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"Lo dico qui e ora .

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Cìorgio
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ISBN 978-88-7452-226-2

3,00 Euro 9 ~~~~ij~ . i nottetempo


ISB 978-88-7452-226-2
© 2010 nottetempo srl
Giorgio Agamben
via Zanardelli, 34 - 00186 Roma
www.edizioninottetempo.it
nonetempo@edizioninonetempo.it
Progetto grafico: Studio Cerri Associati
La Chiesa e il Regno
Stampa: Duemme grafica 5.a.5., Roma
Prima edizione maggio 2010

Per il riordino, confezione da 5 pezzi:


ISBN 978-88-7452-227-9

nottetempo
li prescritto di uno dei testi pio antichi della
tradizione ecclesiastica, la Lettera di Clemen-
te ai Corinzi, comincia con queste parole: "La
Chiesa di Dio che soggiorna a Roma alla Chie-
sa di Dio che soggiorna a Corinto". li termine
greco paroikousa, che ho tradotto "che soggior-
na", designa la dimora provvisoria dell'esiliato,
del colono o dello straniero, in opposizione alla
residenza di pieno diritto del cittadino, che si
dice in greco katoikein. Vorrei riprendere que-
sta formula per rivolgermi qui e ora alla Chiesa
di Dio, in soggiorno o in esilio a Parigi. Perché
ho scelto questa formula? Perché il tema della
mia conferenza è il messia, e paroikein, sog-
Una prima versione di questo testo è stata letta dall' autore presso la giornare come uno straniero, è il termine che
Cartedrale di otre-Dame, a Parigi,l'S marzo 2009, in occasione del
ciclo "Conférences de Carèrne 2009". designa la dimora del cristiano nel mondo e la

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sua esperienza del tempo messianico. Si tratta le organizzazione istituzionale e giuridica. Cio
di un termine tecnico, o quasi, poiché Ia Prima significa che essa avrebbe cessato di parozkein,
Iettera di Pietro (1 Pt. 1, 17) definisce il tempo di soggiornare come straniera nel secolo, per
della Chiesa ho chronos tés paroikias, "il tem- cominciare a katozkein, ad abitarvi come citta-
po delia parrocchia" si potrebbe tradurre, se si dina, come qualsiasi altra istituzione mondana.
ricorda che "parrocchia " significa qui ancora Se questo fosse vero, Ia Chies a avrebbe allo-
"soggiorno dello straniero". ra smarrito l'esperienza messianica del tempo
li termine "soggiorno" non implica nulla che Ia definisce e le e consustanziale. li tempo
quanto alia sua durata cronologica. Il soggior- del messia non designa, infatti, una durata cro-
no della Chiesa sulla terra puõ durare - e, di nologica ma, innanzitutto, una trasformazione
farto, e durato - secoli e millenni, senza che qualitativa del tempo vissuto. 10 questo tempo,
questo alteri in nulla Ia natura particolare della qualcosa come un ritardo cronologico, nel sen-
sua esperienza messianica deI tempo. Occor- so in cui si puõ dire che un treno e in ritardo,
re sottolineare con forza questo punto, contro non e nemmeno pensabile. Come l'esperienza
un'opinione che si sente spesso ripetere dai del tempo messianico implica che sia impossi-
teologi, a proposito di un preteso "ritardo del- bile abitarvi stabilmente, alio stesso modo in
Ia parusia". Secondo quest'opinione, che mi e esso non c'ê posto per un ritardo. E quanto
sempre parsa blasfema, quando Ia comunità Paolo ricorda ai Tessalonicesi (1 Tess. 5, 1-2):
delle origini, che aspettava come imminenti il "Del tempo e dei momenti, di questo non oc-
ritorno del messia e Ia fine dei tempi, si rese corre che io vi scriva. li giorno del Signore vie-
conto di avere ache fare con un ritardo di cui ne come un ladro, di norte". "Viene" iercbetaú
non riusciva piú a venire a capo, avrebbe allora e al presente, cosí come il messia e chiamato
mutato il suo orientamento per darsi una stabi- nei Vangeli ho erchomenos, "colui che viene",

