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Economia Delle Aziende E Delle Amministrazioni Pubbliche (Università degli Studi della
Tuscia)
Il settore AP (S.13) include tutte le “unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non
destinabili alla vendita, la cui produzione è destinata a consumi collettivi ed individuali, ed è finanziata da
versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori, e\o tutte le unità istituzionali la cui
funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese.
Nel SEC2010 la distinzione tra produttori di beni o servizi destinabili alla vendita e non, si basa sulla
circostanza che i prezzi siano o meno economicamente significativi tanto dal punto di vista dell’offerta che
dalla domanda. Un prezzo è significativo quando il suo ammontare influisce in misura rilevante sulle
quantità del bene o del servizio offerto e richiesto.
Si riconosce quindi l’esistenza di una gradualità tra due posizioni estreme:
- organismi la produzione dei quali è ceduta in assenza di una controprestazione monetaria diretta da parte di
chi utilizza il bene o il servizio;
- organismi la produzione dei quali è ceduta a un prezzo remunerativo, ossia di ammontare tale da consentire
la congrua remunerazione di tutti i fattori della produzione impiegati per realizzare l’output, che sia un bene
o un servizio.
In molte circostanze, pur mancando la volontà economica di vendere, un organismo pubblico può richiedere
al fruitore del bene del servizio la corresponsione diretta di una somma, tassa o tariffa, che non è un prezzo
nel senso economico aziendale del termine ricordato.
Poiché il grado di significatività economica di un prezzo è in ogni caso un criterio discriminatorio di tipo
qualitativo, nel SEC2010 il concetto di prezzo economicamente significativo si traduce nel cosiddetto
criterio del 50% (la significatività dipende dalla circostanza che le vendite coprano una quota superiore al
50% dei costi di produzione). Questo criterio è del tutto convenzionale.
Inoltre, il Sec2010, pur riaffermando la centralità del suddetto criterio, riconosce la variabilità del rapporto
tra ricavi di vendita e costi, con conseguente variabilità anche del perimetro della PA. Per decidere se una
unità operante sotto il controllo di una AP è una unità market il Sec2010 impiega anche dei criteri qualitativi
per analizzare le caratteristiche dei produttori e in particolare:
- se una unità bende la propria produzione soltanto all’AP senza essere in competizione con altri produttori
privati, allora deve classificarsi come appartenente essa stessa all’AP;
- se l’AP si fornisce di un determinato bene o servizio da un solo fornitore e questo vende meno del 50%
della propria produzione a clienti privati e non si trova in competizione con altri produttori nella fornitura
alla AP, allora questa unità deve essere classificata all’interno della stessa AP;
- se l’unità non ha incentivo ad adeguare la propria offerta in relazione alla necessità di rendere la propria
attività profittevole e di continuare ad operare in un mercato competitivo, allora l’unità deve essere
classificata nell’ambito della AP.
Il settore delle AP è suddiviso in quattro sotto-settori:
1. Amministrazioni centrali (S.1311): include tutti gli organi amministrativi dello stato e gli altri enti
centrali la cui competenza si estende al territorio nazionali, esclusi gli enti di previdenza ed assistenza
centrali (Anas…);
2. Amministrazioni di stati federati (S.1312): non risulta utilizzabile nel nostro paese;
3. Amministrazioni locali (S.1313): accoglie gli enti pubblici territoriali la cui competenza si estende ad
una parte del territorio nazionale, esclusi gli enti di previdenza ed assistenza sociale (Regioni, Università,
enti per il turismo...);
4. Enti di previdenza ed assistenza sociale (S.13.14): raggruppa le unità istituzionali, centrali e locali, che
erogano prestazioni sociali obbligatorie, in forza di disposizioni legislative o regolamentari e alle quali
determinati gruppi della popolazione sono tenuti a versare contributi (INPS, INAIL e IMPDAP).
L’Istat è tenuto per legge a pubblicare annualmente sulla gazzetta ufficiale la lista delle unità istituzionali
che compongono il settore S.13 in Italia.
salute, giustizia, di sicurezza, difesa, assistenza sociale, infrastrutture, trasporti sono solo alcune tra le più
significative macro-categorie di attività che il nostro Stato svolge e garantisce a tutti.
Non basta sapere quanto le AP spendono ma bisogna capire anche per cosa spendono. Per capirlo bisogna
ricorrere alla COFOG (Classification of the Functions of Government) che è una modalità standard utile a
classificare la spesa delle AP. È una classificazione articolata su tre livelli, che sono divisioni, gruppi e
classi, indispensabile per la comparazione fra i dati di spesa dei diversi paesi.
Una porzione sostanziale della spesa pubblica italiana è assorbita dalla protezione sociale, ovvero nelle
spese di welfare. Parte significativa di questa spesa è costituita dalle pensioni. Altre voci importanti di spesa
sono quelle per la sanità e l’istruzione.
Quindi possiamo dire che l’azienda muore se non genera valore riconosciuto almeno nel medio andare.
Il valore si sostanza nelle utilità che l’azienda è capace di raggiungere attraverso il processo di produzione;
il valore generato deve essere preposto dall’azienda alla comunità per soddisfare i bisogni per la quale è
stata costituita e deve essere riconosciuto da quella stessa comunità. Solo in tal caso la comunità economica
e civile di riferimento sarà disposta a dare consenso all’azienda e a trasferirle in modo volontario e\o
coattivo le risorse finanziare indispensabili al suo funzionamento e al suo sviluppo. Se e quando tale
consenso viene meno occorre immediatamente ricercare le modalità più efficaci e rapide per ricostruirlo;
diversamente l’autonoma sopravvivenza dell’azienda è a rischio. Tali considerazioni valgono, in casi
estremi, anche per quelle aziende, come lo Stato, considerate imperiture e che finanziano largamente le loro
produzioni attraverso l’imposta fiscale.
Inoltre, bisogna dire che non esiste alcuna contraddizione fra il perseguimento delle finalità di pubblico
interesse che tutte le AP devono sempre perseguire e l’essere azienda ovvero operare secondo i principi, i
schemi di ragionamento e utilizzando gli strumenti dell’economia aziendale.
Il valore aggiunto che apporta lo studio delle AP in una prospettiva economico aziendale si sostanzia
soprattutto nel cogliere l’importanza degli effetti positivi sul sistema AP che derivano dai comportamenti
virtuosi sul piano economico e sociale adottati dalle singole unità che compongono quel sistema.
Definire soluzioni concrete per favorire economica funzionalità delle singole amministrazioni pubbliche
individuando principio uniformità che possono guidarne la gestione può fornire un contributo decisivo
affinché l’azione pubblica nel suo complesso sia benefica vantaggio di tutti e di ciascuno, della prosperità
delle famiglie, delle imprese e di tutte le altre istituzioni sociali che vivono e operano nel nostro paese.
L’economica socialità complessiva del sistema amministrazioni pubbliche non si consegue ragionando e
intervenendo solo sui saldi di finanza pubblica, ma anche soprattutto attraverso la combinazione di
economicità di gestione di singole amministrazioni pubbliche il cui conseguimento però è vincolato dal
ricorso agli schemi di ragionamento ed agli strumenti delle discipline economico aziendali. Per tali ragioni è
fondamentale studiare il funzionamento economico delle AP e le relazioni di interdipendenza organizzative,
gestionali, economiche e finanziare che dinamicamente si istituiscono e si sviluppano nelle AP e tra AP e
altre aziende.
pubblico e viceversa, come se operassero dentro regimi giuridici indipendenti. In conclusione, non esiste
una assoluta biunivocità fra azienda pubblica e diritto pubblico, né fra azienda privata e diritto
privato. In conclusione, la natura giuridica, di un ente non comporta in modo pieno ed automatico
l’applicazione esclusiva di un singolo regime giuridico in quanto l’ordinamento giuridico non è più
caratterizzato dalla separazione netta tra il diritto amministrativo e quello privato. È pubblica un’azienda il
cui soggetto economico è pubblico. Per rendere lo studio più semplice faremo riferimento al soggetto
economico per qualificare pubblica o privata un’azienda. Dovremo quindi studiare il soggetto economico di
un’azienda che:
- esercita in modo diretto ed indiretto il supremo potere volitivo;
- è sempre costituito da persone fisiche;
- subisce risultati negativi della gestione e si avvantaggia di quelli positivi;
- è unico pur potendo essere costituito da una molteplicità di persone.
funzione esecutiva oltre una semplice attività di consultazione, anche quando la responsabilità formale delle
deliberazioni è esclusivamente degli organi politici. In conclusione, la mancata coordinazione fra il
momento politico quello gestionale non risponde più alle esigenze di APT che si vorrebbe in azienda.
In ogni caso le APT, come qualsiasi azienda, generano un valore, ovvero predispone una potenzialità di
servizi e distribuisce valore. Ciò impone di ricercare le modalità per utilizzare nel modo più efficiente le
risorse impiegate nei processi produttivi, cercando di minimizzare i costi e cercare aumentare l’aspetto
quali-quantitativo della produzione. Le APT dovranno quindi soddisfare bisogni individuali e collettivi.
Misurare e interpretare in modo armonico questi due bisogni permette all’APT di generare valore pubblico.
Accanto ai processi di produzione per il consumo nelle APT si svolgono processi produttivi finalizzati allo
scambio di mercato:
- processi produttivi di impresa (produzione di beni e servizi che vengono ceduti contro un prezzo);
- processi patrimoniali.
Questi processi produttivi sono sempre più scorporati dalla APT e assegnati ad aziende autonome,
controllate però dalla stessa. Nelle APT si svolgono con reciproche influenze processi economici di tipo
diverso che solo per astrazione distinguiamo.
- Caratteri distintivi dei flussi aziendali: ogni flusso risulta definito in funzione della natura degli oggetti
che si spostano da un polo all’altro, dagli organismi aziendali interessati al movimento, dalla
direzione di scorrimento degli oggetti e dalla sua intensità, conto dell’unità di tempo presa come base di
riferimento per l’indagine;
- Intensità dei flussi: rappresenta la quantità di oggetti omogenei relativi ai flussi generati da una singola
operazione di gestione esterna.
- Relazione tra flussi e stocks: le operazioni di gestione generano flussi in entrata e in uscita che
modificano l’elemento patrimoniale, provocando la continua variazione quali-quantitativa della compagine
patrimoniale.
Per le APT le imposte e le tasse costituiscono le entrate tributarie in senso stretto, mentre i contributi
previdenziali e assistenziali costituiscono i contributi sociali, sommandole si otterranno le entrate
tributarie. I contributi previdenziali ed assistenziali sono in parte preponderante a carico del datore di
lavoro e in proporzione a carico del lavoratore, sono comunque prestazioni pecuniarie coattive, ma devono
essere versate a altre amministrazioni pubbliche, istituti previdenziali, per il finanziamento di prestazioni
pubbliche riconducibili al welfare (pensioni, cassa integrazione guadagni e altri ammortizzatori sociali).
La distinzione fra entrate tributarie in senso stretto entrate tributarie è utile perché consente di distinguere fra
pressione tributaria (rapporto fra entrate tributarie in senso stretto e Pil) e pressione fiscale (rapporto fra
entrate tributarie e Pil). Ciò spiega perché la pressione fiscale sempre maggiore della pressione tributaria.
Un’altra forma di acquisizione dei mezzi monetari è riconducibile alle sanzioni pecuniarie, dato che
esse sono entrate coattive. La loro acquisizione ha una funzione repressiva, essendo dovute da chi
trasgredisce un dovere giuridico. Un’ultima forma di entrata sono le espropriazioni che però non riguarda
l’acquisizione di forme di denaro ma di beni in natura. In questo caso l’APT deve corrispondere un equo
indennizzo al soggetto che subisce l’esproprio dalla quantità di mezzi monetari che un contribuente
trasferisce all’APT.
Il flusso in questione, al momento in cui effettivamente si manifesta, alimenta le disponibilità liquide
dell’amministrazione pubblica o dello stocco patrimoniale attivo corrispondente aumenta. Fino a quando il
diritto che l’APT vanta a riscuotere il tributo non si trasforma in un’effettiva riscossione, si viene a costituire
uno Stato patrimoniale attivo che individua un diritto finanziario, vale per un credito dopo un’attesa di flussi
finanziari in entrata.
Il fatto amministrativo non attiva un rapporto di scambio, intendendo con tale espressione l’atto mediante il
quale si ricevono moneta uno dei sostituti da un lato e si cedono in contropartita beni servizi dall’altro.
