti dalla comunità. È una situazione di pluralismo, il
quale molte volte è diventato comunitarismo inuguale, in quanto vi sono comunità migliori e
peggiori. Questo processo di comunitarizzazione provoca anche che l’individuo abbia difficoltà di
inserirsi nella società di arrivo, ciò dipende dal processo di riconoscimento che viene da parte della
società che lo identifica come straniero anche se nato e cresciuto lì; vengono schiacciati sulle
proprie origini straniere. Vi è un’istituzionalizzazione delle comunità che viene dal sistema sociale,
attraverso la gerarchizzazione delle posizioni sociali. Questo crea problemi anche con il senso di
appartenenza, viene imposta un’identità da parte della società, quindi vi è anche un problema con la
libertà di scelta. Questa politica migratoria è attenta al riconoscimento dell’identità ma è meno
attenta alle questione dell’uguaglianza sociale (perché gerarchizza).
GERMANIA: gli immigrati sono dei lavoratori temporaneamente ospiti (Gastarbeiter) e la durata
della loro presenza dipende dalle necessità dell’economia tedesca. Era il modello più duro, più
inospitale, rispetto a quello francese e inglese, i quali erano più capaci di produrre inserimento e
integrazione. Questo modello dice che gli immigrati sono solo forza-lavoro e stanno lì fino a che la
società tedesca ne ha bisogno, con relativa esclusione dalla cittadinanza (ius sanguinis); si poteva
essere espulsi anche solo se si faceva ricorso al servizio sociale, in quanto si era lì solo per lavorare.
È un modello più trasparente. La politica migratoria si basa sulla figura dell’immigrato ospite, cioè
una presenza temporanea, provvisoria, fulcro della politica migratoria tedesca, la provvisorietà, la
temporaneità, la rotazione e la non-precarietà che viene istituzionalizzata. Dato che l’immigrato
lavoratore viene considerato ospite, non vengono fatte politiche pubbliche per l’integrazione, anzi
vengono frapposti degli ostacoli all’integrazione\ricongiungimento familiare e in più si prevedono
degli interventi per l’insegnamento della lingua madre, poiché lo straniero deve rimanere nel paese
per un periodo limitato. È fondamentale il collegamento del permesso di soggiorno con il contratto
di lavoro, in quanto il permesso di soggiorno ha la durata del contratto di lavoro con QUEL datore
di lavoro, non vi è diritto al permesso di soggiorno se non vi è un contratto di lavoro. Dato che
l’immigrato è visto solo come un lavoratore, tutto quello che è in più, come la famiglia, è
disfunzionale. Inoltre, l’accesso alla cittadinanza è molto limitato e si basa fino al 2000 sul “ius
sanguinis”. Vi è, quindi, separazione tra la forza-lavoro e i legami sociali. Vengono dati diversi tipi
di permessi di soggiorno i quali hanno diversi tipi di diritti. Il modello tedesco si basa sul principio
dell’estraneazione, l’immigrato è estraneo alla società.
I movimenti coloniali e sociali in Europa hanno messo in luce che tra le disuguaglianze presenti in
Europa, avevano un ruolo principale le discriminazioni ai danni delle popolazioni straniere. Non si
può parlare di una reale integrazione degli immigrati nelle società.
L’esperienza della vita quotidiana degli immigrati era caratterizzata da 3 elementi:
1. Inferiorità sociale
2. Discriminazioni
3. Razzismo
Questi modelli sono stati messi in crisi dai fatti, in quanto gli immigrati si sono radicati e nel tempo
questi modelli sono falliti rispetto alle attese e ai bisogni gli immigrati.
Dagli anni ’50 in poi in Europa cresce la presenza degli stranieri, vi è un aumento dell’inserimento
nell’industria e servizi, aumenta il radicamento sociale degli immigrati in Europa, il loro
inserimento è subordinato e inferiorizzato, allargamento dei diritti sociali. In tutta Europa non vi è
una reale parità sociale, politica, giuridica tra popolazioni straniere ed autoctone.