1/7 febbraio 2019 n. 1292 • anno 26 internazionale.

it 4,00 €
Ogni settimana Dave Eggers Tecnologia Afghanistan
il meglio dei giornali L’ultimo Il codice Cauto
di tutto il mondo rifugio Frankenstein ottimismo

Nicolás Maduro
presidente del Venezuela
dal 19 aprile 2013

Venezuela
Un paese
due presidenti
Il leader dell’opposizione Juan Guaidó si è proclamato
presidente al posto di Maduro con
il sostegno degli Stati Uniti. Una decisione che rischia
di destabilizzare tutta la regione

Juan Guaidó
autoproclamato presidente
del Venezuela
dal 23 gennaio 2019
D
ART
SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL
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DCB VR • AUT
• CH CHF • CH CT
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•E
1/7 febbraio 2019 • Numero 1292 • Anno 26
“È il momento di mobilitarci”.

Sommario GeorGe Monbiot a paGina 98

La settimana in copertina
1/7 febbraio 2019 n. 1292 • anno 26 internazionale.it 4,00 €
Ogni settimana Dave Eggers Tecnologia Afghanistan
il meglio dei giornali L’ultimo Il codice Cauto
di tutto il mondo rifugio Frankenstein ottimismo

Un paese e due presidenti

diferenza Venezuela
Nicolás Maduro
presidente del Venezuela
dal 19 aprile 2013
Il leader dell’opposizione Juan Guaidó si è proclamato presidente
del Venezuela al posto di Maduro, con il sostegno degli Stati Uniti.
Un paese
due presidenti
Il leader dell’opposizione Juan Guaidó si è proclamato
presidente al posto di Maduro con
il sostegno degli Stati Uniti. Una decisione che rischia
di destabilizzare tutta la regione
Rischiando di far precipitare la situazione (p. 16).
Juan Guaidó
autoproclamato presidente
del Venezuela
dal 23 gennaio 2019 Elaborazione graica da due immagini di Carlos Barria (Reuters/
Contrasto) e Venezuela’s Presidency/Xinhua/Eyevine/Contrasto
Giovanni De Mauro
Alexandria Ocasio-Cortez è diventata la attuaLità ritratti cultura
più giovane deputata del congresso 24 Cauto ottimismo 72 Salomé
84 Cinema, libri,
statunitense solo tre settimane fa, ma è già in Afghanistan Zourabichvili.
musica, arte
riuscita a far riprendere ai democratici il The New York Times La preferita
controllo del dibattito pubblico, Tygodnik
africa e Medio Powszechny Le opinioni
spostandolo a sinistra. Ventinove anni, oriente
nata e cresciuta nel Bronx, dove ino 28 Le elezioni viaGGi
12 Domenico Starnone
all’anno scorso lavorava come cameriera in in Nigeria 76 L’onda 36 Jill Abramson
un bar, Ocasio-Cortez è iglia di genitori di sono una partita per tutti 38 Amira Hass
origini portoricane (il padre era architetto, aperta De Volkskrant 86 Gofredo Foi
la madre ha lavorato come donna delle Jeune Afrique 88 Giuliano Milani
pulizie). È una militante dei Dsa, i Graphic 90 Pier Andrea Canei
Democratic socialists of America, europa journaLisM
l’organizzazione di sinistra vicina al Partito 30 In ordine sparso 80 Cartoline
verso la Brexit da Parigi Le rubriche
democratico che ha sostenuto Bernie
Sanders. Su Twitter, in tv, in piazza, New Statesman Hugues Micol 12 Posta
Ocasio-Cortez dice cose molto semplici 15 Editoriali
visti daGLi aLtri arte
che stanno spiazzando tutti – compresi 104 Strisce
32 Abbandonati 82 Perversioni
tanti democratici – per la loro apparente 105 L’oroscopo
in strada senza totalitarie
radicalità. Sulle tasse, per esempio, ha 106 L’ultima
un’alternativa L’Express
proposto un’aliquota marginale del 70 per
Die Welt
cento per chi guadagna più di dieci milioni
34 Il governo pop
di dollari (oggi negli Stati Uniti l’aliquota
è spaccato 94 Essere Articoli in formato
massima è del 37 per cento). Che non una reporter mp3 per gli abbonati
sull’ambiente
signiica far pagare il 70 per cento di tasse a in guerra
Politico
chi è più ricco, ma una cosa ben diversa. Janine di Giovanni
Vuol dire che se una persona guadagna stati uniti
dieci milioni di dollari all’anno, ogni 40 L’ultimo scienza
dollaro in più viene tassato del 70 per rifugio 98 Bambini,
cento, mentre per i primi dieci milioni le The New Yorker non respirate
aliquote restano più basse. Gli statunitensi The Guardian
approvano questa proposta: il 59 per cento pakistan
degli intervistati, tra cui il 45 per cento dei 48 Agenti speciali econoMia
e Lavoro
repubblicani, è d’accordo. Sul New York Guernica
102 In ila
Times, l’economista Paul Krugman spiega per restare
tecnoLoGia
perché è un’idea sensata: “Lascia mille incinta
54 Il codice
dollari a una famiglia con un reddito di Caixin
Frankenstein
20mila dollari all’anno, e farai una grande
The Guardian
internazionale.it/sommario

diferenza per le loro vite. Lasciali a un tizio

che già guadagna un milione di dollari, e società
neppure se ne accorgerà”. C’è anche da 62 A caccia
notare che negli Stati Uniti tra gli anni di tendenze
trenta e settanta l’aliquota massima era in Die Zeit
media proprio del 70 per cento, con punte
del 95 in periodi di crescita economica. portfoLio
Ocasio-Cortez la settimana scorsa ha 66 Attimi di magia Internazionale pubblica in
parlato di tasse. Ma la sua agenda è itta, Shin Noguchi esclusiva per l’Italia gli articoli
e questo sembra solo l’inizio. u dell’Economist.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 5

Immagini
L’arrivo
Deir Ezzor, Siria
26 gennaio 2019

Dopo aver attraversato il deserto nel

cassone di un camion, un gruppo di sfol-
lati dal villaggio di Baghouz arriva nella
provincia di Deir Ezzor, una zona con-
trollata dalle Forze democratiche siria-
ne (Fds), un’alleanza di milizie curde e
arabe. Secondo l’Osservatorio siriano
per i diritti umani, dall’inizio di dicem-
bre 32mila persone sono fuggite dai
combattimenti tra le Fds e il gruppo Sta-
to islamico (Is) nell’est della Siria. I com-
battenti arabocurdi a settembre hanno
lanciato, con il sostegno della coalizione
guidata dagli Stati Uniti, l’ofensiva con-
tro l’ultima zona della Siria controllata
dai jihadisti. L’Is ormai è arroccato in un
territorio di quattro chilometri quadrati
nell’est del paese. Foto di Delil Souleiman
(Afp/Getty Images)
Immagini
Cerimonia in bianco
Kinshasa, Rdc
24 gennaio 2019

Sostenitori di Félix Tshisekedi assistono

alla cerimonia d’insediamento del nuo-
vo capo dello stato. Il 24 gennaio Tshi-
sekedi ha prestato giuramento come
presidente della Repubblica Democra-
tica del Congo, realizzando il primo pas-
saggio di poteri paciico nella storia del
paese. Molti suoi sostenitori indossava-
no vestiti bianchi per simboleggiare il
cambiamento. Il presidente uscente Jo-
seph Kabila continuerà comunque a
esercitare una forte inluenza sulla poli-
tica del paese, visto che la sua coalizione
ha la maggioranza in parlamento. Foto
di John Wessels (Afp/Getty Images)
Immagini
Sommersi
Brumadinho, Brasile
27 gennaio 2019

Soccorritori alla ricerca di superstiti nel-

lo stato sudorientale di Minas Gerais,
dopo la rottura di una diga che contene-
va il materiale di scarto di una miniera
di ferro. L’incidente ha provocato più di
ottanta vittime e quasi trecento dispersi.
La diga apparteneva all’azienda mine-
raria Vale, responsabile di un altro grave
disastro ambientale avvenuto nel 2015 a
Mariana, sempre nello stato di Minas
Gerais. Il 29 gennaio la polizia ha arre-
stato tre impiegati dell’azienda e due
ingegneri che avevano certiicato la sta-
bilità della struttura. Foto di Douglas Ma-
gno (Afp/Getty Images)
Posta@internazionale.it
Vulnerabili e contenti
u Ho trovato molto interessan-
te l’articolo sulla vulnerabilità
(Internazionale 1291). Credo
meriti particolare rilievo la
conclusione rivolta alle vittime
dell’inadeguatezza e del man-
cato riconoscimento sociale.
Secondo l’autrice la “teoria
dell’orchidea” ofre a queste
persone una speranza, perché
mostra come la situazione di
disagio non sia riconducibile a
una forma di debolezza ma a
una somma di caratteristiche
positive: marcata attitudine ri-
cettiva, sensibilità aumentata,
predisposizione genetica a es-
sere plasmati dal contesto.
Non credo che un invito a tale
consapevolezza ofra una spe-
ranza a chi si riconosce in que-
ste vere e proprie patologie so-
ciali, anzi, vedo riproposta in
altre vesti la richiesta di aderire
a un modello che è irrealizzabi-
le per le identità più fragili. In
un sistema che predilige perso-
nalità capaci di adattarsi alle
circostanze, lessibili, resilienti
e permeabili alle fonti di stress,
questa teoria fornisce però
strumenti utili a rilettere sulla
Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli
Valori universali
Il mio compagno è musul-
mano e io sono cristiana.
Ci chiediamo spesso,
nell’attesa del nostro bam-
bino, a quale rito dovrem-
mo iniziarlo e a quale età
dovremmo parlargliene.
Aiuto! –Federica
Cominciamo dalla seconda
domanda: se siete entrambi
praticanti, vostro iglio si ac-
corgerà presto delle abitudini
legate alle vostre religioni.
Che veda te uscire per andare
a messa o suo padre chinato
sul tappeto da preghiera, per
lui la pratica religiosa sarà una
vostra abitudine quotidiana
12 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
possibilità e sugli esiti patolo-
gici di queste caratteristiche.
Simone Turconi
Amazon distrugge
u Mi ha colpito molto la noti-
zia sulla distruzione in Francia
dei prodotti non venduti di
Amazon (Internazionale
1290). Faccio parte di un grup-
po di acquisto e uno dei nostri
scopi è sensibilizzare le perso-
ne sugli sprechi e sui danni del-
la plastica. In questo caso non
solo vengono distrutti prodotti
confezionati integri, ma mi
chiedo se siano buttati senza
neanche separarne i compo-
nenti (carta, plastica, eccete-
ra), visto che la Francia ha una
normativa che prevede la dife-
renziazione.
Vittoria
Messaggi vocali
u Mi ha stupito molto leggere
l’articolo del Guardian sui
messaggi vocali (Internaziona-
le 1287). Mi aspettavo un pezzo
ironico sull’uso spropositato
che ne facciamo, invece ven-
gono presentati quasi come
come tante. Crescendo vi
chiederà qualcosa al riguardo
e voi gli spiegherete cosa si-
gniica essere religiosi e quan-
ti modi diversi esistono per
esserlo. Se poi farete come ho
fatto io, aggiungerete che la
religione appartiene alla sfera
personale degli adulti e che
lui sceglierà se e quale fede
seguire solo quando sarà più
grande. E così ho risposto an-
che alla prima domanda: non
dovete iniziarlo a nessuna re-
ligione, perché la spiritualità,
un po’ come la sessualità, non
è una questione che i bambini
sono in grado di gestire. Pos-
sono emulare in modo passi-
una novità o uno strumento
particolare. L’autore aferma
che i messaggi vocali non pos-
sono essere interrotti o man-
dati indietro, cosa che invece si
può fare. Alcuni lati positivi co-
me la comodità, la maggiore
chiarezza, la possibilità di af-
frontare argomenti diicili con
più facilità non sono citati, e i
lati negativi sono solo siora-
ti. Ho 23 anni e i messaggi vo-
cali sono una cosa normale e
molto comoda per me. Eviden-
temente l’autore non ha igli e
non frequenta nessuno che ab-
bia meno di 35 anni.
Anna Cellamare
Errata corrige
u Su Internazionale 1290 nella
cartina a pagina 90 il territorio
indicato come Finlandia è la
Russia.
Errori da segnalare?
correzioni@internazionale.it
PER CONTATTARE LA REDAZIONE
Telefono 06 441 7301
Fax 06 4425 2718
Posta via Volturno 58, 00185 Roma
Email posta@internazionale.it
Web internazionale.it
vo usanze e convinzioni reli-
giose – magari passare un’ora
a settimana ad annoiarsi in
chiesa, come succedeva a me
– ma avere fede è un’altra co-
sa. In ogni caso avere due reli-
gioni in casa sarà fonte di ric-
chezza emotiva: vostro iglio
imparerà in da piccolo che, a
prescindere da quale culto
pratichi ognuno di noi, esisto-
no valori universali di umani-
tà e amore che accomunano
tutti gli esseri umani e su cui
si può costruire una famiglia
e, perché no, anche un’intera
nazione.
daddy@internazionale.it
Parole
Domenico Starnone
Fantascienza
discreta
u L’immaginazione del futuro
si sta dando una regolata? La
serie The irst, che racconta di
uomini e donne pronti ad an-
dare per la prima volta su Mar-
te, ci mostra come sarà la vita
quotidiana sulla Terra tra una
dozzina d’anni. Tecnologia
avanzatissima, certo. Ma per il
resto tutto procede come oggi:
normali ambienti domestici, la
vita quotidiana nelle metropoli
come la conosciamo, la casset-
ta degli attrezzi per aggiustare
sia lo scarico del lavandino, sia
le soisticatissime apparec-
chiature per i voli spaziali. Sia-
mo insomma lontani non solo
dallo sfrenato 2001 di Kubrick,
ma anche dal 2019 di Ridley
Scott. Al Ces, la iera dell’elet-
tronica di consumo di Las Ve-
gas, la Hyundai ha pubbliciz-
zato una macchina che cam-
mina come quelle di Guerre
stellari: c’è più fantascienza al
Ces che in The irst. Questa
cautela nell’inventare il futuro
è interessante. Forse ci sta pas-
sando la voglia di preigurare
mutamenti epocali, ora che i
mutamenti epocali sono quoti-
diani e ci meravigliano sempre
meno. Forse non ci attrae più
prevedere catastroi indotte
dalla superbia della scienza e
delle sue applicazioni tecni-
che, ora che le catastroi sem-
brano dietro l’angolo. La fanta-
scienza di The irst – come per
altri aspetti quella di Black mir-
ror – resta nei dintorni del no-
stro oggi, che è già abbastanza
fantascientiico. L’invenzione
straordinaria, l’accadimento
stupefacente, cede il passo
all’avventura dell’ordinario.
Editoriali

Una soluzione per il Venezuela

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante se ne sognano nella vostra ilosoia”
William Shakespeare, Amleto
Direttore Giovanni De Mauro Le Monde, Francia
Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,
Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Dal 24 gennaio il Venezuela si sveglia ogni matti- di fronte a una situazione economica catastroica
Cassandro (cultura), Carlo Ciurlo (viaggi, visti
dagli altri), Gabriele Crescente (Europa), Camilla na con due presidenti. Da un lato c’è Nicolás Ma- e all’esodo di milioni di venezuelani, il regime
Desideri (America Latina), Simon Dunaway
(attualità), Francesca Gnetti (Medio Oriente), duro, rieletto a maggio del 2018 con un voto boi- regge solo perché ha il controllo del sistema giu-
Alessandro Lubello (economia), Alessio
Marchionna (Stati Uniti), Andrea Pipino cottato dall’opposizione e dichiarato illegittimo diziario e l’appoggio dell’esercito, almeno inora.
(Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao
(Asia e Paciico), Piero Zardo (cultura, da una parte della comunità internazionale. Nessuno dubita che il colpo di mano di Guaidó
caposervizio)
Copy editor Giovanna Chioini (web, Dall’altro c’è Juan Guaidó, 36 anni, presidente del abbia avuto l’assenso di Washington, il che getta
caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco
Romano (coordinamento, caporedattore),
Giulia Zoli
parlamento, che si è proclamato capo di stato ad un’ombra sulla vicenda e riporta alla mente brut-
Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa
Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web)
interim ed è stato riconosciuto dagli Stati Uniti, ti ricordi dell’interventismo statunitense in Ame-
Impaginazione Pasquale Cavorsi (caposervizio),
Marta Russo
dal Canada e da vari paesi dell’America Latina. rica Latina. Ci sono stati contatti tra l’esercito
Web Annalisa Camilli, Andrea Fiorito, Stefania
Mascetti (caposervizio), Martina Recchiuti
Il 10 gennaio Maduro ha cominciato un nuovo venezuelano e i governi stranieri per giungere a
(caposervizio), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa
Internazionale a Ferrara Luisa Cifolilli,
mandato. Cinque giorni prima Guaidó era stato una transizione paciica. Il parlamento ha oferto
Alberto Emiletti
Segreteria Teresa Censini, Monica Paolucci, designato presidente del parlamento, carica rico- un’amnistia ai militari per convincerli ad abban-
Angelo Sellitto Correzione di bozze Sara
Esposito, Lulli Bertini Traduzioni I traduttori perta a turno dai partiti dell’opposizione che dal donare Maduro, ampliicando le fratture emerse
sono indicati dalla sigla alla ine degli articoli.
Marina Astrologo, Giuseppina Cavallo, Stefania 2015 detengono la maggioranza. Pochi però cre- nelle caserme.
De Franco, Andrea De Ritis, Federico Ferrone,
Federica Giardini, Susanna Karasz, Stefano dono che il regime cadrà presto: nel 2017 quattro Anche se Maduro si comporta da dittatore e
Musilli, Giusy Muzzopappa, Claudia Palermo,
Dario Prola, Francesca Rossetti, Fabrizio Saulini, mesi di manifestazioni, costate la vita a 125 perso- mantiene il potere con la forza, non si risponde a
Andrea Sparacino, Francesca Spinelli, Bruna
Tortorella, Nicola Vincenzoni Disegni Anna ne, non erano serviti a niente. La cosa degna di un colpo di stato con un altro colpo di stato. La
Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott
Menchin Progetto graico Mark Porter Hanno nota è che Guaidó è ancora in libertà. Per alcuni è comunità internazionale deve imporre delle ele-
collaborato Gian Paolo Accardo, Cecilia
Attanasio Ghezzi, Gabriele Battaglia, Francesco la prova che il potere non vuole farne un martire o zioni libere ainché il paese ritrovi la via della
Boille, Catherine Cornet, Sergio Fant, Andrea
Ferrario, Antonio Frate, Anita Joshi, Fabio non si sente abbastanza forte da attaccarlo. So- democrazia e si dia un presidente dalla legittimità
Pusterla, Alberto Riva, Andreana Saint Amour,
Francesca Spinelli, Laura Tonon, Lorenzo stenuto al massimo dal 20 per cento dei cittadini, incontestabile. u gim
Trombetta, Guido Vitiello, Marco Zappa
Editore Internazionale spa
Consiglio di amministrazione Brunetto Tini
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot
(vicepresidente), Alessandro Spaventa
(amministratore delegato), Giancarlo Abete,
Emanuele Bevilacqua, Giovanni De Mauro,

Le persone non sono numeri

Giovanni Lo Storto
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Produzione e difusione Francisco Vilalta
Amministrazione Tommasa Palumbo,
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redazione è disponibile sotto la licenza Creative
Commons Attribuzione - Non commerciale - l’enorme sproporzione tra l’attenzione riservata farsi carico di 47 persone. Il dato fa ancora più im-
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Signiica che può essere riprodotto a patto di da giornalisti e politici al caso della SeaWatch 3, la pressione se si pensa che nel 2002, quando in Ita-
citare Internazionale, di non usarlo per ini
commerciali e di condividerlo con la stessa nave bloccata per giorni a un miglio da Siracusa, lia fu approvata la legge Bossi-Fini, un governo di
licenza. Per questioni di diritti non possiamo
applicare questa licenza agli articoli che e il numero di persone al centro dell’impasse di- centrodestra concesse il permesso di soggiorno a
compriamo dai giornali stranieri.
Info: posta@internazionale.it plomatica tra i paesi europei. quasi 700mila persone, tutti migranti economici,
Le persone non sono numeri. A bordo della regolarizzando la loro posizione e consentendogli
Registrazione tribunale di Roma SeaWatch 3 c’era un uomo di 26 anni, Doro, che in di vivere e lavorare in Italia.
n. 433 del 4 ottobre 1993
Direttore responsabile Giovanni De Mauro Libia è stato torturato, ha perso un occhio e diver- Quarantasette persone non sono solo un nu-
Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì
30 gennaio 2019 si denti ed è stato sigurato con dei tagli profondi mero, ma un simbolo. Usare quelle persone come
Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832
Pubblicazione online ISSN 2499-1600 sul volto e sull’addome, mentre i traicanti cerca- ostaggi, accontentarsi di una soluzione che dura
PER ABBONARSI E PER vano di estorcere denaro alla famiglia rimasta in solo ino alla prossima emergenza, signiica de-
INFORMAZIONI SUL PROPRIO
ABBONAMENTO Gambia, collegata in diretta telefonica con la cretare la ine del progetto europeo. Ricollocare
Numero verde 800 111 103
(lun-ven 9.00-19.00), stanza delle torture. Doro avrebbe voluto tornare 47 persone non vuol dire trovare una soluzione
dall’estero +39 02 8689 6172
Fax 030 777 23 87 a casa, ma al momento non c’è nessun canale che strutturale all’arrivo dei migranti dal Nordafrica.
Email abbonamenti@internazionale.it
Online internazionale.it/abbonati permetta ai migranti nelle mani dei traicanti di Una strada avrebbe potuto essere la riforma del
LO SHOP DI INTERNAZIONALE tornare indietro, e nessuna possibilità di chiedere regolamento di Dublino, boicottata al parlamen-
Numero verde 800 321 717
(lun-ven 9.00-18.00)
un visto anche solo turistico o di studio alle amba- to europeo da Lega e Movimento 5 stelle. Una
Online shop.internazionale.it
Fax 06 442 52718
sciate dei paesi europei in Gambia. vecchia teoria politica dice che più i dibattiti si
Imbustato in Mater-Bi
Le persone non sono numeri, ma in questo svolgono in televisione, invece che in parlamento
caso non si può fare a meno di pensare che in Eu- e nelle sedi diplomatiche, più diventa diicile tro-
ropa vivono più di cinquecento milioni di persone vare risposte eicaci. In gioco, anche questa vol-
e che solo tre anni fa, nel settembre del 2015, i 28 ta, non c’è tanto la politica migratoria del nostro
stati dell’Unione avevano accettato un sistema di paese, né solo la sorte di esseri umani, ma il futu-
quote obbligatorie per il ricollocamento di 160mi- ro stesso dell’Unione europea. u

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 15

In copertina
Un paese e due
Jon Lee Anderson, The New Yorker, Stati Uniti
Il leader dell’opposizione Juan Guaidó si è
proclamato presidente del Venezuela al posto
di Maduro, con il sostegno degli Stati Uniti.
Rischiando di far precipitare la situazione
lla fine del 2017, dopo il
A giro di vite per mettere i­
ne a mesi di disordini che
erano costati la vita a più
di 120 manifestanti, il pre­
sidente del Venezuela Ni­
colás Maduro mi disse che sarebbe stato
felice se ci fosse stata un’opposizione poli­
tica accettabile. Ma era dispiaciuto per
quella che deiniva l’illegittimità dell’oppo­
sizione presente in parlamento, un organi­
smo indisciplinato che Maduro aveva cer­
cato di superare convocando l’elezione di
Da sapere
Crisi diplomatica
10 gennaio 2019 Nicolás Maduro comincia il
suo secondo mandato presidenziale. Per molti
osservatori internazionali e per l’opposizione
venezuelana, le elezioni che a maggio 2018
hanno dato la vittoria a Maduro sono state
irregolari.
23 gennaio Il presidente del parlamento e lea­
der dell’opposizione Juan Guaidó si proclama
presidente ad interim del Venezuela. Viene ri­
conosciuto dagli Stati Uniti, dal Canada e dalla
maggior parte dei paesi latinoamericani, con
l’eccezione del Messico, della Bolivia, di Cuba e
del Nicaragua. Cina, Russia, Turchia e Iran si
schierano con il governo di Maduro.
28 gennaio Washington impone pesanti san­
zioni all’azienda petrolifera statale Petróleos de
Venezuela (Pdvsa). Secondo gli Stati Uniti, le
sanzioni servono a evitare che il governo di Ma­
duro sottragga fondi all’azienda.
29 gennaio Il tribunale supremo di giustizia
del Venezuela stabilisce che Guaidó non può la­
sciare il paese e ordina il blocco dei suoi conti
bancari. Bbc, Reuters
16 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
una nuova assemblea costituente. Questa
era diventata così la massima autorità legi­
slativa del paese. “L’opposizione ha un gra­
ve problema, non ha nessun leader e tutte
le decisioni vengono prese a Washington”,
mi disse Maduro. “Vogliono mandarmi via,
ma se lascio questo posto, chi ci metteran­
no? Chi diventerà presidente?”.
Per ora, almeno a livello simbolico,
sembra che l’amministrazione statuniten­
se di Donald Trump abbia risolto il proble­
ma. Il 23 gennaio la Casa Bianca ha ricono­
sciuto Juan Guaidó, il nuovo capo del par­
lamento controllato dall’opposizione, co­
me presidente legittimo del Venezuela.
Sono seguite dichiarazioni simili da parte
del Canada e di vari paesi latinoamericani,
tra cui Argentina, Colombia, Ecuador, Bra­
sile, Cile e Perù. Invece il governo messica­
no, guidato dal presidente di centrosinistra
Andrés Manuel López Obrador, ha ribadi­
to in un comunicato che il presidente legit­
timo del Venezuela è Maduro.
FEDERICO PARRA (AFP/GETTy IMAGES)
Segnali di dissenso
Guaidó, un ingegnere di 35 anni che si è
specializzato alla George Washington uni­
versity, siede in parlamento dal 2015, ma è
rimasto sconosciuto al grande pubblico i­
no a quando non è stato eletto alla guida
dell’assemblea all’inizio di gennaio. Du­
rante la cerimonia d’insediamento, Guai­
dó aveva dichiarato di volersi opporre a un mandato di sei anni. Quindi, per il mo­
Maduro, e poco dopo aveva citato l’articolo mento, il Venezuela ha due presidenti.
della costituzione venezuelana secondo Maduro ha poco di cui vantarsi. Alle
cui il leader del parlamento può assumere elezioni di maggio ha votato meno della
la presidenza se ritiene che il capo di stato metà degli aventi diritto. La bassa aluen­
in carica sia illegittimo. Il 20 maggio 2018 za ai seggi è dovuta al malcontento della
Maduro era stato rieletto presidente con popolazione per la crisi economica comin­
e presidenti Caracas, 23 gennaio 2019. Juan Guaidó si proclama presidente ad interim del Venezuela

ciata nel 2014 con il crollo dei prezzi del
petrolio e inasprita dalla cattiva ammini­
strazione e dalla corruzione.
Il Venezuela ha il tasso d’inlazione più
alto del mondo, che secondo il Fondo mo­
netario internazionale quest’anno arriverà
al dieci milioni per cento. Il paese sofre di
una carenza cronica di alimenti e medici­
ne, e anche l’acqua e l’elettricità scarseg­
giano. Gli episodi di criminalità sono
all’ordine del giorno e circa tre milioni di
venezuelani, su una popolazione di 32 mi­
lioni, hanno lasciato il paese.
Inoltre, le elezioni di maggio non sono
state né libere né democratiche – Maduro
ha fatto arrestare alcuni politici dell’oppo­
sizione e ha impedito ad altri di partecipare
al voto, mentre altri ancora erano in esilio
– decine di paesi del mondo non hanno ac­
cettato il loro risultato. Anche l’Organizza­
zione degli stati americani e l’Unione eu­

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 17

In copertina
ropea hanno espresso la loro disapprova­
zione.
Alla cerimonia per il suo insediamento,
il 10 gennaio, Maduro ha giurato in pompa
magna davanti al tribunale supremo, in
compagnia della sempre più ridotta corte di
leader di sinistra sudamericani: il cubano
Miguel Díaz­Canel, il nicaraguense Daniel
Ortega, il salvadoregno Salvador Sánchez
Cerén e il boliviano Evo Morales. I maggio­
ri creditori internazionali di Maduro, la
Russia e la Cina, hanno mandato i loro rap­
presentanti uiciali, mentre Vladimir Putin
e Xi Jinping si sono ben guardati dal parte­
cipare. Anche il presidente turco Recep
Tayyip Erdoğan, che è vicino a Maduro, ha
declinato l’invito mandando a Caracas un
diplomatico.
La decisione di Washington di appog­
giare Guaidó è arrivata in un momento de­
licato per Maduro. All’inizio di gennaio il
giudice del tribunale supremo Christian
Zerpa, che era stato un sostenitore del pre­
sidente, è andato in esilio volontario negli
Stati Uniti e ha dichiarato alla Evtv di Mia­
mi che le elezioni di maggio non sono state
trasparenti.
Alcuni eventi recenti hanno conferma­
to che il dissenso sta crescendo. Il 21 gen­
naio un contingente della guardia nazio­
nale si è ammutinato a Caracas: mentre un
gruppo di colleghi li incitava alla rivolta
con un video pubblicato sui social network,
hanno preso in ostaggio un uiciale, sono
andati con i camion in un avamposto
dell’esercito per impossessarsi delle armi e
hanno proseguito ino a quando non sono
stati fermati dalle truppe lealiste a poco più
di un chilometro dal palazzo presidenziale
di Miralores. La rivolta è stata accompa­
gnata da una sommossa a cui hanno parte­
cipato decine di giovani civili in un quar­
tiere popolare, subito dispersi dai soldati
con i lacrimogeni. Il tumulto, anche se bre­
ve, ha raforzato l’idea ormai difusa nel
paese che può succedere qualsiasi cosa.
Il 22 gennaio il vicepresidente degli Sta­
ti Uniti, Mike Pence, ha registrato un
videomessaggio al popolo venezuelano in
cui esprimeva l’appoggio di Washington
sia alla decisione di Guaidó di dichiarare
Maduro un usurpatore sia alle manifesta­
zioni convocate dall’opposizione per il
giorno successivo, in concomitanza con le
celebrazioni per il sessantunesimo anni­
versario della rivolta popolare che rovesciò
la giunta del dittatore Marcos Pérez Jimé­
nez. Il 23 gennaio, dopo la dichiarazione di
18 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Trump favorevole a Guaidó, Maduro ha
annunciato di voler interrompere i rappor­
ti con gli Stati Uniti e ha dato ai diplomatici
statunitensi in Venezuela 72 ore per lascia­
re il paese.
Il segretario di stato statunitense Mike
Pompeo ha lanciato un avvertimento: “Gli
Stati Uniti non ritengono che l’ex presiden­
te Nicolás Maduro abbia l’autorità legale di
rompere i rapporti diplomatici
con noi né di dichiarare persona
non grata nessuno dei nostri di­
plomatici”. Poi ha aggiunto che
Washington “prenderà provve­
dimenti appropriati per costrin­
gere ad assumersi le proprie responsabilità
chiunque metta in pericolo la sicurezza
dell’ambasciata degli Stati Uniti e del suo
personale” (il 26 gennaio Maduro ha ri­
nunciato a cacciare i diplomatici).
Resa dei conti
Alla ine l’esito di questo braccio di ferro po­
trebbe ridursi a una questione di forza mag­
giore. Per il momento l’esercito sembra di­
sposto a sostenere Maduro. Il ministro della
difesa, il generale Vladimir Padrino López,
ha dichiarato che i suoi soldati sono disposti
a “morire” per lui. Forse è un’esagerazione,
ma i militari venezuelani sono portatori di
forti interessi economici: controllano l’im­
portazione e la distribuzione di alimenti e
medicine, e anche i porti e le frontiere, dove
c’è una iorente economia sotterranea lega­
ta al contrabbando.
Trump ha detto che per ora non prende
in considerazione un intervento armato,
anche se in passato ha accennato alla pos­
sibilità di un’opzione militare. Sia Pompeo
sia John Bolton, il consigliere per la sicu­
rezza nazionale statunitense, hanno lan­
ciato appelli non troppo velati ai militari
venezuelani. La sera del 23 gennaio, prima
che Maduro facesse marcia indietro, il sen­
tore repubblicano Marco Rubio ha twitta­
to: “I diplomatici statunitensi in Venezuela
dovrebbero presentare le loro credenziali
al presidente Guaidó. Maduro non ha l’au­
torità di espellere nessuno. E, credetemi,
se sarà così stupido da sidare Trump met­
tendo in pericolo la vita di un qualsiasi di­
plomatico statunitense, le conseguenze
saranno gravi e immediate”.
Il ministro degli esteri russo ha rilascia­
to una dichiarazione in cui dice: “Vi scon­
sigliamo di assumere questo atteggiamen­
to avventato che potrebbe avere conse­
guenze catastroiche”. Su Twitter un por­
tavoce di Erdoğan ha espresso il suo soste­
gno a Maduro: “Fratello Maduro! Non ti
arrendere, siamo al tuo ianco!”.
Il 24 gennaio un amico venezuelano mi
ha scritto un’email: “Nessuno sa cosa suc­
cederà, ma è chiaro che Maduro ha tre
scelte possibili: negoziare, dimettersi o
continuare a lottare, il che signiica colpire
duro con la repressione”. Quest’ultima
ipotesi sembra la più probabile: il
24 gennaio il generale Padrino
López, circondato da alti uiciali
in uniforme, ha deinito l’auto­
proclamazione di Guaidó “la
preparazione a un colpo di stato.
A istigare sfacciatamente quest’iniziativa”,
ha detto, “sono settori dell’estrema destra
supportati da agenti imperialisti”.
Secondo le organizzazioni per la difesa
dei diritti umani, sono già morte più di
quaranta persone che partecipavano alle
proteste. Il 24 gennaio Michelle Bachelet,
l’alta commissaria delle Nazioni Unite per
i diritti umani, si è detta preoccupata “che
la situazione in Venezuela possa sfuggire
al controllo con conseguenze catastroi­
che”.
Phil Gunson, il rappresentante dell’In­
ternational crisis group che risiede a Cara­
cas, mi ha detto: “Forse Maduro riuscirà a
resistere. In questo caso, non esiste un pia­
no b. Se invece decidesse di andarsene, il
paese sarà governabile? Non sembra che i
militari abbiano abbandonato la nave. Ma
non è detto che gli rimarranno fedeli”. In
qualsiasi caso, la rivoluzione bolivariana
cominciata vent’anni fa da Hugo Chávez
sembra arrivata alla resa dei conti. u bt
Jon Lee Anderson è un giornalista
statunitense. II suoi ultimi libri pubblicati
in Italia sono Che. Una vita rivoluzionaria
(Feltrinelli 2017) e Guerriglieri. Viaggio nel
mondo in rivolta (Fandango 2011).
 Caracas, 23 gennaio 2019. Nicolás Maduro parla dal palazzo presidenziale
EDILZON GAMEZ (GETTy IMAGES)
La delusione
dei venezuelani
Marie Delcas, Le Monde, Francia
Alla frontiera con la Colombia
molti migranti che hanno
lasciato il Venezuela sono
stanchi della politica. Non si
idano di Maduro e non sanno
cosa aspettarsi dall’opposizione
alys, che in Venezuela
M lavorava come cassiera
in un supermercato, di­
spone su una bacinella
di plastica capovolta un
thermos di cafè e qualche sigaretta, pa­
sticche di aspirina e antibiotici per vender­
li al dettaglio. “Senza l’aiuto di dio nessuno
caccerà Nicolás Maduro, né Juan Guaidó
né gli statunitensi”, dice. Alle cinque del
mattino è ancora buio sul ponte Simón Bo­
lívar, che separa la città colombiana di
Cúcuta da quella venezuelana di San Anto­
nio. Si apre la cancellata del valico di fron­
tiera: Malys aspetta i primi clienti.
Il braccio di ferro in corso a Caracas tra
Maduro, il presidente eletto e contestato, e
Juan Guaidó, il giovane presidente del par­
lamento, che si è autoproclamato presi­
dente ad interim del Venezuela il 23 genna­
io, non ha ancora cambiato niente. Nel
paese della rivoluzione bolivariana manca
tutto: riso, pneumatici e medicine. L’ipe­
rinlazione, che aumenta ogni giorno, di­
vora l’aumento dei salari. E i 30mila vene­
zuelani che ogni giorno attraversano il
ponte a piedi sono schiacciati dalle diicol­
tà della vita quotidiana. Vengono qui a la­
vorare o a fare acquisti. Solo poche persone
hanno denaro suiciente a comprare mer­
ci per poi rivenderle.
Sedurre l’esercito
Una migrante corregge con gentilezza la
giornalista che la intervista: “Maduro non
è più presidente. L’unico presidente legitti­
mo ora è Juan Guaidó. Vi ci dovete abitua­
re. Guaidó non si è ‘autoproclamato’, ma
ha prestato giuramento in base a quello
che stabilisce la nostra costituzione, ed è
stato riconosciuto da decine di paesi”. La
donna si dice “molto ottimista”: vuole cre­
dere che il rapporto di forza si sia capovolto
e che “l’esercito alla ine abbandonerà Ma­
continua a pagina 20 »
L’opinione
Un’ingerenza
pericolosa
La Jornada, Messico
l 23 gennaio il presidente del parla­
I mento venezuelano Juan Guaidó,
dell’opposizione, si è proclamato
presidente ad interim del Venezue­
la. Gli Stati Uniti e altri paesi allineati con
le politiche di Washington lo hanno subi­
to riconosciuto. È solo il primo di una se­
rie di atti d’ingerenza che hanno l’obietti­
vo di scatenare uno scontro di gravi pro­
porzioni tra i venezuelani. Prima dell’au­
toproclamazione di Guaidó, i gruppi
all’opposizione non avevano un leader
chiaro. Il presidente del parlamento non
ha nessun potere e la sua proclamazione
come capo di stato è una manovra illegit­
tima, senza fondamento giuridico.
La voce della ragione
Il presidente degli Stati Uniti, Donald
Trump, ha detto che la Casa Bianca valu­
terà tutte le alternative nel caso in cui il
presidente socialista Nicolás Maduro ri­
sponda con la violenza all’autoproclama­
zione di Guaidó, a dimostrazione del fatto
che quest’ultimo è protetto da Washing­
ton. È un peccato che in queste circostan­
ze il Brasile e la Colombia (che coninano
con il Venezuela) si siano allineati con la
Casa Bianca partecipando a un’ingerenza
che potrebbe segnare l’inizio di una nuo­
va aggressione della superpotenza statu­
nitense in America Latina.
Per quanto riguarda il Messico, ci dob­
biamo rallegrare del fatto che abbia ri­
spolverato uno dei princìpi tradizionali
della sua politica estera, scegliendo di
non schierarsi contro il governo di Madu­
ro. Insieme all’Uruguay, il governo messi­
cano ha esortato le parti in conlitto e la
comunità internazionale a trovare una so­
luzione paciica e democratica alla com­
plessa situazione venezuelana e ad avvia­
re nuovi negoziati aperti a tutte le parti.
Speriamo che la voce della ragione e
della legalità internazionale abbia la me­
glio su chi vuole soiare sul fuoco di un
conlitto che causerebbe distruzione,
morti e soferenze enormi agli abitanti
del Venezuela. u fr
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 19
In copertina
duro”. Il 26 gennaio l’addetto militare
dell’ambasciata del Venezuela a Washing­
ton non ha forse disertato? In efetti il ge­
nerale José Luis Silva è apparso in un video
pubblicato sui social network in uniforme
invitando “il popolo venezuelano e soprat­
tutto i suoi fratelli nelle forze armate a ri­
conoscere Juan Guaidó come unico presi­
dente legittimo del paese”.
“Probabilmente Silva è stato pagato be­
ne dagli americani”, dice Javier, un tecnico
di 32 anni. “Ho due cugini nella guardia
nazionale. Ne hanno abbastanza, ma non
diserteranno. Hanno paura dei loro supe­
riori e i generali hanno troppo da perdere
RODRIGO ABD (AP/ANSA)
lasciando Maduro”. A Caracas Juan Guai­
dó, che ha fatto approvare un provvedi­
mento di amnistia per i funzionari e i mili­
tari che accetteranno di sostenerlo, sta
cercando di sedurre l’esercito.
Juan Carlos, un elettricista di 42 anni,
resta fedele a Hugo Chávez: “Il suo errore
è stato concedere troppo potere ai militari.
Ora che lui non c’è più e che la cricca di Ma­
duro ha preso il controllo dell’esercito, il
popolo è fregato. L’altro sbaglio di Chávez
è stato indicare Maduro come suo succes­
sore”. Juan Carlos si deinisce un chavista
antimadurista. Lascia il suo paese perché
non vuole che i suoi bambini “muoiano di
fame”.
Marionetta di Washington
I venezuelani che migrano trascinano
enormi valigie rattoppate. Secondo le Na­
zioni Unite, in tre anni un decimo della po­
polazione ha lasciato il paese. “Il mio Ve­
nezuela è fottuto, rovinato, distrutto, per­
duto”, aggiunge l’uomo con uno sguardo
triste. “Juan Guaidó è la nostra unica spe­
ranza. Ma anche se dovesse riuscire a
spuntarla, ci vorranno anni per ricostruire
il paese”. Catena d’acciaio e collo tatuato,
Elimer, 27 anni, vende tutto quello che può
sul ponte. È originario di Petare, “un sob­
borgo povero e violento di Caracas” e si
prepara a tornare in Venezuela. “Siamo in
molti ad averlo deciso. Lì ci si dà da fare,
per questo torniamo”, spiega più rassegna­
to che entusiasta. “Partiamo tra pochi gior­
ni, siamo in trecento”. Non teme la strada
o le risse, ma ha paura che la situazione
possa degenerare in violenza se non addi­
rittura in guerra civile. Secondo Juan Car­
los, “Maduro e Guaidó sono due coccodril­
li dello stesso stagno. Non ne serve uno per
scacciare l’altro. L’opposizione non vuole
migliorare le sorti del popolo, vuole solo
20 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Las Mercedes, 26 gennaio 2019. Una manifestazione dell’opposizione
riprendere il controllo del potere e quindi
del petrolio”. La sua vicina non è d’accor­
do: “I politici sono tutti marci, è vero. Ma
Maduro è anche incapace. Di Guaidó non
sappiamo ancora niente”.
La delusioone per la politica è forte. Al­
cuni sono addirittura convinti che sia tutto
un complotto. “Maduro ci farà credere che
c’è stato un colpo di stato per restare al po­
tere e l’opposizione si presta al gioco”, dice
Barbara, 22 anni.
Nicolás Maduro ha ancora dei sosteni­
tori in Venezuela? “Sì”, rispondono senza
esitare quelli che lo criticano. Secondo lo­
ro, i chavisti che appoggiano il governo lo
fanno per interesse, “perché lavorano per
Da sapere
Greggio al ribasso
Produzione di petrolio in Venezuela,
milioni di barili al giorno. Fonte: Opec
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0 questo sono tutti d’accordo, sia gli ottimisti
1999 2002 2005 2008 2011 2014 2017
lo stato”; per ignoranza, “perché hanno
subìto un lavaggio del cervello”; o per con­
formismo, “perché si accontentano di po­
co e si vendono per una scatola di provvi­
ste”. Per evitare che il disastro economico
diventi un dramma umanitario, il governo
ha messo in atto una politica di distribuzio­
ne dei generi alimentari a prezzi calmiera­
ti nei quartieri più svantaggiati.
Amanda, un’insegnante in pensione,
dice: “Ci sono chavisti convinti, anche nel­
la mia famiglia. Sono persone laureate e
convinte che la situazione nel paese sia il
risultato di una guerra economica condot­
ta dagli Stati Uniti”.
“Conosco persone che non sono fun­
zionari, che se la passano male come noi,
ma darebbero la vita per il governo di Ma­
duro, perché è l’erede di Chávez”, confer­
ma Juan Carlos. Poi aggiunge: “Io detesto
Maduro, ma tanto per cominciare è ancora
lui il presidente e in secondo luogo non vo­
terei mai per uno di destra come Guaidó,
una marionetta degli Stati Uniti”.
“I cubani controllano tutto in Venezue­
la, perino l’esercito. I russi e i cinesi hanno
messo le mani su tutte le nostre risorse mi­
nerarie. Perciò argomentazioni come que­
sta mi fanno ridere”, risponde Amanda.
“Se dobbiamo essere marionette di qual­
cuno, meglio esserlo degli Stati Uniti che
di Cuba”.
Elezioni libere? Tutti le sognano, ma
per ora nessuno ci crede davvero. Se ci sa­
ranno, però, Nicolás Maduro le perderà: su
sia gli scettici. u gim
Superpotere
ti, coltan, ferro e alluminio. Regolano buo­
na parte del sistema inanziario, iscale,
agricolo, edilizio, e l’acquisto di armi dalla
Russia, dalla Cina e dall’Iran. Sono tutte

militare attività che vengono nascoste dietro a una

Omar Lugo, Clarín, Argentina
La vera forza di Nicolás Maduro
è il sostegno delle forze armate,
che controllano i settori chiave
dell’economia, i porti e i
giacimenti minerari. La sida di
Guaidó è portarle dalla sua parte
l potere militare si è espres­
crisi economiche nella storia del continen­
te. Come fa Maduro a restare al potere con
questa situazione e l’80 per cento della po­
polazione contro di lui? Ha il sostegno espli­
cito dei vertici militari. Per mettere a tacere
le voci di una frattura interna e di una guer­
ra imminente, generali e ammiragli si sono
presentati alla tv di stato in alta uniforme e
disarmati. Lo hanno fatto il 24 gennaio, il
giorno dopo che il deputato Juan Guaidó si
retorica patriottica e sovranista. Inine, le
forze armate controllano l’ordine pubbli­
co, sofocano le proteste, processano i dis­
sidenti e li accusano di tradimento alla pa­
tria e di terrorismo.
È possibile che Guaidó cambi tutto que­
sto? Il 25 gennaio, due giorni dopo il suo
giuramento come presidente, è ricompar­
so in pubblico in una piazza a est di Cara­
cas. Ha chiesto la “ine dell’usurpazione
della presidenza da parte di Maduro, un
governo di transizione e la convocazione di
elezioni libere”. In un paese dove internet
funziona male, senza giornali, radio o tv, il
leader dell’opposizione ha invitato i suoi

“I so”, ha detto il presidente ve­

nezuelano Nicolás Maduro il
24 gennaio davanti alla cupo­
la chavista al potere, difen­
dendo il suo secondo mandato inaugurato
il 10 gennaio. Dalle elezioni presidenziali
era proclamato presidente ad interim
davanti alla folla a Caracas, ricevendo il so­
stegno delle potenze europee e degli Stati
Uniti.

