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Come la madre ne La Romana oggettivizza la figlia, considerandola come uno strumento, la madre di

Dino pensa di possedere il suo affetto col denaro. Il suo studio viene descritto come «una specie di
tempio per una religione»53; la cassaforte è custodita nel bagno54 (particolare che ricorda la cassaforte
dei genitori di Luca ne La disubbidienza custodita in camera da letto) e le operazioni per aprirla sono
paragonate ai «riti di una religione»55. Tra і suoi ricordi di fanciullo, Dino ricorda una madre dai modi
affettuosi56 e il desiderio che aveva provato in diverse occasioni di volersi gettare nelle sue braccia per
essere consolato:

E allora un ricordo mi affiorò alla memoria: me stesso bambino di cinque anni, con un ginocchio
insanguinato, mentre risalivo, singhiozzando disperatamente […], e correvo incontro a mia madre nelle
cui braccia mi gettavo con impeto; e mia madre che, chinandosi sopra di me, mi diceva con la sua brutta
voce di cornacchia: “Aspetta, non piangere, fa’ vedere, non piangere, non lo sai che gli uomini non
piangono”?57.

Anche a distanza di tempo Dino sente riaffiorare dentro di sé lo stesso sentimento che aveva provato
quando era bambino: «Guardai mia madre e mi parve per la prima volta dopo tanto tempo di provare
dell’affetto per lei»58. Cosicché vorrebbe gettarsi tra le sue braccia con la speranza che possa consolarlo
di aver smesso di dipingere proprio come lo aveva consolato del ginocchio ferito. Si compie in tal modo
l’effimero successo di una madre, maschera dell’aridità emotiva, dell’egoismo e dell’ipocrisia

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