Ogni rapporto di scambio infatti genera sempre il gruppo flussi di natura diversa (economica e finanziaria)
di direzione opposta, in entrate in uscita, e, al termine dell’operazione di pari intensità.
APPROFONDIMENTO 2.1: Le imposte costituiscono la principale fonte ordinaria per l’indistinto
finanziamento delle produzioni pubbliche. Le imposte si distinguono in dire e indirette a seconda che
colpiscano una manifestazione immediata o mediata di capacità contributiva. Le imposte dirette sono
commisurate al reddito o al patrimonio. Le imposte indirette sono applicate sulla produzione o sul
consumo, ovvero le due principali funzioni economiche aziendali. Le imposte sono versate dai contribuenti
allo Stato o a altre APT. Nel nostro sistema tributario esistono alcune decine di imposte.
Nel nostro caso, dalle aziende interessate dal fatto di gestione parte e giunge un unico flusso. N particolare,
non si origina alcun flusso economico diretto di contropartita.
Si tratta di un’operazione di gestione esterna che dà luogo ad u trasferimento di natura finanziaria. Quando
lo Stato o altra APT esercita la potestà tributaria, il contribuente non può scegliere se pagare le imposte né
quante pagarne: è obbligato a farlo. Le imposte sono prestazioni pecuniarie coattive. Tale obbligo prescinde
quindi dal fatto che il singolo consideri eventualmente svantaggioso per sé stesso pagare il tributo.
Giuridicamente, l’esazione delle imposte si qualifica come un’attività di iure imperii in quanto le APT
possono acquisire tali mezzi monetari in base alla legge.
La controprestazione si concretizza nella seconda fase del processo economico che stiamo analizzando,
quando le risorse finanziarie trasferite sono impiegate dall’ APT per la produzione di servizi e politiche
pubbliche idonee a soddisfare bisogni individuali e collettivi. Si tratterà nuovamente di un flusso unilaterale,
ma, questa volta, economico ed in uscita e quindi di natura e direzione opposte rispetto al precedente.
Il singolo contribuente e la collettività nel suo complesso si attendono legittimamente, a seguito del
pagamento delle imposte, di poter usufruire di servizi pubblici. Ciò comporta la necessità di approfondire
l’esame dei criteri utilizzati per stabilire il quantum che ciascun contribuente è chiamata a pagare, di valutare
la quantità alla qualità dei servizi pubblici prodotti e l’efficacia delle politiche pubbliche. In conformità a
queste indagini si potrebbe anche concludere che il valore pubblico riconosciuto non è proporzionato al
sacrificio contributivo richiesto; così potremmo considerare non equo il riparto dell’onere fiscale tra le
diverse categorie e generazioni di contribuenti.
Completamente diversa è l’ipotesi di un trasferimento volontario di ricchezza da un qualsiasi organismo
socio-economico all’APT. Questa può definirsi provvista gratuita in quanto chi si apriva per sua scelta di
ricchezza propria lo fa per scopi filantropici sociali, ma non per averne una contropartita economica.
APPROFONDIMENTO 2.3: La tassa è tributo applicato secondo il criterio del beneficio. Si differenzia
dall’imposta in quanto si esige a seguito dall’ erogazione di una prestazione pubblica al contribuente-
utente che ne trae vantaggio immediato diretto. La tassa non deve essere confusa con la tariffa, la quale è
un prezzo che l’utente paga per un servizio pubblico per il quale esiste la piena divisibilità dei vantaggi
(trasporto, servizio postale, forniture di gas). La tariffa dovrebbe essere definita in modo tale da consentire
l’adeguata remunerazione e tutti i fattori produttivi impiegati per la produzione di servizio. Non essendo
tributi, le tariffe, diversamente dalle tasse dalle imposte, sono stabilite con legge, anche se la loro
definizione discende in ogni modo da una decisione politica. Le tariffe sono la controprestazione monetaria
di molti servizi pubblici locali ma non sempre sono stabilite a un livello tale da garantire la copertura dei
costi di produzione.
Diverso è invece il discorso relativo al prelievo tributario sotto forma di tassa perché in tale circostanza
esiste una chiara relazione economica tra il pagamento del tributo e l’erogazione del servizio a favore del
contribuente-utente. Si viene così a configurare un’operazione di gestione esterna simile ad un’operazione di
scambio. Avremo così un’inflow finanziario(tassa) ed un outflow economico (servizio).
I due flussi sono logicamente correlati nel senso che il singolo contribuente-utente paga la tassa per poter
usufruire direttamente di un bene individuato servizio.
Questa operazione diverge dallo scambio di mercato per il semplice motivo che la tassa non copre l’intero
costo di produzione del servizio offerto perché si ritiene generalmente che l’apprezzamento di un servizio
pubblico, per il quale si richiede il pagamento di questa particolare forma di tributo, produca anche un
vantaggio per l’intera collettività alla quale pertanto è richiesto di sopportare una parte del costo della
produzione mediante altre forme di prelievo tributario.
La tassa di per sé non è un misuratore efficace dell’utilità incorporata nel servizio pubblico. L’impossibilità
di fare ricorso al prezzo per avere una misura attendibile dell’utilità di servizi pubblici in questione non
esclude che esistono tecniche idonee a fornire informazioni sul grado di soddisfazione dell’utenza.
Se ci trovassimo di fronte a un’operazione di scambio, la traduzione in termini monetari dell’intensità del
flusso reale in uscita si otterrebbe moltiplicando la quantità degli oggetti omogenei che si muovono da un
agente economico all’altro per il relativo prezzo di vendita. In sostanza avremo: Ior= Qv x pv
Dove: Ior intensità espresso in termini monetari di un out flow reale;
Qv: quantità di bene o servizio venduto;
pv: prezzo unitario di vendita.
Nel caso di pagamento di una tassa a fronte di un servizio pubblico il parametro prezzo unitario di vendita
manca per definizione, in quanto i servizi dei quali trattiamo non sono prodotti per lo scambio, ma per il
consumo. In presenza di questa situazione, la valorizzazione del flusso reale in uscita può ottenersi
prendendo in considerazione un’opportuna configurazione di costo unitario di produzione, ad esempio il
costo complessivo che rappresenta il valore del prodotto o del servizio nel momento che esso risulta
disponibile per essere ceduto all’esterno.
Nel nostro caso quindi: Ior = Qa x Cpu
Qa: quantità di servizio prestato;
Cpu: costo di produzione unitario.
Tornando al fatto di gestione esterna, notiamo che la mancata compensazione tra l’intensità del flusso reale
in uscita quella del flusso numerario in entrata non è generata da una dilazione del pagamento concessa
dall’ APT a favore del contribuente-utente. L’operazione di gestione può considerarsi concluso con il
pagamento della tassa; la compensazione finanziaria dell’outflow reale non è rinviata a un momento
successivo e l’APT non vanta alcun diritto a riscuotere altre somme dai beneficiari diretto del servizio.
Lo scarto fra le intensità dei flussi generati dall’operazione qui semplificata deve trovare compensazione
all’interno dell’economia dell’APT, se si vuole evitare di incorrere in una perdita, vale a dire in una
riduzione dello stock netto aziendale.
Le risorse finanziarie necessarie compensare l’intensità deflussi sopra considerati possono fruire dalle
imposte, dall’autofinanziamento generato eventualmente dei nuclei produttivi per lo scambio di mercato o
dal debito pubblico.
Secondo l’interpretazione tradizionale, la collettività amministrata dovrebbe finanziare per mezzo di
pagamento delle imposte la quota di costo della produzione di quei servizi che non è compensata dal
pagamento delle tasse. In tale ipotesi, la compensazione fra l’insieme delle intensità dei flussi riconducibili a
operazioni di gestione simili a quelle ricordate, dovrebbe avvenire nell’ambito del NPC poiché a questo è
riconducibile l’operazione di prelievo tributario. Naturalmente, la quota di costo di produzione del servizio
pubblico coperta dalle tasse da parte del beneficiario immediato della prestazione e, di conseguenza, la quota
che invece grava sull’intera collettività, muta sia secondo la tipologia di prestazione considerata sia secondo
i contesti politici, economici e sociali.
È evidente che tanto più elevata la quota di costo che il singolo beneficiario è chiamato a coprire per mezzo
di pagamento della tassa, tanto più queste si avvicina a un vero e proprio prezzo/tariffa evidenziando per tale
via la volontà politica dell’APT di produrre quel dato servizio non tanto per il consumo, ma sempre più per
lo scambio. La riscossione dei tributi genera una variazione patrimoniale attiva che comporta un aumento
dello stock netto. Tale aumento individua un componente economico positivo che prende il nome di
provento. Per i proventi, così come per i costi, non è possibile confondere la fase in cui sono conseguiti,
vale a dire il momento in cui sorge il diritto a riscuoterli, con l’arco temporale di loro competenza, in altre
parole il periodo di tempo in cui L’APT si obbliga a rendere servizi. È possibile assumere che i proventi
tributari siano di competenza economica dell’esercizio in cui si è effettivamente materializzato il diritto
riscuoterli, dove il loro valore confluisce nel conto economico dell’APT. I tributi individuano variazioni
economiche positive (proventi) che, pur presentando caratteri di affinità con i ricavi delle vendite, hanno
delle specificità sulle quali è opportuno soffermarsi. In primo luogo, bisogna osservare che l’individuazione
del ricavo è possibile solo a seguito del verificarsi di un’operazione di vendita. L’ammontare di un ricavo è
l’intensità, espressa in termini monetari, di un outflow economico generato da operazioni di vendita. Il
conseguimento del ricavo implica che si acquisiscano moneta o i suoi sostituti e/o il diritto di ricevere
moneta in futuro quale corrispettivo spettante a fronte della cessione di beni e servizi prodotti per essere
scambiati sul mercato quando il pagamento di un prezzo.
Anche le APT conseguono dei ricavi, ma solo a seguito di operazioni di gestione esterna di vendita
assimilabili che comunque rientrano nel novero dei fatti di gestione riconducibili a nuclei produttivi per lo
scambio di mercato (patrimoniale e d'impresa).
Possiamo quindi dire, e riferendosi alle imposte, e solo in via immediata alle tasse, che:
- I proventi tributari non derivano dalla vendita di servizi;
- I tempi di acquisizione e l’intensità dei flussi finanziari generati dalla riscossione dei tributi sono al quanto
prevedibili, riducendo così il rischio economico per le APT;
- I contribuenti cedono una quota del proprio reddito in modo involontario;
- I tributi finanziano indistintamente le produzioni pubbliche;
- I tributi sono dovuti indipendentemente da come le risorse in tal modo acquisite saranno impiegate dalle
APT e dai risultati che deriveranno dall’uso di quella ricchezza.
- È decisivo inoltre comprendere che alcune categorie di prestazioni rese dalle APT e finanziate con le
imposte non sono solo servizi, a veri e propri diritti sanciti dalla costituzione e da altre leggi dello stato;
- Il quantum dei mezzi finanziari trasferiti dal singolo contribuente è determinato sulla scorta di due elementi
stabiliti dal legislatore, ovvero base imponibile e aliquota;
- Il principio della progressività dell’imposizione fiscale, sancita dall’art.53 della Cost., implica che al
crescere del reddito personale, il complesso delle imposte personali aumenti più che proporzionalmente.
Questo principio favorisce la solidarietà economica la quale non è solo un valore etico, ma anche un obbligo
dato che l’art 2 della Cost. impone l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica
e sociale.
economico positivo che può qualificarsi come straordinario, tale variazione patrimoniale in aumento non si
accompagna a altra variazione patrimoniali.
È il caso di ricordare che anche tributi possono rivestire il carattere di straordinarietà (imposte e/o tasse
straordinarie una tantum).
finanziamento anche alle spese non fondamentali finanziate da: tributi propri, con partecipazioni al
gettito dei tributi e fondo perequativo basato sulla capacità fiscale per abitanti. Possiamo quindi
affermare che la perequazione del fabbisogno riguarda la spesa delle APT locali relativa alle funzioni
fondamentali, mentre la perequazione della capacità fiscale è relativa alla spesa delle APT riguardante
le funzioni non fondamentali.
a zero o almeno trascurabile. Non escludibilità significa che nessuno può essere escluso dai benefici
derivanti dal consumo di dati beni una volta prodotti.