del 20 maggio 2018 erano stati esclusi i prin­
cipali partiti e leader dell’opposizione. Pri­
ma e durante il voto, giornalisti, ong e poli­
tici avevano constatato la sfacciata posizio­
ne di vantaggio del chavismo, che aveva
comprato voti, attaccato gli oppositori e fat­
to campagna elettorale all’interno dei seg­
gi, dove tuttavia si era registrata un’asten­
sione molto alta.
Le elezioni erano state convocate
dall’assemblea costituente voluta da Madu­
ro ed eletta a luglio del 2017 per sostituire il
parlamento e governare con poteri “pleni­
potenziari”. All’epoca il parlamento era in
mano all’opposizione da un anno e mezzo,
ma a poco a poco le sue funzioni erano state
annullate dal tribunale supremo di giustizia
e dall’assemblea costituente. Il tribunale è
composto anche da militanti ed ex deputati
del partito socialista al governo. La sua se­
zione costituzionale è la massima interpre­
te della costituzione e delle leggi. È la trin­
cea legalista messa su dal chavismo per
contrastare il desiderio di milioni di vene­
zuelani coinvolti nella peggiore crisi sociale
degli ultimi centocinquant’anni.
Il potere del governo si regge sulle morti
quotidiane di bambini e adulti per mancan­
za di medicine, sulla fame cronica, l’emi­
grazione di massa, gli alti indici di crimina­
lità, il collasso delle forniture di acqua, luce
e gas, l’iperinlazione e una delle più gravi
Legge di amnistia
sostenitori a scaricare online una legge di
amnistia approvata dal parlamento, a
stamparla e difonderla tra i militari. Sono
stati loro il centro del suo discorso, perché
sa che la vera forza di Maduro sono le forze
armate, oltre all’appoggio di Mosca, Tehe­
Il vero potere di Maduro è l’appoggio delle ran, Istanbul e Pechino. Nessun militare
forze armate. I militari controllano l’azien­ inora lo ha arrestato. u fr
da Petróleos de Venezuela, la distribuzione
di generi alimentari e di medicine, i porti, Omar Lugo è un giornalista venezuelano,
gli aeroporti e i giacimenti di oro, diaman­ dirige il sito di notizie El Estímulo.
L’opinione Una lettura della costituzione
Non è facile analizzare la si­ tiva che testuale, l’opposizione come presidente ad interim
tuazione politica in Venezue­ ha giudicato incostituzionale contava sul sostegno del vero
la. Dopo le elezioni del 20 l’usurpazione del potere da titolare della volontà sovrana.
maggio avevo previsto tre parte di Maduro, consideran­ Una parte della comunità in­
scenari sulla base di cinque dola la conseguenza di elezio­ ternazionale, tra cui gli Stati
variabili: la mobilitazione so­ ni irregolari, contrarie ai prin­ Uniti, il Canada, la Costa Ri­
ciale, l’unità dell’opposizione, cìpi democratici. Quindi, se­ ca, la Colombia, il Brasile, il
le divisioni interne al regime, condo gli articoli 333 e 350 del­ Paraguay e il Guatemala, ha
il ruolo della comunità inter­ la costituzione, il suo mandato dato il suo contributo ricono­
nazionale e dei militari. In ba­ presidenziale è illegittimo. scendo Guaidó come presi­
se all’evoluzione di queste va­ Questo primo passo ha dente legittimo. Non è una
riabili, Maduro poteva avere aperto la strada a una serie sorpresa che la Russia e il
delle diicoltà o essere allon­ d’iniziative che hanno unito Messico si siano schierati a fa­
tanato dal potere, a condizio­ diversi settori, politici, socia­ vore di Maduro.
ne che ce ne fosse l’opportu­ li, economici e accademici, Cosa manca per spezzare
nità. Oggi c’è ed è successo creando iducia in un’opposi­ deinitivamente il regime ve­
qualcosa d’inatteso: Juan zione che ino a quel momen­ nezuelano? Penso che ci vo­
Guaidó, un giovane politico to sembrava senza speranze glia una frattura ancora più
del partito di centro Voluntad politiche. profonda nelle basi, nelle élite
popular, ha unito l’opposizio­ Il 23 gennaio era atteso co­ del chavismo e nelle forze ar­
ne in parlamento, un passo me il giorno del ritorno della mate. Ma la pressione nazio­
fondamentale per infondere mobilitazione di piazza in Ve­ nale, internazionale e la crisi
iducia in un progetto alterna­ nezuela e la forza della prote­ attuale fanno pensare che po­
tivo di paese. sta, nel paese e all’estero, non trebbe succedere. u fr
Con una lettura ampia del­ ha deluso le aspettative. Il Jesús Castellanos Vázquez,
la costituzione, più interpreta­ giuramento di Juan Guaidó El Estímulo

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 21

 Americhe
Brasile STATI UNITI

Documento
eDUaRDo MUnoZ (ReUTeRS/ConTRaSTo)

Disastro prevedibile scomodo

“Un rapporto dei servizi segreti
Soccorritori a Brumadinho, 28 gennaio 2019 sulle minacce alla sicurezza de-
gli Stati Uniti smentisce le posi-
zioni del presidente Donald
Trump sulle principali questioni
di politica estera”, scrive The
Atlantic. nel documento pre-
HONDURAS sentato si dice che, al contrario
WaShInGTon aLVeS (ReUTeRS/ConTRaSTo)

Un leader di quello che sostiene Trump,

l’Iran non sta facendo passi
contestato avanti per costruire armi nucle-
ari e che in Siria lo Stato islami-
“Il 27 gennaio migliaia di perso- co non è ancora stato sconitto.
ne hanno manifestato nella ca- Inoltre il rapporto sostiene che
pitale Tegucigalpa e in altre città la Corea del nord diicilmente
del paese per chiedere le dimis- rinuncerà al suo programma nu-
sioni del presidente conservato- cleare. Dopo l’incontro con Kim
re Juan orlando hernández Jong-un a Singapore, a giugno
(nella foto), che nel 2017 aveva Il 25 gennaio una diga è crollata nel comune di
del 2018, Trump aveva detto che
sconitto per pochi voti l’avver- Brumadinho, nello stato di Minas Gerais, nel sudest del
la minaccia nucleare nordcorea-
sario Salvador nasrallah”, scrive Brasile. La rottura della diga, che apparteneva all’azienda na era stata neutralizzata.
La Jornada. L’opposizione ha mineraria Vale, ha provocato una valanga di acque
accusato hernández di frode residuali e fango che ha sommerso la zona. Finora le
elettorale. Secondo l’ex presi- vittime confermate sono più di ottanta, ma i soccorritori
dente Manuel Zelaya, deposto IN BREVE
cercano ancora centinaia di persone disperse. “Molti Brasile Il 24 gennaio il deputato
nel 2009 con un colpo di stato,
“gli honduregni meritano un go- ambientalisti”, scrive El País, “denunciano da anni le Jean Wyllys, che da anni difende
verno giusto, non una dittatura”. condizioni della diga, considerata poco sicura. Solo nello i diritti della comunità lgbt, ha
L’obiettivo delle proteste, dice stato di Minas Gerais ci sono 450 dighe e almeno venti non annunciato dall’europa che non
Zelaya, è “arrivare a uno sciope- hanno le necessarie garanzie di stabilità”. u rientrerà in Brasile per preserva-
ro nazionale e alla caduta di re la sua incolumità isica.
questo governo”. Stati Uniti Il 29 gennaio la pro-
curatrice di Baltimora ha an-
STATI UNITI cembre, quando i democratici si
nunciato che il suo uicio smet-
erano riiutati di includere nella
EL SALVADOR
Il governo legge di bilancio per il 2019 i
terà di aprire procedimenti pe-

La scommessa riparte, per ora fondi per la costruzione di un

di Nayib Bukele “Lo shutdown più lungo della
storia degli Stati Uniti è inito
“Le elezioni presidenziali del 3 con la sconitta del presidente
febbraio, a prescindere dal risul- Donald Trump”, scrive il Wa-
tato, segneranno un punto di shington Post. Il blocco parzia-
rottura nella breve storia demo- le delle attività del governo fe-
cratica del Salvador”, scrive Ro- derale era cominciato il 21 di-
nali per possesso di marijuana.
u Il 25 gennaio il governatore
muro al conine con il Messico.
“È inito con il presidente che,
dello stato di Washington ha di-
chiarato lo stato d’emergenza a
dopo settimane in cui aveva ri-
causa di un’epidemia di morbil-
iutato ogni compromesso, ha
lo. Dall’inizio dell’anno si sono
accettato di far riprendere le at-
ammalate 37 persone, quasi tut-
tività del governo senza ottene-
te bambini non vaccinati.
re nulla in cambio”. Ma la solu-
zione è solo temporanea: l’ac-
FonTe: CenTeRS FoR DISeaSe ConTRoL anD PReVenTIon

Casi di morbillo negli Stati Uniti

berto Valencia sul New York Statunitensi che approvano
Times. “Il voto metterà ine al o disapprovano l’operato di Trump,
percentuale. Fonte: The Washington Post
bipartitismo degli ultimi 27 an-
ni, in cui hanno governato il par- 60 Disapprovano
58 58
tito di destra alleanza repubbli- 56
54
cana nazionalista (arena) e 53
cordo per far ripartire l’esecuti-
vo arriva ino al 15 febbraio: en- 700
tro quella data Trump cercherà 600
di convincere i democratici mo-
500
derati ad appoggiare la sua pro-
posta sul muro, ma è diicile 400

quello di sinistra Fronte Fara- che possa riuscirci. Per questo il 300
bundó Martí per la liberazione presidente ha fatto capire che se
Approvano 200
nazionale (Fmln). Secondo i 41
la situazione non si sbloccherà
40 40
sondaggi, il prossimo presidente 37
potrebbe dichiarare lo stato 100
36 36
sarà un candidato outsider di 37 d’emergenza e stanziare i fondi 0
anni, nayib Bukele”. Gennaio 2018 Gennaio 2019 per il muro in modo unilaterale. 2002 2006 2010 2014 2018

22 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

Attualità
Cauto ottimismo
in Afghanistan
M. Landler, H. Cooper ed E. Schmitt, The New York Times, Stati Uniti
I colloqui tra Stati Uniti e taliban
hanno fatto progressi e un
accordo di pace sembra
possibile. Ma cosa accadrà se
Washington ritirerà le sue
truppe dal paese?
passi avanti del presidente statuni-
I tense Donald Trump nei negoziati di
pace con i taliban sollevano gli stessi
dubbi che hanno tormentato tutti i
suoi predecessori quando si è trattato di
ritirare le truppe dai conlitti all’estero: an-
dandosene, non si rischia di rafforzare
quelle stesse milizie che gli americani han-
no tentato di eliminare con la guerra?
Una ritirata precipitosa degli statuni-
tensi, dicono gli esperti, eroderebbe l’au-
torità e la legittimità del governo afgano,
aumentando le probabilità che i taliban ri-
prendano il controllo del paese. O, quanto
meno, potrebbe condannare l’Afghanistan
a una lunga e sanguinosa guerra civile, con
i combattenti taliban che assediano Kabul
come negli anni novanta.
Sono ipotesi plausibili, visto l’andamen-
to dei negoziati tra Washington e i taliban. Il
28 gennaio il capo dei negoziatori statuni-
tensi, Zalmay Khalilzad, ha fatto sapere che
le parti stanno lavorando a un accordo in
base al quale i taliban impedirebbero ai ter-
roristi di avere basi logistiche nel territorio
afgano, rendendo possibile il completo riti-
ro delle truppe statunitensi. Nonostante il
cauto ottimismo espresso da vari diploma-
tici e militari sui negoziati in corso, molti
dubitano che a Kabul si troverà un accordo
sulla spartizione del potere, dato che i tali-
ban riiutano ogni confronto con il governo
del presidente Ashraf Ghani.
C’è chi teme che cercheranno di rove-
sciare il governo appena gli americani la-
sceranno il paese. “È un rischio più che
concreto”, sostiene Bruce O. Riedel, del
centro studi Brookings Institution, a cui il
presidente Barack Obama commissionò la
prima revisione della strategia statuniten-
24 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
se in Afghanistan. “La maggior parte dei terroristi”. Un modo per impedirlo potreb-
vecchi leader taliban è morta. Ma non be essere vincolare il ritiro graduale delle
mancheranno estremisti che sapranno ap- truppe straniere alla capacità delle forze di
proittare della situazione”. La determina- sicurezza afgane di combattere eventuali
zione con cui Trump persegue il ritiro delle minacce di Al Qaeda, del gruppo Stato isla-
truppe non fa che alimentare il rischio, mico (Is) o di altre organizzazioni estremi-
continua Riedel. ste. Alcuni consiglieri in materia di sicu-
Le trattative con i taliban hanno avuto rezza nazionale hanno provato a impugna-
un’accelerazione non appena il presidente re un rapporto di valutazione dell’intelli-
ha ordinato al Pentagono di ritirare metà gence per convincere Trump a mantenere
dei 14mila soldati in Afghanistan. Molti
analisti esprimono dubbi sulla coesione
dei taliban e sulla loro capacità di rispetta-
re gli accordi, ma anche sulla capacità
dell’esercito afgano e delle forze di polizia
una presenza nel paese. Secondo il rappor-
to una smobilitazione completa esporreb-
be gli Stati Uniti a un attacco nel giro di due
anni. Durante una consultazione interna,
Jim Mattis, che si è dimesso dalla carica di
di impedire che il paese precipiti di nuovo segretario alla difesa a dicembre, ha pre-
nel caos. La più grande preoccupazione dei sentato una lista di venti possibili gruppi
funzionari statunitensi, molti dei quali terroristici, molti dei quali eredi di Al Qae-
hanno anni di esperienza nella lotta ai tali- da e dell’Is, che potrebbero presto approit-
ban, è come faranno gli Stati Uniti a far ri- tare del vuoto lasciato dalle truppe statuni-
spettare gli accordi e le loro priorità nella tensi per colpire obiettivi occidentali.
lotta al terrorismo.
“È un buon inizio”, sostiene il generale Il rischio di una guerra civile
John Campbell, ex comandante delle forze Il successore di Mattis, Patric Shanahan,
armate statunitensi in Afghanistan. “Ma il ha fatto sapere che il suo dipartimento non
nostro primo interesse strategico è che il ha ricevuto l’ordine di preparare una smo-
paese non diventi un rifugio sicuro per i bilitazione completa. Stando a quanto di-
Da sapere Un compromesso a favore dei taliban
u Il 28 gennaio 2019 gli Stati governo di Kabul, che i tali- il nemico a trattare. Ora che
Uniti e i taliban, dopo sei ban considerano un fantoc- le trattative sono in corso,
giorni di colloqui a Doha, in cio manovrato dagli Stati sembra che abbia fretta di
Qatar, hanno annunciato di Uniti e con cui si sono sem- staccare la spina alla missio-
aver individuato le linee ge- pre riiutati di parlare. Il pro- ne militare. Ordinando di di-
nerali di un possibile accor- gresso nelle trattative, quin- mezzare il numero dei solda-
do che metterebbe ine a 17 di, non garantisce che un ac- ti, ha indebolito la posizione
anni di guerra in Afghani- cordo sia vicino. Ma la fretta negoziale di Washington. I
stan. In realtà i taliban per dell’amministrazione Trump taliban penseranno che la
ora si sono impegnati generi- di ritirare le truppe rischia di Casa Bianca, invece di insi-
camente a “fare il necessario portare verso un accordo al stere per trovare un accordo
perché il paese non diventi ribasso a favore dei taliban, politico accettabile, si accon-
una base per il terrorismo in- lasciando di nuovo l’Afgha- tenterà delle loro rassicura-
ternazionale”, senza però nistan nelle loro mani. zioni sulla prevenzione degli
accettare le condizioni poste “Quando nel 2017 Trump ha attacchi terroristici”. Per il
da Washington per procede- ordinato un aumento del presidente afgano Ashraf
re con i colloqui. Tra queste, contingente statunitense in Ghani, scrive il Kabul Ti-
un cessate il fuoco prima del Afghanistan”, scrive il Wa- mes, “l’unica via per la pace
ritiro delle truppe americane shington Post in un edito- passa dal dialgo tra taliban
e l’inizio di un dialogo con il riale, “l’ha fatto per spingere e Kabul”.

BRYAN DeNTON (THe NeW YORK TIMeS/CONTRASTO)
cono i funzionari della difesa, il Pentagono
intende mantenere una forza antiterrori-
smo in Afghanistan, probabilmente nella
base aerea di Bagram, vicino a Kabul, da
usare principalmente per operazioni con-
tro le organizzazioni terroristiche elencate
nel rapporto dell’intelligence. La lista in-
clude gruppi come la cellula afgana dell’Is,
nota come Stato islamico della provincia di
Khorasan, ma anche Al Qaeda e la rete
Haqqani, un gruppo che però è da conside-
rare parte dei taliban afgani, quindi non è
chiaro in che modo i negoziati possano li-
mitarne l’attività.
Secondo altri esperti le operazioni anti-
terrorismo statunitensi in Yemen e in Li-
bia, dove gli Stati Uniti hanno contingenti
ridotti che lavorano insieme alle agenzie di
sicurezza locali, potrebbero essere prese a
modello. Barnett R. Rubin, esperto di Af-
ghanistan della New York university, im-
magina altre soluzioni, come conservare
un apparato per la raccolta di informazioni
e la possibilità di sferrare attacchi con i
droni o fare raid aerei da altre zone della
regione o dalle portaerei. Un’altra possibi-
lità sarebbe creare una nuova squadra spe-
ciale antiterrorismo autorizzata dal consi-
Soldati afgani nella provincia di Logar, Afghanistan 2018
glio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la
partecipazione di statunitensi e afgani. “La
migliore strategia antiterrorismo sarebbe
un governo che includesse anche i taliban
disposti a cooperare”, dice Rubin.
James Dobbins, ex alto funzionario
dell’amministrazione Obama per l’Afgha-
nistan e il Pakistan, ritiene che gli Stati
Uniti debbano mantenere la loro presenza
in Afghanistan ino a che i taliban e il go-
verno di Kabul non raggiungeranno un’in-
tesa, e che non debbano ritirarsi finché
l’accordo non sia applicato. “Nessuna smo-
bilitazione senza un accordo che assicuri la
pace”, dice Dobbins. “Se ce ne andiamo
troppo presto, scoppierà una guerra civile
e gruppi estremisti come Al Qaeda o lo Sta-
to islamico avranno campo libero”.
I timori di Kabul
I dirigenti afgani temono che Trump possa
fare un accordo con i taliban alle loro spal-
le. e anche se il 28 gennaio Zalmay Khalil-
zad li ha rassicurati che la formazione di un
governo di transizione non è stata discussa
con i taliban, molti in Afghanistan faticano
a crederci. “Hanno paura di essere sven-
duti dagli americani e a Kabul si dice che
Washington sta facendo troppe concessio-
ni, data l’assenza degli afgani al tavolo dei
colloqui”, sostiene Daniel Feldman, rap-
presentante speciale per Afghanistan e
Pakistan dell’amministrazione Obama.
Secondo Feldman, bisogna dare tempo a
Khalilzad. Ma Trump vuole una vittoria
importante in politica estera che faccia di-
menticare lo shutdown del governo, e po-
trebbe non avere la pazienza di aspettare
che il lavoro della diplomazia dia i suoi
frutti. Una volta ritirate le truppe, l’inluen-
za degli Stati Uniti sul territorio s’indeboli-
rà molto in fretta.
La questione definitiva, secondo gli
esperti, è capire se l’obiettivo dell’ammini-
strazione Trump è ritirare le truppe o tro-
vare una soluzione eicace. “Sta per inire
la guerra in Afghanistan o sta per inire so-
lo la guerra degli americani?”, si chiede
Laurel Miller, rappresentante speciale per
l’Afghanistan e il Pakistan ino al 2017. Se-
condo Miller gli afgani hanno la forza ne-
cessaria per fronteggiare i taliban. Ma il
presidente Ghani ha ammonito che senza
la protezione e il sostegno economico degli
Stati Uniti, il suo governo entrerebbe pre-
sto in crisi. u fg
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 25
 Asia e Paciico
Filippine india

tensioni
DArryL DyCk (THE CANADIAN PrESS/AP/ANSA)

attacco all’autonomia nell’assam

Dall’inizio dell’anno nello sta-
Jolo, 27 gennaio 2019 to dell’Assam sono in corso
manifestazioni violente contro
una riforma che garantirebbe
la cittadinanza agli immigrati
non musulmani provenienti
dal Pakistan, dal Bangladesh e
cina-stati uniti dall’Afghanistan. I sostenitori
accuse formali della riforma, appoggiata dal
governo del Barathiya janata
contro huawei party, la giustiicano dicendo
NICkEE BuTLANgAN (AP/ANSA)

che servirebbe a dare protezio-

Il 29 gennaio il dipartimento ne ai milioni di persone appar-
della giustizia statunitense ha tenenti a minoranze religiose
presentato una serie di accuse perseguitate come indù, cri-
formali contro la Huawei e stiani e sikh. Secondo i detrat-
Meng Wanzhou (nella foto), ma- tori, la legge è una mossa del
nager del gigante delle teleco- primo ministro Narendra Modi
Il 27 gennaio due esplosioni in una chiesa di Jolo,
municazioni cinese al centro in vista delle elezioni di mag-
della disputa in corso tra Wa-
nell’arcipelago di Sulu, parte della regione autonoma di
gio. L’Assam non è nuovo alle
shington e Pechino. Tra i 23 capi Mindanao, hanno provocato 21 morti e almeno cento tensioni tra le varie comunità
di accusa ci sono la frode banca- feriti. In un comunicato il gruppo Stato islamico ha locali e gli immigrati, scrive
ria, l’intralcio della giustizia e il deinito “martiri” i due attentatori, che pare siano ailiati Scroll.in.
furto di tecnologie. L’azienda, di Abu Sayyaf, uno dei gruppi islamisti armati attivi nella
oggi il secondo produttore mon- regione da decenni. L’attentato è avvenuto pochi giorni
diale di smartphone dopo la co-
dopo un referendum per la creazione di una nuova regione
reana Samsung, ha risposto re-
spingendo le accuse, che il go-
musulmana autonoma nell’arcipelago. Il referendum
verno di Pechino ha deinito sull’autonomia, approvata con una larga maggioranza ma
“ingiuste e immorali” intiman- respinta a Sulu, è il frutto di un negoziato tra Manila e il
do a Washington di sospendere Fronte nazionale di liberazione moro, il principale gruppo
l’“irragionevole repressione” separatista del paese. Al negoziato non hanno partecipato
contro la Huawei, scrive l’agen- Abu Sayyaf e altre fazioni. u
zia Xinhua. Il 30 gennaio
Meng, libera su cauzione in Ca-
nada, dov’era stata arrestata
all’inizio di dicembre su richie- thailandia Prayuth Chan-ocha, attuale ca-
sta degli Stati uniti, è tornata in
tribunale dopo che Washington
Verso il voto po del governo, dato che 250 se-
natori nominati dalla giunta vo-
in breVe
Cina Il 19 gennaio lo scrittore
ha presentato a Ottawa la do- di marzo teranno con i deputati per eleg- sinoaustraliano yang Hengjun,
manda di estradizione. Il Cana- gere il primo ministro. Ma per che ha criticato la censura di Pe-
da si pronuncerà il 6 marzo sulla L’annuncio che la Thailandia governare Prayuth avrà bisogno chino, è stato arrestato.
richiesta. In vista della scaden- andrà alle urne il 24 marzo, per di una maggioranza alla camera Pakistan La corte suprema ha
za, il primo ministro canadese la prima volta da quando i mili- dei rappresentanti. confermato la sentenza di asso-
Justin Trudeau sta pensando di tari hanno preso il potere nel luzione di Asia Bibi, la donna
Prayuth Chan-ocha
cristiana condannata a morte
ATHIT PErAWONgMETHA (rEuTErS/CONTrASTO)

nominare un inviato speciale in 2014, è una buona notizia. Ma

Cina, scrive il Toronto Star. c’è da chiedersi a cosa serviran- per blasfemia nel 2010 e poi rila-
L’ambasciatore canadese a Pe- no queste elezioni, , scrive Di- sciata lo scorso ottobre. Alcuni
chino, John McCallum, è stato plomat,. Dalla nascita della de- estremisti avevano fatto appello
licenziato dopo aver creato im- mocrazia nel 1932, in Thailandia nel tentativo di rimandarla in
barazzo con le sue opinioni sul ci sono stati 19 tentativi di colpi prigione.
caso Meng e Huawei. Se gli Stati di stato, di cui 12 riusciti, e venti Thailandia A causa dell’ecces-
uniti rinunciassero all’estradi- costituzioni. E non è detto che il siva concentrazione nell’aria di
zione di Meng “sarebbe un’otti- voto da solo riuscirà a superare particelle pm2,5, il 30 gennaio
ma cosa” per il Canada, aveva l’instabilità. Inoltre è prevedibi- più di quattrocento scuole della
detto McCallum. le una vittoria del generale capitale sono state chiuse.

26 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 Africa e Medio Oriente
SODIq ADeLAKuN (AfP/GeTTy)
Protesta contro il presidente Muhammadu Buhari, Abuja, 28 gennaio 2019
Le elezioni in Nigeria
sono una partita aperta
Fiacre Vidjingninou, Jeune Afrique, Francia
In vista del voto del 16 febbraio
tra i nigeriani regna l’incertezza:
il presidente uscente, candidato
a un secondo mandato, non
convince, mentre l’opposizione
non fa proposte concrete
oni duri, senza concessioni. Da-
T vanti a un internet café di Abuja,
la capitale nigeriana, un gruppo
di ragazzi discute animatamente
delle elezioni presidenziali del prossimo 16
febbraio. Alcuni contestano al presidente
Muhammadu Buhari, 76 anni, “la mancan-
za di risultati” afermando che “non è l’uo-
mo che farà crescere la Nigeria”.
“È anziano e durante il suo mandato si è
preoccupato solo della sua salute, invece di
risolvere i problemi del paese”, dice Ismael,
per nulla favorevole a una rielezione di
Buhari. Secondo i suoi amici, invece, “è im-
possibile risolvere tutti i problemi in quattro
anni”. “Con un secondo mandato potrà ot-
tenere risultati duraturi”, ribatte Ahmed,
per cui l’opposizione non sta proponendo
una nuova idea di società, ma solo il cam-
biamento ine a se stesso.
28 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Di recente Buhari ha scatenato una po-
lemica sospendendo il presidente della cor-
te suprema, Walter Samuel Nkanu Onno-
ghen, accusato di avere dei conti segreti.
L’opposizione denuncia le pressioni indebi-
te di Buhari, “un atto degno di una dittatu-
ra” (Onnoghen sarebbe stato uno dei giudi-
ci chiamati a pronunciarsi in caso di ricorsi
alla corte suprema dopo le elezioni). Alcune
cancellerie occidentali hanno espresso la
loro preoccupazione.
Candidato a un secondo mandato,
Buhari è stato spesso criticato per non esse-
re riuscito a contenere la minaccia del grup-
po terroristico Boko haram. Nel 2015 i nige-
riani avevano votato per lui nella speranza
che la sua formazione militare, la sua repu-
tazione di uomo intransigente, già capo di
un governo militare dal 1983 al 1985, e il fat-
to di essere di religione musulmana avreb-
bero messo ine agli attacchi. Il presidente è
contestato anche per gli scarsi risultati in
termini economici: la disoccupazione col-
pisce pesantemente i giovani, e il paese fa-
tica a uscire dalla recessione cominciata nel
2016, la prima dagli anni ottanta, che ha in-
debolito il potere d’acquisto dei nigeriani.
Anche la lotta alla corruzione, uno dei ca-
valli di battaglia di Buhari, non ha convinto
del tutto i cittadini. Di recente il governo si
è vantato di aver recuperato l’equivalente di
2,3 miliardi di dollari con una serie di opera-
zioni anticorruzione. Ma c’è chi accusa
Buhari di prendere di mira solo gli opposi-
tori. “È una caccia alle streghe, con l’unico
scopo di ridurre al silenzio chi non la pensa
come lui”, dichiara Alan Kayode, del Peo-
ple’s democratic party (Pdp, opposizione).
Defezioni importanti
Buhari ha perso molti consensi anche all’in-
terno del suo partito, l’All progressives con-
gress (Apc). Nel luglio dell’anno scorso 14
senatori e 37 deputati hanno abbandonato
questa formazione per passare all’opposi-
zione o per dar vita a un nuovo movimento,
il Reformed Apc (rApc), che denuncia la
“gestione dittatoriale dell’Apc”. Allo stesso
tempo, importanti ministri hanno lasciato
il governo.
Alle critiche dei nigeriani, Buhari ri-
sponde con le rassicurazioni. Per il suo
prossimo mandato ha promesso più posti di
lavoro, un’economia diversiicata e mag-
giori risorse per la scuola. “Peccato che sia-
no le stesse promesse di quattro anni fa”,
ribatte Kayode.
Sarà l’opposizione ad approfittare di
questa situazione? Il principale partito di
opposizione, il Pdp, raforzato dall’alleanza
con una trentina di formazioni politiche che
hanno come obiettivo impedire la rielezio-
ne di Buhari, ha scelto come candidato Ati-
ku Abubakar, vicepresidente ai tempi di
Olusegun Obasanjo (dal 1999 al 2007).
Considerato uno degli uomini più ricchi
della Nigeria, ex doganiere diventato im-
prenditore dell’import-export, del petrolio
e delle telecomunicazioni, Abubakar è stato
più volte accusato di corruzione e conlitto
d’interessi, anche se non è mai inito in tri-
bunale. A 72 anni, già candidato tre volte
alle presidenziali, Abubakar non sembra
l’uomo nuovo ma un politico che sa fare be-
ne i suoi conti: alla ine del 2017, ha abban-
donato l’Apc per tornare all’opposizione.
Promettendo di risollevare l’economia e
di raccogliere la sida della sicurezza, Abu-
bakar ha scelto come strategia di denuncia-
re i fallimenti del suo avversario. “Non pro-
pone nulla di concreto”, fa notare un giova-
ne leader dell’Apc. “Se dovesse vincere, la
Nigeria farebbe un passo indietro nella lotta
alla corruzione”.
Tra i due principali sidanti, entrambi
originari del nord del paese, una cosa è cer-
ta: la partita è ancora aperta. u cp
 Camerun SUDAN

Disobbedienza
L’oppositore in arresto continua
MohAMMED AL-ShAIKh (AFP/GEtty)

A quaranta giorni dall’inizio del-

le proteste non si ferma la conte-
stazione contro il presidente su-
danese omar al Bashir, al potere
dal 1989. Il sito Al Taghyeer
parla delle manifestazioni del 29
gennaio a Khartoum, le più am-
BAHREIN pie degli ultimi tempi, in cui so-
ZohrA BENSEMrA (rEutErS/CoNtrASto)

Confermato no state ricordate le decine di

persone morte dal 19 dicembre
l’ergastolo 2018. Anche a Port Sudan ci so-
no state iniziative per ricordare
La corte suprema ha conferma- le 22 persone uccise dalla polizia
to il 28 gennaio le condanne in città nel 2005, nel corso di
all’ergastolo del leader sciita una precedente ondata di conte-
Sheikh Ali Salman (nella foto, stazione. Alcune forze politiche,
protesta contro il suo arresto nel tra cui il Partito comunista suda-
2016) e di altri due esponenti del nese, hanno chiesto ad altri par-
Il 28 gennaio a Douala è stato arrestato l’ex candidato alle
partito Al Wefaq, oggi fuorileg- titi dell’opposizione di sostenere
ge. Per Al Khaleej, il verdetto presidenziali del 2018 Maurice Kamto (nella foto), scrive
le proteste e la “disobbedienza
s’inserisce nella “guerra fredda” Journal du Cameroun. Il leader del partito civile” ino alla caduta del regi-
condotta da Arabia Saudita, d’opposizione Movimento per la rinascita del Camerun me. Il 30 gennaio le forze di si-
Emirati Arabi uniti e Bahrein continua a contestare la rielezione del presidente Paul curezza hanno arrestato Ma-
contro il Qatar. I tre imputati so- Biya. Per questo il 26 gennaio Kamto aveva organizzato riam Sadiq al Mahdi, la iglia di
no stati ritenuti colpevoli di aver una serie di manifestazioni nelle principali città del paese. un leader dell’opposizione.
fatto la spia a favore del Qatar
Quel giorno le forze dell’ordine hanno sparato sulla folla,
durante le proteste del 2011 con-
tro il governo sunnita del paese. ferendo sei persone, e hanno poi arrestato 117 persone.
Nelle stesse ore una cinquantina di manifestanti ha invaso
l’ambasciata camerunese a Parigi. u
PALESTINA

Dimissioni, ECONOMIA Di Maio e Matteo Salvini, che le-

annunci e morti Il franco Cfa gano il franco Cfa al lusso dei
migranti africani diretti in Euro-
Il 29 gennaio il governo palesti- tra due elefanti pa: “Spesso i migranti non pro-
nese di ramallah ha dato le di- vengono neanche da paesi che
missioni a causa dei persistenti “Quando due elefanti combat- adottano il franco Cfa”. Questa IN BREVE
dissensi tra le diverse organiz- tono, è l’erba che sofre di più”. moneta, lanciata quasi ot- Burkina Faso Il 27 e il 28 gen-
zazioni, scrive Wafa. Il 28 gen- Su Le Monde Afrique l’econo- tant’anni fa, “crea molti proble- naio almeno 14 persone sono
naio il primo ministro israelia- mista togolese Kako Nubukpo si mi all’Africa: problemi di eredità morte in due attacchi di gruppi
no Benjamin Netanyahu ha an- dice preoccupato che, nello coloniale e postcoloniale, di so- armati contro un mercato a Siki-
nunciato che non rinnoverà il scontro tra Francia e Italia sul vranità politica e di compatibili- ré e una base militare a Nas-
mandato della missione inter- franco Cfa, siano gli africani a ri- tà con lo sviluppo economico dei soumbou, nel nordest del paese.
nazionale di osservatori a he- metterci. Come paese dell’euro- quattordici paesi che la usano. Siria Le forze arabocurde han-
bron, in Cisgiordania. tra il 25 e zona, l’Italia ha diritto a parteci- C’è bisogno di rispolverare in no conquistato il 23 gennaio Ba-
il 27 gennaio sono stati uccisi pare al dibattito su una moneta modo serio il dibatto sul franco ghouz, l’ultimo villaggio con-
quattro palestinesi dall’esercito vincolata all’euro, sostiene Nu- Cfa, soprattutto alla luce delle trollato dal gruppo Stato islami-
o dai coloni israeliani: Ayman bukpo, ma lo fa per le ragioni dinamiche demograiche africa- co nell’est del paese.
hamed, Ehab Abed, riyad Sha- sbagliate, perché “la moneta ne, che richiedono la creazione Zimbabwe Il 29 gennaio è stato
masneh e hamdi Naasan. Il 30 africana è un pretesto per attac- di nuovi posti di lavoro per i gio- liberato su cauzione il principale
gennaio una donna è stata ucci- care Parigi sulla questione dei vani. Gli africani, però, sarebbe- attivista dell’opposizione, il pa-
sa alla periferia di Gerusalem- migranti e dell’applicazione del ro ingenui a pensare di aver tro- store Evan Mawarire. Era stato
me dopo aver tentato di accol- regolamento di Dublino”. La re- vato nei due politici italiani degli arrestato il 16 gennaio con l’ac-
tellare un soldato israeliano a altà è lontana da come la descri- ardenti difensori del loro diritto cusa di aver istigato le recenti
un checkpoint. vono i due ministri italiani Luigi al benessere economico”. proteste contro il governo.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 29

Europa
In ordine sparso
verso la Brexit
Stephen Bush, New Statesman, Regno Unito
I britannici non vogliono uscire Manifestazione contro la Brexit a Londra, il 29 gennaio 2019
dall’Unione senza un accordo,
ma in parlamento non si trova
una posizione comune. Neanche
sull’opportunità di rimandare la
scadenza del 29 marzo

a Brexit ci sarà, l’unica questione

L ancora aperta è in che termini.

PETER NIChoLLs (REUTERs/CoNTRAsTo)

Questo è il dato che emerge chia-

ramente dalla votazione parla-
mentare del 29 gennaio, con cui la camera
dei comuni ha respinto tre emendamenti
che le avrebbero permesso di esercitare al-
meno un minimo di controllo diretto sul
processo di uscita del Regno Unito
dall’Unione europea.
Il primo a essere respinto è stato quello
presentato dal leader laburista Jeremy Cor- portare avanti il processo della Brexit e, co- A questo punto è evidente che, per moti-
byn. Perino il suo semplice suggerimento me Corbyn, è favorevole alla permanenza vi legati alla possibile reazione dei loro elet-
di ricorrere a una seconda votazione popo- del Regno Unito nell’unione doganale ma tori, i deputati non sono disposti ad appog-
lare era troppo radicale per ottenere il con- non nel mercato unico. Queste credenziali giare la proposta di rimandare l’uscita
senso di tutti i deputati del Labour. In segui- possono aver convinto qualcuno, ma non dall’Unione. Questo vuol dire che non si
to altri due emendamenti – quelli del con- sono bastate a far passare l’emendamento. troverà nemmeno una maggioranza favo-
servatore Dominic Grieve e della laburista Tra i parlamentari che hanno votato contro revole alla convocazione di un secondo re-
Yvette Cooper – sono stati respinti ad ampia c’erano anche Jim Fitzpatrick, John Mann e ferendum, anche se lo spauracchio di
maggioranza. Ian Austin, che nel 2015 sostennero la sua un’uscita senza accordo (il cosiddetto no
Anche se 17 deputati conservatori non candidatura a leader del Partito laburista. deal) non è escluso. Ma le cose possono
hanno seguito l’indicazione di sostenerle cambiare. Il parlamento non ha idee chiare
arrivata direttamente dal governo, le pro- sulla Brexit, ma sa bene quello che non vuo-
poste di Grieve e Cooper sono state afossa-
te dai ribelli del partito laburista: sedici de-
L’opinione le: un’uscita senza accordo e il cosiddetto
backstop, cioè la soluzione pensata per evi-
putati hanno votato contro e altri si sono
L’equivoco di fondo tare il ritorno del conine tra la Repubblica
astenuti. La bocciatura dell’emendamento u Gli emendamenti proposti al parlamento di d’Irlanda e l’Irlanda del Nord. Tuttavia, per
Cooper, che proponeva di posticipare di al- Londra non risolvono nulla. Ma dimostrano che raggiungere un accordo con l’Unione euro-
meno tre mesi la data della Brexit, prevista negli ultimi due anni il governo e i deputati bri- pa il backstop è essenziale.
per il 29 marzo, è particolarmente signiica- tannici si sono inilati in un labirinto senza usci- Che concessioni sono disposti a fare i
tiva. I sostenitori di una Brexit “morbida” (e ta. Sabine Weyand, la vicecapo negoziatrice britannici? Con l’avvicinarsi del baratro, i
anche molti deputati contrari all’uscita europea, lo ha detto chiaramente: “Non ci sa- deputati dovranno concentrarsi su come
dall’Unione) speravano che l’emendamen- ranno altri negoziati”. Ma Londra ancora una impedire un’uscita senza accordo. In que-
volta non ha ascoltato. ha continuato a ripetere
to avrebbe avuto l’appoggio dei deputati sto momento, l’ipotesi più probabile è che,
quello che si era detto per due anni. I politici
laburisti contrari alla Brexit ma che rappre- pur di evitare il no deal, si decidano a votare
britannici ormai parlano solo a se stessi. Pole-
sentano collegi elettorali, come quello della mizzano, fanno piani e studiano intrighi che li un piano molto simile a quello già stipulato
stessa Cooper, in cui al referendum del portano a nuovi compromessi, identici a quelli da Theresa May. Un’altra importante que-
2016 una maggioranza schiacciante aveva vecchi. Il fatto che senza il consenso di Bruxel- stione ancora aperta è se Jeremy Corbyn
votato a favore dell’uscita dall’Europa. les nulla di tutto questo funzionerà non è preso riuscirà a ottenere che il paese rimanga
Cooper si è impegnata personalmente a in considerazione. Die Zeit nell’unione doganale. u bt

30 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 Austria UcrAinA

le mine
Violenze in aumento del donbass
Mentre si avvicinano le elezioni
Falter, Austria presidenziali del 31 marzo,
Tra il 2015 e il 2018 il numero dei l’ucraina fa i conti con il duris-
simo bilancio del conlitto in
femminicidi in Austria è più che
Donbass. Secondo l’ong britan-
raddoppiato e le violenze di genere nica Halo trust, che si occupa
sono nettamente aumentate. La della rimozione di residui belli-
greciA-MAcedoniA questione è al centro di un aspro ci, il paese è tra i più infestati
Un accordo scontro ideologico: la destra (tra cui dalle mine al mondo. Negli ulti-
mi cinque anni almeno 1.900
l’Fpö, che fa parte della coalizione di
storico governo) sostiene che è tutta colpa persone sono rimaste uccise o
ferite nello scoppio di mine o di
Più di 27 anni dopo l’indipen- dell’immigrazione, mentre la sinistra
altri ordigni esplosivi nelle zone
denza della Macedonia, la Gre- ribatte che tra i due fenomeni non c’è nessun di guerra nell’est del paese. Nel
cia ha inalmente risolto la sua collegamento. La verità è più complessa, scrive Falter. “È 42 per cento dei casi erano civi-
controversia con Skopje. Il 25 vero che gli austriaci non hanno certo imparato la violenza li, scrive Euronews. Secondo i
gennaio il parlamento greco ha dai profughi. Ma le statistiche dimostrano che negli ultimi dati di Halo trust, nel paese ci
approvato con 153 voti favorevoli anni c’è stato un netto cambiamento. Tra i motivi sono ancora 15mila chilometri
e 146 contrari l’accordo di Pre- quadrati di terreni minati, spes-
dell’aumento della violenza contro le donne c’è il numero
spa, in base al quale la repubbli- so aree agricole o vicine a zone
ca ex jugoslava adotterà il nome crescente di giovani uomini che provengono da società
abitate.
di Macedonia del Nord e otterrà patriarcali e vivono in Austria senza famiglia e senza igure
il riconoscimento di Atene. Per femminili di riferimento. Inoltre molte donne provenienti
il premier Alexis Tsipras è la ine da famiglie immigrate cominciano a esigere più
di una durissima battaglia politi- indipendenza e iniscono vittime di delitti d’onore”.
ca. Nei giorni precedenti miglia- Servirebbero più prevenzione e più assistenza ai soggetti a
ia di persone, convinte che il no-
SeRTAC KAYAR (ReuTeRS/CoNTRASTo)

rischio, conclude il settimanale, ma il governo ha appena

me Macedonia dovesse riferirsi
solo alla regione nel nord della tagliato i già esigui fondi a disposizione degli assistenti
Grecia, avevano manifestato sociali e dei centri antiviolenza. ◆
contro l’accordo. “Tsipras ha
sottovalutato l’indignazione di
gran parte della società, che po- Belgio sistema, non il clima”, i dimo-
trebbe favorire i neonazisti di stranti nella capitale belga han-
Alba dorata alle elezioni in au-
giovani no risposto all’appello delle or-
tunno”, commenta To Vima. per il clima ganizzazioni Rise for climate in BreVe
“Non a caso ha subito cercato di Belgium e Youth for climate. A Turchia un tribunale turco ha
spostare l’attenzione annun- Il 27 gennaio circa 150mila per- dicembre quest’ultima aveva ordinato la scarcerazione di
ciando l’aumento del salario mi- sone, di cui metà a Bruxelles lanciato la mobilitazione degli Leyla Güven (nella foto), deputa-
nimo a 650 euro”. Secondo (nella foto), hanno manifestato studenti che ogni giovedì mani- ta del partito Hdp. Güven era
Kathimerini, invece, “per chi in Francia e in Belgio per chie- festano invece di andare a scuo- stata arrestata a gennaio del
ha seguito dall’inizio questa sa- dere politiche più ambiziose per la. La forte partecipazione dei 2018 per aver criticato l’inter-
ga, l’accordo è un buon compro- la lotta al cambiamento climati- giovani non è casuale, sottolinea vento dell’esercito turco contro
messo. Il miglioramento dei co. Con lo slogan “Cambiamo il Le Soir, che ricorda come se- le milizie curde in Siria. Da no-
rapporti con il paese vicino condo uno studio dell’università vembre era in sciopero della fa-
dev’essere un’opportunità di di Gand “l’ambiente e il cambia- me per protestare contro l’isola-
crescita per la Grecia”. Il 28 gen- mento climatico sono al settimo mento del leader curdo Abdul-
naio la Nato ha riaperto la pro- posto tra le preoccupazioni dei lah Öcalan, in carcere dal 1999.
GeeRT VANDeN WIjNGAeRT (AP/ANSA)

cedura per l’adesione della Ma- belgi di più di 50 anni, ma al pri- Regno Unito Alex Salmond, ex
cedonia, che era stata bloccata mo per i giovani tra i 18 e i 25 an- irst minister scozzese ed ex lea-
da Atene e consoliderebbe la ni”. Secondo il politologo Carl der dello Scottish national party,
posizione dell’alleanza di fronte Devos è “una piccola rivoluzio- è stato arrestato il 24 gennaio.
ai tentativi della Russia di esten- ne” che potrebbe favorire i Verdi Subito rilasciato su cauzione, è
dere la sua inluenza nei Balca- alle elezioni legislative del 26 stato incriminato per due casi di
ni. Il processo si potrebbe con- maggio, quando si svolgeranno tentato stupro e diverse aggres-
cludere entro luglio. anche le europee. sioni sessuali.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 31

