Vox populi?
Qualche volta ho sentito favoleggiare di vicende in cui un'amicizia si tramuta in amore. Uno o due
volte mi hanno pure narrato di storie d'amore che - viceversa - finiscono e, senza soluzione di
continuità, si trasformano in buone amicizie. Tutto ciò farebbe pensare che questi sentimenti siano
vicinissimi tra loro, tanto da essere quasi l'uno l'anticamera dell'altro. Ma io, anche se so che
sarebbe consolatorio crederci, a questo non voglio arrendermi, perché so che non è vero, né è
possibile. Crederci è una resa della ragione. E provo a spiegarlo partendo dall'inizio: cosa sono per
me amicizia e amore.
L'amicizia, senso di appartenenza
I sentimenti sono forme di "coscienza", quasi mai di "consapevolezza". Intendo dire i "propri"
sentimenti. Si sa di esserne preda, di subirli, ma quasi mai se ne ha consapevolezza mentre ciò
avviene. Non parlerò quindi di miei sentimenti, perché - come chiunque di voi - non sarei
attendibile; proverò a generalizzare, con tutto quello che questo comporta in costi di imprecisione.
L'amicizia per me nasce quando due persone si accorgono di un forte vincolo di appartenenza.
Intendo dire che, seppur in un ambito circoscritto ma per loro rilevante, le due persone si
accorgono di essere profondamente uguali. Ad es. due persone che hanno fatto della politica una
loro ragione di vita possono essere anche diversissime tra loro, ma se scoprono di militare nello
stesso partito allora possono diventare amici per la pelle. Lo stesso non accadrebbe se invece
avessero scoperto di fare il tifo per la stessa squadra, perché per loro lo sport - al contrario della
politica - non è una passione vitale. Ma altre due persone, per le quali invece il calcio è una ragione
di vita, scoprire di tifare per la stessa squadra è ragione sufficiente per diventare quasi come fratelli.
Per instaurare un'amicizia a mio avviso serve solo questo. E questo basta anche per portarla avanti a
lungo. Occorre solo un orticello comune, anche piccolo purché fertile, su cui piantare la pianta e
poterla coltivare. Poi magari, una volta instaurato e temprato il legame, gli amici cominceranno a
contagiarsi reciproche passioni, per cui l'orticello iniziale diventa un terreno ed anche un latifondo.
L'uno che, ad es., amava solo la disco-music viene iniziato dall'altro all'ascolto della musica
classica; l'altro da parte sua, a forza di trascinarlo con sé, magari finisce per "ricambiare"
contagiandogli il vizio del gioco. E così le passioni comuni aumentano e l'amicizia si rafforza. Ma
questa crescita - voglio ribadirlo - è solo un eventualità per nulla necessaria.
Due amici, a mio parere, non hanno nemmeno bisogno di andare per forza d'accordo. Se
avviene è bellissimo, ma anche ciò non è necessario: due amici, purché si rispettino, possono anche
beccarsi spesso.
L'amicizia - non sembri strano - ha bisogno veramente di poco, ma questo poco però è
imprescindibile: al fine di far scoccare un'amicizia ad esempio, poco o nulla vale andare d'accordo
con qualcuno, se oltre questo non viene fuori almeno un vero vincolo di appartenenza. Quante volte
ci capita di trovarci perfettamente d'accordo con persone che frequentiamo di tanto in tanto, eppure
questo non ci fa desiderare di incontrarle più spesso! Non è sufficiente questo a dimostrare quanto
dico?
Ora, se l'amicizia è una categoria dell'appartenenza voglio dimostrare che l'amore non lo è per certo.
L'amore, invece, senso di mancanza
Parlo d'amore e intendo far riferimento a quello che ho definito di Lancillotto o di Armida, l'amore
con la "A" maiuscola, l'amore elevato, quello cioè in cui ha una parte importante l'oggetto d'amore.
Intendo dimostrare che l'Amore non è una categoria dell'appartenenza. Affermo questo con una
certa sicurezza, e per motivarlo provo ad isolare, quasi come un'analista al microscopio, il sintomo
con il quale ci si accorge di essere innamorati.
Per amore di chiarezza ricorrerò ad un esempio. Lei è innamorata di lui, ma non lo sa ancora, o
meglio, lo sospetta ma non ne è certa. Magari il suo è più di un sospetto, ma vuole essere sicura di
quel che prova.
Loro continuano a frequentarsi a lungo, e tutto scorre senza sussulti. A guardarli da fuori sembra
solo amicizia, finché una sera come tante lui la riaccompagna a casa. Lei scende dalla macchina,
"ciao…" dice lui, "…ciao…" risponde lei e scompare dietro il battente del portone. Non si vedranno
per qualche giorno, ma non è come le altre volte: lei non farà altro che pensare a lui. Tutto il tempo
in cui la mente non è assorbita da pensieri e faccende, le accadrà di pensare solo a lui. E non
saranno pensieri gioiosi, come di chi - chessò - ricorda le belle ore trascorse insieme; no, saranno
pensieri ansiosi, inquieti. "Vorrei che passassero questi giorni" - arriverà a desiderare, e capirà di
soffrire per l'assenza di lui. E allora vorrà telefonargli, magari andare lì a vedere cosa fa, con chi è.
E se non avrà troppo orgoglio lo farà pure; se invece non avrà la forza finirà per trovare una scusa
con cui chiamargli, magari mettendo giù la cornetta appena lui risponde e poi sussurrare tra sé: "che
sciocca..."
Non credo di aver esagerato, anzi, credo di aver tratteggiato una situazione arcinota, diffusa, quasi
paradigmatica - e da questa perciò è lecito ricavare conclusioni generali: l'amore si manifesta a noi
in maniera mille volte più intensa dell'amicizia, con una forza tale da renderci incerti di ogni passo,
fragili, completamente all'opposto rispetto al senso di sicurezza che ci dà l'amicizia. Non solo: a
differenza dell'amicizia, l'amore manifesta la sua forza su di noi NON quando l'oggetto del nostro
sentimento è sotto i nostri occhi, NON quando ci "appartiene", ma piuttosto quando con sconforto
ci è lontano o - addirittura - quando ci viene a mancare.
E questo basta per concludere che l'Amore si rivela a noi come senso disperato di mancanza.
Ben lungi quindi dall'amicizia, che è senso di appartenenza, anzi proprio al suo opposto, l'amore si
manifesta come coscienza di non- appartenenza.
Quella è la sua realtà intima, e quello è il suo nocciolo vitale. Tutto il resto, l'attrazione fisica, gli
spasimi della gelosia, l'ansia del possesso sono nient'altro che orpelli di quel sentimento, quasi come
gli strati di corteccia che si sovrappongono via via sul tronco di un albero: ci sono, ma non sono
tanto importanti per l'albero quanto le parti interne nelle quali scorre la linfa.
Prova inconfutabile di ciò il fatto che l'Amore vive se, al pari di un albero con la sua linfa, è irrorato
da tale sentimento. Anzi, l'Amore più alto, quello di categoria "A" per intenderci, si confonde quasi
interamente con questo oscuro sentimento di disperato bisogno, al punto che chi ama con l'intensità
di Lancillotto è inquieto persino quando l'oggetto del suo amore è lì con lui, e lo abbraccia e gli
sussurra che non lo lascerà mai.