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che non cessa di venire. Walter Benjamin, che si contrae e comincia a finire. O, se preferite, il
aveva inteso perfettamente la lezione di Paolo, tempo che resta fra il tempo e la sua fine.
la ripete a suo modo: "Ogni giorno, ogni istan- La tradizione ebraica conosceva la distinzio-
te è la piccola porta da cui entra il messi a ". ne fra due tempi o due mondi: lo olam bazzeb,
cioè il tempo che va dalla creazione del mon-
È della struttura di questo tempo, cioè del do fino alla sua fine, e lo olam babba, il tempo
tempo del messia che Paolo descrive nelle sue che comincia dopo la fine del tempo. Entrambi
lettere, che vorrei parlarvi. Un primo malinteso questi termini sono presenti, nella loro tradu-
da cui occorre guardarsi a questo proposito è zione greca, nel testo delle lettere. Ma il tem-
la confusione del tempo messianico col tempo po messianico, il tempo che l'apostolo vive e il
apocalittico. L'apocalittico si situa nell'ultimo solo che gli interessi, non è né lo olam hazzeb
giorno, nel giorno della collera: egli vede la né lo olam babba, è il tempo che resta fra questi
fine del tempo e descrive quello che vede. li due tempi, quando il tempo viene diviso dalla
tempo che l'apostolo vive non è, invece, la fine cesura dell'evento messianico (che per Paolo è,
del tempo. Se si volesse compendiare in una ovviamente, la resurrezione).
formula la differenza fra il messianico e l'apo-
calittico, si dovrebbe dire, io credo, che il mes- Come dobbiamo concepire questo tempo?
sianico non è la fine del tempo, ma il tempo A prima vista, se lo rappresentiamo geometri-
della fine. Messianica non è la fine del tempo, .. camente come un segmento prelevato su una
ma la relazione di ogni istante, di ogni kairos, linea, la definizione che ho appena dato - il
con la fine del tempo e l'eternità. Ciò che in- tempo che resta fra la resurrezione e la fine del
teressa Paolo non è, dunque, l'ultimo giorno, tempo - non sembra fare difficoltà. Tutto cam-
l'istante in cui il tempo finisce, ma il tempo che bia, però, se proviamo a pensare l'esperienza

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del tempo che esso implica. Poiché è evidente rativo nel quale per la prima volta afferriamo il
che vivere il "tempo che resta", fare esperienza tempo, è il tempo che noi stessi siamo. E que-
del "tempo della fine" non possono significare sto tempo non è un altro teml2o, situato in un
che una trasformazione radicale della rappre- altrove improbabile o futuro. E, al contrario, il
sentazione e dell'esperienza abituale del tem- solo tempo reale, il solo tempo che noi possia-
po. Non si tratta più della linea omogenea e mo avere. Fare esperienza di questo tempo im-
infinita del tempo cronologico (rappresentabi- plica una trasformazione integrale di noi stessi
le, ma vuota di ogni esperienza) né dell'istante e del nostro modo di vivere.
puntuale e impensabile della sua fine. Nemme- È quanto Paolo afferma in un passo stra-
no possiamo pensarlo come quel segmento del ordinario, che è forse la più bella definizione
tempo cronologico che va dalla resurrezione della vita messianica (1 Coro 7, 29-31): "Que-
alla fine del tempo. Si tratta, piuttosto, di un sto vi dico, fratelli, il tempo si è contratto [ho
tempo che cresce e urge dentro il tempo cro- kairos synestalmenos esti - il verbo systellein
nologico e lo lavora e trasforma dall'interno. indica tanto 1'atto di imbrogliare le vele che il
È, da una parte, il tempo che il tempo ci mette raccogliersi di un animale su se stesso prima di
per finire, ma, dall' altra, il tempo che ci resta, il saltare]; il resto è che gli aventi moglie come
tempo di cui abbiamo bisogno per far finire il non [hOs me] aventi siano, e i piangenti come
tempo, per venire a capo della rappresentazio- non piangenti e gli aventi gioia come non aven-
ne abituale del tempo e liberarci da essa. Men- ti gioia e i compranti come non possedenti e gli
tre questa, in quanto tempo in cui crediamo di usanti il mondo come non abusanti".
essere, ci separa da ciò che siamo e ci trasforma Poche righe prima, Paolo aveva detto a pro-
in spettatori impotenti di noi stessi, il tempo posito della chiamata messianica iklèsis), "Che
del messia, al contrario, in quanto tempo ope- ciascuno rimanga nella chiamata in cui è stato