 Visti dagli altri
Castelnuovo di Porto, Roma, 23 gennaio 2019. Durante la chiusura del centro d’accoglienza
MATTeo MINNeLLA (oNeSHoT)
Abbandonati in strada
senza un’alternativa
Constanze Reuscher, Die Welt, Germania
Il centro d’accoglienza di
Castelnuovo di Porto è stato
chiuso all’improvviso. Alcuni
ospiti sono stati trasferiti, altri
sono rimasti senza un alloggio.
Il reportage della Welt
a freddo, la temperatura siora lo
F zero, e il vento soia da nord nella
valle attraversata dal Tevere vici-
no a Roma, quando due uomini e
una donna neri si mettono in cammino. La
giovane nigeriana, che non vuole dire il
suo nome, ha i piedi nudi e indossa delle
ciabatte infradito. Ha una giacca a vento
leggera e un berretto, presi da un pacco
della Caritas. Lei e i suoi amici si incammi-
32 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
nano per una strada di campagna trasci-
nando pesanti valigie. Hanno il vento con-
tro. Sono appena stati cacciati dal loro al-
loggio, il centro di accoglienza per richie-
denti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto,
un comune alle porte di Roma.
L’ordine di sgombero del centro è arri-
vato il 20 gennaio, senza preavviso, diret-
tamente dal ministero dell’interno. Dal 22
gennaio ogni giorno un gruppo di persone
deve lasciare il centro. Fino a poco tenpo fa
qui vivevano 550 persone. È uno dei Cara
più grandi d’Italia e ha ospitato ino a mille
persone.
Il “decreto Salvini”, come viene chiama-
to sui giornali italiani, rende più rigide le
leggi sulla sicurezza e sull’immigrazione.
Prevede l’espulsione dei migranti irregola-
ri, che in Italia sono più di mezzo milione,
ma in realtà non farà che aumentarli, per-
ché non prevede più la protezione umanita-
ria, una forma di tutela garantita inora alle
persone che hanno subìto violenze e torture
anche nei paesi di transito come la Libia.
I circa 130mila migranti che oggi vivono
nei centri di accoglienza e aspettano un
permesso di soggiorno pagheranno le con-
seguenze dall’abolizione della protezione
umanitaria e non saranno più tutelati dallo
stato. Probabilmente solo una piccola parte
di loro, il dieci per cento circa, potrà ottene-
re asilo. A Castelnuovo di Porto speravano
di ottenerlo trecento migranti.
I tre nigeriani non vogliono dire perché
sono scappati dal loro paese. Forse hanno
paura di essere espulsi, visto che l’Italia ha
un accordo di rimpatrio con la Nigeria. An-
che loro avevano chiesto la protezione uma-
nitaria, inora ai nigeriani veniva data. Salo-
mon, 25 anni, comincia a dire qualcosa su
Boko haram, l’organizzazione terroristica
che da anni compie attentati in Nigeria. Il
terrore ha messo in fuga milioni di nigeria-
ni. È per questo che i tre sono scappati dal
loro paese? La ragazza issa l’asfalto e resta
in silenzio. Andranno da un amico che vive
nel vicino comune di Monterotondo e che li
ospiterà per tre giorni. Restano ottimisti e
sperano in una “vita migliore” in Italia, dice
Salomon. Pensano di essersi lasciati il peg-
gio alle spalle. Nel 2016 sono fuggiti dal loro
paese. Ci hanno messo nove mesi per arri-
vare in Libia attraversando il Niger e il Mali.
Una notte, nella primavera del 2017, si sono
imbarcati su un gommone diretto verso
l’europa. La guardia costiera italiana li ha
soccorsi nel Mediterraneo. Poi sono arriva-
ti a Castelnuovo di Porto in attesa dei docu-
menti. e ora sono stati cacciati.
Non sanno che senza un permesso di
soggiorno nessuno gli affitterà una casa.
Senza una residenza non avranno il per-
messo di soggiorno né troveranno un lavo-
ro, che a sua volta è indispensabile per otte-
nere i documenti. È un circolo vizioso: sen-
za un tetto e senza un lavoro dovranno na-
scondersi, diventare invisibili. e poi? La
ragazza potrebbe inire nel giro della prosti-
tuzione, mentre i due ragazzi potrebbero
lavorare in nero in condizioni di semi-schia-
vitù o mettersi al servizio di qualche spac-
ciatore, sempre che non cadano nelle mani
della maia nigeriana che ormai prospera
anche in Italia. Chi critica il decreto Salvini
teme che la tesi del ministro – più migranti
uguale più criminali – ora possa efettiva-
mente diventare realtà visto che molti stra-
nieri non saranno più protetti dallo stato. I
rimpatri annunciati inora non ci sono stati.
L’Italia ha stretto accordi con quattro paesi
africani, ma solo la Tunisia collabora. Salvi-
ni stesso dice che ci vorrebbero ottant’anni
per rimpatriare tutti gli “illegali”.
Gli abitanti di Castelnuovo di Porto so-
no molto solidali con i migranti. Portano
borse e valigie piene di scarpe e indumenti
pesanti nella tenda allestita da un’organiz-
zazione di volontariato davanti alla struttu-
ra sgomberata. Sara Cipriani sistema ma-
glioni e sciarpe, “le persone devono almeno
stare calde”, dice. Mentre riordina le vali-
gie, Brunella Sermoneta racconta di essere
ebrea. “Nel 1938 mia madre è dovuta scap-
pare in Svizzera per fuggire alla deportazio-
ne”, dice. La politica di Salvini la “disgusta”.
La modalità dello sgombero ricorda “i lager
nazisti”, ha detto in parlamento Roberto
Morassut, del Partito democratico, che ha
chiesto che il ministro Salvini riferisca al
parlamento su quanto è successo.
Partito l’ordine di sgombero, 35 migran-
ti sono stati caricati su dei pullman senza
sapere dove sarebbero stati portati. Nella
scuola di Castelnuovo di Porto, un paese
adagiato su una collina di tufo 35 chilometri
a nord di Roma, i banchi dei bambini che
vivevano nel Cara sono improvvisamente
rimasti vuoti, senza che maestre e maestri
ne sapessero nulla.
I francescani di Assisi hanno twittato
indignati: “Padre, perdonali perché non
sanno quello che fanno”. I migranti sono
stati portati via “come bestie”, ha detto il
sacerdote della parrocchia locale, José Ma-
nuel Torres, protestando davanti alla strut-
tura. In tutta Italia ci sono state manifesta-
zioni di protesta contro la chiusura del Cara.
Una parlamentare si è messa davanti a un
autobus carico di migranti impedendone
per ore la partenza.
A scuola i banchi
dei bambini che
vivevano nel Cara
sono rimasti vuoti
Anche il sindaco di Castelnuovo di Por-
to, Riccardo Travaglini, è indignato. Come
molti cittadini che protestano, non è “uno
di sinistra”, in passato ha votato anche a de-
stra, spiega durante il terzo giorno di sgom-
bero. Ma un esperimento d’integrazione
come quello di Castelnuovo non doveva
essere spezzato in quel modo. Lo sgombero
è stato disumano. Nessuno – autorità, di-
pendenti comunali, lavoratori, cittadini – è
stato avvertito.
I sindacati regionali manifestano da-
vanti al Cara. Se il 31 gennaio il centro sarà
smantellato, 120 persone perderanno il la-
voro. “Giustizia per i lavoratori, giustizia
per i cittadini di Castelnuovo!”, grida un di-
pendente al megafono. “Il governo non può
cancellare così dei posti di lavoro”.
La cooperativa Auxilium provvedeva
all’assistenza medica e psicologica, alla
consulenza legale, ai corsi di lingua e alla
formazione professionale. Alcuni migranti
lavoravano per la comunità come giardinie-
ri o spazzini.
Il ricollocamento, la ripartizione dei ri-
fugiati in altri paesi europei, funzionava
senza intoppi. Delle 8.000 persone arrivate
qui dal 2008, 5.000 hanno regolarmente
proseguito il loro viaggio verso altre desti-
nazioni.
Nel giovedì santo del 2016 papa France-
sco è venuto qui e si è inginocchiato davanti
ai migranti per il rituale lavaggio dei piedi.
Per i dipendenti di Auxilium la chiusura del
Cara è incomprensibile. Alcuni di loro, co-
me il senegalese Alioune Camara, 33 anni,
erano riusciti a fare il passaggio da ospiti del
centro a dipendenti. Camara ha aittato un
appartamento a Castelnuovo di Porto e il
resto dello stipendio lo spedisce alla fami-
glia in Senegal. ora nemmeno lui sa cosa
fare: “Se non trovo un lavoro, dopo dieci an-
ni di vita in regola non potrò più avere i do-
cumenti”, dice. Il suo telefono squilla, sullo
schermo appare l’immagine di un uomo dai
capelli bianchi. “Mio padre”, dice Camara
scusandosi. “Non sa ancora niente ma deve
aver intuito qualcosa”.
Solidarietà difusa
Dietro la recinzione, nel cortile del centro,
sono parcheggiati due autobus turistici. I
migranti caricano a bordo sacchi di plastica
e valigie. Quindici saranno portati in picco-
le strutture in Umbria, mentre altri 45 an-
dranno in Toscana. Nel pomeriggio ne sono
partiti settantacinque.
Davanti alla struttura c’è un ragazzo con
una valigia, la gente lo abbraccia. È Nicola,
un giovane della Guinea che il primo giorno
dello sgombero era stato caricato insieme
ad altri su un pullman per Roma e che da
allora dorme alla stazione Termini. I volon-
tari lo hanno trovato e gli hanno detto di
tornare perché per lui avevano una soluzio-
ne migliore.
A Castelnuovo e da tutta Italia in molti
hanno contattato il sindaco per accogliere i
migranti in casa loro. A Castelnuovo le pri-
me quattro richieste sono state autorizzate.
Il sindaco Travaglini ha combattuto con il
ministero dell’interno per velocizzare la
procedura. ora è soddisfatto, “soprattutto
perché le famiglie che avevano bambini in
età scolastica sono rimaste qui con noi”. Lui
stesso il primo giorno dello sgombero ha
accolto la giovane somala Mouna a casa
sua. u nv
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 33
 Visti dagli altri
GIULIo NAPoLITANo (BLooMBeRG/GeTTy)
Il governo è spaccato
sull’ambiente
Paola Tamma, Politico, Belgio
Le promesse ambientaliste fatte
dai cinquestelle in campagna
elettorale sono rimaste lettera
morta. Ha avuto la meglio la
strategia della Lega, favorevole
alle grandi opere
n Italia la litigiosa coalizione di gover-
I no è sempre più in diicoltà a causa
delle posizioni molto diverse al suo
interno sui temi dell’ambiente. In
campagna elettorale il Movimento 5 stelle
si era schierato contro diversi grandi pro-
getti d’infrastrutture, e a marzo del 2018 ha
vinto le elezioni anche grazie all’appoggio
di organizzazioni locali particolarmente
attente al tema. La sua alleata di governo, la
Lega, è invece favorevole ai progetti ferro-
viari e per il trasporto di gas e petrolio, e i-
nora ha avuto la meglio nelle dispute inter-
ne sulla loro approvazione.
Mentre la Lega cresce nei sondaggi gra-
zie alla sua intransigenza sull’immigrazio-
ne, i cinquestelle continuano a fare una
concessione dopo l’altra, perdendo consen-
si. Il braccio di ferro più recente riguarda il
34 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
contestato collegamento ferroviario ad alta
velocità con la Francia conosciuto come
Tav, sul quale il governo deve prendere al
più presto una decisione deinitiva. Il pro-
getto è osteggiato dai cinquestelle e soste-
nuto dalla Lega.
Mesi fa il ministro dei trasporti Danilo
Toninelli, dei cinquestelle, ha commissio-
nato un’analisi costi-beneici per permette-
re al governo di decidere se continuare o
sospendere i lavori. Una fonte a conoscenza
dei risultati dello studio ha rivelato a Politi-
co che l’opera sarebbe un enorme spreco di
denaro: anche pagando i 3,4 miliardi di euro
di penali previste, all’Italia converrebbe co-
munque abbandonare il progetto.
Per ora il ministero dei trasporti non ha
voluto fare commenti. Ma il leader della Le-
ga Matteo Salvini rimane favorevole. “La
Tav va fatta, anche perché costa più non far-
la che farla”, ha detto il 24 gennaio.
I 270 chilometri di questa nuova linea
Torino-Lione dovrebbero essere completa-
ti entro il 2030. L’obiettivo è velocizzare il
traico di passeggeri e merci tra i due paesi.
Il progetto include un tunnel sotto le Alpi di
57 chilometri, che costerebbe 8,6 miliardi di
euro, inanziati al 40 per cento dall’Unione
Saint Martin de la Porte, Francia,
14 gennaio 2019. Nei pressi del
cantiere per il Tav
europea, al 35 per cento dall’Italia e al 25 per
cento dalla Francia.
Élisabeth Borne, la ministra dei traspor-
ti francese, ha accettato di sospendere i la-
vori ino a quando l’analisi costi-beneici
non sarà pubblicata e discussa con Toninel-
li. Il ministro italiano sta dando gli ultimi
ritocchi al documento, ma non ha ancora
inviato nulla né a Parigi né a Bruxelles, co-
me spiega un portavoce del ministero. Stan-
do alle sue informazioni, il governo discu-
terà la cosa solo una volta concluse le tratta-
tive con Parigi e Bruxelles. Nel frattempo, il
timore che i cinquestelle cedano e iniscano
per approvare il Tav alimenta la rabbia tra i
loro elettori. La situazione peggiorerà se le
cifre non confermeranno le argomentazio-
ni economiche contro il progetto. “Il gover-
no non ha più scuse”, dice l’ingegnere Al-
berto Poggio, che fa parte di un gruppo di
esperti vicino al movimento No Tav. Secon-
do Poggio, i inanziamenti per il nuovo per-
corso dovrebbero essere usati per la manu-
tenzione e l’ammodernamento delle infra-
strutture esistenti, a partire dalla linea fer-
roviaria che già collega Francia e Italia.
Gas e acciaio
Alle elezioni dello scorso marzo, i cinque-
stelle hanno ottenuto il 32,7 per cento dei
voti contro il 17,4 per cento della Lega. Ma
da allora, secondo i sondaggi, la Lega sareb-
be salita al 35 per cento, mentre i cinque-
stelle sarebbero scesi al 25 per cento.
Le pressioni della Lega hanno costretto
i cinquestelle a rimangiarsi molte delle pro-
messe fatte agli ambientalisti. Il governo ha
confermato la costruzione di un gasdotto
che completerebbe il Corridoio meridiona-
le del gas tra l’Azerbaigian e l’europa, pro-
getto che i cinquestelle avevano promesso
di bloccare. Il movimento non ha nemme-
no mantenuto la promessa di chiudere lo
stabilimento dell’Ilva, la più grande accia-
ieria d’europa che da decenni inquina la
città di Taranto con le sue emissioni letali. A
dicembre il governo ha dato il via libera a
un’altra linea ad alta velocità, sulla tratta
Milano-Genova, nonostante il parere nega-
tivo di un’altra analisi voluta dal governo.
“Nei territori dove i cinquestelle hanno ca-
valcato la protesta, ci saranno delle conse-
guenze”, commenta il vicepresidente di
Legambiente, edoardo Zanchini. u fg
 Immigrazione
Max RoSSI (ReuTeRS/CoNTRaSTo)

GIUSTIZIA

L’Italia
La lunga attesa condannata
“L’ininita vicenda giudiziaria
Siracusa, 26 gennaio 2019. A bordo della Sea Watch 3 dell’omicidio della studente bri-
tannica Meredith Kercher, a Pe-
rugia nel novembre del 2007, si
è arricchita di un nuovo capitolo
e, ancora una volta, non è un ca-
Roma, 20 ottobre 2018
pitolo ediicante”, scrive la Ta-
POLITICA ges-Anzeiger. La Corte euro-
La disputa pea dei diritti umani ha condan-
nato l’Italia a pagare 18.400
con i francesi
FeDeRICo SCoPPa (aFP/GeTTy)

euro ad amanda Knox (nella fo-

to), la coinquilina statunitense
“Non è la prima volta che il rap- di Kercher, perché il primo in-
porto tra le ‘sorelle latine’ passa terrogatorio a Knox si svolse
attraverso fasi tempestose. Ma senza un interprete e senza un
la crisi attuale tra Italia e Francia avvocato. Secondo i giudici, a
è più lunga del solito”, aferma Knox “non è stato concesso il
Le Monde, “e soprattutto nes- beneicio di un’indagine in gra-
Il 19 gennaio 2019 la ong tedesca Sea Watch ha soccorso
suno, da parte italiana, sembra do di far luce sui fatti e le possi-
volerla chiudere. Il 20 gennaio, 47 migranti alla deriva nel Mediterraneo. La nave
bili responsabilità”.
mentre una nave partita dalla umanitaria della ong è rimasta per undici giorni a poca
Libia con un centinaio di mi- distanza da Siracusa, in acque territoriali italiane. Il
granti andava alla deriva nel governo italiano ha autorizzato il 30 gennaio lo sbarco a

JaSoN ReDMoND (ReuTeRS/CoNTRaSTo)

Mediterraneo e l’Italia rimane- Catania dei migranti, tra cui 13 minori, di cui otto non
va sorda alle sue richieste di aiu- accompagnati. Il 29 gennaio “la Corte europea per i diritti
to, il vicepresidente del consi-
umani”, ha scritto Libération, aveva “chiesto al governo
glio Luigi Di Maio (nella foto)
non ha saputo fare altro che italiano di ‘prendere tutte le misure necessarie, il più
prendersela con la Francia, ac- presto possibile’, per dare ai migranti cure mediche, acqua
cusandola di ‘saccheggiare’ e cibo”. Sei paesi europei oltre all’Italia (Germania,
l’africa e di mantenere il con- Francia, Portogallo, Romania, Lussemburgo e Malta)
trollo sul continente grazie al dovrebbero accogliere i migranti. u
franco Cfa”. Due giorni dopo,
prosegue il quotidiano francese,
l’altro vicepresidente del consi-
glio italiano, Matteo Salvini, ha ECONOMIA per il 2020. Secondo il quotidia- AMBIENTE
detto che la Francia ha un pessi-
mo governo e un pessimo presi-
Gli industriali no inanziario britannico, gli in-
dustriali italiani sono impensie-
Il prosecco
dente della repubblica. Questi si lamentano riti da un debito pubblico sem- erode il terreno
attacchi, però, a lungo termine pre più alto, dalla perdita di po-
sono rischiosi perché i due paesi “Le politiche del governo eu- sti di lavoro e dalla nuova rifor- “Dobbiamo aggiungere il pro-
hanno molti interessi in comu- roscettico contro le aziende ma delle pensioni. Tra i più pre- secco italiano alla già lunga li-
ne: dalla lotta contro il terrori- hanno avuto l’efetto di rende- occupati c’è anche “il malcon- sta di cibi e bevande che dan-
smo alla cultura, passando per re gli imprenditori italiani de- cio settore bancario italiano”. neggiano l’ambiente?”, si chie-
l’industria. Parigi e Roma sono gli outsider nel loro paese”, de il Guardian. La richiesta e
SIMoNa GRaNaTI (CoRBIS/GeTTy)

condannate ad andare d’accor- scrive il Financial Times. Da la produzione di questo vino si

do: non si può litigare con il pro- marzo del 2018 – quando si so- sono aumentate negli ultimi
prio secondo partner commer- no svolte le elezioni vinte dai anni. un gruppo di ricercatori
ciale (lo è la Francia per l’Italia e cinquestelle e dalla Lega – a dell’università di Padova ha
viceversa), inoltre il governo di dicembre, i titoli azionari e ob- scoperto che tre quarti delle
Roma non ha nulla da guada- bligazionari italiani hanno perdite di terreno sui pendii
gnare afrontando da solo la perso 150 miliardi di euro. della regione vinicola del Vene-
scena europea. Il suo atteggia- Inoltre, il Fondo monetario in- to sono dovuti alla produzione
mento negli ultimi mesi ha por- ternazionale e la Banca d’Ita- di prosecco. L’equivalente di
tato il paese all’isolamento su lia hanno ridotto, allo 0,6 per quattrocentomila tonnellate di
quasi ogni argomento. cento, le previsioni di crescita Roma, 29 maggio 2018 terreno ogni anno.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 35

Le opinioni

Il cerchio intorno a Trump

si stringe ancora di più
Jill Abramson
oger Stone non ha imparato la lezione avere le informazioni necessarie a contattare Assan­

R del suo idolo Richard Nixon: la toppa ge. A un certo punto, si legge nel documento d’accu­
è sempre peggio del buco. L’arresto in sa, Stone ha cercato di fare pressione su Credico per­
Florida di Stone, ex consigliere del ché mentisse davanti alla commissione sull’intelli­
presidente Donald Trump, era moti­ gence della camera dei rappresentanti e non smen­
vato da presunti reati di depistaggio tisse la testimonianza di Stone di fronte alla stessa
come aver mentito al congresso degli Stati Uniti e commissione. Credico si è appellato al quinto emen­
aver incoraggiato altri a mentire. Vale la pena di leg­ damento (che garantisce il diritto di non rispondere).
gere ogni parola dell’atto d’accusa del Stone si è complimentato con Wiki­
procuratore speciale Robert Mueller, Con l’incriminazione leaks per aver difuso le email di Clin­
fatto di 24 pagine e sette capi d’imputa­ di Roger Stone, il ton e prima delle elezioni ha detto di
zione. Si legge come un romanzo di legame tra gli hacker essere in contatto con Julian Assange,
gangster e contiene perino citazioni russi, Wikileaks che ha deinito “il mio eroe”.
dal Padrino. e i responsabili della Tutto questo comincia a sembrare
Visto che il suo ritornello è sempre campagna elettorale un ilm di gangster. Nel testo del rinvio
stato “negare, negare, negare”, è im­ di Trump è reso a giudizio Stone è stato accusato di aver
probabile che Stone faccia come l’ex più evidente cercato di convincere Credico a “fare
avvocato di Trump, Michael Cohen, e come Pentangeli”. L’espressione evoca
e apparentemente
che diventi il testimone di Mueller Frank Pentangeli (noto come “Frankie
nell’indagine sui presunti rapporti tra il
inconfutabile ive angels”), un personaggio del ilm Il
presidente e la Russia. Ma il suo rinvio padrino. Parte II che per proteggere la
a giudizio è fondamentale, perché collega la campa­ famiglia Corleone mente al congresso dichiarando:
gna elettorale di Trump a Julian Assange e a Wiki­ “Non so niente di questa storia”. Menzogna, intimi­
leaks e alle email del Partito democratico rubate da­ dazione di un testimone e intralcio alla giustizia sono
gli hacker russi, che hanno contribuito ad afossare al centro dell’accusa di Mueller ma, naturalmente,
Hillary Clinton e hanno mostrato il ruolo di Mosca Trump e il suo avvocato hanno minimizzato. Su Twit­
nelle elezioni del 2016. Il procedimento rivela che a ter il presidente si è lasciato andare alla sua solita i­
un funzionario del comitato elettorale di Trump è lippica sulla “caccia alle streghe”.
stato chiesto di “contattare Stone” per sapere quali Con l’incriminazione di Stone, che ha 66 anni,
altre informazioni Wikileaks possedesse su Clinton Mueller ha messo in trappola una persona che cono­
dopo la prima fuga di notizie. L’atto d’accusa non dice sce Trump da trent’anni. Ma inora, come fanno gli
chi ha ordinato al funzionario di parlare con Stone. Ci ailiati alla maia, Stone ha mentito oppure ha tenuto
sono varie ipotesi. la bocca chiusa. L’incriminazione è comunque un
Stone e Trump si conoscono da tempo grazie al passo avanti. Il legame tra gli hacker russi, Wikileaks
famoso avvocato newyorchese Roy Cohn. Stone e e i capi del comitato elettorale di Trump è reso più
Trump si parlavano spesso tra loro, ed è credibile che evidente, e apparentemente inconfutabile. Anche se
sarebbe stato Stone la persona che doveva rimestare a Washington molti sono convinti che Mueller stia
nel torbido di Wikileaks. per concludere le indagini, l’incriminazione di Stone
Con Stone un altro esponente della cerchia ri­ dimostra che il procuratore ci sta ancora lavorando a
stretta di Trump è sotto indagine. Mueller aveva già pieno ritmo.
incriminato Paul Manafort, responsabile della cam­ Questa per Trump è stata una notizia terribile.
pagna elettorale di Trump nell’estate del 2016, quan­ Tanto che, com’era prevedibile, ha cercato di metter­
do sono state difuse le prime email rubate dagli hac­ la in ombra annunciando a sorpresa l’accordo per
ker russi. Manafort è stato condannato ed è in prigio­ mettere ine allo shutdown, il blocco parziale dell’at­
ne da mesi. In passato era stato socio di Stone in uno tività del governo federale, un fatto che presto è di­
studio di lobbisti a Washington. I pezzi del puzzle co­ ventato la notizia principale in molti siti e giornali. JILL ABRAMSON
è una giornalista
minciano a incastrarsi. Questa strategia della distrazione potrebbe oscurare
statunitense. Ha
Tra le accuse più gravi nei confronti di Stone c’è i crimini di uno dei più intimi consiglieri di Trump. diretto il New York
quella di aver minacciato un testimone per nascon­ Ma Mueller ha ancora il pallino del gioco in mano e Times tra il 2011 e il
dere i suoi legami con Wikileaks. Stone ha usato degli l’incriminazione di Stone potrebbe passare alla storia 2014. Ha scritto
intermediari, il teorico del complotto Jerome Corsi e come uno dei momenti cruciali che hanno contribu­ questo articolo per il
il conduttore radiofonico Randy Credico, per poter ito alla caduta del presidente. u f Guardian.

36 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

Le opinioni

Padri in piazza
e igli dietro le sbarre
Amira Hass
on si lascia sfuggire una manifesta- carcerarie che chiudono un occhio). Secondo i pale-

N zione e ha partecipato anche a quel- stinesi, invece, il motivo di queste violente irruzioni
la che si è svolta il 22 gennaio nel e del generale inasprimento delle condizioni riserva-
centro di Ramallah: è un palestine- te ai prigionieri palestinesi è il desiderio del ministro
se sui settant’anni con un berretto della sicurezza israeliano Gilad Erdan d’ingraziarsi i
bianco in testa e capelli che un tem- membri del partito nazionalista del Likud in vista
po devono essere stati rossi. Quel giorno aveva una delle elezioni di aprile.
keiah rossa al collo, gli occhi pieni di lacrime e le lab- L’Israel prison service ha pubblicato immagini e
bra che tremavano. Teneva in mano un cartello con ilmati delle forze speciali che irrompono in una del-
la foto del iglio Rami, un detenuto am- le ali della prigione di Ofer dove sono
ministrativo nelle carceri israeliane. La Oggi 480 palestinesi detenuti 1.200 palestinesi. Gli agenti
fotograia mostrava un ragazzo giova- si trovano in quella sono armati di fucili e manganelli, han-
ne. Ma era una foto vecchia, molto pro- che gli israeliani no il volto nascosto da maschere a gas,
babilmente scattata prima che fosse chiamano indossano divise nere e grigie e sono
processato e condannato all’inizio della detenzione accompagnati da cani addestrati. Ba-
seconda intifada per aver fatto parte amministrativa. sterebbe questo a provocare un infarto
del Fronte popolare per la liberazione Senza processo, ai genitori dei prigionieri, che ancora
della Palestina e per aver fabbricato senza sapere di cosa non sanno quanto di vero ci sia nelle
una bomba piazzata su un autobus a notizie riportate dai mezzi d’informa-
sono accusati,
Gerusalemme e rimasta inesplosa. zione palestinesi: più di cento feriti tra i
Oggi Rami ha trentanove anni. Do- senza prove detenuti, fratture causate dai colpi rice-
po il suo rilascio nel 2014 è stato incar- vuti, uso di gas lacrimogeno, gas al pe-
cerato di nuovo senza processo solo perché un ui- peroncino e proiettili di gomma, tra venti e venticin-
ciale dell’esercito israeliano ha stabilito che rappre- que detenuti ricoverati in ospedale ma poi riportati
senta “un pericolo” e perché alcuni uiciali dei servi- dentro. A cosa bisogna credere?
zi di sicurezza dello Shin Bet hanno bisbigliato qual- Alcuni avvocati hanno incontrato i prigionieri che
cosa all’orecchio di un giudice militare che si è afret- si trovavano nei blocchi in cui gli agenti non hanno
tato a confermare l’ordine di detenzione. Come Ra- fatto irruzione. Tutti hanno avuto problemi respira-
mi, oggi altri 480 palestinesi si trovano in quella che tori a causa del gas lacrimogeno, ma non hanno con-
gli israeliani chiamano detenzione amministrativa. fermato gli altri dettagli perché non erano in contatto
Senza processo, senza il diritto di sapere di cosa sono con i detenuti dell’ala dove sono entrate le forze spe-
accusati, senza prove. È una condizione opprimente, ciali. In seguito un avvocato ha scritto su Facebook
che non ha una ine certa: per la maggior parte dei che non c’è stata alcuna sparatoria. L’avvocato non
detenuti viene infatti prolungata più volte. ha parlato di fratture, ma ha scritto che la maggior
Il 22 gennaio il vecchio è arrivato a Ramallah, in parte dei prigionieri ricoverati ha avuto diicoltà re-
piazza Al Manara, insieme ai genitori di altri prigio- spiratorie. Dovranno passare alcuni giorni prima che
nieri palestinesi, anche loro con la fotograia dei igli si chiariscano tutti i particolari e nel frattempo le loro
in mano. In passato alcune di queste persone sono famiglie sono sempre più angosciate.
state processate per azioni contro l’occupazione e Alla manifestazione di Ramallah hanno aderito
sono inite in carcere. La paura per i propri igli, però, poche decine di persone. La speranza dei promotori,
è sempre più grande della paura per se stessi. tra cui spiccano il partito Al Fatah, Hamas e le orga-
Lo stesso giorno le forze scelte dell’Israel prison nizzazioni di sinistra, era quella di spronare il pubbli-
service hanno fatto irruzione nelle celle della prigio- co palestinese a manifestare solidarietà con i prigio-
ne di Ofer, che dista meno di sette chilometri dal luo- nieri, che oggi sono circa 5.500. AmirA hAss
go della manifestazione. Irruzioni simili c’erano già Si dice che almeno una o due persone in ogni fa- è una giornalista
israeliana. Vive
state il 20 gennaio a Ofer e in altre due prigioni. Le miglia palestinese siano inite in carcere per essersi
a Ramallah, in
autorità dicono di aver coniscato del materiale scrit- opposte all’occupazione. Nonostante questo, in po-
Cisgiordania,
to e non meglio precisati “strumenti di combattimen- chi si sono uniti ai manifestanti. I passanti li guarda- collabora con il
to”, dei cellulari (a diferenza dei prigionieri per reati vano con un misto di tristezza e straniamento, oppu- quotidiano Ha’aretz.
comuni, i detenuti politici palestinesi non hanno ac- re tiravano dritto senza neanche guardarli. Hanno Ha scritto questo
cesso ai telefoni pubblici e per questo cercano di pro- preferito approittare dell’ultimo giorno di vacanza articolo per
curarsi dei cellulari, spesso grazie anche alle guardie dalla scuola per fare acquisti con i igli. u fg Internazionale.

38 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

Stati Uniti

L’ultimo
rifugio
Dave Eggers, The New Yorker, Stati Uniti
Negli Stati Uniti le espulsioni di immigrati senza
documenti sono aumentate, spingendo centinaia
di persone a cercare protezione nelle chiese. La
storia di una famiglia raccontata da Dave Eggers
ei anni fa, sulla riva meridio-

S nale del Rio Grande, Abbie

Arevalo-Herrera e sua iglia
Marcela aspettavano insieme
a un gruppo di migranti il mo-
mento giusto per attraversare
il iume ed entrare negli Stati Uniti. Ave-
vano lasciato l’Honduras cinque settima-
ne prima per scappare dall’ex compagno
di Arevalo-Herrera, che aveva minacciato
di ucciderla. Quel giorno in riva al iume
la donna era triste, perché era il comple-
anno di Marcela, compiva sette anni, e lei
non aveva niente da regalarle. Un uomo
del gruppo le aveva detto: “Vedo se riesco
a trovare una torta, così la tagliamo insie-
me”, ma non era riuscito a raggiungere la
città più vicina. Più tardi si era scusato:
“Ti ho oferto una torta e non sono riusci-
to a procurarmela”. Aveva tirato fuori cin-
quanta dollari dalla tasca e li aveva dati ad
Arevalo-Herrera per la iglia. Poco dopo
madre e iglia attraversarono il iume e
furono fermate dagli agenti della polizia
di frontiera statunitense, che le portarono
in un centro di riconoscimento per mi-
granti a McAllen, in Texas.
Arevalo-Herrera è una donna minuta,
poco sopra il metro e cinquanta, con gli
occhi scuri e brillanti e folti capelli neri.
Ha 31 anni ma sembra molto più giovane.
L’ho incontrata nel settembre del 2018 in
un uicio della Prima chiesa unitaria uni-
versalista di Richmond, in Virginia. In-
ween”. I jeans attillati lasciavano scoperta
la grossa cavigliera elettronica che l’Im-
migration and customs enforcement (Ice,
l’agenzia federale responsabile dell’appli-
cazione delle leggi sull’immigrazione) la
obbliga a portare da tre anni. Mentre par-
lavamo, Arevalo-Herrera si è stroinata
più volte l’avambraccio sinistro, quello
che l’ex compagno, il padre di Marcela,
spesso le afferrava storcendolo. Quel
giorno pioveva a dirotto e l’umidità, mi ha
detto Arevalo-Herrera, accentuava il do-
lore (in alcuni post su Facebook, poi can-
cellati, l’ex compagno ha negato di averla
maltrattata e ha sostenuto di essere stato
un buon padre per Marcela).
Dopo il loro arresto, con i vestiti anco-
ra bagnati per la traversata del iume, ma-
dre e iglia furono trasferite in un centro
Abbie Arevalo-Herrera nella chiesa
MATT EIcH