Si dicono beni collettivi o pubblici puri quei beni l’utilità dei quali è non-rivale e non-escludibile; al
contrario gli altri si dicono beni privati. Il bene collettivo è goduto in comune anche da chi non l’ha mai
domandato. Mentre i beni privati possono essere forniti da aziende che attraverso i prezzi recuperano i mezzi
monetari per continuare a finanziare la loro produzione, esistono solo due modalità per poter acquistare le
risorse finanziarie necessarie alla copertura dei costi della produzione di tali beni: la contribuzione
volontaria e la contribuzione coattiva. L’offerta volontaria o spontanea di risorse espone la collettività alcuni
rischi (instabilità e insufficiente capacità di alimentazione economica); risulta quindi difficile fare
affidamento esclusivo sulla collaborazione delle comunità. La copertura del costo dei servizi irrinunciabili
deve scaturire dall’esercizio di legittime forme di coercizione ovvero dall’imposizione fiscale. Quindi la
produzione dei beni collettivi può essere finalizzata solo con il prelievo fiscale. Di norma le APT producono
direttamente beni collettivi. Tuttavia, le SPT possono acquistare tali beni anche da produttori privati
compensandoli con le risorse finanziarie acquisite con il prelievo fiscale. In sostanza, il finanziamento
pubblico e produzione privata di beni collettivi potrebbero convivere.
I beni meritori sono beni privati al consumo dei quali sono però associati importanti benefici collettivi. In
tali circostanze si ritiene che l’apprestamento di un servizio produca anche un beneficio per l’intera
collettività. La copertura dei costi di tali produzioni è ripartita fra diretto beneficiario e intera collettività in
percentuale diversa secondo i beni considerati e del valore sociale. Le APT quando intendono sostenere il
consumo di specifici servizi, rivali e escludibili, possono erogare cittadini non il servizio pubblico, ma il
denaro necessario a comprarlo da produttori pubblici e privati, con o senza scopo di lucro, che competono
fra loro nel mercato. Infine, esse possono compensare produttori privati che forniscono servizi pubblici
quando il produttore pubblico non eroga volumi sufficienti a soddisfare la domanda di specifiche prestazioni
(case di cura convenzionate).
- un rapporto di cambio, con il quale l’APT riceve mezzi monetari in prestito per poi restituirli
successivamente;
- un rapporto di scambio con il quale l’APT riceve dal soggetto finanziatore il servizio d’uso delle risorse
finanziarie e lo remunera attraverso il pagamento degli interessi.
Sotto il profilo patrimoniale, il rapporto di cambio, al momento della concessione del prestito genera un
aumento dello stock attivo di cui alle disponibilità liquide e un correlativo incremento dello stato passivo
relativo al debito contratto. Al momento invece, del rimborso, l’effetto patrimoniale sarà esattamente
opposto con una contemporanea e uguale diminuzione lo stock attivo dello stato passivo.
La gestione del patrimonio redditizio potrebbe essere esternalizzata affidandola a un’azienda giuridicamente
distinta dall’APT e specializzata nell’esercizio di tale attività. Si potrebbe anche trasferire la proprietà di
quel patrimonio e quindi anche la sua gestione a altra azienda appositamente costituita e finanziamenti
controllata dall’APT.
CAP. 3 IL MANAGMENT
3.1. La genesi del management pubblico.
L’impiego di teorie, metodi e tecniche manageriali per l’interpretazione dottrinale e la concreta gestione
delle APT non è tipica dello scenario europeo continentale in cui ha prevalso la tradizione giuridica e
socio-politica. Negli USA, al contrario, il management pubblico affonda le sue radici e trova le sue premesse
storico-culturali nel movimento di riforma del pubblico impiego che prese corpo sul finire del secolo
diciannovesimo. C’è consenso fra gli studiosi nell’individuare le premesse dell’approccio manageriale allo
studio ed alla conduzione delle APT nel saggio The study of Administration scritto da Wilson.
L’obiettivo dell’autore era l’individuazione di soluzioni concrete ai più gravi problemi dell’apparato
burocratico pubblico degli USA dell’epoca, determinati dal forte e negativo malfunzionamento
amministrativo e da una vasta corruzione all’interno dei partiti politici. Era indispensabile riferirsi agli studi
ed alle esperienze europee in tema di organizzazione e gestione dei pubblici apparati esecutivi. Di fronte al
problema urgente e concreto di rendere affidabili APT inefficienti e corrotte, il pragmatico futuro statista si
trovava nella necessità di conferire vigore teorico ad una questione che in quel preciso contesto storico si
poneva come preliminare alla riforma del funzionamento delle APT: la netta ed irrinunciabile separazione
tra politica ed amministrazione. Si poteva proporre di importare i principi organizzativi e le tecniche
esecutive adottate da alcune monarchie europee rimanendo convinti repubblicani. La premessa teorica dei
primi contributi dottrinali sul management pubblico è la differenziazione fra politica e amministrazione.
Il management pubblico si pone quindi in linea con il modello organizzativo e culturale burocratico dei più
avanzati sistemi amministrativi europei che, in seguito, fu idealizzato e formalizzato da Max Weber.
APPROFONDIMENTO 3.2: Frederick W. Taylor, ingegnere, è stato il più grande esponente del
management scientifico. Il manager scientifico deve studiare il comportamento del lavoratore con lo stesso
metodo con il quale studia il funzionamento di un macchinario e determinare, attraverso il cronometraggio,
il limite delle sue capacità lavorativa, qualunque sia il tipo di mansione assegnata. Ciò consente di
calcolare con precisione il costo di ciascuna azione e di definire tempi, volumi e costi standard di
produzione ottimali. Così, Taylor dimostra che l’applicazione dei suoi principi genera un risparmio di costi,
un aumento dei volumi produttivi ed un incremento di efficienza. Il maggior profitto generato
dall’applicazione dei principi scientifici di management dovrebbe portare anche a un aumento della
deliberazione del fattore lavoro, soprattutto attraverso il riconoscimento di incentivi monetari connessi
all’incremento della produttività.
La coerenza e la continuità logica fra il contributo di Wilson e di Taylor, portarono alla definizione di un
vero proprio orientamento teorico pratico noto come management scientifico pubblico, che si risolveva nel
tentativo di applicare logiche, mentre le tecniche del management scientifico nelle APT.
In sintesi, gli elementi caratterizzanti management scientifico pubblico erano:
- la dicotomia politica-amministrazione quale premessa teorica indiscussa;
- il management pubblico confinato all’implementazione neutrale delle scelte politiche (leggi);
- la condotta del management pubblico ispirata ai principi di amministrazione certi, in quanto
scientificamente derivati comprovati, e non influenzabili in alcun modo dagli studi politici;
- efficienza come valore-guida dell’azione amministrativa;
- la scientificità dei principi di amministrazione garanzie della loro sicura applicabilità in qualsiasi contesto
organizzativo indipendentemente dal tipo di attività economica esercitata, delle dimensioni e della natura
privato pubblica dell’organismo socioeconomico considerato;
- le tecniche i metodi messi a punto nelle imprese industriali come modello da imitare;
- gli assetti organizzativi dichiaratamente gerarchici con specializzazione e standardizzazione delle
mansioni, per assicurare la migliore ripartizione del lavoro;
- i metodi di selezione di remunerazione del personale assolutamente imparziali e disancorati da
cooptazione politiche, per garantire competenza, specializzazione neutralità del personale amministrativo;
- incentivi monetari della forza lavoro legati all’incremento di produttività;
- il controllo delle azioni di lavoratori, favorito dalla dettagliata iscritta individuazione delle mansioni
ciascuna, e stesso e inteso in modo da garantire il rispetto degli standard produttivi.
Il management scientifico pubblico non rimase confinato alle enunciazioni teoriche, ma ebbe vastissima
operativa negli Usa e in altri paesi. Le fortune del management scientifico pubblico dopo un periodo di
grande successo, declinarono progressivamente. Numerose furono le ragioni che spiegano il superamento di
quello che era stato un vero proprio movimento culturale. La prima motivazione è il concetto di scientificità
che i teorici del management propugnavano. I dichiarati principi scientifici di amministrazione spesso erano
nozioni pratiche tratte da esperienze operative maturate nel settore industriale, formulati in modo tale da non
poter essere provate di confutate.
Questi principi scientifici, che al livello teorico garantivano il buon funzionamento delle APT, furono
demoliti da Simon, il quale dimostrava la sostanziale non scientificità dei principi di amministrazione
suggeriti. Per dare corpo alle sue critiche, lo studioso selezionò quattro dei più importanti principi del
management scientifico e, attraverso un’analisi critica puntualissima, dimostra che in certe situazioni
amministrative si possono individuare più principi reciprocamente incompatibili ma, all’apparenza
ugualmente applicabili. Egli riuscì a spogliare il management pubblico da molte false credenze che si erano
accumulate nei primi decenni del secolo, riportando su un piano più teorico il dibattito e fornendo a studiosi
e operatori una chiara chiave di lettura innovativa (la razionalità limitata) per spiegare il formarsi dei
processi decisionali nelle organizzazioni e nelle APT.
La pratica si mostrò molto più complessa della rappresentazione teorica e la possibilità di mantenere
separate politica amministrazione risultò illusoria, con la conseguenza che viene messo in discussione, in
pratica e poi in teoria, l’assunto cardine di tutta l’impostazione cosiddetta scientifica del management
pubblico. Il ruolo dello Stato nella vita economica si era ormai profondamente modificato, la spesa pubblica
era aumentata progressivamente con successiva assunzione di compiti diversificati e molteplici da parte
delle APT. Le crisi economiche e la seconda guerra mondiale servirono successivamente a rafforzare
l’immagine e il ruolo dello Stato e delle aziende ad essa sottoposte, cresciute per numero importanza, come
sostituti del mercato quando non riesce prontamente a fornire soluzioni socialmente accettabili, soprattutto
in periodi di estrema difficoltà economica e di tensione sociale. L’impetuosa crescita della spesa pubblica
e l’affermarsi progressivo di un nuovo modello di Stato, il cosiddetto welfare state, che si faceva carico di
produrre direttamente una vasta gamma di servizi finalizzati a soddisfare bisogni collettivi a contenuto
educativo, assistenziale, sanitario e sociale, affermò il ruolo primario dello Stato come centro di decisioni
politiche restituendo di fatto un primato alla politica sull’amministrazione. Il welfare state è un insieme di
interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione, i quali forniscono protezione e sicurezza
sociale, introducendo anche specifici diritti sociali nel caso di eventi prestabiliti nonché specifici doveri di
contribuzione finanziaria.
Solo con la crisi del welfare state tra la fine degli anni 70 e la metà degli anni 80 il dibattito sul management
pubblico torna all’apice, pur non essendosi mai spento.
Il management pubblico, ha certamente subito nel corso degli ultimi decenni, mutamenti rilevanti, ma non
tali da poter individuare un salto di paradigma. Pertanto, è possibile individuare due orientamenti teorici
principali e temporalmente successivi: il New Public Management (NPM) e il Post-New Public
Management (PNPM). Il NPM può sostanzialmente considerarsi avviato dopo l’ascesa democratica al
potere di due importanti protagonisti della storia politica del secolo scorso: Thatcher e Reagan. I governi di
questi due statisti menzionati, si caratterizzarono per un orientamento politico di stampo neo-liberista che
postulava una rilevante rivisitazione del ruolo e del peso delle AP nell’economia e nella società.
La profonda crisi, che ha investito molte nazioni, dal 2007, segnò il definitivo passaggio dal NPM al PNPM.
Il PNPM non segna un salto di tipo paradigmatico, ma piuttosto un’evoluzione dell’approccio teorico
precedente.
insoddisfazione per la qualità e, in molti casi, la quantità di servizi pubblici stessi in rapporto ai loro costi
e per la scarsa efficacia delle politiche pubbliche.
La presenza dello Stato e della burocrazia pubblica nella vita dei cittadini era avvertita come invasiva, e
quindi limitativa per la libertà individuale. Inoltre, l’aumento della spesa e del debito pubblico, è stata anche
la risultante della capacità di gruppi di interesse, politicamente ben rappresentati, di trasformare privilegi di
categoria di interesse pubblico.
APPROFONDIMENTO3.5: La Public Choice (PC) è una teoria economica che si fa sul tentativo di
applicare i metodi e le teorie dell’economia politica per l’analisi dei comportamenti e dei processi
decisionali dei politici, della burocrazia pubblica e degli elettori.
I politici, i dirigenti pubblici, gli elettori, così come i consumatori e le aziende nelle operazioni di
compravendita, pongo in essere scelte che adottano conseguenti comportamenti che sono individuali e
finalizzati a massimizzare la propria utilità, il proprio benessere e non il benessere collettivo.
Il NPM è diventato un movimento globale soprattutto perché ha occupato per anni un posto di rilievo
dell’agenda politica di molti governi in numero elevato di paesi del mondo.