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chiamato. Sei stato chiam ato schiavo? Non pre- umana e sociale di ogni giorno. Come il tempo
occupartene. Anche se puoi diventare libero, messianico non e un altro tempo, ma un'intima
piuttosto fanne uso". L'bõs me, il "come non", trasformazione del tempo cronologico, cosi vi-
significa che il senso ultimo della vocazione vere le cose ultime significa innanzitutto vivere
messianica e di essere Ia revocazione di ogni vo- altrimenti le cose penultime. L'escatologia non
cazione. Proprio come il tempo messianico tra- e, in questo senso, altro che una trasformazio-
sforma dall'interno il tempo cronologico senza ne dell'esperienza delle cose penultime. E in
semplicemente abolirIo, cosÍ Ia vocazione mes- quanto Ie realtà ultime hanno luogo innanzi-
sianica, grazie all' hõs me, aI "come non", revoca tutto nelle penultime, queste - contro ogni ra-
ogni vocazione, svuota e tramuta dall'interno dicalismo - non possono essere impunemente
ogni esperienza e ogni condizione fattizia per negate; e tuttavia - per Ia stessa ragione e con-
aprirIe a un nuovo uso ("piuttosto fanne uso"). tro ogni tentazione di compromesso - Ie cose
penultime non possono essere in alcun caso
La questione e importante, perché ci per- invocate contro le ultime. Per questo Paolo
mette di pensare correttamente quella relazio- esprime Ia relazione messianica fra ciõ che e ul-
ne fra le cose ultime e Ie cose penultime che timo e cio che non 10 e coI verbo katargein, che
definisce Ia condizione messianica. Puõ un non significa" distruggere", ma "rendere ino-
cristiano vivere unicamente delle cose ultime? perante". La realtà ultima disattiva, sospende
Dietrich Bonhoeffer ha denunciato Ia falsa al- e trasforma Ie realtà penultime - e, tuttavia, e
ternativa fra radicalismo e compromesso, che proprio e innanzitutto in queste che essa testi-
consiste in entrambi i casi nel separare drasti- monia e si mette aIla prova.
camente le realtà ultime daIle penultime, cioê / Questo permette di comprendere Ia situazio-
da quelle che definiscono Ia nostra condizione ne del Regno secondo Paolo. Contro Ia rappre-

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sentazione corrente dell'escatologia, occorre ri- giorna a Parigi. L'evocazione delle cose ultime
cordare che il tempo del messia non può essere, sembra a tal punto scomparsa dalle parole del-
per lui, un tempo futuro. L'espressione con la la Chiesa, che si è potuto affermare non sen-
quale egli si riferisce a questo tempo è sempre za ironia che la Chiesa di Roma ha chiuso il
ho nyn kairos, "il tempo di ora". Come scrive in suo sportello escatologico. Ed è con un'ironia
2 Coro 6,2: "ldou nyn, ecco ora il momento da ancora più amara che un teologo francese ha
cogliere, ecco il giorno della salvezza". Paroikia potuto scrivere: "Cristo annunciava il Regno,
e parousia, soggiorno come straniero e presen- ed è venuta la Chiesa". È una constatazione in-
za del messia, hanno la stessa struttura, che quietante, su cui vi invito a riflettere.
si esprime in greco attraverso la preposizione Dopo quanto vi ho detto sulla struttura del
para: una presenza che dis-tende il tempo, un tempo messianico, è chiaro che non si tratta
già che è anche un non ancora, una dilazione qui di rimproverare alla Chiesa, in nome del
che non è un rimandare a più tardi, ma uno radicalismo, il suo compromesso col mon-
scarto e una sconnessione interna al presente, do. E nemmeno si tratta, secondo il gesto del
che ci permette di afferrare il tempo. più grande teologo ortodosso del XIX secolo,
L'esperienza di questo tempo non è, dun- Fédor Dostoevskij, di presentare la Chiesa di
que, qualcosa che la Chiesa potrebbe scegliere Roma nella figura del Grande Inquisitore.
di fare o di non fare. N on vi è Chiesa se non in Si tratta, piuttosto, della capacità della Chiesa
questo tempo e attraverso questo tempo. di leggere quelli che Matteo (Mt. 16,3) chiama
"i segni dei tempi", ta semeia ton hairon. Che
Che ne è di questa esperienza nella Chiesa cosa sono questi "segni", che l'apostolo oppo-
oggi? È questa la domanda che sono venuto a ne al vano desiderio di conoscere gli aspetti
porre qui e ora alla Chiesa di Cristo che sog- del cielo? Se la storia è penultima rispetto al

