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Bologna.

C'è qualcosa che non torna


nei conti della Saub: ammanchi,
soldi che finiscono nelle tasche sbagliate.
Uno scandalo che qualcuno vorrebbe soffocare.
E c'è un ragazzo assassinato,
Luca Pomelli Parmeggiani,il figlio
di un barone della medicina.
Sarti Antonio annaspa in un'indagine difficile,
dagli esiti tutt'altro che chiari. Con lui,
i partner di sempre: Felice Cantoni
e l'infaticabile auto 28. Ma a indagare
questa volta c'è anche un altro poliziotto,
uno che ci vede benissimo, anche perché sa
esattamente dove cercare: è Poli Ugo,
l'archivista zoppo della Questura. L'indagine
è un continuo capovolgimento di fronte
e Bologna si svela più lercia che mai,
fino alla conclusione che inchioda i colpevoli
alle loro responsabilità. Anche se nessuno
s'illude che sia per sempre. Il caso infatti si apre
a mille soluzioni possibili.
Finalmente la riedizione del romanzo-chiave
di Loriano Macchiavelli, il testo che vede
insieme i suoi due personaggi più famosi:
Sarti Antonio e Poli Ugo, due questurini
animati dallo stesso spirito di giustizia,
combattivi e risoluti come pochi.
Corredano il volume le illustrazioni
che Magnus realizzò appositamente
per la prima pubblicazione.
LORIANO MACCHIAVELLI

Altri titoli pubblicati


Sarti Antonio
Il giardino delle delizie Giacinta Caruso
E i morti non sanno Gaia Servadio
e il malato immaginario
Resurrectum Gianfranco Nerozzi
Il buio sotto la candela Giampaolo Simi
La porta degli innocenti Valter Binaghi
ILLUSTRAZIONI DI M a g n u s
Catenaccio Gianfrancesco Turano
Il triangolo di Rembrandt Giacinta Caruso
Fuoco grande Valentina Gebbia

Dario Flaccovio Editore


LORIANO MACCHIAVELLI
SARTI A N T O N I O E IL MALATO IMMAGINARIO
ISBN-10: 88-7758-699-0
ISBN-13: 978-88-7758-699-5

© 2006 by Dario Flaccovio Editore s.r.l. - tel. 091202533 - fax 091227702


www. darioflaccovio. it info @darioflaccovio. it

Prima ristampa: novembre 2 0 0 6

Macchiavelli, Loriano <1934>

Sarti Antonio e il malato immaginario / Loriano Macchiavelli ; illustrazioni di Magnus.


Sarti Antonio
Palermo : D. Flaccovio, 2006.
ISBN 88-7758-699-0.
I. Magnus.
e il malato immaginario
853.914 CDD-21 SBN Pal0204567

CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana "Alberto Bombace"


La solita overdose
ce di mandare attorno, nelle ore più calde, il fresco del suo
verde estivo.
A causa del muro alto e a causa della via angusta, il sole non
riesce a filtrare fra le colonne del porticato, troppo basso, e non
c'è momento della giornata durante il quale il caldo si faccia sen-
tire insopportabile.
Vi dico, un sogno. Bene: passate ora per via Santa Caterina e
ditemi se la riconoscete. Ci trovate le gru, le palizzate che tappa-
no i portici, i ponteggi tubolari che nascondono le facciate anti-
che decorate da persiane tappezzate con stoffe variopinte. E ci
trovate muratori incazzati. La strada è un cantiere e i passanti,
gli ultimi, non riescono a rimanere sotto i portici; le vecchiette
hanno rinunciato a sedere, la sera, al fresco e la maggior parte
degli abitanti è stata provvisoriamente sistemata in appartamen-
ti-parcheggio e c'è chi scommette che non rimetteranno mai più
Santa Caterina era, fino a qualche anno fa, una delle ultime vec- piede nella Santa Caterina di loro gioventù.
chie strade godibili della vecchia Bologna. Cos'è accaduto? Semplice: recupero e conservazione del
Prima di tutto perché l'assessore preposto aveva vietato il Centro Storico. Centro Storico di cosa se la città è tutt'un falso?
traffico veicolare chiudendone gli ingressi, alle due estremità, Neppure la facciata del palazzo comunale... Le teorie stanno
con grossi paracarri in arenaria. E senza neppure sentire il pare- bene sulla carta, ma appena le palizzate cadono sul ristrutturato
re del signor Sindaco. Così la stretta via, pavimentata in ciottoli e conservato, appena i ponteggi sono smontati e le centraline di
betonaggio spostate a monte, lungo la stessa via, ecco che vengo-
levigati e rotondi, con il basso portico da un solo lato, era diven-
no alla luce facciate nuove e strutture in cemento armato che si
tato luogo d'incontro fra abitanti e un brano di città vivibile.
intravedono sotto gli intonaci dai colori vivaci che di locale non
La sera i portici si animavano di vecchiette sedute a conversare
hanno neppure il nome; porticati con pavimenti «alla veneziana»
di inutilità per dimenticare i prezzi della spesa; gli uomini si ferma-
finti come oro falso perché oggi non c'è pavimentatore in grado
vano, prima di arrivare all'osteria, a scambiare quattro battute vol-
di imitare appena decentemente quelli di un tempo; pilastri
gari e grasse con chi sedeva davanti alle porte di casa a godere il
squadrati e troppo freddi per ridare calore al portico rifatto di
fresco. E le risate si perdevano fra le irregolari arcate dei portici.
sana pianta. E la gente, stupita, guarda e non riconosce. Eppure
Dall'altro lato della via c'era un unico, lungo e antico muro,
i pensionati erano soddisfatti dell'appartamento di loro gioventù;
alto e scrostato, interrotto da qualche porticina in legno vecchio
ora si trovano in un ambiente che non è familiare. I giovani
e sbiadito, sempre chiusa dall'interno e che nessuno ricorda di
hanno imparato ad amare gli odori di umidità degli androni bui
aver veduto neppure socchiudersi.
e non riconoscono i profumi di calce fresca e di tinta lavabile.
Dalla sommità del muro spuntavano, qua e là, i rami di gran-
di alberi a segnalare un giardino che si distendeva vasto e capa- Ora gli appartamenti del Centro Storico si vendono a due

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milioni al metro quadrato e Rosas, il talpone che in Santa more, pensa, discute e litiga con Sarti Antonio, sergente. Il tutto,
Caterina ha la sua tana, non può permettersi neppure un cesso seduto sul lettino d'angolo o appoggiato al piano del tavolo.
che gli costerebbe sui venti milioni. Così bestemmia, ma è in E qui, attraverso la grata della finestra che mette sotto il por-
malafede; chiacchiera e chiacchiera perché non sa dove andrà a tico, tiene i contatti con gli altri abitanti della via. Nella stanza
fissare la sua propria dimora. E ce l'ha su con le Autorità che lo ammassa i più incredibili oggetti: libri, residuati di biciclette,
costringono a sgomberare la tana, tempo due mesi! Dove troverà giornali, proiettori cinematografici in sedici millimetri...
un buco nel quale recuperare le fatiche degli studi universitari? Togliergli la tana è spogliarlo in pieno inverno e mandarlo a spas-
Il cantiere-risanamento si avvicina paurosamente alla dimora so per Piazza Maggiore. Non lo sopporta. E si dispera. Poi, metà
di Rosas e i due mesi sono ormai settimane, poi saranno giorni della vita che gli hanno consentito fino ad oggi, l'ha passata nella
e alla fine arriveranno i vigili urbani con l'ordine di sgombero tana. Come si fa a dire a un disgraziato come Rosas: "Tempo due
immediato. mesi e te ne devi andare"? Che modi democratici sono?
Sarti Antonio, sergente, non ha soluzioni da proporre al tal- Una volta tanto è Sarti Antonio che può essere di aiuto al tal-
pone miope. Ha solo chiacchiere. pone e la cosa dà un senso di soddisfazione al questurino. Ma
«Mi darò da fare per trovarti un appartamento. E sarà più anche lo impegna a fondo nella ricerca di una soluzione perché
decente di questo buco». non può permettersi di deluderlo. Con che animo potrebbe tor-
«Balle! In questa città non esistono appartamenti da affittare nare da lui a cercare un suggerimento?
e, quando esistono, non sono alla mia portata. Qui dove sono «Se ti dico di andare tranquillo...». Lo interrompe Felice
ora, bene o male, me la cavo e il canone di affitto, se non pro- Cantoni, agente, che spalanca la porta della tana; ha il fiato gros-
prio equo, è accessibile a un diseredato come me». so, e grida:
«Non ti butteranno sotto il portico, vai tranquillo. Ci sono «Antonio, c'è un morto! Dobbiamo recarci immediatamente
appartamenti-parcheggio messi a disposizione dal comune per in via Saragozza. Siamo l'auto più vicina e la centrale... Ho
gli occupanti degli appartamenti da risanare. Poi, a lavori ulti- dovuto correre da via Frassinago fin qui. Avevi detto che ti sare-
mati, ti ridaranno la tana più bella e igienica. Vai tranquillo». sti trattenuto un paio di minuti».
«Vado tranquillo? E come posso? Se non lo sai, il sottoscrit- I due questurini raggiungono di corsa l'auto ventotto, par-
to non ha diritto all'appartamento-parcheggio perché, a quanto cheggiata in Frassinago. Felice Cantoni, agente, appena è sedu-
ha stabilito l'ufficio tecnico del comune, quello che occupo io to al volante, subito si trova a suo agio e può completare le infor-
non è da considerarsi alloggio. Pare che fosse un seminterrato mazioni.
adibito a cantina e in seguito adattato alla meglio dal proprieta- «La centrale comunica che è stato trovato un giovane morto,
rio per affittarlo a un diseredato come me». Si guarda attorno e nel suo appartamento di via Saragozza, qui, a due passi...
gli occhi miopi, sotto le lenti, si riempiono di tristezza. Antonio, avevi assicurato che saresti rimasto da Rosas il tempo
Ecco che tutti, prima o poi, mostrano il lato debole. Rosas, di un caffè; ne hai bevuti almeno dieci, immagino».
che sembrava inattaccabile, si dispera e va in tilt appena gli «Ho perso tempo a consolarlo...».
minacciano la tana dove ha costruito il suo vivere: qui è il suo «Consolare Rosas? E quando mai...».
punto di riferimento, prepara gli esami universitari, mangia, fa l'a- «Lo hanno cacciato di casa e ci sta facendo una malattia».

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«E si preoccupa di così poco? Quello, il talpone, metterà la comoda, pure lei in pietra arenaria, dà il tono definitivo al com-
tenda a casa tua, Antonio, credi a me». Felice Cantoni, agente, plesso. Le ultime due rampe, quelle che portano solamente
ci fa sopra una risata e porta la ventotto con la disinvoltura di all'uscio dell'altana, sono strette e soffocate e conducevano, una
un pilota di formula uno. volta, agli appartamenti della servitù, nel sottotetto.
«A casa mia? Tu sei matto. Tu sei proprio matto, Felice. Mentre sale, la donna piange e Sarti Antonio le sta dietro a
Neppure se lo vedo dormire sotto un ponte... Quello fa solo fatica mentre Felice Cantoni, agente, sbuffa e si lascia distanzia-
casino e ha la casa piena di pulciosi barboni puzzolenti». re di una rampa. Ma solo perché non gli piace arrivare fra i
«Mi ci gioco il mese, Antonio: Rosas finirà in casa tua». primi sulla scena di un delitto.
Davanti al monumentale portone di via Saragozza, trovano Il giovane di cui trattasi è sdraiato sul divano ed ha il viso
una donna grassa e alta, abito nero e fazzoletto sul capo. stravolto: gli occhi spalancati, la bocca socchiusa e un segno di
Nella destra tiene la scopa e ha la sinistra posata sulla guan- bava scende sul mento fino al collo. Le mani sono rattrappite a
cia. Gli occhi sono pieni di lacrime; ci sono pure due idraulici stringere la stoffa del divano e il corpo è coperto da un paio di
che tentano di consolarla. Dall'altro lato della strada, sotto il mutandine azzurre; gli abiti sono gettati sul pavimento.
portico, la gente passa, dà un'occhiata indifferente alle persone Sarti Antonio, sergente, lo guarda il minimo indispensabile
davanti al portone e segue il proprio destino. per poter poi ricordare la posizione, e si dedica al resto dell'abi-
È un bel palazzo antico, con la facciata in arenaria e ampie e tazione: un saloncino ordinato e in penombra, completato da
altissime finestre al piano terreno, protette da inferriate in tutte le cose che rendono confortevole un appartamento. Una
metallo battuto. Il portale d'ingresso è completato da due parete è occupata dalla scaletta in legno che porta al piano supe-
colonne, pure in arenaria, che sostengono le mensole grigie di riore. Poi ci sono mobili pieni di bottiglie e bottiglie di liquore.
un balcone dal parapetto modellato nella pietra. Un vecchio Sotto la scaletta in legno è ricavata una cucina minima.
palazzo nobiliare, un tempo abitato dal signorotto di turno. Ora Si sale ad uno studio posto esattamente sopra il saloncino e
è, come gli altri della città, adibito a uffici. Gli eredi del signo- ancora su, in una stanza da letto dove si trova anche una mini-
rotto, di solito, si riservano un intero piano. Quasi sempre l'ul- doccia con gabinetto. Tre vani su tre piani e siamo alla fine del-
timo, il più tranquillo. l'altana: una torretta che spunta dai tetti e che ha le finestre a
Oltre il portone, in fondo al lungo corridoio, inizia un parco sud, verso le colline e a nord sui tetti sconclusionati della città
che, se non ho fatto male i conti, si stende fino ai viali di circon- vecchia.
vallazione, oltre i quali la collina prende a salire, verde d'alberi, Di affitto costerà certo più di quattro appartamenti come
fino alla cima dove Villa Spada, maestosa e con la classica fac- quello di Sarti Antonio, sergente.
ciata rifatta, domina la città e conclude il panorama. Un postici- Per conoscere ciò che è accaduto e possibilmente come, il
no tranquillo, quindi, che andrebbe bene sia allo sfrattato Rosas questurino torna al donnone in nero.
che al questurino Sarti Antonio, sergente. «Cos'è accaduto, lei dice? È accaduto che sono salita per le
Dopo novanta gradini si arriva all'altana con cadavere e la pulizie del lunedì... Luca lo sa e mi lascia l'appartamento libe-
donna grassa dimena il culone, salendoli, davanti a Sarti ro. Sono salita e l'ho veduto sul divano. Subito mi sono accorta
Antonio, sergente, e sbuffa d'asma. La scala, ampia e decorata e che non era normale... Lo ha veduto, signor agente? Ha vedu-

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to il suo viso? Era un bellissimo ragazzo e ora...». Ricomincia a mo e poi torna alla porta. In tanti anni di carriera e con i nume-
piangere e il corpo le trema come se fosse di gelatina. rosi morti che gli sono passati davanti, ancora non si è abituato.
«Allora?». Dice:
«Ho provato a chiamarlo. "Luca, Luca stai male? Che ti è «Hai dell'occhio, Antonio. Che facciamo ora?».
accaduto?". Ma Luca non mi ha risposto e allora l'ho toccato. «Scendi alla ventotto e ti metti in contatto con la centrale: che
Freddo, signor agente, freddo come il ghiaccio». mandino quelli della narcotici e la scientifica».
Si soffia il naso e si asciuga le guance con uno straccio che Sulla patente c'è scritto: Pomelli Parmeggiani Luca, studente,
tiene infilato nella cintola; forse lo straccio per la polvere. via Bellinzona centosette. Ha ventuno anni. Aveva ventuno anni.
«È tutto?». Il donnone in nero annuisce. «E lei chi sarebbe?». Come nel saloncino, nel sottoscala-cucina Sarti Antonio trova
«Io sono la portiera del palazzo, ma faccio anche dei lavoret- ordine e pulizia. Non stoviglie sporche sul secchiaio, il conteni-
ti di servizio per i padroni e per Luca. Poi pulisco gli uffici... Sa, tore dei rifiuti è pulito e non fa cattivo odore, nel posacenere
per arrotondare. Con quello che costa oggi mantenere una figlia non ci sono tracce di sigaretta né di cenere...
agli studi. Se lei sapesse...». Ordine e pulizia nel salotto, ad eccezione degli abiti gettati
«Immagino, immagino». Non immagina, ma finge. sul pavimento e che proprio stonano. Negli scaffali sono allinea-
«Ora lei può scendere e se avrò bisogno, la raggiungerò». te bottiglie di whisky. Solamente whisky: inglese, irlandese,
«E lui?». Indica il morto. scozzese, americano e di chissà quale altra parte del mondo. A
«Che vuol fare? Per il momento lo lasciamo dove si trova». perderci tempo a cercare.
«Pensavo che sarebbe il caso di avvertire i familiari. La Sempre nel salotto c'è un impianto stereo e, a fianco del piat-
madre, poveretta...». to, un buon pacco di dischi. Normale per un giovane di ventu-
«Lo faremo, signora portinaia. Ora lei scenda e resti nei din- no anni.
torni». Nella stanza da letto, sopra lo studio incasinato e sconclusio-
La donna se ne va e Sarti Antonio, sergente, scuote il capo e, nato di un giovane, c'è una grande confusione: il letto è sfatto,
rivolto a Felice Cantoni, agente, che non si è mosso dalla porta, c'è polvere sui mobili e sporco nei pavimenti.
dice: Nello studio ci sono mobili pieni di libri: narrativa, saggisti-
«La solita overdose, Felice. Un altro di quelli che cercano la ca, medicina... E polvere e confusione.
morte con la droga». All'arrivo dei colleghi specializzati, Sarti Antonio scende al
«Come puoi dirlo alla prima occhiata? Da quando sei esper- piano terreno perché gli servono notizie più dettagliate per il
to in narcotici?». completamento del rapporto. Mentre scende le scale, gli passa
«Non fare lo spiritoso: avvicinati e guarda». Indica il braccio in mente il problema di Rosas e chissà che l'altana appena lascia-
sinistro del morto: un puntino scuro e, attorno, il viola caratte- ta libera dal Pomelli Parmeggiani Luca... Se l'affitto richiesto
ristico delle endovenose. Indica ancora, a terra, di fronte al diva- fosse onesto!
no, la siringa vuota. «Non ci vuole poi una gran testa». A consolare la donnona in nero c'è ora una ragazzina che
Felice Cantoni, agente, non è tagliato per certi spettacoli: parla sottovoce e tiene le mani sulle spalle della donna. È carina
preferisce una partita di calcio, magari alla tivù. Guarda il mini- e disponibile. Gli idraulici sono andati al lavoro.

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«Lei chi è?». La ragazzina indica, con un gesto del capo, la
portinaia e dice:
«Sua figlia».
«Eri qui quando...». La figlia nega con il capo e seguita a
parlare alla madre con tono sommesso e consolatorio.
«Cerca di calmarti: fra poco arriverà la madre di Luca e che
consolazione potrai darle se ti vedrà in questo stato?».
Le pulisce il viso dalle lacrime ed è un quadretto commovente.
«Devo fare alcune domande alla signora». La giovane lascia
spazio a Sarti Antonio, sergente. «Signora, ricorda a che ora il
Pomelli Parmeggiani è salito nel suo appartamento?». La porti-
naia nega con il capo e tira su dal naso. «Non ricorda o non lo
ha veduto?».
«Non l'ho veduto. Mica sto qui a contare quelli che entrano
ed escono».
«La portinaia è lei e io pensavo...».
«Pensava male. Il mio contratto prevede che io debba pulire
le scale e l'atrio, chiudere il portone alle dieci di sera e aprirlo
alle sette del mattino, dare informazioni a chi me ne chieda e
ritirare la posta degli abitanti del... ».
«Ho capito, ho capito. Non importa che mi reciti l'intero con-
tratto della categoria portinai. Qualcuno ha chiesto di salire dal
Pomelli, negli ultimi giorni?». La portinaia scarica sull'ultimo
arrivato la tensione accumulata nei pochi minuti della triste sco-
perta e Sarti Antonio, ultimo arrivato, la capisce e la sopporta.
«Se fosse capitato, glielo avrei detto senza aspettare che me lo
chiedesse lei, non trova? Sono particolari importanti e io lo so
bene, che leggo tutte le storie di omicidio. Ha veduto il cartel-
lo?». Indica verso il portone e continua, più aggressiva: «C'è
scritto che chi desidera informazioni sugli abitanti dello stabile,
può rivolgersi alla portineria. Significa che se uno entra sapen-
do dove andare, non è obbligato a fermarsi per chiedere a me.
Chi è salito da Luca sapeva bene dove trovarlo, non crede?».

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Una logica che non lascia spazio a commenti. Interviene la figlia
della portinaia ed ha più garbo e tatto della madre.
«Per cortesia la lasci stare: è sconvolta. Voleva molto bene a
Luca...».
«Come ti chiami?».
«Patrizia. Posso... Posso salire a vedere...». Sarti Antonio,
sergente, annuisce e la precede per le scale. Sulla porta dell'alta-
na, e prima di permettere a Patrizia l'ingresso, dice:
«Credi che... Secondo me sarebbe meglio che tu non lo
vedessi. Non è spettacolo. Non è spettacolo...».
«Era anche mio amico, sa?». Il questurino annuisce e si mette
da parte.
La ragazza resta nell'interno poco tempo ed esce piangendo.
Scende le scale di corsa, scossa dai singhiozzi, e va a conti-
nuare le lacrime sulla spalla di mamma portiera.
«Povero Luca. Perché lo ha fatto? Non gli mancava nulla.
Povero Luca». Ora è la volta della madre a consolare la figlia. A
turno.
«Povero ragazzo. Pensare che solo ieri sei salita da lui e gli hai
parlato... È un destino infame! Su, non piangere ora. Fatti
coraggio». La tiene stretta al petto e la copre tutta, come una
chioccia protegge i piccoli sotto le ali.
Patrizia si scuote, lascia il seno materno e si chiede:
«Che diremo alla madre?».
«Che vuoi che le diciamo? Che il suo Luca...». Neppure lei
regge e di nuovo piange.
Il questurino non ha esperienza in parole di conforto, ma ha
un mestiere da portare a buon fine. Mestiere di merda fin che si
vuole, ma che gli dà da mangiare. Con la massima educazione
cerca di concludere.
«Posso... Posso continuare? Ancora qualche domanda...».
Patrizia tira su con il naso e annuisce. «Vi preoccupate della
Oltre il portone, in fondo al lungo corridoio, inizia un parco...
un posticino tranquillo, quindi, che andrebbe bene sia allo sfrattato Rosas madre: mica era affidato a voi, il ragazzo».
che al questurino Sarti Antonio, sergente. La portinaia non gradisce.

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«Che c'entra? L'ho veduto crescere, quel povero giovane, se «Stava con te ed era... nudo?». Patrizia si arrabbia.
vuol saperlo! E la madre, ogni volta che la incontravo o mi «Ce l'ha con me?».
telefonava, mi chiedeva di tenere d'occhio il suo Luca, di riferir- «No, no, ma devo preparare un verbale e mi servono le indi-
le su cattive compagnie, se vuol saperlo! E mi è morto quasi fra cazioni più dettagliate e precise. Stabilire cos'è accaduto prima,
le braccia... Se avessi immaginato! E pensare che se fossi salita è della massima importanza, nel mio mestiere».
da lui prima, forse...». «Bel mestiere!».
«Non s'illuda, signora. Quel povero ragazzo è morto da «Faccio quel che posso». E Sarti Antonio, sergente, le resti-
almeno dieci, dodici ore e nessuno avrebbe potuto salvarlo». tuisce la cattiveria. «Allora, era nudo?».
Cambia argomento e si rivolge alla giovane. «Ho sentito che ieri «Stava in maglietta e... mutandine. Basta così? Abbiamo stu-
sei salita da lui». Patrizia annuisce. diato fino a mezzogiorno». Non intende sopportare oltre le
«Quando è stato esattamente?». balorde domande del questurino. Volta la schiena e si chiude in
«Ieri mattina verso le dieci». portineria e il questurino resta con la madre.
«Ieri mattina era domenica...». «Che ha sua figlia, signora?».
«E allora?». «Le sta a fare certe domande! Sono amici d'infanzia: tutto
«Pensavo che alle dieci di una domenica mattina, un giovane qui, se lo vuol sapere. E Luca è sempre stato un bravo ragazzo;
come Luca stesse ancora dormendo...». un ragazzo senza vizi e senza difetti».
«Ma l'aveva detto lui di salire a quell'ora. Mi aveva detto «Un vizio l'aveva, poveretto, e gli è costato la vita».
che...». Si rende conto che sono necessarie spiegazioni più det- Accenna con il capo all'interno della portineria. «Visto che
tagliate e ricomincia: «È per gli studi: lui è più avanti e quando Patrizia non vuole parlare con me, le chieda se ieri mattina ha
ho bisogno, mi aiuta. Avevo certe cose da chiedergli su una notato, mentre stava con Luca, gli strumenti... Le cose che ser-
interrogazione alla quale mi sto preparando e mi aveva detto che vono per drogarsi». La portinaia guarda il questurino e poi
domenica mattina avrei potuto... Alle dieci. È chiaro?». È chia- entra dalla figlia. Esce e dice:
rissimo. Sarti Antonio, sergente, annuisce e riprende: «Non ha veduto nulla! Luca non si era mai drogato, se vuol
«Sei salita. E come lo hai trovato?». saperlo!». Era proprio ciò che Sarti Antonio, sergente, voleva
«In che senso?». sapere. Lascia la donna e, andandosene, borbotta:
«Era preoccupato, sembrava... drogato, era allegro. Questo «Dicono sempre così. E poi crepano per una dose eccessiva
voglio dire. Come lo hai trovato?». o tagliata male». Se ne va anche perché gli manca il cuore di assi-
«Era... era disteso». Ora è Patrizia che inciampa nelle defini- stere alla scena di una madre, che arriverà fra poco, davanti al
zioni. «Nel senso che era allegro, come sempre e mi ha ricevuta corpo senza vita del figlio.
sorridendo. Aveva già preparato, sul tavolo, gli appunti che mi Per il sergente l'argomento è chiuso, l'indagine di sua compe-
servivano». tenza esaurita e l'auto ventotto tornerà ad assumere il ruolo con-
«Siete stati assieme fino...». sueto e ad essere il suo ufficio per i prossimi giorni.
«Fino a mezzogiorno. Poi mi disse che stava aspettando una
persona e così lo lasciai e Luca si vestì». Rosas è sdraiato su una panchina, a porta Saragozza, e si gode

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il sole. Sarti Antonio scende dalla ventotto, si fa posto sulla pan-
china gettando a terra i piedi del talpone che neppure apre gli
occhi. Siede. Il tepore del sole, in primavera, intorpidisce i
muscoli e impigrisce la mente e i due restano a lungo in silenzio.
Rosas chiede, senza aprire gli occhi sul mondo:
«Chi era?».
«Un tale. La solita dose mortale».
«Chi, questa volta?». Sarti Antonio, sergente, non controlla
gli appunti: ha una memoria prodigiosa. Dice:
«Luca Pomelli Parmeggiani, anni ventuno, studente, via Bel-
linzona centosette». Rosas apre gli occhi e guarda il questurino.
«Non dire cazzate! Luca non è il tipo e non si è mai bucato».
«E due. Lo conoscevi?».
«Terzo anno di medicina, famiglia ricchissima, generazioni e
generazioni di medici. Lo conosco e so che non si buca».
«Se lo dici tu». Sarti Antonio si alza e se ne va perché ha da
stendere un verbale. Gli resta la curiosità di conoscere i risulta-
ti delFautopsia, ma è certo della sua prima ipotesi sulle cause Un bel tipo di questurino
della morte. Anche se....
Si ferma prima di salire sulla ventotto e dice a voce bassa,
come ragionando fra sé:
«Anche se, a pensarci bene, nell'appartamento non ho vedu-
to il laccio emostatico, né il fornellino o un accendino per riscal-
dare. .. E neppure cucchiaino o carta stagnola, a pensarci bene».
Sale sulla ventotto con il dubbio di aver sbagliato. In tal caso il
proseguimento delle indagini resterebbe a suo carico e non pas-
serebbe, per competenza, alla narcotici.
Delitto? Di certo non morte naturale. L'idea gli procura un
brivido che, di solito, è preludio a un attacco di colite.
Rosas gli grida dietro:
«Se proprio Luca avesse avuto bisogno di una dose, se la
sarebbe fatta preparare in clinica. Di prima qualità e in giusta
misura, questurino!».