dossava una maglietta arancione a mani- in cui ha trovato rifugio. Richmond,

che corte con la scritta “Happy Hallo- Virginia, 9 ottobre 2018

40 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 41
Stati Uniti
di detenzione dove l’aria condizionata era
così forte che i detenuti lo avevano ribat-
tezzato “la ghiacciaia”. “Ora mi sembra
di stare lì”, mi ha detto con un sorriso
mentre eravamo nell’uicio della chiesa.
Poi è scesa ed è tornata indossando una
felpa grigia con il cappuccio.
Quando l’ho incontrata, Arevalo-Her-
rera viveva da quattro mesi con la sua fa-
miglia nel seminterrato della chiesa. Mar-
cela, che ora ha undici anni, frequenta la
prima media in una scuola poco distante.
Nel 2017 Arevalo-Herrera ha sposato
Elmer Arita, che ha un permesso di sog-
giorno permanente. Si sono conosciuti in
un ristorante della zona dove entrambi
lavoravano. Hanno un iglio di due anni,
Gabriel, che è nato in Virginia ed è cittadi-
no statunitense (i nomi dei bambini sono
stati cambiati su richiesta della madre).
Gabriel dorme con i genitori in una stanza
che prima serviva da aula per i corsi di re-
ligione. Marcela dorme nella stanza ac-
canto, un ex ripostiglio.
Senza data
Arevalo-Herrera è arrivata negli Stati
Uniti sperando di poter chiedere asilo. Se
si è ritrovata a vivere con la sua famiglia
in una chiesa è per via di una discussa
42 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
norma del dipartimento per la sicurezza
nazionale: gli immigrati irregolari rice-
vono un mandato di comparizione in tri-
bunale su cui non è speciicata né la data
né l’ora. In migliaia di casi le persone
convocate non sanno quando presentar-
si, così sono processate in contumacia.
Far riaprire un caso è molto diicile, se
non impossibile.
I dati di Arevalo-Herrera furono regi-
strati nell’uicio del dipartimento per la
sicurezza nazionale di McAllen. Le die-
dero un documento in cui le ordinavano
di comparire davanti a un tribunale per
l’immigrazione. Sul mandato di compa-
rizione era indicato un indirizzo preciso
– 2009 West Jeferson avenue, suite 300,
Harlingen, Texas – ma senza una data: al
posto del giorno e dell’ora c’era scritto
“da deinirsi”.
Arevalo-Herrera comunicò alle auto-
rità di McAllen l’indirizzo di alcuni suoi
parenti a Richmond. Il dipartimento per
la sicurezza nazionale disse che le avreb-
bero comunicato per posta il giorno in
cui si sarebbe dovuta presentare in tribu-
nale. Madre e iglia presero un autobus
per Richmond e rimasero per qualche
tempo a casa dei parenti. Arevalo-Herre-
ra trovò lavoro, iscrisse la iglia a scuola e
cARLOS BERNATE
Alina Kilpatrick (a sinistra) e Abbie
Arevalo-Herrera a Richmond, il 24
giugno 2018
aspettò la lettera con la data dell’udien-
za. Sostiene di non averla mai ricevuta.
“Non mi è arrivato nessun avviso”, mi ha
detto. Il 10 marzo del 2015 fu processata
in contumacia da un tribunale dell’im-
migrazione di Harlingen, che le ordinò di
lasciare il paese.
Per i tre anni successivi Arevalo-
Herrera ha fatto ricorso contro questa
decisione. Ha continuato a vivere e a la-
vorare a Richmond, e Marcela ha conti-
nuato a frequentare la scuola. Arevalo-
Herrera ed Elmer Arita si sono sposati
nel marzo del 2017. Nell’aprile nel 2018 il
tribunale di Harlingen ha respinto la ri-
chiesta di riapertura del caso, confer-
mando il decreto di espulsione. Arevalo-
Herrera poteva essere allontanata dal
paese da un momento all’altro. E visto
che non si era presentata alla prima
udienza, la sua richiesta di asilo non era
mai stata esaminata.
Il 18 giugno del 2018, con l’aiuto
dell’avvocata Alina Kilpatrick, Arevalo-
Herrera si è trasferita con la famiglia nel-
continua a pagina 44 »
Da sapere
L’immigrazione secondo
Donald Trump
Dara Lind e Javier Zarracina, Vox, Stati Uniti
Le politiche di Washington
colpiscono sia le persone che
cercano di entrare negli Stati
Uniti sia quelle già nel paese
ei primi due anni di mandato
N il presidente Donald Trump
ha colpito gli immigrati più
di quanto abbiano fatto i suoi
predecessori in quattro o otto anni. Il
dipartimento per la sicurezza naziona-
le, il dipartimento di giustizia e il dipar-
timento di stato hanno preso provvedi-
menti per ridurre il numero di migranti
che entrano negli Stati Uniti e per ren-
dere più precaria la vita di quelli che già
vivono nel paese. Del primo gruppo
fanno parte gli arresti e la detenzione di
persone senza documenti. Ecco alcuni
numeri.
436 Gli immigrati che secondo i dati
dell’Ice, l’agenzia federale responsabile
della sicurezza delle frontiere, sono stati
arrestati in media ogni giorno tra feb-
braio del 2017 e settembre del 2018, con-
tro i trecento del 2016. In media 139 del-
le persone arrestate non avevano prece-
denti penali, contro i 47 del 2016.
44.631 Il numero medio di persone che,
secondo i dati raccolti ino al 20 ottobre
del 2018, vivono nei centri di detenzione
dell’Ice. È la cifra più alta mai registrata.
Inoltre sono quattromila persone in più
rispetto al totale autorizzato dal con-
gresso in base agli attuali livelli di inan-
ziamento. Prima di Trump il dato più al-
to si era registrato tra ottobre del 2015 e
settembre del 2016: 34.376.
2.737 I bambini che nel mese di luglio
del 2018 erano stati separati dalle fami-
glie e detenuti nelle strutture governati-
ve in base alla politica di “tolleranza ze-
ro” dell’amministrazione Trump. Il 12
dicembre 131 di loro erano ancora nei
centri di detenzione. Inoltre un numero
imprecisato di bambini – probabilmente
nell’ordine delle migliaia – sono stati se-
parati dai genitori e aidati a un tutore (o
rimessi in libertà) prima di luglio.
14.056 I minori non accompagnati de-
tenuti nelle strutture governative secon-
do i dati aggiornati al 16 novembre 2018.
È il dato più alto mai registrato. Nel 2016
la media mensile era stata di novemila
persone. Il forte aumento del numero di
minori in custodia è dovuto al prolunga-
mento del periodo che i minori trascor-
rono nelle strutture del governo prima di
essere aidati ai tutori.
59 giorni La durata media di perma-
nenza in custodia per un minore non
accompagnato prima di essere aidato
a un tutore, secondo i dati raccolti ino
al 14 settembre del 2018. Nel 2016 la
media era di 35 giorni. Sotto Trump il
dipartimento per la salute e i servizi
umani ha introdotto diversi cambia-
menti procedurali che scoraggiano i di-
pendenti dall’aidare rapidamente i
bambini ai tutori e che fanno rischiare
l’espulsione ai parenti senza permesso
di soggiorno che volessero chiedere in
aidamento i minori.
I rifugiati sono sempre di meno
Nel secondo gruppo rientrano i provve-
dimenti contro i dreamers, le persone
arrivate nel paese quando erano mino-
Da sapere
Porte chiuse
Rifugiati accolti dagli Stati Uniti ogni anno,
migliaia. Fonte: Congressional research service
90
60
30
0
2008 2010 2012 2014 2016
Bush Obama
renni e che nel frattempo si sono fatte
una vita. Gli Stati Uniti non hanno mai
avuto una generazione di immigrati ir-
regolari così integrati nella società. Og-
gi queste persone – che sono circa
700mila – sono protette dal programma
Daca, irmato da Barack Obama nel
2012. Trump sta cercando di cancellar-
lo, spingendo famiglie e intere comuni-
tà in un limbo. Alla ine del 2018 una
corte d’appello ha bloccato il decreto di
Trump per mettere ine al Daca, ma nel
2019 si pronuncerà la corte suprema,
che secondo le previsioni si schiererà
con il presidente.
Poi c’è la questione dello status di
protezione temporanea (Tps), concesso
a persone provenienti da paesi colpiti
dalla guerra o da disastri naturali. Teori-
camente questo tipo di protezione do-
vrebbe essere temporanea, ma quando
Trump si è insediato alla casa Bianca
centinaia di migliaia di persone ne be-
neiciavano da anni, alcune addirittura
da decenni. Molte hanno comprato casa
e messo al mondo igli che sono cittadini
statunitensi. I decreti approvati da
Trump per cancellare queste protezioni
sono stati bloccati dai tribunali, ma oggi
molti immigrati vivono in una condizio-
ne di precarietà. Secondo alcune ricer-
che, le persone che rischiano di perdere
il loro status legale sono 328.386. La
maggior parte proviene da Sudan, Nica-
ragua, El Salvador e Haiti.
Per quanto riguarda l’immigrazione
legale, è diicile valutare le conseguen-
ze delle politiche dell’amministrazione
Trump, perché non si può quantiicare
un’assenza. Da quando Trump è presi-
dente le richieste di visti e green card so-
no state spesso sospese o negate a causa
dell’aumento dei requisiti necessari. Le
domande respinte presentate dagli im-
migrati attualmente residenti negli Stati
Uniti vengono automaticamente inol-
trate all’Ice per valutare l’espulsione.
Grazie a una decisione della corte supre-
ma, l’amministrazione continua a impe-
dire ai cittadini di alcuni paesi (quasi tut-
ti a maggioranza musulmana) di entrare
negli Stati Uniti.
Il sistema di ricollocamento dei rifu-
giati – in cui per decenni gli Stati Uniti
sono stati al primo posto per numero di
persone accolte – è stato quasi smantel-
lato. Gli obiettivi uiciali per il ricolloca-
mento dei profughi sono stati dimezzati
rispetto ai livelli del 2016, mentre il nu-
2018 mero efettivo di ricollocamenti si è ri-
Trump dotto in modo ancora più drastico. u as
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 43
Stati Uniti
la Prima chiesa unitaria universalista, una
“chiesa santuario”, nel senso che ofre un
rifugio alle persone che non hanno i docu-
menti in regola. Anche se l’Ice ha intensi-
icato le ricerche e le espulsioni degli im-
migrati irregolari, i suoi agenti rispettano
il tacito accordo di lasciare in pace le per-
sone che vivono in luoghi come chiese e
scuole. Per questo in tutto il paese ci sono
almeno quaranta tra famiglie e singole
persone che vivono in una chiesa mentre
cercano di mettersi in regola.
Ogni giorno Marcela va a scuola e Ga-
briel al nido, e ogni sera tornano nel loro
seminterrato. Elmer, che per lavoro ripa-
ra tetti, divide il suo tempo tra la chiesa e
un monolocale dove prima abitava tutta
la famiglia. Arevalo-Herrera e il suo av-
vocato sperano di riuscire a far riaprire il
caso. come per decine di migliaia di altri
immigrati, la vita della famiglia è stata
sconvolta dal caos e dalla paura scatena-
ti dalle politiche sull’immigrazione
dell’amministrazione Trump e dalle de-
cisioni contraddittorie dei tribunali, che
ciclicamente alimentano o stemperano il
timore di un’espulsione.
Il 21 giugno del 2018 Arevalo-Herrera
e Kilpatrick hanno ricevuto una notizia
incoraggiante. In un caso simile al loro
che riguardava un mandato di compari-
zione (Pereira contro Sessions), la corte
suprema si era schierata contro il mini-
stro della giustizia Jef Sessions. Sonia
Sotomayor, giudice progressista della
corte, aveva dato un parere sferzante:
“Un mandato che non comunica a un
non cittadino quando e dove deve com-
parire nell’ambito di una procedura di
espulsione non è un ‘mandato di compa-
razione’. Il quadro legale e il buonsenso
conducono inevitabilmente e indiscuti-
bilmente a questa conclusione”.
Kilpatrick ci ha raggiunti in chiesa e ha
detto che la sentenza avrebbe avuto un
forte impatto sui casi esaminati dai tribu-
nali dell’immigrazione. “Le corti d’appel-
lo potranno revocare i decreti di espulsio-
ne emessi in contumacia come nel caso di
Abbie”, ha spiegato. “In questo momento
è la novità più importante nel campo del
diritto dell’immigrazione”.
Un modo per scappare
Ma nel frattempo l’amministrazione
Trump stava creando nuovi ostacoli per
gli immigrati, ancora più diicili da supe-
rare. In primo luogo Sessions ha annulla-
to una decisione del 2016 della commis-
sione d’appello per l’immigrazione, un
organo del dipartimento di giustizia, in
44 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
base alla quale le vittime di violenza do-
mestica potevano chiedere asilo negli
Stati Uniti. “In generale uno straniero
che presenterà una richiesta sulla base di
violenze domestiche o commesse da at-
tori non governativi come le gang non
avrà diritto all’asilo”, ha scritto Sessions.
“Il semplice fatto che un paese non rie-
sca a gestire in modo eicace alcuni cri-
mini non basta a giustiicare una richie-
sta d’asilo”. Poi il ministro ha imposto ai
giudici per l’immigrazione di lavorare di
più (chiudendo almeno settecento casi
all’anno) e ha eliminato la regola che ga-
“Si aggirava intorno
alla nostra casa con un
machete”, racconta
Arevalo-Herrera
rantiva ai richiedenti asilo il diritto a
un’udienza completa davanti a un tribu-
nale. Oggi se un giudice pensa che un
immigrato abbia poche probabilità di ot-
tenere asilo può chiudere la pratica senza
sentire il diretto interessato.
Nel 2012, quando vivevano in Hondu-
ras, il padre di Marcela ha minacciato
davanti ad Arevalo-Herrera di picchiare
la bambina, che allora aveva sei anni.
“La presi tra le mie braccia e corsi in ca-
mera da letto”, mi ha raccontato. “Lui mi
spinse contro il muro. Mi aferrò dal collo
e mi sollevò da terra. Pensai che mi stes-
se uccidendo”. Sua sorella arrivò proprio
in quel momento e si mise a urlare: “La-
sciala!”. L’uomo si calmò. “All’epoca sta-
vo già cercando il modo di andarmene”,
mi ha detto Arevalo-Herrera spiegando
che il padre di Marcela faceva abuso di
Da sapere
La macchina degli arresti
Arresti giornalieri di immigrati senza
documenti. Fonte: Vox
Con Trump
Febbraio 2017-
settembre 2018
Prima di Trump
2016
436
arresti
300
arresti
47 139
senza precedenti senza precedenti
penali penali
alcol e droga e l’aveva minacciata più vol-
te. Arevalo-Herrera andò a vivere dai
suoi nonni, ma il padre di Marcela non ci
mise molto a rintracciarla. “Arrivava e
cominciava ad aggirarsi con un machete
in mano intorno alla casa, facendo chias-
so e urlando mi chiedeva di uscire”.
Denunciarlo alla polizia era inutile.
“All’epoca la polizia era l’istituzione più
pericolosa in Honduras”, mi ha spiegato
Kilpatrick. “È così ancora oggi”, ha ag-
giunto Arevalo-Herrera. Nel 2014 una
missione delle Nazioni Unite ha denun-
ciato la gravità dei rischi che corrono le
donne in Honduras, segnalando che il 95
per cento delle violenze sessuali rimane
impunito.
Secondo Arevalo-Herrera il padre di
Marcela era a conoscenza di questo dato.
Le disse che, anche se lei lo avesse fatto
arrestare, sarebbe tornato libero dopo
pochi giorni. E sarebbe sicuramente sta-
to più arrabbiato di prima e più determi-
nato a ucciderla. così Arevalo-Herrera
mise a punto un piano. All’epoca era di
nuovo incinta. Decise di aspettare il par-
to, di lasciare il bambino con sua madre e
di fuggire con Marcela negli Stati Uniti.
Nel gennaio del 2013 diede alla luce una
bambina. La allattò ino a novembre, poi
la lasciò con sua madre per partire verso
nord con Marcela.
Sono cinque anni che non vede la sua
secondogenita. continua a occuparsene
sua madre, e in parte il suo ex compagno.
Il piano di Arevalo-Herrera è sempre sta-
to di farla venire negli Stati Uniti non ap-
pena lei stessa si fosse sistemata. Per ora
comunicano per telefono o via chat.
Lo sciame protettivo
La BI Incorporated, una consociata della
Geo, azienda specializzata nella gestione
di prigioni private, controlla i movimenti
di Arevalo-Herrera attraverso la caviglie-
ra elettronica, nell’ambito di un pro-
gramma chiamato Intensive supervision
appearance program (Isap). Nel 2014 la
BI Incorporated ha vinto un contratto da
quarantasette milioni di dollari per sor-
vegliare più di ottantamila immigrati at-
tualmente registrati nel programma Isap.
Si tratta di un’alternativa alla detenzione
nei centri per migranti, senz’altro più
umana del carcere. Ma rimane un siste-
ma estremamente rigido e, a quanto pa-
re, redditizio: la BI Incorporated si occu-
pa anche di fabbricare le cavigliere.
Da quando le hanno messo la cavi-
gliera, nel 2015, Arevalo-Herrera ha l’ob-
bligo di presentarsi negli uici dell’Isap
cARLOS BERNATE
Abbie Arevalo-Herrera e i due igli
nella Prima chiesa unitaria universa-
lista di Richmond, il 21 giugno 2018
una volta a settimana e deve essere pron-
ta a ricevere una visita settimanale degli
agenti dell’Isap. Inoltre riceve telefonate
continue dai funzionari del programma.
Quando era incinta di Gabriel le hanno
permesso di togliere la cavigliera per set-
te mesi, ma restava l’obbligo di irma una
volta alla settimana. Tre giorni dopo aver
lasciato l’ospedale dove aveva partorito,
si è dovuta presentare all’Isap. Nel giro di
poco le hanno rimesso la cavigliera, e da
allora non l’ha più tolta.
Una volta trasferita nella chiesa, Are-
valo-Herrera ha smesso di presentarsi
per l’obbligo di firma, ma gli agenti
dell’Isap hanno continuato a chiamarla.
“Fanno degli strani turni: mi chiamano
sempre tra l’una e le quattro di notte”, mi
ha detto. Gli agenti vogliono controllare
che sia nella chiesa, ma la cavigliera ha
un gps, e se viene rimossa fa scattare un
allarme. Quindi sanno esattamente dove
si trova Arevalo-Herrera e se sta portan-
do la cavigliera.
con il passare del tempo si sente sem-
pre meno tranquilla al piano terra della
chiesa. Per cercare di attirare l’attenzio-
ne sul suo caso, l’avvocata ha organizzato
una diretta su Facebook, durante la quale
Arevalo-Herrera ha risposto ad alcune
domande. Il giorno dopo ha ricevuto una
chiamata sul suo cellulare: “Un uomo ha
detto: ‘Bastarda, sei morta! Ti conviene
pregare!’”, mi ha raccontato, imitando la
voce cupa e strascicata dell’uomo. Ora
Arevalo-Herrera preferisce restare nel
seminterrato, che non ha inestre. “Non
mi piace salire qui”, mi ha detto mentre
la pioggia batteva sul lucernario. Ogni
notte un volontario, di solito qualcuno
della parrocchia, dorme su un materasso
nell’androne per non lasciare sola la fa-
miglia. Lo stesso succede in molte chiese
in tutti gli Stati Uniti, dove dei volontari
fanno da sentinelle in caso qualcuno –
agenti dell’Ice o attivisti di destra – do-
vesse provare a entrare.
Arevalo-Herrera mi ha guidato giù
per una scala di cemento, ino al semin-
terrato. Di notte la chiesa, costruita negli
anni settanta del novecento, è fredda co-
me una caverna. Abbiamo attraversato
un grande ambiente usato per i pasti e
per le attività della scuola domenicale,
su cui afacciavano delle stanzette usate
come aule. “Abitiamo qui”, mi ha detto
Arevalo-Herrera indicando una porta a
cui erano attaccati due fogli: sul primo
c’era un foglio con la parola “privato”
stampata in caratteri maiuscoli, sull’altro
Marcela aveva scritto con un pastello
“non entrare o aprire la porta! Senza bus-
sare!”. La porta si apriva su una delle au-
le, che i volontari della parrocchia aveva-
no trasformato in camera da letto. Are-
valo-Herrera si è scusata per il disordine.
Per terra erano sparsi giocattoli, libri e
una confezione di pannolini. Sul tappeto
grigio c’erano due materassi, uno per Ab-
bie ed Elmer, l’altro per Gabriel. In fondo
al corridoio c’era un bagno, e la famiglia
divideva la cucina con il personale della
parrocchia.
Il seminterrato è molto animato, so-
prattutto nel ine settimana, e i primi me-
si la porta della camera di Arevalo-Her-
rera non aveva la chiave. “Non posso
chiudermi nella mia stanza quando dor-
mo”, mi aveva raccontato al telefono,
prima del nostro incontro. “Non è mai
successo nulla, non è mai entrato nessu-
no”, aveva aggiunto, “ma la paura mi ri-
mane dall’Honduras. Ovunque mi trovi,
controllo la porta”.
La sera in cui ho visitato la chiesa Lau-
ra Hastings, una cordiale signora sui cin-
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 45
Stati Uniti
quant’anni, era di turno nell’androne.
Indossava una maglietta verde stinto, un
paio di pantaloni della tuta e scarpe da
ginnastica blu. Era seduta accanto a un
tavolo pieghevole, dove aveva sistemato
il laptop e una bottiglia di coca-cola Ze-
ro. Il suo turno andava dalle otto di sera
alle sette del mattino. “Da qui vedo tutte
e due le porte”, mi ha detto indicando i
due grandi ingressi della chiesa, entram-
bi incorniciati da ampie vetrate. Era la
seconda volta che faceva il turno di notte.
“Durante la prima non è successo nulla
di rilevante”, mi ha detto. Era rimasta
sveglia qualche ora, poi aveva dormito su
un materasso goniabile. “Non c’è moti-
vo di aver paura”, ha detto. “Sono abitua-
ta a stare qui”. Da quando, qualche anno
fa, la chiesa ha esposto sulla facciata uno
striscione con la scritta black lives matter
(le vite dei neri contano), i parrocchiani
si sono abituati alle critiche occasionali
dei passanti o di utenti online.
Hastings fa parte di quello che la chie-
sa chiama lo “sciame”, un gruppo di vo-
lontari pronti a svolgere diverse mansio-
ni, come dormire nell’androne, portare
da mangiare alla famiglia o accompa-
gnare i bambini. Hastings, che lavora
nell’informatica, è cresciuta in South
carolina in una famiglia battista. Sua
madre era una democratica e suo padre
un repubblicano. Da alcuni anni trova
allarmante l’aumento della retorica e dei
comportamenti tipici dei suprematisti
bianchi, che collega all’elezione di Do-
nald Trump. “È come se avesse portato
una legittimazione che prima non c’era”,
ha detto. “È tutto diventato molto più...”
– si è interrotta un attimo e ha guardato la
porta – “direi molto più conlittuale. Le
persone vogliono mettere gli immigrati
in una categoria a parte, li considerano
‘altri’, come se non facessero parte di
questo paese. È triste”.
Siamo persone
Mentre parlavamo, i fari di una macchina
hanno illuminato la inestra davanti a noi
e poco dopo la porta della chiesa si è
aperta. Era Lana Heath de Martinez, una
delle organizzatrici del rifugio. Aveva ri-
accompagnato Marcela e Gabriel, che
erano stati in biblioteca. Marcela, una
ragazza magra, alta già quanto sua ma-
dre, con un paio di grandi occhiali e un
raccoglitore in mano, ha attraversato
frettolosamente l’ingresso ed è scesa
dalla madre. A prima vista sembra una
bambina di 11 anni come tante altre, stu-
diosa e allegra. Ma Marcela vive in un
46 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
seminterrato con la madre, che porta una
cavigliera elettronica e ha ricevuto un
ordine di espulsione. Ha una sorella di
cinque anni che non vede da quando era
neonata. Arevalo-Herrera è convinta che
se dovesse tornare in Honduras con
Marcela, come gli è stato ordinato dal go-
verno statunitense, il suo ex compagno
la ucciderebbe.
Quella stessa sera Arevalo-Herrera
mi ha mostrato anche la camera di Mar-
cela, in origine un ripostiglio in mattoni
di cemento. La ragazza era riuscita
nell’impresa di rendere quello spazio, di
Arevalo-Herrera mi
ha mostrato la camera
di Marcela, un
ripostiglio in mattoni
appena due metri per due metri e mezzo,
un po’ più personale e accogliente. con-
tro una delle pareti color lavanda c’era un
letto a castello. Intorno a un piccolo spec-
chio, Marcela aveva appeso una serie di
coccarde blu e rosse ricevute a scuola e
una decina di segnalibri – un regalo della
scuola precedente – con la scritta “sono
una supercittadina”.
“Le dico sempre che sembra una vec-
chia signora”, ha commentato
Arevalo-Herrera. “conserva
tutto”.
Su una parete Marcela aveva
appeso alcuni suoi disegni.
“Sono le creazioni di mia fi-
glia”, mi ha spiegato Arevalo-Herrera.
“L’arte le piace, ma inora non aveva mai
espresso davvero quello che voleva”.
“Volare libera volare libera”, c’era
scritto su un disegno, e su un altro: “Li-
bera come un uccello”.
“I disegni sulla libertà sono comin-
ciati da quando siamo qui”, mi ha spiega-
to Arevalo-Herrera.
Oggi le rimangono poche vie legali da
tentare, ma nessuna è semplice e tutte di-
pendono dall’intricato e assurdo mondo
delle leggi sull’immigrazione. Se la sen-
tenza Pereira contro Sessions sarà inter-
pretata come sperano Kilpatrick e altri
difensori dei diritti degli immigrati, il de-
creto di allontanamento di Arevalo-
Herrera potrebbe essere annullato, per-
ché non è mai stata informata della data
dell’udienza. Ma questo non farebbe che
riportarla alla procedura di asilo, e la sua
richiesta, da quando l’amministrazione
Trump ha escluso dalla protezione le vit-
time di violenza domestica, ha poche pro-
babilità di essere accolta, forse nessuna.
c’è un modo più semplice per restare
negli Stati Uniti. Dal 2016 la legge fede-
rale prevede che chi risiede regolarmen-
te nel paese può chiedere a sua volta una
green card, un permesso di soggiorno
permanente. Arevalo-Herrera dovrebbe
tornare in Honduras per fare una visita
medica e un colloquio con il ministero
degli esteri, poi, dopo un periodo che se-
condo Kilpatrick potrebbe andare dalle
tre settimane ai tre mesi, avrebbe la pos-
sibilità di tornare negli Stati Uniti con
una green card. Ma secondo l’Ice il pecca-
to originale di Arevalo-Herrera (non es-
sersi presentata alla sua prima udienza)
prevale su qualunque altra considerazio-
ne. Si torna sempre a quella famosa
udienza di cui nessuno le ha mai comu-
nicato il giorno né l’ora. “La cosa più paz-
zesca di questa vicenda”, osserva Kilpa-
trick, “è che l’Ice sa benissimo che il ma-
rito di Abbie ha un permesso di soggior-
no permanente, e che quindi lei ha i re-
quisiti per rimanere negli Stati Uniti
mentre regolarizza la sua situazione. Ma
se ne inischiano”.
Quella sera, mentre eravamo seduti
nella chiesa e la pioggia batteva contro il
vetro sopra di noi, Arevalo-Herrera ha in-
vitato tutti a considerare la sua situazione
diicile come quella di tante al-
tre immigrate. “Vorrei che le
persone ricordassero che, se ve-
niamo qui, è perché nei nostri
paesi soffriamo per davvero”,
ha detto. “Ho visto molte donne
mutilate, a cui avevano tagliato le braccia.
O magari ti tagliano in faccia. Ed è terribi-
le vedere che gli aggressori usano i nostri
igli per ferirci. Forse le persone non san-
no quanto abbiamo bisogno di essere pro-
tette. E non sanno che i nostri governi non
fanno un buon lavoro, non difendono i
diritti delle donne e dei bambini. Ma le
persone che mi sono state vicine negli ul-
timi tempi mi danno speranza”. Si è pas-
sata le mani sul viso, ha chiuso gli occhi e
ha continuato a parlare con gli occhi chiu-
si. “Spero che la gente capisca che anche
noi siamo persone, con la nostra fede e le
nostre speranze. che la nostra dignità è
calpestata. E che è terribile venire qui in
cerca di protezione e non riuscire a tro-
varla”. u fs
L’AUTORE
Dave Eggers è uno scrittore statunitense.
Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Eroi
della frontiera (Mondadori 2017).
Pakistan
Agenti
speciali
Nazish Brohi, Guernica, Stati Uniti
Nei nuclei antiterrorismo delle zone più tradizionaliste del Pakistan la presenza
femminile è diventata necessaria, perché gli uomini non possono perquisire chi
si nasconde dietro un burqa né entrare nelle case dove ci sono donne
uattro agenti osservano in
Q silenzio mentre il sovrin-
tendente capo, che ha orga-
nizzato l’incontro, finisce
di parlarmi delle sue re-
sponsabilità, del suo carico
di lavoro e degli sforzi che fa per reclutare
più donne nelle forze di polizia. Non so
bene come chiedergli di lasciarci da sole
nel suo uicio per permetterci di parlare
più liberamente. Quando ci servono da
bere, si ofre di aiutarci a versare il tè dal
thermos perché la levetta tende a rima-
nere bloccata. Rita, una delle agenti che
mi hanno appena presentato, accenna un
sorriso: “So disinnescare una bomba a
orologeria, signore”. Lui sogghigna, an-
nuisce e se ne va.
Queste donne fanno parte di un corpo
speciale creato per rispondere all’ondata
di terrorismo che ha travolto il Pakistan
dopo l’intervento delle forze alleate gui-
date dagli Stati Uniti in Afghanistan, do-
po l’11 settembre 2001. Rientrano nelle
forze di polizia del Khyber-Pukhtunkh-
wa, una provincia che condivide una
frontiera porosa con l’Afghanistan e che
ha subìto l’urto di quei tragici attentati
terroristici.
Le poliziotte vogliono sapere se l’in-
tervista sarà pubblicata su Dawn, il quoti-
diano pachistano con cui collaboro. Ri-
spondo che è per Guernica, una rivista
online statunitense. “Americani? Be’, al-
lora vorrà sapere quanti taliban abbiamo
ucciso, giusto?”, chiede Bibi Nazia. Scuo-
to la testa, anche se ora sono curiosa e in
48 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
efetti vorrei saperlo. Invece sollevo una
questione altrettanto spinosa: “Tutte
queste donne che lavorano nella polizia
cosa pensano dei taliban?”. Non mi dan-
no risposte scontate. “Cosa c’è da pensa-
re? Attaccano lo stato. Noi siamo lo stato,
contrattacchiamo”, dice Nazia. “Vince-
remo noi, è solo questione di tempo. Non
possono sconiggere lo stato”.
Rita rilette qualche secondo, poi ag-
giunge: “Anche se forse dovremmo in-
nanzitutto ringraziarli. Noi donne siamo
potute entrare nella polizia proprio a cau-
sa loro. Quando hanno cominciato a ini-
larsi il burqa, noi ci siamo allacciate la
fondina”. Le altre tre donne del comman-
do annuiscono sorridendo.
Nella moschea
Nel 2007 le forze dell’ordine pachistane
catturarono un leader estremista che cer-
cava di sfuggire a un’irruzione nella Lal
Masjid (la moschea rossa) di Islamabad
indossando il burqa e lo misero davanti
Il loro reclutamento
non si deve
all’esigenza di
rispettare quote di
genere o a un
desiderio di parità nel
posto di lavoro
alle telecamere ancora travestito. L’epi-
sodio segnò un punto di svolta nella sto-
ria recente del Pakistan perché diede il
via a una serie di avvenimenti che alla i-
ne hanno reso necessario l’arruolamento
delle donne nella polizia.
La moschea era nota per i suoi legami
storici con gli estremisti, aveva svolto un
ruolo cruciale durante il jihad afgano de-
gli anni ottanta, e ino all’episodio dell’ar-
resto aveva avuto rapporti diretti con Al
Qaeda. Nel 2007 i religiosi e gli studenti
della Lal Masjid protestarono contro la
demolizione delle moschee costruite ille-
galmente sui terreni di proprietà statale.
La situazione si aggravò quando le donne
della scuola annessa alla moschea forma-
rono un gruppo di vigilanti del buonco-
stume nel quartiere, attaccarono un salo-
ne di bellezza accusando le proprietarie
di prostituzione, occuparono una biblio-
teca e chiesero l’imposizione della sharia.
Ci furono manifestazioni violente che
provocarono la chiusura di negozi di dvd,
incendi dolosi e la distruzione di ediici
pubblici. Il vicino ministero dell’ambien-
te fu incendiato e furono attaccate le for-
ze paramilitari.
Dopo molti tentativi delle autorità po-
litiche e religiose per negoziare con i lea-
der della moschea, il governo ordinò un
giro di vite. Più di quaranta miliziani fu-
rono uccisi negli scontri, anche se tutte le
donne e i bambini furono messi in salvo.
Questo provocò promesse di vendetta e
l’unione di diversi gruppi armati integra-
listi sotto la bandiera del Ttp (Tehrik-i-
MeTIN AKTAS (ANADoLU AGeNCy/GeTTy IMAGeS)
taliban Pakistan), che fecero spaventosi
attentati terroristici in tutto il paese, con i
taliban che dichiaravano bersagli legitti-
mi i rappresentanti, le istituzioni e gli edi-
ici dello stato. Nei tre anni seguenti il
Pakistan sarebbe stato sconvolto da at-
tentati di una gravità senza precedenti:
240 attacchi suicidi, tremila morti e più di
ottomila feriti.
Nella polizia all’epoca c’erano poche
donne, e gli incidenti alla Lal Masjid evi-
denziarono la necessità di aumentarne il
numero. L’immagine delle donne della
scuola con il burqa nero che agitavano
mazze e bastoni e giuravano di vendicar-
si era stata trasmessa in tv e pubblicata
sulle prime pagine di tutti i giornali; la
gente temeva che potessero compiere at-
tentati suicidi o nascondere armi sotto le
tuniche (la cultura conservatrice vieta
agli agenti maschi di perquisire le donne
con il burqa o il chador). Tre anni dopo gli
incidenti alla moschea, la prima attenta-
trice suicida uccise quaranta persone che
erano in ila per ricevere aiuti alimentari
nell’area tribale del Bajaur.
L’ondata di terrore e violenze ha por-
tato a decine di operazioni di polizia con-
tro i militanti del Ttp in tutta la regione
del Khyber-Pukhtunkhwa. Solo che nella
cultura pashtun, gli uomini di regola non
entrano nelle case; per gli ospiti c’è uno
spazio speciale all’esterno, lo hujra. Sai-
ma, un’altra agente del commando, spie-
ga: “Quando si fa un’irruzione, siamo noi
a entrare per prime, altrimenti la gente si
ribellerebbe alla polizia. I nostri colleghi
non possono operare senza di noi. Peri-
no l’esercito chiede il nostro intervento”.
Secondo il protocollo, le poliziotte entra-
no nelle case e chiedono alle donne di
farsi da parte o di ritirarsi in un’altra stan-
Nowshera, Pakistan, 2014
za prima di dare il via libera ai colleghi.
Gli agenti originari della provincia sono
sensibili a questi dettami culturali.
Nella pubblica amministrazione da
decenni ci sono quote riservate alle don-
ne, ma rimangono per lo più vacanti. Il
reclutamento delle donne nella polizia
del Khyber-Pukhtunkhwa non si deve
all’esigenza di rispettare quote di genere
o a un desiderio di parità o di diversità sul
posto di lavoro, ma alla necessità di fare
irruzioni e arrestare mliziani senza inimi-
carsi le comunità locali. La decisione di
assumere le donne è stata strumentale,
non dovuta a una scelta ideale. Questo
può in parte spiegare perché i poliziotti
sembrano così aperti e accoglienti nei
confronti delle colleghe. “A diferenza di
quanto succede in altre province, non su-
biamo molestie sessuali, intimidazioni o
ostilità. In realtà con noi sono protettivi”,
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 49
Pakistan
dice Saima. Le altre sono d’accordo, con-
fermando quanto ha detto il sovrinten-
dente capo prima che cominciasse la no-
stra intervista: nella polizia gli uomini
non sono infastiditi dalla presenza delle
colleghe e non si sentono minacciati, for-
se perché le donne servono in quanto
donne.
Riletto sulla diferenza tra donne ar-
ruolate in polizia in quanto persone e
donne reclutate in quanto donne. Una
settimana prima di incontrare le agenti
del commando femminile, ho intervista-
to le loro superiori. Rozia Altaf fa parte
del primo gruppo di donne nominate vi-
cesovrintendenti a Peshawar e oggi diri-
ge il dipartimento del traico. Mi ha ac-
colto in divisa e gioielli d’oro, perfetta-
mente truccata. “È un’armatura”, mi ha
spiegato. “Prima non lo facevo. Quando
fermavo dei camionisti perché violavano
il codice della strada, vedevano in me
l’autorità e cominciavano a inveire e pro-
testare. Poi ho cominciato a vestirmi in
questo modo e a chiedergli di collaborare
perché ero una donna che si sforzava di
fare onestamente il suo lavoro in un mon-
do di uomini. Da quel momento hanno
smesso di litigare e sono diventati protet-
tivi”, ha detto accennando un sorriso. “Si
sciolgono come cera nel rilesso della lo-
ro virilità”.
La diferenza come arma
Rizwana Hameed è la prima donna a ca-
po di una stazione di polizia di soli uomi-
ni. Ha guidato la squadra femminile in
una delle prime incursioni contro i tali-
ban: in quell’occasione gli uomini aveva-
no detto alle donne di restare indietro
mentre loro attaccavano. Quando i ribel-
li avevano aperto il fuoco c’era stata una
violenta sparatoria, e una donna del vil-
laggio aveva aperto la porta di casa of-
frendo riparo alle poliziotte. Loro si erano
precipitate all’interno ma era un’imbo-
scata ed erano state prese in ostaggio.
Alla ine i poliziotti avevano rinunciato
all’incursione lasciando libero il passag-
gio ai taliban in cambio della vita delle
colleghe.
Dopo l’operazione Rizwana si è scon-
trata con il suo superiore: se erano state
prese in ostaggio la colpa era tutta della
sua ingenuità, i poliziotti non avrebbero
dovuto ritirarsi; le agenti avrebbero potu-
to morire, ma era un rischio che avevano
deciso di correre. L’uiciale superiore le
ha risposto che avrebbero perso la faccia
se si fossero salvati lasciando morire le
donne, che era contro il ghairat (l’onore)
50 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
“Ora nessun uomo
può dirci che è
impossibile. Possono
ancora dire ‘non ti
permettiamo di farlo’,
ma non possono dire
che è impossibile”
pashtun, che sarebbero stati cacciati dal-
le loro case e dai loro villaggi.
Per mesi Rizwana si è sentita così im-
barazzata da non riuscire a guardare ne-
gli occhi i colleghi. Ma l’anno dopo è stata
nominata responsabile della centrale del
distretto di Gulberg a Peshawar. “Ho
puntato sul codice d’onore maschile dei
pashtun. Ho fatto sapere a ogni spaccia-
tore, a ogni iancheggiatore dei taliban, a
tutte le bische e i bordelli del mio distret-
to che sarei andata ad arrestarli con una
squadra di sole donne. essere arrestati è
una cosa, ma essere arrestati da una don-
na? Sarebbe stata una vergogna che non
potevano sopportare. Nel giro di un mese
Da sapere
Con un occhio a Kabul
u La regione del Khyber-Pukhtunkhwa, al
conine con l’Afghanistan, è abitata in gran
parte da pashtun. Dopo l’intervento militare
internazionale in Afghanistan seguito agli
attentati dell’11 settembre 2001, la regione è
diventata teatro di una guerra tra l’esercito
pachistano e i gruppi islamisti armati come
Tehrik-i-taliban Pakistan (Ttp), i taliban
pachistani, basati principalmente in
Afghanistan ma attivi anche nelle province
pachistane coninanti. “Dall’esito dei
colloqui in corso tra gli Stati Uniti e i taliban
afgani dipenderà anche il destino del Ttp”,
scrive il quotidiano Dawn. Kabul potrebbe
rimandare in Pakistan i miliziani del Ttp che
però, senza un piano di reintegrazione dei
ribelli che accettano di abbandonare le armi,
potrebbero inire tra le braccia del gruppo
Stato islamico.
se ne sono andati tutti. Il mio distretto era
ripulito”. Rozia e Rizwana ne avevano già
discusso e sono arrivate alla stessa con-
clusione. “Possiamo fare quello che fan-
no gli uomini, ma lo facciamo in modo
diverso”, ha detto Rozia. e Rizwana ha
aggiunto: “Non ha senso sbattere la testa
contro il muro per cancellare la diferen-
za. Noi trasformiamo la differenza in
un’arma. e funziona”.
Due modelli femminili
Le poliziotte più giovani che sono state
arruolate dopo la vicenda di Lal Masjid
sostengono di voler rompere gli stereoti-
pi e rivendicare il potere. Rozia e Rizwa-
na, invece, dicono di voler contribuire a
migliorare la società raforzando lo stato.
e anche se le donne del commando sono
prevalentemente pashtun, il gruppo etni-
co dominante nel Khyber-Pukhtunkhwa,
loro due, che sono le agenti con il grado
più alto, appartengono a delle minoranze
(kashmiri e hindko). Gli chiedo se questo
abbia inluito sulla loro decisione di en-
trare nella polizia. “Forse sì, in qualche
modo”, dice Rizwana. “Chi si trova in mi-
noranza ha più bisogno di tutele e dello
stato di diritto”. Le più giovani citano co-
me fonte d’ispirazione due modelli: la
pachistana Benazir Bhutto, prima musul-
mana al mondo a guidare un governo, e
l’attrice tv Rubina Ashraf, che ha inter-
pretato il ruolo di un’agente tosta e intel-
ligente in una serie pensata per esaltare
le stazioni di polizia femminili quando
furono introdotte da Bhutto nella prima
metà degli anni novanta.
“La società del Khyber-Pukhtunkhwa
era tradizionalista e conservatrice. Poi è
arrivata Benazir, che fece saltare tutti i
modelli che ci erano stati imposti”, dice
Bibi Nazia. “Combatté contro la legge
marziale, andò in prigione, prese a calci i
suoi oppressori diventando prima mini-
stra, lavorava insieme agli uomini e li co-
mandava”. Interviene un’altra poliziotta,
Gul Naz: “Pensate che partorì il suo pri-
mo iglio durante una campagna eletto-
rale e due giorni dopo tornò al lavoro. ora
nessun uomo può dirci che è impossibile.
Possono ancora dire ‘non ti permettiamo
di farlo’, ma non possono dire che è im-
possibile”.
Tutte le agenti di polizia del Khyber-
Pukhtunkhwa mi parlano del viceispetto-
re generale Malik Saad, un uomo dal co-
raggio e dall’onestà leggendari ucciso in
un attentato suicida dei taliban nel 2007.
“Il suo sangue mi schizzò addosso”, ri-
corda Rizwana. I taliban hanno ucciso le

ARIF ALI (AFP/GeTTy IMAGeS)
persone migliori che avevamo. Vogliono
solo anarchia e distruzione”. I poliziotti
che muoiono in servizio sono onorati in
molti paesi, ma in Pakistan in modo par-
ticolare, perché sono shahid (martiri):
sono morti combattendo per la causa giu-
sta e pia dell’islam. “Non c’è
onore più grande del martirio.
È così che voglio andarmene.
Quando morirò, voglio farlo
combattendo per il mio paese e
la mia religione”, dice Rita, con
gli occhi accesi da un’emozione in qui
assente nella nostra conversazione. “Vo-
glio essere una shahid”, dichiara.
Rita è cristiana. Sollevo la questione e
vengo rimproverata da Nazia, che mi ac-
cusa di sminuire l’impegno di Rita per via
della sua religione; mi dice che il Pakistan
è stato fondato per le minoranze e che
tutte le donne soldato andranno in para-
diso insieme. Vorrei abbracciarla. In Pa-
kistan le donne di etnie, religioni e comu-
nità diverse in genere non hanno molte
opportunità di interagire e tanto meno di
conoscere questo tipo di solidarietà e di
difendersi reciprocamente. Ma il deside-
rio di martirio mi lascia un po’ perplessa.
Lo shahadat (martirio) è diventato il leit-
motiv della guerra del Pakistan contro il
terrorismo. Tutti gli agenti e i soldati che
muoiono combattendo i miliziani o per-
dono la vita in attentati terroristici sono
dichiarati martiri dallo stato. L’esercito li
celebra ad aprile, la polizia ad agosto. en-
trambi prevedono un piano di indennizzi
e risarcimento. Ma anche le vit-
time degli attacchi terroristici
sono deiniti shahid, come i 144
morti nell’attacco alla scuola
pubblica dell’esercito a Pesha-
war, quasi tutti bambini.
Nello schieramento opposto, quello
taliban, si crede che il leader della Lal
Masjid sia stato “martirizzato” dalle for-
ze dell’ordine, e il suo nome è diventato
un grido di battaglia dei gruppi terroristi-
ci. Un anno prima dell’incursione contro
la moschea, i religiosi avevano lanciato
una fatwa (un decreto religioso) dichia-
rando che i soldati morti combattendo
contro i taliban e i loro sostenitori non po-
tevano essere dichiarati shahid e non ave-
vano diritto a funerali con rito religioso. I
giornalisti pachistani rischiano di essere
minacciati e aggrediti dai ribelli estremi-
sti se non usano il termine shahid quando
parlano delle vittime tra le ile delle orga-
nizzazioni terroristiche. Nel distretto di
Swat ho incontrato delle donne che ave-
Lahore, 2018
vano perso i igli, uccisi dall’esercito per-
ché facevano parte del Ttp, e il loro unico
conforto era che fossero dei martiri e che
sarebbero stati felici in paradiso.
Militanti armate
Per chiarirmi le idee mi rivolgo a Maria
Rashid, una studiosa che sta scrivendo
una tesi intitolata “Genere, militarismo e
il concetto di sacrificio in Pakistan”.
Rashid mi spiega come si costruisce il
culto degli shahid: funerali, saluto delle
armi, targhe, memoriali, tributi, rituali,
ricordi, canzoni, film. Le racconto che
una delle donne del commando, che ha
detto di essersi arruolata perché aveva
bisogno di soldi, ha accennato ai genero-
si aiuti previsti per le famiglie dei martiri
della polizia. “L’esercito ofre un risarci-
mento ma, per rispetto del lavoro, il mes-
saggio dev’essere che siamo tutti indebi-
tati, nulla può compensare lo shahadat”.
Chiedo alle poliziotte se questo im-
pulso a identiicarsi con qualcosa di più
grande di sé e il fascino del martirio ispi-
rino anche le donne schierate con il Ttp e
Al Qaeda. “Le donne che combattono
con loro attaccano sempre per prime,
dando agli uomini la copertura per fuggi-
re”, dice Gul Naz. Ricorda che una volta
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 51
Pakistan
ha arrestato una donna che aveva messo
una cintura esplosiva alla iglia di dieci
anni. Le donne arrestate sono portate via
dall’intelligence per essere interrogate,
mi spiegano. Chiedo che ne è di loro. Am-
mutoliscono e si scambiano un’occhiata.
Nazia alza il mento. “Conosci la Gen 5, la
Gen 17 o la carabina M4?”, chiede. Io
scuoto la testa. “Non le conosci e te ne fai
una ragione. Noi conosciamo queste ar-
mi, ma ci sono altre cose che non sappia-
mo. e anche noi ce ne facciamo una ra-
gione”.
Riflettendo su quello che spinge le
donne alla militanza armata, ripenso alle
mie esperienze nel distretto di Swat tra il
2005 e il 2006. Lì le donne donavano de-
naro e gioielli agli estremisti religiosi che
poi avrebbero formato il Ttp. Inizialmen-
te le donne avevano sostenuto la richiesta
d’imporre la sharia, senza conoscerne
bene i contenuti e tutte le implicazioni.
Avevano creduto ai sermoni trasmessi
alla radio, in cui i religiosi locali dicevano
che solo la legge islamica avrebbe garan-
tito la giustizia, il progresso e la pace. Ma
qualche anno dopo, riesaminando le loro
ragioni, realizzarono che erano state fa-
vorevoli alla sharia perché i religiosi si
erano rivolti direttamente a loro, come se
potessero prendere decisioni e avere un
ruolo importante nella reden-
zione del distretto in cui viveva-
no. essere riconosciute come
igure attive nello sviluppo della
comunità era importante. I reli-
giosi avevano anche raforzato
lo status delle donne: annunciavano via
radio quanto avevano raccolto e davano
conto dei singoli doni, in denaro o in oro.
Le donne dicevano che prima nelle fami-
glie e nelle comunità le loro opinioni non
erano sollecitate o venivano semplice-
mente ignorate. L’appoggio dei religiosi
gli dava la forza di superare i limiti socia-
li, creava spazio e legittimazione.
Dopo aver visto con i loro occhi gli or-
rori compiuti dal Ttp nel distretto, tra cui
decapitazioni e impiccagioni pubbliche,
le donne erano arrivate alla conclusione
che i ini non potevano giustiicare i mez-
zi. Ma quattro anni dopo che le operazio-
ni militari avevano cacciato i taliban, era-
no stanche della pace quanto della guer-
ra. Per loro la pace era solo un processo
politicizzato di negoziazione del potere,
con vittime e danni collaterali. Nell’am-
bito del “processo di pace” l’esercito ave-
va trattenuto molti uomini sospettati di
essere legati al Ttp; quelli che si erano
schierati con l’esercito ed erano stati as-
52 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
“Escono con il chador
e si mettono la divisa
solo al lavoro, dicendo
ai vicini che fanno le
insegnanti o sono
impiegate in
ospedale”
segnati ai Comitati di difesa dei villaggi
(Cdv) venivano uccisi dai miliziani, e i
partiti politici religiosi lottavano tra loro
per essere riconosciuti come mediatori.
Quando le ho incontrate nel 2013, le don-
ne del distretto di Swat mi hanno coni-
dato di non volere quella che veniva spac-
ciata per pace. Volevano tranquillità.
A volto scoperto
Jan Sabah era la leader di un gruppo di
donne del distretto che si erano viste por-
tare via gli uomini dall’esercito perché
simpatizzavano con i taliban. Le donne
avevano organizzato proteste e presenta-
to petizioni ai tribunali per riavere i loro
uomini. “Tu puoi permetterti il lusso di
discutere sull’etica della violenza, di pre-
occuparti delle posizioni morali e di
schierarti”, mi aveva detto. “Io
devo preoccuparmi di pagare le
bollette, trovare il modo di gua-
dagnare qualcosa anche se non
so leggere e scrivere, mandare i
miei nipoti a scuola, scoprire
chi sono le autorità, dove sono i loro uici
e fare la ila fuori per ore. Devono liberare
i nostri uomini o darci delle opportunità
per sopravvivere”.
Racconto queste storia alle poliziotte del
Khyber-Pukhtunkhwa. Sono vagamente
comprensive ma anche un po’ sprezzanti.
“Queste donne sono cadute in una narra-
zione vittimistica”, dice Saima. “Hanno
cancellato il loro ruolo, dimenticando
che i figli sono stati arrestati per aver
commesso attentati brutali e omicidi di
massa e non per aver perso tempo nei
parchi, e ora parlano solo delle loro sofe-
renze”. In realtà, sottolineano, nel Khy-
ber-Pukhtunkhwa sono sempre di più le
donne che vogliono entrare in polizia per
combattere il terrorismo. e un buon nu-
mero di queste donne viene dal distretto
di Swat. “Ma non escono di casa con la
divisa”, dice Gul Naz, che inora era rima-
sta quasi sempre silenziosa. “escono con
il chador e si mettono la divisa solo al la-
voro, dicendo ai vicini che fanno le inse-
gnanti o sono impiegate in ospedale. Na-
scondono quello che fanno, e dovremmo
chiederci perché”, dice.
Le altre ci pensano su: forse queste donne
non vogliono sidare le convenzioni; for-
se è per non incanalare su di sé la rabbia
contro le politiche dello stato; forse ha a
che fare con la sicurezza e il desiderio di
anonimato. Le poliziotte considerano le
ragioni che possono spingere le nuove
colleghe a nascondersi il viso, come se
non riguardassero anche loro. eppure
quando chiedo se posso scattargli delle
foto accettano ma si coprono il volto.
Una settimana prima Rozia e Rizwana
non hanno avuto queste riserve. In passa-
to avevano dovuto nascondere il volto per
lavorare sotto copertura. Ma, mi ha detto
Rizwana, “ormai siamo troppo anziane
per fare lavori sotto copertura. Abbiamo
fatto la nostra parte, ci siamo travestite
da mendicanti, da funzionarie dell’uicio
per il censimento, da operatrici sanitarie.
Che ci vedano pure. Siamo delle apripi-
sta: dobbiamo attirare più donne dalla
nostra parte. Dove troveranno il coraggio
se penseranno che le loro superiori han-
no paura di scoprirsi il volto?”.
Limiti e pretesti
Gli ho chiesto se la cultura è un limite nel
loro lavoro. Rozia e Rizwana mi hanno
risposto che il velo, le restrizioni alla mo-
bilità, l’isolamento, i tabù e le provoca-
zioni legate a vecchi stereotipi possono
rappresentare degli ostacoli, anche se
sono state proprio certe restrizioni legate
alle diferenze di genere a rendere neces-
sario il loro reclutamento. Queste restri-
zioni, mi hanno detto, sono pretesti. So-
no il modo per imporre dei limiti alle
donne in Pakistan, non il motivo di quei
limiti. Il motivo potrebbe essere l’impul-
so di controllo, o la resistenza al cambia-
mento oppure qualcosa di completamen-
te diverso. “Non si possono capire le vere
ragioni semplicemente chiedendolo alle
persone. Ti diranno quello che ripetono
a se stesse. Usano qualunque scusa per
giustiicare quello che fanno. Cultura,
religione, codici di comportamento per
uomini e donne: non sono una motiva-
zione, ma una giustiicazione. Sono iltri
che la gente applica a posteriori”, ha det-
to Rozia. “Proprio come fanno i vostri
analisti”. u gc
L’Autrice
Nazish Brohi è una studiosa di sviluppo
sociale, questioni di genere e diritti umani
in Pakistan, Afghanistan e Iraq.
 Tecnologia
Pechino, Cina. Uso di un software di riconoscimento facciale nella sede dell’azienda tecnologica Megvii
GIlles sabrIé (The New York TImes/CoNTrasTo)

Il codice
Frankenstein
Andrew Smith, The Guardian, Regno Unito
I software che hanno la capacità di apprendere e svilupparsi da soli hanno dato vita
a un sistema che rischia di sfuggire al controllo degli esseri umani

54 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019


l 18 marzo 2018 è stato il giorno
I che gli esperti di tecnologia te­
mevano sarebbe arrivato. Quella
sera la luna nuova non aggiunge­
va luce a una strada a quattro cor­
sie già scarsamente illuminata di
Tempe, in arizona. Un modello speciale
di Volvo Xc90 sviluppato per Uber ha lo­
calizzato un oggetto davanti a sé. l’auto si
guidava da sola e procedeva da 19 minuti
senza alcun intervento da parte del suo
conducente di sicurezza, una persona in
carne e ossa. Una serie di radar e sensori
ha permesso al software di bordo di cal­
colare che, procedendo alla velocità di
settanta chilometri all’ora, se l’oggetto
fosse rimasto fermo l’auto l’avrebbe rag­
giunto in sei secondi. ma gli oggetti che
s’incontrano sulle strade raramente re­
stano immobili. Perciò un altro software
ha cominciato a scorrere una banca dati
di entità meccaniche e biologiche ricono­
scibili per identiicare quell’oggetto e pre­
vedere il suo comportamento. all’inizio
non ha trovato niente, ma qualche secon­
do dopo ha deciso che si trattava di un’al­
tra auto, che si sarebbe allontanata senza
richiedere un intervento particolare. solo
all’ultimo secondo ha identiicato l’ogget­
to: era una donna in bicicletta con le buste
della spesa appese ai due lati del manu­
brio. senza dubbio la donna si aspettava
che la Volvo la evitasse, come avrebbe fat­
to qualsiasi altro veicolo. Non potendo
prendere una decisione da solo, il compu­
ter ha passato i comandi al conducente,
che però in quel momento era distratto.
Una donna di 49 anni, elaine herzberg, è
stata investita e uccisa, costringendo il
settore dell’alta tecnologia a farsi due do­
mande scomode: quella tragedia era ine­
vitabile? Ci dovremmo abituare all’idea
che questi incidenti sono possibili?
“In un certo senso abbiamo perso il
controllo. Quando scriviamo il codice di
un programma e il codice diventa un al­
goritmo e l’algoritmo comincia a creare
nuovi algoritmi, la cosa sfugge sempre di
più al controllo umano. Il software inale
è un universo di codici che nessuno capi­
sce fino in fondo”. se queste parole vi
sembrano agghiaccianti, è perché lo so­
no, visto che le ha pronunciate ellen Ull­
man che, oltre a essere una programma­
trice nota in dagli anni settanta, è anche
una delle poche persone che scrivono co­
se illuminanti sul processo di codifica.
“Qualcuno dice: ‘e allora Facebook? Crea
algoritmi, li usa e può cambiarli’. ma non
funziona così. Una volta partiti, gli algo­
ritmi imparano, si modiicano e si gesti­
scono da soli. Facebook interviene ogni
tanto, ma non li controlla davvero. e certi
programmi non solo si gestiscono da soli:
attingono a librerie software, a sistemi
operativi profondi”.
Cos’è un algoritmo?
Di poche cose in questo momento si di­
scute così spesso e con tanta passione co­
me degli algoritmi. ma cos’è un algorit­
mo? Dalla nascita di internet negli anni
novanta il concetto è cambiato molto. Di
base, un algoritmo è una cosa semplice:
una regola che rende automatico il tratta­
mento di un certo tipo di dati. se succede
a, allora fai b, altrimenti fai C. È la logica
dell’informatica classica. se un utente di­
chiara di avere 18 anni, consentigli di ac­
cedere al sito, altrimenti scrivi: “mi di­
spiace, devi avere 18 anni per entrare”. I
programmi informatici sono essenzial­
mente composti da una serie di questi al­
goritmi. se ci sembra che i computer fac­
ciano miracoli è perché sono veloci, non
perché sono intelligenti.
Parallelamente negli ultimi anni è
emerso un signiicato più ambiguo e mi­
sterioso della parola “algoritmo”, che
ormai indica qualsiasi grande sistema in
grado di prendere decisioni complesse,
qualsiasi mezzo per raccogliere una serie
di dati in ingresso e valutarli velocemen­
te in base a una serie di criteri (o regole).
Una cosa che ha rivoluzionato alcuni set­
tori della medicina, della scienza, dei
trasporti e delle comunicazioni. Gli algo­
ritmi hanno migliorato la nostra vita in
molti modi.
Così nel 2016 ha cominciato a prende­
re forma una visione più sfumata degli
algoritmi. se tendiamo a parlarne in ter­
mini quasi biblici, come entità indipen­
denti dotate di una vita propria, è perché
siamo stati spinti a vederli in questo mo­
do. Grandi aziende come Facebook e
Google hanno venduto e difeso i loro al­
goritmi promettendo l’oggettività, la ca­
pacità di soppesare un insieme di condi­
zioni con distacco matematico e senza
nessun coinvolgimento emotivo. Non c’è
da meravigliarsi quindi se questo uso de­
gli algoritmi per prendere decisioni si è
esteso alla concessione di mutui, cauzio­
ni, indennità, posti nelle università.
solo che ormai non accettiamo più co­
sì docilmente le strategie pubblicitarie
per venderci questo tipo di algoritmi. Nel
suo libro uscito nel 2016, Armi di distru-
zione matematica, Cathy o’Neil, un’ex
ragazza prodigio della matematica che ha
lasciato wall street per insegnare e oggi
cura l’ottimo blog mathbabe, ha dimo­
strato che gli algoritmi potrebbero ingi­
gantire e rendere ancora più radicati i
pregiudizi umani. D’altronde i software
sono scritti in prevalenza da uomini ricchi
bianchi e asiatici, e rilettono la loro men­
talità. Perché un pregiudizio produca dei
danni non è necessaria la malafede e, a
diferenza di quanto facciamo con le per­
sone, non possiamo chiedere a un algorit­
mo di spiegarci perché ha preso una certa
decisione. o’Neil vorrebbe una “revisio­
ne degli algoritmi” di qualsiasi sistema
inluisca direttamente sul pubblico. Con­
tro questa richiesta sensata, però, l’indu­
stria tecnologica lotterà con le unghie e
con i denti, perché vende algoritmi.
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 55
Tecnologia
la buona notizia è che la battaglia è
cominciata. Quella cattiva è che sembra
già inadeguata. Ci siamo concentrati sul­
le lontane promesse e sui pericoli dell’in­
telligenza artiiciale e quasi nessuno si è
accorto che stiamo entrando in una nuo­
va fase della rivoluzione degli algoritmi
che rischia di essere altrettanto pericolo­
sa e disorientante.
Gli algoritmi messi sotto accusa da
o’Neil e da altri esperti sono poco traspa­
renti ma prevedibili: fanno quello per cui
sono stati programmati. In teoria, un bra­
vo programmatore può esaminarli e met­
tere in discussione i princìpi su cui si basa­
no. ma mentre da una parte ci sono gli al­
goritmi che potremmo deinire “stupidi”,
nel senso che fanno il loro lavoro in base a
parametri stabiliti dagli esseri umani,
dall’altra c’è il sogno più o meno lontano
I computer sono già più bravi di noi a
svolgere certi compiti, ma il giorno in
cui le loro capacità generali saranno
pari alle nostre è ancora lontano
di un’intelligenza artiiciale simile a quel­
la umana. Una macchina davvero intelli­
gente dovrebbe essere in grado di mettere
in discussione la correttezza dei propri
calcoli in base a qualcosa di simile a quel­
lo che per noi è l’intuito. Per mettere
quest’ipotesi in prospettiva, la divisione
Deep mind di Google è stata giustamente
elogiata per aver creato un programma
capace di diventare un campione delle
sale giochi partendo semplicemente
dall’indicazione di mirare al punteggio
più alto possibile. Questa tecnologia,
chiamata “apprendimento per rinforzo”,
funziona, perché per imparare come si
accumulano i punti un computer può fare
milioni di partite in pochissimo tempo.
Qualcuno chiama questo tipo di capa­
cità “intelligenza artiiciale ristretta”, ma
il termine “intelligenza” è impiegato più
o meno come Facebook usa la parola
“amico”, per fa credere che qualcosa sia
meno minaccioso e apparentemente più
comprensibile di quello che è in realtà.
Questo perché la macchina agisce fuori
da qualunque contesto e non sa fare altro.
e, soprattutto, non può trasferire quello
che ha imparato da un gioco all’altro (cioè
“apprendere per trasferimento”), quindi
la sua intelligenza generale è inferiore a
quella di un bambino piccolo o perino di
una seppia. In questo senso potremmo
deinire “intelligente” anche una torre di
56 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
trivellazione o un pidocchio delle piante.
I computer sono già molto più bravi di noi
a svolgere certi compiti specializzati, ma
il giorno in cui le loro capacità generali
saranno pari alle nostre è ancora lontano,
se mai arriverà.
Tra gli algoritmi “stupidi” e la vera in­
telligenza artiiciale, però, c’è una via di
mezzo piena di problemi che abbiamo già
imboccato senza riletterci troppo e quasi
senza discuterne, e soprattutto senza ac­
cordarci sugli obiettivi, l’etica, la sicurez­
za e il metodo da seguire. se gli algoritmi
che usiamo non sono ancora intelligenti,
cioè capaci di stabilire da soli che “c’è
qualcosa che non va in un certo calcolo o
in una certa decisione e quindi lo rifac­
cio”, stanno comunque cominciando a
imparare dal loro ambiente. e una volta
che un algoritmo comincia ad apprende­
re, non sappiamo più con certezza quali
saranno le sue regole e i suoi parametri.
Quindi non possiamo essere sicuri di co­
me interagirà con altri algoritmi, con il
mondo materiale o con noi. mentre in li­
nea di principio gli algoritmi “stupidi”
sono prevedibili e interrogabili, questi al­
tri non lo sono. Dopo un po’ che impara­
no, non sappiamo più cosa sono: diventa­
no imprevedibili. Ispirandoci al romanzo
di mary shelley, saremmo tentati di chia­
marli “algoritmi Frankenstein”.
Lente balene
Questi algoritmi non sono nuovi in sé. me
ne sono occupato per la prima volta cin­
que anni fa, mentre facevo una ricerca per
un articolo del Guardian sulle operazioni
di borsa eseguite da computer supervelo­
ci. avevo scoperto una cosa straordinaria:
le borse erano diventate un ecosistema
digitale creato dall’essere umano e orga­
nizzato in pile di scatole nere acquattate
come ninja in costosi centri di elaborazio­
ne dati. mentre prima le operazioni di
borsa avvenivano in uno spazio isico, ora
tutto era aidato a un server centrale, in
cui agili algoritmi predatori si nutrivano
dei pachidermici algoritmi di investitori
istituzionali e li spingevano a vendere a
un prezzo più basso e a comprare a uno
più alto, ingannandoli sulle vere condi­
zioni del mercato. Gli operatori umani
(anche se nessun essere umano operava
più direttamente) chiamavano “balene”
queste entità più grandi e lente, che in
buona parte erano costituite da fondi co­
muni e fondi pensione. ormai le balene
erano la principale fonte di profitto. In
pratica, gli algoritmi cercavano di raggi­
rarsi a vicenda, combattevano battaglie
invisibili alla velocità della luce, piazzan­
do e annullando lo stesso ordine diecimi­
la volte al secondo o inserendone nel si­
stema talmente tanti da scuotere l’intero
mercato, tutto al di fuori del controllo
umano.
Non c’è da sorprendersi che questa si­
tuazione fosse instabile. Nel 2010 c’era
stato un lash crash, un crollo improvviso,
durante il quale il mercato era andato in
caduta libera per cinque traumatici minu­
ti e poi si era ripreso senza nessun motivo
apparente. all’epoca andai a Chicago a
parlare con eric hunsader, un abile pro­
grammatore in grado di analizzare i dati
del mercato in modo molto più dettaglia­
to delle autorità di vigilanza. hunsader
mi dimostrò che entro il 2014 ci sarebbero
stati “mini crolli improvvisi” ogni setti­
mana, anche se non riusciva a spiegarmi
esattamente perché. lui e i suoi collabo­
ratori avevano cominciato a dare un no­
me ad alcuni degli “algoritmi” che vede­
vano. Come i cacciatori di cerchi nel gra­
no britannici battezzavano le forme che
trovavano nei campi, li avevano chiamati
wild thing, Zuma, Click e Disruptor.
Neil Johnson, un isico specializzato in
sistemi complessi della George washing­
ton university, alla ine del 2013 ha realiz­
zato uno studio sulla volatilità dei merca­
ti. “È afascinante”, mi ha detto. “Da anni
si parla dell’ecologia dei sistemi informa­
tici in modo vago, in termini di virus e così
via. Invece è un sistema reale che possia­
mo studiare. Il problema più grande è che
non sappiamo come funziona o cosa po­
trebbe provocare. e l’atteggiamento di
tutti sembra essere del tipo: ‘occhio non
vede, cuore non duole’”.
È signiicativo che l’articolo di Johnson
sia stato pubblicato sulla rivista scientii­
ca Nature e che descriva quei crolli in bor­
sa come “un improvviso passaggio
dell’intero sistema da una fase uomo­
macchina a una solo macchina, caratte­
rizzata da eventi altamente improbabili di
brevissima durata, i cosiddetti ‘cigni ne­
ri’”. secondo lo storico della scienza
George Dyson, questo scenario è stato
complicato ulteriormente dal fatto che
alcuni operatori di borsa permettono agli
algoritmi d’imparare, “lasciando sempli­