Il percorso di innovazione manageriale delle APT si era quindi articolato lungo tre assi:
1. riforma del sistema istituzionale;
2. rivisitazione dell’ambito di intervento pubblico nella produzione diretta di beni e servizi;
3. introduzione di modelli organizzativi, gestionali e di rilevazione di matrice aziendale, spesso mutuati
dall’esperienza privata.
Il primo ambito della riforma (mutamento del sistema istituzionale) ha per oggetto la nuova
configurazione del sistema di potere delle istituzioni pubbliche nei confronti di altri soggetti sociali e
economici e la loro articolazione all’interno elle stesse. L’obiettivo era aumentare il grado di consenso di
legittimazione delle scelte pubbliche attribuendo maggiori funzioni alle APT decentrate che si trovavano a
più stretto contatto con il cittadino che operavano due i più manifestavano. A tali compiti si sarebbe dovuto
associare un potenziamento della loro capacità di risposta attraverso il trasferimento di risorse umane e
finanziarie e il rafforzamento del binomio autonomia responsabilità dei risultati conseguiti. Il legislatore
nazionale ha cercato di favorire il rafforzamento del rapporto tra comunità territoriali con la riforma
costituzionale approvata nel 2001 La riforma, che a seguito della crisi finanziaria del 2007 a perso la sua
spinta iniziale, ha contribuito a rimuovere dal patrimonio culturale delle APT, i concetti di amministrazione
sovrastante e sottostante (l’ordine verticale discendente delle competenze). Ciò ha spinto le APT locali e
regionali di ricercare costantemente la sintonia con l’ambiente socio-economico governato. L’accrescersi
della quota di risorse finanziarie che pervengono dalla comunità governata rende L’APT locale e regionale
sempre più legati economicamente al proprio territorio, dal quale attinge una significativa porzione di mezzi
monetari che utilizza e al quale rende politiche e, direttamente o indirettamente, servizi instaurando un
rapporto che pur preservando la dimensione sociale politica, acquista progressivamente una forte valenza
economica. Ciò contribuisce al progressivo rarefarsi del modello tradizionale di APT, fortemente sbilanciato
verso relazioni verticali gerarchiche fra amministrazioni livello diverso che trovavano una giustificazione
nelle vecchie logiche di reperimento delle risorse finanziarie, a vantaggio di relazioni orizzontali con altre
APT per la definizione di politiche programmi e con le diverse componenti della comunità locale (famiglie
imprese aziende senza scopo di lucro) non limitate alle sole dimensioni politica e sociale, ma
progressivamente estese alla dimensione economica.
Il secondo ambito di riforma attiene alla ridefinizione dell’intervento pubblico nelle funzioni di
regolazione e in quelle di produzione diretta di beni e servizi.
Tale ambito di riforma prevede la contrazione dell’intervento pubblico diretto sia tramite processi di
privatizzazione della propria sia di esternalizzazione. A questi si accompagnano interventi di regolazione
della concorrenza (istituzione dell’autorità di regolazione di controllo l’antitrust) e forme innovative di
controllo sui risultati sostanzialmente riconducibili alle logiche del controllo sul gestore cui viene affidata la
produzione di servizi la natura dei quali continua a essere pubblica. Conseguentemente sono andate
affermandosi logiche competitive a scapito di quelle tradizionalmente monopoliste proprie del produttore
pubblico e le produzioni che erano pubbliche quanto alla titolarità del soggetto che la svolgeva sono
trasferite a aziende private. Ciò è coerente con il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale
(articolo 118 comma quattro) che non può essere letto nel senso di una collaborazione subordinata di
soggetti privati alla realizzazione delle finalità pubbliche, quanto come una forma di integrazione che
contempla la piena capacità responsabilità di cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività
finalizzate a perseguire obiettivi non egoistici, ma pubblici ovvero di interesse generale collettivo.
Distinguere il committente dal produttore del servizio pubblico distribuisce le responsabilità fra le APT e
altre aziende: alle prime resta la responsabilità di definire e controllare in modo coordinato politiche e
strategie e al singolo produttore esterno il compito di produrre i servizi in modo efficiente ed efficace da
rispettare il mandato delle APT.
Inoltre, vi è la necessità di individuare meccanismi di programmazione, gestione, misurazione controllo e
quindi contrazione dei risultati alternative o complementari a quelli tradizionali.
Il trasferimento della funzione produttiva richiede di tener conto dell’aumento del numero della varietà di
aziende che non operano nel rispetto di metodologie tradizionali di controllo e il cui operato non può essere
direttamente vagliato mediante verifiche politico elettorali. In tal senso ha grande rilievo la cosiddetta
agency theory e il conseguente management by contract da interpretare nella prospettiva della public
governance.
APPROFODMIMENTO 3.7: Tale teoria è basata sull’incentivazione economica e analizza le modalità con
le quali il principale, colui che conferisce l’incarico oggetto del contratto, può definire un contratto in
modo tale da motivare l’agente (colui che riceve l’incarico) ad assumere comportamenti coerenti armonici
con i suoi interessi economici. I due fondamentali problemi da affrontare sono: la selezione avversa, il
principale non può accertarsi se l’agente fornisce di sé una rappresentazione completa curata con
riferimento alle sue capacità di portare a termine l’incarico da assegnare tramite contratto; l’azzardo
morale, il principale non può essere certo che l’agente abbia profuso il massimo suo impegno nello
svolgimento dell’incarico.
Essendo solitamente l’agente uno specialista nello svolgimento dei compiti che il principale intende
assegnare per contratto si registrano normalmente un’asimmetria informativa fra agente e principale, a
favore del primo, che induce l’agente assumere un comportamento opportunistico orientato a massimizzare
il proprio beneficio a scapito del principale.
Tanto più ampia è tale divergenza, tanto maggiori saranno i costi di agenzia connessi alla riduzione di
questo gap.
Il terzo ambito di riforma attiene alle modalità di gestione delle APT. L’obiettivo è l’individuazione di
soluzioni tecnico organizzative e di modalità operativo gestionale in grado di aprire spazi per il
miglioramento delle prestazioni, al fine di incrementare, le dimensioni quali-quantitative, la capacità di
risposta di quelle aziende e conseguentemente il livello di soddisfazione dell’utenza singola e collettiva.
L’esigenza generalmente avvertita è quella di una managerializzazione delle APT, con un’attenzione
specifica alla dimensione gestionale e al rapporto tra obiettivi e risultati, ma anche all’ottimale impiego delle
nuove tecnologie (e-government).
APPROFONIMENTO 3.8: Con l’espressione e-governement ci si riferisce all’utilizzo della rete internet da
parte delle APT per fornire info e servizi ai cittadini. Questo canale di comunicazione tende a modificare il
rapporto tra produttore e utente. L’erogazione di prestazioni tramite internet è non gerarchica, non lineare,
a doppio canale e disponibile h24. Consente a ciascun utente di utilizzare ciò che gli serve quando gli serve
e quando ha il tempo e la possibilità per farlo, non solo durante l’apertura dell’ufficio.
La diffusione dell’e-governement potrebbe mutare la qualità delle relazioni fra APT e i cittadini,
trasformando completamente i processi di produzione di molti servizi pubblici.
Non sempre i risultati sono in linea con le aspettative; ciò perché resta ancora consistente il divario
digitale, ovvero il divario tra chi ha accesso alle nuove tecnologie e chi invece per scelta, per carenza di
formazione o per mancanza di infrastrutture, non lo ha. Molti siti delle APT si limitano a fornire
informazioni e non servizi; le informazioni rese disponibili non sempre sono aggiornate tempestivamente o
facilmente reperibili né organizzate o utilizzabili autonomamente dall’utente in modo tale da soddisfare le
proprie esigenze conoscitive e informative in tempi rapidi in modo esaustivo.
Per risolvere le carenze operative nel nostro paese, ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione ha emanato una direttiva 8/2009 il cui obiettivo di sviluppare, promuovere e diffondere le
pubbliche amministrazioni un processo volto fornire attraverso i propri siti web, un accesso diretto
semplificato e valido all’informazione e servizi resi all’utenza.
Nello scenario italiano è stata determinante la riforma della dirigenza pubblica. Tale riforma ha cercato di
conferire maggior razionalità organizzativa alle APT. In passato alcuni compiti gestionali erano svolti da
politici e il ruolo di dirigente era spesso usurpato. L’intromissione nella sfera esecutiva da parte degli eletti,
era particolarmente nociva per l’economica funzionalità delle APT. Infatti:
- i rappresentati eletti sono spesso privi delle competenze necessarie per svolgere efficacemente le funzioni
impropriamente svolte;
- sorgono difficoltà nel distinguere i diversi livelli di responsabilità e i contenuti della responsabilità;
- non si incentiva la formazione di una classe dirigenziale pubblica e si finisce per alimentare la cultura
dell’amministrazione per atti che rafforza la concezione formalista del controllo, onde il rispetto della
norma diviene l’unico paramento di riferimento;
- la classe politica trascura di svolgere efficacemente il suo ruolo di impulso strategico e di controllo di
risultati e disperde le sue energie nella gestione ordinaria;
- conflitto tra rappresentanti eletti e dirigenti e la diffidenza degli uni verso gli altri accrescono;
- non si avverte la necessità di avere a disposizione dati quali quantitativamente adeguati né per il sistema
delle decisioni e dei controlli interni, né per il controllo esterno dei risultati da parte della collettività
amministrata e di organi terzi a ciò preposti, dove l’adeguamento dei sistemi informativi anche quando
imposto dalla normativa si limita a meno adempimento formale.
A partire dalla legge 8 giugno 1990, riguardante gli enti locali, e con molti altri provvedimenti si è formata
una soluzione al problema della confusione tra politica e gestione, contribuendo a stimolare un processo di
cambiamento mirato a neutralizzare gli effetti negativi sopra detti. Il principio fondamentale è che le
funzioni di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la
gestione e la conseguente responsabilità per i risultati sono attribuite ai dirigenti. Nonostante la sua
diffusione, il modello delle APT fornito dal NPM non ha sempre funzionato sia in Italia sia all’estero.
effettivamente (performance conseguita) e risultato ipotizzato (performance obiettivo), alla costante ricerca
della migliore combinazione possibile fra valore proposto balordo conosciuto in termini di capacità di
soddisfare i bisogni.
Ricade quindi su ogni APT l’obbligo di ritagliarsi in modo autonomo le soluzioni organizzative, gestionali e
di rilevazione sistematica ritenute più idonee per innestare le logiche del public performance management.
Ogni azienda e che generalmente ogni APT è un fenomeno economico, sociale e politico in sé specifico e
irripetibile, cioè non standardizzatele. Ogni APT è qualificata da condizioni ambientali e di funzionamento
interno specifiche e dinamiche, non deprecabili esattamente, ma la comprensione delle quali si rivela
indispensabile per garantire un corretto funzionamento del processo manageriale.
L’efficacia rivela in che porzione un obiettivo è stato realizzato; l’efficienza rivela quanto bene stiamo
lavorando, cioè quante unità dell’obiettivo sono state realizzate.
Senza obiettivi chiari e misurabili le performance non si possono misurare ed il principio della responsabilità
per i risultati viene meno.
Il procedimento logico posto alla base delle nostre considerazioni è semplice: le dimensioni di performance
ricordate vanno misurate e valutate in relazione a distinti momenti del processo di produzione ed
apprestamento del servizio pubblico. Si considera la qualità una componente da includere nella
determinazione delle tre classiche dimensioni della performance dirigenziale. Ciò non esclude che sia
possibile e utile definire appositi indicatori di qualità dei servizi resi.
Gli input sono le risorse (beni e servizi) destinate alla produzione da realizzare (ovvero i fattori produttivi).
Esso può esprimersi in termini monetari (costo un valore in denaro) in altre unità di misura (fisiche) proprie
del fattore utilizzato (ore di lavoro, chili di materia prima).
L’output è la quantità di beni e servizi prodotti ossia il volume di produzione risultato del processo
produttivo. Per essere espresse. L’unità di misura, secondo il bene o servizio considerato (chilometri,
numero di studenti laureati).
L’outcome è l’effetto positivo o negativo, voluto o non voluto prodotto all’esterno dell’APT come
conseguenza dell’insieme di produzioni riconducibili all’attuazione di un programma pubblico di una
politica pubblica, piuttosto che all’azione di fattori ambientali o comunque diversi dalle azioni poste in
essere dall’APT. Dovrà esserci una relazione causa effetto tra output e outcome, normalizzata fin dalla fase
della programmazione strategica dell’attività aziendale pubblica.