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to che non c'era chi lo volesse a mano. L'idea era che, così siste-
mato, lo Zoppo non dovesse rompere le scatole ai colleghi o ai
superiori. Ma, offeso e frustrato, lo Zoppo ha trovato il modo di
rendersi ancor più insopportabile, burocrate, pesante, taciturno
e offensivo.
Intanto si rifiuta di archiviare le pratiche se prima non le ha
controllate dalla prima all'ultima pagina. Non le accetta se buro-
craticamente incomplete e, quando siano complete, le registra e
le timbra commentando a voce alta gli errori di stile, di sintassi
e di grammatica. Le pratiche che riscontra carenti, le restituisce
agli uffici perché vengano regolarmente completate prima del-
l'archiviazione. È arrivato a restituire al signor Prefetto una pra-
tica perché, a fianco della firma del signor Prefetto stesso, man-
cava il timbro con il nome, cognome e qualifica del signor
Prefetto.
Fa di tutto per rimandare la consegna del rapporto e darebbe un Il fatto di leggere tutto ciò che gli passa sottomano lo mette
mese di stipendio per leggere, prima, il verbale della scientifica in condizioni di superiorità nei confronti dei colleghi, specie
e il rapporto del medico legale con i risultati dell'autopsia. Ma, perché lo Zoppo ha una grande disposizione alla sintesi che, se
per farlo, dovrebbe andare in archivio e chiedere allo Zoppo: utilizzata nel senso giusto, gli permetterebbe di essere utile agli
una situazione imbarazzante, un individuo insopportabile e sco- uffici di questura. Ma nessuno vuole a mano il Poli Ugo, vice
stante. In verità lo Zoppo si chiama Poli Ugo, la sua qualifica è ispettore aggiunto. E lui si vendica come può. Molti casi, archi-
di vice ispettore aggiunto, ma in questura nessuno ormai ricor- viati come irrisolti, hanno trovato la soluzione nella mente dello
da né il primo né la seconda. È diventato lo Zoppo. Zoppo, grazie ai collegamenti che costui ha potuto fare con altri
Ma quando non è a portata di voce. Parlargli, anche solo di verbali, anche di casi apparentemente non collegati fra di loro.
lavoro, significa sopportarne il sarcasmo pesante, la sua aria di Ma si è ben guardato dal comunicare agli interessati le sue sco-
superiorità e non badare alle offese. In caso contrario, si rischia perte.
di passare alle vie di fatto. E con lo Zoppo, munito di pesante Poli Ugo si vendica come può: archivia! Scrive una erre rossa
bastone in aiuto alla gamba destra massacrata, si rischia di pren- nell'angolo alto, a destra, sulle pratiche che ritiene di aver «risol-
derle perché non possiede un minimo di umanità. A colpi di to» e archivia! Ne ottiene un alleggerimento alle frustrazioni e
bastone ha reso invalido un giovane che gli aveva rubato la bici- un senso di superiorità.
cletta: fate voi! Mi sembra un bel quadretto.
Questo bell'elemento di questurino ha rifiutato più volte la A tutt'oggi non sono riuscito a scoprire in che modo Poli
pensione offertagli per l'invalidità contratta per cause di servizio Ugo, vice ispettore aggiunto, ci abbia rimesso la gamba destra:
e qualcuno ha pensato bene di relegarlo in archivio dal momen- dovrei frugare nel suo fascicolo personale, ma non mi sento una

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talpa. Credo di aver capito, nei brevi contatti che ho avuto con tagliata con stricnina. Un bell'affare!». E con ciò la sicurezza di
lui, che della sua attuale menomazione faccia colpa a qualcuno Rosas e di Patrizia va a farsi fottere. E Sarti Antonio, sergente,
che conta e non abbia ancora perdonato. Il suo modo di com- torna a sorridere. «Siedi un istante». Mai accaduto! Sarti
portarsi è certo una maniera di vendicarsi, ma si tratta di una Antonio, sergente, torna alla scrivania.
vendetta interiore, fine a se stessa e che non esce dalla mente «Leggi qua». Lo Zoppo porge altri fogli dattiloscritti, presi
dello Zoppo. Allora, che vendetta è? Ci vorrebbe un Freud e io dal cassetto della scrivania e lui si dedica a quelli consegnati da
non ne conosco. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è un indivi- Sarti Antonio.
duo interessante da seguire. Meno monotono di Sarti Antonio, È un avvenimento che va sfruttato e Sarti Antonio, sergente,
sergente, dietro il quale, chissà perché, sto ancora perdendo il non perde l'occasione: Poli Ugo gli ha messo in mano un riepi-
mio tempo. Ma non è detto che in seguito... logo, ben fatto, esauriente, su quanto la scientifica ha scoperto
L'ufficio di Poli Ugo è un ampio salone con una finestra ubi- nell'appartamento di Luca Pomelli Parmeggiani, morto per
cata talmente alta dal pavimento da non potercisi affacciare. droga. Il riepilogo ha punti di contatto con il rapporto di Sarti
Serve unicamente per un minimo di luce e per il ricambio d'a- Antonio, ma è più preciso e dettagliato. Per esempio: la siringa
ria. Un minimo, perché a tre metri dalla finestra, si alza un muro vuota, rinvenuta sul pavimento, vicino al divano, conteneva la
grigio d'intonaco. Sul pavimento e sui mobili ci sono pratiche in dose mortale; un'altra siringa, piena di acqua distillata e priva
attesa di archiviazione e sulla scrivania stanno un registro, altri dell'ago, è stata rinvenuta sul piano del mobile, di fronte al diva-
fascicoli e il manico ricurvo del bastone che serve da gamba di no, fra il piatto dello stereo e la pila dei dischi; sotto lo stesso
scorta allo Zoppo. Poi, un telefono, un contenitore per matite mobile è stato trovato il tappo a vite di una bottiglia di whisky
colorate, matite a sfera e un contenitore di timbri e tampone. Long John. Impronte digitali confuse si trovano un poco dap-
All'ingresso di Sarti Antonio, sergente, Poli Ugo non alza il pertutto e appartengono al giovane, alla portinaia e a Patrizia. Si
capo dalle pratiche. sono trovate anche impronte del padre e della madre di Luca e
«Salve. Dove lo metto?». Lo Zoppo fa un cenno vago con il altre non identificabili per mancanza di possibilità di confronto.
capo e con la destra. Non risponde. Sui bicchieri puliti e sistemati nel mobile bar, si sono trovate
Sarti Antonio posa sul tavolo la cartella con i fogli dattilo- impronte di Luca e della portinaia. I due bicchieri lavati e depo-
scritti e dice: sitati sul lavello sono privi di impronte. Come pure è privo di
«Da inserire nel fascicolo che contiene il resto della pratica». impronte il posacenere. A giudizio di Sarti Antonio, sergente, le
Se ne va e gli è andata bene. Ma, sulla soglia, la voce dello notizie appena apprese non modificano la situazione.
Zoppo lo ferma. «Ho letto. Allora?».
«Quale pratica? Che riguarda? Precisione, precisione!». «Allora niente. Mi faceva piacere che tu leggessi».
Sarti Antonio non è mai scortese per primo e non risponde: «Ti ringrazio, ma non mi pare che esistano differenze fra
«leggilo!», come gli sarebbe venuto alle labbra. Dice: quanto io stesso ho rilevato e gli appunti».
«Luca Pomelli Parmeggiani». Subito lo Zoppo allunga la «Ne sono contento». Lo dice con un tono che non soddisfa.
mano a raccattare i quattro fogli dattiloscritti. Dice: «Ne ero certo». Non ci sono dubbi: lo Zoppo sfotte. Per ciò
«Luca Pomelli Parmeggiani morto per una dose di eroina Sarti Antonio cerca un riscatto.

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«Tutto come ho stabilito io fin dalla prima occhiata, ad ecce- «E se avesse ragione?».
zione del tappo di bottiglia. Ma non significa molto: gli scaffali «Se avesse ragione per cosa?».
del salone sono pieni di bottiglie di whisky. Le impronte digita- «Che sa leggere negli indizi». Sarti Antonio, sergente, alza le
li della portinaia e di Patrizia? Normale: la prima fa le pulizie spalle e finisce di gustare il caffè: ora non gl'importa dello
nell'appartamento e la seconda va a prendere lezioni di non so Zoppo e non lo interessano le mie supposizioni. Paga ed esce
cosa. Normale». dal bar. Dice:
«Se lo dici tu. Ti saluto». Ma Sarti Antonio, sergente, ora vuol «Se credi che lo Zoppo valga più del sottoscritto, perché non
sapere cosa c'è sotto. ti ci metti dietro?». È un'idea che già mi era venuta e se il que-
«Non capisco dove vuoi arrivare. Proprio non capisco». sturino la prende su quel tono... «Perché non ti ci metti dietro?
«Non capisci? E te ne preoccupi? Ti saluto, sergente». Vedrai che divertimento: schedare e protocollare...». Si accorge
Riporta lo sguardo sui fogli e non lo solleverà più, neppure se che non lo accompagno. Si ferma, mi guarda e grida: «Ma non
entrerà il questore in persona. È fatto così. provare più a tornare dal sottoscritto! Non ci provare!».
Sarti Antonio, sergente, lascia l'ufficio borbottando: Ha preso la mia decisione come un affronto personale e gli
«Guarda questo: sta tutto il giorno con il culo su una sedia e sarà difficile perdonarmi. Si allontana verso il portichetto basso
pretende di insegnare il mestiere. Chi crede di essere?». Ma lo di palazzo comunale; scuote il capo e muove le spalle come fa di
Zoppo ha orecchie di gatto. Lo intende e gli urla dietro, affac- solito discutendo con se stesso. Il sottoscritto è certamente l'og-
ciato sul corridoio: getto del monologo.
«Figuriamoci! Insegnare il mestiere a te è tempo perso. Poi sparisce nell'oscurità del portico ed io resto con lo sguar-
Figuriamoci!». Sarti Antonio non torna indietro per dire allo do sul foro che Sarti Antonio, sergente, ha lasciato nel buio del
Zoppo cosa pensa di lui e delle sue idee. Poli Ugo, vice ispetto- palazzo di città e con i pensieri che lui ha lasciato nella mia
re aggiunto, gli ha rovinato la gioia della fine servizio e la felicità mente.
di aver azzeccato al primo colpo certi lati della morte di Luca Da quanto gli stavo dietro? Mi pare da sempre. E gli devo
Pomelli Parmeggiani. Nonostante tutto, però, non gli ha guasta- qualcosa.
to la gioia di un buon caffè, al bar di fianco alla questura.
La recita di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è stata tanto Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è ancora nel suo ufficio: ha
convincente da spingermi a cercare di capirci qualcosa. Un terminato la lettura del rapporto di Sarti Antonio e ci sorride su.
minimo. Poi scuote il capo, alza le spalle e assume l'aria di commiserazio-
«Che significa la scena che ti ha fatto quel pazzo?». ne di chi, rassegnato, non può farci nulla.
Sarti Antonio alza le spalle, sorseggia il caffè e dice a bassa voce: Raccoglie e rimette in ordine i fogli che aveva passato al ser-
«Chi lo capisce? È un poco...». Si tocca la fronte con l'indi- gente e li ripone nel cassetto della scrivania, assieme al rappor-
ce della destra e il cucchiaino, che tiene in mano, gli bagna di to di Sarti Antonio. Chiude a chiave il cassetto, si china, seduto,
scuro la punta del naso. «Meglio: non un poco. È molto suona- a massaggiarsi la gamba destra; prende il bastone e vi fa forza
to! Crede di possedere la bibbia, di essere l'unico in grado di sopra, alzandosi.
leggere negli indizi come un investigatore da libro giallo». Meticoloso, curato e preciso in ogni gesto, proprio come un

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buon archivista deve essere. Gli stessi movimenti, le stesse cose Antonio, sergente, il quale non riesce proprio a ragionare se non
da anni. ascoltando il ragionamento che il cervello va costruendo.
Esce dall'ufficio, chiude la porta, cerca, in un grosso mazzo Dovrò adeguarmi.
di chiavi, la chiave dell'ufficio, fa scattare due volte la serratura, Deposita la bicicletta nella cantina privata e per maggior
prova la porta per sua tranquillità, e poi si avvia lungo il corri- tranquillità, dal momento che non si sfida dei condomini, l'assi-
doio. La punta gommata del bastone batte con forza sul marmo cura con catena e lucchetto.
del pavimento e il rumore che ne ricava dà soddisfazione a Poli Fra cancelletto d'ingresso, portone esterno di cantina, porta
Ugo: che tutti, tutti negli uffici, sappiano del suo passaggio. interna di cantina personale, ha usato tante chiavi da perderci la
Come sempre, giunge all'ascensore senza incontrare un solo ragione. Eppure lo Zoppo le azzecca tutte al primo colpo. Come
collega. Al piantone che lo saluta, come da disposizioni superio- azzecca al primo colpo la chiave del portoncino dell'apparta-
ri, regala un disinteressato cenno del capo. mento.
Lo Zoppo, ormai da anni, deposita la bicicletta nel cortile del In casa neppure si accorgono del suo ingresso: la moglie è
palazzo di città. Ha scelto il luogo a ragion veduta: nel cortile c'è nella penombra del salotto e guarda il telegiornale; il figlio è
un portico che protegge il veicolo dalla pioggia, dalla neve e dal chiuso in camera, forse da mesi, e non si mostra al padre che ne
sole. E poi c'è il continuo passaggio di vigili urbani che, se pure ha dimenticato la fisionomia. Unico segno della presenza del
non servono a molto, incutono sempre un certo timore nei ladri giovane è una lama di luce che, nel buio del corridoio, filtra
potenziali. sotto la porta della stanza.
Tiene alla bicicletta, sempre pulita, lucida e oliata a dovere, In cucina, Poli Ugo trova il tavolo apparecchiato per la cena.
più che alla moglie e al figlio. Infatti l'assicura a un paletto di Per la sua cena, ché gli altri hanno terminato la loro prima del-
ferro con una grossa catena dall'enorme lucchetto. Il telaio, l'inizio del telegiornale. Siede e mangia in silenzio.
pesante, è di un nero brillante e brillanti sono le cromature sulle Non è esigente e, specie la sera, si accontenta di poco: una
forcelle, nel manubrio e nelle due ruote. tazza di caffelatte, una fettina di formaggio e un tozzo di pane.
Non un segno di ruggine. Al tubo orizzontale sono applicate Un bicchiere d'acqua e una mela per finire. Cena squallida per
due molle alle quali lo Zoppo fissa il bastone della sua vecchiaia. una vita squallida.
E anche del suo attuale stato. Il rumore del portello della lavastoviglie scuote la moglie dal-
Nel solito mazzo tiene la chiave del lucchetto e la catena fini- l'apatia da teleschermo; la donna entra in cucina e, fingendo
sce attorcigliata al supporto del sellino. Poi lo Zoppo si sistema meraviglia, dice:
in equilibrio sulla bicicletta, posa il piede destro sulla pedivella, «Ah, sei tu?».
si dà una spinta con il piede sinistro, posato a terra, e prende «No». E finisce di togliere le posate dal tavolo; la signora,
l'avvio, sicuro e deciso nel caotico traffico della città. ormai per antica tradizione, si occupa della tovaglia e della puli-
Pedala e tiene gli occhi ben aperti sui veicoli e sui pedoni che zia del pavimento. Nel salotto il televisore sta mandando l'an-
gli circolano attorno. Eppure continua a pensare e di tanto in nuncio dei programmi serali.
tanto scuote il capo e sorride. Cosa lo faccia sorridere, non lo «Vieni a guardare la televisione? C'è la terza puntata di...».
saprò mai: in questo senso già mi trovo a disagio rispetto a Sarti Poli Ugo non le lascia il tempo di terminare. Dice:

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«Non la guarderai neppure tu. Almeno non guarderai l'ini- La signora Poli chiude la porta e torna al televisore: riuscirà
zio. Preparami la valigia. Resterò fuori un paio di settimane. a seguire le ultime battute della terza puntata di...
Metti le solite cose e poi, se avrò bisogno, ti avvertirò e mi farai
avere altra biancheria». La moglie apre bocca, ma poi rinuncia «Buonasera dottore». Il portiere di notte saluta Poli Ugo,
e va in camera a preparare la valigia. Il suo è un lavoro mecca- vice ispettore aggiunto, e gli sorride. Sa, per lunga consuetudi-
nico che le permette di seguire i dialoghi del teleschermo, in ne, cosa lo Zoppo desideri e perché sia venuto proprio qui; scor-
modo che non perde del tutto la terza puntata di... re il registro delle presenze, trova una stanza e dice:
Poca roba: tre paia di calzini, tre mutande, tre camicie, tre «La solita è libera, dottore. Secondo piano, camera singola,
magliette... La regola del tre. Un paio di calzoni e una giacca senza bagno. Va bene, dottore?». Lo Zoppo annuisce e ritira la
leggera, rasoio elettrico, spazzolino da denti e dentifricio, due chiave. Porta personalmente la valigia fino alla stanza: nell'alber-
asciugamani, il pettine, una saponetta e la spazzola per le scar- ghetto non c'è ascensore e non ci sono inservienti. Un alberghet-
pe. Sei fazzoletti. Ha finito. to di quarta categoria, in una laterale di via Indipendenza, in
«I soldi?». pieno centro storico, più frequentato da prostitute che da rap-
«Ne ho». presentanti di passaggio. Il bagno è nel corridoio e nella stanza
«Sarai nel solito albergo?». c'è un lavandino per le urgenze. Un letto scassato, un armadio a
«Non lo so: ti avvertirò, ma tu non dovrai dare il mio indiriz- due ante, una delle quali è fermata da un chiodo, un tavolinetto
zo. Neppure all'ufficio. Dirai che non ti ho ancora telefonato e di fianco alla finestra, uno specchio fissato al muro, sopra il
che non sai». È lui che chiude la valigia e passa davanti alla stan- lavandino. La finestra guarda su una via stretta e male illumina-
za del figlio, andandosene. Chiede: ta, ma con scarso traffico per cui il sonno dei clienti non è distur-
«Lui come sta?». bato. Né l'onesto lavoro delle puttane. Di fronte alla finestra e a
«Bene: ha molto da studiare e neppure esce per mangiare». pochi metri, in modo che lo Zoppo può ricordare l'ufficio nel
«Lo so, lo so». Prima di uscire, conferma: «Starò fuori un quale lavora, un vecchio muro scrostato e in ombra, dà un senso
paio di settimane. Digli...». Accenna alla stanza del figlio. di soffocamento. È illuminato, a tratti, dal riverbero dei fanali,
«Digli che per due settimane lo lascerò in pace. Potrà pure invi- sulla via principale, delle auto in transito e dalle luci dei negozi.
tare gli amici, tanto io non sarò qui a disturbare». La moglie Lo Zoppo sistema nell'armadio le poche cose tolte dalla vali-
cerca una scusa per il figlio: si sa che le madri sono madri. gia, distende il pigiama sul letto e poi si affaccia alla finestra. In
«Ma che dici? Lui non... Tu non lo disturbi di certo. Che fondo alla via, i veicoli passano in un lampo, nello spazio di
dici?». pochi metri e, a guardarli per un po' di tempo, danno il volta-
«Lui? Lui si vergogna di un padre questurino. Ma non me la stomaco. Ma lo Zoppo non li vede: sta pensando a qualcosa che
prendo. Finirà anche lui in un ufficio che non sarà molto diver- io non riuscirò mai a riportare.
so dal mio». Sul pianerottolo dice, prima di chiudere la porta: Abituato com'è alla vita di città, respira a pieni polmoni i gas
«Ma tu non dirglielo: deve essere una sorpresa». Scende le scale combusti che arrivano fino al secondo piano. Sarti Antonio, ser-
e borbotta: «Una bella sorpresa per un rivoluzionario come lui gente, non riuscirebbe a chiudere occhio in un buco come que-
crede di essere. Magari finirà proprio in questura». sto. Sarti Antonio, sergente, non...

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Dovrò abituarmi a far a meno di Sarti Antonio, sergente! vetro e orientate verso la città. Fra i rami degli alberi, in basso,
Un mozzicone di sigaretta, gettato dai piani superiori, segna si intravede il riflesso delle strade illuminate.
il piano scuro della via e termina, stella filante cittadina, sul tetto La signora licenzia, con un gesto, il cameriere che ha accom-
di una vettura in sosta. Poi rotola sull'asfalto, a lato della ruota pagnato lo Zoppo e chiede:
posteriore sinistra. Un paio di stelle, quelle vere, pallide e tre- «A quest'ora?». La voce è ben impostata e la signora Marzia
manti per lo smog, forano la cappa di anidride carbonica nello avrà frequentato un corso di dizione. Magari in gioventù. E
squarcio di cielo fra i due muri. potrebbe non essere troppo tempo fa. Il guaio è che, con questa
Poli Ugo si riempie i polmoni di veleno, si ritira dal vano, donna, non si riesce a decidere una data, un riferimento che ne
guarda l'orologio e borbotta: stabilisca l'età.
«Ora vado». Sa lui dove e tanto basta. Il mio compito è di «Vi chiedo scusa, signora Frabetti, ma nel nostro mestiere
restargli appresso, discreto per non pesargli troppo che non è non esistono orari. Per la verità avrei dovuto venire prima; sono
Sarti Antonio, sergente. stato trattenuto più del previsto e...».
L'orologio appeso alla parete, proprio sopra il capo del por- «Va bene, va bene. Immagino che si tratti del mio Luca.
tiere di notte, segna le dieci e venti. Se va giusto. Le dieci e venti Significa che il caso non è ancora stato archiviato e che la que-
di sera: un'ora poco adatta per far visita alla signora Marzia stura se ne occuperà ancora?».
Frabetti in Pomelli Parmeggiani, via Bellinzona centosette. «Nessun caso è mai definitivamente archiviato. Posso parlare
Quartiere di collina dove, dagli inizi dell'ottocento in poi, le con vostro marito?».
famiglie della grossa borghesia hanno edificato le ville del loro «Come ho già riferito ai suoi colleghi, io e Angelo, mio mari-
benessere. to, viviamo separati. Se lo desidera, posso fornirle l'indirizzo,
La strada si snoda a tornanti fra costruzioni basse e di linea ma l'avverto che Angelo è molto occupato e non la riceverà; spe-
classica, seminascoste nel verde di enormi parchi. Più in alto, cie se lei usa presentarsi a quest'ora di notte».
verso la cima della collina, le costruzioni diventano più moder- Lo Zoppo finge di non afferrare il senso che sta dietro la frase
ne e gli architetti non hanno avuto il pudore di mascherare fra della signora. Dice:
le piante, le assurde strutture in cemento armato. Che stanno là, «Va bene: ci andrò domattina. Spero che mi riceverà. Ora
in bella mostra, a portare il marchio della fatica del progettista posso sedere?». La signora significa, con un gesto, che l'intero
e della facoltà del committente. salotto è a disposizione e lo Zoppo siede con difficoltà su una
La madre del defunto Luca Pomelli Parmeggiani è un'insi- poltrona troppo bassa per essere comoda a chi ha la gamba
impedita.
gnificante signora della città bene; non si riesce a stabilire se, un
paio d'anni or sono, fosse più o meno bella, più o meno giova- «Mi dirà, spero, il motivo della visita. A quest'ora...».
ne di adesso. Pare nata e cresciuta come la si vede ora. Di sicu- La signora insiste, ma lo Zoppo insiste più di lei a ignorare il
rimprovero.
ro è sempre andata elegantemente vestita, anche se in casa e alle
undici di sera. Ha capelli di un insipido color castano e il viso «Nel verbale dell'interrogatorio, signora, dite di non sapere
pallido di una donna che sta poco all'aria e al sole. Riceve Poli se Luca fosse dedito alla droga. Ora io mi chiedo se un genito-
re...».
Ugo, vice ispettore aggiunto, in un salotto che ha le pareti di

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«Lei si chiede? E chi altri ancora?». Non lo tratta bene, ma
lo Zoppo neppure se ne cura e tiene il discorso dove desidera.
«Per ora non ci sono altri che si chiedano... Io non ho biso-
gno di suggerimenti. Dunque mi chiedo com'è possibile che una
madre non sia al corrente di certe cose che riguardano il
figlio...». La signora lo interrompe di nuovo.
«Lei ha figli?». Lo Zoppo annuisce. «E lei pensa di conoscer-
li, immagino».
«Signora, per ora mio figlio non è stato ucciso da una dose
tagliata di eroina. Parliamo di Luca, se non vi dispiace». La
signora Marzia guarda lo Zoppo in viso, si alza e sta per indica-
re al questurino la via d'uscita. Ma ci ripensa e non lo fa; siede,
si guarda le mani e mormora:
«Parliamo di Luca». Torna con lo sguardo a Poli Ugo. «Che
importanza ha?». Lo Zoppo non risponde: scuote il capo e non
ha capito il senso della domanda. «Mi chiedo che importanza
possa avere il sapere se io ero al corrente o no! Mi chiedo a chi
interessi, ora, se il mio Luca era al primo buco o al centesimo!».
Alza il tono della voce e gli occhi le si inumidiscono. «Vuol
dirmi che importanza ha, ora che è morto? Si torna indietro?».
Lo Zoppo spiega, con un gesto desolato della testa, che non è
nelle sue possibilità. «Allora? Sì, sapevo che si drogava. No, non
ne ero al corrente. Lei viene a casa mia, alle undici di sera
per...». Non si trattiene e piange senza preoccuparsi della pre-
senza estranea.
Il cameriere non si era allontanato di molto se ora si mostra
sulla porta e, immobile, attende un gesto della signora per but-
tare fuori di casa, sulla strada, l'intruso. E senza pensarci due
volte. Il fisico ce l'ha: è alto e robusto; un tipo che in gioventù si
è mosso parecchio. Ora ha certamente superato i quaranta, forse
i cinquanta, ma è impossibile stabilire esattamente. Come per la
sua padrona.
Lui è scuro di pelle, ha baffetti sottili e neri, neri i capelli lisci
e incollati al capo. Assomiglia a un qualche attore degli anni pas-
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sati. È dignitoso e serio come i maggiordomi del tempo andato.
Ha aspetto tanto deciso che lo Zoppo ritiene indispensabile
stringere il bastone con la destra e metterlo in bella mostra. Poi,
prima che il cameriere si avvicini a lui per farlo alzare dalla pol-
trona, si alza di sua iniziativa e dice:
«Posso andarmene da solo, ma non risolveremo molto. I fatti
restano». Marzia si asciuga le lacrime e fa cenno allo Zoppo di
sedere e di attendere. Dice al cameriere:
«Nulla, Giuseppe, non è nulla. Vai pure». Il cameriere ha
appena voltato le spalle che la signora gli dice ancora:
«Aspetta». Poi allo Zoppo: «Beve qualcosa?».
«No, grazie, Non è né il momento né il luogo». Il cameriere
non attende oltre.
«Mi dispiace signor...».
«Poli Ugo, vice ispettore aggiunto».
«Mi dispiace».
«Di nulla, signora». Si avvicina alla signora e chiede: «Va
meglio?».
Marzia annuisce e si asciuga ancora le lacrime. Si soffia il naso
e lo fa con la dignità e la classe di una signora della buona bor-
ghesia cittadina. Poi, più calma, dice:
«No, non sapevo se Luca si drogasse o no. Non potevo saper-
lo: lo vedevo di rado...».
«Capisco». Capisce sul serio perché sono più di due mesi che
non ha il piacere di incontrare suo figlio. "Lui", quando lo
Zoppo rientra, è chiuso in camera; e magari si buca! Che ne sa
lo Zoppo?
«Lo vedevo tanto di rado che se avevo da comunicargli qual-
cosa, lo facevo attraverso la portinaia o mettendogli dei bigliet-
tini sotto la porta del suo appartamento. Luca, allora, mi telefo-
nava e mi diceva... mi diceva che tutto andava bene e che non
mi preoccupassi». Prende fiato; l'ambiente non è più teso come
poco fa e Marzia, più calma, parla a voce bassa. Lo Zoppo ha
L'ufficio di Poli Ugo è un ampio salone con una finestra ubicata talmente
in alto dal pavimento da non potersi affacciare.
lasciato l'aria maleducata e il modo di fare indisponenti.