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Regno, questo - 1'abbiamo visto - ha, però, il tuirsi e sopravvivere solo se queste due polarità
suo luogo innanzitutto in essa. Vivere il tempo sono compresenti e se una tensione e una rela-
del messia esige allora la capacità di leggere i zione dialettica permangono fra di esse.
segni della sua presenza nella storia, di ricono-
scere nel suo corso la segnatura dell'economia È proprio questa tensione che sembra oggi
della salvezza. Agli occhi dei Padri - ma anche esaurita. Man mano che la percezione dell'eco-
di quei filosofi che hanno riflettuto sulla filo- nomia della salvezza nel tempo storico s'inde-
sofia della storia, che è e rimane (persino in bolisce e cancella, 1'economia estende il suo
Marx) una disciplina essenzialmente cristiana- cieco, irrisorio dominio su tutti gli aspetti della
la storia si presenta come un campo di tensioni vita sociale. L'esigenza escatologica, abbando-
percorso da due forze opposte: la prima - che nata dalla Chiesa, ritorna in forma secolarizza-
Paolo, in un celebre quanto enigmatico passo ta e parodica nei saperi profani, che, riscopren-
della Seconda lettera ai Tessalonicesi, chiama do il gesto obsoleto del profeta, annunciano in
to catechon - trattiene e incessantemente diffe- ogni ambito catastrofi irreversibili. Lo stato di
risce la fine lungo il corso lineare e omogeneo crisi e di eccezione permanente che i governi
del tempo cronologico; la seconda, mettendo del mondo proclamano in ogni luogo non è che
in tensione origine e fine, continuamente inter- la parodia secolarizzata dell' aggiornamento in-
rompe e compie il tempo. Chiamiamo Legge o cessante del Giudizio Universale nella storia
Stato la prima, votata all'economia, cioè al go- della Chiesa. All'eclissi dell'esperienza messia-
verno infinito del mondo; e chiamiamo messia nica del compimento della legge e del tempo fa
o Chiesa la seconda, la cui economia, in quanto riscontro un'inaudita ipertrofia del diritto, che,
economia della salvezza, è, invece, costitutiva- pretendendo di legiferare su tutto, tradisce at-
mente finita. Una comunità umana può costi- traverso un eccesso di legalità la perdita di ogni

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legittimità. Lo dico qui e ora misurando le mie del tempo, è questa: la Chiesa si deciderà final-
parole: oggi non vi è sulla terra alcun potere mente a cogliere la sua occasione storica e a ri-
legittimo e i potenti del mondo sono essi stessi trovare la sua vocazione messianica? Il rischio,
convinti di illegittimità. La giuridificazione e altrimenti, è che sia trascinata nella rovina che
l'economizzazione integrale dei rapporti uma- minaccia tutti i governi e tutte le istituzioni del-
ni, la confusione fra ciò che possiamo credere, la terra.
sperare e amare e ciò che siamo obbligati a fare
o a non fare, a dire o a non dire segnano non sol-
tanto la crisi del diritto e degli stati, ma anche e
soprattutto quella della Chiesa. Poiché la Chie-
sa può vivere come istituzione soltanto mante-
nendosi in relazione immediata con la propria
fine. E - è bene non dimenticarlo - secondo la
teologia cristiana vi è una sola istituzione legale
che non conosce interruzione né fine: l'inferno.
Il modello della politica odierna, che pretende
a una economia infinita del mondo, è, dunque,
propriamente infernale. E se la Chiesa recide la
sua relazione originale con la paroikia, essa non
potrà che perdersi nel tempo.
Per questo, la domanda che sono venuto qui
a porvi, senza avere, per farlo, altra autorità
se non un'ostinata abitudine a leggere i segni

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