Input e output posti a rapporto devono essere correlabili dal punto di vista temporale, ovvero riferisse
medesimo arco di tempo: mese, trimestre, semestre, hanno, e dal punto di vista organizzativo e tecnico
produttivo, devono essere riferiti agli stessi processi produttivi svolti nelle medesime unità organizzative.
L’efficienza, come l’efficacia, riguarda i dirigenti responsabili di tutte le unità organizzative dell’APT sia
che esse rendono servizi all’utenza esterna sia che rendono servizi all’utenza interna.
ESEMPIO PAG. 114 Nell’ efficienza dovremmo tenere conto degli input non acquistati, ma di quelli
effettivamente utilizzati, in un determinato arco di tempo.
Inoltre, è importante l’impianto della contabilità economica analitica che permette di: seguire i fatti di
gestione, determinare razionalmente il costo del servizio reso, apprezzare il grado di efficienza nell’uso delle
risorse disponibili, attribuire alla dirigenza la responsabilità per l’uso delle risorse assegnate.
Vi sono inoltre 3 cautele da osservare prima di esprimere un parere sull’efficienza. Esse sono:
- la determinazione dell’efficienza è riferita soltanto alla quantità complessiva del bisogno da
soddisfare. Il criterio dell’efficienza è un criterio neutrale e di universale apprezzamento.
Questo porta a trascurare almeno 2 elementi: i bisogni non hanno tutti lo stesso peso e quindi non sono
equivalenti, inoltre le APT possono trovarsi nella necessità di fare ricorso a soluzioni tecnicamente poco
efficienti per appagare le esigenze della popolazione;
- alcune delle produzioni delle APT hanno effetti significativi in termini di output soltanto nel medio e nel
lungo periodo. Di conseguenza nel breve periodo le risorse utilizzate per la produzione potrebbero apparire
inefficiente;
- non sempre tutti gli output prodotti sono della stessa qualità. Quindi per avere un calcolo dell’efficienza
più attendibile sarebbe opportuno: suddividere gli output in classi di qualità diverse; escludere output che
non superano una soglia di qualità che si ritiene la minima accettabile.
Da quanto scritto deriva che un contenimento del costo unitario il quale comporta una riduzione non
programmata della qualità del prodotto, non può essere considerato un vero e proprio incremento di
efficienza.
ESERCIZIO PAG. 118 Per valutare il grado di efficienza è sempre necessario effettuare una comparazione.
Non si può essere efficienti in sé, ma più o meno efficienti. Il termine a confronto può riferirsi a: un valore
Programmato assegnato come obiettivo a un dirigente; uno standard tecnico; un dato passato; il risultato
conseguito da un’altra azienda.
Il presupposto di ogni confronto l’omogeneità dei fenomeni comparati. È più semplice quindi porre in essere
una comparazione interna, basata su dati disponibili nell’APT piuttosto che un’esterna.
Per questo le comparazioni con altre APT spesso si limitano alle sull’informazione di natura finanziaria
(spesa prevista o congiuntiva) la determinazione delle quali è più oggettiva ma meno importante per le
valutazioni sulla performance della Repubblica.
Inoltre l’utilizzo di questi strumenti di misurazione della performance passa attraverso:
- la fissazione di standard di risultato;
- l’individuazione delle posizioni organizzative in grado di muovere leve decisionali effettivamente
influenti sul raggiungimento.
Ad esempio: la responsabilizzazione su cose sulla gestione delle risorse umane, a carico dei dirigenti,
dovendo scontare le rigidità e vincoli che ne possono caratterizzare la gestione l’ambito dell’APT dovrà
essere mirata più al miglioramento delle prestazioni ottenute che al perseguimento di risparmi di costo.
l’efficace realizzazione delle attività programmate e il conseguimento degli obiettivi intermedi e quelli
immediati. Gli obiettivi immediati si riferiscono al compimento delle attività preliminari alla produzione
delle attività (acquisizione dei fattori produttivi). Sono obiettivi di brevissimo termine, il cui raggiungimento
e valutazione sono indipendenti, avvengono prima, rispetto a quella degli obiettivi di ordine superiore
(intermedi e finali). Gli obiettivi intermedi riguardano un momento successivo e cioè la fase della
produzione in senso tecnico e dell’utilizzo delle prestazioni rese. Sono obiettivi di breve termine la
realizzazione dei quali, pur potendosi valutare in modo distinto, è strettamente connessa al conseguimento
degli obiettivi immediati. In questo caso di riferimento è quello espresso la figura del servizio (domanda
individuale). L’individuazione di obiettivi di livello diverso, porta all’individuazione di 2 tipi di efficacia:
efficacia operativa, relativa agli obiettivi operativi, la responsabilità per la realizzazione dei quali è affidata
al dirigente; efficacia globale (sociale) è connessa al raggiungimento degli obiettivi strategici, la
responsabilità per la realizzazione dei quali è da ricondurre al governo politico.
La misurazione e la valutazione dell’efficacia può avere a oggetto ciascuno dei livelli di obiettivo prima
definiti. Per determinare l’efficacia operativa la misurazione e la valutazione:
- si orientano alle attività svolte nell’ APT a favore di un utente interno o esterno;
- hanno un arco di riferimento temporale breve;
- si concentrano su misurazioni e correlazioni di input, output e includono anche riferimenti e alcune
dimensioni di qualità nelle fasi di produzione e consumo dei servizi.
Per costruire opportuni indicatori di efficaci è possibile scomporre l’efficacia in 3 sub-dimensioni:
- miglioramento dell’efficienza;
- attitudine a soddisfare la domanda potenziale e espressa;
- analisi del gradimento qualitativo percepito e espresso dall’utenza.
Queste SUB dimensioni ci fanno capire che l’efficacia non si basa solo sugli aspetti quantitativi, ma anche
su quelli qualitativi. La misurazione dell’efficacia è esprimibile su 3 livelli. Ad un primo livello l’efficacia è
esprimibile come rapporto tra i risultati conseguiti e gli obiettivi programmati. A un secondo livello
l’efficacia può essere espressa come percentuale di soddisfazione della domanda potenziale o della domanda
espressa.
Con gli indicatori di terzo livello diventa possibile il superamento di alcuni limiti. Questi indicatori mirano a
misurare il livello di soddisfazione dell’utenza. La misurazione del grado di soddisfazione dell’utenza
dovrebbe assumere un carattere di maggiore oggettività e essere suscettibile di utilizzazione ai fini
dell’orientamento delle decisioni dell’APT in merito all’erogazione del servizio.
Spesso però ai bisogni pubblici non associato a una domanda (positiva) vera e propria, nel senso che i
destinatari degli interventi possono non coincidere con i beneficiari che i beneficiari pubblici della
produzione pubblica possono essere distribuite nello spazio nel tempo in modo da renderne difficile il
monitoraggio. È difficile fissare standard qualitativi per i servizi a domanda negative, quelli cioè ai quali le
persone volentieri si sottrarrebbero e che costituiscono uno dei nuclei irriducibili dell’intervento pubblico
anche a livello locale. Le problematiche travalicano le potenzialità e il ruolo degli indicatori di efficacia
riguardando addirittura il quesito di base sulla opportunità di intraprendere un intervento pubblico in taluni
settori. Tipicamente invece la valutazione dell’efficacia è un’indagine di tipo retrospettivo e quindi in un
certo senso presuppone l’esistenza di programmi e dei relativi obiettivi, anche se la sua utilità consiste
proprio nel fornire dati utili per il mare costi e effetti futuri di nuovi programmi o incentivi. Indicatori di
efficacia, scontando tutti i limiti, saranno quindi sono degli strumenti da utilizzare nel difficile compito di
valutare le performance e guidare le scelte gestionali.
Sul contributo che la definizione di indicatori di efficacia porta all’attività decisionale dell’APT, valgono
anche le altre riflessioni. Si sottolinea ancora una volta l’indispensabilità della definizione ex ante degli
standard che posseggono tutte le caratteristiche di parametri obiettivo, ai fini della responsabilizzazione per
il risultato.
- Se l’efficacia operativa è stata conseguita, ciò non comporta modo automatico certo che l’efficacia globale
programmata sia stata conseguita.
Per valutare l’efficacia globale si fa ricorso a metodi quantitativi che sono disegni di valutazione sintetici.
Facendo uso di metodi quantitativi, è sempre necessario giungere alla quantificazione della situazione
controfattuale, vale a dire di quella situazione che si sarebbe ipoteticamente determinata se il programma
non fosse stato realizzato. È solo stimabile statisticamente; si tratta cioè di un’approssimazione plausibile di
quanto sarebbe accaduto se quel programma non fosse stato attuato.
Per valutare l’impatto non è sufficiente ottenere una misura dal confronto tra le due situazioni osservate
prima e dopo l’effettuazione dell’attività delle quali il programma si compone. Occorre depurare l’effetto
osservato, confronto dopo prima, favorevole sfavorevole dall’effetto favorevole o sfavorevole generato da
fenomeni diversi dalla produzione pubblica, partire dall’autonomo trend del problema sociale che si intende
aggredire.
Vi sono poi i metodi qualitativi. Si ritiene che metodi quantitativi siano più utili nelle valutazioni di
impatto, mentre quelli quantitativi nel monitoraggio continuo dei programmi. Tuttavia, la valutazione
qualitativa è più flessibile di quella quantitativa.
La principale caratteristica dei metodi qualitativi è il coinvolgimento personale del valutatore processo di
raccolta delle informazioni. La valutazione si realizza operando laddove il programma si svolge ed a
contatto diretto con le persone che concretamente rendono e utilizzano i servizi che compongono il
programma da valutare. La valutazione qualitativa è sostanzialmente induttiva e mira alla descrizione di
quanto accade nel contesto spazio-temporale osservato piuttosto che alla spiegazione di quanto avviene.
Il risultato della valutazione qualitativa ha natura sistematica; è un tutto coordinato al quale si può approdare
solo dopo aver compreso appieno, attraverso l’esperienza vissuta in prima persona, il contesto in il
programma si svolge. Due sono le principali fonti informative alle quali attingere quando si ricorre a
metodologie qualitative: l’osservazione (che coinvolge tutti i sensi e non solo la vista) e le interviste
(strutturate e non strutturate). L’osservazione deve essere libera, a parte non limitata. Diventa più mirata
quando il valutatore ha acquisito una certa confidenza con il fenomeno osservato e decide di soffermare la
propria attenzione solo su una ristretta porzione di processi da studiare. L’oggetto dell’osservazione è
l’ambiente fisico in cui il programma si svolge, ma poi anche quello sociale umano, il comportamento di
coloro i quali a prestare servizi e di chi le utilizza, il loro linguaggio, gli eventi imprevisti quelli attesi, ma
non realizzati.
Tutte le metodologie, quantitative e qualitative per definire l’impatto di un programma di una politica
pubblica presentano vantaggi limiti, alcune sono indicate in talune circostanze, altre in situazioni diverse.
I metodi quantitativi forniscono misurazioni che per la loro natura sono sintetiche, spesso riassumibili nello
spazio di un foglio di carta, abbastanza facilmente aggregabili e confrontabili. I metodi qualitativi forniscono
descrizioni, impressioni, interpretazioni e di norma sono, dettagliate, non standardizzate, a volte complessse
da interpretare, quindi non sempre trasferibili a un pubblico di non esperti.
CAP. 4 L’ORGANIZZAZIONE
4.1 Il concetto di organizzazione.
Anzitutto è necessario individuare le attività strumentali all’esecuzione del processo di trasformazione. In
seguito, si devono determinare le risorse necessarie alla realizzazione delle suddette attività, sia individuare
quelle già disponibili e approvvigionarsi delle risorse mancanti. Infine, si devono correttamente combinare
le risorse e le attività al fine di impiegare efficacemente gli input ottenere l’output nella quantità e della
qualità desiderate. È necessario anche coordinare le persone che lavorano in azienda.
Gli aspetti organizzativi sinora evidenziati possono essere osservati e studiati in un’ottica interna e in una
esterna rispetto all’organismo aziendale. Nel primo caso si fa riferimento alle problematiche organizzative
inerenti alle attività alle risorse e ai soggetti che operano nel perimetro aziendale; nel secondo caso, si
considerano le relazioni che l’organismo aziendale intrattiene con altre aziende autonome giuridicamente e
con le quali si instaurano rapporti economici e contrattuali al fine di produrre beni servizi e realizzare
politiche pubbliche.