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«Immagino che non sappiate quali erano i rapporti fra vostro va al corrente di ciò che faceva, degli amici che frequentava. Di
figlio e una certa Patrizia, allora». Patrizia le ho già detto».
«Patrizia? Vuol dire la figlia della portinaia?». Sorride. «Una «Amici?».
brava ragazza. No, nulla di ciò che pensa lei, dottore. Patrizia è «I giovani del suo corso universitario. Molti, ma non posso
una bambina ed è cresciuta sulle ginocchia del mio Luca: quan- essere precisa perché non li conoscevo personalmente. Alcuni
do anche noi abitavamo in Saragozza, prima di trasferirci qui, sono di buona famiglia della città, altri vengono da fuori. Se
Patrizia era continuamente per casa. Era una di casa. Una sorel- vorrà saperne di più, dovrà indagare all'università. Non le posso
la per il mio Luca. Ha fatto... ha fatto pipì sulle ginocchia di essere più utile di tanto. E ora...». Si passa la destra sulla fron-
Luca». te. «...è tardi e sono stanca... La prego».
«Ma ora, se non sbaglio, Patrizia ha diciassette anni e le cose «Vi ringrazio e per ora mi basta».
sono cambiate». Scende via Bellinzona a piedi, bicicletta a mano, e si gode la
«No, non con Patrizia». notte di primavera. Dalle colline, le stelle paiono più chiare e il
«È stata l'ultima ad incontrare Luca prima che...». Non com- cielo più pulito che non dal riquadro fra le pareti verticali, oltre
pleta, ma il significato è chiaro. Lo sguardo di Marzia è di nuovo la finestra dell'albergo di quarta categoria del centro.
cattivo. È mezzanotte passata e poche auto salgono la via in penom-
«Allora? Che significa questo per lei?». bra; dalle siepi spesse che nascondono le ville e dagli alberi dei
«Significa che ho bisogno di informazioni su tutte le persone parchi filtrano lame di luce e rumore ammorbiditi. Perfino i cani
sono più educati di quelli di città: vigilano sulla sicurezza dei
che hanno frequentato Luca Pomelli Parmeggiani negli ultimi
padroni senza abbaiare ad ogni rumore sospetto. S'intende
mesi. Null'altro. E per favore, signora, non cercate di trovare in
appena il loro passo leggero sulla ghiaietta dei viali o sull'erba
ogni mio discorso ciò che non c'è».
dei prati.
Nessuno dei due si lascia mettere sotto dall'altro; Marzia ha
C'è una domanda che mi preme e che devo porre.
un suo carattere che, in contrasto con l'aspetto insignificante, si
«Che razza di orario per andare a casa di gente perbene?».
rivela piuttosto deciso. È abituata a comandare e ci vuol altro
Più che una risposta, mi viene un borbottio che, a decifrarlo,
che un vice ispettore aggiunto per tenerla in soggezione. È in
significa:
grado di trattare alla pari con il Prefetto!
Ripete: «Figuriamoci! Non vedo perché se io mi prendo il disturbo
di indagare, loro non debbono prendersi quello di sopportarmi
«Tutti quelli che hanno frequentato il mio Luca negli ultimi
a quest'ora. Figuriamoci!».
mesi. Bene, Cominciamo con la portinaia: è alle nostre dipen-
«Non andava domani mattina?».
denze da oltre vent'anni...».
«Di notte la gente è stanca, non si aspetta di dover rispondere
«Il palazzo di via Saragozza è di vostra proprietà, signora?». a certe domande, è pronta e predisposta al riposo...». Ho capito.
Marzia annuisce senza divagare. «È meno preparata alle domande».
«...e si è sempre comportata in maniera più che onesta. Mai «È meno preparata alle domande e si può sperare in qualche
abbiamo dovuto riprenderla per una mancanza. Di lei mi loro inciampo».
servo... mi servivo per ogni necessità del mio Luca; lei mi tene-
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«C'è stato?». Lo Zoppo alza le spalle e non mi risponde;
appende il bastone al tubo orizzontale, monta sulla bicicletta,
attacca la dinamo e scende, a scatto libero, verso la città.
Il fanale anteriore illumina debolmente l'asfalto davanti alla
ruota e il fanalino rosso posteriore segna l'allontanarsi, nel buio,
della bicicletta.

Un tappo di più e
un tappeto di meno

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questa ragazza ci si potrebbe perdere un'altra pagina e mezzo,
senza rimpianti.
L'infermiera-segretaria regala un bel sorriso al possibile clien-
te, indica la sedia e chiede:
«Il signore ha fissato appuntamento?». Poli Ugo nega con un
gesto del capo e mostra la tessera di vice ispettore aggiunto e per
lui non ci sono più sorrisi. «Vedo. È per la morte del povero
Luca, immagino». Lo Zoppo non parla con le comparse, anche
se son fior di comparse. Si limita ad annuire. «Il dottore sta visi-
tando e non so se ha tempo. Attenda». E Poli Ugo passa i quin-
dici minuti canonici sfogliando riviste della settimana in corso e
quotidiani di giornata. Di solito, negli studi medici, si trovano i
residui stampati del mese precedente. E in pessimo stato di con-
servazione.
«Si accomodi: il dottore l'attende». Prima di passare nell'am-
La questura deve a Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, ventidue bulatorio di visita, Poli Ugo chiede alla ragazza:
giorni di ferie dell'anno scorso e quindi nessun ostacolo alla «Come mai non è uscito alcun paziente?». Dall'interno del-
richiesta dell'interessato a una settimana di permesso. Espletate l'ambulatorio, la porta è spalancata, gli risponde il dottore:
le formalità d'uso burocratico, lo Zoppo protocolla e archivia «I clienti escono dall'altra porta. Si accomodi. Giuliana, non
tutto ciò che c'è da protocollare e da archiviare; chiude a chia- desidero essere disturbato fino a quando il dottore non avrà ter-
ve i cassetti della scrivania, si porta via la cartella riguardante minato».
Luca e la dose tagliata di eroina, monta sulla bicicletta e va a Angelo Pomelli Parmeggiani mantiene le promesse: è alto,
premere il campanello alla porta dello studio di Angelo Pomelli snello, brizzolato, abbronzato e ha la voce dal tono basso e
Parmeggiani, professionista della ricetta e uno fra i più ricercati caldo che fa dare di matto alle signore di mezza età. La prima
e raffinati medici locali. Sempre che le notizie che filtrano dal cosa che viene in mente è come abbia potuto sposare la donnet-
bel mondo non mentano. E non mentono: il dottor Angelo ta insignificante che è Marzia Frabetti. Vero che poi si è riscat-
Pomelli Parmeggiani ha un elegante studio medico in un antico tato andandosene di casa, ma l'interrogativo rimane.
palazzo del centro storico e non accetta mutuati. Ha l'infermie- L'inizio del dialogo fra un questurino e un interrogato è sem-
ra-segretaria giovane e carina e bella come un'attrice e se mi pre banale. Chiede il medico dei ricchi:
dicessero che se la porta a letto, ci crederei a occhi chiusi. Essa «Che posso fare per lei?». E indica la poltrona in pelle, di
è bionda e i capelli, lisci, le incorniciano il viso e le scendono fronte alla scrivania, dove i malati cominciano a sentirsi a loro
sulle spalle. Per quanto è dato vedere, porta il camice bianco di agio. Come nell'ambulatorio di un medico della mutua dove,
infermiera direttamente sulla pelle nuda e aperto sul petto quel quando va bene, ci trovi sedie in metallo, smaltate di bianco e
tanto che permette di farsi un'idea di ciò che sta sotto. Dietro quando va male te ne resti in piedi a spiegare i sintomi.

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Lo Zoppo siede, sfoglia un poco della cartella che si è porta- «Ci sono novità nelle indagini?». Lo Zoppo si stringe nelle
to e poi dice: spalle e, nel movimento, il bastone scivola dal ginocchio al quale
«Da quanto tempo non incontravate vostro figlio Luca?». era appoggiato e finisce sul pavimento. Il famoso medico fa per
Angelo Pomelli Parmeggiani siede sul bordo della scrivania, un raccoglierlo, ma lo Zoppo lo ferma.
piede sul pavimento e l'altro sollevato; sorride con discrezione «Lasciate! Faccio da solo. Non mi sento impedito».
mostrando denti bianchi. Il camice lascia vedere la camicia in Raccoglie il bastone e lo posa in situazione più sicura. «Avete
tinta e una catena d'oro su un collo abbronzato. visitato l'appartamento di Luca dopo la sua morte?». Il medico
«Mi pare di aver già discusso con i suoi colleghi...». Lo nega con il capo. «Siete disposto a fare un sopralluogo insieme
Zoppo scorre le pagine. a me?».
«Avete perfettamente ragione. Qui scrivono: "A domanda «Non ne vedo la necessità».
risponde: da otto giorni non incontravo Luca. Forse dieci". È «Abbiamo bisogno di tutto, anche di ciò che non sembra
esatto?». importante. Siete disposto?».
«Se lo scrivono». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, non ha «La verità è che non me la sento. In quell'altana ho veduto
ancora capito il tipo e non si sbilancia. A quanto ne so, lo Zoppo Luca felice. Non me la sento proprio».
non ha mai preso di petto le persone fino a quando non ha avuto «Me ne dispiace. Avreste potuto essere di valido aiuto nel
ben chiara la loro potenza in termini sociali. Non gli va di farsi proseguimento delle indagini». Il dottor Angelo vuota di colpo
nemici che contino, ma se solo si accorge che valgono meno di il bicchierino, lo posa sulla scrivania, si alza e si toglie il camice.
lui, allora li maltratta e li calpesta. Preme un pulsante e dice all'infermiera-segretaria che si fa sul-
«Lo scrivono. Come mai voi, che siete medico, non vi erava- l'uscio:
te accorto che Luca si drogava?». «Giuliana, annulli gli appuntamenti della mattinata: devo
«Per il semplice fatto che non lo faceva. E su questo non ho accompagnare il dottore. Poi chiuda lo studio e se ne vada. Ci
dubbi. Anche se non lo incontravo per parecchi giorni, ho sem- vedremo nel pomeriggio, alle tre come al solito».
pre tenuto d'occhio mio figlio. Non si drogava!». Apre un Giuliana, diligente, annuisce e torna alla sua scrivania per
mobiletto e indica una teoria di bottiglie. «Beve qualcosa, dot- provvedere. Il medico ripete, calcando: «Ricordi bene: tutti gli
tor Poli?». appuntamenti sono annullati. Tutti!».
«Per esempio?». Angelo Pomelli Parmeggiani porta l'automobile con l'elegan-
«Whisky: non ho altro, ma può scegliere il tipo che gradisce za naturale dei ricchi di nascita: senza strappi e senza violenze.
di più. Scozzese, irlandese...». Con morbida mano. Così come porta naturalmente l'abito taglia-
«Come Luca». to e cucito su di lui da un sarto che conosce il mestiere. La sua
«Come Luca. In questo aveva preso da me: amava il buon voce è di un tono appena sopra il rumore, ovattato, del motore.
whisky e non sarò io a condannarlo per questo. Allora gradi- «Il mio Luca era un ragazzo in gamba e non aveva bisogno
sce?». di,.. Nessuno riuscirà mai a convincermi che si drogasse».
«No grazie». Angelo Pomelli Parmeggiani versa per sé e «È stato ucciso da una dose di eroina e stricnina: non ci sono
torna, bicchiere in mano, a sedere sul bordo della scrivania. dubbi, dottore».

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«È questo che mi fa impazzire. Non riesco a capirlo. Luca è «Vi prego di accompagnarmi nell'appartamento di Luca».
sempre stato, come dire?, di costituzione delicata. Recente- Né l'agitarsi del vigile né i colpi di clacson preoccupano il dot-
mente era rimasto in clinica per un mese e i medici che lo ave- tor Pomelli Parmeggiani che riflette un attimo, fissa la strada
vano in cura, tutti miei buoni amici, se avessero riscontrato... davanti al cruscotto e dice:
me ne avrebbero parlato. Io stesso me ne sarei accorto, non «Chiuda la portiera». Riparte nel momento in cui la Honda
crede?». Lo Zoppo annuisce, tace per un poco e poi dice: romba sul marciapiedi e sorpassa, a destra, l'auto che si avvia.
«Ho veduto la foto di Luca, ma non mi è parso un giovane Per la doppia infrazione il vigile non fa una grinza. Solo, si mette
gracile. Di che soffriva?». da parte per non essere investito dal centauro. Ne ha vedute di
«Asma: andava soggetto ad attacchi che consigliavano perio- peggiori.
di di cura in clinica». La chiave dell'altana è in portineria.
In città il traffico si misura a numero di semafori e, per la Nel salotto, in penombra, manca solo il corpo di Luca. Per il
durata di un paio, Poli Ugo riflette. Poi chiede: resto, tutto è come quel lunedì mattina. Angelo Pomelli
«È certo che venisse ricoverato per asma e non per cure Parmeggiani spalanca gli scuretti e fa luce. Si guarda attorno e
disintossicanti?». Il dottor Angelo abbandona, per qualche chiede:
secondo, la strada e guarda lo Zoppo. Senza parlare, mette la «Lo hanno trovato qui, sul divano?».
freccia a destra e accosta al marciapiede tagliando la strada a «Desiderate esaminare le foto?». Il dottor Angelo nega con
due operai in bicicletta. Non si cura dei sacramenti che gli indi- un gesto del capo. «Fate allora la cortesia di guardare attorno e
rizzano. Ferma l'automobile, si distende per aprire la portiera ditemi se c'è qualcosa di strano. Qualcosa che non va».
dal lato dello Zoppo e dice: «Per esempio?».
«Se la prende su questo tono, abbiamo finito. Scenda!». «Per esempio un mobile spostato, un oggetto che non avete
«Scusatemi, ma è un'ipotesi che ho dovuto formulare. Voi mai veduto in precedenza, un disco fuori posto, una rivista o un
siete un medico conosciuto e il fatto che vostro figlio sia morto giornale che il povero Luca non era uso acquistare... Ogni par-
per droga...». ticolare, insomma, che richiami la vostra attenzione». Il dottore
«Non quadra: ho già avuto la mia dose di pubblicità negati- dei ricchi annuisce e si guarda attorno. Passeggia per il salotto,
va e, al punto in cui sono, ammettere che Luca si drogava non va in cucina, sale ai piani superiori...
avrebbe più grande importanza. Non crede? Ora scenda». L'esperimento non dà risultati e quando Angelo torna dal
Il dottor Pomelli Parmeggiani ha fermato l'automobile in un questurino, ha sul viso l'espressione triste e delusa. Scuote il
punto della via che non permette ad altre vetture di passare e, capo:
dietro, si è subito formata una coda di veicoli impazienti. «Tutto in ordine, direi. Come l'ultima volta che sono stato a
Qualche nervoso colpetto di tromba, il motore imballato di una trovarlo». Accende una sigaretta e chiede: «Proprio non se la
Honda e, un poco più avanti, l'agitarsi convulso di un vigile, sente di bere un sorso?».
unico nel raggio di dodici chilometri, ad incitare la ripresa del «Non bevo». Angelo si versa un whisky dal fornitissimo
traffico. mobile e va a berselo seduto sul bracciolo del divano. Cerca
Poli Ugo si gira a controllare la situazione e dice: ancora attorno con lo sguardo, ma è chiaro che non trova.

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«Sta cercando il posacenere?». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, va al mobile che contiene
«Sì, non vorrei bruciare il tappeto. Marzia ci tiene molto». Lo una bella serie di bottiglie; le passa in rassegna, le conta e le indi-
Zoppo sa dove trovare un posacenere: in cucina, sul lavandino. ca al dottore.
Va a prenderlo e lo porge al dottore. «Un bar piuttosto fornito. Perché tanche marche?».
«Fumava anche Luca?». Angelo annuisce. «E cosa, precisa- «A Luca piaceva il whisky».
mente?». «Ha tutto lo stesso sapore...». Pare un'offesa personale.
«Non lo so: cambiava spesso tipo di sigarette. Ultimamente «Vuol scherzare?».
non so». «Spiegatemi la differenza». Angelo alza le spalle e ritiene inu-
Un tiro nella sigaretta e un sorso di whisky dal bicchiere che tile parlare di whisky a chi non desidera neppure assaggiarlo. Lo
rapidamente si vuota. Zoppo insiste. «Parlatemi di whisky, dottore».
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, passeggia per il salotto, «Cosa vuol sapere esattamente?». Lo Zoppo fa un cenno
batte forte il bastone sul pavimento ed è pensieroso. Si ferma vago.
davanti al dottore e chiede: «Parlatemene». Il dottore si alza dal bracciolo del divano, si
«Quale tappeto, dottore?». avvicina al mobile e indica il ripiano alto.
«Prego?». «Qui ci sono dei bourbon e qui degli scotch...».
«Avete detto che non desiderate bruciare il tappeto. Quale?». «Dovete essere più chiaro, dottore».
Il dottor Angelo guarda il pavimento, ai suoi piedi, guarda il «Va bene: il whisky americano, o whiskey, come dicono loro,
questurino, guarda il salotto... si chiama più esattamente bourbon. Rye quando è ottenuto dal
«Strano: non mi ero accorto che... Qui, a fianco del divano e granturco e wheat quando è ottenuto dal frumento. Come vede,
fino al mobile stereo, c'è sempre stato un tappeto orientale. il bourbon è di colore giallo tenue tendente al bruno; ha gusto
Ricordo benissimo che...». accentuato e molto aromatico. È invecchiato in fusti di quercia
«Questo intendevo quando vi ho chiesto di guardare attorno. e ha quarantatré gradi. Luca teneva del Jack Daniel's etichetta
Dunque manca il tappeto». verde, del Jim Beam's e del Tom Moore. In basso c'è lo scozze-
«Può averlo prelevato la scientifica per effettuare rilievi. Non se. Vede? Colore dorato, etichetta nera, quarantatré gradi,
le pare?». Lo Zoppo nega con il capo e se lo nega lui, che ha invecchiato in fusti di rovere: Abelour, Glenlivet, Antiquary,
letto l'intera documentazione e la relazione, c'è da giurare che il Chivas Regal e Macallan ad invecchiamento millesimato.
tappeto non è stato trovato. Nell'ultimo ripiano ci sono bottiglie di whisky canadese,
«Può descriverlo?». Canadian Club, e irlandese, Old Bushmill. Il canadese è giallo
«Non lo ricordo bene: chieda a Marzia. Lei è patita di tappe- chiaro, ha quarantatré gradi ed è invecchiato in botti di rovere
ti orientali e fu proprio lei a regalarlo a Luca. Glielo descriverà per cinque o per dieci anni. Ha gusto e aroma tenui. L'irlandese
dettagliatamente: colori, tessuto, provenienza, numero di nodi ha colore giallo verdolino, sapore molto secco ed è invecchiato
per centimetro quadrato... È un'esperta». oltre cinque anni in botti di rovere». Fa una pausa, dà un'oc-
«Voi invece, dottore, siete esperto di whisky». Angelo annui- chiata al mobile e si chiede: «Che altro?». Allo Zoppo: «Che
sce, alza il bicchiere alla salute e beve d'un sorso. vuol sapere ancora?».

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«Quale preferiva Luca?». tessera; attende con pazienza che la donna sillabi a mezza voce
«Lo vede da sé: è rimasta una sola bottiglia di Antiquary e quanto vi trova scritto e poi rimette in tasca il lasciapassare
poiché Luca comperava cartoni da sei bottiglie...». buono per ogni occasione.
«...significa che preferiva Antiquary agli altri». Lo Zoppo «Lei sarebbe un agente?». E guarda, curiosa, lo strano que-
indica la serie di bottiglie e dice: «Non vedo bottiglie di Long sturino a tre gambe.
John. Che significa?». «Io sono vice ispettore aggiunto di polizia, signora, e sono
«Luca non ha mai gradito il Long John. Come me, del resto. qui per la morte di Luca Pomelli Parmeggiani». Non va per il
Mi sarei meravigliato se ne avessimo trovato anche una sola bot- sottile, come aveva fatto con il dottor Angelo: si trova davanti a
tiglia. Lei gradirebbe del Long John, forse?». una portinaia. E ha ragione lui perché la donna, ora che sono
«Io non bevo, dottore». chiari i ruoli, assume il contegno che si conviene ai deboli
«Lei non beve, lei non fuma... conta di vivere più a lungo di davanti alla legge.
me?». Lo Zoppo non risponde. «Vogliamo salire ai piani supe- «Mia figlia non c'è ancora; è a scuola e tornerà dopo l'una».
riori?». Va nel cucinotto, sotto la scala, e deposita il posacenere «Non mi serve vostra figlia. Ho bisogno di voi: voi avete sco-
sul lavandino. Torna a chiudere le antine del mobile bar e si perto il cadavere!». Lo dice con malagrazia come se imbattersi
avvia alla scaletta in legno per salire, ma Poli Ugo lo ferma in un cadavere fosse reato. «O mi sbaglio?».
dicendo: «No, no, non si sbaglia: l'ho trovato io il povero Luca».
«Non credo ci sia altro da scoprire. Ora possiamo scendere». «Allora perché volete farmi parlare con vostra figlia? Forse
La chiave era rimasta sulla porta ed è Poli Ugo che chiude e che voi non siete in grado di parlare? Di rispondere?».
dice: «L'ho detto perché... Ho avuto l'impressione che...».
«La restituirò io alla portinaia: ho da farle alcune domande. «Che...». La portinaia non ha risposta pronta e, per guada-
Voi, dottore, potete tornare al vostro studio. Vi ringrazio. Io tor- gnare tempo, corre ai fornelli sui quali sta bollendo lentamente
nerò a piedi o in autobus. La cortesia che mi avete fatto...». un sugo profumato. Ma Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è un
Appena l'auto del dottor Angelo si è allontanata, lo Zoppo mastino che non lascia la presa. «Avete avuto l'impressione
suona il campanello della portineria. che...».
Il donnone è sempre vestito di nero e ha sempre il fazzoletto «Niente: dicevo per dire. Non vuole sedere, signore?». Lo
sul capo, annodato dietro la nuca; non è l'abito da lavoro: è il Zoppo siede e appende il bastone sul bordo di marmo del tavo-
modo di vestire abituale, sia che prepari il pranzo o che debba lo. La portinaia si dedica al sugo per un tempo più lungo del
uscire per andare al cinema. necessario e intanto volge le spalle al questurino e pensa.
«Cosa desidera?». Lo Zoppo le mette sotto il naso la patente Quando ha deciso che dire, si gira e chiede:
di questurino, sposta la donna dal vano della porta ed entra in «Un caffè, signore?». Poli Ugo nega con il capo. «Che vuole
casa senza risponderle. La portinaia non è convinta e blocca il sapere? Ho parlato con tanti agenti che non so più ciò che
questurino prendendolo per le spalle. dico».
«Cos'è? Che mi ha mostrato? Non ho avuto il tempo per leg- «Sedete». La portinaia siede più lontano possibile dallo Zoppo
gere». Di nuovo Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, le mostra la e aspetta. «Eppure non è difficile ricordare le cose. O sbaglio?».

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«Sa, a volte e in casi come questo, la memoria si perde. Si «Sì, povero ragazzo. Un paio di mesi fa è rimasto in clinica,
pensano tante cose che...». sa? Un altro attacco di asma. Ne soffriva, di tanto in tanto».
«Che...». Lo Zoppo è un verme e la portinaia è di nuovo in «Non mi pareva un giovane gracile. Faceva sport?».
crisi e se la cava come può. «Faceva, faceva. Tennis, nuoto e, in inverno, sci».
«Dicevo per dire. Sono rimasta scossa e ci penso ancora. Sa? «E soffriva di asma?».
Tutte le sere, prima di addormentarmi, rivedo quel povero «Che c'entra? Aveva attacchi di tanto in tanto, ma per il resto
ragazzo disteso sul divano, proprio con l'ho veduto l'ultima era un ragazzo normale. Fin da piccolo, io me lo ricordo bene...
volta... Spero che finisca e finisca presto». Sa che abitavano qui i Pomelli Parmeggiani Frabetti?».
«Esaurimento nervoso: dovreste farvi visitare da un buon «Sì, me lo avete detto. La signora Marzia ha veduto il figlio
medico». morto nel salotto?»,
«Lo dice anche Patrizia, mia figlia. Ci ho pensato e forse lo farò». «Che discorsi? Vuole che non l'abbia veduto?».
«Dal dottor Angelo Pomelli Parmeggiani, per esempio». «L'ho chiesto a voi. Lo ha veduto?».
«Oh no? Da quello proprio no. Ce ne sono altri». «Lo ha veduto di sicuro. L'ho accompagnata io. È stata una
«Perché da quello no? Si dice che sia un ottimo medico». scena straziante: urlava, la poveretta, e piangeva e chiedeva al
Adesso la donna può entrare nel proprio campo: pettegolez- figlio morto cosa aveva fatto perché se la fossero presa con lui...».
zo. Le scompare di colpo ogni forma di soggezione. Si abbassa «Chi se la sarebbe presa con lui?».
verso lo Zoppo, sul piano del tavolo e dice, sottovoce: «I soliti: quelli che girano tranquillamente per le strade a ven-
«Come può essere un buon medico chi abbandona la moglie dere la "roba". Bisognerebbe prenderli e ammazzarli tutti, quei
e un figlio malato? Nessuno dovrebbe farsi visitare dal dottore disgraziati! Lei non crede?».
Angelo, in modo da ridurlo alla miseria. Ma lo sa che quando si «Io credo che si dovrebbero ammazzare anche quelli che
separarono, Luca era in clinica e stava male? Lo sa? E lui non ci usano la "roba", come la chiamate voi».
pensò sopra due volte: lasciò la casa, la famiglia, il ragazzo «Perché poi? Poveretti, che colpa ne hanno loro?».
ammalato e andò ad abitare con quella... quella...». Vorrebbe «Lasciamo andare: ho le mie idee in proposito». E ce ne
dire "puttana" ma è in dubbio se sia reato o no chiamare con siamo accorti: un bel modo di ragionare!
quel nome una donna che si mette con un medico sposato e che «Vuol dire che lei non li capisce».
ha, per di più, il figlio in clinica. «Li capisco, li capisco, non preoccupatevi. Andiamo avanti:
«Quando è accaduto?». avete messo ordine in cucina e in salotto, dopo che avete scoper-
«Dieci anni fa». L'avvenimento incriminato si perde nel to il cadavere?».
tempo, ma il risentimento della donna è rimasto inalterato. Se «Ma cosa dice? Le pare che avessi il tempo per sciocchezze
ne comprende il motivo appena conclude: «Me lo ricordo bene: simili? Sono subito corsa giù dalle scale urlando. Chi pensava
poco prima mio marito mi aveva piantata lasciandomi sola con più alle pulizie?».
Patrizia piccola». Solidarietà di classe! «Eppure c'è ordine e pulizia sia in cucina che nel salotto. Ai
«Vi risulta che Luca Pomelli Parmeggiani sia stato malato di piani superiori, invece, c'è polvere e disordine. Come lo spiega-
recente?». te?». La portinaia si stringe nelle spalle e torna ai fornelli.

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«Non lo so proprio».
«Avete lavato bicchieri, posacenere...».
«Se le dico di no! L'ultima volta che ho messo ordine, è stato
il lunedì precedente, una settimana esatta prima di... prima di
trovarlo morto».
«C'è da supporre che, in una settimana, Luca avesse usato
qualche bicchiere, no? O era solito lavarli personalmente?».
«Non c'era pericolo ! Ogni lunedì trovavo un gran casino...».
"Casino" non è parola da ripetere alla polizia e la portinaia fa
marcia indietro. «Dico che c'era sempre disordine e c'erano pile
di piatti da lavare. Mi capisce?». Poli Ugo non ha tempo per
riassicurare la portinaia.
«Avete notato se manca qualcosa nel salotto?». La portinaia
ci pensa pur continuando a rimescolare il sugo. Mette una pen-
tola piena d'acqua sul fuoco e dice:
«Fra poco arriva Patrizia e devo preparare il pranzo».
«Cosa mancava nel salotto?».
«Ci sto pensando, ci sto pensando». Torna a sedere, fa di
nuovo mente locale e decide: «Non manca nulla».
«Vuol dire che il tappeto orientale che stava fra il divano e il
giradischi l'avete rubato voi e ora...». È troppo anche per una
portinaia.
«Cosa dice? Ma cosa dice? Io ho rubato... Sono più di
vent'anni che servo in questo palazzo e nessuno, dico nessuno!,
si è mai lamentato della sottoscritta. Va bene? Ha capito caro il
mio signore?».
«Non sono il vostro caro signore! Dov'è finito il tappeto? Chi
lo ha asportato? Era un tappeto costoso ed è sparito dall'appar-
tamento».
«So anch'io che era prezioso, ma non ho idea di dove sia fini-
to. Dico io: come si può pensare...».
«Non fatela lunga, signora. Vi ho chiesto se avete notizie del
tappeto».
«No che non ha chiesto: lei ha detto che l'ho rubato io».
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«Avete notizie del tappeto?».
«No che non ho notizie. Non mi ero neppure accorta che
fosse sparito, si figuri!».
«Farò denuncia contro ignoti per furto di un tappeto. Chi
possiede le chiavi dell'appartamento? Oltre a voi, naturalmen-
te». Sottolinea con cattiveria "oltre a voi" e la portinaia va in
crisi e comincia a piangere.
«Guarda te se si può essere più disgraziati di me! Guarda te
se si può pensare che io... Finirà che mi accuseranno di aver
ucciso il povero Luca per rubare il tappeto».
«Perché no? Può essere un'idea». Ci voleva solo questo e la
portinaia non si ferma più e il sugo rischia di bruciare sul fornello.
Lo Zoppo ha portato la donna a un punto che non ne rica-
verà più nulla.
«Il vostro sugo sta bruciando, signora». La donna si alza e va
ai fornelli e, fra le lacrime, si dà da fare. «Allora: chi altri ha le
chiavi, oltre a voi?».
«Nessuno! Chi vuole che le abbia? Le ho io e le aveva il pove-
ro Luca». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è decisamente un
verme e, appena può, scarica la repressione e la cattiveria che lo
rode. Se ne va dicendo:
«Appunto: come immaginavo».
Lascia la portinaia alle lacrime e ai fornelli e la povera donna
ne avrà fino a sera; magari non riuscirà neppure a dormire, la
notte che viene, ma Poli Ugo non se ne cura: è fuori per rompe-
re le palle al prossimo e ci riesce piuttosto bene. A giudicare da
come ha cominciato.
«Nessuno è perfetto». Lo Zoppo non mi degna di risposta e
gli angoli della bocca gli si sollevano in una smorfia di soddisfa-
zione. Sarebbe assurdo considerarlo un sorriso.
Scende i portici di via Nosadella, verso piazza Malpighi, zop-
picando sui tre appoggi instabili e non guarda in faccia i passan-
ti. Va per la sua strada e sono gli altri che devono spostarsi se
- Si accomodi, il dottore l'attende non vogliono essere travolti. Batte la punta del bastone sul pavi-

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mento e vi si appoggia con tutto il peso per aiutare la gamba
destra che, da sola, non ce la farebbe a sostenerlo. Della propria
infermità ne ha fatto un segno distintivo da mettere in evidenza.
All'attuale punto delle indagini, una persona normale, fate
conto un Sarti Antonio, sergente, si rivolgerebbe a un collega o
a un amico per farci sopra un discorso, per tirare delle conclu-
sioni da più pareri o per cambiare delle idee. Lo Zoppo non è il
tipo e si chiude nella camera di uno squallido alberghetto di
quarta categoria. Si toglie i calzoni, li appende con cura sullo
schienale della sedia, si toglie la camicia e, in mutande e canot-
tiera, si lava il viso e il collo nel lavandino della stanza.
Siede sul letto e si massaggia la gamba destra. A lungo. E
pensa.
Al sottoscritto non è dato sapere cosa. Resta la provocazione:
«Va bene: hai scoperto che il povero Luca non si drogava,
che gli piaceva il buon whisky, che dal salotto è sparito un tap-
peto prezioso, che la portinaia non ha fatto pulizia in cucina e
che esiste un tappo senza la relativa bottiglia. Cose che i tuoi Sistemi non proprio...
colleghi, meno osservatori e precisi di te...».
«Dì pure meno intelligenti».
«Meno intelligenti di te non avevano notato. A questo punto?».
«A questo punto una persona almeno normale dovrebbe
chiedersi come mai la madre del ragazzo non abbia accennato al
tappeto sparito. Prezioso, a quanto pare».
«È importante?». Lo Zoppo alza le spalle e seguita il massag-
gio alla gamba destra. «Forse è stata proprio lei a riprenderselo,
magari per portarlo a pulire. Che ne sai?».
«Che ne so? Che ne so? Figurati!». Rinuncio a ulteriori pro-
vocazioni. Non saprei come continuarle: lo Zoppo è refrattario.
Volete mettere Sarti Antonio, sergente? Altra tempra d'uomo
e di questurino. Con Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, non c'è
soddisfazione.
Comincio ad avere nostalgia. E siamo appena all'inizio.
Figuriamoci!