leoN Neal (GeTTY ImaGes)
cemente che le scatole nere provino a fare
operazioni diverse con piccole somme di
denaro e, se funziona, rinforzano quelle
regole. sappiamo che l’hanno fatto. In
pratica ci sono casi in cui nessuno sa quali
siano le regole: gli algoritmi le creano da
soli, e li si lascia evolvere come gli organi­
smi in natura”. Gli osservatori esterni al
settore della inanza hanno cominciato a
ipotizzare che ci sarebbe stato un cata­
stroico lash crash globale (deinito splash
crash) e che il settore in più rapida crescita
nella inanza sarebbe stato costituito da
strumenti che avrebbero tratto vantaggio
dalla volatilità. Nel suo romanzo uscito
nel 2011, L’indice della paura, robert har­
ris immagina la nascita di un’intelligenza
generale artiiciale proprio da questo lus­
so digitale. Con mia grande sorpresa,
nessuno degli scienziati con cui ho parla­
to ha escluso questa possibilità.
Potremmo liquidare il fenomeno co­
me uno dei misteri dell’alta inanza, se
non fosse che questo tipo di tecnologia è
stato adottato per la prima volta dall’in­
dustria del porno e poi da tutti gli altri. e
visto che la inanza è la pornograia del
ventunesimo secolo, quando mi è sem­
brato di vedere che gli algoritmi usati in
borsa stavano causando problemi altrove,
Milton Keynes, Regno Unito. Un robot per le consegne a domicilio
ho chiamato di nuovo Neil Johnson. “ha
proprio ragione”, mi ha detto: nel mondo
circolano nuovi algoritmi che hanno “la
capacità di riscrivere parti del loro codi­
ce” e quindi diventano una sorta di “algo­
ritmi genetici”.
Johnson pensa di averne trovato la
prova facendo qualche incursione per
veriicare i fatti su Facebook. se è come
dice lui, signiica che gli algoritmi si stan­
no adattando. “Dopotutto, Facebook
non è altro che un grande algoritmo”, di­
ce Johnson. “e penso che questo sia pro­
prio il suo problema. Può riconoscere la
mia faccia in una foto sulla pagina di
qualcun altro, prendere i dati del mio
proilo e metterci in collegamento. Que­
sto richiede un algoritmo molto semplice
e concreto. ma la questione è: quale sarà
l’efetto con miliardi di questi algoritmi
che agiscono tutti insieme? Da regole
microscopiche non è possibile prevedere
i comportamenti che impareranno ad
avere a livello macro. Facebook sostiene
di sapere esattamente quello che succe­
de in situazioni speciiche, e probabil­
mente è vero. ma cosa succede nell’in­
sieme? Questo è il problema”.
sul tema Johnson e un gruppo di stu­
diosi dell’università di miami e di quella
di Notre Dame hanno prodotto un saggio
con cui si propongono di dimostrare che i
tentativi di collegare tra loro le persone
sui social network inevitabilmente pola­
rizzano la società nel suo complesso. se­
condo lui, Facebook e altre aziende do­
vrebbero costruire modelli dei possibili
efetti dei loro algoritmi come gli scien­
ziati creano modelli del cambiamento
climatico o degli schemi meteo.
o’Neil dice di aver escluso voluta­
mente questi algoritmi capaci di adattar­
si dal suo Armi di distruzione matematica.
In un ambiente algoritmico intricato in
cui non c’è niente di chiaro, è molto dii­
cile attribuire responsabilità a particolari
segmenti di codice. È più facile ignorarli
o negarne l’importanza, perché sia quei
segmenti sia i loro efetti sono diicili da
individuare, spiega. Quindi mi suggeri­
sce che, se voglio vederli all’opera, dovrei
chiedere come sarebbe un lash crash di
amazon.
“anch’io cercavo questi algoritmi”,
dice, “ma di recente un amico che vende
libri su amazon mi ha detto che per quelli
come lui la questione dei prezzi è ormai
una follia. ogni tanto trovi qualcuno che
twitta ‘Potete comprare ilati di lusso su
amazon a quarantamila dollari’. e ogni
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 57
Tecnologia
volta che sento cose di questo tipo, penso:
‘ok, questo deve essere l’equivalente di
un lash crash!’”.
esistono molte notizie di eventi ano­
mali su amazon, spesso sotto forma di
commenti divertiti di venditori, e uno
studio del 2016, in cui si legge: “stanno
emergendo casi in cui algoritmi creati per
fissare i prezzi in concorrenza tra loro
hanno interagito in modo inaspettato e
prodotto prezzi imprevedibili, e casi in cui
gli algoritmi stessi sono stati intenzional­
mente progettati per imporre certi prez­
zi”. anche qui il problema è come indivi­
duare le responsabilità in un ambiente
algoritmico caotico in cui è quasi impossi­
bile applicare o individuare un semplice
rapporto di causa­efetto.
Pericoli reali
Quand’è in gioco la sicurezza, queste cose
diventano importanti. Quando un auto­
mobilista alla guida di una Toyota Camry
è morto uscendo di strada dopo aver for­
temente accelerato senza un motivo ap­
Le leggi – basate sul principio che per
attribuire una responsabilità è
necessario dimostrare un’intenzione
o un atto di negligenza – vanno riviste
parente, gli esperti della Nasa hanno pas­
sato sei mesi a esaminare i milioni di righe
di codice del sistema operativo dell’auto,
senza trovare alcuna prova a sostegno
delle accuse mosse dai familiari del gui­
datore, cioè che la macchina avesse acce­
lerato di propria iniziativa. solo dopo aver
passato venti mesi a scavare nel codice,
due esperti di software hanno dimostrato
che la famiglia aveva ragione, scoprendo
un ammasso intricato, quello che i pro­
grammatori chiamano spaghetti code, pie­
no di algoritmi in conflitto tra loro che
generavano risultati anomali e impreve­
dibili. I veicoli che si guidano da soli pos­
sono contenere cento milioni di righe di
codice e, dato che nessun programmatore
è in grado di prevedere tutto quello che
può succedere su una strada, devono po­
ter imparare ed essere continuamente
aggiornati. In un ambiente così fluido,
com’è possibile evitare incidenti, senza
contare che gli algoritmi possono essere
attaccati dagli hacker?
Vent’anni fa George Dyson aveva pre­
visto quasi tutto quello che sta succeden­
do oggi nel suo libro L’evoluzione delle
macchine. Da Darwin all’intelligenza glo-
58 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
bale, diventato un classico. Il problema,
mi ha detto, è che stiamo costruendo si­
stemi che vanno oltre la nostra capacità di
controllo. Pensiamo che se è determini­
stico (cioè agisce in base a regole isse,
come fa un algoritmo), un sistema sia pre­
vedibile, e tutto ciò che è prevedibile sia
anche controllabile. ma entrambe queste
affermazioni sono sbagliate. “In realtà
questo sistema procede in modo autono­
mo e frammentario”, dice Dyson. “Quel­
lo che mi ossessionava vent’anni fa e che
ormai ha invaso il mondo sono gli organi­
smi pluricellulari digitali, simili a quelli
biologici: tutti quei frammenti di codice
che sono nei telefoni delle persone, e che
collettivamente agiscono come un unico
organismo pluricellulare. C’è una vecchia
regola, detta legge di ashby, secondo cui
un sistema di controllo dev’essere com­
plesso quanto quello che deve controllare,
e ora ci siamo dentro ino al collo, soprat­
tutto a causa dello sviluppo dei veicoli
autonomi, il cui software deve avere un
modello completo di tutto, che quasi per
deinizione non saremo mai in grado di
capire. Un auto potrebbe schiantarsi con­
tro un camion dei vigili del fuoco sempli­
cemente perché ci siamo dimenticati di
inserire il camion dei vigili del fuoco tra i
possibili ostacoli ”.
a diferenza dei vecchi sistemi elettro­
meccanici, questi nuovi algoritmi sono
anche impossibili da testare in modo
esaustivo. Finché non avremo, se mai le
avremo, macchine superintelligenti in
grado di farlo per noi, continueremo a ri­
schiare. Dyson dubita che avremo mai
veicoli autonomi liberi di circolare nelle
strade delle città, Toby walsh, un docente
di intelligenza artiiciale all’università del
New south wales, in australia, che ha
scritto il suo primo programma a tredici
anni e prima dei venti aveva già una sua
azienda informatica, mi spiega perché dal
punto di vista tecnico. “Nessuno sa scri­
vere un segmento di codice che insegna al
computer a riconoscere un segnale di
stop. abbiamo passato anni a provarci, e
non ci siamo riusciti. evidentemente ci
siamo bloccati perché non siamo capaci
di scomporre il problema. Quando pro­
grammi, scopri che devi imparare a scom­
porre i problemi in parti suicientemente
semplici da corrispondere a un’unica
istruzione per la macchina. e non lo sap­
piamo fare quando abbiamo davanti un
problema complesso come identiicare
un segnale di stop o tradurre una frase
dall’inglese al russo, va oltre le nostre ca­
pacità. sappiamo solo scrivere un algorit­
mo più generale in grado di imparare a
farlo in base a un certo numero di esem­
pi”. Questo è il motivo dell’attuale inte­
resse per l’apprendimento automatico.
ora sappiamo che herzberg, la donna in­
vestita in arizona, è morta perché l’algo­
ritmo non è riuscito a inserirla nella cate­
goria giusta. È dipeso da un errore di pro­
grammazione, da un addestramento in­
suiciente o dall’arrogante riiuto di am­
mettere i limiti della nostra tecnologia?
Forse non lo sapremo mai. “ e prima o poi
smetteremo di scrivere algoritmi”, prose­
gue walsh, “perché le macchine saranno
in grado di farlo molto meglio di noi. In
questo senso, il mestiere di programma­
tore forse sta per sparire”.
secondo walsh è per questo che oggi è
ancora più importante imparare a pro­
grammare, perché più ci allontaniamo da
questo lavoro e più ci sembrerà qualcosa
di magico su cui non possiamo interveni­
re. Quando ha letto la deinizione di algo­
ritmo che ho dato in questo articolo, l’ha
trovata incompleta e ha commentato:
“Direi che ora il termine ‘algoritmo’ indi­
ca qualsiasi grande sistema complesso in
grado di prendere decisioni e l’ambiente
più ampio in cui è inserito, che lo rende
ancora più imprevedibile”. Una prospet­
tiva agghiacciante. secondo walsh, la
nuova frontiera della tecnologia sarà l’eti­
ca, con “una nuova età dell’oro per la ilo­
soia”.
È d’accordo con lui eugene spaford,
esperto di sicurezza cibernetica della Pur­
due university. “Quando si devono fare
delle scelte, entra in gioco l’etica. Voglia­
mo avere qualcuno a cui chiedere spiega­
zioni o attribuire colpe, e non possiamo
farlo se abbiamo davanti un algoritmo.
Una delle critiche principali rivolte a que­
sti sistemi è che non è possibile tornare
indietro e capire esattamente perché è
stata presa una certa decisione. Il numero
di scelte intermedie è così vasto che non
possiamo sapere come siamo arrivati a
quel punto e dimostrare senz’ombra di
dubbio che c’è un responsabile”.
l’argomentazione opposta è che se un
programma ha sbagliato può essere ri­
scritto o modiicato per evitare che sbagli
di nuovo. Nonostante questo, e anche se

JUNG YeoN-Je (aFP/GeTTY ImaGes)
alla lunga l’automazione diventerà sem­
pre più sicura, le nostre leggi – basate sul
principio che per attribuire una responsa­
bilità è necessario dimostrare che c’è sta­
ta un’intenzione o un atto di negligenza –
dovranno essere riviste. Un cane non può
essere ritenuto legalmente responsabile
di aver morso qualcuno, il suo padrone
probabilmente sì, ma solo se il comporta­
mento dell’animale è considerato preve­
dibile. Nel mondo degli algoritmi, forse,
molti risultati inaspettati non erano pre­
vedibili; ma questa potrebbe diventare
un’arma a doppio taglio e rendere più fa­
cile nascondere le responsabilità.
Gli obiettivi militari
In futuro, il commercio, i social network,
la inanza e i trasporti potrebbero diven­
tare il male minore. anche se non sono
più il volano dell’innovazione come in
passato, gli eserciti sono ancora i princi­
pali utilizzatori delle nuove tecnologie.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, se la no­
tizia che le armi autonome stanno inva­
dendo silenziosamente i campi di batta­
glia è stata accolta con preoccupazione
dagli scienziati e dagli esperti di tecnolo­
gia. attualmente, a guardia della zona
smilitarizzata tra la Corea del Nord e la
Seoul, Corea del Sud. Test su un robot umanoide
Corea del sud c’è un cecchino robotizza­
to, e anche se l’azienda che lo ha fabbrica­
to, la samsung, nega che sia totalmente
autonomo, nessuno le crede. la russia, la
Cina e gli stati Uniti sostengono di essere
a vari stadi dello sviluppo di sciami di dro­
ni armati e coordinati. washington vuole
costruire dei missili capaci di sorvolare un
campo di battaglia per giorni prima di
scegliere gli obiettivi da colpire. Un grup­
po di dipendenti di Google si è dimesso e
migliaia di altri hanno contestato la scelta
del colosso tecnologico di fornire soft­
ware per l’apprendimento automatico al
Project maven, il programma di “algorit­
mi di guerra” del Pentagono. In seguito
alle proteste, l’azienda alla ine ha deciso
di non rinnovare il contratto e di pubbli­
care un codice etico per l’uso dei suoi al­
goritmi.
Come altre aziende tecnologiche,
Google aveva difeso l’etica del suo soft­
ware, dichiarando che avrebbe contribu­
ito a scegliere meglio i bersagli e quindi a
risparmiare vite umane. Il problema è co­
me fanno i tecnici informatici a sapere
quello che faranno i loro algoritmi una
volta sul campo di battaglia, soprattutto
visto che le parti svilupperanno controsi­
stemi algoritmici progettati per confon­
dere le idee alle armi nemiche. Come nel
caso del mercato azionario, probabilmen­
te l’imprevedibilità sarà considerata un
vantaggio più che uno svantaggio, perché
ofre alle armi maggiori possibilità di resi­
stere ai tentativi di sabotaggio. Per questo
e per altri motivi, corriamo il rischio di
trasformare completamente le nostre
macchine, intrappolando il mondo in una
rete di spaghetti code.
lucy suchman, della lancaster uni­
versity, nel regno Unito, è tra i ricercatori
che hanno scritto una lettera aperta a
Google, chiedendo all’azienda di rilette­
re sull’uso a ini militari del suo lavoro. I
motivi delle aziende tecnologiche sono
facili da comprendere, dice suchman: i
contratti con l’esercito fanno guadagnare
molto. e per quanto riguarda il Pentago­
no, ha ormai una rete di sensori e sistemi
di sorveglianza molto più estesa della sua
capacità di usare i dati raccolti. “sono so­
prafatti dai dati, perché ora hanno nuovi
mezzi per raccoglierli e conservarli, ma
non sono in grado di elaborarli. Perciò i
dati risultano praticamente inutili, a me­
no che succeda un miracolo. secondo me,
la continua acquisizione di aziende per la
raccolta dei dati è dovuta a una specie di
pensiero magico, si spera sempre di tro­
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 59
Tecnologia
vare ‘una tecnologia miracolosa che darà
un senso a tutto questo’”.
suchman fornisce anche statistiche
che gettano una luce agghiacciante sul
progetto maven. secondo le analisi degli
attacchi con i droni efettuati in Pakistan
dal 2003 al 2013, meno del 2 per cento del­
le persone uccise erano obiettivi di alto
livello e costituivano una seria minaccia
per gli stati Uniti. si ritiene che circa il 20
per cento fossero non combattenti, men­
tre del restante 75 per cento non si sa pra­
ticamente niente. anche se i bersagli vali­
di fossero il doppio, il triplo o il quadruplo,
costringerebbero comunque qualsiasi
persona di buon senso a rilettere. “ab­
biamo una tecnologia d’identiicazione
piuttosto rozza e il progetto maven si pro­
pone di automatizzarla, rendendola an­
cora meno aidabile e più discutibile. È
una pessima idea”, dice suchman.
Le soluzioni si possono trovare, ma
incentivando le aziende tecnologiche
a mettere gli interessi della società
sullo stesso piano dei loro
lilly Irani, una collega di suchman
dell’università della California a san Die­
go, ricorda che nei sistemi algoritmici le
informazioni viaggiano alla velocità della
luce, fuori dal controllo di qualsiasi essere
umano. e le discussioni tecniche sono
spesso usate come cortina di fumo per
evitare ogni responsabilità.
“Quando parliamo di algoritmi, spes­
so parliamo di burocrazia. le scelte dei
programmatori e dei politici sono presen­
tate come neutre, mentre in passato qual­
cuno avrebbe dovuto assumersene la re­
sponsabilità. le aziende tecnologiche af­
fermano che stanno lavorando per rende­
re più preciso il progetto maven, cioè per
fare in modo che vengano uccise le perso­
ne giuste. ma nessuno mette in discussio­
ne il presupposto che si possa uccidere
chiunque viva dall’altra parte del mondo,
e che sia l’esercito statunitense a stabilire
cos’è sospetto. Quindi le discussioni tec­
nologiche sono usate per coprire questio­
ni politiche. anche la scelta di usare gli
algoritmi per automatizzare certi tipi di
decisioni è politica”.
le convenzioni legali della guerra mo­
derna danno per scontata la responsabili­
tà umana per le decisioni che vengono
prese. Come minimo, la guerra degli al­
goritmi confonde le acque in un modo di
cui un giorno potremmo pentirci.
60 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Per la maggior parte dei problemi di
cui abbiamo parlato, le soluzioni già esi­
stono o si possono trovare, ma non senza
incentivare le aziende tecnologiche a
mettere gli interessi della società sullo
stesso piano dei loro. Una rilessione più a
lungo termine è che forse gli attuali meto­
di di programmazione non sono più all’al­
tezza della situazione, date le dimensioni,
la complessità e l’interdipendenza degli
algoritmi su cui facciamo sempre più ai­
damento. Una soluzione, adottata dalla
Federal aviation authority statunitense
per quanto riguarda l’aviazione civile, è
registrare e valutare il contenuto di tutti i
programmi e i successivi aggiornamenti
in modo così dettagliato da poter antici­
pare le interazioni tra gli algoritmi, ma
questo non è praticabile su vasta scala.
Una parte dell’industria aerospaziale usa
un metodo relativamente nuovo chiama­
to programmazione basata su modelli, in
cui le macchine fanno la maggior parte
del lavoro di codiica e sono in grado di
testarlo in corso d’opera.
ma questo tipo di programmazione
potrebbe non essere la panacea che alcu­
ni sperano. Non solo allontana ancora di
più gli esseri umani dal processo ma,
com’è emerso in uno studio realizzato dal
isico Johnson per il dipartimento della
difesa statunitense, c’è anche il rischio di
“comportamenti estremi che non poteva­
no essere dedotti dal codice stesso”, per­
ino in grandi sistemi complessi costruiti
usando questa tecnica. attualmente si sta
cercando soprattutto di trovare il modo
per far risalire certi comportamenti ina­
spettati degli algoritmi alle righe di codice
che li hanno prodotti. Nessuno sa se c’è
una soluzione, ma è probabile che davan­
ti ad algoritmi aggressivi progettati per
entrare in conflitto tra loro o adattarsi
nessuna soluzione funzionerà.
Qualche precauzione
mentre aspettiamo di capirlo, dobbiamo
prendere qualche precauzione. Paul wil­
mott, un esperto britannico di analisi
quantitativa fortemente critico nei con­
fronti delle operazioni di borsa aidate ai
computer superveloci, suggerisce ironi­
camente di “imparare a sparare, fare la
marmellata e lavorare a maglia”. spaf­
ford, l’esperto di sicurezza informatica,
consiglia d’imporre alle aziende tecnolo­
giche di assumersi la responsabilità del
comportamento dei loro prodotti, anche
se non è possibile individuare speciiche
righe di codice “canaglia” o dimostrare
che c’è stata negligenza. spaford osserva
che la venerabile association for compu­
ting machinery ha già modiicato il suo
codice etico, aggiungendo alle norme da
rispettare qualcosa di simile al giuramen­
to di Ippocrate dei medici, per cui i pro­
fessionisti del settore devono impegnarsi
a non danneggiare nessuno e a prevedere
le possibili conseguenze del loro lavoro.
Da parte sua, Johnson ritiene che il no­
stro disagio nei confronti degli algoritmi è
almeno in parte teorico, è solo la febbre di
crescita di un nuovo campo dell’esperien­
za umana. ride ricordando la prima volta
che abbiamo parlato di questo argomento
qualche anno fa. all’epoca le mie doman­
de riguardavano timori di nicchia, a cui si
interessavano poche persone che studia­
vano in modo maniacale quello che suc­
cedeva in borsa. “e ora siamo arrivati al
punto che gli algoritmi inluiscono anche
sulle elezioni. Che sta succedendo? se­
condo me, dal punto di vista scientiico il
problema è che i programmatori di soft­
ware sono abituati a scrivere programmi
che “ottimizzano” le cose. e giustamente,
perché spesso così si può migliorare la di­
stribuzione del peso su un aereo o calcola­
re la velocità che consente di consumare
meno carburante. In circostanze normali,
ottimizzare è sensato. ma in circostanze
insolite non lo è, e dobbiamo chiederci:
‘Qual è la cosa peggiore che potrebbe suc­
cedere quando questo algoritmo comin­
cia a interagire con gli altri?’. Il problema
è che non abbiamo neanche una parola
per questo concetto, e meno che mai gli
strumenti scientiici per studiarlo”.
si ferma un attimo, come per rilettere
meglio sul problema. “Il fatto è che otti­
mizzare signiica massimizzare o mini­
mizzare qualcosa, che poi in termini in­
formatici è la stessa cosa. Quindi qual è
l’opposto dell’ottimizzazione, cioè qual è
la soluzione meno ottimale, e come la
identiichiamo e misuriamo? la doman­
da che dobbiamo farci, e non facciamo
mai, è: ‘Qual è il comportamento più
estremo possibile di un sistema che, in
teoria, sto ottimizzando?’”.
e alla ine di un altro breve silenzio,
dice con un leggero tono di sorpresa:
“Fondamentalmente, abbiamo bisogno
di una nuova scienza”. u bt
 Società

A caccia
di tendenze
Jana Gioia Baurmann, Die Zeit, Germania. Foto di Matthew Sperzel
L’azienda britannica Wgsn scova tutto quello che potrebbe andare di moda in
futuro e vende le informazioni ai grandi marchi dell’abbigliamento, e non solo
uando chiediamo a Sara gra, anzi. Maggioni non si aspettava ne- siasi cosa: lei sa sempre dove collocarla.

Q Maggioni se c’è qualcosa

che non si sarebbe mai
aspettata, lei risponde: “I
leggins da ciclista”. Poi ag-
giunge: “I top con la pancia
di fuori”. Sono capi che richiedono un
certo fisico, per la precisione un fisico
molto snello. La maggior parte della gen-
te che li indossa, però, non è afatto ma-
anche che andassero per la maggiore
tutte le sfumature del beige e del marro-
ne, oppure quelle fantasie colorate riap-
parse di recente in Sudafrica. E al mo-
mento nel mondo della moda il Sudafrica
è al top.
A Maggioni si può mostrare un colore
o un modello, una fantasia, un paio di
scarpe o degli accessori, insomma qual-
Maggioni ha 34 anni, maglietta e pantalo-
ni neri e unghie laccate di grigio. La in-
contriamo nel suo uicio a Londra in una
giornata di ine ottobre. Con il pensiero
però lei è già nel 2020. “Il nostro lavoro ci
proietta in avanti di due anni”, spiega.
Maggioni fa parte dei 250 dipendenti
del consorzio britannico Wgsn. La mis-
sione dell’azienda è prevedere i desideri
GEtty IMAGES (4)

62 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

dei clienti. Il suo slogan è create tomorrow,
creare il domani. La Wgsn vende le sue
previsioni ad aziende come Samsung,
Starbucks, Levi’s e Adidas.
La Wgsn non crea tendenze, le scopre.
Da qualche parte nel mondo c’è sempre
qualcuno che indossa abiti o accessori,
colori o forme che hanno il potenziale per
piacere al grande pubblico.
Inizialmente la sigla stava per Worth
global style network. Worth è il cognome
dei fondatori, i fratelli Julian e Marc. Pri-
ma che dessero vita alla Wgsn nel 1998, le
previsioni sulle tendenze esistevano solo
sotto forma di libri che uscivano due volte
all’anno. In alternativa bisognava girare il
mondo per scoprire altri popoli e altre
culture, e i loro consumi. I fratelli Worth
all’epoca lavoravano nell’azienda di fa-
miglia, che vendeva etichette, spille e
magliette. “Molti dei modelli sviluppati
dal nostro dipartimento graico non si ri-
Le foto di queste pagine sono state
scattate durante diversi eventi legati
alla moda a Tokyo, in Giappone, tra
ottobre del 2017 e ottobre del 2018
uscivano a vendere”, racconta Marc
Worth. “Dovevamo trovare un modo per
evitare la sovrapproduzione”. E così i due
fratelli cominciarono a viaggiare e a pub-
blicare online le tendenze che osservava-
no durante i loro viaggi.
Matematica e magia
Nel 2005 i fratelli Worth vendettero la
Wgsn alla Emap per 142 milioni di sterli-
ne (più di 160 milioni di euro). Oggi la
Emap si chiama Ascential, e dell’azienda
non fanno parte solo servizi di informa-
zione come Wgsn: la Emap organizza an-
che il Cannes lions international festival
of creativity, una manifestazione alla mo-
da che si svolge a Cannes e in cui vengono
premiate persone che lavorano nel setto-
re creativo e pubblicitario.
Oggi la Wgsn non è più l’unica azienda
che cerca di prevedere le tendenze. La
concorrenza è globale. Lo stesso Marc
Worth ha fondato una sua azienda di pre-
visione delle tendenze. Da allora la sigla
Wgsn sta per World’s global style net-
work.
La sede principale della Wgsn è a Lon-
dra, e l’uicio è un tipico open space: molte
scrivanie, molti computer, nessuna priva-
cy. Le cartelle sul MacBook di Sara Mag-
gioni si chiamano Minimalist comfort,
Country cool e Tech-legant. Contengono
foto sia delle passerelle delle settimane
della moda sia di inluencer (persone che
inluenzano i comportamenti e le mode,
spesso attraverso i social network), sia di
gente comune che lei stessa ha fotografa-
to per strada. Nella massa Maggioni cerca
schemi, elementi ricorrenti.
“Quando ho cominciato a lavorare qui
mi ci è voluto un po’ per capire che non si
trattava di quello che mi sarebbe piaciuto
avere nell’armadio”, spiega. Dieci anni fa
ha cominciato come fotografa e ora è ca-
poreparto. Visto che la Wgsn aiuta le altre
aziende a vendere il più possibile, deve
sapersi vendere bene. Nell’open space la
formula usata è “matemagica”.
La prima parte della formula fa riferi-
mento ai dati usati ed elaborati dalla
Wgsn: alcuni vestiti il mese scorso hanno
venduto più di altri? Perino una crescita
di pochi punti percentuali può essere un
segno del fatto che c’è potenziale per rag-
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 63
Società
giungere il grande pubblico. È successo
con i jeans a carota, per esempio. La ma-
gia invece vale per le osservazioni, le fo-
tografie e le cartelle come quelle sul
computer di Maggioni. La combinazione
delle due cose dà vita alle previsioni della
Wgsn.
Normalmente le tendenze sono rap-
presentate da una curva che sembra una
U rovesciata. All’inizio della curva ci sono
i pochissimi che indossano per primi qual-
cosa che potrebbe rivelarsi una tendenza.
Poi arrivano gli inluencer che hanno tanti
fan sui social network: alcuni di loro or-
mai fanno più tendenza delle riviste di
moda tradizionali. Gli inluencer possono
far arrivare una tendenza nel mondo
dell’alta moda. A quel punto segue il mer-
cato di massa, poi la moda da discount. E
alla ine la tendenza si esaurisce.
Dai colori al bianco
Nella moda le tendenze si distinguono in
micro e macro. I jeans a carota, per esem-
pio, inizialmente erano una microten-
denza: li indossavano in pochi. Nel giro di
due anni hanno fatto la loro apparizione
nelle grandi catene come Weekday, Zara
e H&M. Lo stesso vale per i leggins da ci-
clista. Ci sono microtendenze che nasco-
no in opposizione a tendenze già esisten-
ti, come le scarpe da ginnastica bianche.
Alle Olimpiadi del 2012 a Londra molti
atleti portavano scarpe coloratissime:
c’era di tutto, dal rosa al giallo all’arancio-
ne. La gente indossava scarpe da ginna-
stica colorate perino in uicio. Per distin-
guersi da questo tripudio di colori l’unico
modo era indossare scarpe bianche. Da
due anni sui marciapiedi e negli uici te-
deschi si vede moltissimo bianco.
Una macrotendenza invece può ma-
nifestarsi in vari ambienti, non solo nella
moda. È il caso per esempio dei prodotti
artigianali. Quando ne parla, Carla Buza-
si, che quattro anni fa ha assunto la carica
di amministratrice delegata della Wgsn,
si anima. All’epoca l’azienda aveva previ-
sto che i prodotti artigianali avrebbero
suscitato un entusiasmo di massa: da un
lato nel 2005 era nata Etsy, una piattafor-
ma online dove si potevano vendere pro-
dotti fai da te, e gli afari andavano più
che bene. Dall’altro la gente celebrava la
Apple e il suo iPhone: il primo modello,
con il design liscio, dall’aria quasi sterile,
fu lanciato nel 2007. Alla Wgsn avevano
dedotto che la tendenza successiva sa-
rebbe andata nella direzione opposta,
verso il “fatto in casa”. Nel 2013, dopo il
crollo di una fabbrica tessile in Bangla-
64 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Gli inluencer i prodotti giusti le persone si rivolgono
subito altrove”. Pur essendo amministra-
possono far arrivare trice delegata, Buzasi non ha un uicio
una tendenza nel tutto suo e l’intervista si svolge in una
stanzetta con gli scafali pieni di libri in-
mondo dell’alta moda. titolati Ispirazione, Design giapponese o
Segue il mercato di Ceste. Sulla moquette sono accatastati
scatoloni pieni di campioni di tessuto e le
massa, poi la moda pareti sono tappezzate di post-it. Per pre-
da discount vedere cosa vorrà la gente domani non
basta osservare la moda. Moda, cosmesi,
architettura, arredamento d’interni, tec-
nologia, politica, società: è tutto colle-
gato.
Mercato vergine
Secondo una ricerca dell’azienda di soft-
ware Intuit, nel 2020 più del 40 per cento
degli statunitensi lavorerà da freelance.
desh che provocò la morte di oltre 1.130 Signiica che queste persone non andran-
persone, all’improvviso tutti volevano no più in uicio ma lavoreranno da casa o
oggetti artigianali. O meglio, volevano aitteranno una postazione in uno spazio
l’illusione di averne. condiviso. Un’azienda come la Wgsn ne
Negli anni seguenti in Germania si deduce che aumenterà la domanda di tu-
sono moltiplicate le birrerie artigianali e te da jogging. Non necessariamente di
all’improvviso ogni buon bar doveva quelle più sportive con cui sembri una
avere il Monkey 47 con l’etichetta che re- persona che ha perso il controllo della
cita “dry gin della foresta nera”. Foresta propria vita, come ha detto lo stilista Karl
è un termine decisamente convincente. Lagerfeld. Ma di quelle che si possono
Poi i proitti dei negozi artigianali hanno tenere addosso anche per andare a cena
cominciato ad aumentare, mentre cre- fuori la sera.
sceva la fame di slow food, cibo genuino e Nel 2016 l’allora presidente degli Stati
tradizionale. Gli adulti hanno comincia- Uniti Barack Obama è andato in visita a
to a comprarsi album da colorare. Ormai Cuba e poco dopo dagli Stati Uniti è de-
nelle grandi città va per la maggiore il collato il primo aereo di linea regolare
raw food, cibo crudo, o i cibi “senza” diretto sull’isola. Anche la Wgsn ha man-
qualcosa. dato i suoi collaboratori a Cuba, per sape-
“I clienti di oggi sono molto esigenti”, re cosa mangiavano e bevevano i cubani,
dice Carla Buzasi. “Se l’azienda non ofre quali colori vedevano, che vestiti indos-
Da sapere Un metodo vago ma eicace
u Prevedere la moda è sem- per scoprire il prossimo feno- ni, però, è minacciato
pre stata una professione pe- meno. Le loro conclusioni so- dall’analisi dei dati, avverte
culiare, scrive il settimanale no poi combinate con altri da- l’Economist. La iliera pro-
britannico l’Economist. ti, dagli indicatori economici duttiva dell’industria dell’ab-
Quest’attività nacque a Parigi alle opinioni politiche. bigliamento è sempre più di-
negli anni sessanta, quando le Il giornale sottolinea però gitalizzata e lessibile. In ri-
agenzie cominciarono a di- che non c’è una chiara corre- sposta, le aziende che si occu-
stribuire i “libri sulle tenden- lazione tra la moda e i dati pano delle previsioni usano i
ze”, che raccoglievano idee macroeconomici. Se le previ- dati raccolti dai sistemi infor-
sui tessuti e le fantasie. I com- sioni hanno un tasso di accu- matici dei loro clienti e hanno
mercianti usavano i libri per ratezza ino all’80 per cento è aggiunto alla loro oferta pre-
ispirarsi mentre progettavano perché spesso tendono ad au- visioni a breve termine.
i loro modelli. toavverarsi. Di solito le azien- Il matrimonio tra moda e
L’azienda più grande che de più importanti comprano i intelligenza artiiciale è anco-
si occupa di prevedere le ten- libri sulle tendenze. Per gli ra all’inizio, conclude il setti-
denze è la Wgsn, che rappre- stilisti sono una forma di assi- manale economico, ed è an-
senta metà del mercato mon- curazione: inché li usano il ri- cora da vedere se la tecnolo-
diale. Ci lavorano 250 persone schio di bucare completa- gia sostituirà i metodi vaghi
che setacciano le passerelle, i mente il mercato è limitato. con cui si prevedono le ten-
locali e i bar di tutto il mondo Il business delle previsio- denze.
GEtty IMAGES (2)
savano: le cose potevano cambiare in
fretta e le aziende volevano approittare
subito di un mercato vergine come quello
di Cuba.
All’inizio del 2017 Donald trump ha
assunto la carica di presidente e lo stesso
giorno a Washington si è svolta la Wo-
men’s march, la manifestazione delle
donne contro il presidente, con migliaia
di persone che riempivano le strade. In
mezzo alla gente c’era anche una squadra
della Wgsn, che rivolgeva ai manifestanti
domande come: perché siete qui? Cosa vi
fa arrabbiare? Di cosa avete paura? Come
vorreste vivere in futuro? “Politicamente
parlando questi sono tempi bui. La gente
vuole positività”, è stata la conclusione di
Buzasi.
Una conseguenza di questo desiderio
di positività è che nel Regno Unito le ven-
dite di abiti arcobaleno sono salite del 321
per cento rispetto all’anno scorso, quelle
dei top a righe colorate del 410 per cento.
L’arcobaleno non è solo il simbolo del mo-
vimento lgbtq, (lesbiche, gay, bisessuali,
transgender e queer), ma trasmette anche
un atteggiamento positivo verso la vita.
Sara Maggioni indossa un parka mili-
tare e prende una sacca nera per la pale-
stra con dentro la sua macchina fotogra-
fica. Quando è tornata dal Sudafrica,
poco tempo fa, aveva ottocento foto sulle
schede di memoria. Sono immagini di
persone che potrebbero indossare le ten-
denze del futuro. Mentre procede in dire-
zione di Oxford Circus, Maggioni fa la
radiograia a chi le viene incontro. Una
donna rapata a zero, top rosa acceso, pan-
talone blu elettrico: non è abbastanza ori-
ginale. Una ragazza con i pantaloni leo-
pardati e le scarpe da ginnastica Nike
Cortez. “Non è abbastanza commercia-
le”, osserva Maggioni. Poi arriva un uo-
mo: look militare, pantaloni dal taglio
dritto, troppo corti, ai piedi stivali massic-
ci. “Perfetto!”, dice Maggioni. E gli rivol-
ge la domanda di rito: “Scusa, potrei foto-
grafarti?”. L’uomo però va di fretta e ri-
sponde di no.
Maggioni ci racconta che la gente di
solito si fa fotografare volentieri, del re-
sto è un complimento essere fermati per
il proprio stile. Quando Maggioni rivela
per chi lavora, però, la maggioranza delle
persone non sa di cosa parli. “Noi lavo-
riamo dietro le quinte”, dice Carla Buza-
si. La Wgsn è una specie di segreto indu-
striale molto influente. Buzasi, che in
passato è stata tra i fondatori dell’edizio-
ne britannica dell’Huington Post e cita
spesso le ottime prestazioni della sua
azienda in termini di ricerca, non la pen-
sa così: “Noi non dettiamo legge al mer-
cato. Sono le aziende a farlo”.
Le aziende però spesso si basano sulle
previsioni della Wgsn, che in tutto il
mondo ha più di seimila clienti. Quanto
pagano dipende da vari criteri, tra cui an-
che le dimensioni. Aziende come Adidas
o Starbucks preferiscono non rivelare per
quali scopi esattamente usano queste
previsioni.
La Wgsn esiste ormai da vent’anni e
l’equazione per cui saperne più degli altri
fa salire i proitti sembra funzionare an-
cora. Alcune fonti usate dalla Wgsn però
stanno cambiando: “Gli inluencer pos-
sono incentivare le tendenze, ma non
sono loro a inventarle”, dice Carla Buza-
si. “E spesso i vestiti che indossano glieli
regalano le aziende”. u sk
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 65
66 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Portfolio

Attimi
di magia
Da quasi due anni il fotografo giapponese
Shin Noguchi racconta la vita delle sue tre
iglie. Cogliendo momenti che se non
fossero issati scomparirebbero per sempre,
scrive Christian Caujolle

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 67

Portfolio
otografare i propri igli non
F è una pratica originale. So-
prattutto oggi, con il telefo-
no sempre a portata di ma-
no, che ci permette di regi-
strare anche i momenti di
vita più privati. È più raro invece ritrarre i
propri bambini per un progetto artistico.
Conosciamo i delicati bianchi e neri
con cui la fotografa statunitense Sally
Mann ha raccontato la vita dei suoi tre
igli ino a quando, diventati adolescenti,
hanno cominciato a respingere quell’at-
tività che avevano tanto amato. Alcune
di quelle foto, in cui i bambini sono ritrat-
ti nudi immersi nella campagna durante
l’estate, avevano scatenato una grande
polemica nell’America puritana, ino a
essere censurate.
In una diversa tonalità di bianco e ne-
ro, il fotografo statunitense Ralph Euge-
ne Meatyard, morto nel 1972, faceva po-
sare il iglio e i suoi amici con maschere
grottesche, creando delle serie oniriche
per mostrare la complessità dell’imma-
ginario infantile. Un modo per rilettere
sul ritratto, sulla messa in scena, sui so-
gni e la realtà.
Possiamo avvicinare l’opera di questi
due fotografi a quella del giapponese
Shin Noguchi. Anche lui ha dedicato una
parte importante del suo lavoro alle iglie
ma, a differenza di Mann e Meatyard,
Noguchi lavora solo a colori (in pellicola)
ed esclude qualunque preparazione della
scena e qualsiasi posa esplicita. Se per
caso una delle bambine si piazza davanti
all’obiettivo, è comunque in movimento:
spesso ha fatto irruzione nell’inquadra-
tura mentre suo padre stava seguendo lo
spostamento di una delle sorelle.
Yumeji è nata nel 2009, Kotoyo nel
2014 e Hikono nel 2017. Queste tre bam-
bine hanno una vita molto simile alle loro
coetanee: mangiano, dormono, giocano,
fanno il bagno, litigano, vanno in giro,
leggono o guardano libri illustrati e van-
no a caccia di farfalle. Niente di spettaco-
lare quindi, tranne lo sguardo che ha su
di loro il papà fotografo. Uno sguardo
agile, rapido, al tempo stesso tenero e di-
vertito, preciso e senza pretese.
Shin Noguchi si deinisce uno street
photographer ed è un fatto piuttosto cu-
rioso, visto che la maggior parte delle sue
foto è scattata all’interno della casa di
famiglia. “Come street photographer e
documentarista, cerco sempre di cattu-
rare gli istanti signiicativi della vita delle
persone in strada, senza nessuna messa
in scena. Per questo progetto lavoro allo
68 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
stesso modo: per ogni situazione faccio
solo uno o due scatti e cerco di cogliere
degli istanti che se non fossero fissati
scomparirebbero per sempre. È come
l’improvvisazione nel jazz degli anni cin-
quanta e sessanta, il mio periodo preferi-
to. Vivo la quotidianità con la mia fami-
glia come se fosse una grande sessione di
lavoro, con sorprese, sorrisi e con la sua
profondità”.
Shin Noguchi, nato nel 1976, è un au-
todidatta: “Non ho mai studiato fotogra-
ia, né in una scuola né assistendo un fo-
tografo. Durante gli ultimi anni di liceo
fotografavo quello che mi circondava
usando la macchina analogica di mio pa-
dre. In un certo senso è quello che conti-
nuo a fare ancora oggi guardandomi in-
torno, scegliendo lo stile giusto, quel
momento sospeso che si tasformerà in
una piccola conquista. Come fanno i fo-
tograi che amo: Ihei Kimura, Joel Meye-
rowitz, William Eggleston, Cristóbal
Hara”.
È come se la scelta di fotografare la
sua famiglia si fosse imposta da sola,
senza riletterci. La fotograia è da sem-
pre per Noguchi una parte della sua quo-
tidianità ed è lo strumento con cui coglie
e conserva momenti di grazia o situazio-
ni esteticamente eccezionali.
Tutto è cominciato nel 2017, dopo la
morte del padre del fotografo a causa di
un tumore ai polmoni. Un episodio dii-
cile, che Noguchi ha raccontato in modo
sereno coinvolgendo nelle sue immagini
anche le iglie. Mentre sistemava gli og-
getti appartenuti al padre, ha trovato
molte foto di lui da bambino e della sua
famiglia che non aveva mai visto prima.
Da quel momento scattare foto alle
iglie ha assunto una dimensione esteti-
ca. È sia un modo per afermare una cer-
ta pratica fotograica sia un canale per far
 Nella foto
grande: Yu-
meji e Kotoyo
a Ōmachi,
nel 2014.
In basso, da
sinistra: Ko-
toyo alle Ha-
waii, 2016;
Yumeji con
un’amica a
Sakurayama,
nel 2012;
Hikono a
Sengokuha-
ra, nel 2018.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 69