Nelle aziende le funzioni e le attività aventi a oggetto problematiche di tipo organizzativo hanno assunto una
crescente importanza a seguito dell’affermarsi di una visione meccanicistica dell’attività aziendale e della
conseguente adozione dei principi della specializzazione del lavoro. Questo stabilisce che per accrescere
l’efficienza nello svolgimento di qualsiasi attività è necessario indicare specificatamente una o più persone,
con competenze similari, alla sua realizzazione. A seguito della trasposizione pratica di tale principio, si è
assistito nel tempo a una maggiore parcellizzazione delle attività aziendali.
azioni e routine che devono essere eseguiti per lo svolgimento dell’attività gestionali. Nella
standardizzazione di processo, la tecnostruttura definisce le azioni che vari organi devono compiere e le
connesse modalità di esecuzione. La standardizzazione di output si concretizza nella definizione dei
caratteri che deve possedere il prodotto delle attività realizzate da un determinato organo.
L’adozione di tale meccanismo di coordinamento fa sì che vari organi operanti lungo ogni processo siano
perfettamente coscienti delle caratteristiche e del valore dell’output intermedio da consegnare all’organo che
li segue. per tali ragioni la standardizzazione degli output dovrebbe condurre ogni organo a definire l’attività
da realizzare in funzione dei risultati e delle attese degli altri organi.
Qualora processo di output non fossero standardizzabili, il coordinamento tra gli organi aziendali
può avvenire mediante la standardizzazione degli input, e in particolare delle competenze delle capacità
delle persone che operano nei diversi organi aziendali. Questa permette il coordinamento, poiché
definisce le premesse decisionali criteri di scelta dei soggetti che operano nei diversi organi aziendali.
Definisce le premesse decisionali e i criteri di scelta dei soggetti che operano dei diversi organi aziendali.
APPROFODNIMENTO 4.3: Le competenze sono state definite come “quella caratteristica intrinseca
individuale che è casualmente collegata ad una performance efficace o superiore in una mansione o in una
situazione, e che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”. Una persona è riconosciuta competente
se è in grado di risolvere efficacemente situazione complessi problemi utilizzando le sue conoscenze e il suo
know-how. Avere delle competenze significa, possedere delle caratteristiche personali (abilità, conoscenze)
che portano a un risultato valutabile. Tra i vari elementi che, nel loro complesso costituiscono la
competenza di un individuo è possibile distinguere quelli osservabili e in un certo qual modo valutabili,
come le conoscenze e le skills, da quelli non osservabili, perché propri della personalità di ogni soggetto,
vale a dire i tratti, l’immagine di sé e le motivazioni.
- gli atti interni l’indirizzo politico, gli impegni programmatici le questioni su cui il governo chiede la
fiducia del Parlamento;
- le linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria e progetti dei trattati e degli accordi
internazionali;
- i disegni di legge e le proposte di ritiro dei disegni di legge già presentati al Parlamento e i decreti aventi
valore o forza di legge e i regolamenti da emanare con decreto del presidente la Repubblica;
- gli atti di promozioni della questione di legittimità, qualora una legge o un atto avente forza di legge
promulgato da una APTR si ritenga leda la competenza del governo;
- le direttive da impartire tramite il commissario del governo per l’esercizio delle funzioni amministrative
delegate alle APTR, che sono tenuti a osservarle;
- le proposte che il ministro competente formula per disporre il compito degli atti in sostituzione
dell’amministrazione regionale, in caso di persistente inattività degli organi dell’esercizio delle funzioni
delegate;
- gli atti concernenti i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica e le altre confessioni religiose;
- i provvedimenti da emanare con decreto del Presidente della Repubblica, previo parere del Consiglio di
Stato, se il ministro competente non intende conformarsi a tale parere;
- Le proposte motivate per lo scioglimento dei consigli regionali;
- gli altri provvedimenti per i quali sia prescritta o il Presidente del Consiglio dei Ministri ritenga opportuna
la deliberazione consiliare.
Sempre ai fini di coordinamento e di impulso all’attività dei vari ministri, il Presidente Del Consiglio
Dei Ministri:
- indirizza ai ministri direttive politiche amministrative in attuazione delle deliberazioni del consiglio dei
ministri;
- può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a questioni politiche
amministrative, sottoponendole al consiglio dei ministri nella riunione immediatamente successiva;
- può deferire al consiglio dei ministri e fini di una complessiva valutazione e armonizzazione degli
interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra
amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti;
- adotta le direttive per assicurare l’imparzialità, il buon andamento e l’efficienza degli uffici pubblici e
promuove le verifiche necessarie;
- promuove l’azione di ministro per assicurare che le aziende di enti pubblici svolgano la loro attività
secondo gli obiettivi indicati dalle leggi che ne definiscono autonomia e in coerenza con i conseguenti
indirizzi politici amministrativi del governo;
- può disporre con proprio decreto, l’istituzione di particolari comitati di ministri, con il compito di
esaminare in via preliminare questioni di comune competenza, di esprimere pareri su direttive dell’attività di
governo sui problemi di rilevante importanza da sottoporre al consiglio dei ministri, eventualmente
avvalendosi anche di esperti non appartenenti alla pubblica amministrazione;
- può disporre la costituzione di gruppi di studio e di lavoro composto in modo da assicurare la presenza di
tutte le competenze dicasteriali interessate ed eventualmente di esperti anche non appartenenti alla pubblica
amministrazione.
Per lo svolgimento di tutte queste funzioni, il presidente del consiglio si è vale di un’apposita struttura, la
Presidenza del consiglio dei ministri.
Oltre all’unità organizzative di chiamate, nella Presidenza vi sono i Dipartimenti. Questi possono essere
retti o da capi di dipartimento o da sottosegretari di Stato o da ministri senza portafoglio. Mentre il capo di
dipartimento è una carica di tipo amministrativo, il sottosegretario svolge una funzione politica. Il primo
ha il compito di coordinare dal punto di vista amministrativo le attività del proprio dipartimento, il secondo
affianca il ministro e esercita i compiti delegati.
Ogni ministro periodicamente, e comunque ogni anno entro 10 giorni dalla pubblicazione della legge di
bilancio, definisce mediante l’emanazione di direttive generali, obiettivi, priorità, livello di servizi, piani e
programmi da attuare ed effettua l’assegnazione delle risorse umane, strumentali e economico-finanziarie ai
dirigenti preposti centri di responsabilità delle rispettive amministrazioni.
Il consiglio è l’organo al quale è deputato il potere di indirizzo politico amministrativo delle APTR, che
controlla la trazione. Spetta al consiglio approvare: il programma di governo; gli atti della programmazione
regionale, generale e di settore; gli atti di pianificazione territoriale regionale; i bilanci di previsione e nei
casi previsti dalla legge le loro variazioni; il bilancio di rendiconto; gli atti di indirizzo nei confronti degli
organi di governo regionale per tutti i settori di intervento.
Inoltre, verifica solitamente la gestione complessiva dell’attività economica e finanziaria di esse; la
rispondenza dei risultati delle politiche regionali agli obiettivi di governo, i risultati gestionali degli enti
delle aziende e degli altri organismi dipendenti dall’APTR.
La Giunta è l’organo esecutivo delle APTR. Delibera proposte di legge; approva regolamenti di
competenza; delibera proposte di regolamento di competenza del consiglio; cura l’attuazione delle leggi.
L’attività e la politica della Giunta è diretta dal Presidente.
Se al consiglio da un lato spetta assumere decisioni che fungeranno da guida per gli altri organi dell’APTL
nello svolgimento delle loro attività, dall’altro è compito del medesimo organo verificare, sia in fase di
rendicontazione che di gestione, la coerenza tra gli indirizzi forniti e i risultati conseguiti, per individuare
eventuali scostamenti e relative cause e tenere conto della successiva attività di indirizzo.
Sono di competenza del consiglio: gli atti riguardanti i frutti dell’ente e delle aziende speciali; i
regolamenti; i criteri generali in materia di ordinamento degli uffici e dei servizi; i programmi triennali e
l’elenco annuale dei lavori pubblici; il BP e le relative variazioni; il BC; l’organizzazione dei pubblici
servizi; la costituzione di istituzioni e aziende speciali; la partecipazione dell’APTL e società di capitali;
l’istituzione e l’ordinamento dei tributi; gli indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli
enti dipendenti; l’emissione di prestiti obbligazionari; la definizione degli indirizzi per la nomina e la
designazione dei rappresentati dell’APTL presso enti, aziende e istituzioni ecc...
Il sindaco comunale è per legge il responsabile dell’amministrazione dell’APTL.
Il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del Comune capoluogo di provincia mentre il Presidente della
Provincia è eletto tra i sindaci dei Comuni rientranti nel territorio provinciale il cui mandato non scada prima
di 18 mesi dalla data dello svolgimento delle elezioni. Il sindaco metropolitano e il presidente della
provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono il consiglio metropolitano/provinciale e,
rispettivamente la conferenza metropolitana e l’assemblea dei sindaci, sovrintendono al funzionamento dei
servizi che sono tra loro attribuite dallo statuto.
direttore generale sarà attribuita alle città metropolitane e alle APTL comunali con popolazione superiore a
100.000 abitanti.
Il modello di istituzionale di APT scaturente dal processo di riforma distingue con chiarezza ruoli e
responsabilità degli organi di governo da quelli della dirigenza. Mentre ai primi spetta il compito di
definire le politiche e i programmi, alla seconda spetta il compito di dare traduzione operativa alle scelte
compiute e di raggiungere gli obiettivi concordati con i vertici. Per gli organi di governo viene a delinearsi
una responsabilità strategica, di medio lungo termine e orientata all’efficacia da interpretarsi come
correttezza delle scelte strategiche e funzionalità delle stesse rispetto alla domanda sociale di intervento
pubblico. per i dirigenti, la responsabilità di risultato si distingue invece per un prevalente orientamento a
breve termine, ai profili di economicità nell’acquisto dei fattori produttivi, nell’efficienza nell’uso delle
risorse e di efficacia da intendersi quest’ultima come capacità di conseguire l’obiettivo assegnato dai vertici
politici.
Solitamente sono assegnate alle divisioni tutte le funzioni operative che riguarda uno specifico atto
dell’azienda. Le unità funzionali sono specializzate per le diverse attività che rientrano nelle divisioni.
Infine, le unità operative realizzano le attività gestionali rientranti nel coordinamento funzionale cui
appartengono.
Il decentramento il modello divisionale è definito parallelo perché tutti dirigenti divisione hanno
autonomia e sono responsabili per la gestione operativa dei medesimi ambiti funzionali. Il problema del
coordinamento si manifesta soprattutto a livello interdivisionale. Quanto più l’interdipendenza tra divisioni
di tipo funzionale, tanto più è necessaria un’attività di coordinamento superiore. Il vantaggio del modello
divisionale risiede nella possibilità di gestire in modo unitario ogni classe/categoria di output dell’azienda.
Il principale limite di tale modello risiede nella duplicazione di attività di risorse presso le varie direzioni
aziendali che spesso conduce a una propria di efficienza livello globale. Per tale motivo, il modello
divisionale si adegua meglio alle aziende pluriproduttrici, quali sono le APT, soprattutto quelle di grandi
dimensioni. Un ulteriore difetto è dato dal potenziale aumento dei costi di coordinamento legati all’esistenza
di un numero maggiore di livelli organizzativi.
- Il modello matriciale non è definibile in modo preciso. Si caratterizza per l’utilizzo di criteri per la
suddivisione del lavoro direttivo e per l’esistenza di un sistema di comando multiplo. I criteri utilizzabili
per la suddivisione del lavoro direttivo potrebbero essere ad esempio il prodotto della funzione, oppure il
progetto e la funzione. Tali coppie di criteri portano ad avere soggetti che dipendono da due o più dirigenti,
a prescindere dal legame che lega questi ultimi.
I livelli organizzativi presenti in un modello speciale sono almeno tre: il coordinamento generale, il
coordinamento intermedio e il livello operativo.
Relativamente ai dirigenti posti a livello di coordinamento intermedio, è utile notare che svolgono ruoli
alquanto diversi, nonostante si trovino dal punto di vista gerarchico nel medesimo piano. I dirigenti del
livello di coordinamento intermedio di entrambe le dimensioni e la matrice dipendono dall’organo di
coordinamento generale, ma i dirigenti della dimensione prodotti/progetti non svolgono una funzione
direttiva nel senso comune del termine, ma impiegano la maggior parte del loro tempo in attività di
collegamento e di contrattazione, soprattutto nei confronti dei dirigenti della dimensione funzionale.