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gamani sotto il braccio e in pigiama, con chi di competenza. È
ridicolo, ma il portiere è abituato a cose peggiori. Ne ha vedute!
«Desidero fare il bagno: volete rendere agibile almeno una
delle due docce al secondo piano?». Il portiere è abituato anche
a questo. Senza rispondere, prende un mazzo di chiavi e sale la
scala borbottando:
«Vuoi vedere che quella... Ci risiamo: mi gioco le palle. È la volta
che la butto sulla strada, la butto. La mia pazienza ha un limite».
La ragazza, inebetita, è seduta sulla pedana di legno della
doccia, schiena appoggiata al muro. Il portiere la solleva di peso
e di peso la trascina nel corridoio. Dice:
«Scusi, dottore. Scusi tanto, ma non so cos'altro fare». Lo
Zoppo dà un'occhiata all'interno della doccia e ordina: «Portate
via anche quella roba!».
«Sissignore». Il portiere tuttofare raccoglie dal pavimento la
Il massaggio dà calore ai muscoli indolenziti della gamba in siringa vuota.
disuso. Lo Zoppo si alza dal letto e indossa il pigiama. Eppure «E ditele di farle chiusa in camera le sue porcherie».
il pomeriggio è appena iniziato. «Gliel'ho detto, gliel'ho detto, ma non sta capita. Una cosa
Asciugamani sotto il braccio, Poli Ugo si avvia lungo il corri- da nulla! È normale: i ragazzini di sedici anni si bucano seduti
doio e la prima doccia la trova chiusa. Non sente il rumore del- sui gradini delle porte e la gente, passando, li guarda appena. I
l'acqua. Nella seconda doccia l'acqua scorre e chi è chiuso den- più cattivi e conservatori scuotono il capo».
tro canta a gola piena, felice. Beato lui! Al piano non ci sono
altri bagni e lo Zoppo aspetta il turno passeggiando nelle vici- Lo Zoppo termina di asciugarsi in camera sua, con tranquil-
nanze del primo. Ha lasciato in camera il bastone e barcolla, lità; si veste da persona normale, riprende il bastone ed esce dal-
ridicolo, per il corridoio appoggiandosi, ogni tanto, allo stipite l'albergo. Una settimana di permesso non è abbondante per
delle porte chiuse o alle pareti. Come un ubriaco. quello che intende fare e deve sfruttare il tempo disponibile
L'attesa è più lunga del lecito: dall'interno non arriva ancora come farebbe un operaio a cottimo. Seduto sul sellino della bici-
segno di vita. Stanco di attendere, bussa e grida: cletta, il piede sinistro a terra per via dell'equilibrio, Poli Ugo è
«Vuole uscire? C'è gente che ha bisogno di farsi la doccia!». fermo davanti al portone dello studio medico Angelo Pomelli
Nessuno gli risponde; all'altro capo del corridoio, il cliente del Parmeggiani. Attende. La targhetta in travertino avverte: dottor
secondo bagno attacca con un'altra canzone. Lucio Dalla fa Angelo Pomelli Parmeggiani trattino studio medico a capo per
ridere, al confronto. appuntamento dalle nove alle dodici trattino dalle sedici alle
Poli Ugo perde la pazienza, che ha scarsa, e finisce col batte- diciannove trattino festivi e sabato esclusi.
re i pugni sulla porta. Non ottiene molto e va a protestare, asciu- Alle quindici e trenta, mezz'ora prima dell'apertura dello stu-

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dio medico, l'infermiera, piuttosto in ordine, apre il portone, «Se ho fatto bene il conto, quando siete diventata l'amante
entra e richiude. del dottore avevate più o meno dieci anni. È giusto?».
Poli Ugo perde i soliti dieci minuti abbondanti nelle opera- «Che discorsi! Sto con Angelo da tre anni e...». Si interrom-
zioni antifurto e poi va e suona il campanello. pe e si corregge. «Con il dottore».
Giuliana non è ancora in camice bianco e l'abito leggero, forse «Volete dire che il dottore non ha lasciato la famiglia per
di cotone, le sta benissimo e modella ciò che, in una donna, è bene unirsi a voi?». Le domande hanno innervosito Giuliana che
sia sottolineato con la giusta aderenza. Così vestita ha l'aria meno risponde, ora, scortesemente.
professionale di quando indossa la divisa da infermiera. E non di- «Angelo aveva lasciato la famiglia da molti anni, quando ci
mostra più di venti, ventidue anni. Il dottor Angelo è sui cinquanta. siamo messi assieme. Che c'entra tutto ciò con la morte di
«Il dottore non è in ambulatorio. Mi dispiace. L'avverto Luca?». Lo Zoppo non perde tempo in risposte. E lui che con-
comunque che ha il pomeriggio occupato e che non sarà possi- duce le domande.
bile annullare di nuovo gli appuntamenti. Mi dispiace. Lo avver- «Il tempo che l'ambulatorio vi lascia libero, lo passate con il
tirò della sua visita». dottore?».
Lo Zoppo neppure l'ha ascoltata. È andato a sedere davanti «Viviamo assieme. La moglie ne è al corrente e ne sono al
alla scrivania della segretaria-infermiera. Dice: corrente anche gli amici di Angelo. Non abbiamo più nulla da
«Son qui per voi, signorina Giuliana». nascondere. Quando arriverà il dottore, gli dirò di queste
«Per me? Che c'entro io? Lei si sta occupando della morte di domande stupide».
Luca: non vedo...». «Stavate assieme anche la domenica nella quale morì il pove-
«Ci vuole pazienza». Non è una giustificazione e Giuliana con- ro Luca, immagino».
tinua a guardarlo senza capire. «Conoscevate il giovane Luca?». «Non lo ricordo».
«Non l'ho mai veduto. Ci mancherebbe!». Ha l'aria aggressi- «Provate a ricordare, signorina Giuliana. È conveniente per
va, la risposta pronta e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, non la voi». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, ha un modo di fare le
mette a disagio. «Mi occupo dell'ambulatorio e mi basta. Non domande che indispettirebbe il signor questore in persona. Ma
ho abitudine a fare la balia. Luca aveva una madre tutta per lui». con il signor questore, lo Zoppo ha un contegno più corretto.
«E anche un padre. Mi volete mostrare un documento?». Rispettoso. Come si conviene a un subalterno.
Giuliana è, per un attimo, sorpresa, ma poi fruga nella bor- La segretaria-infermiera, ora anche amante, slaccia e riallac-
setta e porge allo Zoppo la patente. Costui controlla, prende cia la camicetta sul seno, passeggia nervosa e alla fine si ferma
nota mentalmente e restituisce. «Grazie. In questo ambulatorio davanti allo Zoppo per dire:
avete a che fare con drogati?». «Lei è offensivo! Non so bene cosa, ma qualcosa farò perché
«Ma che domande! Il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani è lei si penta... Anche se è agente...».
un medico serio e non ha mai...». «Vice ispettore aggiunto».
«Si vede, si vede: un medico serio per clienti seri. Quanti anni «...non può permettersi certe insinuazioni».
avete, signorina Giuliana?». «Non ho insinuato. Ho chiesto se voi avete passato la dome-
«L'ha letto sulla patente, se non sbaglio. La mia età ha a che nica, pomeriggio e sera, in compagnia del dottor Angelo Pomelli
fare con le indagini?». Lo Zoppo nega con il capo e dice: Parmeggiani. Voi e lui, insieme».

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Giuliana non risponde. Guarda l'orologio a muro e mancano Giuliana ha avuto paura e ora guarda lo Zoppo con preoccu-
pochi minuti alle sedici. Non ha più molto tempo ed è costretta pazione. Risponde sottovoce:
ad ignorare lo scocciatore. Gli volge le spalle, slaccia definitiva- «Voleva dire che... che per quel giorno non avrebbe più rice-
mente la camicetta e se la toglie. Sotto è nuda e la schiena è vuto pazienti».
abbronzata. Come è abbronzato il dottor Angelo. «Perché ha insistito e insistito e sottolineato: "Ricordi bene:
Infila il camice e quando si rigira verso il questurino, ha di tutti"?».
nuovo l'aspetto serio e professionale della brava infermiera. «Non capisco. Non capisco che significhi».
«Fra pochi minuti sarà qui il primo paziente e dovrò dedicar- «Vediamo se capisco io». Prende dal tavolo il diario. «È qui
mi a lui. La prego di uscire...». che segni gli appuntamenti per il dottore?». Giuliana annuisce e
«Quando sarete obbligata a rispondere alle mie domande in lo Zoppo legge i nomi segnati. Poi posa l'agenda sul tavolo e si
questura, avrete concordato le risposte con il dottore, immagi- avvia alla porta senza aggiungere parola.
no. Un modo di comportarsi, il vostro, intelligente ma che non Prima di uscire si ferma un istante, schiena alla ragazza, come
cambierà le cose perché il dottore ha già dato la sua versione di se stesse per chiedere ancora. Ma ci ripensa ed esce sbattendo la
quella domenica». porta. Non scende le scale e dopo un poco risuona il campanello.
«Se lei è già al corrente, non vedo perché continuare a L'infermiera apre ed ha l'espressione del viso di chi sta atten-
domandare a me». dendo il salvatore. Che non arriva.
«Ci vuole pazienza». Ma insiste. «Allora?». «Ancora lei? Che vuole?». Lo Zoppo alza il bastone e lo
«Lei sa benissimo che quella domenica Angelo era fuori città con punta sul petto di Giuliana. Dice:
alcuni amici e io ho trascorso il pomeriggio e la serata in casa. Sola». «Se farai parola del nostro incontro, passerai quelle di Dio. E
«Vi sarete annoiata. Siete certa di non essere uscita nel pome- non sono abituato a minacciare a vuoto». Se ne va e sul candido
riggio?». Chiunque, a questo punto, ne avrebbe abbastanza. La camice dell'infermiera rimane un cerchietto di polvere grande
segretaria-infermiera-amante guarda il questurino con pochissi- come una moneta da cento lire.
ma simpatia. Gli si avvicina, si abbassa perché intenda bene ciò Il picchiare rabbioso del bastone sui gradini di marmo dice
che sta per dirgli. che lo Zoppo si allontana. Il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani
«Senti un po', zoppo! Io ne ho abbastanza delle tue insinua- arriverà in ambulatorio, saluterà Giuliana, infermiera-segreta-
zioni e se credi di...». Non ce la fa a terminare la frase perché ria-amante e neppure si accorgerà del cerchietto di polvere che
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, si è alzato di scatto e ha spin- la gomma, sulla punta del bastone dello Zoppo, ha lasciato sul
to l'infermiera con tanta malagrazia da costringerla ad appog- bianco camice.
giarsi al tavolo per non cadere. Per Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, gli ultimi meschini
«Senti un poco tu, puttanella! Non chiamarmi mai più in avvenimenti sono di normale amministrazione. Com'è norma,
quel modo! Non ti azzardare!». Le sta sopra con il bastone alza- per lui, insultare chi può essere impunemente insultato. In silen-
to. «O dovrai farti medicare dal tuo dottore. Capito?». Trema e, zio libera la bicicletta dall'antifurto, assicura il bastone al tubo
dopo un poco, abbassa il tono e la minaccia. «Che intendeva orizzontale, siede in sella e si dà la spinta d'avvio. Ballonzola
dire il dottore quanto ti ha ordinato di annullare tutti gli appun- sulle strade scassate della città ad andatura turistica, rispetta i
tamenti della mattinata?». semafori rossi, i sensi vietati e i divieti di svolta, ultimo malinco-

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nico utente rispettoso delle prescrizioni che l'assessore al traffi- ge allo Zoppo con un viso di circostanza, serio quel tanto che
co ha diramato per sanare, senza riuscirci, il caos cittadino. consentono le rughe. Porge la cartella all'altra befana e dice:
È la giornata delle targhette in marmo sulle porte; questa ha «Guarda anche tu». Scuote il capo ed è preoccupata. Anche il
inciso nero su chiaro: APIP. Come a dire: Associazione Provin- viso della collega, man mano che procede nella lettura della car-
ciale Infermieri Professionisti. tella, assume l'aria compunta e grave di chi ha scoperto uno
Una stanza male arredata, polverosa e con due vecchie signo- scandalo. Al termine della consultazione, posa la cartella sul
re tinteggiate a nuovo e ridicole nell'esibizione del loro profes- bancone, vi mette sopra la destra, guarda lo Zoppo e dice:
sionismo. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, racconta bugie con «Siamo spiacenti, signore, ma non possiamo dirle nulla in
la tranquillità di una persona onesta. Dice: merito all'informazione richiesta. Ecco qua un elenco dei nostri
«Buongiorno. Desidero informazioni sulla professionalità del- iscritti ai quali...». Poli Ugo non l'intende:
l'infermiera Giuliana Puletti che mi è stata indicata come idonea «Che c'è scritto in quella cartella? ».
all'assistenza di un mio congiunto». La befana che sta dietro il
«Non siamo autorizzate a rivelarlo. Possiamo consigliarle di
bancone annuisce e, fra le pieghe del volto, continua a sorridere
lasciar perdere Puletti Giuliana e di rivolgersi ad altri infermie-
per assuefazione. Consulta le cartelle dei soci e si pilucca l'indi-
ri dei quali siamo in grado di fornire garanzie e indirizzi...». La
ce della destra. Le rughe, sclerotizzate ormai sulla sua pelle, sem-
pazza insiste: non ha capito che allo Zoppo interessa Puletti
brano scavate nel cuoio lavorato del viso. Pilucca e sillaba:
Giuliana e nessun altro. Fra lui e la befana c'è un bancone trop-
«Pa, pa, pi, pi, po, po, pra, pre...». Ricontrolla e poi alza il
po difficile da superare per chi, come lo Zoppo, sia impedito a
viso e conclude: «Mi spiace, ma fra gli iscritti della nostra asso-
ciazione non risulta una Puletti». una gamba. L'impotenza che deriva dalla menomazione rende
«Avete controllato bene? Puletti Giuliana è certamente infer- Poli Ugo più nervoso del consueto.
miera diplomata». La seconda sorridente befana dell'associazio- «Per dio, signora. Datemi la cartella se non volete che io
ne interviene per chiarire: venga a prenderla personalmente!». Neppure alla minaccia il
«Guardi, signore, che non tutti gli infermieri professionisti viso delle due riesce ad assumere un'espressione diversa.
sono iscritti alla nostra associazione. Se lo desidera noi siamo in Al diverbio, è entrato, da una porta laterale, un bestione in
grado di consigliarle alcuni nomi di sicura fiducia e di professio- maniche di camicia. Ha braccia pelose e grosse e mani enormi
nalità piena, ai quali potrà rivolgersi tranquillamente per l'assi- che, se afferrano la presa, non l'abbandonano facilmente. Si
stenza al suo congiunto infermo». muove lento, come un orso, e viene ad appoggiarsi al bancone;
«Mi serve Puletti Giuliana». ha voce calma e bassa. Chiede:
«Spiacente ma non possiamo esserle utile, signore». Si ferma «Che succede?». Guarda lo Zoppo. «Che desidera, signo-
e per un momento fissa il vuoto. Poi ripete fra sé: «Puletti, re?». Gli risponde una delle due befane:
Puletti...». Alza il tono. «Aspetti un istante. Non vorrei sbaglia- «Il signore desidera conoscere cose che noi non siamo auto-
re, ma...». Corre in un'altra stanza, resta fuori qualche minuto rizzate a rivelare. Insiste e minaccia». L'orso chiede:
e quando torna ha una cartella fra le mani e un sorriso sul volto. «Deve andarsene?». Silenzio. Solleva la parte mobile del ban-
«Ricordavo il nome. Puletti. Sì, l'infermiera che l'Istituto cone che lo separa dallo Zoppo e gli si avvicina. Non ha cattive
Rizzoli...». Parla alla collega, ma non completa la frase. Si rivol- intenzioni, a giudicare dallo sguardo mite e dall'aspetto tran-

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quillo. «Che desidera sapere, signore?». Una delle colleghe gli pedali otto ore al giorno. La salita è lunga e pesante e l'ultimo
porge, sul banco, la cartella Puletti Giuliana. tratto, con pendenza del venti per cento, lo Zoppo lo percorre a
«Vuole notizie di... Leggi qua». L'orso scorre i documenti, piedi e bicicletta a mano. Ogni tanto riprende fiato.
annuisce con gesti lenti del capo e dice allo Zoppo: L'Istituto è su una collinetta e domina la città a sud; di fianco
«Non possiamo, proprio non possiamo parlare dei nostri iscrit- ha una chiesa e attorno alberi, giardini, una villa proprietà della
ti al primo venuto. Mi dispiace». Lo Zoppo si appoggia al bastone, Curia, e tanto verde. In passato pare che l'Istituto fosse noto nel
deciso a non lasciare l'APIP senza notizie di Puletti Giuliana. Dice: mondo per la serietà e la competenza dei responsabili.
«Non sono il primo venuto e non me ne andrò se non avrò La destinazione di Poli Ugo è l'ufficio matricola del personale
letto quei documenti. Io sono...». Con un veloce colpetto del e per arrivarci deve attraversare il reparto accettazione, dove il
piede destro, l'orso toglie allo Zoppo l'appoggio del bastone sul pubblico sta accalcato e sbraita e offende gli impiegati. I malati
quale gravava l'intero peso del corpo di Poli Ugo, vice ispettore arrivati dal sud in compagnia della regolare valigetta di cartone,
aggiunto, che, privo del supporto principale, si sbilancia in sono parcheggiati sulle panchette del salone d'attesa e sembrano
avanti e finirebbe sul pavimento se l'orso non lo fermasse a in coma. Al pronto soccorso, altro passo obbligato per lo Zoppo,
mezza via, veloce come non era immaginabile al vederlo tran- i degenti stanno accampati alla meglio su lettini e su brandine di
quillo e grosso. Poi lo afferra per la giacca e lo solleva di peso da fortuna, si lamentano e aspettano medici che perdono il loro
terra. Il bastone è finito sul pavimento. tempo a scimmiottare con le infermiere che non sono neppure
L'omone deposita lo Zoppo sul pianerottolo delle scale e lo passabili. Attorno c'è un mare di sinistrati da rimettere in sesto.
spinge lungo le rampe con tanta decisione che Poli Ugo è Dagli ambulatori, le cui porte sono spalancate, arrivano esempi
costretto ad aggrapparsi alla ringhiera per non rotolare in basso. del civismo degli infermieri e la prova della loro professionalità.
«Mi deve scusare, ma se non possiamo accontentarla vuol «Che urla, signora? Che urla? Mi ha rotto le palle con i
dire che proprio non ci è possibile». Lo guarda e passa a un tono lamenti! Io devo fare il mio lavoro».
più confidenziale. «Vedi di non disturbare più le signore». «Sì, ma il braccio è mio».
Mantiene la voce calma e bassa. Un tipo abituato a trattare con «E allora? Se lo tenga rotto, se non vuol sentir male mentre
isterici e malati. Rientrando inciampa nel bastone. «Hai dimen- lavoro». E un altro, più filosofo, aggiunge:
ticato la gamba di scorta». E lascia scivolare il bastone sui gra- «Se andaste in automobile con più accortezza, non vi ridur-
dini, verso lo Zoppo, più in basso. Considera chiuso l'incidente reste in pezzi».
e l'argomento Puletti Giuliana. Non così lo Zoppo. «Si tenga su le tette, signora! Io non ho tre mani e se le devo
«Me la pagherai, me la pagherai, grosso orso imbalsamato», togliere la fasciatura, non posso alzarle le tette nello stesso tempo».
e io ci credo perché Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, non è tipo L'ospedale del dottor Trapper televisivo è decisamente un'al-
da farsi buttare per le scale. Ma l'orso imbalsamato non lo ascol- tra cosa. Qui gli infermieri e i medici non occupati con i degen-
ta neppure. E Poli Ugo lascia l'APIP. ti, se la tirano nelle sigarette e passeggiano per i corridoi e per le
sale d'attesa impipandosene dei numerosi cartelli incollati alle
Arrivare all'Istituto senza scendere di bicicletta, è impresa pareti e sulle porte. "In ospedale non si fuma". "Chi non ottem-
ardua anche per chi, come Poli Ugo, è abituato a pigiare sui pera al divieto di fumare negli ospedali verrà punito con l'am-

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menda da lire cinquemila a lire ventimila". "Non fumare negli
ospedali è segno di civiltà". Poli Ugo, vice ispettore aggiunto,
prende nota, scuote il capo e borbotta:
«Saprei io come fare. Datemi un mese di tempo e vi rimetto
in ordine le cose. Figuriamoci! Un mese di tempo».
Altri, nel ventennio, la pensavano come lui e avevano in
mente le stesse soluzioni. I risultati li conosciamo.
Intanto, in attesa di disporre del mese necessario all'opera di
pulizia, Poli Ugo si avvicina a due individui in camice bianco,
appoggiati allo stipite di Radiologia e chiede educatamente:
«Perché fumate?». I due si guardano fra loro e il più alto
risponde:
«E a te che ti frega?». Più che risposta, è una domanda.
«Mi frega sì. Favoritemi i documenti». E mostra i suoi.
Prende nota di nomi e indirizzi e conclude:
«Riceverete una citazione». Non è vero, non se ne farà nulla,
ma gli piace mettere nei pensieri due che se ne sbattono della
legge e dei cartelli.
Li mette tanto nei pensieri che, dopo aver intascato i docu-
menti, i due si allontanano tirando pacifici nelle sigarette.
All'ufficio personale, la patente di questurino infilata, tanto
per non correre rischi, sotto il naso dell'impiegato, gli dà diritto
a conoscere, primo: Puletti Giuliana ha frequentato, cinque anni
or sono, il corso professionale per infermieri diplomati, ottenen-
done regolare diploma; secondo: al termine del corso Puletti
Giuliana venne assunta presso l'ospedale dove prestò servizio
per tre anni; terzo: al termine di tre anni di attività, Puletti
Giuliana si licenziò per motivi di salute; quarto: dal giorno del
suo licenziamento, non si sono più avute notizie dell'infermiera
Puletti Giuliana. Con questi elementi in mano, Poli Ugo va a
sedere nel piazzale antistante la chiesa, a respirare l'aria fresca
che scende dalle colline. Spazia, pensieroso, lo sguardo sulla
piana che si stende in basso, verso nord; ascolta il borbottio del
traffico che monta infiltrandosi nel verde, segue i passi lenti e cal-
colati di due domenicani in bianco, passeggianti nel piazzale.

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Tutto ciò porta a un qualche risultato, visto che, dopo una
mezz'ora, lo Zoppo alza il culo dal muretto, annuisce a se stes-
so e, bici a mano, si avvia al cancello. Pare soddisfatto e ne avrà
certo motivo, ma lo tiene per sé. Se in questura tutti pensassero
e lavorassero al suo ritmo...
La discesa è distensiva: basta tenere le mani sui freni e lasciar-
si accarezzare dall'aria primaverile. A porta Castiglione lo
Zoppo è di nuovo nel caotico traffico cittadino.
Seduto al tavolo del suo ufficio, consulta un registro alfabeti-
co vecchio di anni e ferma l'indice su "Puletti Giuliana, spaccio
e uso di sostanze stupefacenti". Dal numero segnato a fianco del
nome risale a una cartella polverosa infilata, assieme ad altre,
negli scaffali dell'archivio. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è
un archivista con le carte in regola, ordinato e preciso.
Soprattutto con una memoria di ferro.
Nella cartella ci sono le foto segnaletiche di Giuliana.
Allora portava capelli corti, li aveva scuri e il suo viso era pal-
lido e scavato come quello dei drogati. Gli occhi erano cerchia-
ti di scuro. Nella foto, Giuliana ha l'aspetto più attempato di
oggi. La droga fa di questi scherzi.

Seguire Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, mentre si sposta in


città, non è impresa da poco. Intanto usa la bicicletta, poi non si
ferma mai. Neppure per bere un caffè. Per essere un uomo a tre
gambe, dovrebbe arrivare a sera abbruttito dalla stanchezza e
con l'unico desiderio di buttarsi sul letto per dormire.
Il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani e l'infermiera-segreta-
ria-amante escono dallo studio tenendosi per mano come due
innamorati. Si avviano verso Piazza Maggiore e Poli Ugo li lascia
al loro destino. Attende, seduto sulla bicicletta, la spalla al
muro, che i due spariscano alla vista e poi assicura il veicolo e si
avvia al portone dello studio medico.
Non so come possa accadere, ma le chiavi per entrare nel-
... ascolta il borbottio del traffico l'ambulatorio sono nella tasca della sua giacca.
che monta infiltrandosi nel verde ... «Quando le hai rubate?».

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«Rubate: figuriamoci. Le ho prese a prestito e poi le resti-
tuirò». Di una onestà che fa vergogna. Le ha prese a prestito
quando si è fermato, schiena alla ragazza, davanti alla porta e
prima di uscire dall'ambulatorio. Diavolo d'uomo! E Giuliana si
sarà chiesta dove saranno finite le chiavi che sempre erano appe-
se all'interno della porta dell'ambulatorio.
Poli Ugo scartabella l'agenda degli appuntamenti e, alla data di
ieri, ci sono nomi con a fianco delle note. Ore nove: signora
Cavazzutti. Visita. Ore nove e trenta: marchesa Giusti del Porto
Vignoli. Controllo generale. Ore dieci: professor Critoni. Controllo
esami e pressione. Ore dieci e trenta: signora Prestelli Vigano.
Annullato. Ore undici: ingegner Costa. Annullato. Ore tredici:
Delmastri. Annullato. Tutte le visite annullate riguardano il perio-
do nel quale il dottor Angelo è stato occupato con lo Zoppo.
Nello schedario Poli Ugo trova le cartelle cliniche con l'indica-
zione dell'attuale stato fisico e mentale dei clienti rimandati a
casa. Signora Prestelli Vigano, ingegner Costa, dottore Del
Giudice. Di Delmastri non si trova cartella: sarà un poveraccio o
una poveraccia, visto che nell'agenda non è indicato neppure con Quando si dice impeccabile
un modestissimo "signor" o "signora". Inoltre non possiede car- come un maggiordomo
tella clinica ed ha appuntamento per le ore tredici. Orario scomo-
do. Insolito e nel quale l'ambulatorio è chiuso da almeno un'ora.
Lo Zoppo chiude diligentemente lo studio medico portandosi
via le chiavi. Rientra nell'alberghetto per concedersi un riposo.
Che consiste nel togliersi le scarpe e i calzoni e nel sedersi sul letto
per massaggiare la gamba destra allo scopo di riattivare la circola-
zione del sangue e riscaldare i muscoli rattrappiti. Poi una doccia.
È fortunato e il primo bagno che tenta è libero e non deve
rifarsela con i clienti o con il portiere.
Al portiere dice:
«Venite a chiamarmi alle ore ventidue. Precise».
«Vada tranquillo, dottore: conosco le sue abitudini». E ci sor-
ride sopra.
Lo Zoppo si mette a letto, sotto le coperte, ed è un orario inso-
lito per dormire: il sole è tramontato da poco. Dovrò abituarmi
alle strane consuetudini di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto.