Portfolio

70 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019


incontrare generazioni diverse: le sue
immagini sono di conforto alla nonna
delle bambine, che vive sola e ama vede-
re le nipotine, e al tempo stesso sono di-
ventate uno strumento di comunicazio-
ne tra le tre bambine e i genitori.
Quello che colpisce e seduce, nel rac-
conto di un tema apparentemente così
banale come la famiglia, è l’approccio
lessibile – che sembra non soisticato,
privo di artiicio e teorizzazione – che il
fotografo ha scelto per costruire un al-
bum di famiglia con rara maestria e gran-
de spontaneità. Sono immagini dalle luci
rainate o contingenti, che spesso sem-
brano possedere un tocco di magia: tutto
è perfettamente al suo posto, come se
non fosse stato necessario nessuno sfor-
Sopra: Yumeji a Zushi, nel 2015.
Sotto: Yumeji a Ōmachi, nel 2015.
Le foto della pagina accanto sono
state scattate a Ōmachi. Sopra: Yu-
meji e Kotoyo, 2016. Sotto: Hikono e
Kotoyo, 2017. Alle pagine 66-67: Hi-
kono e Kotoyo a Ōmachi, nel 2017.
zo per riorganizzare un mondo che, basa-
to sul ritmo di tre bambine, può essere
molto caotico.
A chi gli chiede se queste foto sono
arte o vita, Noguchi risponde: “Non ho
mai chiamato arte la mia fotografia, e
non lo farò mai. Per me l’arte è la vita, nel
senso che queste fotograie mi mettono
di fronte a situazioni che sento essere vi-
cine all’arte. Perché quando scatto ricevo
dei meravigliosi regali, di una bellezza
incredibile”. Per esempio quando Nogu-
chi usa una bolla di sapone per inquadra-
re il volto di una bambina creando un’im-
magine accessibile a tutti coloro che vo-
gliono prendersi il tempo per coglierla.
Una sola domanda mette in imbaraz-
zo Noguchi, cioè ino a quando continue-
rà a fotografare le iglie: “Chissà? forse
ino a quando si sposeranno e lasceranno
casa. Ma per il momento non ci voglio
pensare”. u adr
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 71
Ritratti
Salomé
Zourabichvili
La preferita
Wojciech Jagielski, Tygodnik Powszechny, Polonia
È nata in Francia ed è la prima
donna a essere eletta
presidente della Georgia.
Ma deve la sua fortuna alle
trame politiche di un uomo,
l’imprenditore ed ex primo
ministro Bidzina Ivanishvili
l 20 novembre 2018 Salomé Zou-
I rabichvili ha vinto le elezioni al
ballottaggio. Non era mai suc-
cesso in Georgia. Dal 1991, con il
crollo dell’Unione Sovietica e
l’indipendenza del paese, in tut-
te le elezioni presidenziali georgiane ha
sempre vinto in modo netto il politico
che i cittadini consideravano l’uomo del-
la provvidenza. Così vinsero Zviad Gam-
sakhurdia nel 1991, poi Eduard She-
vardnadze e in seguito Micheil Saakash-
vili. Ovviamente avevano dei rivali, ma
nessuno di loro contava qualcosa nei gio-
chi politici.
L’ultimo presidente, Giorgi Margve-
lashvili, aveva vinto nel 2013 perché ave-
va ricevuto la benedizione dall’uomo più
ricco della Georgia, Bidzina Ivanishvili,
primo ministro dal 2012 al 2013, conside-
rato il nuovo salvatore del paese dopo la
caduta di Saakashvili. Margvelashvili pe-
rò non ha fatto niente per farsi rieleggere.
Una volta diventato presidente, si è mon-
tato la testa e ha smesso di eseguire gli
ordini di Ivanishvili. L’ex primo ministro
ha ammesso che averlo appoggiato nella
corsa alla carica più importante del pae-
se è stato un errore. Forse per evitare una
72 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
situazione simile in futuro, nel 2017 il ric-
co imprenditore di Tbilisi ha ordinato di
modiicare la costituzione in modo da
privare il presidente di ogni qualiica e
dei suoi poteri. Quella del 2018 è stata
l’ultima elezione diretta del capo dello
stato. In futuro non saranno più i cittadi-
ni a decidere ma i parlamentari. D’ora in
poi il vero leader sarà il primo ministro,
nominato dal partito di governo di Bidzi-
na Ivanishvili.
Senza consultarsi con nessuno e sen-
za prestare attenzione alle proteste dei
compagni di partito, Ivanishvili ha deci-
so che alle elezioni del 2018 il suo partito,
Sogno georgiano, non avrebbe presenta-
to alcun candidato, ma avrebbe sostenu-
to Salomé Zourabichvili, ex ministra de-
gli esteri, donna nota e rispettata (anche
se non da tutti).
Nel 2016 grazie al sostegno di Ivani-
shvili, anche se non faceva parte di So-
gno georgiano, Zourabichvili è stata elet-
ta in parlamento. A Tbilisi in molti si so-
no chiesti se il misterioso miliardario
non avesse un debole per lei o se la sua
scelta non fosse determinata dal proprio
tornaconto. Ivanishvili si è reso conto
che dopo sei anni di governo i cittadini
Biograia
◆ 1952 Nasce a Parigi, in Francia.
◆ 1974 Comincia la carriera diplomatica.
◆ 2004 Un anno dopo essersi trasferita a
Tbilisi, diventa ministra degli esteri del
governo georgiano.
◆ 16 dicembre 2018 È eletta presidente della
Georgia.
erano già stanchi di Sogno georgiano, e
che le elezioni si sarebbero potute tra-
sformare in un referendum sul partito.
Se Ivanishvili le avesse perse – ino ad al-
lora aveva sempre vinto – avrebbe perso
anche l’aura d’invincibilità che lo accom-
pagna. Poteva signiicare l’inizio della
ine del suo potere. Per evitare questo ri-
schio, ha deciso di puntare su Zourabich-
vili. Se lei non avesse avuto successo,
l’avrebbe tagliata fuori attribuendole le
colpe della sconitta. In caso di vittoria, si
sarebbe attribuito il merito e avrebbe po-
tuto pretendere la sua ubbidienza. Senza
di lui, senza la sua benedizione e senza i
suoi soldi, Zourabichvili non avrebbe ot-
tenuto nulla nella politica georgiana. An-
che se era famosa e amata.
Una parigina a Tbilisi
Salomé Zourabichvili è nata nel 1952 a Pa-
rigi ed è di origini georgiane. Si è trasferita
in Georgia per la prima volta nel novem-
bre 2003 durante la rivoluzione delle rose,
una rivolta contro la corruzione del gover-
no. È arrivata nel paese da parigina, ma
anche da nipote di rifugiati politici geor-
giani. All’inizio del novecento i suoi nonni
erano molto inluenti. Il bisnonno mater-
no aveva partecipato alla costruzione del
porto di Poti, sul mar Nero, e alla costru-
zione delle ferrovie. Era stato anche un
ministro del governo ai tempi della prima
indipendenza, quella della Repubblica
democratica di Georgia (1918-1921). Zou-
rabichvili dice che la sua famiglia è impa-
rentata con le nobili dinastie degli Orbe-
liani e dei Baratashvili. Nel 1921 i bolsce-
vichi conquistarono la Georgia, annetten-
PRESIDENTIAL ADMINISTRATION OF GEORGIA/XINHUA/EYEVINE/CONTRASTO
dola ancora una volta alla Russia, e i nonni
di Salomé si rifugiarono in Francia. Anche
Janri Kashia, lo scrittore e marito di Zou-
rabichvili morto nel 2012, era un emigrato
politico scappato dalla Georgia per sfug-
gire alle autorità comuniste.
Dopo aver studiato scienze politiche
in Francia e negli Stati Uniti, Zoura-
bichvili trovò lavoro nella diplomazia
francese. Ha lavorato nelle sedi diploma-
tiche di Roma, Bruxelles, Vienna, Wa-
shington, New York e a N’Djamena, la
capitale del Ciad. Ha visitato la Georgia
per la prima volta solo nel 1986. Nell’au-
tunno del 2003 fu nominata ambasciatri-
ce in Georgia. Non aveva ancora fatto in
tempo a sistemarsi che a Tbilisi scoppiò
la rivoluzione delle rose, che rovesciò il
presidente Eduard Shevardnadze e portò
al potere il capo della rivolta, Micheil
Saakashvili.
Nella primavera del 2004 Saakashvi-
li, già presidente, chiese a Zourabichvili
di fare la ministra degli esteri: sarebbe
diventata così la prima donna in Georgia
Salomé Zourabichvili a Telavi, nel dicembre 2018
a occupare questa carica. “Accettai senza
esitazione, ma ho spiegato a Saakashvili
che secondo me la cosa non poteva fun-
zionare”, mi raccontò qualche mese do-
po quando la incontrai a Varsavia. “Gli
dissi che come cittadina francese avrei
potuto al massimo diventare sua consi-
gliera. Ma ministra? Mi sembrava impos-
sibile. Tuttavia Saakashvili disse che
avrebbe organizzato tutto. Era a Parigi e
convinse il presidente Chirac a sollevar-
mi dalle mie funzioni”.
Anche se era ancora una cittadina
francese, Zourabichvili diventò la re-
sponsabile della diplomazia georgiana. Il
governo francese nel frattempo conti-
nuava a darle lo stipendio ministeriale.
Quando la incontrai a Varsavia, mi disse
che durante una sua visita a Mosca i di-
plomatici russi, così come i giornalisti e
l’opinione pubblica, erano stupiti e peri-
no indignati per il fatto che la ministra
degli esteri georgiana non parlasse russo.
“Chiamarono per lamentarsi, mi accusa-
vano di ostentare le mie opinioni politi-
che, quasi di essere una provocatrice”,
mi raccontò Zourabichvili. Non resistet-
te molto. Ignorava le regole della politica
postsovietica e cominciò presto a farsi
dei nemici. Alcuni parlamentari si la-
mentavano di lei con l’allora presidente
della camera, Nino Burjanadze.
Burjanadze, ambiziosa e gelosa del pro-
prio potere, apparteneva al “triumvira-
to” che aveva guidato la rivoluzione delle
rose, ed era stata presidente per un breve
periodo, poco prima dell’elezione di Saa-
kashvili a presidente nel gennaio 2004.
Accusata di aver portato il caos all’in-
terno del ministero degli esteri, di essere
incompetente e arrogante, nell’autunno
del 2005 Zourabichvili fu rimossa dal suo
incarico. Fuori di sé per l’indignazione,
dichiarò che, invece di farla dimettere,
Saakashvili avrebbe dovuto sciogliere il
parlamento. Saakashvili non la ascoltò e
così Zourabichvili passò nel campo sem-
pre più numeroso degli oppositori politi-
ci del presidente. Nell’autunno del 2005
fondò il partito La via della Georgia e due
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 73
Ritratti
anni più tardi guidò le manifestazioni di
piazza per chiedere le dimissioni di Saa-
kashvili, ino a poco tempo prima accla-
mato come eroe del popolo georgiano.
Nel 2006 si candidò a sindaca di Tbilisi
ma non fu eletta, e nel 2008, intenziona-
ta a contendere la presidenza del paese a
Saakashvili, chiese di cancellare dalla
costituzione la norma secondo cui un
candidato alla guida dello stato deve es-
sere vissuto in Georgia nei quindici anni
precedenti alle elezioni. Non le fu con-
cesso di partecipare alla sida elettorale.
Tuttavia l’opposizione, unita contro
Saakashvili, le promise che in caso di vit-
toria sarebbe diventata prima ministra
nel nuovo governo. Saakashvili vinse le
elezioni e Zourabichvili, abbattuta, di-
chiarò nel 2010 che in Georgia non si po-
teva fare aidamento sulla democrazia e
che quindi avrebbe accettato un incarico
all’Onu.
Campagna complicata
Zourabichvili è tornata in Georgia e alla
politica nel 2012, quando il ricco impren-
ditore Ivanishvili ha annunciato che
avrebbe fatto di tutto pur di togliere il go-
verno del paese dalle mani di Saakashvi-
li. “La carica di presidente è fatta apposta
per me”, ha dichiarato la donna candi-
dandosi alle elezioni legislative del 2013.
Tuttavia ancora una volta è stata esclusa
dalla competizione elettorale perché
continuava ad avere il passaporto fran-
cese. Solo due anni fa ha vinto le elezioni
per la prima volta, diventando deputata.
Da sei anni, i politici di Sogno geor-
giano vincono tutte le elezioni in Georgia
(i georgiani sono delusi dal governo, ma
ancora di più dall’opposizione). Inoltre ,
grazie al sostegno politico e inanziario
del gruppo di potere legato a Ivanishvili,
Zourabichvili è diventata la prima donna
a ricoprire la carica di presidente eletta
del paese.
All’inizio sembrava che le cose andas-
sero proprio come volevano Zourabich-
vili e il suo mecenate. Ma tutto si è com-
plicato all’inizio della campagna eletto-
rale, quando Zourabichvili ha fatto scop-
piare una polemica sostenendo che nella
guerra dei cinque giorni dell’agosto 2008
erano stati i georgiani a sparare per pri-
mi. “L’aggressore era la Russia, ma noi ci
siamo lasciati provocare”, ha dichiarato.
Ricordando quella guerra persa voleva
colpire l’ex presidente Saakashvili e il suo
protetto Grigol Vashadze, anche lui ex
ministro degli esteri, il rivale più perico-
loso tra i candidati alla presidenza. Ma è
74 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
riuscita solo a danneggiare se stessa. Per
quanto critici nei confronti di Saakashvi-
li, i georgiani si considerano vittime di
quella guerra. L’opposizione ha accusato
Zourabichvili di tradimento e alcuni ex
uiciali dell’esercito l’hanno accusata di
non essere per niente all’altezza di gui-
dare il paese.
Dichiarando di avere sperimentato
delle droghe a Parigi da giovane ai tempi
della contestazione, Zourabichvili si è
anche esposta alle critiche dei georgiani,
per la maggioranza conservatori, della
chiesa ortodossa. Di recente il governo
Non spezzerà
il dominio maschile
nella politica
georgiana
ha legalizzato l’uso e il possesso della
marijuana, ma la legge che aida allo sta-
to il monopolio della coltura e del com-
mercio ha scatenato alcune polemiche.
L’opposizione accusa il ricco Ivanishvili
di concentrare nelle sue mani il businnes
della marijuana e di voler trasformare la
Georgia in una repubblica della canapa.
I problemi di Zourabichvili però non
sono initi lì. È stata accusata di aver avu-
to una relazione con il padrino di battesi-
mo dei suoi igli, di essere – orrore degli
orrori – cattolica, e soprattutto di parlare
male il georgiano. Solo Ivanish-
vili, che ha passato metà della
sua vita adulta in Russia, non
ha visto niente di sbagliato nel-
lo strano accento della sua pre-
ferita. “A mio parere il suo ac-
cento francese è molto afascinante”, ha
detto. Tuttavia gli scivoloni linguistici e i
toni grossolani di cui è capace hanno fat-
to perdere consensi a Zourabichvili.
“Quella donna è una combinazione dia-
bolica di provincialismo georgiano e ar-
roganza francese”, ha dichiarato il rivale
Grigol Vashadze.
Il primo turno delle elezioni, il 28 ot-
tobre 2018, per Zourabichvili si è conclu-
so con un pareggio deludente. Il sostegno
di Ivanishvili avrebbe dovuto garantirle
la vittoria sicura. Invece ha preso circa il
38 per cento, poco più di Vashadze. Per
Ivanishvili il risultato è stato uno schiaf-
fo: per la prima volta nella sua vita era
stato sconitto alle elezioni. Se qualcuno
avesse fatto un viaggio nel paese subito
prima del ballottaggio, non si sarebbe
neanche accorto che Zourabichvili era
candidata: la georgiana con l’accento
francese era sparita, e al suo posto era
comparso Ivanishvili. È stato lui a parlare
al posto della donna durante i comizi, e
sui manifesti elettorali c’era la sua faccia.
Una settimana prima del voto ha annun-
ciato che, se la sua candidata avesse vin-
to, avrebbe sborsato di tasca sua più di un
milione di lari (circa 490 milioni di euro)
estinguendo così i debiti di oltre mezzo
milione di connazionali.
Al ballottaggio Salomé Zourabichvili
ha preso proprio mezzo milione di voti in
più rispetto a quanti ne aveva avuti al pri-
mo turno, rimediando il 60 per cento
contro il 40 per cento ottenuto da Vashad-
ze. Ma è stato Ivanishvili e non lei a di-
chiarare la vittoria e a tenere il discorso.
L’imprenditore ha ringraziato i suoi com-
patrioti per la iducia concessa, promet-
tendo che non avrebbe deluso le aspetta-
tive. Lei si è presentata solo un’ora dopo.
La sera sui siti internet locali impazzava la
fotografia di Ivanishvili sorridente, ac-
compagnata dal titolo: “Ecco la prima
presidente della Georgia”.
Splendore perduto
L’epoca d’oro della Georgia è considerata
quella a cavallo tra l’anno mille e il 1200,
quando regnò la regina Tamara, pronipo-
te di David il Costruttore, uno dei più
grandi sovrani della storia del Caucaso.
Durante il periodo di Tamara, il regno ge-
orgiano si estendeva dal mar Nero al mar
Caspio. Teneva testa a turchi,
persiani e alla stessa Bisanzio.
Dopo Tamara salì al potere sua
iglia, ma le invasioni mongole
misero ine allo splendore del
regno. Da quel momento la Ge-
orgia, che oggi ha quattro milioni di abi-
tanti, è stata governata solo da uomini, a
parte le parentesi di Nino Burjanadze,
l’unica donna a occupare la carica di pre-
sidente pro tempore del paese tra il no-
vembre e il gennaio del 2003 e negli stessi
mesi a cavallo del 2007.
Salomé Zourabichvili, la prima donna
georgiana a essere eletta presidente del
suo paese, non porterà avanti la tradizio-
ne rappresentata dalla regina Tamara. E
non spezzerà il dominio maschile nella
politica. Al contrario: la sua elezione e
tutto quello che l’ha accompagnata indi-
cano che, almeno ino alle prossime ele-
zioni parlamentari, la Georgia continue-
rà a essere ostaggio di due maschi alfa:
Mikheil Saakashvili, ancora assetato di
potere, e Bidzina Ivanishvili, che il potere
gliel’ha tolto. ◆ dp
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Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 75

Viaggi

L’onda
per tutti
Noël van Bemmel, De Volkskrant, Paesi Bassi
Foto di Karsten Schoene
Un piccolo hotel vicino ad
Agadir, in Marocco, è diventato
il ritrovo di chi vuole imparare
a fare surf anche se non ha più
vent’anni e non intende
rinunciare alle comodità
l surf non è uno sport, è
da Agadir. “Oh no, un giornalista!”, mi
dice uno svedese di trent’anni che sta
sciacquando la muta vicino all’ingresso
dell’hotel. “Non parlare di questo posto,
non voglio che lo scoprano tutti!”.
È sempre un buon segno quando i tu­
risti mi chiedono di non rivelare qualco­
sa, ma devo deluderli perché trovare luo­
ghi speciali è il mio mestiere. Lo svedese
mi spiega che si sente un po’ troppo vec­

“I un percorso di vita”,
amano ripetere i suristi
esperti che si radunano
intorno ai falò sulla
spiaggia. Non è stato
questo il mio percorso. Da adolescente
guardavo con ammirazione le foto di ado­
ni dai capelli biondi che cavalcavano le
onde hawaiane, e fantasticavo sulle ra­
gazze che mi avrebbero accompagnato in
un viaggio lungo la costa dell’oceano a
bordo di un furgoncino Volkswagen. Ma
non sono mai andato oltre. Finché di re­
cente non ho letto un articolo del Finan­
cial Times che parlava di un hotel in Ma­
rocco dove gli ospiti – in gran parte qua­
rantenni e cinquantenni – cominciano la
giornata praticando yoga sul tetto, poi
vanno a lezione di surf e la sera si rilassa­
chio per accamparsi con i giovani suristi
e che ormai lavora da troppo tempo per
accontentarsi di dormire su un materas­
sino e mangiare spaghetti cotti male.
Tutti gli altri ospiti la pensano allo stesso
modo: “A un certo punto della vita biso­
gna concedersi un po’ di lusso”.
Faccio il mio ingresso nel mondo del
surf su un materassino da yoga con vista
sul mare. “Metti una mano sul cuore”,
sussurra la maestra, una svizzera dal isi­
co atletico. “Senti il battito. Non giudica­
re”. Il surf è anche un’attività spirituale.
Alcuni suristi si fanno notare cavalcan­
do onde enormi, mentre altri si conside­
rano soul surfer: persone silenziose che
afrontano l’oceano in solitaria per entra­
re in sintonia con le forze della natura.
Voglio essere uno di loro. L’insegnante di
LAIF/CONTRASTO

no al centro massaggi. Era una prospetti­ yoga ci fa fare degli esercizi per gli addo­
va allettante, perciò ho prenotato una minali.
camera con vista sull’oceano all’hotel A cinque chilometri dall’hotel c’è una
Amouage di Taghazout, un piccolo e di­ spiaggia chiamata Devil’s rock, dove ca­
sordinato villaggio costiero non lontano tene internazionali come Hilton e Fair­
mont stanno costruendo alberghi a cin­
que stelle. Guardiamo una lunga onda
Faccio il mio ingresso verde alta mezzo metro spezzarsi contro
una grande roccia che aiora dall’acqua
nel mondo del surf su e poi infrangersi sulla spiaggia. “Sdraia­
un materassino da tevi sulla tavola, mettete le mani all’al­
tezza delle spalle e sollevate il tronco”,
yoga con vista sul dice Said, l’insegnante di surf che ci sta
mare. “Metti una dando una dimostrazione.
“E poi alzatevi!”. Si mette in posizio­
mano sul cuore”, ne sulla tavola. “Mettetevi al centro, al­
sussurra la maestra trimenti perdete l’equilibrio”. Accompa­
gna in mare due ragazze belghe e, quan­
do l’acqua gli arriva al petto, dà una pic­
cola spinta alle loro tavole. Le ragazze si
tirano su, a volte riescono a stare in piedi,
ma molto più spesso cadono in acqua.
Vacanze attive
“Va’ verso l’onda verde”, mi dice Said, un
uomo di circa quarant’anni con uno spes­
so strato di crema solare sul viso. Gli ho
detto che ho già fatto surf qualche volta e
Said mi indica la roccia in corrisponden­
za della quale il fondale si abbassa e l’ac­
qua dell’oceano s’impenna. Remo con le
braccia controcorrente, le onde mi pren­

76 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019


dono a schiai e mi trascinano indietro.
“Cambia direzione! Guarda cosa fanno
gli altri”, grida Said. Mi giro e vedo che si
dirigono nel tratto di mare in cui l’acqua
s’immette di nuovo nell’oceano.
Torno esausto al punto di partenza. Le
spalle mi bruciano per lo sforzo. Mi siedo
sulla mia grande tavola da principianti e
guardo gli altri suristi: ragazzi marocchi­
ni senza un filo di grasso, ragazze con
spalle larghe e i lunghi capelli lucenti.
Una di loro comincia a remare con le
braccia, si alza con uno scatto sulla tavola
e vira subito a destra, verso di me. Faccio
appena in tempo a pensare che è bello ve­
dere delle donne che praticano surf in un
paese islamico, quando la ragazza mi ini­
sce addosso. Mi lancia uno sguardo di
fuoco e gesticola come a chiedermi cosa
diamine ci faccio lì. Scopro che la compe­
tizione fa parte del gioco: i suristi voglio­
no avere le onde tutte per sé.
Molti turisti si accontentano di sedere
a bordo piscina con un libro in mano e
fanno al massimo una passeggiata ino a
uno dei bar del paese, mentre io amo le
vacanze attive, soprattutto se posso im­
parare cose nuove. All’hotel Amouage
Taghazout, Marocco, gennaio 2013
molti la pensano come me. “Quando hai
qualcosa da fare dimentichi tutto il re­
sto”, dice una ragioniera olandese di
trent’anni. “Mi piacciono le side”, spie­
ga un cinquantenne originario del New
Jersey. Quando si è sulla tavola da surf e
si osserva con timore la grande onda ver­
de, si dimenticano tutte le incombenze
dell’uicio.
Per ragioni misteriose le onde
dell’oceano arrivano in serie di sei o set­
te. Ne aspetto una, mi volto con qualche
esitazione e mi spingo verso il muro d’ac­
qua che mi viene incontro. Mezzo metro
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 77
Viaggi
d’acqua non sembra tanto, inché non ce
l’hai davanti. La tavola prende velocità,
la punta si abbassa, drizzo la schiena e mi
alzo di scatto. Sto surfando! Said mi ha
detto di stare rilassato, guardare l’oriz­
zonte, ruotare il torace e, volendo, virare.
E funziona. Ogni tanto.
Devo essere sincero: fare surf è più
diicile del previsto. Riesco ad afrontare
due onde su dieci. A volte mi alzo troppo
presto, più spesso troppo tardi. Riesco a
cavalcare un’onda in parallelo rispetto
alla spiaggia, ma dove l’acqua è più pro­
fonda rallento e inisco per cadere dalla
tavola. Avanzo di diversi metri, poi però
mi dico subito che se continuo mi tocca
fare più strada per tornare indietro. Il
surf è simile allo snowboard, ma senza
l’aiuto dello skilift che ti riporta al punto
di partenza. Mi riavvicino alla spiaggia
con fatica, come un naufrago.
A riva c’è entusiasmo. “Abbiamo fatto
surf !”, esultano i miei compagni di va­
canze belgi. Ecco una mossa furba degli
istruttori di surf: dare una spinta ai prin­
cipianti che così non devono remare
troppo o preoccuparsi di trovare i tempi
giusti, ma solo alzarsi sulla tavola e go­
dersi il divertimento. Said spiega che al­
cuni ospiti vogliono subito afrontare le
onde grandi, ma poi non si azzardano più
a entrare in acqua. I corsisti si tolgono le
mute e tirano fuori creme solari e pranzi
al sacco. Insalata di quinoa, pane maroc­
chino con hummus e verdure grigliate:
all’Amouage non si servono panini pre­
confezionati. Un cane randagio si è mes­
so a dormire sotto il mio ombrellone e
non vuole andarsene.
Lusso a piedi nudi
Nella corte interna dell’hotel gli ospiti
stanchi si radunano intorno alla piscina o
schiacciano un pisolino su un tappeto ber­
bero. Anche qui, come a Ibiza, in Costa
Rica o a Long Island, si è puntato sulla
tendenza del cosiddetto “lusso a piedi nu­
di”. Taghazout, un villaggio di pescatori,
è pieno di condomini in cattivo stato, in
mezzo ai quali l’Amouage, un ediicio in
cemento, legno e vetro, risalta ancora di
più. “All’inizio avevamo altri piani”, spie­
ga uno dei proprietari, un inglese di qua­
rant’anni. Si chiama Ollie Boswell e quin­
dici anni fa ha fondato un piccolo impero
del surf chiamato Surf Maroc, che com­
prende un ostello, appartamenti, un risto­
rante e un negozio di articoli da surf. Que­
sta volta un architetto lo ha convinto a
scegliere uno stile più rainato.
Ollie ha proprio l’aspetto di un soul
78 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
surfer: infradito, bermuda sbiaditi, ma­
glietta sdrucita e occhiali da sole d’ordi­
nanza sotto i ricci. “Qui accogliamo tren­
tenni e quarantenni che vogliono fare surf
e alloggiare in un ambiente confortevole,
ma senza lussi eccessivi”. Secondo lui,
venti camere non sono troppe per creare
un’atmosfera raccolta: gli ospiti mangia­
no seduti a tavoli comuni (zucca caramel­
lata, barbabietole rosse, succo d’arancia,
cous cous d’agnello) e annotano su un
elenco vicino alla reception con chi vo­
gliono fare surf il giorno successivo.
In un bar nell’unica piazza di Tagha­
zout un gruppo di anziani beve il tè nei
Informazioni
pratiche
u Quando andare Il periodo migliore per
fare surf sulla costa atlantica del Marocco va
da ottobre a febbraio, e corrisponde all’alta
stagione per il turismo nel paese. D’estate le
mareggiate sono scarse e fa molto caldo.
u Arrivare e muoversi Il prezzo di un volo
a/r da Roma ad Agadir (Royal Air Maroc,
Easyjet, Lufthansa) parte da circa 250 euro in
alta stagione. Per raggiungere le altre località
sulla costa si può prendere un’auto a noleggio
presso compagnie internazionali o locali, o
prendere un taxi. Alcuni hotel ofrono il
servizio navetta gratuito dall’aeroporto Al
Massira di Agadir.
u Dormire In alta stagione la sistemazione
più economica all’hotel Amouage di
Taghazout (camerata con letti a castello)
parte da 40 euro a persona a notte. È possibile
prenotare pacchetti che comprendono vitto,
alloggio e lezioni di surf. Nei dintorni ci sono
decine di strutture e agenzie che organizzano
campi per suristi.
u La prossima settimana
Viaggio a Betlemme, in Palestina, al Walled
Of hotel, creato dall’artista Banksy. Ci siete
stati? Avete consigli da dare? Scrivete a
viaggi@internazionale.it.
tradizionali bicchierini di vetro. “I primi
suristi sono arrivati qui negli anni set­
tanta”, racconta Ahmed Rami, 75 anni.
“Somigliavano a noi, erano marocchini,
solo che fumavano moltissima marijua­
na”. Rami faceva il pescatore, come tutti
gli abitanti del villaggio. Un suo vecchio
amico mostra un ilmato in bianco e nero
sul telefono. “Guarda, tornavamo dal
mare trascinando tutti insieme delle
grosse reti sulla spiaggia”. Nel ilmato,
girato nel 1948, gli abitanti del villaggio
mostrano sorridenti degli enormi tonni.
“Oggi i nostri igli preferiscono lavorare
nei negozi di articoli da surf. Ma va bene
così: oggi il pesce scarseggia e la loro vita
è più facile di quella che facevamo noi”.
Un panorama migliore
Ci dirigiamo a nord con le tavole da surf
sul tettuccio del pulmino e musica berbe­
ra in sottofondo. È solo il secondo giorno
e ci sentiamo già suristi. Nel villaggio di
Imsouane le onde sono migliori, e anche
il panorama. Si vedono uomini con giac­
che cerate che trascinano a riva le loro
barchette blu, venditori di gelati, ban­
chetti dove si grigliano sardine da cui si
alzano nuvole di fumo e surfisti sulla
spiaggia che si fanno largo in infradito fra
teste di pesce e la carcassa di un cucciolo
di squalo. Said mi fa vedere come si caval­
ca un’onda. “Devi tenere l’onda tra il tuo
corpo e la tavola, e devi abbassarti in fret­
ta se l’acqua ti arriva sopra alla testa”.
Il giorno dopo sto male: vomito e ho i
brividi. Secondo il proprietario dell’hotel
può essere una conseguenza delle acque
di scolo che vengono scaricate nel mare.
“Ma inalmente stanno costruendo una
rete fognaria”, aggiunge. In efetti Tagha­
zout è piena di cantieri. Mi trascino a le­
zione di yoga, schiaccio un pisolino sulla
terrazza e di pomeriggio vado a farmi fa­
re uno scrub e un massaggio con olio di
argan nell’hammam. Mi sento meglio,
anche il dolore alle spalle è diminuito.
Seduto su un divano, ascolto musica
tuareg. Quando tornano i primi suristi e
il cameriere serve tè alla menta e una tor­
ta marocchina, ho la sensazione di essere
parte di un gruppo. Ecco i miei compagni
di surf belgi, che oggi non hanno avuto
bisogno di spinte. Ecco la famiglia svede­
se che vuole tenere nascosto questo ho­
tel, la coppia olandese e la signora di Ber­
na che viene qui per staccare dal suo la­
voro nella inanza. Facciamo surf insie­
me, meditiamo insieme, mangiamo in­
sieme: è come un accampamento, ma
più rainato. u sm
Graphic journalism Cartoline da Parigi

80 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 Hugues Micol è un autore di fumetti nato il 18 marzo 1969 a Parigi.
Il suo ultimo libro è Whisky (Cornélius 2018). In Italia ha pubblicato Scalp (Oblomov 2017).

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 81

 Cultura
Arte
Dau al teatro dello Châtelet
AgeNCe VU/KARMAPReSS PhoTo (3)
Perversioni
totalitarie
Julien Bordier, L’Express, Francia
Foto di Simone Perolari
L’installazione Dau del regista
russo Ilja Chržanovskij
trasporta i visitatori
nell’Unione Sovietica di Stalin
ietro le quinte del teatro dello
D Châtelet, chiuso per ristrut-
turazione fino al prossimo
autunno, fervono le attività.
Da alcune settimane il viavai
degli operai si mescola con quello dei di-
pendenti della Phenomen Films. Con gli
occhi issi sui loro iMac, questi ultimi si so-
no sistemati nei camerini, trasformati in
interni d’ispirazione sovietica. Spazi angu-
sti che condividono con angoscianti mani-
chini molto realistici. Intorno agli esseri in
carne e ossa o in silicone si distinguono dei
mobili barocchi, muri ricoperti di una
82 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
squallida pittura rosso bordò, carte da para-
ti con il volto di Trockij, una lapide con il
nome del poeta Aleksandr Puškin e
un’enorme quantità di libri tra cui un incre-
dibile trattato sul cinema irmato dal ditta-
tore coreano Kim Jong-il. Ma che sta succe-
dendo nel cuore di Parigi?
Un’opera totale
Nei corridoi si sentono discussioni – il più
delle volte nella lingua di Lenin – sulle deci-
sioni del regista russo Ilja Chržanovskij.
Quest’uomo dal volto pafuto, con un impo-
nente cappotto nero e occhiali dalla monta-
tura spessa, è il demiurgo di questa ricosti-
tuzione enigmatica e ansiogena dell’Unio-
ne Sovietica chiamata Dau (si pronuncia
“dao”). Dau è il nome in codice di un pro-
getto di biograia su un isico russo diventa-
to nel corso degli anni un’opera totale sulla
perversione di un sistema totalitario.
Ma quello che anima il teatro dello
Châtelet va ben oltre la settima arte. Dau
infatti mescola arte, architettura, fisica
quantistica, performance, esperimento so-
ciale, scientiico e psicologico, vodka, rafa-
no e viaggio nel tempo. È un’impertinente
installazione immersiva, che dopo la sua
tappa francese si trasferirà a Berlino e a
Londra. Forse l’iniziativa artistica più folle
vista a Parigi dopo l’impacchettamento del
Pont Neuf per mano di Christo, nel 1985.
Dal 25 gennaio l’avventura Dau va avan-
ti 24 ore su 24 per tre settimane contempo-
raneamente al teatro dello Châtelet, al tea-
tro della Ville (anch’esso chiuso per lavori)
e al centro Pompidou. È il primo incontro
del pubblico con un progetto nato più di die-
ci anni fa. Un trip folle, estremo, eccessivo.
In altre parole, russo. “Dau non è un’opera
per rassicurare o per divertire. Richiede
tempo, pazienza, impegno”, annuncia la
produttrice Martine d’Anglejan-Chatillon.
Dau non si visita, si vive.
Chi vuole fare l’esperienza deve presen-
tare una “richiesta di visto” sul sito
dell’evento. Il prezzo del biglietto va da 35 a
150 euro a seconda della durata del soggior-
no: 6 ore, 24 ore o accesso illimitato. Si pos-
sono fare anche dei percorsi personalizzati
a condizione di riempire un questionario
psicometrico. In ogni caso all’ingresso biso-
gna consegnare il proprio telefono in cam-
bio di un apparecchio che serve da guida nei
dedali ricostruiti nei teatri.
 È comunque diicile rendersi conto di
tutta la portata di questa operazione che è al
tempo stesso un gioco di ruolo, una casa
fantasma e l’esperimento di Milgram sulla
sottomissione all’autorità. In questo op-
pressivo scenario sovietico ricreato nei due
teatri sono annunciati “esperimenti psico-
logici, intellettuali, isiologici e spirituali”,
le proiezioni degli incredibili film di
Chržanovskij, incontri con sciamani, drui-
di, rabbini o monaci buddisti, concerti a
sorpresa dei Massive Attack o dell’orche-
stra MusicAeterna diretta dal greco Teodor
Currentzis, conferenze scientiiche, perfor-
mance e pause gastronomiche particolari
come nel ristorante accanto al teatro dello
Châtelet, dove si può bere vodka al rafano
davanti a un boršč.
Anche il centro Pompidou partecipa
all’incursione nel paese dei soviet. In una
sala del museo di arte moderna è stato ri-
creato un appartamento condiviso di epoca
staliniana dove vivono dei isici di fama in-
ternazionale che si possono osservare gior-
no e notte.
Il progetto è nato dodici anni fa nella
mente, sicuramente instabile, del regista
russo Chržanovskij. Inizialmente Dau do-
veva essere un ilm sull’incredibile vita del-
lo scienziato Lev Davidovič Landau (1908-
1968), detto Dau, personaggio complesso,
mistico, libertino e antistalinista.
Nel 1937 fu messo a capo dell’Istituto
dei problemi di isica di Mosca, per poi do-
ver subire le ire del regime. Dopo un sog-
giorno in prigione, riprese la sua posizione
ma sotto sorveglianza. Nel 1962, anno in cui
vinse il Nobel per la isica, Landau fu vitti-
ma di un grave incidente automobilistico
da cui non si riprese mai completamente.
La storia dello scienziato era già di per
sé un’incredibile sceneggiatura, rimaneva
solo il problema di trovare un attore adatto.
Dopo un lungo casting, Chržanovskij ha i-
nalmente trovato la perla rara nel direttore
d’orchestra greco Teodor Currentzis, diret-
tore musicale dell’opera di Perm, in Russia,
ed enfant terrible della musica classica. Ma
come inserire tutto ciò nella Mosca sovieti-
ca degli anni cinquanta?
Il set ucraino
Semplicemente ricreandola. Finanziato
dall’uomo d’afari e ilantropo russo Sergeij
Adoniev, il regista ha fatto costruire a Char-
kiv, in Ucraina, un vero e proprio istituto di
isica. Per animare questo gigantesco set
cinematograico ha ingaggiato quasi 400
persone: scienziati, camerieri, preti, cuo-
chi, che hanno vissuto lì dal 2009 al 2011.
Potevano svolgere il loro lavoro liberamen-
te, l’unica condizione era di vivere come
nell’Unione Sovietica dal 1938 al 1968.
In questa minuziosa ricostituzione al-
ternativa dell’Unione Sovietica, ai volonta-
ri si sono uniti artisti come Marina Abramo-
vič e Philippe Parreno, i registi Peter Sellars
e Romeo Castellucci e la stilista Rei Kawa-
kubo. Pagati in rubli, tutti sono stati osser-
vati da ex agenti del Kgb.
e ovviamente sono stati ilmati a inter-
mittenza, scrutati come cavie di laborato-
rio. Di fronte alla cinepresa “si creano delle
relazioni amorose, intellettuali, sessuali e
dei rapporti di forza”, racconta Martine
d’Anglejan-Chatillon. In un articolo pubbli-
cato nel 2011 su gQ, il giornalista Michael
Idov raccontava la sua incredibile visita sul
set e descriveva il clima di alienazione so-
ciale, il potere esercitato sul suo “istituto”
dal regista, soprannominato “il padrone”.
Il risultato sono settecento ore di pelli-
cola trasformate in 13 lungometraggi alla
base del dispositivo di immedesimazione
di Dau. I ilm, accompagnati dalle voci fuo-
ri campo di Isabelle huppert, Fanny Ardant
e gérard Depardieu, mostrano dei isici tra
una bevuta e l’altra sottoposti alla pressione
degli agenti della polizia segreta, diverse
crisi di isteria, la rivalità tra cameriere, una
relazione edipica tra la signora Landau e il
iglio, delle scene di sesso non simulato, de-
gli interrogatori umilianti e così via.
Questi ilm dall’atmosfera malsana han-
no un carattere diabolico, come tutto quello
che ruota intorno a Dau. Per mettere ine
all’esperimento di Charkiv, Chržanovskij
ha reclutato un gruppo di neonazisti che
hanno distrutto il sito di fronte alla sua cine-
presa. In confronto, le riprese allucinate di
Apocalypse now sembrano una piacevole
passeggiata. u adr
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 83
Cultura

Cinema
Italieni Dagli Stati Uniti
I ilm italiani visti da
un corrispondente straniero.
Le solite sorprese
Questa settimana l’israeliana
Sivan Kotler.
ma di Alfonso Cuarón ha in­

L’agenzia dei bugiardi
Di Volfango De Biasi.
Con Giampaolo Morelli,
Massimo Ghini, Carla Signoris.
Italia 2019, 90’
●●●●●
Senza grandi pretese e forse
per questo riuscita, L’agenzia
dei bugiardi di Volfango De
Biasi è una commedia leggera
di discreta qualità, nonostan­
te qualche scena di troppo e
alcuni dialoghi banali. Qui
sono tutti bugiardi, traditori e
traditi, regista e attori e
perino noi, gli spettatori.
Uniti dalla necessità di nega­
re l’innegabile, cancellare
l’indelebile e creare alibi suf­
icientemente attendibili per
poter continuare a condurre
serenamente le nostre doppie
vite. Tradimenti, trasgressio­
ni e tutto quello che non si de­
Anche quest’anno, le can-
didature agli Oscar fanno
pensare che l’Academy vi-
va in un mondo a parte
È sempre così. L’annuncio
delle nomination per i premi
Oscar arrivano dopo mesi di
speculazioni, in un momento
di calma, come quelli che
precedono una tempesta. E
poi, inesorabilmente, le scel­
te determinate dai voti di un
elettorato in continuo cam­
biamento rimescolano ogni
cosa. La maggiore sorpresa è
in realtà una decisione che
gli esperti potevano immagi­
nare: l’Academy infatti ha
snobbato Bradley Cooper co­
Massa critica
Dieci ilm nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
Dr
A star is born
me regista di A star is born
(nonostante le nomination
come miglior ilm e miglior
attore protagonista). Un de­
stino condiviso con altri atto­
ri passati dietro la macchina
da presa. Del resto A star is
born ha aperto con grande
forza la stagione che porta
agli Oscar, ma ha perso pro­
gressivamente energia. Ro-
vece superato le aspettative.
Sorprendono le candidature
per le due attrici, Yalitza Apa­
ricio e Marina de Tavira. Con
17 candidature nel comples­
so, l’Academy ha eliminato
deinitivamente ogni dubbio
sulla eleggibilità di Netlix.
Più o meno ignorato First
man di Damien Chazelle,
scelta davvero inspiegabile in
alcune categorie. Dopo i pre­
mi assegnati dall’associazio­
ne dei produttori (Pga), il fa­
vorito alla vittoria come mi­
glior ilm sembrerebbe Green
book, ma anche Roma e La fa-
vorita sono titoli molto forti.
Variety

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ve sapere sono destinati a es­

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sere eliminati e quindi risolti,

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con eleganza e, soprattutto,

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professionalità. Nonostante
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una regia intelligente, questo

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Media
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remake della commedia fran­

cese Alibi.com a un certo pun­ rICOmInCIO DA me 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 - 11111
to si stanca di mentire e verso
la ine, tutto si ferma o alme­ CreeD II 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
no rallenta, a partire da sce­
neggiatura e attori. Curioso lA fAVOrItA 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
rimane il fatto che un ilm su
una crisi matrimoniale e sulle
green bOOK - 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111 11111
menzogne riesca a riempire
una sala sia con dei genitori
mArIA regInA… 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
sia con i loro igli adolescenti, rOmA 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
in una sorta di riconciliazione
familiare. Ognuno con i pro­ Se lA StrADA… 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
pri segreti da nascondere, i
propri dubbi e le proprie per­ SuSpIrIA 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
plessità. Perché, per parafra­
sare Tolstoj, tutte le famiglie
VAn gOgh. SullA… - - 11111 11111 11111 - 11111 - 11111 11111 11111
felici si somigliano, ma ogni
famiglia infelice costruisce le
VICe 11111 - 11111 11111 - - 11111 - 11111 11111 11111
menzogne a modo suo. Legenda: ●●●●● Pessimo ●●●●● Mediocre ●●●●● Discreto ●●●●● Buono ●●●●● Ottimo