Questi ultimi invece coordinano le diverse attività necessarie allo svolgimento della funzione di cui sono
responsabili. Le due tipologie di dirigenti si differenziano anche per il contenuto della loro responsabilità:
il dirigente della dimensione funzionale è solitamente responsabile per l’efficiente utilizzo delle risorse
assegnate, quello della dimensione prodotti/ progetti è responsabile per il rispetto della tempistica fissata
per la realizzazione del prodotto/progetto per l’ottenimento dei livelli tecnico qualitativi prestabiliti.
Nel modello matriciale il numero dei dirigenti è solitamente superiori rispetto a quello dei due modelli
organizzativi prima considerati, caratterizzandosi per un maggiore livello di decentramento decisionale.
Inoltre, la maggiore numerosità di dirigenti posizionati al medesimo livello organizzativo e con attività
direzionali divere, permette di spiegare il più frequente ricorso all’adattamento reciproco quale meccanismo
di coordinamento organizzativo.
Il modello matriciale presenta contemporaneamente vantaggi del modello funzionale e divisionale
rispettivamente l’efficienza e la specializzazione delle risorse la gestione integrata di ogni output. Inoltre, vi
sono la maggiore flessibilità gestionale, resa possibile dal minor peso della gerarchia, istituzione di eventuali
organi temporanei, possibilità di spostare risorse da output ad un altro.
Ci sono due problemi connessi all’utilizzo di un modello organizzativo matriciale. Innanzitutto, è molto alta,
a causa del maggior livello di decentramento e condivisione della verità decisionale, la probabilità di
insorgenza di conflitti tra organi diversi. Inoltre, si potrebbero verificare fenomeni di insicurezza decisionale
e soggetti operanti ai diversi livelli organizzativi. Anche le persone che lavorano nelle unità lavorative
potrebbero avere dei problemi di insicurezza derivanti dall’essere soggetti a una duplice autorità. A tutto
questo si potrebbe aggiungere il potenziale rallentamento dei processi decisionali a causa della maggiore
numerosità dei soggetti che vi potrebbero essere coinvolti.
Per l’APTS gli schemi da adottare sono fissati dalla legge.
CASO AZIENDALE 4.1: il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha una struttura
organizzativa di tipo divisionale. A capo dell’intera struttura vi è il ministro. Nell’organigramma del
ministero sono previsti tre sottosegretari di stato che coadiuvano il ministro nello svolgimento delle sue
funzioni. Il ministero si compone di tre dipartimenti, a loro volta strutturati in direzioni generali alle quali
sono assegnante gruppi omogenei di attività di competenza del dipartimento:
CICLO DI PROGRAMMAZIONE APTS: il ministro dell’economia e delle finanze presenta il DEF alle
Camere. Il DEF è un documento complesso che si compone di tre sezioni:
- 1°: contiene lo schema del programma di stabilità e individua gli obiettivi della politica economica e il
quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo con
l’aggiornamento delle previsioni per l’anno in corso e indicazioni sull’evoluzione economico-finanziaria
internazionale;
- 2°: riguarda le analisi e le tendenze della finanza pubblica e contiene l’analisi del conto economico e del
conto di cassa delle AP dell’anno precedente e le previsioni del saldo di cassa almeno per il triennio
successivo del settore statale e le modalità di copertura; alla seconda sezione è allegata una nota
metodologica che illustra i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali;
- 3°: è il programma nazionale di riforma e contiene le indicazioni circa lo stato di avanzamento delle
riforme avviate degli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono
sulla competitività le priorità del paese e le principali riforme da attuare.
Gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica sono allegati al DEF.
allora i restanti 10 sono costi da imputare all’esercizio successivo ed è per questo che in CEP bisogna
eseguire una rettifica, in questo caso rettificare in meno per un importo di € 10. Solo così sarà possibile
calcolare il risultato economico effettivo dell’anno.
Contabilità analitica Tra le principali innovazioni introdotte nel sistema contabile delle APTS vi • la
contabilità economico analitica per centri di costo (COA), questo sistema di contabilità consente di
qualificare, per ciascuna struttura organizzativa, il profilo economico, vale a dire il costo di gestione,
secondo la rispettiva natura e destinazione e di verificare le modalità e le condizioni di impiego delle risorse.
Una volta a regime tale sistema sarà strumentale al processo di formazione del bilancio di previsione ed al
processo di controllo interno di gestione. La rendicontazione Al termine di ogni anno finanziario l’organo di
governo deve rendere conto all’organi volitivo riguardi ai risultati ottenuti dall’attività effettuata durante tale
periodo, l’approvazione del bilancio di contabilità è un momento importante della vita delle APT perché
possibile verificare se sono stati conseguiti gli obiettivi prefissati e a ottenere informazioni per i successivi
cicli di programmazione e pianificazione, solitamente il BC (bilancio di contabilità) delle APT deve essere
approvato entro il 30 giugno dell’esercizio successivo. Si compone di due parti: il conto del bilancio o
rendiconto finanziario (CB), e il conto del patrimonio o rendiconto patrimoniale (CP). Il CB • strettamente
connesso al BPFA accoglie quindi valori di natura finanziaria. Serve sostanzialmente a verificare il grado di
realizzazione delle previsioni contenute nel BPFA cioè praticamente si confrontano i valori finanziari
previsti con quelli realizzati. Il CP • il documento contabile che informa annualmente sulla composizione
quali - quantitativa del patrimonio delle APT. Tale documento quindi permette di individuare la consistenza
delle attività e delle passività nonché il saldo patrimoniale. Solo le APTL redigono il conto economico, per
una corretta redazione di tale documento • necessaria la CEP, qualora l’APTL non disponga del CEP deve
valersi del prospetto di conciliazione. In sostanza la compilazione del prospetto sostituisce la redazione delle
scritture di rettifica di fine periodo nella CEP.
Per la revisione si intende un’attività di controllo, concomitante e susseguente, che può essere sia interna
che esterna all’APT. La revisione può riguardare la conformità dell’azione amministrativa rispetto al sistema
delle regole delle procedure, soprattutto contabili, ma anche le diverse dimensioni di performance. In questo
secondo caso la revisione si può definire gestionale.
APPROFONDIMENTO 7.1: Nel definire dimensione organizzativa del controllo di gestione dovrebbe
tenersi conto almeno dei seguenti fattori:
- la natura dei processi economici che in essi si svolgono, al fine di garantire una sufficiente omogeneità in
ogni centro;
- la possibilità di individuare nell’ambito dell’APT figure professionali che possiedano capacità
manageriali coerenti con la posizione organizzativa di responsabili di centro;
- la significatività, rispetto al valore complessivo delle risorse umane, finanziari e materiali assegnabili a
ciascun centro;
- la opportunità di distinguere e classificare i centri di responsabilità in funzione della natura dell’attività
svolta e delle leve decisionali delle quali responsabili di centro dispone;
- la necessità di garantire l’efficace svolgimento del processo di definizione e approvazione dei contenuti
dei documenti di programmazione pianificazione operativa in vista del bisogno di garantire coordinamento
tra centri e rispettivo obiettivi nonché fra gli obiettivi assegnati centri e le “leve gestionali” a disposizione
dei responsabili centro.
L’ambito temporale un carattere fondamentale del controllo; nel caso del controllo di gestione di
riferimento è il breve periodo, circostanza che implica una considerazione importante riguardo alla fase di
programmazione e pianificazione operativa: perché possa effettuarsi efficacemente una controllo-guida sul
raggiungimento degli obiettivi di breve termine, occorre che questi posseggano le caratteristiche elencate:
- Chiarezza: qualità imprescindibile in ogni forma di comunicazione. L’obiettivo deve essere comprensibile
per tutte le persone che lavorano in un singolo centro, a partire da responsabile. Sul
significato dell’obiettivo non possono sussistere fraintendimenti;
- Miserabilità: ogni obiettivo deve essere il rilevabile con riferimento a una specifica unità di misura.
Tradizionalmente, nel budget aziendale gli obiettivi sono espresse in termini monetari. Nelle APTL è
frequente la definizione di obiettivi espressi o rilevabili in unità di misura diverse dal modulo monetario.
La miserabilità il presupposto della controllabilità. Senza misurazione non c’è controllo e, quindi, neanche
l’eventuale azione correttiva. I responsabili di centro devono poter valutare il grado di raggiungimento
dell’obiettivo loro assegnato durante il concreto svolgersi della gestione, cioè in fase concomitante.
La misurabilità non va considerata in senso assoluto, ma deve essere sempre collegata alla possibilità da
parte del responsabile di incidere sulla misura e, quindi, sul risultato attraverso l’utilizzo delle leve gestionali
delle quali dispone;
- Coerenza con gli indirizzi strategici: occorre che l’intera APT si muova in modo coordinato e armonico
verso mete definite al fine di evitare che interessi settoriali di singoli centri finiscano per prevalere sugli
interessi più generali che sono interessi pubblici. È compito degli organi politici definire indirizzi strategici,
programmi e piani pluriennali e garantire che esista coerenza fra questi e i programmi e piani a breve
scadenza. Gli obiettivi operativi devono essere strumentali rispetto al conseguimento degli indirizzi
strategici. I rapporti di causa effetto necessari in un sistema di pianificazione programmazione perfettamente
razionale prevedrebbero che il raggiungimento di tutti gli obiettivi di breve periodo comportino
automaticamente il raggiungimento di quegli di un periodo, circostanza che nella realtà è poco realistica.
- Raggiungibilità: i responsabili dei centri devono disporre effettivamente di leve gestionali coordinate e
coerenti col sistema di autonomia-responsabilità dell’APT, ma sufficienti a raggiungere l’obiettivo.
- Condivisibilità: la condivisione degli obiettivi va intesa nel senso di favorire nella maggiore misura
possibile uno stile partecipativo e negoziale nei centri, fra i centri e fra i responsabili dei centri e i vertici
dirigenziale politico. Lo scopo è agevolare il concorso di numerosi attori e professionalità alla definizione
degli obiettivi. Ciò consente un’elevata autonomia decisionale e valorizzazione delle professionalità
esistenti nell’APT;
- Orientamento all’utenza: I miglioramenti non si devono tradurre necessariamente nuovi servizi.
Iniziative con effetti misurabili volte ad aumentare l’efficienza, introdurre revisioni organizzative,
elevare gli standard qualitativi delle prestazioni offerte, ridurre i tempi di attesa, sono degli esempi validi di
miglioramenti. Ciò è possibile attraverso l’individuazione e l’impiego di indicatori scelti in funzione
del tipo di attività e procedure amministrative svolte nell’unità considerata;
- Armonia con le risorse disponibili: Nella pratica occorre tenere un comportamento ispirato al realismo,
anche in considerazione del fatto che le risorse sono sempre minori rispetto a quelle che sarebbero
necessarie per conseguire tutti gli obiettivi desiderati. Rientra tra i compiti del responsabile del centro
valorizzare, motivare e incentivare nella maggiore misura possibile le risorse umane già disponibili;
- Coerenza con gli obiettivi assegnati altri centri: occorre garantire coerenza fra gli obiettivi assegnati ai
singoli centri al fine di evitare il rischio di danneggiare l’azienda per migliorare i risultati dei singoli centri.
Il mantenimento della suddetta coerenza nella programmazione e pianificazione è attività molto complessa
da realizzarsi a causa del continuo mutare delle condizioni di contesto, con conseguente necessità di una
costante revisione della pianificazione operativa. Poiché le APT sono responsabili del soddisfacimento di
vari e mutevoli bisogni pubblici, il raggiungimento di obiettivi strategici relativi a uno di potrebbe
confliggere con gli altri;
- Connessione meccanismi incentivanti: bisogna individuare e definire dei meccanismi incentivanti, così
che siano percepibili per dirigenti e funzionari le conseguenze del perseguimento del mancato ottenimento
degli obiettivi assegnati. Tali meccanismi non possono attribuire a pioggia la componente variabile della
retribuzione, a prescindere dalla prestazione individuale effettivamente conseguita pena il rischio di generare
un effetto opposto a quello desiderato;
- Rivedibilità: deve essere sempre possibile rivedere gli obiettivi e le connesse dotazioni nel corso dell’anno
qualora ciò si renda necessario come conseguenza dell’analisi degli scostamenti fra obiettivo assegnato e
risultato ottenuto e misurato, oppure in seguito a fatti nuovi, interni e/o esterni all’APT, che impongano una
revisione dei contenuti del bilancio di previsione annuale e/o dei conseguenti documenti gestionali di
programmazione e pianificazione operativa. Ciò implica la necessità che si producano a cadenza periodica
infrannuale, mese per mese o trimestre, ed in modo tempestivo REPORTS sul grado di conseguimento degli
obiettivi sono delle risorse.