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Chi ha soldi in più da spendere, siede a un tavolo e in tal caso
il piatto viene deposto davanti al cliente da un cameriere scorte-
se e indisponente che si trova là solo per far piacere al cliente,
ma che, se dipendesse da lui, sarebbe a pescare, che gli piace e
si diverte di più. Ma anche al tavolo i sapori non mutano.
Sempre sale. Ed è logico: al tavolo o al bancone, le vivande esco-
no dalla stessa cucina, dagli stessi fori nell'acciaio inossidabile,
oltre la vetrata.
Al terzo pasto consecutivo, il bruciore allo stomaco fa nasce-
re dei dubbi sulla capacità digestiva del cliente. Mai sulla quan-
tità dell'alimentazione.
Una tavola calda così fatta è ciò che ci vuole per uno scorte-
se e indisponente Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, alle dieci e
trenta di sera. Con lui le vivandiere non si divertono e le battu-
te di spirito si scontrano con un viso serio e uno sguardo che
A pochi passi dallo squinternato albergo di quarta categoria, c'è nulla concede. Per cui, al secondo tentativo di familiarizzare,
una altrettanto squinternata tavola calda aperta fino alle due di desistono e servono in silenzio salvo rifarsi sul prossimo cliente.
notte. Ci si siede al bancone e si aspettano i comodi delle ragaz- Spaghetti al pomodoro, due fettine di formaggio, sei grissini,
ze che dovrebbero fare le casalinghe, ma hanno scelto una gra- un bicchiere d'acqua di rubinetto, al cloro, e quattro prugne
tificazione più gratificante. Conoscono quasi tutti i clienti, li cotte al vapore. Seimila e cinquecento lire, mancia esclusa, che
guardano e sorridono. Poi consegnano un tovagliolo, le posate e Poli Ugo paga alla cassa, sulla strada dell'uscita.
un bicchiere. Chiedono: «Il solito?» e hanno pronto un altro Poi è pronto a riprendere il lavoro. Alle undici di sera! Come
bicchiere pieno di birra o la mezza di acqua minerale. Dietro il una iena che, di notte, sfodera le unghie e si mette alla ricerca di
bancone e dietro le ragazze, una vetrata aperta in basso, separa carogne da spolpare.
l'ambiente dalle cucine dove gli addetti, tutti uomini, lanciano Giuliana Puletti si trova davanti lo Zoppo che certo non
con precisione i piatti confezionati sul piano portavivande. attendeva; si ritira nel corridoio senza chiudere la porta dietro
Come i muratori che si passano al volo i mattoni. «Il signore l'ospite entrato in casa. Chiude Poli Ugo. E sorride, ma non ras-
desidera riso?». Due cazzuolate di riso arrossato da pomodoro sicura la ragazza. Nel salotto, il televisore è acceso e la ragazza
e il piatto è pronto e vola a mezz'aria verso il piano portavivan- non è ancora preparata per la notte; indossa lo stesso abitino
de, accompagnato dal grido del cuoco: «Risotto burro e oro per leggero che in ambulatorio le fasciava i fianchi e il petto, senza
il dottore!». Lo stesso per i maccheroncini. nascondere.
Minestre, secondi, contorni. Tutto raccolto da fori praticati «A quest'ora? Che vuole? Guardi che c'è Angelo e lei non se
su un piano di acciaio inossidabile. E ogni cosa ha lo stesso iden- la caverà come...». Lo Zoppo usa il bastone per premere il pul-
tico sapore. Sale. sante e spegnere il televisore. Poi dice:

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«Il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani ha preso il treno delle «Non mi sento porco, ma lo diventerò. Per te». Senza guar-
venti e trentadue per Milano. O sbaglio?». Giuliana non rispon- darla e seguitando a giocare con la frangia del tappeto. Chiede:
de. «Almeno così è indicato nell'agenda dello studio. Non fare «Chi è Delmastri e perché non esiste una cartella clinica a suo
la furba con il sottoscritto. Te l'ho già raccomandato». Porge a nome? Era o no un appuntamento professionale?». Giuliana
Giuliana le chiavi dell'ambulatorio. «Restituisco e ringrazio». prende tempo e va a versare da bere. Whisky, naturalmente. O
«Le aveva rubate lei!». forse whiskey, all'americana. Non ne offre allo Zoppo. Poi siede
«Rubate: figuriamoci! Ecco qua». Tende sempre la mano con di fronte al questurino, posa bicchiere e bottiglia, Canadian
le chiavi e visto che Giuliana non le ritira, Poli Ugo le posa sul Club, sul tavolino che li divide. «Te la tratti bene: whisky cana-
tavolo. «Mi sono limitato a consultare le schede e l'agenda...». dese dal gusto e dall'aroma molto tenui. L'ideale per una ragaz-
«Lei è un maleducato!». Non è un'offesa grave, ma è la prima za come te».
venuta in mente alla ragazza e Poli Ugo la tollera senza proteste. «Amo le cose buone».
Giuliana continua: «Come si è permesso di entrare in ambu- «E il dottor Angelo è fra le cose buone che ami. Che mi dici
latorio e frugare... È reato e il dottore la denuncerà certamen- di Delmastri?».
te!». Arrabbiandosi, alza il capo e spalanca gli occhi; il petto le «Delmastri non è un cliente e viene allo studio di tanto in
si solleva e le si abbassa per seguire i toni alti della voce. Il seno tanto, fuori orario di visita, per parlare con Angelo. Di nome fa
giovane e sodo si indovina, appena velato dall'abito. È proprio Giuseppe».
lì, sul seno, che Poli Ugo guarda con insistenza. «Il dottore la «Dove posso trovarlo?».
denuncerà». «Non lo so».
«Lo farà di certo se tu glielo dirai. Ma tu non lo farai e te ne «Quanti anni ha?».
starai buona e quindi non c'è pericolo». «Non lo so».
«Starò buona? Io glielo dirò, gli racconterò, appena tor- «Di che parla con il dottore?».
nerà...». «Non lo so». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, lascia il gio-
«Io sostengo che non lo farai: hai tutto da perdere». Passa il chino fra bastone e tappeto, alza gli occhi a Giuliana e chiede:
bastone nella sinistra e, con la destra, mima una siringa che si «Ma che razza di segretaria sei, se non conosci...».
pianta e inietta. «Capito? Lascia quindi le minacce, ascoltami e «Sono una segretaria che si occupa delle cose d'ufficio».
rispondi a tono. Sono stanco di correre dietro a informazioni «Allora che amante sei? Un'amante che si rispetti sa tutto
che tu potresti passarmi con tutta facilità». Siede sulla poltrona dell'altro».
e gioca con la punta del bastone nella frangia del prezioso tap- «Lascio ad Angelo la sua vita privata e Angelo lascia a me la
peto. Il gesto mimato dallo Zoppo ha gelato la ragazza che, in mia».
piedi di fronte al questurino, lo fissa in silenzio. Ha capito che Lo Zoppo annuisce.
lo Zoppo ha il pelo sullo stomaco, ha capito che non le lascerà «Bene, siete due persone moderne e a posto. Ma io non ci
scampo e allora tanto vale cambiare tono e trattare lo Zoppo credo a queste chiacchiere di amanti liberali. Allora: chi è
come lo Zoppo tratta lei. Delmastri?».
«Hai ragione tu, almeno per ora. Ma sei un porco!». «Non lo so!». È testarda quanto lo Zoppo. Oppure non lo sa

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realmente. «Si chiama Giuseppe, viene una o due volte al mese attendendo il Delmastri in ambulatorio e avvertendo, una volta
e sempre in orari nei quali io non sono in ambulatorio o sto per giunto, alle ore tredici, che il dottor Angelo Pomelli
andarmene». Lo Zoppo si lascia convincere. Non può far altro. Parmeggiani non lo avrebbe ricevuto per sopravvenuti indero-
«Quindi l'hai almeno veduto». Giuliana annuisce. gabili impegni». Anche a questo non avrei pensato, ma neppu-
«Descrivilo». re faccio, di mestiere, l'infermiera-segretaria-amante. Giuliana
«Alto, scuro di pelle, capelli neri e lisci, baffetti sottili, educa- continua: «Un'altra cosa: mi guardo bene dal prenderti in giro
to e silenzioso come...». perché ho capito che razza di maiale sei».
«...come un maggiordomo». Giuliana annuisce ancora. «Che altro hai detto al Delmastri?».
«E vuoi farmi credere di non sapere chi sia? Mi hai appena «Che il dottore si sarebbe messo in contatto con lui per fissa-
disegnato il ritratto del cameriere personale di Marzia Frabetti re un nuovo e definitivo appuntamento. Il signor Delmastri mi
in Pomelli Parmeggiani». Pare che a Giuliana la cosa torni ha salutato educatamente e se n'è andato. Ti basta?».
nuova. Oppure è una attrice consumata. Sorride, beve un sorso «No, ma devo accontentarmi. Sei più furba di quanto pensas-
di Canadian, scuote il capo e mormora: si».
«Che accidenti viene a fare in ambulatorio, quello, ogni «Allora se vuoi scusarmi...». Si alza e accende il televisore,
mese?». intendendo, con ciò, che il colloquio deve considerarsi conclu-
«Lo chiedo a te. O chi altri me lo può dire?». so. Lo Zoppo rispegne e dice:
«Non io: non lo chiederò mai ad Angelo. Se ha ritenuto di «Ti sbagli: non ho finito».
non parlarmene, avrà le sue buone ragioni». «Che altro vuoi?».
«Io devo saperlo!». Con lenti gesti del capo, Giuliana conti- «Te». Giuliana lo guarda e allora lo Zoppo scoppia a ridere.
nua a negare. Poi, decisa, conferma: «Non hai capito. Parliamo di te».
«No, no. Questa volta hai sbagliato indirizzo. Non da me». «Di me? Non c'è molto da dire. Ho vent'anni, sono infermie-
«Credi che se lo chiederò al Delmastri, mi dirà che viene a ra diplomata, abito qui...». Lo Zoppo la interrompe:
fare in ambulatorio?». «Angelo sa che sei drogata?». Giuliana riprende a fissare il
«Non vedo perché non dovrebbe». questurino con odio, poi scuote il capo, delusa, slaccia le mani-
«Figuriamoci». Una pausa e poi: «Una volta al mese, dici?». che dell'abito e le arrotola oltre il gomito.
«Una o due». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, si alza e si Porge e mostra le braccia dicendo:
avvicina alla ragazza. «Ero drogata. Ero. Non lo sono più». Lo Zoppo sfiora le
«Non mi stai prendendo in giro? Io credo di sì. Come hai braccia della giovane con i polpastrelli della sinistra e sorride.
potuto annullare tutti gli appuntamenti se non sapevi chi fosse «Angelo sa che "eri" drogata?». Giuliana, su questo argo-
Delmastri né dove raggiungerlo telefonicamente?». mento, è decisa:
Un particolare al quale non avrei mai pensato! Ma il mio «Non lo sa e tu non glielo dirai! Non te lo permetterò».
mestiere non è questurino. «Vedremo, vedremo. Dipenderà dal tuo comportamento.
A Giuliana la cosa non disturba e dice, tranquilla: Come sei uscita dalla droga?».
«Ho potuto annullare tutti gli appuntamenti semplicemente «Semplicemente volendo uscire. E con il ricovero in una

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buona clinica. Dopo, Angelo ha fatto il resto. Voglio dire che ho atto di teppismo che sarà rivendicato dai Gruppi Rivoluzionari
incontrato Angelo subito dopo la cura disintossicante e il suo Ecologisti.
affetto e il lavoro che mi ha offerto, mi hanno aiutata a venirne Lo Zoppo si cela dietro una colonna, punta il bastone, impu-
fuori». gnato a fucile, e fa fuoco cinque volte. Così vorrebbe risolvere il
«Affetto: figuriamoci!». Lo Zoppo deve aver concluso visto problema dei GRE.
che si avvicina al televisore e l'accende. Poi va alla porta e «E impedirei pure all'ambulanza di raccogliere i feriti. Una
Giuliana lo accompagna. Forse perché non si ripeta l'esperi- sanata a base di piombo e una lavata con le autobotti dell'azien-
mento delle chiavi nello studio. Prima di uscire, lo Zoppo fissa da per la nettezza urbana. Una sanata per notte fino alla com-
il volto della ragazza e dice: pleta pulizia della città». È un modo come un altro e c'è chi
«Io credo poco ai recuperi da droga. Credo poco. Questione pensa sia efficace. Una statistica in tal senso riserverebbe sorpre-
di tempo e poi...». La fissa più del lecito. Basterebbe che alzas- se ai democratici cittadini.
se le mani per sfiorarle la gola e accarezzarle il seno sopra il Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, riprende verso l'alberghet-
cotone dell'abito. Sta per farlo, ma si ferma e ripete: «Ci credo to di quarta categoria e transita a fianco del contenitore in fiam-
poco. Arrestata per spaccio di eroina, drogata, trenta giorni di me. I ragazzi sono ormai lontani lungo la via Rivareno e il suono
ospedale e sei mesi di carcere. Rimessa in libertà, hai ripreso a di una sirena dei vigili del fuoco si avvicina.
drogarti e sei finita dentro altre due volte per prostituzione e Il portiere di notte sonnecchia dietro il bancone e lo Zoppo
tentativo di scippo ai danni di una vecchietta che aveva appena lo sveglia con poca grazia battendo il bastone sul tavolo.
ritirato la sua pensione di vecchiaia. Ci credo poco io ai recupe- «Dica, dottore».
ri da droga!». Ha letto con attenzione il fascicolo personale di «Una coperta. La voglio bionda, capelli lunghi, ventitré anni,
Giuliana. Da buon archivista. alta un metro e sessantotto». Ha appena descritto Giuliana
«Crepa!». Gli chiude la porta sul muso. Puletti.
Poli Ugo se ne va. È arrivato a piedi perché l'abitazione del «Vedrò di accontentarla, dottore».
dottor Angelo Pomelli Parmeggiani è in centro, a pochi passi «Se non la trovate come la desidero, meglio che lasciate per-
dalle due torri, proprio in una zona da professionista che si dere. Mi sono spiegato? Non fate come l'altra volta».
rispetti. Sale le scale e si dà una rinfrescatina al lavandino della stan-
Le strade sono deserte; è difficile, oggi, godere le notti di pri- za. Poi, vestito, si sdraia sul letto e attende, fissando il soffitto.
mavera, in centro.
Pensa al caso Luca Pomelli Parmeggiani o pensa al bel corpo
Non so se la iena, uscita a cercare il pasto, si sia saziata. giovane di Giuliana Puletti?
Non lo so perché la iena non parla. Passeggia sotto i portici e
La ragazza che gli entra in camera non assomiglia all'infer-
la penombra dei lampioni stradali disegna un altro Zoppo che si
miera, ma ha i requisiti richiesti e, con un minimo di fantasia e
deforma contro il muro o sfugge fra le colonne del portico in un
nella penombra della stanza, può ingannare i gusti perversi di
procedere sgraziato a tre gambe. In via Galliera, di fronte alla
Poli Ugo. Che si alza dal letto e dice:
chiesa della Pioggia, cinque giovani stanno appiccando fuoco al
contenitore di spazzatura e domani il giornale locale parlerà di «Ti chiamerò Giuliana».
«Io mi chiamo Giuliana». Ha la voce chioccia di una ragazzi-
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na cresciuta male. Nulla da spartire con il tono basso e caldo «Digli... Aspetta. Si chiama Sarti Antonio?».
dell'infermiera-amante-segretaria. «Sarti Antonio, sì. Sergente. Un tuo collega».
«Sta' zitta e spogliati». Anche il profumo che la ragazza usa è «Non è un mio collega: è un subalterno. Digli che se proprio
volgare, ma che attendersi? non può farne a meno, lo aspetterò al laghetto dei Giardini alle
«Sto zitta, va bene, ma mi chiamo Giuliana lo stesso. Vera- dieci di questa mattina». Sta per riattaccare, ma sospende e dice:
mente». «Preparami una cena come si deve. Sono stanco di tavola
Si spoglia e lo Zoppo la spinge sul letto, violentemente, e le calda».
sale sopra vestito. Accarezza il seno della puttanella e chiude gli «Torni a casa?».
occhi. La ragazzina insiste: «Giuliana. Puoi controllare sulla «Questa sera. Ma solo per mangiare». Toglie la comunicazio-
patente. Mi chiamo Giuliana». ne mentre dall'altro capo la signora sta informandosi su cosa
«Sta' zitta!». Ce la mette tutta e borbotta: «Giuliana, il tuo desideri mangiare questa sera Poli Ugo.
Angelo sa fare di meglio?». È il suo modo di sfogare la repres-
sione. Contento lui... Non ho dati che confortino la mia tesi, ma sono dell'avviso
Lo lascio al suo destino, per qualche ora. che il laghetto dei Giardini sia il più inquinato del mondo inte-
È mattino quando la Giuliana di una notte lascia la camera di ro. È uno sputo di laghetto e dentro c'è di tutto. Dalle siringhe
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto. Lui resta a letto ancora per un ai preservativi usati, dai tampax alle mutandine sporche, dai
poco. Fino a quando il portiere viene a bussare alla porta della pesci con il colera ai bacilli della sifilide.
stanza. Ultimamente scaricano nel laghetto anche i gabinetti provvi-
«Mi scusi, dottore, la desiderano al telefono». È la signora sori del Settimo Cielo, una delle numerose manifestazioni estive
Poli e il tono della sua voce è imbarazzato. montate per allietare le serate dei cittadini. Le quattro anitre che
«Mi spiace, Ugo. Mi spiace veramente. So che non devo erano sopravvissute, sono morte di tifo. Dalle acque sale il tanfo
telefonarti, ma credo sia importante. Ti ha già cercato tre volte di putrido che disturba fino le residue ranocchie. Che cerche-
e ogni volta ripete che si tratta di una cosa urgente e importan- ranno casa altrove. Se la troveranno.
te. Non posso continuare a dirgli che non so dove rintracciarti. Una volta, me lo ricordo bene, ci si faceva il bagno. Nudi.
Non è più credibile: una moglie deve sapere...». Era sufficiente che, a turno, un ragazzo si sacrificasse per gli
«Falla breve. Chi mi ha cercato?». altri e restasse di guardia per avvertire del sopraggiungere del
«Un tuo collega. Non fa che ripetere che è urgente e ha detto vigile urbano. E ci si andava in barca. Da qualche parte, forse
che ritelefonerà ogni mezz'ora fino a quando...». sul banco antico di un tabaccaio, ci sono ancora cartoline dei bei
«Ho capito. Chi?». tempi andati e delle barchette a nolo.
«Me lo ha detto e l'ho segnato su un foglio, ma ora, nella fret- Sarti Antonio, sergente, seduto sui sassi gessosi della riva,
ta, non trovo dove l'ho segnato. Ha detto di essere sergente, me getta nelle putride acque, ogni tanto, un rametto secco o un sas-
lo ricordo bene». solino. E aspetta. Poli Ugo lo raggiunge con comodo.
«Sergente. Figuriamoci». «Che c'è di tanto urgente?». Neppure un cenno di saluto.
«Che gli dirò la prossima volta che...». «Ti ho cercato in ufficio e poi a casa...».

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«Lo so. Ora sono qui. Che vuoi?».
«Di che accidenti ti stai occupando, attualmente?».
«Di nulla: sono in permesso».
«Mi racconti balle. Io ti conosco: già un'altra volta ti sei fre-
gato due settimane di permesso annuale solo per dimostrarmi
che le mie indagini erano errate».
«Lo erano?».
«Non lo saprò mai. Non sono riuscito a capirlo. Sei piuttosto
difficile da capire».
«E tu non ci provare. È questo che volevi sapere?».
Sarti Antonio, sergente, trattiene ancora il Poli Ugo.
«Ti occupi della morte di Luca Pomelli Parmeggiani?».
È quanto voleva sapere, ma lo Zoppo, prima di rispondere, si
appoggia al tubo orizzontale della bicicletta.
«Mi occupo del mio tempo libero. Lo utilizzo come mi pare».
«E tua moglie non sa dove sei? A chi la racconti?».
«A te. Non desidero che mi si rompano le balle. Come stai a
fare tu, ora. Ti saluto». Fa ruotare la bicicletta afferrandola per
il sellino, ma non se ne va perché ora è lui che deve chiedere.
«Hai delle novità sul caso Pomelli Parmeggiani?». Sarti
Antonio, sergente, annuisce. «Bene. Puoi ritirare dall'archivio il
tuo rapporto e aggiornarlo».
«Ci sono andato, ma non ho trovato il mio rapporto. Non c'è.
Non può che essere chiuso a chiave nel cassetto della tua scriva-
nia. Oppure te lo sei portato a casa?». Poli Ugo ci ride:
«Sì, l'ho portato a casa per imparare a compilare i rapporti».
«Come vuoi: in archivio non c'è e io ho delle novità».
«Sentiamole». Sarti Antonio, sergente, alza il sedere dai sassi
e si avvia all'uscita dei giardini. Poli Ugo, vice ispettore aggiun-
to, lo raggiunge spingendo la bicicletta. Ascolta con una certa
sopportazione quello che il sergente gli va raccontando.
«Dunque, Patrizia, la figlia della portinaia, mi ha telefonato e
mi ha detto di aver ricordato qualcosa. Di interessante, forse».
«Sei già stato da lei?».

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«No. Mi farebbe...». È dura da ammettere e Sarti Antonio,
prima, schiarisce la voce. «Mi farebbe piacere se venissi anche
tu». Si ferma per vedere l'effetto delle sue parole sul collega.
«Che ne dici?».
«Che ti farebbe piacere».
«Vieni?». Ancora nessun segno dal Poli Ugo.
Parcheggiata sui viali c'è l'auto ventotto e al volante c'è Felice
Cantoni...
«Ci vediamo dalla portinaia: io arriverò prima di te, in bici-
cletta».
La ventotto arriva prima della bicicletta, naturalmente, ma
Sarti Antonio, sergente, resta a bordo e scende solo quando
vede, di lontano, la sagoma inconfondibile di Poli Ugo a pedali.
Poi lo attende sul portone dell'antico fabbricato e suona il cam-
panello della portinaia appena lo Zoppo gli è a fianco.
La portinaia, solito fazzoletto in capo, apre e occupa l'intero
vano. Chiede, senza molto garbo:
«Che vuole ancora?».
«Parlare con Patrizia».
«Non è in casa». Dalla cucina arriva la voce giovane della
ragazza:
«Chi è, mamma?».
«Nessuno». E chiude la porta costringendo i visitatori ad una
seconda scampanellata. Questa volta apre Patrizia, dopo aver
detto qualche parola alla madre.
«La scusi. Sa come sono le madri...». Lo Zoppo dice:
«No, non lo so. Come sono?».
«Be', vogliono proteggere i figli ad ogni costo».
«Da cosa, se è lecito?». Patrizia non risponde. Guarda Sarti
Antonio e guarda lo Zoppo. Poi fa loro un cenno d'attesa e dice:
«Aspettatemi. Torno subito». Ritorna e ha una borsetta al
braccio e un fazzoletto colorato al collo. «Fuori casa si parla
meglio».
... domani il giornale locale parlerà di atto di teppismo
che sarà rivendicato dai Gruppi Rivoluzionari Ecologisti. Patrizia in mezzo, Sarti Antonio alla sua sinistra e lo Zoppo

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alla destra, se ne vanno lungo i portici verso porta Saragozza.
Nessuno parla fino ai giardinetti dove Patrizia siede su una pan-
china e dice:
«Ho ricordato che, scendendo le scale dall'appartamento di
Luca, quella domenica sul mezzogiorno, incontrai un signore
che saliva. Si recava certamente da Luca». Sarti Antonio chiede:
«Come mai ne sei tanto sicura?».
«La domenica gli uffici sono chiusi e lungo quella scala ci
sono solamente uffici e l'appartamento di Luca».
«Chi era il signore? Lo conosci?». Patrizia fa segno di no con
il capo e, prima di riprendere, pensa a lungo. Mette a fuoco l'in-
contro e poi conclude:
«No, non lo conosco, ma era un signore molto strano: alto,
magro, scuro di pelle. Portava baffetti sottili come un attore del
cinema degli anni trenta. Saliva in silenzio e, incontrandomi, si
fece da parte per lasciarmi il passaggio. Chinò persino il capo in
segno di saluto. Educato, gentile, impeccabile come... co-
me. ..». Non trova la parola e lo Zoppo l'aiuta:
Una signora
«Come un maggiordomo inglese». insignificante

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vizio, signora?». La domanda stupisce la signora che però rispon-
de educatamente, come una signora deve fare con i subalterni.
«Non vedo il nesso... Da una decina d'anni».
«È stato veduto da un testimone salire le scale verso l'apparta-
mento di Luca, sul mezzogiorno di quella domenica». Anche
quando sorride, Marzia Frabetti non muta gran ché d'espressione.
«Santo cielo. Lo so bene. Io stessa l'avevo mandato a prele-
vare Luca. Santo cielo, a cosa sta pensando, sergente?».
L'ipotesi di Sarti Antonio deve aver scosso le residue speranze e
la residua fiducia che Marzia riponeva nelle forze dell'ordine.
«Ma le sembra possibile che...». Va alla porta e chiama:
«Giuseppe!». Silenzioso come un maggiordomo, Giuseppe
entra in salotto.
«Signora?».
«Racconti al sergente che andò a fare da Luca, la domenica
Giuseppe Delmastri è nato maggiordomo ed è difficile riuscire che poi...». Giuseppe annuisce e si rivolge a Sarti Antonio, ser-
a immaginarlo diverso da come si presenta agli ospiti di casa gente.
Pomelli Parmeggiani. Rispettoso, discreto, educato. Con un «La signora mi aveva ordinato di andare a prendere il signo-
tono di voce basso e accondiscendente mormora: rino Luca per accompagnarlo, con l'automobile, alla messa in
«Si accomodi, prego. La signora la raggiungerà subito». San Giacomo. Poi, al termine della messa, lo avrei accompagna-
La signora Marzia Frabetti, insignificante come sempre e to qui, in villa, per il pranzo». China il capo e si ritira in dispar-
come sempre elegantissima, saluta Sarti Antonio, sergente, con te. La signora Marzia completa l'informazione:
la distaccata indifferenza dei ricchi verso chi è destinato a servir- «Era un rito che io e Luca compivamo una volta al mese: ci
li. Resta convinta che la polizia, pur facendo del suo meglio, non incontravamo in San Giacomo, si assisteva insieme alla messa e
riuscirà ad arrivare a una conclusione e lo dice senza malanimo. poi si pranzava qui da me». Il ricordo l'ha intristita e dal viso sla-
Così, semplicemente: «Non è colpa vostra, purtroppo. È la vato e insignificante, è sparita l'ombra del sorriso. Il corpo
situazione che non permette vie d'uscita. E io mi sono formata minuto della signora non è fatto per accendere la fantasia degli
la convinzione che il mio Luca sia stato ucciso. Che posso fare? uomini. La curva dei fianchi è appena accennata, il seno appena
Accettare? Non me la sento. D'altro canto sono conscia che la si indovina e le gambe, scoperte fino al ginocchio, sono anoni-
polizia sta muovendosi fra innumerevoli difficoltà. Mi chiede me. «Ma quella domenica non venne. Mi fece riferire da
se...». Rinuncia e scuote il capo, delusa. Poi riprende cambian- Giuseppe che proprio non poteva e che ci saremmo incontrati
do argomento. «Ma lei è venuto a cercarmi. Che posso fare? la successiva domenica». Gli occhi le si inumidiscono. «La
Che desidera?». domenica successiva...». Scuote il capo. «Non c'è stata una
«Quel Giuseppe Delmastri... Da quanto tempo è al suo ser- domenica successiva».