84 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 I consigli
della
redazione
Dr
In uscita
Green book
Di Peter Farrelly. Con
Viggo Mortensen, Mahershala
Ali. Stati Uniti 2018, 130’
●●●●●
Ogni anno al festival di To­
ronto ci sono ilm la cui sele­
zione sembra quantomeno
generosa. Produzioni senza
grandi pretese né grandi bud­
get che forse non troverebbe­
ro spazio in festival più “rigo­
rosi”. Green book è un ottimo
esempio: ci sono Viggo Mor­
tensen e Mahershala Ali per
far felice il pubblico (e gli
sponsor) e la trama ruota in­
torno a un concetto buonista
(razzismo = brutto). È arriva­
to a Toronto alla chetichella,
e poi è successo l’impensabi­
le. Il pubblico è impazzito,
tanto da spingere gli organiz­
zatori ad aggiungere una pro­
iezione extra del ilm. Nessu­
na sorpresa quindi che abbia
vinto il premio del pubblico,
considerato un viatico per gli
Oscar. Green book è un ilm
on the road in cui un italoa­
mericano di Noo Yawk (Vig­
go) scorta un pianista classi­
co afroamericano (Maher­
shala) durante un tour negli
stati del sud negli anni ses­
santa. Il regista Peter Farrelly
(A proposito di Mary, Scemo
& più scemo), gli sceneggia­
tori e i produttori sono
La favorita
Yorgos Lanthimos
(Stati Uniti/Regno Unito/
Irlanda, 135’)
Green book
senz’altro animati dalle mi­
gliori intenzioni. Ma insistono
un po’ troppo sui buoni senti­
menti dimenticandosi che
nella realtà il razzismo non ha
niente a che fare con loro.
barry hertz,
the globe and mail
Dragon trainer.
Il mondo nascosto
Di Dean DeBlois.
Stati Uniti 2019, 103’
●●●●●
Tutta la serie di Dragon trainer
è una storia di formazione.
All’inizio Hiccup era un ragaz­
zino e l’incontro con il drago
Sdentato segna il suo ingresso
nell’adolescenza. Poi Hic e il
drago sono cresciuti. Il terzo
capitolo, Il mondo nascosto, li
porta verso l’età adulta e forse
verso un’inevitabile separazio­
ne. Sul loro cammino si pre­
senta il terribile cacciatore
Grimmel, che a dispetto dei
capelli biondo platino non ha
niente in comune con i Targa­
ryen e ha intenzioni molto mi­
nacciose nei confronti dei dra­
ghi. Hiccup e gli altri saranno
costretti a esplorare nuovi oriz­
zonti. Il terzo e ultimo capitolo
della serie più emozionante
creata dai Dreamworks stu­
dios è magniico visivamente,
ma dal punto di vista emotivo
c’è poco spazio per decollare.
ben travis,
empire
Dr
Creed II
Steven Caple jr.
(Stati Uniti, 130’)
L’esorcismo
di Hannah Grace
Di Diederik Van Rooijen.
Con Shay Mitchell, Kirby
Johnson. Stati Uniti 2018, 86’
●●●●●
Il ilm comincia con un esorci­
smo, che non è mai un buon
presagio. Il demone che pos­
siede Hannah è particolar­
mente tosto e la povera ragaz­
za rimane uccisa nell’estremo
tentativo di liberarla. Il suo
corpo straziato è trasportato in
un obitorio di Boston dove ha
appena preso servizio Megan,
ex poliziotta che sofre di at­
tacchi di panico e che non ha
fortuna con gli zombi cattolici,
perché se Gesù era il salvatore,
Hannah preferisce decisamen­
te uccidere. Il ilm di Diederik
Van rooijen colpisce il pubbli­
co soprattutto con i rumori.
Anche lo sciacquone del bagno
fa un boato che fa saltare sulla
sedia. Peccato, perché i mo­
menti silenziosi sono sorpren­
dentemente soddisfacenti.
teo bugbee,
the new York times
Libero
Di Michel Toesca.
Francia 2018, 100’
●●●●●
Nel 2015 la crisi migratoria
rende più intensi i controlli alle
frontiere tra Francia e Italia e
migliaia di migranti si ritrova­
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Vice. L’uomo nell’ombra
Adam McKay
(Stati Uniti, 132’)
no bloccati sul versante italia­
no. Il 6 luglio del 2018 il Consi­
glio costituzionale francese
sancisce il “principio di frater­
nità” secondo cui chi fornisce
aiuto a un migrante in una si­
tuazione irregolare non potrà
essere punito dalla legge (con
alcuni limiti esaminati nel det­
taglio dal testo del consiglio).
Questi due avvenimenti sono
collegati dalla lotta di Cédric
Herrou, di cui Libero è una sor­
ta di diario di bordo. Questo
agricoltore della val roia soc­
corre i migranti che trova per
strada e nei campi e li accoglie
nel giardino di casa sua, dan­
dogli il modo di capire quali
sono le loro possibilità. realiz­
zato camera a spalla, in un
presente vivo, senza mezzi, Li-
bero è un documentario mili­
tante, non sui migranti, ma su
quelli che li aiutano. Questi re­
sistenti hanno il coraggio – e
ora anche il diritto – di solle­
varsi contro lo stato per de­
nunciare le pratiche illegali
della polizia, sintomatiche di
un razzismo istituzionalizzato.
L’esaltazione delle loro batta­
glie spesso non è esente da
esagerazioni, ma la necessità
delle battaglie stesse ci pone
con forza e semplicità di fron­
te alle comuni responsabilità
verso le crisi migratorie.
bruno Deruisseau,
les Inrockuptibles
Libero
85
Cultura

Libri
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana Salvatore
Aloïse, corrispondente della
tv francotedesca Arte.
Filippo Ceccarelli
Invano
Feltrinelli, 970 pagine, 25 euro
● ● ● ●●
È un malloppone, dice lo stes-
so autore. Quasi mille pagine,
note comprese. Come arrivare
stremato al traguardo di una
maratona che valeva proprio la
Dai Paesi Bassi
Esplorando la torre di Babele
Quante lingue dovremmo Pieter Bruegel, Torre di Babele
sapere oggi per poter
parlare con tutti gli abitanti
del mondo?
Il linguista olandese Gaston
Dorren sostiene che con una
buona conoscenza delle venti
più importanti lingue franche
del mondo saremmo in grado
di conversare con metà degli
ANDIA/UIG/GETTy

pena di correre. D’altra parte, abitanti del pianeta nella loro

è l’opera omnia del “curioso di
professione” Filippo Ceccarel-
li, accumulatore seriale.
Quando li ha donati alla bi-
blioteca di Montecitorio, nel
2015, è stato necessario addi-
rittura un tir per trasportare i
suoi 334 raccoglitori e 1.500
cartelle sui politici italiani, pa-
ri a una torre di 45 metri. Que-
sta “prima storia tribale del
potere in Italia” va dai demo-
cristiani in bianco e nero ino
ai tre ragazzotti avvezzi ai so-
cial del presente, il Bomba
Renzi, il Capitano Salvini e
Giggino Di Maio. Loro sono
l’epilogo dei settant’anni vivi-
sezionati dall’autore con tutto
quello che c’è da sapere su
“gesti, usi, pratiche, segreti,
tic, civetterie, soprannomi”,
ma anche “rapporti con il ses-
so e il cibo, addobbi congres-
suali, feste, funerali” delle va-
rie tribù. Innumerevoli gli
aneddoti degni di nota. Tra
questi: il fotografo che, alla tu-
mulazione di Craxi, nella con-
citazione del momento, inisce
nella fossa con la bara; le inge-
nue poesie dell’imberbe Bossi;
il nomignolo Monica aibbia-
to a Berlusconi da alcune ol-
gettine; gli spaghetti al caviale
da 180 euro di Lusi, tesoriere
ingordo della Margherita. Co-
munque, tutto Invano.
madrelingua. Questa percen-
tuale salirebbe al 75 per cento
se calcolassimo anche le per-
sone che usano quegli idiomi
come seconda lingua. Un
buon risultato, se si considera
che in tutto il pianeta si parla-
no ancora 6.500 lingue. Nel
saggio Babel: around the world
in 20 languages (Proile Books
2018) Dorren prende in esame
le lingue più usate: inglese,
spagnolo, cinese mandarino,
Il libro Gofredo Foi
Meglio di un romanzo
Mariamargherita Scotti
Vita di Giovanni Pirelli
Donzelli, 304 pagine, 27 euro
Ci sono biograie, vite vere,
molto più afascinanti di
quelle inventate da mille
scrittori, e quella di una
giovane storica su Giovanni
Pirelli è più appassionante di
un romanzo. E vale anche per
le persone che Pirelli (1918-
1973) conobbe: quante cose ho
scoperto, leggendo questo
saggio fortemente narrativo,
che ripercorre una vita
esemplare della nostra storia
in anni assai duri. Figlio del
hindi-urdu, ma anche vietna-
mita (85 milioni di madrelin-
gua), persiano (110 milioni),
malese (275 milioni) e arabo
(375 milioni). Tra tutte, sostie-
ne Dorren, l’inglese ha ancora
un ruolo dominante, è “la
chiave di volta della torre di
Babele”: è parlato dall’Antarti-
massimo industriale delle
gomme, Giovanni fu soldato e
poi partigiano (con Malvezzi
curò anni dopo le Lettere dei
condannati a morte della
resistenza italiana e poi di
quella europea) e rinunciò a
occuparsi dell’industria
paterna (alla primogenitura)
dedicandosi alla letteratura
con romanzi che raccontarono
come pochi la fabbrica e una
militanza di segno politico e
intellettuale, anche
internazionale avvicinandosi
tra l’altro alla resistenza
algerina e curando le opere di
de alla Luna, l’80 per cento de-
gli articoli accademici sono
scritti in inglese, i bambini ci-
nesi lo imparano prima ancora
di dominare la loro lingua ma-
dre. Del resto, scrive Dorren,
“il mandarino è veramente
troppo diicile”.
Geographical
Frantz Fanon. Contribuì al
lavoro dei Quaderni rossi e dei
Piacentini, dell’Istituto De
Martino eccetera. La sua fu
una vita piena e bella, che non
negò la contraddizione
d’origine rinunciando ai
vantaggi della propria classe
senza farne una bandiera.
Ripercorrendo le sue scelte e
azioni (ispirate da ideali più
socialisti che comunisti) sarà
diicile per un lettore di oggi
non ricavarne una migliore
comprensione del passato e un
aiuto ad afrontare questo
pessimo presente. u

86 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 I consigli Jen Beagin Michel Houellebecq Aleksej Nikitin
della Facciamo che ero Serotonina Victory park
redazione morta (La nave di Teseo) (Voland)
(Einaudi)

I racconti Jeroen Olyslaegers

Wil
Meraviglie del reale Edizioni e/o, 320 pagine,
18 euro
●●●●●
Anversa, primi anni quaranta.
Claire-Louise Bennett Claire-Louise Bennett L’agente Wilfried Wils deve
Stagno partecipare a una retata nel
Bompiani, 160 pagine, 15 euro quartiere ebraico: “L’efetto è
comico”, scrive. Frase breve
PATRICE NORMAND (LEExTRALEEMAGE/BRIDGEMAN IMAGES)
Sorj Chalandon
La professione del padre
Keller, 272 pagine, 17,50 euro
●●●●●
Da bambini ce lo sentiamo
chiedere tutti: che lavoro fa
tuo padre? Un ragazzino co-
mincia a raccontare una storia
che ha per sfondo la guerra
d’Algeria. Tutto quello che sa

● ● ● ●●
L’esordio di Claire-Louise ma signiicativa, che rivela del mondo, lui, Émile, lo sa at-
Bennett è una raccolta di venti quanto bene lo scrittore Jeroen traverso la visione delirante
racconti, il più breve dei quali Olyslaegers conosca il suo pro- che ne ha suo padre, carisma-
si riduce a un paio di frasi. tagonista. Anche se Wils è pro- tico e collerico tiranno dome-
Sono narrati, sembra, dalla fondamente coinvolto nella stico la cui professione è av-
voce dello stesso personaggio guerra, non ne parlerebbe mai volta dal mistero. Si dichiara
femminile, intorno alla cui con parole che implicano vero agente segreto, calciatore,
esistenza semisolitaria coinvolgimento. Il suo è il giu- eroe di guerra, ex cantante,
ruotano tutte le storie. dizio di un osservatore cinico. membro di organizzazioni pa-
Leggerli è un’esperienza Questo è ciò che Wils è diven- ramilitari. E trascina con sé il
coinvolgente. Percepiamo tato, alla ine della sua vita. I iglio che, prigioniero di que-
anche noi la “selvaggia magia suoi igli e nipoti se ne sono ste chimere, viene educato a
brulicante” che la narratrice andati, la moglie è sprofonda- una realtà distorta. La storia
avverte sotto la pelle una bambina, e si arrampica ta nell’alcolismo e nella mise- della decolonizzazione algeri-
concentrandosi sulla propria su un muro in un giardino ria, le sue aspirazioni poetiche na corre parallela a quella del
“mente in movimento” ornamentale per poi sono andate deluse. L’unica panico domestico che progres-
(l’unica eccezione è il racconto addormentarsi sul “prato cosa che gli resta è la storia sivamente colonizza la co-
inale, narrato in terza impossibile”, stringendo una della guerra che non ha mai scienza di Émile. Il padre è un
persona). Uno degli aspetti più conchiglia lilla. Questo raccontato. Ci si muove senza dittatore in scala. Se si dovesse
sorprendenti del libro è lo potrebbe suggerire che il sforzo tra l’Anversa di allora e deinire la patologia di cui sof-
squilibrio tra quanto seguito sia un sogno tipo Alice di oggi. Un momento Wils si fre, senza dubbio bisognereb-
profondamente arriviamo a di Carroll, o una serie di sogni trascina come un anziano qua- be parlare di mitomania. Lui
conoscere la narratrice – nella a occhi aperti. Il cottage e lunque in un centro commer- racconta e si racconta conti-
cui mente e nel cui corpo l’inaccessibile giardino ciale abbandonandosi al con- nuamente bugie, manipola la
abitiamo – e quanto poco segreto in cui incappa nel sumismo, un momento dopo è realtà per darsi importanza e
sappiamo sul suo conto. Non tentativo di cacciare un gatto esattamente nello stesso po- soprattutto per cercare di dare
sappiamo neanche il suo sono echi di questo paradiso sto, solo che vengono distribu- un senso a un mondo che sfug-
nome. I suoi monologhi sono perduto. Ciò a cui mira iti dei buoni pasto. Wils è al ge continuamente alla sua
conditi di ammiccamenti a un Bennett non è niente di meno tempo stesso un giovane so- comprensione. Ma la sua mi-
lettore implicito che che un reincanto del mondo. gnatore e un inaidabile ba- tologia personale è indecifra-
richiamano l’attenzione sulla Gli oggetti di tutti i giorni stardo capace di qualunque bile agli occhi del iglio, che
quantità di informazioni che assumono una qualità cosa. Eroe o vigliacco? Olysla- non può capirlo perché non
restano inaccessibili. luminosa, quasi numinosa, egers lascia decidere al lettore, può leggere le contorsioni dei
Apprendiamo che la narratrice attraverso l’esplorazione di proprio come resiste alla ten- suoi pensieri. Il rimedio sarà
ha speso “molte migliaia di quello che Georges Perec denza moderna di attualizzare allora cercare di trasformare
parole” in una tesi di chiamava “infra-ordinario”. i temi della guerra e della di- in parole il romanzo delirante
dottorato, abbandonata prima Diversamente da Perec, scriminazione: è sempre il let- del padre. Come un restaura-
di trasferirsi in campagna, tuttavia, la narratrice non si tore a collegare passato e pre- tore di quadri, pazientemente
dove racconta le minuzie della preigge di esaurire frammenti sente. Questo romanzo è la Émile ripulisce ricordi incro-
sua vita quotidiana con circoscritti della realtà: fa prova che alla mole schiac- stati di dolore e incomprensio-
pedanteria professorale e uno esattamente il contrario. Un ciante della letteratura sulla ne, e rende intelligibile il reale.
stile into-eroico. L’Irlanda, esordio davvero sbalorditivo, seconda guerra mondiale si Finalmente, riconciliato con la
dove sono ambientate tutte le meravigliosamente scritto e può ancora aggiungere qual- sua biograia, potrà permetter-
storie, non è nemmeno profondamente arguto. cosa di prezioso. si di averne pietà.
menzionata. Nel racconto di Andrew Gallix, Bo van Houwelingen, Nicolas Mouton,
apertura la narratrice è ancora The Guardian de Volkskrant Le Nouvel Observateur

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 87

Cultura
Libri
Raphaël Jerusalmy
Evacuazione
La nave di Teseo, 132 pagine,
17 euro
● ● ● ●●
Le autorità hanno deciso di
evacuare Tel Aviv, di fronte al-
la minaccia di una guerra che
può esplodere da un momento
all’altro: quartiere per quartie-
re, tutti devono lasciare la città
prima che i missili comincino
a cadere. I tre protagonisti del-
la nostra storia sono già
sull’autobus che li dovrebbe
portar via, quando di punto in
bianco scendono, eludendo la
sorveglianza dei militari. Alla
guida del terzetto c’è Saba,
vecchio superstite della shoah,
che non ha mai abdicato al suo
strenuo spirito di resistenza.
Con lui c’è Naot, suo nipote,
studente di cinema, e la idan-
zata yaël, giovane artista. Co-
mincia per loro un’avventura
clandestina, tentativo di so-
pravvivenza e insieme risco-
perta della città deserta. Per
Saba è come una ventata di
giovinezza, per i ragazzi una
Non iction Giuliano Milani
Il pericolo giallo
A.O.C.
Cahier #1. Gilets jaunes.
Hypothèses sur un
mouvement
La Découverte, 208 pagine,
12 euro
A.O.C. è un “quotidiano
d’idee” online francese che
pubblica, come suggerisce
l’acronimo, “analisi, opinioni e
critiche” sui principali argo-
menti di attualità. Negli ultimi
due mesi la notizia più impor-
tante in Francia è stata il movi-
mento dei gilet gialli che a par-
tire da novembre si è mobilita-
to ogni sabato bloccando le
88 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
fonte d’ispirazione. Di tanto in
tanto un’esplosione, a volte
lontana, altre volte vicina; ma
i tre celebrano la vita e i loro
desideri di pace. Naot raccon-
ta quelle giornate surreali a
sua madre, mentre guida ver-
so il kibbutz in cui vivono i ge-
nitori, dopo che l’accecante li-
bertà si è infranta in un inale
atroce. Un romanzo di scon-
volgente universalità sul co-
raggio che ci vuole per far
fronte alla storia.
Jean-Claude Lebrun,
L’Humanité
Christian Guay-Poliquin
Il peso della neve
Marsilio, 247 pagine, 17 euro
●●●●●
Si respira una gelida atmosfera
apocalittica nel secondo, ipno-
tico romanzo del quebecchese
Christian Guay-Poliquin.
Cos’è successo nella remota
regione di foreste che un lun-
ghissimo black out elettrico
condanna a tornare allo stato
selvaggio? Nei villaggi la vita si
è fermata. Bloccati in casa dal-
principali città. A.O.C. ha se-
guito le proteste chiedendo a
economisti, sociologi, storici e
ilosoi di interpretare il feno-
meno. In questo Quaderno
numero 1 sono raccolti gli arti-
coli sul tema pubblicati online
dall’11 novembre al 14 genna-
io. Leggerli fa capire quante ri-
sorse intellettuali siano neces-
sarie per interpretare un even-
to imprevisto, ma permette
anche di sgomberare il campo
da luoghi comuni e spiegazio-
ni sempliicate. Non si arriva a
un’idea precisa su cosa sia
questa mobilitazione che pe-
la tormenta, gli abitanti esau-
riscono le provviste mentre i
legami sociali si dissolvono.
La morte si fa strada sotto i
mucchi di neve, le cui variazio-
ni d’altezza segnano il ritmo
dei capitoli: come in un rac-
conto di Poe. Il protagonista,
giovane meccanico, ha ri-
schiato di morire in un inci-
dente di macchina mentre cer-
cava di raggiungere il padre.
Ora è nelle mani di Matthias,
che viene dalla grande città e
per caso passava di lì nel mo-
mento sbagliato. Si prende cu-
ra di lui in cambio della pro-
messa di un passaggio in città.
In questa vicinanza enigmati-
ca e rimbombante di una sor-
da minaccia, si dipana una sto-
ria di attesa e di sopravviven-
za, in un paesaggio sontuoso e
maleico. È una profezia eco-
logica, un afascinante ma-
nuale di sopravvivenza o una
fantasticheria mistica che in-
segna ad abbandonarsi agli
elementi? Quasi per magia, è
tutte e tre le cose. Fabienne
Pascaud, Télérama
raltro ancora non sappiamo
come andrà a inire, ma si ac-
cumulano molti elementi per
capire la Francia di oggi. Que-
sto paese non ha vissuto una
crisi drammatica come l’Italia
o la Spagna né un’impennata
dei conlitti come il Regno
Unito, ma ha registrato cam-
biamenti graduali e quasi im-
percettibili che hanno minato
progressivamente le basi sulle
quali a lungo si era retta la sua
società. Oggi siamo a una svol-
ta. Ma per capire dove porterà
occorre analizzarla, criticarla e
farsi un’opinione. u
Francia
POLÉDIITEUR2018
Elisabeth Filhol
Doggerland
POL
Due studenti di geologia,
un’inglese e un francese, s’in-
contrano in Scozia in Erasmus
ai tempi della Thatcher. Poi lui
decide all’improvviso di anda-
re a lavorare per una compa-
gnia petrolifera e non dà più
notizie di sé. Elisabeth Filhol è
nata a Mende nel 1965.
Sarah Chiche
Les enténébrés
Seuil
Sarah vive a Parigi con un
compagno e una iglia e, come
l’autrice, scrive libri e fa la psi-
coanalista. Durante un viaggio
di lavoro a Vienna intreccia
una relazione con un musicista
e comincia una doppia vita.
Eric Chevillard
L’explosion de la tortue
Minuit
La tartaruga, secondo molte
tradizioni, porta il mondo sulle
spalle. Come giustiicare il de-
stino di una tartaruga morta in
un bagno durante le vacanze
dei suoi proprietari? Eric Che-
villard è nato a La Roche-sur-
yon nel 1964.
Jean-Claude Grumberg
La plus précieuse des
marchandises
Seuil
Grumberg, scrittore e dram-
maturgo nato a Parigi nel 1934,
racconta la storia del padre ar-
restato davanti a lui nel 1939.
Maria Sepa
usalibri.blogspot.com
Ragazzi
Amici
immaginari
Chloe Daykin
Fish Boy
Giunti, 304 pagine, 14 euro
Billy Shiel è timido, tenero,
sogna molto e con gli occhiali
da piscina somiglia un po’ a
Harry Potter. Purtroppo la sua
vita è diventata diicilissima.
Un po’ per i bulli che lo
tormentano, un po’ perché la
madre è malata e un po’
perché il padre deve lavorare
il triplo per far quadrare i
conti. L’assenza della madre
per la sua malattia misteriosa
è un macigno nell’esistenza di
Billy. Non sa con chi
conidarsi. Come molti
bambini si rivolge agli amici
immaginari. Ma siccome Billy
è un ragazzo speciale, lo sarà
anche l’amico immaginario.
Si chiama David, non uno
qualsiasi, ma David
Attenborough, un lord
addirittura. Un uomo che tutti
conoscono per i suoi
documentari sulla natura.
Tutti sono afascinati da sir
David nella savana o sir David
nella foresta. E Billy sceglie
lui come amico immaginario.
Ma non è l’unico personaggio
particolare di questa storia:
l’altro è un pesciolino che
sbattendo sugli occhiali di
Billy comincerà
miracolosamente a parlare.
Una trama paradossale,
magica come magica è
l’amicizia, dove tra nuotate e
documentari, si scopre che il
mare può anche coccolare le
anime fragili. Un libro che
commuove e diverte. E che ci
spingerà a rivedere i
documentari del mitico sir
David Attenborough.
Igiaba Scego
Fumetti
Immense solitudini
David Small
Quando si fa buio
Rizzoli Lizard, 416 pagine,
22 euro
Qualcuno ha detto che
“l’America è vittima della sua
immensità”. E forse è vittima
di molte altre cose, tra cui l’os-
sessione per l’immagine o per
la riuscita, il successo. In quel-
la puritana degli anni cinquan-
ta, l’ossessione per la purezza
è la porta d’entrata per i demo-
ni dell’oscurità. Perché questo
libro è il racconto potente, e
molto trascinante, di una soli-
tudine immensa che avvolge
gli individui, soprattutto quelli
più sensibili e diversi dall’uni-
formità dominante, in
quest’immensità esteriore,
specchio di quella interiore. Il
sole della California nasconde
il freddo dell’anima. David
Small, dopo il notevole Stitches
(Rizzoli Lizard), torna a rac-
contare l’adolescenza statuni-
tense qui non più sotto forma
di autobiograia ma con una
inzione magistrale che opera
una sintesi e una reinvenzio-
ne di vite vissute che l’autore
ha avuto intorno a sé. Anche
se graicamente non raggiun-
ge la potenza dei suoi mae-
stri, grande è la forza del se-
gno nel rappresentare questa
solitudine ininita di esseri
umani sperduti, dove quasi
non esistono relazioni umane
veritiere o empatia, tranne ra-
re eccezioni come la straordi-
naria coppia di cinesi, e dove
tutti (genitori e igli) sono
sempre in fuga per un altro
luogo di felicità, un altrove
che inesorabilmente si rivela
illusorio. Alla ine si è schiac-
ciati oppure fragili in modo
endemico, una volta trovato
un diicile equilibrio, in que-
sto buio che l’autore muta in
magia e poesia.
Francesco Boille
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Ricevuti
Emiliano Ponzi
American west
Corraini edizioni, 68 pagine,
28 euro
Diario di viaggio in trenta
cartoline dell’illustratore
Emiliano Ponzi, tra
California, Arizona, Utah e
Nevada. Una testimonianza a
colori dal vivo dalla
leggendaria West coast.
Matteo Marchesini
Casa di carte
Il Saggiatore, 275 pagine,
23 euro
Ardita opera di critica
letteraria che rimette in
discussione l’intero canone
letterario con ironia e rigore.
Roberto Finzi
Breve storia
della questione antisemita
Bompiani, 240 pagine, 12 euro
L’antisemitismo moderno è
solo la punta di un iceberg
gigante di pregiudizi antichi e
radicati.
Emanuele Severino
Testimoniando il destino
Adelphi, 376 pagine, 34 euro
Un percorso attraverso i tratti
fondativi del pensiero del più
importante ilosofo italiano.
Alison Weir
Caterina d’Aragona
Beat, 654 pagine, 19 euro
Romanzo storico sulla
tumultuosa vita dell’unica
vera moglie di Enrico VIII.
Manuela Bolchini,
Iaia Pedemonte
La guida delle libere
viaggiatrici
Altraeconomia, 192 pagine,
14,50 euro
Cinquanta avventure per le
donne che amano viaggiare
in libertà seguendo i princìpi
del turismo responsabile.
89
 Cultura

Musica
Dal vivo Dalla Svezia
Therapy?
Milano, 4 febbraio
Ascolti fantasma su Spotify
serragliomilano.org
Padova, 5 febbraio
Un nuovo problema toli molto semplici (Awake,

ALExANDER PohL (NuRPhoTo/GETTY)

facebook.com/hallpadova
Massive Attack
Milano, 6 febbraio
mediolanumforum.it
Roma, 8 febbraio
palazzodellosportroma.it
Padova, 9 febbbraio
massiveattack.co.uk
Preoccupations
Torino, 7 febbraio
spazio211.com
Roma, 8 febbraio
monkroma.it
Bologna, 9 febbraio
covoclub.it/bo
Venezia, 10 febbraio
facebook.com/argo16venezia
Any Other
Brescia, 8 febbraio
latteriamolloy.it
Firenze, 9 febbraio
glueirenze.com
Subsonica
Ancona, 9 febbraio
subsonica.it
Bologna, 11 febbraio
unipolarena.it
di sicurezza mette Winter) e hanno ottenuto cir­
in imbarazzo l’azienda ca 60mila ascolti, fatti in
gran parte da utenti prove­
A dicembre diversi utenti di nienti dal sito LastFM.
Spotify hanno scoperto nelle All’origine del fenomeno po­
liste dei loro brani più ascol­ trebbe esserci un hackerag­
tati dell’anno alcuni musici­ gio degli access tokens, i per­
sti che non avevano mai sen­ messi che vengono concessi
tito nominare: Bergenulo Fi­ a un utente quando usa un si­
ve, Bratte Night, Dj Bruej. Se­ volte neppure foto. Ma nono­ to o un social network per ac­
condo gli esperti si è trattato stante questo hanno raccolto cedere a un altro sito. Face­
di una falla nella sicurezza migliaia di ascolti. Pochi gior­ book, per esempio, viene uti­
dell’azienda, ma Spotify ne­ ni dopo l’uscita di questo arti­ lizzato per accedere a Spoti­
ga che gli account siano stati colo, molte delle band miste­ fy. Nel settembre del 2018,
violati dagli hacker. Curiosa­ riose sono scomparse dal ser­ poco prima che i musicisti
mente, queste band sono vizio di streaming. I Bergenu­ misteriosi comparissero sul­
quasi inesistenti su internet. lo Five, per fare un esempio, le liste degli utenti, cinquan­
Non hanno pagine di fan, avevano due album su Spoti­ ta milioni di account Face­
concerti in programma, ac­ fy, che contenevano solo can­ book sono stati hackerati.
count di social network e a zoni di un minuto l’una con ti­ Jonathan Griin, Bbc
Playlist Pier Andrea Canei
Sparire, sperare
Deerhunter Beirut Romito

Ernia
1 Plains
Jimmy Dean e la sua ulti­
ma estate a Marfa, Texas, le ri­
2 Gallipoli
Fa piacere che questo in­
die rilessivo sia migrato dai
3 Penzier ’e luce
Dopo le cupezze ameri­
cane un quid di speranza sudi­
Nonantola (Mo), 9 febbraio prese del Gigante e i treni che suoi nidi di New York e Berlino sta, con una band che se fosse
voxclub.it passano come diversivo da e che sia andato a stare in Sa­ venuta da Naples, Florida, sa­
Brescia, 14 febbraio meditazione. Il sound di que­ lento. Che sia rimasto amma­ rebbe stata un culto da college
lattepiulive.it sta band di Atlanta somiglia a liato da una di quelle proces­ radio. E invece viene da Napo­
un collage di college rock fat­ sioni che fanno lì, al punto da li, mixa indie e folk, chitarre,
tosi reperto fossile; clavicem­ intitolare alla città di Gallipoli elettronica e testi in vernacolo.
DR

bali, linee di basso pop anni il suo nuovo album, anche se Il primo ep, cinque brani e il ti­
sessanta, trucchi vocali farloc­ forse Zach Condon così fa un tolo Majorana che vuole essere
chi come il iltro Valencia su po’ cargo mediterraneo. La sua un omaggio al grande scien­
Instagram. Shakerando questi merce principale è la malinco­ ziato, e con lui a un passato in
luoghi comuni esce Why hasn’t nia d’alto bordo, organetto cui guardare al futuro veniva
everything already disappea- Farisa e spleen da esportazio­ meglio. Ma resta qualcosa nel­
red?, album da nuovi R.E.M. ne. Ma è bello vederlo dichia­ la musica di questi cinque – le
che ancora rende giustizia al rare che le sue esperienze pu­ aperture melodiche, i cori co­
termine “rock alternativo”. È il gliesi lo abbiano aiutato ad me squarci di sole – che ci fa
rumore che esce dalla pancia aprirsi e riscoprire il lato più vi­ sentire iduciosi sul fatto che
Massive Attack di un’America altra. scerale della sua musica. non è tutto fernuto.

90 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019


Album
Steve Mason
About the light
Domino
●●●●●
Dopo l’eccellente Meet the hu-
mans, l’ex leader della Beta
Band torna con un approccio
più collaborativo. Lo scozzese
Steve Mason è un grande auto­
DoMINo
re pop ma è noto soprattutto
per l’anticonformismo nello
studio di registrazione. Per
About the light ha deciso di
esplorare un terreno ignoto,
spingendo il gruppo con cui
suona dal vivo a comporre e
registrare insieme, come se
fossero una squadra. Prodotto
da Stephen Street (Morrissey,
The Cranberries, Blur) il disco
combina il senso per la melo­
dia e una scrittura rilessiva
con l’energia e la spontaneità
del lavoro di gruppo. Agli stru­
menti più normali per Mason
si aggiungono gli ottoni e le
voci femminili, che donano un
tocco soul. Le dieci canzoni
spaziano da toni funky e mu­
scolari a momenti più miste­
riosi e surreali. Ben pensato,
vibrante ed eseguito con per­
sonalità, About the light è un
punto d’arrivo decisivo per
Mason.
Timothy Monger, All Music
Future
Future Hndrxx presents:
the Wizrd
Epic
●●●●●
Se si fa caso solo a come co­
mincia e a come inisce, il set­
timo disco in studio del rapper
statunitense Future potrebbe
essere scambiato per un lavo­
ro introspettivo. In alcuni bra­
ni, come Never stop e Tricks on
me, lo specialista dell’autotune
getta la maschera, rilette sulle
origini, sulla dipendenza da
codeina e prometazina, sulla
vita da recluso di lusso nella
Dance Calvin Harris,
Scelti da Claudio Rag’n’Bone Man
Rossi Marcelli
Giant
sua villa recintata. In altri bra­
ni risfodera il solito lato arro­
gante: Crusched up è ispirata a
un orologio decorato di dia­
manti che Future si è compra­
to qualche mese fa. È una can­
zone irritante, eppure ti vien
voglia di farla ripartire appena
è inita. I fan di Future saranno
contenti per l’abbondanza, ma
venti canzoni sono troppe per
questo disco. Quando si arriva
alla ine, il mix di violenza, la­
crime e Sprite corretta con la
codeina diventa stucchevole.
Future è pronto a evolversi,
ma non ci è ancora riuscito del
tutto.
Luke Fox, XXL
Laraaji, Arji OceAnanda,
Dallas Acid
Arrive without leaving
Flying moonlight
●●●●●
Lo spirito gentile del composi­
tore statunitense Laraaji è ir­
resistibile. Spesso viene de­
scritto come un guru della new
age, un titolo un po’ iperbolico
se non fosse così calzante. In­
dossa solo vestiti arancioni e
intorno a lui c’è un’aura di pa­
ce e gioia. Arrive without lea-
ving è una collaborazione tra
Laraaji, il suo vecchio sodale
oceAnanda e il trio ambient
texano Dallas Acid ed è la ver­
LoCAL ACTIoN
sione accorciata di una session
d’improvvisazione durata sei
ore. Le cinque tracce che com­
pongono l’album sono concise
Fisher
Losing it
Steve Mason
ed espanse allo stesso tempo e
sono attraversate da riverberi
vibranti. È l’equivalente musi­
cale di una profumata nuvola
d’incenso: il suono della luce
che iltra da una cortina di fu­
mo dolce. La miglior musica
new age è quella che riesce a
rimanere in bilico tra econo­
mia di mezzi e splendore: Arri-
ve without leaving è il lavoro di
cinque musicisti che sono per­
fettamente in grado di mante­
nere questo delicato equili­
brio.
Emily Pothast,
The Wire
Dawn
New breed
Local Action
●●●●●
Dawn Richard viene dal mon­
do dei reality show. Faceva
parte della Danity Kane, un
gruppo femminile che ha par­
tecipato al programma di Mtv
Making the band. Dopo lo scio­
glimento della band, ha inau­
Dawn
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Fidlar
By myself
gurato una carriera solista che
nessuno poteva prevedere,
con tre concept album accla­
mati dalla critica. New breed è
ispirato alla città natale della
cantante: New orleans. I brani
campionano suoni e voci della
tradizione locale, ma a conti
fatti lo stile del disco ha poco a
che fare con la tradizione della
Louisiana. È più orientato al
pop moderno, con sintetizza­
tori in primo piano e atmosfe­
re afrofuturiste. Nelle parti
parlate che introducono i brani
Spaces e We, diamonds Dawn
rilette sull’industria discogra­
ica, criticando il modo in cui
le donne nere vengono consi­
derate capaci solo di fare le di­
ve. New breed è un raro e pre­
zioso esempio di pop rischioso
ma orecchiabile.
Alexis Petridis,
The Guardian
Steven Isserlis
e Olli Mustonen
Kabalevskij, Prokofev,
Šostakovič: musiche per
violoncello e piano
Steven Isserlis, violoncello;
Olli Mustonen, piano
Hyperion
●●●●●
“Io e olli lo troviamo un pezzo
magistrale. E crea dipenden­
za”: così Steven Isserlis pre­
senta la sonata di Kabalevskij
nelle note del cd che ha regi­
strato con olli Mustonen e che
ofre anche musiche più note
di Prokofev e Šostakovič. Ka­
balevskij spacca la critica: è fa­
moso soprattutto come rap­
presentante dell’ortodossia
sovietica ed è spesso descritto
come un autore insipido. La
sua sonata per violoncello non
lo è afatto, e l’intensità di Is­
serlis e il peso pianistico di
Mustonen la difendono molto
eicacemente. Anche la sona­
ta di Šostakovič e i pezzi brevi
del disco sono straordinari.
Tim Ashley, Gramophone
91
Cultura

Arte

AURéLIEN MOLE (FONDATION D’ENTREPRIsE RICARD)

Tracey Emin
White cube, Londra
dal 24 febbraio al 7 aprile
“Non sto cercando di fare un
bel dipinto”. Tracey Emin ac-
cenna con un ilo di esaspera-
zione a una delle grandi im-
magini di nudo femminile
poggiate sul pavimento della
White cube dove sta allesten-
do l’ultima mostra. Emin ha
sempre dipinto, ma ha comin-
ciato a esporre le tele solo ne-
gli ultimi dieci anni. In mo-
stra, gli autoritratti nudi rea-
lizzati tra il 2017 e il 2018. Al-
cuni sono lavorati densamen-
te, la vernice è a strati e goc-
ciolante alla maniera di Cy
Twombly, la igura cancellata
con tratti rabbiosi di bianco.
Altri sono delicati e minimali
e sembrano dissolversi sulla
tela. Rispetto alle tele prece-
denti si avverte un cambia-
mento di tono palpabile dovu-
to alla morte della madre nel
2016. I rosa morbidi e pulsanti
hanno lasciato il posto a rossi
sgargianti, il sesso è stato so-
stituito da un senso di perdita. Poésie prolétaire
Financial Times

La ciambella perfetta
Il video del duo giapponese
Kyun-Chome, gli artisti Eri
Honma e Nabuchi, esplora i
conlitti d’interesse delle basi
militari statunitensi di Okina-
wa, mentre si sollevano le pro-
teste contro la costruzione di
un’altra base, nell’isola di He-
noko. Making a perfect donut si
apre sul tentativo di combina-
re una ciambella e un sātā
andagī, frittella tipica di Oki-
nawa. Un americano all’inter-
no di una base e un giappone-
se all’esterno friggono i rispet-
tivi snack e poi li consegnano
a Honma, che raccoglie inter-
viste per le strade di Okinawa.
Il video, già proiettato in Thai-
landia e in Giappone, aspetta
una data per la tappa statuni-
tense. Hyperallergic
Francia
Versi a confronto
Poésie prolétaire
Fondation d’enterprise Ricard,
Parigi, ino al 23 febbraio
Tre artiste della nuova genera-
zione, Carlotta Bailly-Borg,
Anne Bourse e Mélanie Ma-
tranga, aiancano le loro ope-
re a quelle di tre artiste senior
che per vari motivi non hanno
voluto essere parte integrante
del mondo dell’arte. Thérèse
Bonnelalbay si è formata negli
anni sessanta negli ambienti
letterari continuando a svolge-
re ino alla ine la sua attività
di infermiera; Lizzy Mercier
Descloux, dopo aver fondato
la rivista Rock News e aperto
un negozio di dischi e vestiti
usati a Les Halles, ha seguito
la carriera di musicista tra
New York e l’Africa; Joëlle de
la Casinière, l’unica ancora vi-
va, ha preferito il lavoro collet-
tivo del Centro di ricerca
Montfaucon all’idea di una
carriera individuale. Per molto
tempo le loro opere sono rima-
ste chiuse nei cassetti, in ma-
gazzini, in cartelle di cartone.
Joëlle de la Casinière ha accet-
tato di scansionare i suoi ma-
noscritti. L’idea alla base di
Poésie prolétaire è capire se
queste traiettorie artistiche di-
scontinue e vagabonde siano
uscite dalla mischia per con-
traddire il modo in cui è stata
scritta la storia dell’arte al ma-
schile e quanto abbiano in-
luenzato l’arte francese. Da
qui la scelta di istituire un pa-
rallelo contemporaneo. L’arte
di Joëlle è senza peso, senza
strategia, mostra solo impulsi.
In un video del 1973 salta per
strada in sandali e tunica bian-
ca impaziente di incontrare un
giornalista. Il percorso di que-
ste tre artiste è disseminato di
storie impossibili, decisioni
senza calcolo e la leggerezza
di chi non si preoccupa del
giorno dopo. Libération

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 93

Pop
Essere una reporter in guerra

Janine di Giovanni
gni volta che una ragazza viene da Dato che avevo cominciato a fare la corrispondente

O me e mi dice “voglio fare la corri- in zone di guerra all’inizio degli anni novanta, mi ero
spondente di guerra!” dopo aver vi- già sentita chiedere decine di volte se le donne rac-
sto un ilm di Hollywood che esalta contavano la guerra in modo diverso dagli uomini.
il fascino della professione, le ri- “No”, rispondevo, infastidita dalla domanda. Io non
spondo sempre di pensare bene al me ne stavo chiusa a scrivere negli ospedali e negli
tipo di vita che comporta. Forse, alla ine, la frase orfanotroi. Andavo in prima linea con i soldati e con
che ci ripetevano le prime femministe non era vera: gli eserciti ribelli. Vivevo per mesi nei campi o nei
non si può avere tutto. O almeno non senza conse- boschi, non mi lavavo, trascinavo via i morti e i feriti
guenze tragiche. dalle trincee. Facevo tutto quello che facevano i miei
Nel 2012, una mattina, mentre lavoravo a un ar- colleghi maschi e cercavo di rilettere le loro emozio-
ticolo sui criminali di guerra a Belgra- ni. O almeno così pensavo.
do, ricevetti una telefonata terribile: la Andavo in prima Lo scopo del documentario di
mia collega e amica Marie Colvin era linea con i soldati. Kopple era quello di dare una rappre-
morta, uccisa dalle bombe del presi- Vivevo per mesi nei sentazione delle donne in un mondo
dente siriano Bashar al Assad a Homs. campi o nei boschi, fortemente maschilista. Era centrato
Un film uscito lo scorso novembre, non mi lavavo, su di me e su altre tre donne, tra cui
A private war, racconta le peripezie trascinavo via i Marie Colvin. Se A private war raccon-
della sua carriera. morti e i feriti dalle ta la vita tormentata di Colvin, il ilm di
Il regista di A private war, Matt Hei- trincee. Facevo tutto Kopple coglie la vera Marie, senza il
neman, ha avuto diversi riconoscimen-
quello che facevano i glamour e i costumi. Anche se l’inter-
ti per i suoi bellissimi documentari sul- pretazione di Rosamund Pike nel ilm
la guerra alla droga (Cartel land, del
miei colleghi maschi è straordinaria, preferisco la cruda re-
2015) e sul gruppo Stato islamico (City altà del documentario, doloroso ma
of ghosts, del 2017). Come i suoi attori, però, ha fatica- autentico, sulla vita delle donne che scelgono di fare
to a rendere questo ilm completamente autentico. E le corrispondenti di guerra.
siccome non è un ilm biograico (Heineman preferi- Nonostante la fama di Kopple (aveva vinto l’Oscar
sce non deinirlo così), la trama può generare confu- per Harlan county, Usa nel 1976) avevo molti dubbi
sione nelle persone che, come me, conoscono la sto- sull’opportunità di diventare l’oggetto di un docu-
ria vera. Al Sunday Times, dove lavorava Colvin, non mentario, perché all’epoca mi stavo interrogando
c’erano personaggi “buoni” che si preoccupavano sulle scelte che avevo fatto nella mia professione.
del suo bene. C’erano solo direttori e caporedattori Ero convinta che bisognasse dare testimonianza del-
che chiedevano scoop a costo di mettere a rischio la le atrocità (bearing witness, come diceva il titolo del
vita dei loro giornalisti. Colvin aveva molte amiche a ilm) ed ero motivata da un forte senso di giustizia.
Londra, ma nessuna che somigliasse al personaggio Ma più di ogni altra cosa volevo avere una famiglia.
JANINE stile Bridget Jones interpretato nel film da Nikki Sognavo la stabilità e l’equilibrio che in quanto corri-
DI GIOVANNI Amuka-Bird. Il suo ultimo compagno non era un spondente di guerra non avevo. Dopo vent’anni in
è una giornalista partner attento e innamorato come lo Stanley Tucci zone di conlitto, dopo aver assistito all’assedio di
statunitense. È stata a del ilm, ma un uomo che le aveva provocato immen- Sarajevo, alla caduta di Grozny per mano delle forze
lungo corrispondente se soferenze. In Bosnia non c’erano “teste sui pali”, russe, ai genocidi a Srebrenica e in Ruanda, ai bam-
di guerra. Il suo come dice in una delle prime scene il personaggio bini soldato che avevano cercato di uccidermi in Li-
ultimo libro che dovrebbe essere il suo primo marito (quelle era- beria e in Sierra Leone, ero completamente esaurita.
pubblicato in italiano
no in Cecenia). Il secondo marito di Colvin, Juan Volevo una cucina in cui preparare la cena per il gior-
è Il giorno che vennero
Carlos Gumucio, non ha un ruolo nella trama, anche no del ringraziamento. Volevo dire ai miei amici di
a prenderci. Dispacci
dalla Siria (La nave di se ne ha avuto uno importante nella sua vita. venirci a trovare e volevo restare con loro, invece di
Teseo 2017). Questo Un ilm molto più attendibile e commovente sulle lasciare un biglietto sulla porta con scritto che all’ul-
articolo è uscito su corrispondenti di guerra, Bearing witness, è stato co- timo momento mi avevano chiamato per andare in
Harper’s con il titolo diretto dalla documentarista Barbara Kopple, che mi Congo o a Timor Leste.
A private war. contattò per la prima volta nell’autunno del 2002. Quando cominciai a fare la giornalista, il disturbo

