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Con l'inizio del XX secolo rinasce una certa curiosità per questa arte teatrale che
ormai era definitivamente scomparsa; molti critici si occuparono della Commedia
dell'Arte, da Konstantin Miklaševskij ad Allardyce Nicoll, da Silvio D'Amico a
Benedetto Croce.
Anche alcuni registi teatrali tentarono l'impresa di rimettere in scena il teatro
delle maschere, ma il vero problema era trovare degli attori veramente capaci di
esprimere le passioni col corpo, perché nascosti dalla fissità della maschera.
Fra i registi che riuscirono nell'intento citiamo i due più famosi: Max Reinhardt e
Giorgio Strehler; ambedue scelsero la stessa opera cioè Il servitore di due padroni
di Goldoni per rimettere in scena Arlecchino (Strehler cambiò il nome della
commedia in Arlecchino servitore di due padroni).
Questa commedia goldoniana era stata scritta per evidenziare la presenza scenica di
Antonio Sacco che è il vero e proprio mattatore di tutta la vicenda, una commedia
costruita ad hoc per un grande Arlecchino.
Nonostante le difficoltà nel reperire attori all'altezza del ruolo, Reinhardt trovò
in Hermann Thimig un grande Arlecchino e Strehler in Marcello Moretti, Ferruccio
Soleri ed Enrico Bonavera, oppure gli internazionali di scuola veneta Titino
Carrara e Gian Andrea Scarello, attori che hanno replicato per anni questa
messinscena passandosi il testimone di Arlecchino come facevano anticamente i
comici del Seicento. Per quanto riguarda il teatro contemporaneo, sono molti gli
attori e i registi che a tutt'oggi riportano sulle scene la Commedia dell'Arte e la
Maschera di Arlecchino. Tra questi va segnalata Claudia Contin Arlecchino, che
interpreta da più di trent'anni questo impegnativo ruolo maschile, dopo averne
costruito un linguaggio gestuale completo e preciso studiando a fondo tutti gli
illustri predecessori. Proprio a testimonianza di questo debito di filiazione, con
una scelta tipica delle tradizioni orientali, ha aggiunto il nome Arlecchino al
proprio stato anagrafico.[6]