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«Non ha detto il motivo per cui non poteva venire?». La ché è la sola cosa logica da fare. Poli Ugo, che non si fida com-
signora guarda Giuseppe e gli fa cenno. E lui risponde: pletamente della relazione che gli ha fatto Sarti Antonio, spinge
«No. Mi disse solo che era spiacente. È tutto». la bicicletta lungo via Bellinzona e la deposita all'interno del
Quanto l'auto ventotto scende a valle, l'indagine non si è giardino di villa Pomelli Parmeggiani. Dimostra la propria diffi-
mossa di un palmo dalla precedente situazione. Il resoconto che denza legando a due giri di catena la ruota posteriore ai montan-
Sarti Antonio fa allo Zoppo, sempre ai Giardini, è ampio ed ti del cancello.
esauriente quanto inutile. E lo Zoppo ne è contento. Giuseppe Delmastri, contrariamente alla sua abitudine, si
«Figuriamoci! C'era da aspettarselo. Un assassino non si scompone quel tanto che basta per mostrare sorpresa e si per-
inchina gentilmente al testimone del suo delitto. Figuriamoci». mette pure di eccepire.
Poli Ugo è appoggiato al tubo orizzontale della bici e guarda le «Ancora? La signora sarà indignata: ha appena parlato a un
acque putride del laghetto. Sarti Antonio ha qualcosa che lo tor- suo collega, signore. Lei ritiene sia indispensabile disturbare
menta e chiede: nuovamente la signora? In questi ultimi tempi la signora è molto
«Perché ti sei portato via il mio rapporto?». affaticata e non è più...».
«Che t'importa?». «Non preoccupatevi, signor Giuseppe. Conosco il mio
«M'importa sì». mestiere. Voi annunciatemi alla signora e avrete fatto bene il
«Pura e semplice curiosità. Il rimanere in archivio, inerte, ha vostro». Giuseppe non polemizza oltre e accompagna lo Zoppo
sviluppato il mio senso critico. È come per le parole crociate: ci nel salotto. La signora Marzia è su di giri:
si prende gusto e si è tranquilli solo a soluzione completata. Ci «Mi sembra che si stia esagerando, signore». Lo Zoppo si fa
passo il tempo, ecco. C'è chi guarda la televisione, chi collezio- sufficientemente umile. Abbozza un ipocrita sorriso, inclina il
na francobolli... Io leggo i vostri rapporti e ci penso su e mi capo su una spalla e allarga le braccia dispiaciuto.
diverto. Poi li archivio». «La colpa, signora, è del mio scomodo mestiere».
«Senza commenti?». Lo Zoppo alza le spalle: «Non più tardi di un'ora fa, ho parlato...».
«Sciocchezze. Qualche idea inutile». Contrariamente al soli- «So, so, ma a volte è necessario più di un controllo. Lei m'in-
to, ha speso parecchie parole per convincere Sarti Antonio circa segna che due teste...». Un'occhiata all'immobile Giuseppe, un
l'innocuità del suo passatempo preferito. Non ne valeva la pena. altro ipocrita sorriso alla signora e continua, con voce da gatto e
Ma le cose non stanno come le ha dipinte lui. volpe: «Vorrei parlarvi da solo». E quando gira di nuovo lo
La tentazione di riprendere il viaggio sull'auto ventotto... sguardo, Giuseppe non è più in salotto. Malfidato com'è, zoppi-
La curiosità di conoscere la fine della storia... ca fino alla porta e guarda in corridoio. La signora non tollera.
L'infingardaggine a percorrere strade diverse dalle consue- «Il suo è un modo di comportarsi davvero maleducato».
te... Sarti Antonio, sergente, mentre entra in un bar a chiedere Poli Ugo allarga di nuovo le braccia, desolato:
un buon caffè... E allora dico: «Avevi ragione: star dietro a Poli «Purtroppo». Parla sottovoce e vicinissimo al viso di Marzia.
Ugo è una noia». Sarti Antonio alza le spalle e la cosa non lo Troppo. Ma la signora non gli cede di un palmo. «Due cose,
riguarda. Se vorrò rimettermi dietro di lui, dovrò chiedergli signora, e poi non vi disturberò oltre: che rapporti ci sono fra il
scusa. Riprendo a seguire Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, per- maggiordomo Giuseppe e vostro marito, il dottor Angelo Po-

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melli Parmeggiani?». Di attraente Marzia ha il profumo che usa. «Per questo ha tenuto per sé certe informazioni?».
Non è un gran merito, ma le resta il buon gusto di averlo adot- Marzia annuisce e continua:
tato. «La droga sta invadendo la città, la polizia conosce gli spac-
«Nessun rapporto. Giuseppe è al mio servizio, io lo pago e ciatori e i consumatori. Che ha fatto? I ragazzi come Luca con-
non vedo che c'entri Angelo». tinuano a morire». Poli Ugo alza l'indice della destra e chiede il
«Neppure io lo vedo. Tant'è che mi sono meravigliato quan- permesso d'intervenire, ma la signora lo nega. «So bene che
do ho appreso...». Interrompe e torna alla porta per un control- avete la mani legate: conosco la situazione delle carceri e sono al
lo al corridoio. E di nuovo Marzia non lo sopporta e dice: corrente dell'inutilità degli arresti. Un'autorità che si rispetti
«Sta diventando ridicolo, ispettore». avrebbe comunque, trovato una via d'uscita. O non la si vuole
«Vice ispettore aggiunto». Riprende la posizione a un palmo una via d'uscita?».
dal viso di Marzia. O gli piace il profumo o tenta di metterla a «Quale potrebbe essere, a suo parere?».
disagio. Non ci riuscirà: Marzia, insignificante e bruttina quan- «Non sta a me. E, sempre per onestà, le dirò che non credo
to si vuole, possiede carattere e lo Zoppo non l'intimidirà. assolutamente alla morte accidentale del mio Luca».
Sostiene lo sguardo e la vicinanza del questurino e gli dice, senza «Omicidio volontario, allora?». Marzia annuisce. «Lo credo
timore, il proprio parere. anch'io, signora. E visto che la pensiamo allo stesso modo, par-
«Io sono abituata a frequentare gente onesta. Giuseppe tor- latemi dei rapporti fra Giuseppe e il dottor Angelo».
nerà in salotto solamente quando io lo chiamerò. Veda di non «Ancora per onestà, le dirò che la sfiducia nella polizia mi
insistere con il suo assurdo comportamento da film, signor vice costringe a condurre personalmente certe indagini che ritengo
ispettore aggiunto». Lo Zoppo ha trovato del duro per i denti. trascurate dall'autorità».
Annuisce e riprende, allontanandosi da Marzia, dal punto in cui «Non esiste legge, decreto, norma o consuetudine che lo vieti,
era stato interrotto: gentile signora. Almeno fino a quando non intralcerete le indagi-
«.. .quando ho appreso che il vostro maggiordomo e il dottor ni ufficiali». Più ruffiano di così, si muore. «Volete parlarmi di
Angelo si incontrano spesso: almeno una o due volte al mese». Giuseppe, allora?». Marzia sorride alla cocciutaggine di Poli Ugo.
Marzia non si mostra sorpresa: «Vedo che lei non molla la presa. L'avverto che è sulla strada
«Di tutti gli agenti che mi è capitato di incontrare durante que- sbagliata».
sti brutti giorni, lei è certamente il più intrigante e il più subdolo. «Appena me ne accorgerò, cambierò pista».
Per ciò, forse, riuscirà ad approdare al minimo che sia alla porta- «Lei comincia ad essere più simpatico. Dunque, torniamo a
ta della questura». Poi, ritenendo che valga la pena continuare il Giuseppe. Io e Angelo, al momento della separazione, ci accor-
discorso, decide di farlo comodamente: siede e indica una poltro- dammo sul mantenimento di Luca e ogni mese sia io che Angelo
na a Poli Ugo. «Prego». Lo Zoppo china il capo e siede. versavamo una uguale cifra sul conto corrente intestato a Luca
«Troppo gentile, signora». e ogni mese Giuseppe era incaricato di eseguire i due versamen-
«E la smetta con la sua aria di falsa modestia e sottomissione. ti in banca. Ecco il motivo per cui Giuseppe e Angelo si incon-
Prima di continuare ho l'obbligo di avvertirla che ho la massima travano almeno una volta al mese. Soddisfatto?». Lo Zoppo
sfiducia nella nostra polizia». annuisce e si alza. Marzia lo ferma con un gesto e poi dice:

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«Non ancora. Al suo arrivo lei mi ha parlato di due cose. La
prima: Giuseppe. La seconda?». Lo Zoppo sorride.
«Che fine ha fatto il tappeto?». Marzia non risponde subito
e, prima, commenta:
«Avevo ragione: lei è il più intrigante fra i suoi colleghi».
«Forse è vero, ma alla questura non se ne sono accorti».
L'ha preso per un complimento e forse lo era.
«Il tappeto. Lei è il solo ad essersene accorto».
«E voi vi siete ben guardata dall'accennarne ai miei colleghi».
«Difendo la mia necessità all'indagine». Si alza e passeggia
per il salotto. Riprende: «Non so dove sia finito il tappeto.
Certo, la domenica mattina, quando Giuseppe entrò da Luca, il
tappeto c'era e Giuseppe ricorda perfettamente di averlo vedu-
to al solito posto». Ancora una pausa con passeggiata nervosa e
poi la conclusione sottovoce: «Se ritroverò il tappeto, sarò vici-
na alla soluzione».
«Lo credo anch'io». Poli Ugo si alza e la signora l'accompa-
gna alla porta.
«Le ho parlato delle mie idee. Vorrei sapere a che punto è lei».
«Mi dispiace, ma io, contrariamente a voi, sono vincolato dal
segreto d'ufficio». Lo ferma mettendoglisi davanti. Piccola e
minuta com'è, fa ridere la sua aria di sfida e la sua presunzione.
«Lei non uscirà se prima...». Poli Ugo sorride.
Basterebbe una spinta e Marzia... Ma è accondiscendente e
regala qualcosa anche lui.
«Va bene. La mia idea è che Luca sia stato ucciso mentre si
tentava di iniziarlo alla droga. Gente che lui conosceva bene».
«Per esempio?». Lo Zoppo pensa un istante e poi dice:
«Giuliana Puletti, tanto per fare un nome». È la prima volta
che Marzia accusa il colpo. Senza parlare prende lo Zoppo per
mano e lo riaccompagna nel salotto, lo costringe sulla poltrona
mentre lei stessa siede sul bracciolo, alla sinistra del questurino.
La vicinanza e il contatto con l'uomo non la preoccupano più.
Mormora:
100
«Giuliana Puletti, lei dice? Ma perché?».
«Ci sono almeno tre buoni motivi. Il primo: Giuliana è gio-
vane, molto giovane; ha ventitré anni, non ha avuto un padre
che le regalasse un poco di affetto. Il dottor Angelo Pomelli
Parmeggiani ha l'età giusta per esserle padre oltre che amante.
Nella mente di Giuliana può essere nata una sorta di gelosia per
l'amore che Angelo portava a Luca. Un amore che Giuliana
voleva solo per sé. Il secondo motivo può essere altrettanto
mentale come il primo: vendicarsi dell'ex moglie dell'amante,
colpendola nell'affetto per il figlio. Per intelligenti che siano, le
amanti hanno un chiodo fisso: la moglie del loro uomo. Il terzo
motivo: come ex drogata, è possibile che ci fosse chi la ricattava
e l'abbiano costretta a iniziare Luca alla droga. Luca, figlio di
gente ricca, conto corrente, una buona miniera. Come avrebbe-
ro potuto ricattare Giuliana? Semplicemente minacciandola di
raccontare al dottor Angelo Pomelli Parmeggiani il suo passato
di drogata. Personalmente ritengo la terza ipotesi la più...».
Marzia si è alzata dal bracciolo per passeggiare in salone.
Mormora:
«Giuliana Puletti, Giuliana Puletti». Si ferma a guardare lo
Zoppo e poi continua: «Angelo conosce queste sue ipotesi?».
«Per il momento le conosciamo io e voi, signora, e gradirei
che così restasse per ancora un poco di tempo. Non posseggo
prove, ho solo ipotesi e non sono abituato a fare certe figure».
Marzia è d'accordo e annuisce:
«Capisco. Non abbia timore». Gli si fa più vicina e lo Zoppo
ha di nuovo il buon profumo che la donna usa. «Sono certa che
lei arriverà a un risultato. Lei ha i numeri. La ringrazio». Poli
Ugo se ne può andare.
In cinque minuti Marzia Frabetti ha ottenuto dallo Zoppo
ciò che io non avevo ottenuto in settimane. Il motivo è sempli-
ce: Marzia ha usato il tasto giusto: l'adulazione. Io premevo sulla
provocazione, come se avessi avuto a che fare con Sarti Antonio.
Non ha il tempo per rispondere
Ma Poli Ugo non resiste all'adulazione. Tenerlo a mente! Fra le

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altre cose, alle ipotesi formulate dallo Zoppo ero in grado di Augusto Righi, imbocca Largo Respighi e si ferma al portone con
arrivare anch'io. Gli elementi li avevo. Primo fra gli altri, il fatto l'insegna APIP-Associazione Provinciale Infermieri Professionisti.
che, per la maledetta domenica, Giuliana Puletti non ha alibi. E Alle diciannove e tre minuti, le befane escono, accompagnate dal-
chi è privo di alibi, è noto, va messo fra i sospetti. Poi c'è la l'orso che buttò con malagrazia lo Zoppo per le scale; si avviano
droga che, a quanto pare, Giuliana Puletti usava a chilogrammi verso via Giuseppe Petroni e all'angolo con via Zamboni, le due
in un passato non tanto remoto. Infine, la risposta illogica e vio- donne salutano l'orso e salgono verso le due torri. L'orso procede
lenta alla domanda dello Zoppo se Giuliana conoscesse o avesse con andatura tranquilla, sul marciapiede destro di via Giuseppe
mai incontrato Luca. Giuliana rispose: «Non l'ho mai veduto. Ci Petroni e Poli Ugo lo accosta pedalando lento. Gli resta alle spal-
mancherebbe! Non ho attitudine a fare la balia. Luca aveva una le tenendo il manubrio con la sola sinistra; stacca il bastone dal
madre tutta per lui». Ripensate ora, sono parole sintomatiche e tubo orizzontale della bici e lo impugna come una mazza.
furono pronunciate con un astio a stento mascherato. «Ehi tu, orso! Ti ricordi di me?». L'infermiere gira il testone
Sono fatti che, posti l'uno accanto all'altro, costituiscono la verso lo Zoppo, lo guarda un istante e poi annuisce lentamente. I
base per una storia completa e sufficientemente chiara. Non ho grandi occhi da buon bestione spalancati, significano stupore di
la stoffa dell'indagatore e per questo, forse, mi sono messo alle bambino. Non ha il tempo per rispondere: il manico ricurvo del
costole di Sarti Antonio, sergente, prima e di Poli Ugo, vice bastone lo colpisce sul collo e la botta è tanto pesante che l'orso
ispettore aggiunto, poi. Non saranno due Philo Wance, ma è ciò viene scaraventato contro il muro e poi, lentamente, sul marcia-
che ho trovato sulla piazza. piede. Senza gridare. Solleva appena il capo, da terra, per vedere
Come ha giustamente fatto rilevare lo Zoppo, le ipotesi resta- lo Zoppo allontanarsi pigiando sui pedali. Gli manca la forza per
no ipotesi se non si trasformano in dati di fatto mediante prove. sollevarsi dal marciapiede e il capo gli si china sulla spalla.
E dove sono le prove? Immagino che Poli Ugo, vice ispettore Dall'altro lato della via, sotto il porticato, nessuno ha seguito
aggiunto, abbia una sua idea sul modo per ottenerle. In mancan- la scena e solo quando l'orso riprenderà i sensi e spiegherà che
za, Giuliana Puletti resta indiziata e chiuso. Guardando alla un signore zoppo, distinto e in bicicletta... Nessuno gli crederà.
sostanza, la situazione è allo stesso punto di quando Sarti Un signore zoppo, distinto e in bicicletta?
Antonio l'ha archiviata. E quand'anche Poli Ugo raggiungesse le Gran figlio di puttana! Non la perdona a nessuno. Chi gli fa
prove richieste, che ne sortirebbe? Lo Zoppo non è tipo da con- un torto deve stare in guardia. Gran figlio di puttana! In un
segnare, su un piatto d'argento, la soluzione di un caso a un col- attacco di onestà, ho l'impulso di lasciarlo perdere. A che servi-
lega perché faccia bella figura. E neppure è il tipo che dia di rebbe? Lo Zoppo resterebbe il figlio di puttana che è e io non
matto e si agiti perché trionfi la giustizia e basta. E neppure la arriverei alla fine della storia.
verità. Due cose delle quali Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, se Per fortuna l'onestà è una malattia a decorso brevissimo, non
ne fotte. Allora? Allora attendo il seguito. è contagiosa, non lascia postumi visibili e nel giro di pochi
L'orologio della torre, in Piazza Maggiore, batte le sei e qua- secondi se ne è fuori. Basta farci sopra una piccola riflessione.
rantacinque del pomeriggio e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, Continuerò a seguire lo Zoppo che, impunito, si allontana dal
spinge la bicicletta oltre il limite riservato ai pedoni e poi monta. luogo della vendetta. Ha negli occhi la maligna soddisfazione di chi
Rotola lungo il selciato di via Indipendenza, svolta per via ha compiuto un atto di giustizia. E a suo parere deve essere così.

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Quando uno non basta...
sparito dall'appartamento di Luca sia facilmente vendibile?».
Anche al telefono Marzia conserva la voce impostata da attrice
fallita o da scuola di dizione.
«Facilmente forse no, ma ci si può tentare».
«Quanto se ne può ricavare vendendolo a un ricettatore?».
«Un paio d'anni fa, quando lo acquistai per Luca, lo pagai
dieci milioni e mezzo. Acquistarlo oggi costerebbe forse quat-
tordici e mezzo. È un tappeto meraviglioso e darei... Vorrei
tanto poterlo riavere».
«Anch'io. Esiste un mercato dell'usato?».
«Esiste, ma rivendere un tappeto rubato è rischioso per il
ladro e per il rivenditore, lei lo sa bene. Nel nostro caso, poi,
oltre al furto c'è anche l'assassinio». Marzia fa una pausa e poi
dice: «Non saprei a chi indirizzarla, signor Poli. Proprio non
saprei».
L'estate è lontana eppure il temporale è un classico temporale «Dove l'avete acquistato, signora?».
estivo e lo Zoppo si chiude in camera, siede sul letto e si mas- «All'Oriental Carpet, ma non credo... Mi conoscono bene e
saggia la gamba destra. Lo fa quando si dedica ai pensieri. sanno che io acquistai il tappeto. Se capitasse loro fra le mani,
Bestemmia, di tanto in tanto, la stagione che ha trasformato mi avvertirebbero immediatamente. È un negozio serio».
le strade in fiumi. La pioggia batte sui vetri, scivola in basso e «Penso che avrete avvertito quei signori della scomparsa del
s'infiltra all'interno, fra il telaio in legno marcito e il bancale in tappeto». Marzia non ha un istante di esitazione e risponde.
cemento scrostato. Sul pavimento si forma un laghetto che Poli «No, non l'ho fatto. Dovrei avvertirli. Lo farò. È una buona
Ugo ignora: non è casa sua, paga il noleggio e ci pensi, quindi, il idea e la ringrazio».
proprietario. Dalle gronde in lamiera, tarlate come vecchio «Di nulla. Tenetemi informato nel caso...». Non ci conterei
legno stagionato, l'acqua sdoccia sui tettucci delle auto in sosta molto, al posto suo, ma non c'è altro argomento per chiudere la
sul marciapiede e ne esce una sinfonia di suoni diversi a secon- conversazione.
da della consistenza delle auto e dell'intensità della pioggia. Poli Ugo si sistema più decentemente e quando è pronto per
Cage ne sarebbe felice: concerto da grondaia e auto in sosta. uscire, il temporale è cessato quasi del tutto. Resta un leggero
E, come ogni rispettabile temporale estivo, la pioggia si cal- velo di gocce delicate che diradano pian piano. Il pavimento dei
merà presto e Poli Ugo, che lo sa, si alza e scende in portineria. portici è ancora umido e lo Zoppo procede cautamente: la
Chiede la linea e si chiude in cabina telefonica. punta del bastone, se pure ricoperta di gomma, scivola e ad ogni
«Sono Poli Ugo, signora. Ho pensato al nostro ultimo collo- passo c'è il rischio di finire disteso. Lo Zoppo ci sta attento e
quio e mi è nata una certa idea. Non m'intendo di tappeti orien- borbotta:
tali, così come non m'intendo di whisky. Ritenete che il tappeto «Dovrò far sostituire il gommino sulla punta. È consumato».

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Arriva davanti al negozio che Marzia gli ha indicato al telefono mai segnato il nome di Poli Ugo. Lo Zoppo lo toglie dai guai.
e non entra. Si appoggia al muro, dall'altra parte della strada, fra Entra e il portiere accenna, più con gli occhi che con il capo, alla
due vetrine e aspetta ed è paziente. Come un gatto davanti alla donna in attesa. Poli Ugo annuisce, si avvicina al bancone e
tana del topo. E il topo mette fuori il capino. Da un'auto guida- chiede:
ta da Giuseppe scende la signora Marzia che saluta l'autista ed «Cercate me, signora?». Marzia sorride e annuisce. Si guarda
entra nel negozio. attorno per un luogo riservato nel quale ritirarsi e parlare, ma lì,
Il titolare tratta la signora come si deve, la lecca come una in quell'albergo, non esiste.
cliente di tutto rispetto, le mostra tappeti appesi alle pareti o «Se non vi dispiace, signora, c'è la mia stanza. Non credo che
distesi al suolo, controlla prezzi e trame e poi l'accompagna in qui ci sia nulla di decente e di riservato».
ufficio, fuori dalla portata di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto. «La sua camera va benissimo». La precede.
La pioggia è cessata e Marzia si avvia, a piedi, verso il centro. Nella stanza dello Zoppo c'è un minimo d'ordine e c'è una
Passeggia e guarda le vetrine; non ha fretta ed è una donna qual- sedia da offrire. Lo Zoppo resta in piedi davanti alla donna e
siasi fra le casalinghe che riempiono la via a quest'ora del matti- appoggiato al bastone. Chiede:
no. Prende per Santo Stefano e poi, poco oltre, per un vicolo «Chi vi ha dato il mio indirizzo?».
chiuso fra antiche case dai bovindi sporgenti. Un vicolo che «Giuseppe».
conserva le caratteristiche e il profumo di un paio di secoli or «Capito: mi ha seguito quando ho lasciato la vostra villa. E
sono. Vecchie sono le vetrine in legno alle quali si accede salen- così?». Marzia sorride. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, dovrà
do alcuni gradini; non sono illuminate e la merce esposta appe- essere più prudente in futuro, se vorrà conservare la sua privacy.
na si intravede per le poche lampade accese all'interno dei nego- Chiede ancora: «A che scopo?».
zietti. La vicinanza delle due pareti della via e il cielo ancora «Nel caso avessi avuto bisogno di incontrarla e, come vede,
nuvoloso, danno all'ambiente il chiaroscuro che si incontra di l'occasione si è presentata». Allarga le braccia a significare
rado, anche nel vecchio centro storico. E c'è il profumo del "sono qui". Poi riprende: «Lei si è raccomandato di tenerla
tempo andato. Forse per i negozi di antiquario che qui hanno informato, ma si è ben guardato dal dirmi dove avrei potuto tro-
trovato la sede adatta al commercio che praticano. Marzia entra varla».
ed esce da alcuni negozi. È tesa e più accigliata di quando è «Vuol dire che ha delle novità da comunicarmi?».
giunta in centro: non ha ottenuto ciò che sperava. Arriva davan- «Alcune. Ho pensato anch'io, come ha fatto lei, a ciò che ci
ti allo squinternato albergo nel quale Poli Ugo ha fissato, da siamo detti durante il nostro ultimo incontro e sono arrivata alla
qualche tempo, la propria dimora. Esita, cerca di vederne l'in- conclusione che lei mi ha regalato le sue ipotesi su Giuliana
terno, si guarda attorno e, finalmente decisa, entra e si rivolge al Puletti solamente per tenermi tranquilla. Ma ciò che lei mi ha
portiere. detto non corrisponde a ciò che lei pensa effettivamente. Forse
«Desidero parlare con il signor Poli Ugo. So che ha preso lo ha fatto solo per tenermi tranquilla o forse perché mi sentissi
alloggio qui e...». Il portiere conosce bene lo Zoppo. in debito verso di lei e mi sentissi obbligata a riferirle ciò che io
«Dottor Poli, ha detto?». Marzia annuisce e il portiere conti- so e lei non sa». Aspetta una reazione che non viene. «Mi sba-
nua a prendere tempo sfogliando un registro sul quale non ha glio?». Poli Ugo evita di rispondere e chiede a sua volta:

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«Come vi è venuto in mente?». «L'idea mi sta bene. Ora io le faccio una proposta: lei mi rac-
«Un investigatore che si rispetti non racconta al primo venu- conta esattamente ciò che ha scoperto e io farò altrettanto».
to il frutto delle proprie indagini...». «Io vi ho già detto tutto». Va a sedere sulla sponda del letto
«Voi non siete il primo venuto». perché, oltre a quella occupata da Marzia, nella stanza non vi
«Con il rischio di mandarne all'aria il seguito. Poi mi sono sono altre sedie. Marzia accetta l'affermazione dello Zoppo e
chiesta che ci farebbe Giuliana con un tappeto. Come avrebbe dice:
potuto trasportarlo?». Guarda ancora lo Zoppo e conclude con «Diciamo allora che mi terrà informata sugli sviluppi futuri.
un'altra domanda: «Perché ha inventato la responsabilità di D'accordo?». Non attende conferma e fruga nella borsetta. Poi
Giuliana?». si alza e si avvicina allo Zoppo. «E per mantenere la mia promes-
«Perché era ciò che pensavo». sa, ecco qua...». Porge una fotografia e spiega: «È il tappeto che
«"Era" significa che non lo pensa più?». Lo Zoppo non avevo regalato a Luca».
risponde. «Va bene, procediamo per via logica e consideriamo La finestra della stanza è spalancata, ma il cielo coperto e la
Giuliana Puletti responsabile della morte del mio Luca. via troppo stretta, lasciano entrare poca luce. Poli Ugo si avvici-
Giuliana non ha alibi per domenica sera e Luca è stato ucciso na alla finestra ed esamina con attenzione la foto a colori. Il tap-
domenica sera. Dunque, Giuliana potrebbe essere responsabile. peto è disteso e in primo piano e quindi ben distinguibile. Sul
È un sillogismo, ma non un sillogismo scientifico perché mille retro della foto sono indicate le caratteristiche, dimensioni e
altre persone possono trovarsi nelle condizioni di Giuliana». tipo. C'è pure il timbro del negozio che l'ha venduto.
«È vero, ma Giuliana, oltre a non avere alibi per domenica Marzia ha seguito il questurino vicino alla finestra, scorre
sera, è dentro al mondo della droga e ha almeno tre validi moti- l'indice sulla foto e commenta:
vi per desiderare la morte di Luca. Nessuna delle altre mille e «I colori sono del tutto reali e non dubito che, se avrà sottoc-
più persone può vantare simili titoli preferenziali». Marzia chio l'originale, saprà riconoscerlo».
annuisce e sorride. «Sì, se potrò tenere la foto. E poi che altro mi dite?».
«Diciamo allora che si tratta di sillogismo dialettico, ma le «È tutto». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, mette in tasca la
premesse che portano al sillogismo sono semplici opinioni e foto e dice:
come tali sono soltanto probabili. Non certe». «Sono convinto che non sia tutto. Intanto potreste dirmi se
«È vero, sono opinioni, ma opinioni accettabili». dall'appartamento di Luca siano sparite altre cose, oltre al tap-
«La sua, dottor Poli, è dialettica». peto».
«Sto cercando prove, e lavoro in quella direzione, che sosten- «Per esempio?».
gano il mio sillogismo». Il dialogo è divenuto monotono, anche «Soldi». Marzia ci pensa un istante e poi nega con un gesto
se all'inizio si prospettava interessante. deciso del capo. Conferma a voce:
«Non mi convince, non mi convince proprio». Lo Zoppo alza «No. Ho trovato ordine e null'altro era stato asportato. Nella
le spalle e dice: stanza superiore c'era una bella sommetta e c'è ancora. Lo ha
riscontrato anche la questura».
«Allora siamo pari perché voi non avete convinto me. Ho
«Allora ditemi, poiché ne siete certamente informata, chi in
sempre pensato che voi sappiate più di quanto rivelate».