94 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 FRANCESCO CATTANI

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 95

Pop
da stress post-traumatico non era molto comune tra
i corrispondenti di guerra. Dopo una missione parti-
colarmente estenuante in Bosnia fui contattata dal
dottor Anthony Feinstein, uno psichiatra canadese
che si basò sulla mia esperienza e su quella di alcuni
miei colleghi per uno studio triennale sugli efetti dei
traumi sui giornalisti che lavorano in prima linea. I
risultati del suo lavoro furono pubblicati sull’Ameri-
can Journal of Psychiatry e poi in un libro, Dangerous
lives (Vite pericolose), che è diventato una sorta di
manuale per le testate giornalistiche su come tutela-
re i loro reporter.
Quando Feinstein mi chiamò nel suo ufficio a
Londra per il mio ultimo consulto, mi disse che non
sofrivo di disturbo da stress post-traumatico, nono-
stante le terriicanti allucinazioni che mi perseguita-
vano dopo essere stata in Sierra Leone (vedevo per-
sone amputate dappertutto). Diceva che avevo una
forte capacità di ripresa. Interpretandola erronea-
Storie vere
mente come una benedizione, decisi di spingermi
ancora più in là, su strade ancora più desolate, in
missioni ancora più pericolose, sempre più vicina
alla morte. Come se non bastasse, il giornale per cui
lavoravo all’epoca mi spingeva a rischiare sempre di
più pur di avere un grande servizio da pubblicare.
Sono stata rapita. Ho subìto una inta esecuzione
in Kosovo. Non si contano le volte che stavo per esse-
re stuprata. In Costa d’Avorio, un soldato ubriaco mi
Il premio da 1,53 ha puntato un Ak-47 senza sicura al cuore mentre
miliardi di dollari cercavo di trascinare un uomo ferito in ospedale. So-
della lotteria no stata minacciata di morte dal governo di Foday
statunitense Mega Sankoh in Sierra Leone per aver trafugato documen-
Millions è stato ti collegati ai diamanti insanguinati. A Grozny sono
estratto nell’ottobre stata in mezzo a bombardamenti così feroci che pen-
scorso, ma il vincitore
savo che mi esplodessero i timpani. Certamente i
non lo ha ancora
miei nervi ne hanno risentito.
riscosso.
“Cominciamo a
Ero tornata al mio appartamento a Londra e ave-
essere nervosi”, ha vo cercato di riprendermi, di rimettere insieme i pez-
dichiarato Frank zi della mia vita. Molti miei colleghi erano rimasti
Rainwater, direttore completamente devastati da quello che avevano vi-
dell’uicio del isco sto. Chi torna dal fronte deve fare i conti con l’alcoli-
del North Carolina, lo smo, l’abuso di stupefacenti, il divorzio, la separazio-
stato dove è stato ne, l’infelicità, la soferenza. C’è stato un periodo
venduto il biglietto. della mia vita in cui non riuscivo a tollerare di andare
L’uicio conta sui
a una festa e sentire quelle che alle mie orecchie era-
61 milioni di dollari di
no le banalità della vita quotidiana. Io e i miei colle-
tasse che il vincitore
dovrebbe versare, ma
ghi avevamo riiutato il mondo tradizionale, e ne
a causa del ritardo i stavamo pagando il prezzo.
fondi potrebbero Una sera io e Juan Carlos restammo a fare baldo-
inire nel bilancio del ria ino a tardi. Jc, come lo chiamavamo tutti, se ne
2020, aprendo un andò per ultimo. Lo accompagnai alla porta e lui mi
deicit nell’anno in prese la mano. “Addio”, mi disse. “Non ti vedrò per
corso. Se il vincitore un bel po’”.
non si sarà presentato “Ma ci vediamo tra poche settimane”, gli risposi,
entro 180 giorni
ricordandogli una festa in programma per una data
dall’estrazione il
non troppo lontana.
premio sarà
distribuito in tutti gli Lui scosse la testa, sorrise e mi disse. “No, non mi
Stati Uniti, e al vedrai. È arrivato il momento”.
North Carolina Capii immediatamente a cosa stava pensando: al
toccheranno solo suicidio. Gli corsi dietro. “Non farlo!”, lo scongiurai.
11 milioni. “È una strada ancora più buia!”.
96 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Qualche mese dopo ero in Somalia. Stavo lavo-
rando a un articolo sul gruppo islamista somalo Al
Shabaab per il New York Times Magazine quando
ricevetti una chiamata sul mio telefono satellitare.
Jc si era sparato a casa sua in Bolivia. Mi sedetti sul
tetto, con gli spari di Mogadiscio sullo sfondo, e pian-
si per il mio meraviglioso amico. “Ne ha viste trop-
pe”, mi avrebbe detto in seguito Colvin.
In realtà, piangevo anche per me stessa e per
quello che mi stavo perdendo. E così, qualche anno
dopo, mentre guardavo cadere la statua di Saddam
Hussein a Baghdad, presi una decisione drastica:
giurai che avrei avuto una vita normale. Ero idanza-
ta e stavo per sposarmi con un altro corrispondente
di guerra, che avevo conosciuto durante l’assedio di
Sarajevo. Volevamo avere un iglio, rischiarare il buio
delle nostre vite, trovare un riscatto.
uando la troupe di Kopple venne a ri-
Q prendere il nostro matrimonio nelle
Alpi francesi, dov’era cresciuto mio
marito, ero incinta. Mentre mi stavo
vestendo, guardai le notizie e la mia
felicità svanì: il quartier generale
dell’Onu a Baghdad era stato colpito da un attentato.
Io e mio marito ci mettemmo a guardare la tv, scon-
volti, ma anche combattuti perché non eravamo lì,
nel cuore degli eventi.
Il Times, il giornale per il quale lavoravo allora,
non era entusiasta del mio nuovo ruolo. “Ho una cor-
rispondente di guerra che non può andare in guerra”,
protestò il capo degli esteri, padre di cinque igli.
“Come faccio a raccontare quello che sta succeden-
do?”. Quando gli suggerii di mandare qualcun altro
andò su tutte le furie: “Non posso mandare gente
inesperta! Quello che sai fare tu è andare in posti do-
ve gli altri non riescono ad andare!”. All’improvviso
mi resi conto che per lui ero carne da cannone.
Mi costrinse a tornare in Iraq mentre stavo ancora
allattando, perché sosteneva che il mio contratto di-
ceva così. Piansi sull’aereo con la foto del mio bam-
bino inilata in tasca. E piansi nel mio uicio di Bagh-
dad, quando dovetti tirarmi il latte e buttarlo nello
sciacquone del bagno. Sentii un mio collega maschio
dire trionfante al telefono: “Ha avuto un figlio e
adesso se la fa sotto!”. Mi mandarono comunque a
Sadr City in un momento particolarmente pericolo-
so, mentre il mio corpo si stava ancora riprendendo
da una gravidanza a rischio e da sei mesi a letto.
Ma il mio collega maschio aveva ragione: ero
cambiata. È stato sempre diicile per me assistere
alle soferenze estreme dei bambini e degli innocen-
ti. All’inizio della mia carriera, in Bosnia, quando
vidi un bambino a cui avevano sparato nell’addome
che urlava agonizzante senza antidoloriici, vomitai.
Ho provato a essere più forte, ma non sono mai riu-
scita a costruirmi una corazza abbastanza solida.
Con la maternità mi è diventato quasi impossibile
veder sofrire i bambini, come ho constatato nelle
ultime guerre che ho documentato in Siria e in Ye-
men. Per riprendermi tornavo a casa e giocavo con

mio iglio, interpretando il ruolo della casalinga anni
cinquanta con tanto di grembiule e torta nel forno.
Ci ho provato, ma non so se sono riuscita a calar-
mi in questa esistenza schizofrenica. Qualche giorno
fa sono andata a una riunione dei genitori alla scuola
di mio iglio. Io e mio marito Bruno, che con grande
coraggio ha affrontato i demoni del disturbo da
stress post-traumatico e li ha sconitti, ci siamo sepa-
rati da molto tempo ma continuiamo a collaborare
come genitori con il desiderio profondo di dare sta-
bilità e amore a nostro iglio. Quando Bruno fu colpi-
to da un cecchino in Libia durante la caduta di Ghed-
dai, diedi la notizia a mio iglio con calma, renden-
domi conto di quanto fosse innaturale. Poi Bruno fu
evacuato da Tripoli, è guarito e sta bene. Il nostro
bambino è cresciuto ed è felice.
Questa settimana, però, una delle sue insegnan-
ti mi ha parlato di un compito che ha fatto. Il tema
era “qual è la cosa che ti fa più paura?”, e la maggior
parte dei maschi della sua classe (fa il primo anno
delle superiori) ha raccontato di quanto è diicile
parlare con le ragazze. Luca invece ha scritto: “Ho
paura che in Iraq taglino la testa a mia madre con
una spada”. E all’improvviso ho capito, vergognan-
domi, che quando mi vantavo di essere come i gior-
nalisti maschi sbagliavo. Le donne, quando decido-
no di diventare madri, devono fare una scelta, e io
non sono stata completamente onesta nella mia: il
mio stile di vita stava facendo del male alle persone
che mi amavano.
Marie Colvin non ha avuto igli, e neanche Mar-
tha Gellhorn, terza moglie di Hemingway, il mio mo-
dello di vita. Pochissime mie colleghe sono diventa-
te madri. Non ho avuto molti esempi, perciò ho cer-
FRANCESCO CATTANI
cato di cavarmela come meglio ho potuto. Ho fatto
degli errori – il primo viaggio in Iraq quando avrei
dovuto dire di no, le missioni lontano da casa quando
sarei dovuta rimanere – ma sono orgogliosa del mio
lavoro e di quello dei miei colleghi, soprattutto per le
prove che forniamo ai tribunali per i crimini di guer-
ra. Ma so anche che la mia professione getta un’om-
bra sulle persone che mi sono più care. Una volta mio
iglio mi ha detto: “Quando te ne vai non so mai se
tornerai”. Mi ha spezzato il cuore, anche se so che è
orgoglioso del lavoro dei suoi genitori.
Il ilm di Kopple racconta la tragedia di Marie
Colvin e la sua lotta con il disturbo da stress post-
traumatico, l’alcolismo e la diicoltà di conciliare le
responsabilità personali con una carriera straordina-
ria. Sua sorella Cat Colvin, avvocata, ha raccontato
che durante le vacanze Marie tornava sempre dal
fronte per stare a Long Island insieme alla sua fami-
glia, una famiglia cattolica irlandese. La sua vita la-
vorativa, con i campi minati, i mortai e i cecchini,
sembrava lontana milioni di chilometri dalle villette
residenziali, con i nipotini che le correvano intorno e
un pranzo abbondante in tavola. Anche questa è sta-
ta una parte della sua battaglia: la fatica di dare un
equilibrio alla sua vita.
Nonostante tutto, rispetto A private war perché
apprezzo la descrizione del coraggio di Colvin e il
tributo alla sua memoria. Ma non voglio che le ragaz-
ze lo guardino pensando che fare la corrispondente
di guerra sia un lavoro favoloso. Non lo è. Se vogliono
conoscere la realtà cruda e sgradevole – il dolore, gli
aborti spontanei, i postumi emotivi – dovrebbero da-
re un’occhiata anche al documentario del 2004 di
Barbara Kopple. u fas
Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 97
 Scienza
aNgELo MoNNE
Bambini, non respirate
George Monbiot, The Guardian, Regno Unito
L’inquinamento è la minaccia
più grave per la salute dei
bambini. Le particelle tossiche
sono ovunque, nelle strade e
nelle scuole. È il momento di
mobilitarci, scrive Monbiot
mmaginate che, in migliaia di negozi
I del Regno Unito, si possano comprare
bombolette di gas tossico. Immagina-
te che alcune persone vadano in giro
spruzzandolo in faccia ai bambini. Immagi-
nate che diventi una moda e nessun bambi-
no possa fare un metro senza ricevere una
spruzzata. Immaginate che, anche se una
singola dose non causa disturbi gravi, più
dosi danneggino cuore, polmoni e cervello
compromettendo la salute, la capacità co-
gnitiva e la qualità della vita.
Sarebbe considerata un’emergenza na-
zionale. La vendita delle bombolette sareb-
be vietata. Interverrebbe la polizia. Il parla-
mento approverebbe una legge durissima
contro l’avvelenamento dei bambini. Sa-
rebbe una reazione normale, no? Il proble-
ma è che l’avvelenamento di massa si sta
veriicando davvero.
98 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
Secondo un articolo pubblicato sull’In-
ternational Journal of Environmental Rese-
arch and Public Health, bruciare combusti-
bili fossili è al momento “la minaccia più
grave per la salute dei bambini”. La qualità
della loro vita è compromessa prima ancora
di nascere. Le particelle tossiche dei gas di
scarico entrano nei polmoni delle donne
incinte e si accumulano nella placenta. Il
rischio di parti prematuri e basso tasso di
natalità è, secondo il British Medical
Journal, “quasi una catastrofe sanitaria”.
Riduzione dell’intelligenza
Tra i probabili efetti dell’avvelenamento
continuo c’è, secondo i ricercatori, una net-
ta riduzione dell’intelligenza. Da uno stu-
dio pubblicato nel 2018 emerge che “l’espo-
sizione prolungata all’inquinamento atmo-
sferico danneggia la capacità cognitiva nei
test orali e matematici”. L’inquinamento
blocca lo sviluppo dei polmoni e del cervel-
lo e aumenta il rischio di asma, cancro, ictus
e insuicienza cardiaca.
La scoperta di un nesso tra inquinamen-
to e salute mentale infantile potrebbe con-
tribuire a spiegare la crescente difusione
dei disturbi psichiatrici tra i bambini britan-
nici. Inoltre, una ricerca condotta a Londra
suggerisce che chi è più esposto all’inquina-
mento ha una maggiore probabilità di svi-
luppare forme di demenza. Insomma, po-
tremmo aver innescato una bomba a orolo-
geria della demenza, destinata a esplodere
tra cinquant’anni.
L’unica diferenza tra lo scenario para-
dossale con cui ho aperto l’articolo e la real-
tà è l’intenzione: nessuno vuole avvelenare
i bambini con i gas di scarico. Ma anche se
non c’è una volontà di fare del male, non
cambiano le conseguenze per la loro salute.
Le bombole a quattro ruote sono ancora in
vendita e il gas tossico è scaricato in faccia
ai bambini a ogni passo che fanno. Succede
soprattutto quando vanno e tornano da
scuola. È allora che i bambini inalano il
grosso delle particelle tossiche (soprattutto
se sono in macchina, perché l’esposizione è
maggiore nell’abitacolo che sul marciapie-
de). Dati ancora più preoccupanti indicano
che le sostanze inquinanti presenti nelle
strade si accumulano anche nelle aule, do-
ve i livelli sono più alti rispetto a fuori.
Dato che il 90 per cento dei bambini del
mondo è esposto a livelli d’inquinamento
pericolosi, si tratta di un’emergenza inter-
nazionale. Perché, quindi, non vietiamo la
vendita delle bombole di gas tossico? Quan-
do nel 2017 la commissione di The Lancet
sull’inquinamento e la salute ha annunciato
che l’inquinamento uccide più del tabacco
e il triplo di aids, tubercolosi e malaria mes-
si insieme, si poteva sperare che governi,
agenzie per lo sviluppo e ong attive in cam-
po sanitario considerassero il tema una
priorità. Invece continuano a occuparsi solo
delle malattie contagiose, ignorando que-
sta terribile minaccia per l’umanità. Per-
ché?
La ragione principale è che servirebbe
un intervento sull’intero sistema. Non ba-
sta distribuire zanzariere o ridurre il sale nel
cibo confezionato, ma bisogna rivoluziona-
re il sistema dei trasporti e quello industria-
le. Inoltre, mentre nessuno ha interesse a
difondere la tubercolosi o la poliomielite,
c’è un’immensa lobby mondiale – formata
dalle aziende dei combustibili fossili, delle
automobili e dei servizi infrastrutturali –
che blocca qualunque azione contro l’inqui-
namento e le tecnologie che lo causano.
La soluzione è politica: bisogna far ca-
dere i governi che fanno gli interessi della
lobby, sostituire le automobili con mezzi
pubblici elettrici, camminare, andare in bici
e sanzionare le aziende che inquinano. È il
momento di mobilitarci. u sdf
 Salute

ESRF
SALUTE

Assistenza
per i migranti Cullati si dorme meglio
I migranti che arrivano in Euro-
pa godono di buona salute ma Current Biology, Stati Uniti
rischiano di ammalarsi a causa
delle condizioni di vita disagia- È noto che i bambini si
te e della mancanza di assisten- addormentano più facilmente
za sanitaria nei paesi di transito quando sono cullati, ma a quanto IN BREVE
o di approdo. Lo rivela un rap- pare un lento dondolio del letto Geologia Il nucleo della Terra
porto dall’Organizzazione migliora il sonno anche degli adulti. potrebbe essersi solidiicato cir-
mondiale della sanità (Oms) Secondo due nuovi studi, ca 565 milioni di anni fa, quindi
sulla salute dei migranti e dei in un periodo relativamente re-
l’oscillazione modiica l’attività del
rifugiati in 54 paesi europei. cente rispetto all’età del pianeta.
Dall’analisi di 13mila documen- cervello, aumentando le fasi di sonno Questo evento potrebbe aver
ti, scrive The Lancet, emerge profondo, riducendo i risvegli e stabilizzato il campo magnetico
che pochi migranti arrivano in migliorando la memoria. I ricercatori hanno svolto due terrestre, prodotto dal ferro con-
Europa con una malattia infet- test, uno sui topi e uno su persone in buona salute. Il primo tenuto nel nucleo. Secondo Na-
tiva e che il rischio di trasmet- ha dimostrato che la parte dell’orecchio da cui dipende ture Geoscience la scoperta, av-
terla ai residenti è molto basso. l’equilibrio è essenziale ainché il dondolio abbia efetti venuta studiando alcuni cristalli
E se è vero che il 20 per cento nel Québec, è utile per spiegare
sul sonno. Il secondo ha studiato le conseguenze del
delle nuove diagnosi di hiv ri- il lusso di calore all’interno del
guarda i migranti, spesso il con- dondolio sul cervello delle persone. I partecipanti si pianeta e lo sviluppo della vita.
tagio avviene nei paesi europei. addormentavano più facilmente e raggiungevano più Salute Alcuni ricercatori hanno
Con il passare del tempo i mi- velocemente la fase di sonno non rem di tipo n2 e identiicato le varianti genetiche
granti sono più soggetti a svi- restavano più a lungo nella fase di sonno profondo non che portano le persone a essere
luppare malattie croniche, ictus rem di tipo n3. Inoltre, altri indicatori dell’attività mattiniere o nottambule. In to-
e cardiopatie a causa di fattori cerebrale indicavano una migliore qualità del sonno. La tale, scrive Nature Communica-
sociali come la povertà e stili di tions, le varianti note legate al
mattina dopo i volontari ottenevano risultati migliori in un
vita malsani. In conclusione, cronotipo sono 351. I mattinieri
l’Oms sottolinea l’importanza esercizio di memoria in cui bisognava ricordare alcune avrebbero un rischio minore di
per i paesi europei di garantire parole. La ricerca potrebbe essere utile per combattere i depressione e schizofrenia.
un’assistenza sanitaria di quali- problemi di insonnia, favorendo lo sviluppo di terapie non
tà ai migranti e ai rifugiati. farmacologiche. u
SALUTE

Un piano contro
GENETICA
Paleontologia l’epatite C
Magri
ADRIENNE STROUP, FIELD MUSEUM

per caso Un piano globale che prevede

misure di prevenzione, diagno-
La magrezza, come l’obesità, si e trattamento potrebbe com-
può avere una componente ge- battere l’epatite C, evitando 15
netica. Confrontando il dna di milioni di nuovi casi d’infezio-
14mila persone, due terzi delle ne e 1,5 milioni di morti per cir-
quali di peso medio e le restanti rosi e cancro al fegato entro il
obese o magre ma senza seguire 2030. Secondo The Lancet, le
diete ipocaloriche, i genetisti misure sono necessarie soprat-
dell’università di Cambridge, tutto in paesi come Cina, India,
nel Regno Unito, hanno trovato Pakistan ed Egitto. Con questo
piano l’obiettivo dell’Organiz-
una decina di varianti associate
alla magrezza sana. I ricercatori,
La lucertola antartica zazione mondiale della sanità
scrive Plos Genetics, hanno È stato scoperto in Antartide il fossile di un animale vissuto circa 250 di ridurre le morti del 65 per
scoperto che alcune persone so- milioni di anni fa, quando il continente era coperto da foreste. L’An- cento rispetto al 2015 sarebbe
no magre semplicemente per- tarctanax shackletoni (a sinistra nel disegno) era un rettile simile a una raggiunto nel 2032. Le misure
ché hanno la fortuna di avere un lucertola, ma lontano parente dei dinosauri. Comparve poco dopo comprendono trasfusioni di
carico inferiore di quelle varian- una grande estinzione di massa. Secondo il Journal of Vertebrate sangue più sicure, campagne di
ti geniche che aumentano la Paleontology, il ritrovamento dimostra che l’Antartide era un luo- monitoraggio e difusione dei
probabilità d’ingrassare. go favorevole alla comparsa di nuove specie. farmaci antivirali.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 99

 Il diario della Terra
KAI PFAFFenbAch (ReUteRS/cOntRAStO)

Il nostro clima
Senza
carbone
u La Germania ha deciso di
rinunciare al carbone entro il
2038. Una commissione go-
vernativa ha infatti stabilito
che il paese chiuderà tutte le
centrali a carbone entro
quell’anno. La decisione, scri-
ve Deutsche Welle, punta a
ridurre le emissioni di anidri-
de carbonica che causano il
cambiamento climatico. Il mi-
nistro delle inanze tedesco
Olaf Scholz ha spiegato che
bisognerà cercare di mante-
nere stabili i prezzi dell’ener-
Piogge c’è una relazione tra le precipitazioni estreme in europa e quelle in nepal, India
gia e creare posti di lavoro nel-
settentrionale e Pakistan orientale. Anche altre regioni del mondo sembrano sincronizzate.
Secondo nature, lo studio di queste relazioni può migliorare le previsioni meteorologiche, in le regioni in cui si estrae il car-
particolare quelle degli eventi estremi, che causano alluvioni e valanghe. I dati satellitari della bone. Già nel 2011, dopo il di-
missione trmm (nasa e Agenzia spaziale giapponese) suggeriscono che la sincronizzazione sia sastro di Fukushima, la Ger-
dovuta alle onde di Rossby presenti nell’atmosfera, un fenomeno naturale che collega le regioni mania aveva rinunciato alle
tropicali con altre più a nord e a sud. Le piogge in europa e in Asia centromeridionale fanno quindi sue centrali nucleari.
parte dello stesso schema di circolazione atmosferica. Nella foto: Francoforte, Germania, giugno 2018 La chiusura delle centrali a
carbone, che dovrà essere ap-
provata dal governo federale e
Radar persone sono rimaste ferite e
due aerei sono stati danneg-
monte Ogenashi, duecento
chilometri a nord di tokyo.
poi attuata dai singoli stati,
costerà circa quaranta miliar-
Tornado giati nel passaggio di un torna-
do sull’aeroporto di Antalya, in Uccelli L’ecuador ha annun-
di di euro. Il primo passo sarà
la chiusura nei prossimi quat-
a Cuba turchia. ciato una campagna di estirpa-
zione dei ratti alle isole Galápa-
tro anni di centrali per una ca-
pacità di circa dodici gigawatt.
e in Turchia Freddo Almeno sei persone gos per proteggere il gabbiano Attualmente la Germania pro-
sono morte in un’ondata di codadirondine, una specie en- duce quasi il 40 per cento del-
freddo anomala che ha colpito demica nell’arcipelago. la sua elettricità con il carbone
Alluvioni e frane Almeno 68 il centronord degli Stati Uniti. e non sta rispettando gli obiet-
persone sono morte nelle allu- Cinghiali La Danimarca ha tivi issati nel 2015 con l’accor-
vioni e nelle frane causate dal- Terremoti Un sisma di ma- cominciato a costruire una re- do di Parigi.
le forti piogge che hanno colpi- gnitudo 6,6 sulla scala Richter cinzione (nella foto) di 70 chilo- La commissione era com-
to l’isola indonesiana di Sula- ha colpito l’isola indonesiana metri al conine con la Germa- posta da rappresentanti
wesi. Più di seimila persone di Sumbawa, senza causare vit- nia per impedire ai cinghiali di dell’industria, dei sindacati,
sono state costrette a lasciare time. Altre scosse sono state entrare nel paese. L’obiettivo è del mondo scientiico e dei
FRAnK cILIUS (RItzAU ScAnPIx/ReUteRS/cOntRAStO)

le loro case. u Una frana di pie-
tre e fango ha ucciso quindici
persone in un hotel nel sudest
del Perù.
Tornado Quattro persone so-
no morte e 195 sono rimaste
ferite nel passaggio di un tor-
nado, con venti ino a trecento
chilometri all’ora, sulla capita-
le cubana L’Avana. u Dodici
registrate nel sud del Messico
(5,8) e in Alaska (5,2).
Fulmini Sei membri di una
stessa famiglia sono morti col-
piti da un fulmine a Fitsinjova-
na, nel centro del Madagascar.
Valanghe Un turista francese
è morto travolto da una valan-
ga mentre sciava fuori pista sul
bloccare la difusione della pe- gruppi ambientalisti. Secondo
ste suina africana. un membro della commissio-
ne, Ronald Pofalla, la decisio-
ne permetterà alla Germania
di rispettare gli obiettivi di ri-
duzione delle emissioni entro
il 2030, scrive la Reuters. Sa-
ranno probabilmente previsti
degli aiuti per le aziende e le
famiglie in diicoltà per l’au-
mento del costo dell’energia.

100 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 Il pianeta visto dallo spazio 17.08.2018
La zona umida del iume Uruguay

Nord
5 km
cOpERNIcUS SENtINEL dAtA (2018), ELABORAzIONE dELL’ESA

Gualeguaychú

Fray Bentos

u Il iume Uruguay scorre da
nord a sud bagnando il Brasile,
l’Argentina e l’Uruguay, prima
di sfociare nell’oceano Atlanti-
co. Quest’immagine, scattata
dal satellite Sentinel-2B
dell’Esa, mostra il tratto infe-
riore del iume, di colore mar-
rone e ricco di sedimenti. Qui il
iume segna il conine tra l’Ar-
gentina e l’Uruguay e ospita la
zona umida del parco nazionale
Esteros de Farrapos e Islas del
río Uruguay. Formata da lagu-
ne, paludi e ventiquattro isolot-
ti, l’area è un’oasi per la fauna
selvatica ed è protetta dalla
convenzione internazionale di
Ramsar dal 2004. Nella zona
vivono 130 specie di pesci, 14 di
anibi, 104 di uccelli e 15 di
mammiferi, tra cui il crisocione
(o lupo di crine), il più grande
canide del Sudamerica. Attra-
zione turistica e corso d’acqua
navigabile, la zona umida di
Esteros ha anche un ruolo im-
portante nel controllo delle al-
luvioni, proteggendo le rive del
iume Uruguay dall’erosione,
e nel preservare la qualità
dell’acqua.
Il iume Uruguay segna
il conine tra l’Argentina
e l’Uruguay. Nella zona
umida, protetta dalla
convenzione di Ramsar,
vivono molte specie di
pesci, anibi, uccelli e
mammiferi.
u Vicino a Fray Bentos c’è una
In basso a sinistra nell’im-
magine si vede la città argenti-
na di Gualeguaychú. Sulla riva
orientale del iume c’è invece
Fray Bentos, una città portuale
uruguaiana nota per un com-
plesso industriale che un tempo
esportava carne in scatola in
tutto il mondo. Oggi lo stabili-
mento è inattivo e patrimonio
dell’Unesco. L’area di colore
verde scuro a est del iume è de-
dicata alla silvicoltura, un’indu-
stria importante per la regione.
grande cartiera.–Esa

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 101

 Economia e lavoro
Bijie, Cina
VCg/gEttY
In ila per restare incinta
N. Mateer, C. Yang e T.J. Xuan, Caixin, Cina
Le dipendenti delle aziende
cinesi devono programmare le
loro gravidanze in momenti
diversi. Ognuna deve aspettare
il proprio turno se non vuole
essere licenziata
an Jiayi, una maestra d’asilo, è sta-
P ta licenziata per aver saltato la ila.
Non al bar o alla fermata dell’au-
tobus: è stata accusata di aver tra-
sgredito la “ila per la gravidanza” della sua
azienda. Quando ha dichiarato di essere
incinta, l’asilo l’ha licenziata per “violazio-
ne delle regole aziendali”. Nell’istituto, in-
fatti, le donne devono programmare le loro
gravidanze in momenti diversi. Come ha
scritto il quotidiano governativo Jiancha
Daily, quando Pan è rimasta incinta del suo
secondo iglio c’erano sette donne prima di
lei. La scuola aveva dato priorità a quelle in
attesa del primo iglio. Pan ha portato in tri-
bunale il suo datore di lavoro e a novembre
ha vinto la causa. Altre donne, però, non so-
no state così fortunate. In teoria in Cina le
discriminazioni di genere sul posto di lavo-
ro sono illegali, ma nella realtà sono molto
102 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019
difuse e spesso colpiscono le madri, in par-
ticolare le aspiranti madri. Nel 2016 la Cina
ha abolito la legge sul iglio unico, stabilen-
do che ogni coppia può avere un massimo di
due igli. La riforma è stata presentata come
una vittoria per i diritti umani, ma ha avuto
una conseguenza negativa: ora alcuni dato-
ri di lavoro pensano che assumere le donne
sia molto rischioso.
Nel 2016 nella provincia di Henan una
maestra di nome Zhang era decisa ad avere
un secondo iglio pochi mesi dopo la rifor-
ma. Quand’è rimasta incinta, però, il presi-
de della sua scuola ha indicato una clausola
del suo contratto: le donne devono pro-
grammare la gravidanza in modo da non
interferire con il congedo di maternità di
altre dipendenti. La storia di Zhang è stata
ripresa dalla stampa e si è difusa sul social
network Weibo con un hashtag che può es-
sere tradotto più o meno come “in ila per
restare incinta”.
Un rapporto del 2018 di Human rights
watch ha confermato che in Cina le discri-
minazioni contro le madri sul posto di lavo-
ro sono aumentate dopo l’entrata in vigore
della legge dei due igli. Nel rapporto si fa
riferimento ad annunci di lavoro difusi in
tutto il paese che cercano “donne sposate
con bambini”: i potenziali datori di lavoro si
rivolgono a donne che hanno superato l’età
fertile per evitare i costi del congedo di ma-
ternità. Il 75 per cento delle aziende che
hanno risposto a un sondaggio del sito per
annunci di lavoro 51job.com ha dichiarato
che con la nuova legge è meno propenso ad
assumere delle donne.
Obblighi domestici
In teoria la Cina è un buon posto in cui esse-
re una donna che lavora. Le discriminazioni
di genere, dentro e fuori l’ambito professio-
nale, sono illegali. Inoltre è previsto un con-
gedo di maternità di 98 giorni, e in alcune
province si può arrivare a 190 giorni (il con-
gedo di paternità non esiste). “In passato il
governo cinese ha costruito un sistema di
welfare sociale con l’obiettivo di liberare le
donne dagli obblighi domestici associati
alla cura dei bambini e ha promosso la pari-
tà di genere”, dice Yue Qian, assistente di
sociologia all’università della British Co-
lumbia, in Canada. “Ma negli ultimi anni la
previdenza sociale è stata ridimensionata,
e sulla sua ideologia egualitaria nelle que-
stioni di genere è calato il silenzio”.
Anche se può sembrare contraddittorio,
con la legge del iglio unico i diritti delle
donne erano difesi nonostante il controllo
esercitato sulle loro decisioni in fatto di ri-
produzione. Questo dipendeva in parte dal
fatto che più famiglie avevano iglie uniche.
Come sottolinea la sinologa Manya Koets,
ino agli anni ottanta la propaganda di Pe-
chino difondeva slogan come “anche le i-
glie tramandano la discendenza di fami-
glia” e “dare alla luce un maschio o una
femmina è lo stesso”. Se oggi le donne sono
libere di avere più igli, la Cina in generale
non gli ofre politiche di sostegno, a parte il
congedo di maternità. “A diferenza del Ca-
nada e di numerosi paesi europei, che inco-
raggiano la fertilità con generose politiche
a sostegno della famiglia e facilitano l’equi-
librio tra lavoro e famiglia, il governo cinese
non fornisce più servizi di welfare come i
sussidi per gli asili nido o le scuole materne
pubbliche”, spiega Qian. “Non è sorpren-
dente, quindi, che i tassi di occupazione e i
salari delle madri riescono sempre meno a
tenere il passo di quelli dei padri”.
Intanto in Cina la natalità è in calo. Il
tasso di fecondità è sceso da 1,295 nascite
per donna nel 2016 a 1,243 nel 2017. E a otto-
bre la China population association ha an-
nunciato che nel 2019 il tasso di natalità
scenderà per il terzo anno di ila. u gim
 Berlino, Germania Commercio VENEZUELA

Le speranze
HANNIBAL HANScHkE (REUTERS/cONTRASTO)

La globalizzazione rallenta dei creditori

Dopo che Juan Guaidó, il leader
The Economist, Regno Unito dell’opposizione venezuelana, si
“Le tensioni commerciali esplose è dichiarato presidente ad inte-
rim del paese sudamericano,
negli ultimi due anni sono in realtà
molti creditori di caracas hanno
l’ultima evoluzione di un fenomeno ripreso a sperare che i loro soldi
che dura dalla crisi inanziaria globale non siano andati persi, scrive il
UNIONE EUROPEA del 2008”, scrive l’Economist. “È da Financial Times. Il Venezuela
Nuove crisi almeno dieci anni che gli ha dichiarato insolvenza su qua-
investimenti, gli scambi e i si tutti i suoi debiti nel 2017, la-
all’orizzonte inanziamenti internazionali sciando nell’incertezza i credi-
tori, tra cui il fondo d’investi-
“Nubi fosche si addensano rallentano. La globalizzazione
mento BlackRock e la banca
sull’economia della Germania”, sembra entrata in una fase di indolenza che potremmo d’afari Goldman Sachs. Ma do-
scrive Le Monde. “Dopo che chiamare slowbalisation”. Le ragioni di quest’evoluzione po la svolta impressa da Guaidó,
l’istituto di statistica tedesco ha sono molte: “Il costo di trasporto delle merci ha smesso di i titoli di stato e le obbligazioni
confermato il rallentamento del diminuire; le multinazionali non guadagnano più come del paese hanno ripreso a cre-
pil nel 2018, il governo di Berli- scere. per esempio, le obbliga-
prima e perdono terreno rispetto ai concorrenti locali; il
no si appresta ad abbassare le zioni dell’azienda petrolifera di
previsioni di crescita per il 2019.
cuore dell’economia si concentra ormai intorno ai servizi,
stato pdvsa erano scambiate al
Invece dell’1,8 per cento previ- beni che non possono essere esportati facilmente (si
14 per cento del loro valore no-
sto in precedenza, quest’anno possono produrre forbici per tagliare i capelli dappertutto, minale, il 29 gennaio erano sali-
l’economia nazionale dovrebbe ma questo non vale per i parrucchieri); le aziende cinesi te invece al 24 per cento.
crescere solo dell’1 per cento”. hanno meno bisogno di importare i macchinari con cui

LUIS ROBAyO (AFp/GETTy)

La correzione è resa necessaria producono i loro beni; molte aziende stanno riducendo gli
soprattutto dal timore che una
investimenti in paesi con alti rischi geopolitici”. Alcuni
Brexit senza accordo penalizzi
le esportazioni tedesche. Un ul-
dati confermano la tendenza in corso: “Nel 2018 gli
teriore fattore d’instabilità è il investimenti cinesi in Europa e negli Stati Uniti sono
rallentamento dell’economia ci- diminuiti del 73 per cento”. ◆
nese, un altro mercato fonda-
mentale per la Germania. I venti
di crisi non riguardano solo Ber- STATI UNITI ne, scrive la Reuters. Lo afer-
lino ma l’intera Europa, osserva ma uno studio realizzato, a un
Mediapart. Oltre alla Germa-
Il fallimento anno di distanza dall’entrata in Caracas, Venezuela
nia, si guarda con preoccupazio- di una riforma vigore della riforma, dalla Na-
ne ai problemi inanziari tional association of business
dell’Italia. “L’economia europea La riforma iscale con cui il pre- economics (Nabe). “L’84 per IN BREVE
sembrava ormai uscita dal crol- sidente degli Stati Uniti Donald cento delle aziende intervistate Grecia L’annuncio del premier
lo cominciato nel 2010, ma nuo- Trump (nella foto) ha introdotto dalla Nabe ha dichiarato di non Alexis Tsipras è stato netto: il sa-
ve minacce potrebbero farla ri- tagli alle tasse per 1.500 miliar- aver cambiato i propri piani lario minimo sarà aumentato
piombare nel caos. Al punto che di di dollari in dieci anni non ha d’investimento dopo la rifor- dell’11 per cento dal 1 febbraio
Mario Draghi, il presidente della avuto grandi efetti positivi su- ma”. Anche sull’occupazione arrivando a 650 euro al mese.
Banca centrale europea (Bce), si gli investimenti e l’occupazio- gli efetti sono stati scarsi: “Solo Ne beneiceranno seicentomila
è detto pronto a prolungare gli poco più di un terzo delle azien- lavoratori. Un’ulteriore tappa
interventi di politica monetaria de ha assunto nuove persone sarà l’abolizione del “sottosala-
straordinari adottati negli anni negli ultimi tre mesi del 2018”. rio”, cioè il salario ridotto che
scorsi”. Il rallentamento è evi- L’unico efetto certo della rifor- viene riconosciuto alle persone
dente: “La produzione indu- ma di Trump, osserva il New con meno di 25 anni. Anche a lo-
BRENDAN SMIALOwSkI (AFp/GETTy)

striale è in calo, come il settore York Times Magazine, “sono ro sarà garantito il salario mini-
dei servizi, e gli imprenditori i guadagni per i proprietari di mo. Atene ha deciso anche di
esprimono pessimismo sul futu- aziende e per i loro eredi, che aumentare il sussidio di disoc-
ro”. Il Fondo monetario interna- pagheranno meno tasse sulla cupazione, che passerà da 360 a
zionale ha ridotto le stime di successione. Trump ha reso più 500 euro. cresce anche l’inden-
crescita per l’eurozona nel 2019 ricchi i suoi amici, almeno per il nità speciale di maternità, da
dall’1,8 all’1,6 per cento. momento”. 586 a 650 euro.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 103

Strisce

ce l’hai ancora. Homs, Siria Ammar! i soldati del regime

Ricordo l’ultima volta stanno per arrivare!
certo. che l’abbiamo usata. Hai chiuso? mi sbrigo, ho lasciato
cos’è?
sì lo smoking che ho
la chiave della Dammi messo al matrimonio santo cielo,
nostra casa in Siria. la chiave, devo di mio fratello. sbrigati!
rientrare.

Ariha, Siria Amman, Giordania Ammar, cosa stai guardando?

Spero che il tassista non sia Tieni la chiave, torneremo presto.
alawita, o potrebbe portarci un messaggio dai nostri vicini
direttamente a un check point. a Homs. Ci hanno mandato un
video della nostra casa…

Aeroporto interna- New England, usa

zionale, giordania

(continua)

104 Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019

 L’oroscopo

Rob Brezsny
COMPITI PER TUTTI
Di quale tipo di gioia non sei ancora sazio?
Come potresti averne di più?

ACQUARIO inaspettate. Aprile: avventurati ol- venteranno visibili. Non farteli

Ecco il tuo oroscopo stile biscotti della fortuna per i tre la frontiera. Raccogli tesori ir- sfuggire. Giugno: fatti due doman-
raggiungibili. Ignora alcuni tabù. de. Cosa apprezzano gli altri in te?
prossimi cinque mesi. Febbraio: avvia una nuova
Maggio: sacriica una piccola co- Cosa puoi fare per renderlo ancora
tendenza che sarà al servizio dei tuoi nobili scopi per
modità per dare forza alle tue am- più apprezzabile?
molti anni. Marzo: la passione torna di moda con un solletico, bizioni. Giugno: schierati dalla
un brivido e un sibilo. Aprile: per allargare e approfondire le tue parte dei tuoi grandi ideali e delle SAGITTARIO
ricerche usa l’equivalente metaforico di un telescopio e di un tue sacre verità. Ecco il tuo oroscopo stile
microscopio. Maggio: è l’inizio della ine di quello di cui ami biscotti della fortuna per i
lamentarti. Evviva! Giugno: avrai molti buoni motivi per essere VERGINE prossimi cinque mesi. Febbraio:
contento del fatto che sei il segno meno normale dello zodiaco. Ecco il tuo oroscopo stile bi- avrai bisogno di fare qualche inno-
Celebra le tue peculiarità. scotti della fortuna per i cente gioco di prestigio. Preparati
prossimi cinque mesi. Febbraio: aumentando i tuoi poteri magici.
padroneggia lo zen della rabbia Marzo: assicurati che la grande
costruttiva. Convoglia lo sconten- svolta avvenga sul tuo terreno pre-
ARIETE sioni del migliore futuro possibile. to verso una santa causa. Marzo: ferito. Aprile: sii disposto ad anda-
Ecco il tuo oroscopo stile bi- Il potere delle profezie che si auto- riceverai un messaggio che aspetti re ovunque, a fare qualsiasi do-
scotti della fortuna per i avverano è più forte che mai. Mar- da molto tempo. Alleluia! Aprile: manda e, se necessario, a spingere
prossimi cinque mesi. Febbraio: zo: il rigore morale sarà cruciale rinnova le tue promesse più utili. le persone che consideri più im-
sarai chiamato a cambiare qualco- per il tuo successo, ma lo sarà an- Raggiungi un accordo più comple- portanti a essere all’altezza delle
sa nel tuo rapporto con gli obiettivi che il desiderio di una sacra avven- to. Maggio: evita che i tuoi pregiu- loro potenzialità. Maggio: se non
più importanti della tua vita. Sarà tura. Aprile: come puoi usare al dizi t’impediscano di divertirti. hai successo in qualcosa, cambia la
spaventoso ma divertente! Marzo: meglio la tua simpatia? Maggio: Giugno: fonda un’associazione, deinizione di successo. Giugno:
non perdere tempo a costringere smantella un vecchio sistema per un gruppo musicale o un’azienda. otterrai di più scendendo a com-
gli altri a liberarsi delle cose inutili. fare posto a un sistema nuovo e Oppure reinventa qualcosa che promessi che tirando dritto senza
Fallo tu. Aprile: i dolori della cre- scintillante. Giugno: la fortuna dei hai già. guardare in faccia nessuno.
scita ti faranno bene. Goditi quella principianti sarà dalla tua parte.
strana sensazione di allungamen- C’è qualcosa che ti spaventa ma al BILANCIA CAPRICORNO
to. Maggio: avrai l’occasione di mi- tempo stesso ti emoziona? Ecco il tuo oroscopo stile Ecco il tuo oroscopo stile bi-
gliorare la tua situazione inanzia- biscotti della fortuna per i scotti della fortuna per i
ria. Inventati qualcosa di nuovo. CANCRO prossimi cinque mesi. Febbraio: prossimi cinque mesi. Febbraio:
Giugno: costruisci due ponti solidi Ecco il tuo oroscopo stile preparati a vivere avventure senti- quando riconoscerai quanto devi
per ogni ponte traballante che bru- biscotti della fortuna per i mentali o erotiche diverse da quel- ancora imparare, comincerà una
ci. Crea due collegamenti vitali per prossimi cinque mesi. Febbraio: il le del passato. Marzo: dovrai af- nuova fase della tua formazione.
ogni collegamento obsoleto che ti tuo magnetismo sensuale e la tua frontare problemi interessanti e Marzo: avvia discussioni diploma-
lasci alle spalle. limpidezza spirituale saranno al produttivi. Accoglili con gioia! tiche sulle cose di cui non si parla
culmine. Marzo: hai voglia di Aprile: sei in grado di sperimenta- mai. Aprile: rivedi le tue idee sulla
TORO ghiaccio bollente? Di meraviglie re qualcosa di interessante ma pie- casa dei tuoi sogni. Maggio: trova
Ecco il tuo oroscopo stile bi- concrete? Di stranezze accoglien- no di incertezze rimanendo con i una cura per il tuo più antico mal
scotti della fortuna per i ti? Saranno a portata di mano. piedi per terra? Sì! Maggio: se non d’amore. Se lo farai, per te comin-
prossimi cinque mesi. Febbraio: Aprile: getta i semi del successo nasconderai le tue debolezze po- cerà una nuova età dell’oro. Giu-
avrai accesso a una magia un po’ più interessante che riesci a conce- trai aumentare la tua forza. Gli al- gno: chiedi a un abile alleato di
gofa che ti sarà utile se non te ne pire. Immaginare ciò che è possibi- tri si ideranno di te se saprai mo- aiutarti a trovare una soluzione
lamenterai. Marzo: per aumentare le non soddisferà solo il tuo senso strarti vulnerabile. Per avere suc- parziale a un problema complesso.
il tuo prestigio e la tua inluenza, del dovere, ma accenderà la tua cesso dovrai esprimere serena-
dovrai innanzitutto volerlo davve- fantasia. Maggio: è tempo di sca- mente emozioni profonde. Giu- PESCI
ro. A quel punto l’universo ti sarà denze. Sii deciso e diretto come un gno: avrai a disposizione più jolly e Ecco il tuo oroscopo stile bi-
amico. Aprile: sei pronto a liberarti Ariete, ardito come un Sagittario, scappatoie del solito. Approittane. scotti della fortuna per i
delle cose irrilevanti del passato? metodico come un Capricorno. prossimi cinque mesi. Febbraio:
Sì! Maggio: se sei disposto a usarlo Giugno: potrai avanzare nel ventre SCORPIONE avrai la capacità di esprimerti e
per il bene comune, potrai avere caldo di un oceano di emozioni, Ecco il tuo oroscopo stile presentarti meglio. Il tuo io inte-
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

quasi tutto quello che vuoi. Giu- ma stai attento alla risacca. biscotti della fortuna per i riore ed esteriore saranno più uni-
internazionale.it/oroscopo

gno: sii rigoroso, ma senza fanati-
smi. Punta all’eccellenza senza
impantanarti nella controprodu-
cente ricerca della perfezione.
GEMELLI
Ecco il tuo oroscopo stile bi-
scotti della fortuna per i
prossimi cinque mesi. Febbraio:
non lasciarti sfuggire le nitide vi-
LEONE
Ecco il tuo oroscopo stile bi-
scotti della fortuna per i
prossimi cinque mesi. Febbraio: è
prevista un’amnistia generale per i
tuoi rapporti. Incoraggia tregue e
perdoni. Marzo: rinuncia alle tue
certezze su ciò che è possibile e ciò
che non lo è. Sii aperto a guarigioni
prossimi cinque mesi. Febbraio:
forse il mondo sarà inalmente
pronto a rispondere positivamente
al potere che hai accumulato. Mar-
zo: tutto quello che pensavi di sa-
pere sull’amore e sul piacere si ri-
velerà limitato. Preparati! Aprile: a
piccole dosi estremismo e osses-
sione potranno essere utili. Mag-
gio: mezzi di sostegno invisibili di-
ti. Marzo: scoprirai due modi nuo-
vi di entusiasmarti. Aprile: abbi il
coraggio di assumerti un impegno
gravoso che ti darà più libertà.
Maggio: metti a punto un piano
per ridurre la tua ignoranza nel
campo in cui hai più carenze. Giu-
gno: il tuo corpo è pronto a rive-
larti segreti che la tua mente non
conosce. Ascoltalo.

Internazionale 1292 | 1 febbraio 2019 105

 L’ultima
MArIAN KAMeNSKy, AuStrIA

Venezuela.

BANX, fINANCIAl tIMeS

“È troppo tardi per riaprire le trattative con l’iceberg?”.
PIrAro, StAtI uNItI

“Propongo un canale di sole notizie fatto con i cartoni animati,

personaggi super sexy e nessuna notizia vera”.
MIX & reMIX, SVIZZerA

lIANA fINCK

Contro l’immigrazione si costruiscono muri ovunque. Dio si ritrova tutte le preghiere degli esseri umani
“Attenzione, questo muro può nasconderne un altro”. nella cartella dello spam.

Le regole Fidanzato meridionale

1 Puoi vantarti in giro di avere il idanzato terrone, basta che lui non ti senta. 2 Preparati al beneit
principale della tua relazione: il pacco da giù di sua madre. 3 Che tu sia uomo o donna, lui ti regalerà
comunque dei gioielli. 4 Per non farlo arrabbiare non parlare male del sud, non parlare bene del sud
e, in generale, non parlare del sud. 5 Se vuoi visitare la sua regione comprati una guida: lui conosce
molto meglio Milano. regole@internazionale.it

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