Il CDG a un ambito temporale di riferimento di breve andare ed è strettamente dipendente dalla
programmazione e pianificazione di lungo medio e breve periodo.
Prendiamo in considerazione i più significativi documenti di pianificazione operativa delle APT che
costituiscono la base per l’applicazione del CDG. Considereremo, distintamente APTS, APTR APTL.
Nell’APTS, le direttive ministeriali sono gli atti con i quali i ministri assegnano ai vari dirigenti generali
obiettivi, risorse e le risorse correlative responsabilità una volta che il BPFA è stato approvato.
Perle APTR, occorre evidenziare come pur esistendo un assetto normativo comune, dal punto di vista
dell’ordinamento contabile esse mantengono un elevato livello di autonomia. Ne consegue che non è
possibile individuare uno strumento che svolga la medesima funzione per tutte le APTR.
Infine, per le APTL, il documento che funge da perno per la pianificazione operativa e quindi per il CDG, è
il Piano Esecutivo di Gestione (PEG). Il PEG esplicita il legame tra obiettivi di breve andare, dotazioni di
risorse responsabilità gestionali connesse.
APPROFONDIMENTO 7.2: Il PEG è obbligatorio per tutte le APTL con popolazione superiore a 5.000
abitanti. La redazione di questo documento è facoltativa per i comuni con popolazione inferiore a tale
soglia anche se il legislatore ne auspica la redazione anche in forma semplificata. Il PEG è il documento
che permette di declinare in maggiore dettaglio la programmazione operativa. Il documento ha natura
previsionale e finanziaria, contenuto programmatico e contabile e può includere dati di natura
extracontabile. Il PEG non ha una struttura predefinita e obbligatoria, ma deve coprire tutta l’attività
dell’APTL, rappresentando la struttura organizzativa dell’ente per i centri di responsabilità in modo da
potersi attribuire un unico responsabile per ogni obiettivo. Con il PEG dovrebbero essere assegnate ai
responsabili dei centri sia tutte le entrate e le spese previste nel BPF sia le risorse umane, materiali,
tecnologie al fine di conseguire obiettivi specificatamente individuati e opportunamente misurabili del cui
raggiungimento, i medesimi responsabili di centro dovrebbero rispondere. Il PEG quindi è nelle APTL il
documento di pianificazione posto alla base del CdG. La realizzazione della programmazione operativa
dell’APTL mediante il PEG permette di ottenere:
- la distinzione tra attività di indirizzo-controllo spettante agli organi politici e l’attività di gestione
spettante ai dirigenti in quanto strumento per la traduzione dei programmi di spesa in scelte per la gestione
e in responsabilità direzionali;
- il collegamento tra la programmazione finanziaria e la specifica struttura organizzativa dell’APTL;
- la predisposizione di un piano operativo condiviso e di supporto all’attività dei responsabili dei servizi.
Tutti questi documenti hanno un contenuto similare: risultati attesi, obiettivi, risorse finanziarie, ma spesso
anche materiali ed umane, indicatori ovvero metriche per misurare il grado di conseguimento degli obiettivi.
Il Controllo Strategico mira a rilevare i risultati ottenuti rispetto agli obiettivi prefissati, in considerazione
anche degli aspetti economico finanziari, dei tempi di realizzazione delle attività e del grado di
soddisfazione della domanda espressa. L’obiettivo di questa tipologia di controllo interno è dunque la
comprensione dell’adeguatezza dei risultati rispetto alla programmazione strategica, intesa come quella di
medio/lungo periodo. in altri termini, mentre il CdG attiene alle attività svolte dall’APT ed ha quindi una
valenza solo interna, il controllo strategico riguarda attività che raramente sono realizzate per intero dalla
singola APT.
L’organizzazione dei Controlli sulle società partecipate non quotate rientra nell’autonomia organizzativa
degli enti. Per l’attuazione di tale controllo è tuttavia necessario che siano stabiliti gli obiettivi gestionali per
le società partecipate in termini qualitativi e quantitativi e che sia in essere un adeguato sistema informativo
per rilevare i rapporti finanziari, la situazione contabile gestionale ed organizzativa dell’azienda, in contratti
di servizio, la qualità dei servizi erogati ed il rispetto delle norme. Da tale forma di controllo sono escluse le
società partecipate quotate ossia quelle che emettono strumenti finanziari quotati nei mercati regolamentati.
Infine, il Controllo sugli equilibri finanziari è svolto sotto la supervisione del responsabile di servizio con la
collaborazione del Direttore Generale dove presente del Segretario, dei responsabili dei Servizi e dei
Revisori. Trova specifica disciplina nel regolamento contabile dell’ente e nelle norme inerenti il Patto di
Stabilità.
APPROFONDIMENTO 7.3: Gli strumenti di rendicontazione obbligatoria previsti per le APT le diverse
normative non esauriscono le possibilità di comunicazione delle loro performance. Negli ultimi anni recenti
interesse è stato dedicato dalle stesse APT a documenti di ogni rendicontazione dei risultati sociali
ambientali non imposti dalla normativa. L’attenzione per tali profili non è nuova nella teoria e nella pratica
aziendale, avendo trovato applicazione nell’ambito delle aziende private con la denominazione di
responsabilità sociale d’impresa e successivamente si è diffusa in Europa alla fine del 90, si è esteso anche
il settore pubblico. Esistono delle linee di indirizzo ministeriali che riguardano tutte le pubbliche
amministrazioni in procinto di adottare strumenti di rendicontazione sociale e bilancio sociale (BS).
Con tale direttiva si prende atto dello spontaneo diffondersi di pratiche di rendicontazione sociale e si cerca
di mettere ordine in un settore che beneficia e talvolta approfitta della discrezionalità. Secondo la direttiva,
esso devolute le informazioni concernenti i seguenti ambiti:
- valori di riferimento, visione e programma dell’amministrazione;
- politiche servizi resi;
- risorse disponibili e utilizzate.
Secondo la direttiva e sono i presupposti per l’adozione del bilancio sociale tra i quali:
- chiara formulazione dei valori e delle finalità che presiedono all’azione dell’amministrazione pubblica e
l’identificazione dei programmi, piani e progetti in cui si articola;
- l’esistenza di un sistema informativo in grado di supportare efficacemente l’attività di rende contrazione;
- il coinvolgimento interno degli organi di governo e ogni struttura amministrativa;
- il coinvolgimento della comunità nella valutazione degli esiti e nella individuazione degli obiettivi di
miglioramento;
- l’allineamento e l’integrazione degli strumenti di programmazione, controllo, valutazione e
rendicontazione adottati dall’amministrazione.
Le indicazioni ministeriali hanno lo scopo evidente di promuovere una rendicontazione sociale di qualità,
ovvero indirizzare le amministrazioni pubbliche verso la redazione di documenti affidabili, completi e
veritieri, ponendo particolare attenzione al BS perché rappresenta lo strumento più comunemente utilizzato.
Poiché i documenti in oggetto risultano molto più comprensibili anche da parte di un uditorio non esperto,
è necessario evitare il rischio che l’ente produttore delle informazioni elabori scorrettamente le stesse per
distorcere positivamente il giudizio della collettività.
L’art. 60 del decreto prevede che il ministero dell’economia delle finanze possa disporre di visite ispettive,
per la valutazione e la verifica delle spese con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi
nazionali e decentrati.
La verifica ispettiva consiste nell’accertamento della conformità delle attività svolte rispetto alle norme
disciplina. Dove si determinasse la presenza d’irregolarità che hanno cagionato un danno erariale, la
relazione del servizio ispettivo viene consegnata non solo all’ente interessato, ma anche alla competente
Procura della Corte dei Conti per il successivo accertamento delle responsabilità.
Qualora invece non risultano danni erariali, il servizio ispettivo invia all’ente una comunicazione contenenti
i rilievi sollevati, che possono essere posti dall’ente mediante un contraddittorio che ha il fine di stimolare la
riflessione delle APT sulle proprie pratiche tecnico-contabile alla ricerca di miglioramenti. La verifica
termina con la predisposizione di una lettera conclusiva del procedimento ispettivo cura dell’Ispettore capo.
Il secondo ente che partecipa attivamente alle attività di controllo esterno è la Corte Dei Conti, corte
suprema magistratura contabile. Le sue competenze sono duplici: da un lato svolge l’attività di controllo
sugli enti, dall’altro come magistratura contabile costituisce la sede designata per l’eventuale svolgimento di
processi a carico di amministratori pubblici.
Le attività che la Corte svolge ai fini del controllo sulle APT sono:
- controllo preventivo di legittimità sugli atti di governo;
- controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato;
- controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Il destinatario di tale attività sono le camere, le quali sono indirizzate i riscontri del controllo.
Altre funzioni attribuite alla corte la legislazione ordinaria sono:
- controllo copertura finanziaria delle leggi di spesa;
- refertazione speciale (ad esempio sul costo del lavoro pubblico);
- certificazione finanziare dei contratti collettivi di lavoro;
- referti sulla finanza regionale e locale.
Il controllo preventivo di legittimità degli atti del Governo aveva un’estensione abbastanza ampia, che si
è progressivamente ristretto con successivi interventi normativi. Si tratta di un controllo di tipo normativo
che inizia con l’invio dell’atto al competente ufficio della Corte. Nei casi in cui l’atto risulti legittimo, la
Corte lo vista e lo registra e questo acquisisce efficacia giuridica. La Corte invia al governo i rilievi sugli atti
che devono essere modificati secondo le indicazioni proposte. La normativa prevede tuttavia la possibilità
per il governo di rendere comunque efficace la norma cui sussistono interessi pubblici superiori.
Il controllo più contabile di cui la corte responsabile attiene nella forma del cosiddetto giudizio di
parificazione, ma anche più generalmente alla gestione finanziare le diverse tipologie di organismi:
- enti che godono della contribuzione periodica dello Stato;
- enti che si finanziano con imposte, contributi e tasse che sono autorizzati ad imporre;
- enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni, ovvero mediante concessione di
garanzia;
- società derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici in società per azioni, fino a quando
permanga la partecipazione maggioritaria dello Stato o degli altri pubblici poteri al capitale sociale.
Il giudizio di parificazione consiste in una procedura per la quale ciascun ministero, al termine dell’anno
finanziario a obbligo di compilare il conto del bilancio e il conto del patrimonio relativi alla propria
amministrazione e inviarlo alla Ragioneria Generale di Stato, la quale li trasmette alla Corte dei Conti.
Esso è volto a accertare la conformità dei risultati rendiconto alla legge di bilancio. Il controllo della Corte
attesta non solo la legittimità dei comportamenti contabili, ma anche che la gestione sia improntata al
perseguimento dell’efficacia della economicità.
Ulteriore tipologia di attività svolta dalla corte è il Controllo Successivo sulla Gestione. Riguarda la
verifica della legittimità e regolarità delle gestioni, nonché del funzionamento dei sistemi di controllo
interno di ciascuna amministrazione. La corte ha responsabilità non soltanto di verificare ex post se gli atti
compiuti sono legittimi, ma anche se il controllo o interno alle AP sono effettivamente funzionanti.
Esso inoltre riguarda l’accertamento della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi
stabiliti dalla legge valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell’azione
amministrativa. Il controllo viene svolto attribuendo alla corte la possibilità di richiedere all’AP ed agli
organi di controllo interno qualsiasi atto o notizia, nonché di procedere all’ispezione e verifiche. L’esito del
controllo sulla gestione non influisce sull’efficacia dell’atto, visto che si tratta di un controllo successivo,
consiste nella predisposizione di relazioni osservazioni di cui destinatari sono le stesse amministrative
pubbliche territoriali. Tale tipologia di controllo viene definita collaborativa. Gli esiti dei controlli sugli enti
costituiscono poi oggetto di referto al Parlamento ed ai Consigli regionali. Tale tipologia di controllo viene
definita collaborativa. Non si irrogano sanzioni ma si stimolano nelle APT il perseguimento di più elevati
livelli di efficienza ed efficacia. Esso riguarda tutte le APT ed è proprio la sua natura collaborativa che lo
rende armonico con i livelli di autonomia costituzionalmente garantiti.
Infine, la corte riferisce almeno una volta all’anno al Parlamento circa l’andamento generale della finanza
regionale e locale, passando la propria analisi di riscontri effettuati sugli enti da parte delle sezioni locali
della corte stessa.