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città traffica in tappeti rubati». Marzia continua a sorridere ed è i corollari del caso. Resta però una scopata sincera, senza mugo-
tanto vicina allo Zoppo che i suoi capelli castani e profumati lii sforzati, senza gemiti inutili e senza falsi gridolini di piacere.
sfiorano il viso dell'uomo. Ma resta anche il dubbio se Marzia abbia goduto del contatto.
«A lei non si può nascondere nulla, vero?». Il seguito rientra nella norma: lei che resta distesa sul letto ad
«Mi si può nascondere poco. E, visto che ne parliamo, devo occhi chiusi; Poli Ugo, sdraiato al suo fianco, che fissa il soffitto
dirvi che è stata una grossa imprudenza mettersi alla ricerca del setolato da mille ragnatele. Non si è neppure tolto i calzoni. Sul
tappeto rubato. Ora sia i ricettatori che l'assassino si terranno viso e sulle mani ha il profumo della pelle di Marzia ed è il solo
più vigili. Dovreste avere un minimo di fiducia nella polizia». risultato apprezzabile di un incredibile amplesso.
«Lei crede?». Marzia va alla borsetta, posata sulla sedia, ne «Perché vivi in un albergo così... così...».
fruga l'interno e ne toglie un foglietto che porge allo Zoppo. «Squallido?».
«Nella polizia ho pochissima fiducia. Ne ho in lei». I due sono «Già, squallido».
di nuovo a contatto fisico. «Gli indirizzi dei ricettatori che sono «Perché è il solo che posso permettermi».
riuscita ad avere sono quattro e sono indicati nel biglietto. Veda «Non hai famiglia?». Lo Zoppo non risponde; mette le mani
che ne può ricavare». sotto la nuca e seguita a fissare il soffitto.
Ora lo guarda con gli occhi stretti e Poli Ugo mette il bigliet- «Mi accendi una sigaretta?». Dopo l'amplesso è di pramma-
to assieme alla foto. Marzia gli posa le mani sulle spalle ed è tica una sigaretta, ma Poli Ugo non fuma. Si alza dal letto, pren-
come in un film d'amore. «Conto su di lei». Il tono diviene più de dalla sedia la borsetta di Marzia e la porge alla donna. Dice:
confidenziale. «Non mi deludere». «Non fumo». Educata come le hanno insegnato in famiglia,
Chiude gli occhi e attende, la bocca offerta a un bacio. Marzia chiede, prima di accendere:
Se pure la scena è ripetuta in mille realtà e finzioni, qui, nella «E io posso fumare? Ti disturba?». Lo Zoppo nega e apre le
mia realtà, non è la stessa cosa e non segue lo stesso copione. Il tendine; lentamente per non rimuovere altra polvere.
questurino si toglie dalle spalle le mani di Marzia, guarda la fine- «Dovrei offrirti da bere, ma qui tutto ciò che potrebbero por-
stra e tira le tendine. Non c'era da attendersi di meglio da Poli tare in camera è una bottiglia di spuma all'arancio. O una coca
Ugo, vice ispettore aggiunto. Dalle pieghe della stoffa, intocca- cola. Mi dispiace». Marzia scuote il capo e butta la prima boc-
ta da anni, scende a mezz'aria e poi sul pavimento, la leggera cata: ha seni piccoli e corpo esile come quello di un'adolescen-
polvere che il tempo aveva depositato, assieme al traffico della te. L'ideale per chi ama violentare le bambine. Il dottor Angelo
via, sulle antiche tendine. Poi lo Zoppo è di nuovo a fronte di Pomelli Parmeggiani, evidentemente, preferisce un tipo diverso
Marzia, le prende le mani e se le riposa sulle spalle. Alla fine la di donna. Un tipo come Giuliana Puletti. E anche Poli Ugo, vice
bacia. ispettore aggiunto, avrebbe preferito trovarsi nel letto Giuliana
Se pure non avesse chiuso le tendine per difendere la propria Puletti al posto di Marzia. Non si può avere tutto.
intimità, nessuno avrebbe assistito alla banalità dell'amplesso in «La prossima volta sarò io a offrirti da bere. A casa mia.
atto. Infatti, di fronte alla finestra della stanza c'è solamente un D'accordo?».
vecchio muro scrostato e la scopata è talmente modesta che «Mi offrirai whisky».
neppure vale la pena di essere descritta. Né vale arricchirla con «Whisky, se ti fa piacere. E ci sarà anche una doccia calda».

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«Se vuoi, la puoi trovare nel corridoio». Marzia annuisce: «Parla Poli Ugo, vice ispettore aggiunto. Come va?». La
«Termino la sigaretta e andrò; non mi preoccupa se mi scam- ragazza abbassa il tono della voce:
-ieranno per una prostituta». A mio parere un simile pericolo «Ancora? Si può sapere che vuoi da me? Avvertirò il dottore
non c'è. Marzia può passare per professoressa, per casalinga, della tua insistenza». Lo Zoppo finge di non accorgersi della
per dottoressa, per moglie esemplare... Può passare per educa- confidenza:
ta e ricca borghese o per insegnante di dizione all'Antoniano, «Non lo farete. Sono certo di no. Ho telefonato per chieder-
ma non può assolutamente essere confusa con una puttana. È vi una cortesia». Attende un assenso che Giuliana non è dispo-
escluso. Dopo una doccia, velocissima perché scomoda e appe- sta a concedere. «Il vostro silenzio significa che siete disposta
na tiepida, Marzia si riveste delle preziose biancherie intime di alla cortesia?». Insiste con il voi. Giuliana con il tu.
modello esclusivo e lo Zoppo la osserva. «Cosa vuoi?».
«Mi metti a disagio: non fissarmi a quel modo e in silenzio». «Vorrei che cercaste fra gli spacciatori di vostra conoscenza,
«Sei una donna strana. Originale». chi ha fornito la droga al povero Luca». Un lunga pausa di
«In verità vuoi significare che sono una donna insipida e che Giuliana. E lo Zoppo insiste. «Chi meglio di voi può aiutarmi?
non sa fare l'amore». Conosce i propri limiti: è un merito non Non è certo mettendomi in giro personalmente che arriverò al
indifferente. fornitore di Luca. Di voi, di una antica cliente...». Ha sottoli-
«Che m'importa se non sai fare l'amore? Non mi riguarda. neato. «...si fideranno più che di un questurino, non credete?».
Voglio dire che da te mi sarei aspettato qualsiasi cosa, ma non «Sai bene che da oltre tre anni ho smesso con la droga. Ti
questa». Indica il letto. «Non mi eri parsa il tipo». comporti da...». Lo Zoppo chiude con l'ipocrisia e passa al
«Avrai modo di stupirti ancora del mio comportamento». tu .
Poi lo Zoppo archivia l'episodio fra gli altri della sua vita e «Da maiale, lo so. Ora ti chiedo di spargere la voce che hai
torna al problema che maggiormente lo interessa. È in piedi ripreso a drogarti. Ti crederanno sulla parola. O preferisci che
presso la finestra e ha ricominciato ad esaminare la foto del tap- ne parliamo al dottor Angelo?». Gli giunge, di Giuliana, il silen-
peto. zio rotto dal respiro affannato.
«Che hai saputo dagli antiquari che hai visitato?». «Quanto tempo ti serve?».
«Nessuno di loro l'ha veduto e, se capiterà, mi avvertiranno». «Non... non so. Neppure so a chi rivolgermi. È passato tanto
«E tu lo credi?». Marzia non risponde; è rivestita e di nuovo tempo».
pronta ad affrontare il mondo. Si avvicina allo Zoppo e dice: «Non tanto, Giuliana, non tanto. Ti telefonerò dopodomani.
«Ti aspetto a casa mia. Arrivederci». Gli tende la mano e poi Fai la brava, mi raccomando».
esce. Quando sarà nella sua villa, si prenderà un'altra doccia. Poli Ugo odia Giuliana Puletti. Di un odio feroce che lo spin-
ge a farle del male ogni volta che capita l'occasione. Ne ricava
Fuori dall'albergo, Poli Ugo si chiude nella prima cabina tele- un senso di soddisfazione che lo fa sorridere fra i denti. Che gli
fonica che trova funzionante. ha fatto? Va bene: ci andrebbe a letto e non può. Ma non giusti-
«Ambulatorio del dottor Angelo Pomelli Parmeggiani». fica. Una spiegazione: è convinto che Giuliana, in qualche
«Chi parla?». La voce di Giuliana è professionale e distaccata. modo, sia immischiata nella morte di Luca. Marzia ha definito

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la convinzione di Poli Ugo un sillogismo dialettico. Sia come sia, Il maggiordomo Giuseppe, una volta tanto, è impaziente e
la convinzione dello Zoppo sta portando male alla povera dice:
Giuliana. «Presto, faccia presto, per cortesia. La signora è molto preoc-
cupata. La prego, non stia a perdere tempo con la bicicletta:
Un pasto veloce e micidiale alla tavola calda e poi lo Zoppo nessuno la ruberà».
passa dall'albergo dove il portiere gli consegna due biglietti. Nel Marzia indica allo Zoppo la solita poltrona e fa per parlare,
primo sta scritto: "È passata la signora Marzia: ha urgente biso- ma gli occhi le si riempiono di lacrime e le parole le muoiono,
gno di parlarle". Nel secondo "Ha telefonato la signora Marzia strozzate, in gola. Giuseppe, da ottimo dipendente, chiede:
chiedendo ancora di lei". «La signora desidera che io avverta il signor dottore?».
«Quando?». Marzia lo ringrazia con uno sguardo e nega. Si asciuga le
«Quando cosa?». lacrime e dice:
«Quando è passata la signora Marzia e quando ha telefonato?». «No, grazie, Giuseppe. Va meglio». Giuseppe, rassicurato, si
«Be', non so... Non ho tenuto il tempo». ritira con la dignità di un maggiordomo di classe. «Sono stata a
«Figuriamoci. Che ci si può aspettare? Figuriamoci». Il por- casa di...». Respinge le lacrime che di nuovo le salgono agli
tiere fa uno sforzo di memoria: occhi. «Sono stata a casa di Mario. Desideravo che mi parlasse
«Vediamo: è passata di qui più di due ore fa. La telefonata è di Luca. Mario è... morto. L'ho trovato disteso sul pavimento.
di non più di un quarto d'ora». Morto da tempo. Orribile». Il ricordo le torna chiaro e la tor-
menta. Si lascia cadere sulla poltrona, si prende il viso fra le
«Vi dispiacerebbe tenere appunti più precisi? Lo si fa in ogni
mani e piange senza più ritegno. «Orribile, povero ragazzo. Oh,
albergo decente».
Ugo, che devo fare?». È la prima volta che una donna invoca il
«Lo farò, dottore». Lo Zoppo si dirige alla cabina.
nome dello Zoppo e Ugo non è il suono più adatto per essere
«C'è ancora una cosa, dottore. Durante la telefonata ho avuto
invocato.
l'impressione che la signora... Sì, voglio dire che la signora par-
Lo Zoppo si avvicina a Marzia e le posa le mani sulle spalle.
lava e piangeva. Veda lei».
Siede, scomodo, sul bracciolo della poltrona, a fianco della
E infatti Marzia risponde alla telefonata e piange.
donna e dice:
«Che è accaduto?».
«Racconta esattamente: chi è Mario?».
«Una cosa terribile. Vieni, vieni subito da me. Vieni, ti prego.
«Mario Burazzi, un amico di Luca; forse l'amico più caro del
Più presto che puoi».
mio povero ragazzo».
«Prima dimmi di che si tratta». «Non me ne avevi parlato». Non dimentica mai di essere que-
«No, al telefono no». E interrompe la comunicazione. sturino. «Perché?».
Pedala in fretta e percorre, senza scendere di sella, oltre la Marzia si stringe nella spalle, si soffia il naso in un elegante
metà della salita di Bellinzona. Avrebbe potuto chiamare un fazzoletto decorato da ricami. Non risponde. «Eppure ti chiesi
taxi. Subito oltre il cancelletto del parco, perde il solito tempo di parlarmi degli amici di Luca. Ora spunta un Mario. E per di
ad assicurare la bici contro il furto. più, morto. Perché?».
Neppure nei casi d'emergenza...
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«Non ricordo neppure che tu mi abbia chiesto degli amici di
Luca».
«Lo ricordo io. Oppure desideravi incontrarlo prima tu? Prima
che lo trovassi io?». Marzia si toglie dalle spalle le mani di Poli Ugo
e alza il viso; è colpita e irritata dall'insensibilità del questurino.
«Ti ho chiamato perché mi consigliassi, mi aiutassi. Non
per... per sentirti rinfacciare...». Si alza dalla poltrona, respin-
ge ancora le lacrime e sfida, con lo sguardo, il questurino. È tor-
nata la donna decisa e autosufficiente che è sempre stata. Una
sequenza da effetto, diretta da un buon regista.
«Ma se la prendi su questo tono, ci penserò da sola».
Va al telefono e alza il microfono.
«Chi chiami?».
«Chi si chiama quando si scopre un... cadavere?». Poli Ugo
interrompe la linea.
«Avresti dovuto farlo subito. Hai atteso più di due ore. Come
spiegherai? Siedi e racconta cos'è accaduto esattamente». Mar-
zia tiene ancora il ricevitore nella destra.
Non piange più. Con mosse lente e studiate, posa il ricevito-
re, torna a sedere e dice:
«D'accordo. Ti spetta la primizia». Chiama: «Giuseppe!».
Un maggiordomo che si rispetti appare immediatamente dopo
la chiamata. E Giuseppe è un maggiordomo rispettabile.
«Signora?».
«Da bere. Qualcosa di forte». Si rivolge allo Zoppo. «Tu che
bevi?». Lo Zoppo nega con un gesto del capo.
«Solo per me, allora». Comincia a raccontare: «Dopo che ti
ho lasciato, sono andata nell'appartamento di Luca, ho preso le
chiavi dell'appartamento di Mario... Mario e Luca erano molto
amici e l'uno aveva le chiavi dell'altro e viceversa. Desideravo
incontrami con Mario perché forse avrebbe potuto raccontarmi
sui giorni precedenti la morte del mio Luca. Poteva sapere della
droga o di nuove esperienze che Luca desiderasse tentare. Non
so di preciso: una notizia qualsiasi. Ho aperto e l'ho veduto

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disteso sul... sul pavimento della stanza. Era irrigidito e... orri-
bile. E c'è un'altra cosa. Ancora sul pavimento, a fianco del
letto, c'è una siringa come quella... come quella che vidi da
Luca. La stessa orribile morte».
Giuseppe sta servendo un whisky e alla notizia di un altro
cadavere, sospende un istante il flusso di liquore del bicchieri-
no. Poi termina il servizio, posa la bottiglia sul tavolo, a fianco
del vassoio, e, in silenzio com'era venuto, esce di scena. Non gli
interessa, pare, il seguito. Marzia beve e il calore del whisky la
rimette in ordine.
Nel salotto c'è silenzio e Poli Ugo giocherella con il bastone
sul pavimento, ripensa agli avvenimenti e Marzia si interessa del
fondo del bicchiere. Dalle vetrate sul parco entra il brusio,
smorzato dal verde, del traffico che scorre in città, un paio di
chilometri più in basso. Poi lo Zoppo dice:
«Vedo che intendevi continuare le indagini da sola. La tua
fiducia nella polizia non è aumentata di molto, anche se...».
Non è elegante né raffinato ricordare ad una signora i momenti
trascorsi in un letto non suo e lo Zoppo non insiste. «Perché hai
cercato di me?».
«Perché sei l'unico del quale mi fidi».
«Vedo».
«Ti avrei dato l'indirizzo di Mario. Te lo avrei dato certamente».
«Figuriamoci».
«Puoi non credermi».
«Infatti è ciò che faccio: non ti credo». Una pausa. Non si
può dire che Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, sia un gentiluo-
mo. «Perché ti sei preoccupata di passare da Luca a prendere le
chiavi dell'appartamento di Mario?».
«Mi pare evidente: per entrare in casa».
«Di evidente c'è una sola cosa: prima di andare da Mario,
sapevi che non ti avrebbe aperto la porta. È così?».
Non usa metafore e va per la propria strada, deciso come una
«La prossima volta sarò io ad offrire da bere. A casa mia.
D' accordo?» ruspa al lavoro. «È così?». Marzia, delusa, scuote il capo e dice:

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«È pazzesco! Fra poco arriverai ad accusarmi di aver ucciso «Hai toccato qualcosa nell'appartamento?».
mio figlio Luca». Neppure io me ne meraviglierei. «Sì, le solite cose».
«Sono passata a prendere le chiavi perché, se Mario non fosse «E quali sono le solite cose che si toccano in casa di un morto
stato in casa, avrei potuto entrare ugualmente». ammazzato?».
«A che fare?». Ora Marzia si arrabbia. Posa violentemente il «La porta d'ingresso, la porta della stanza... Null'altro,
bicchiere e grida: direi». Pensa un istante e dice ancora: «Ho aperto la vetrinetta
«Che ne so! Sto cercando chi ha ucciso mio figlio, capisci?». della cucina».
Fa sforzi per calmarsi e per non cadere nella rete che lo Zoppo «La vetrinetta? E perché?».
sta tessendo attorno a lei. Cerca di dimenticare la sua presenza «Non lo so. Avevo intenzione di bere qualcosa e ho aperto la
andando alla vetrata e guardando nel parco. Si rilassa seguendo vetrinetta; prima di scoprire, in camera...». Poli Ugo chiude la
porta sulle scale e scende tenendo il braccio di Marzia. Dice:
il tremolare di una foglia, si sfiora i capelli con le mani e poi, con
«Ora torni a casa e non parli con nessuno di questo...».
voce tranquilla e impostata e sempre guardando gli alberi, dice:
Solito accenno con il capo a ciò che si lasciano dietro. «...e pre-
«Da quando hanno ucciso Luca, non faccio che ipotesi. Tu
gherai anche il tuo Giuseppe di tenere la bocca chiusa. Anche se
sapessi cosa mi è passato per la mente! Mario era una delle mie
la polizia lo interrogherà. Capito?». Marzia annuisce e chiede:
ipotesi. Evidentemente mi sbagliavo». «E tu che farai?».
«Non ti sbagliavi, visto che l'hanno ucciso. Hai altre ipote-
«Non pensi sia il caso di avvertire la polizia e di farlo in forma
si?». Marzia riprende a passeggiare per il salone. Finisce davan- ufficiale?». E mentre Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, entra in
ti al tavolino e si versa altro whisky. Dopo un sorso dice: un bar, Marzia si allontana, insignificante donnina anonima con-
«A mente fredda mi vergogno di averle anche solo pensate, fusa fra i mille passanti dai quali si distingue solo per il buon
certe ipotesi». profumo che lascia dietro di sé e per l'eleganza dell'abito che
«Va bene: tienile per te». La raggiunge e le toglie di mano il indossa. Profumo ed abito che non bastano a far girare il capo
bicchiere, ancora pieno per metà. «Andiamo a vedere ciò che agli uomini incrociati.
resta di Mario Burazzi». Posa il bicchiere accanto alla bottiglia. «Sono il vice ispettore aggiunto Poli Ugo. Mettetemi in
Giuseppe rimetterà le cose al loro posto. comunicazione con Sarti Antonio sull'auto ventotto». Gli passa-
no il sergente. «Sono Poli e ho un regalino per te». Dà l'indiriz-
La scena è come l'ha descritta Marzia Frabetti: in camera, il zo e poi sale in casa del defunto Mario Burazzi a togliere le trac-
giovane è sdraiato sul pavimento, a fianco del letto; è morto da ce del passaggio di Marzia Frabetti. Indi scende e attende sul
parecchie ore e la grottesca siringa, posata sul pavimento, testi- portone l'arrivo dell'auto ventotto.
monia la via che Mario Burazzi ha scelto per arrivare al suo Rinuncio a capire il comportamento di Poli Ugo: un istante
inferno. Nella stanza, nella cucina e in bagno, c'è ordine e puli- fa ha accusato Marzia di aver fatto fuori l'amico di suo figlio e
zia e la scientifica non troverà nulla di estraneo. Come è accadu- ora cancella le tracce del suo passaggio sul luogo del delitto.
to per l'appartamento di Luca. Marzia non entra e attende lo Tempo dieci minuti e l'auto della polizia ufficiale con a bordo
Zoppo sul pianerottolo. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, guar- Sarti Antonio, sergente, e Felice Cantoni, agente, ferma all'indi-
da il poco che c'è da vedere e poi raggiunge la donna e le chiede: rizzo segnalato. Sarti Antonio non gradirà il regalino.

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... e due sono troppi
neppure che tu fossi in licenza e così ho pensato giusto di avver-
tirti...».
«Mi hai avvertito. Salute».
«Aspetta un momento. Immagino che rientrerai a casa».
«Ho detto qualcosa che te lo ha fatto credere?». È sgradevo-
le con gli estranei e con i familiari.
«Pensavo io... Ti serve qualcosa?».
«Sì: voglio essere lasciato in pace. Come si può lavorare se
ogni giorno...».
«Scusami, ma non è colpa mia se...». Poli Ugo toglie la co-
municazione.

Raimondi Cesare, ispettore capo, ha il viso buio e prima di ini-


ziare il dialogo, guarda a lungo Poli Ugo senza rispondere al salu-
to che lo Zoppo gli ha rivolto entrando. Né lo invita a sedere.
Il portiere del lurido alberghetto è sveglio e pronto nell'afferra- «Che significa, dottor Poli? Mi si dice, è vero come si dice,
re le situazioni. Una cosa che gli venga detta, non la dimentica e che lei avrebbe scoperto il cadavere di un giovane drogato». Lo
farà il possibile per adeguare il proprio comportamento ai desi- Zoppo, in piedi davanti alla scrivania, mantiene l'aspetto mite e
deri dei clienti. Di riguardo o no che siano. Ecco, infatti, che rassegnato del subalterno che subisce le angherie del superiore.
presenta allo Zoppo un biglietto scritto a macchina su carta «E mi si dice, è vero come si dice, che lei non avrebbe saputo
intestata: "Ore venti e trenta: ha telefonato una signora che si è fornire chiarimenti validi per giustificare la sua presenza sul
qualificata come moglie del dottor Poli. Essa desidera conferire luogo del crimine». Lo Zoppo, ruffiano, risponde con voce bas-
con il dottor Poli medesimo, al più presto in quanto trattasi, ha sa e rispettosa:
affermato, di cosa della massima urgenza e importanza". Segue «Sarti Antonio, signor ispettore capo, esagera sempre nel
la data e la firma del portiere. Ha fatto le cose a modo. presentare gli avvenimenti. Ho letto certi suoi rapporti...».
«Va bene così, dottore?». Fa lo spiritoso e non riceve risposta. «Questo significa, è vero come si dice, che lei sarebbe in
«Che c'è ancora? Hai deciso di non lasciarmi in pace?». grado di giustificare la sua presenza?».
La moglie di Poli Ugo ha il tono di voce di chi vuol farsi per- «Certamente, dottor Raimondi». Ma non lo fa e l'ispettore
donare prima ancora di arrivare al motivo del perdono. capo, dopo aver atteso la spiegazione per un lasso ragionevole di
«Il fatto è che... Insomma, ha telefonato il dottor Raimondi tempo, si arrabbia senza attenuanti. Batte il palmo della destra
Cesare e ha chiesto di te più volte. Ha detto di riferirti... Ha sul piano della scrivania e urla:
detto che ti è stato revocato il permesso e che domani mattina «Allora parli, per dio! Parli, prima che la faccia rinchiude-
dovrai presentarti in ufficio, pena provvedimenti disciplinari nei re!».
tuoi confronti. Io non sapevo come comportarmi, non sapevo «Vorrei ricordarvi, signor ispettore capo, che attualmente il

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sottoscritto gode di un periodo di ferie e che quindi non è obbli- «Non potete, signor ispettore capo. Dovreste trovare un
gato a rispettare...». motivo valido per il mio arresto e non siete in condizione di
«Balle, dottor Poli, balle! Un funzionario di polizia è sempre farlo».
obbligato. Se lo ricordi. Lei ha prestato giuramento, è vero «No? L'amicizia di un funzionario di polizia con un drogato
come si dice, ed è sempre vincolato...». Si interrompe e chiede, è un motivo più che valido, è vero come si dice, per...». Lo
Zoppo è rispettoso, ma insistente e si permette di interrompere
a voce alta: «Vuol dirmi che faceva nell'appartamento del
il superiore.
defunto Mario Burazzi?».
«Mario Burazzi, come vi avrà riferito qualche mio collega,
«Sissignore. Attendevo l'arrivo degli agenti che avevo avver- non era un drogato e infatti sul corpo è stato trovato un solo
tito telefonicamente...». foro di siringa».
«Poli! Mi prende per il culo?». Espressione triviale che rara- «Ciò non toglie...». Ci ripensa e siede. «Il congedo è revoca-
mente ricorre nel vocabolario di Raimondi Cesare, ispettore to. Si rechi immediatamente nel suo ufficio e riprenda servizio».
capo. «Che ci faceva nell'appartamento?». Ho idea che lo «Il motivo?».
Zoppo dovrà cedere. «Urgenti necessità di servizio». Si rimette a consultare i docu-
«Conoscevo il Mario Burazzi e mi recavo a trovarlo approfit- menti sul tavolo. «Vada, vada e si tenga a disposizione fino a
tando del fatto che non sono momentaneamente impegnato nei nuovo ordine». Lo Zoppo annuisce e lascia l'ufficio del capo.
servizi d'ufficio». Una bugia che Raimondi Cesare non accetterà Nel corridoio di fianco alla porta della stanza che compete a
per buona. Poli Ugo per mansioni e grado, c'è una pila di pratiche deposi-
«E lei, è vero come si dice, lei, un funzionario di polizia, ha tatevi da solerti colleghi, sollecitati, evidentemente, dall'ispetto-
rapporti con un drogato?». re capo. C'è anche un lungo elenco di richieste di documenti
«Signor ispettore capo, non ho detto che il defunto fosse un d'archivio. Improvvisamente i vari uffici della questura si sono
amico. Ho detto che lo conoscevo». dati da fare con casi archiviati da anni. E Poli Ugo, vice ispetto-
«E si aspetta che io le creda, dottor Poli?». Lo Zoppo, sem- re aggiunto, non può esimersi perché ogni richiesta è in perfetta
pre più umile, allarga le braccia e si giustifica: regola, secondo le più rigide norme della burocrazia tanto cara
«Mi spiace, ma è la verità». allo Zoppo. Ci sono timbri, firme e controfirme, date e motiva-
Dovrà spiegarmi, fuori di qui, i motivi per cui tenta di copri- zioni. Fosse mancata anche solo una virgola, avesse trovato un
timbro fuori posto... Niente: quando ci si mettono fanno le cose
re, con tanta ostinazione, la signora Marzia Frabetti in Pomelli
Parmeggiani. a regola d'arte e Poli Ugo è costretto a seppellirsi nel suo ufficio
Raimondi Cesare, ispettore capo, si alza dalla poltrona, posa per dar corso alle richieste, per protocollare e archiviare chilo-
le mani sul tavolo e vi si appoggia con il peso del corpo. Dice: grammi e chilogrammi di carta scritta a macchina.
«Lo ha voluto lei. Io la metto dentro». Alza il capo e grida: Lavoro improbo. Ma Poli Ugo è duro e non cede di un passo.
«Piantone!». Il piantone entra e si mette sull'attenti aspettando Lavora anche durante le ore riservate ai pasti e a sera, più di
ordini. Lo Zoppo guarda il nuovo venuto e gli sorride; lo pren- metà del materiale è stato evaso. Quando chiude la porta del-
de per un braccio e lo accompagna fuori, nel corridoio. Rientra, l'ufficio per tornare in albergo, borbotta fra sé:
chiude la porta e si avvicina all'ispettore capo. Dice:
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«Se crede di spuntarla, il coglione sbaglia, sbaglia di grosso. «Tu conosci tutti ed è impossibile che non sai chi sia Mario
Ce ne vuole un reggimento come lui per mettere sotto Poli Burazzi».
Ugo». Comincio a crederlo anch'io. «Mi prendi in giro?».
Si dà una sistemata veloce, neppure la doccia, un accenno di «No». Una lunga pausa. Poi ancora Sarti Antonio chiede:
massaggio alla gamba destra, ed è pronto per uscire di nuovo; «Un altro caffè?».
pronto a rimettersi in caccia, fresco e riposato come se non aves- «Sì». Dalla finestra aperta esce il rumore di tazzine mosse, di
se trascorso l'intera giornata a timbrare, registrare e archiviare acqua corrente e ancora il profumo di caffè appena sbollito.
inutili pratiche d'ufficio. Da questa mattina ha mandato giù un «Sai che questo Mario Burazzi è il secondo in pochi giorni?».
caffè con un poco di latte, appena uscito dall'albergo, e alle «Sì».
dieci un pacco di biscotti inumiditi in un bicchier d'acqua di «E non hai da commentare?».
rubinetto prelevata dal lavandino della questura. «No».
Prima di mettersi in strada, telefona a Sarti Antonio, sergen- «Perché non lo dici chiaro: non te la senti di darmi una mano,
te, ma il telefono squilla, squilla e rimane senza risposta. non ti va di ascoltare...». Rosas interrompe:
«Figuriamoci. Sarà andato a confessarsi da Rosas. Lo fa ogni «Antonio, ho problemi miei da risolvere. Vuoi lasciarmi in
pace? Oggi pomeriggio sono venuti due vigili urbani e mi hanno
volta che si trova nei guai».
comunicato che ho tempo tre giorni. Tre giorni e poi mi butteran-
La tana di Rosas, in Santa Caterina diciannove, ha una fine- no sulla strada. Capito? Qui attorno ormai non abita più nessu-
stra con inferriate che guarda sotto il portico; di là escono dia- no: sono rimasto solo. I pecoroni! E li ho avvertiti: guardate che
loghi, pause, silenzi, profumo di caffè e una lama di luce che se fanno tanto di mettervi fuori, poi non entrerete più. Restiamo
rischiara il pavimento buio del portico. È il solo chiarore per un uniti, teniamo occupate le case, non lasciamoci sfrattare...
lungo tratto di porticato perché prima e dopo il numero dician- Niente. Gli hanno sventolato sotto il naso la possibilità di un gabi-
nove, la via è trasformata in cantiere, le gru sono montate in netto in casa, di pavimenti nuovi, del gas e dell'acqua corrente e
mezzo alla strada e i recinti in legno delimitano le zone di lavo- non hanno capito più nulla. Non sanno, gli sciocchi, che toccherà
ro. Una via stretta che ora è silenziosa perché ha perduto i dia- loro pagare. I pecoroni». Un tono dimesso, abbattuto e rinuncia-
loghi delle vecchiette sedute davanti alle porte di casa e il pas- tario. La prospettiva di restare senza la protezione della sua tana,
saggio dei clienti per l'osteria in fondo alla strada. ha trasformato Rosas in un avvilito. «E tu vieni a parlarmi dei tuoi
Al numero diciannove è rimasto il solo Rosas, attaccato alla guai. Fa' il piacere di lasciarmi in pace». E Sarti Antonio, sergen-
sua tana e deciso a non lasciarsi sfrattare. te, lo lascia in pace. Lo sbattere della porta arriva fin sotto il por-
Lo Zoppo siede sul muretto basso che delimita il portico tico e, subito dopo, la luce della stanza si spegne e il porticato
verso la strada, nella zona d'ombra, appena oltre il fascio di luce resta al buio. Rosas piange allo scuro le sue sventure.
che esce dalla finestra aperta. E ascolta. All'interno il dialogo Lo Zoppo si nasconde fra i tubi dei ponteggi e lascia che Sarti
Antonio gli passi a fianco.
non è animato. Arrivano le domande di Sarti Antonio e i mono-
«Ei tu!». Sarti Antonio, sergente, si ferma di colpo e si guar-
sillabi in risposta di Rosas. Alcuni sì, alcuni no che non risolvo- da attorno. Chiede:
no i quesiti del sergente.
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«Chi è?». casa in ristrutturazione e aspetta che Sarti Antonio faccia altret-
«Sono io, Poli Ugo». tanto. Poi alza la sinistra davanti al naso del sergente e, sollevan-
«Poli Ugo? E che ci fai qui?». Lo Zoppo si mostra e Sarti do le dita una alla volta, enumera:
Antonio riprende la sua strada. «Che sei venuto a fare? Mi «Primo: Luca non aveva motivo di drogarsi con due siringhe.
spii?». Secondo: nella siringa trovata piena, c'era acqua distillata e le
«Senti chi parla di spiare!». Poi in silenzio arrivano, uno a fian- impronte di Luca. Terzo: non si sono trovati gli oggetti d'uso
co dell'altro, fino alle luci delle vie adiacenti. E lo Zoppo dice: come cucchiaino, fornello, fiammiferi, laccio emostatico...».
«Un ragazzo difficile». Continua alzando ogni volta un dito e quando non ne ha più,
ricomincia dal pollice. «La siringa piena era priva di ago; nel-
«Ha problemi suoi: meglio lasciarlo in pace. Tu che vuoi?».
l'appartamento non mancavano i soldi; il giovane non si era mai
«Ringraziarti per il bel servizio che mi hai fatto con Raimondi
drogato prima e chi si droga per la prima volta, non lo fa mai da
Cesare». Si ferma e costringe il sergente a fare altrettanto. Alla
solo. Perché Luca ha gettato gli abiti sul pavimento? Avrebbe
luce dei lampioni, Sarti Antonio si accorge che Poli Ugo ha lo
potuto sistemarli in ordine, come in ordine era l'intero apparta-
sguardo incarognito e cattivo, che stringe e tormenta il bastone
mento. Qualcuno ha fatto pulizia, ma solamente nel salotto e
che ha nella destra. Conosce il tipo e sa che non gli ci vuole nella cucina. Altrove regnava il casino completo, com'è logico
molto a menare le mani. Non se la sente di mettersi contro il col- che sia nell'appartamento di un giovane solo. Il posacenere era
lega-superiore e, a scanso di guai, si allontana quel tanto che pulito, eppure Luca fumava. Non si sono trovate impronte su
basta. Poi chiede: due bicchieri; su tutti gli altri sì. Dal salotto è sparito un prezio-
«Secondo te, che dovevo fare? Dire che avevo trovato Mario so tappeto orientale e si è rinvenuto il tappo di una bottiglia di
Burazzi, morto, per caso?». whisky di una marca che Luca non avrebbe mai acquistato». Lo
«Avevi mille modi per cavartela, ma sei un ruffiano e ti fa pia- Zoppo chiude le dita della sinistra che si sono alzate e abbassa-
cere mettere nei guai i colleghi». Si avvia e Sarti Antonio lo te, a turno, più volte.
segue a una certa distanza. «Ma nei guai ci sei tu e il tuo stupi- Sarti Antonio, sergente, fissa il pugno di Poli Ugo che anco-
do ispettore capo, caro mio! Basta che avverta chi so io delle ra gli resta immobile davanti gli occhi.
idiozie che avete commesso in occasione dell'altro omicidio, di «Ti basta?». Sarti Antonio annuisce. «E con tutto ciò, tu e il
quel tal Luca Pomelli Parmeggiani... Incidente. Figuriamoci! tuo stupido ispettore capo, che aveva ben letto i vari verbali,
Una figura di merda, caro mio. E davanti alla città intera. Tu e come ho fatto io, concludete con un ridicolo "morto per dose
il tuo ispettore capo». Sarti Antonio accelera il passo: prima eccessiva di droga tagliata con stricnina". Comodo. Se non è
arriva fra la gente, meglio è. Con lo Zoppo arrabbiato non si sa figura di merda questa!».
cosa possa accadere. «Allora?». Lo Zoppo si rilassa, smette di tormentare il bastone.
«Figura di merda. Chissà che figura di merda». «Allora un accidente che ti pigli. L'ho detto solo per dimo-
«Figura di merda, sissignore! Così si chiama». Lo Zoppo strarti quanti sono gli stupidi che stanno in questura. E perché
tenta di star dietro al sergente, ma non ce la fa. Dice: tu riesca a non commettere gli stessi errori con questo che ti sei
«Vuoi fermarti un istante?». Sarti Antonio lo accontenta. trovato tra le mani. Come si chiama?».
«Siedi qui». Siede per primo sul muretto semidemolito di una
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«Mario Burazzi. E non me lo sono trovato fra le mani. Poi
questa volta il caso è diverso...».
«Diverso. Figuriamoci. Che dicono i parenti?».
«Non ne ho trovati. L'ufficio sta facendo indagini».
«Si drogava?».
«Non si direbbe, ma...».
«Amici?».
«I vicini di casa non lo sanno. Pare che fosse un giovane taci-
turno che non dava confidenze. Non si drogava, pare, ma poco
tempo fa è stato ricoverato in una clinica. Può essere per disin-
tossicarsi. Sto cercando di sapere in quale clinica, ma è diffici-
le». Lo Zoppo si alza e dice:
«Ti consiglio di leggere attentamente la relazione del medico
legale, questa volta».
«L'ho fatto: dose tagliata di stricnina. Ce n'è molta in circola-
zione. Nessun segno di violenza sul corpo; solamente nella nuca
si riscontra un trauma dovuto alla caduta e all'impatto con il
pavimento. Infatti il giovane è stato rinvenuto, e lo ricorderai
certamente, sdraiato sulla schiena e la sua nuca posava sul pavi-
mento. La presunta data di morte risale a due domeniche or
sono o al lunedì successivo; io ti assicuro...». Poli Ugo, vice
ispettore aggiunto, non lo ascolta più e si allontana zoppicando
e lascia Sarti Antonio, sergente, seduto sul muretto a riflettere
sui presunti errori di valutazione.
Lo Zoppo aveva lasciato la bicicletta nei pressi della tana di
Rosas, in Santa Caterina, una delle zone ritenute malfamate.
Per la verità la fama si è alquanto stemperata: i giovani se ne
sono andati e hanno lasciato i vecchi a vivere dei ricordi delle
passate furfanterie. Dei tempi nei quali rubare una bicicletta
era cosa rischiosa e accogliere la refurtiva era sicuro mercato e
fiorente guadagno. Tempi nei quali lo strappo di una catenella
d'oro di pochi grammi a una vecchietta, era da considerarsi
infamia e restituire il maltolto all'amico di un amico era un
punto d'onore.
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Quando ogni ladro rispettoso aveva il proprio codice d'ono-
re al quale mai sarebbe venuto meno.
Un genere di malfattori ora estinto e che ha lasciato dietro
solamente letteratura e ricordi. E compassione.
Mentre riavvolge la catena al montante della sella, lo Zoppo
borbotta a denti stretti:
«La presunta morte risale a due domeniche fa. Bisogna pro-
prio essere tonti o aver la testa nel sacco. Figuriamoci! Luca
Pomelli Parmeggiani è morto esattamente due domeniche fa.
Figuriamoci». Scuote il capo triste e rassegnato e sale sulla bici-
cletta. Per essere a posto con il codice della strada, inserisce la
dinamo sulla ruota anteriore e abbandona la zona di Santa
Caterina, ex di malaffare e d'intrighi. Fra un paio d'anni, ultima-
ti i lavori di restauro "conservativo", qui abiteranno famiglie
bene della città bene e sarà vanto il dire: "abito in Santa
Caterina". Esattamente com'era disdicevole, fino a dieci anni fa,
mormorare alle spalle di un emarginato: "abita in Santa
Caterina: fa quello che può".
Dalla finestra sotto il porticato, al numero diciannove, non
esce segno di vita e Rosas sarà sdraiato sul lettino a piangere le
proprie sventure e ad attendere le forze dell'ordine.

Non è l'orario più adatto per far visita all'obitorio, ma non mi


meraviglio di nulla quando si tratta dello Zoppo. Il custode,
assonnato, seminudo e spettinato, guarda la tessera che Poli
Ugo, vice ispettore aggiunto, gli ha messo sotto il naso; e lo fa
entrare senza commentare. È abituato a situazioni inconsuete.
Del resto, chi riesce a dormire a fianco di morti squartati, sezio-
nati e rappezzati, non ha il diritto di stupire se un vivo passeg-
gia di notte.
Il custode, dietro richiesta, estrae dal frigo Mario Burazzi e lo
mostra allo Zoppo che guarda velocemente la salma. Poi fa
cenno che va bene, che ha veduto quanto serviva e chiede:
«Vada, vada e si tenga a disposizione fino a nuovo ordine».
«È venuto qualche parente?». Il custode sbadiglia, rimette il

139
corpo in frigo, esce dalla stanza e si chiude la porta alle spalle chiesto a che titolo e mi ha risposto di essere un'amica; "arriva-
prima di rispondere: ta tardi" ha aggiunto. Me lo ricordo bene, ha proprio detto:
«Nessuno, non uno straccio di parente o amico. Un disgra- "arrivata tardi". Ha pianto e se n'è andata dopo avermi chiesto
ziato che andrà al cimitero da solo. Se non lo accompagnerà la data del funerale».
quella ragazza...». «Quando è accaduto?».
«Quale ragazza?». «Ieri mattina».
«È venuta una ragazza a chiedere di vederlo: gliel'ho mostra- «E quando ci sarà il funerale?».
to». Accenna con il capo alla sala appena chiusa. «Domani alle dieci». Poi guarda l'orologio a muro e rettifica:
«Le ho mostrato il ragazzo e lei ci ha fatto su un pianto di un «Oggi, questa mattina alle dieci».
paio di secondi». Lo Zoppo se ne va e non ringrazia né si scusa per il disturbo.
«Ha detto chi era?». Il custode gli urla dietro, prima di chiudere il portone:
«Ha detto: "sono... ero una sua amica"». «A presto e grazie per la visita».
«È tutto?».
«È tutto. Mica sto a chiedere le generalità a chi si presenta Sono le nove e trenta e lo Zoppo lascia l'ufficio senza averne
alla mia porta. Mica sono un questurino io». chiesta autorizzazione e ci mancherebbe solo che Raimondi
Deve averci un conto in sospeso con la questura, ma non ha Cesare, ispettore capo, lo mandasse a cercare proprio nel perio-
scelto il questurino giusto. do in cui Poli Ugo è fuori stanza.
«Rispondete alle domande e non commentate! L'ironia è Il carro funebre è fornito dal municipio, un cuscino di garo-
fuori luogo e non la tollero. Sto facendo il mio lavoro». fani rosa porta la scritta: "Dal tuo amico Luca che ti ha prece-
«Sissignore. E io sto facendo il mio». Gli è passato il sonno duto". L'altro cuscino, di rose, non ha scritta e Poli Ugo, vice
ed è un buon risultato. ispettore aggiunto, prende nota del fioraio che l'ha confeziona-
«Descrivetemi la signorina e riferite esattamente il colloquio to. Marzia Frabetti, in abito nero, elegante e silenziosa, è l'uni-
avvenuto». Il custode si concentra e chiude gli occhi. ca persona che segue il funerale. Assieme al maggiordomo auti-
«Giovane, sui vent'anni, capelli lunghi sulle spalle e lisci, sta Giuseppe, al volante dell'automobile.
magra e ben fatta. Altezza sul metro e sessantacinque. Elegante Lo zoppo resta nella scia fin sui viali dove si ferma, senza
e profumata. Un buon profumo che mi è rimasto sul naso anche scendere di sella, piede sul bordo del muretto ai lati della stra-
dopo che se n'era andata». Alle due di notte non si può preten- da, e guarda le auto che sfilano a fianco e che non hanno nulla
dere maggior precisione e maggiori dettagli da un disgraziato a che vedere con il funerale. Fino a quando il secondo morto
tirato fuori dal letto. Ma lo Zoppo insiste: della mia storia, sparisce oltre la curva dei viali; di lui resterà una
«E poi?». fotoceramica sul cippo cimiteriale. Due morti per droga nello
«E poi?». Allarga le braccia e si meraviglia. Era convinto di meri- stesso giorno, o quasi, per una città educata, civile e democrati-
tare una citazione. «Mi chiede e poi. E poi basta, non c'è altro». ca, sono un po' troppi. Specie se i due morti, da vivi, non erano
«Che ha detto la ragazza?». dediti alla droga. Rientra in ufficio e trova altre pratiche ammas-
«Desiderava vedere il corpo del povero Burazzi Mario. Le ho sate sul tavolo e sul pavimento.

140 141
«Figuriamoci. Hanno ricevuto ordine di far pulizia negli uffi-
ci. Figuriamoci». Si affaccia al corridoio e grida: «E quando
avrete esaurito le scorte da archiviare, come la metterete? Come
la metterete?». Nessuno dei chiamati in causa si affaccia a dir la
sua.

Rose rosse per te

142
gran colpo da mandare in frantumi la vetrina. Corre alla porta e
grida:
«Sei matto? Se non te ne vai immediatamente, chiamo la poli-
zia».
«E quando sarà qui, gli mostrerete la vetrina in frantumi».
Il fioraio ha capito che lo Zoppo non scherza e non se ne
andrà.
«Va bene: che vuoi?».
«Prima di tutto che non usiate il tu e poi che mi facciate
entrare e che mi diate un'informazione». Il fioraio ci pensa e poi
fa cenno con il capo e con la destra aperta a chiedere un attimo
di pazienza. Raccoglie il bastone che serve per abbassare la sara-
cinesca, lo tiene impugnato per ogni evenienza, apre la porta a
vetri e fa entrare lo strano cliente. Sta a rispettosa distanza e alza
il capo a chiedere:
Pedala, curvo sul manubrio, e fa la serpentina fra le auto che "Allora?". Non è loquace, il negoziante. Ma ci si intende
procedono in fila e lentamente. Attraversa tre incroci quando i anche a cenni. E a cenni lo Zoppo inizia il dialogo: punta il
semafori segnano rosso, rischiando il fischio del vigile urbano. bastone al petto del fioraio e dice:
Se il vigile urbano fosse uscito dagli uffici di quartiere. «Voi avete mandato un cuscino di rose rosse, questa mattina,
Nonostante le tre infrazioni, arriva al negozio di fioraio e lo all'obitorio per un funerale». Il fioraio annuisce e, dopo un atti-
trova chiuso: il lavoro d'archiviatura lo ha trattenuto più del mo, alza le spalle e agita la testa a significare: "E con ciò?".
previsto. Attraverso la griglia che divide il negozio dal retro, fil- «Desidero che siate preciso: l'avete inviato o no?».
tra luce e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, batte i pugni sul «L'ho inviato, l'ho inviato. Forse era difettoso? I fiori non
vetro del negozio e grida: erano freschi?».
«Voi! Ei voi! Aprite!». Dal divisorio spunta il viso del titola- «Mancava la scritta». Lo Zoppo ha abbassato il bastone e il
re del negozio, fa un gesto con la destra, le dita raccolte attorno fioraio, ora che ha capito di che si tratta, posa anche il suo e dice:
al pollice e apre la bocca come per dire: "Che cazzo vuoi a que- «Come eravamo d'accordo con la signorina. Esattamente
st'ora? Non vedi che è chiuso?". come eravamo d'accordo».
«Aprite. È cosa della massima importanza». Il fioraio non ha «Ci deve essere un errore. Quale signorina?».
intenzione e scuote ripetutamente il capo. «Vi dico che è impor- «Quella che ha ordinato il cuscino».
tante». Nulla da fare: il titolare manda a quel paese, sempre a «Ho capito, ma voglio conoscerne il nome». Il fioraio rico-
gesti, il cliente inopportuno e fa per ritirarsi nel retro e termina- mincia con i gesti e alza le spalle. «Che significa?».
re la corona per domani mattina. Si accorge però che lo Zoppo «Significa che non la conosco. Si è presentata ieri pomeriggio
ha impugnato il bastone come una mazza e sta per menare un e mi ha ordinato il cuscino. Senza scritta».

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«E ha pagato?». paletto in ferro di un cartello segnaletico, zoppica verso il por-
«Come no? Il cuscino l'ho mandato». tone.
«Descrivetemi la signorina». La diffidenza del fioraio torna a Giuliana Puletti non aspettava né le rose né lo Zoppo.
galla. Doppia sorpresa e imbarazzo.
«Perché?». Andando avanti a questo ritmo, un risultato del- «Che significano?».
l'incontro si avrà domani mattina, dopo aver trascorso la notte «Che significano cosa?».
nel negozio. «Le rose e la tua visita. Che significano?».
Lo Zoppo desidera concludere e sbatte davanti al maleduca- «Le rose sono per farmi perdonare la visita a quest'ora. È in
to la patente di questurino, ma la penombra del negozio impe- casa il dottore?».
disce al fioraio di capire esattamente di che si tratti. «Se mi hai mandato fiori e se sei qui, ora, è solamente perché
«Che vuol dire?». sai che Angelo è fuori».
«Vuol dire che sono della polizia e che voi avete l'obbligo di «Giusto. E so che resterà fuori l'intera settimana».
collaborare rispondendo senza far domande». Il fioraio annuisce. Siede senza essere invitato e guarda, sorridente, la ragazza.
«Capito. La ragazza era giovane, alta, capelli neri e lunghi, Giuliana è ancora sulla soglia e la porta è aperta. «Non vieni a
elegante e profumata. Mai veduta prima. Ha ordinato, ha paga- sedere?». Giuliana chiude la porta e va a sedere di fronte allo
to e se n'è andata». Ora è lo Zoppo ad annuire. Pensa, si guar- Zoppo, scorrendo un buon tratto di coscia perché la vestaglia...
da attorno e poi dice: E sotto la vestaglia, probabilmente, non ha altro.
«Prima di chiudere...». Lo Zoppo si china verso la ragazza, le posa le mani sulle
«Ho già chiuso». ginocchia e chiede:
«Prima di andarvene a casa, fatemi la cortesia di portare un «Novità?».
mazzo di rose a una signora della quale vi darò l'indirizzo». «Nessuna. Ci vuol tempo per quello che mi hai chiesto».
Questa è una novità. Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, che «Tempo? Quanto?». Giuliana si muove solo per togliere
manda rose a una donna. A Giuliana Puletti, scommetto. Si è dalle ginocchia le mani dell'uomo. Poi ricopre alla meglio le
preso una bella cotta il questurino. gambe, ma la vestaglia è corta e stretta.
Paga e se ne va. Ma non monta in bicicletta; la sospinge «Il tempo necessario. Io sto rischiando grosso, sai. Sono fuori
tenendola per il manubrio perché non ha molta strada da per- dal giro della droga da tre anni, ormai...».
correre. Infatti la casa di Mario Burazzi non è distante dal nego- «Ma davvero?». Giuliana non sopporta quel tipo di sarca-
zio di fioraio. Giuntovi, lo Zoppo si ferma a guardare verso il smo. Si alza e va a versarsi da bere.
secondo piano. Il fabbricato non ha portinaio. Poli Ugo consul- «Se la prendi in questo modo, inutile continuare».
ta l'orologio, scuote il capo e monta in bici. Pedala in scioltezza «Scusa, ma mi pare strano che una ragazza riesca a venir fuori
per strade poco affollate dalla sera e arresta di nuovo il suo viag- dalla droga. Più strano ancora il fatto che glielo consentano.
giare al portone di casa del dottor Angelo Pomelli Parmeggiani. Certa gente, certi fornitori, non sopportano di perdere i clienti».
Seduto sul sellino attende che il fioraio consegni le rose rosse; Giuliana lascia il bicchiere sul tavolo e si avvicina allo Zoppo
attende che lo stesso fioraio se ne parta e poi, legato il veicolo al per mostrargli le braccia nude.

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«Guarda! Ti sembrano braccia da droga queste?». È immo- «Ho cominciato, ho cominciato, stai tranquillo. In giro c'è
bile, le braccia tese, e lo Zoppo sfiora con le dita la pelle liscia e gente che già sa di me. Ora è necessario che passi qualche gior-
profumata della ragazza. Poi scuote il capo: no. E anche tu aspetterai».
«No, non mi sembrano braccia da droga. Ma ci sono altre parti «Aspetterò. Sono paziente io». Si alza e le va vicino; tanto che
del corpo... Più nascoste». Giuliana lo guarda in viso e lo sfida. basterebbe alzare una mano per avere nel palmo... «Sono
«Cerca tu!». Aspetta, immobile. paziente». Sa lui a cosa allude. Giuliana è alterata e lo sconten-
Lo Zoppo si alza e con la punta del bastone solleva l'orlo to le ha accelerato il respiro. Per togliersi dagli occhi il seno agi-
della vestaglia fino a scoprire le cosce. Le sorride prima di pas- tato della ragazza, lo Zoppo se ne va. Alla porta conclude: «Fai
sare all'esame delle gambe. Davanti e dietro. Giuliana sopporta attenzione: è gente che non perdona».
in silenzio. Poi: «A me lo dici? Perché non ci hai pensato prima?».
«Hai ragione: sei pulita». L'orlo della vestaglia riprende il suo «Ne hanno ammazzato un altro, subito dopo aver ucciso
posto. Luca». Si volta a guardare l'effetto che il seguito farà su
«E tu sei un porco». Giuliana. «Si chiamava Mario Burazzi ed era amico di Luca».
«È la seconda volta che mi chiami porco». Lo Zoppo non «Anche... Mario?».
sorride più e Giuliana torna al bicchiere. Beve, respira lungo e «Anche. Lo conoscevi?».
si rilassa. Dice: «No. So che era amico di Luca perché Angelo me ne parlò,
«Mi costringi a tornare indietro di tre anni. È un brutto una volta».
colpo. Ricominciare a frequentare personaggi che avrei voluto «Te ne parlò solo? O lo hai incontrato?». Giuliana nega con
cancellati dalla mente». il capo.
«Angelo te ne sarà grato». Giuliana non è d'accordo e il suo Lo Zoppo libera la bici dal palo segnaletico ed è ancora pie-
tono lo rivela chiaramente. gato nel lavoro quando il mazzo di rose rosse lo colpisce sulla
«Angelo non dovrà mai saperlo. Capito? Mai!». Lo Zoppo schiena. Dalla finestra illuminata, al secondo piano, Giuliana,
torna a sorridere e annuisce. «Ho bisogno di tempo e tu me lo sagoma scura appoggiata al davanzale, gli grida:
darai. In tre anni l'ambiente è cambiato, le persone non sono «Riprenditi la verdura e risparmia i soldi».
più le stesse. Dovrò illuderli di esserci caduta di nuovo, dovrò «Non ti piacciono le rose?».
riprendere i contatti e cercare... Sono diffidenti, sai. Se a qual- «No, se sei tu a regalarle». Lo Zoppo raccoglie il mazzo, lo
cuno di loro venisse il sospetto che io... Sai cosa rischio, vero? annusa e lo deposita sul cesto dei rifiuti. Scuote il capo:
Te ne rendi conto?». «Dovrei farle un verbale per aver gettato rifiuti dalla finestra
«Lo so, mai i risultati...». Giuliana grida: sulla pubblica via». Di nuovo alza lo sguardo e Giuliana è anco-
«Non m'interessano! Lo faccio solo perché mi ricatti e Luca ra alla finestra; le fa un cenno di saluto, monta sulla bicicletta e
e la sua morte non m'interessano. Capito?». Lo Zoppo annuisce si allontana.
e sorride con una sottomissione perlomeno sospetta. Dice:
«Spero che tu abbia cominciato a muoverti. Non c'è «Comunicazioni per me?». Il portiere dell'alberghetto di
tempo...». quarta finge di consultare certi appunti mai presi e dice:

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«No, dottore, nessun messaggio». Lo Zoppo sale le scale, ma «Per la colite avrei una ricetta: dimenticare i discorsi che ti ha
ci ripensa e torna al banco. fatto lo Zoppo. Per il resto, cerca di scoprire il lato buono».
«Quella ragazza... Come si chiamava?». «Il lato buono? Indicamelo e vedrò di accontentarti».
«Non so, dottore». «Presto fatto, Antonio. Il mestiere? Non peggiore di un al-
«Non sapete. Come non sapete? Me l'avete mandata voi in tro». I fari della ventotto inquadrano uno spazzino che si dà da
camera!». Il custode ha memoria corta e seguita a negare con il fare con scopa e pala. «Prendi quello: il suo è mestiere peggiore
capo. Non fa alcuno sforzo per arrivarci; non è abituato. Lo del tuo e del mio. Le notti in servizio? Ti lasciano il giorno libe-
Zoppo scende al dettaglio: ro per farti i cazzi tuoi. Il caffè? C'è sempre la tana di Rosas dove
«Era giovane, bionda, un bel petto sodo e pieno, capelli lun- può prepararti un caffè di tuo gusto». Lascia per un istante di
ghi...». I capelli fanno scattare la memoria del portiere. guardare la strada e volge il capo al collega. «Ti ci porto?». Sarti
«Capito: Giuliana la matta». Antonio, sergente, nega con il capo: il questurino che rinuncia a
«Sì, mi pare che il suo nome fosse Giuliana. Mandatela in un caffè e a due chiacchiere con il talpone, è cosa rara. Spiega:
camera mia». «In questi giorni Rosas mette malinconia. È in una situazione
«Come sarebbe, dottore? Si è sempre raccomandato di non peggiore della mia: non gli va giù lo sfratto. In quella sua tana
mandarle più di una volta la stessa ragazza...». aveva messo radici e strapparle sarà doloroso». Sulla ventotto
«Mandatemi Giuliana e non state a discutere». Sale in camera. torna il silenzio e sarà faticoso arrivare alla fine del turno. Felice
Non ho intenzione di assistere a un'altra disgustosa scopata. Cantoni non se la sente e prova un'altra via:
Neppure ai preliminari. Figuriamoci! Giuliana la matta. E «Lo Zoppo, che tipo. Mi spieghi che lo tengono a fare in ser-
domani mattina lo Zoppo si chiuderà nell'ufficio e passerà la vizio, conciato com'è?». Sarti Antonio, sergente, alza le spalle:
giornata a protocollare e a timbrare pratiche. Una noia. Mi rifac- «Ha rifiutato la pensione per invalidità di servizio. Pare che
cio lo spirito con Sarti Antonio, sergente, e con Felice Cantoni, sia nei suoi diritti. E la pensione gli spettava. Il massimo».
agente. «Allora è matto».
Sarti Antonio è rincantucciato e silenzioso nella sua parte di «Non è matto: è così di costituzione. Ce l'ha su con tutti e
sedile anteriore della ventotto, appoggiato allo sportello; l'auto non sopporta i colleghi. E gli altri, tutti, per lui, sono deficienti.
procede lentamente e Felice Cantoni, agente, accarezza il volan- Nessuno capisce. La verità è che gli pesa la gamba massacrata,
te e fischietta in sordina. Sarti Antonio guarda i portici illumina- gli pesa che l'abbiano confinato in archivio, gli pesa non avere
ti che scorrono a fianco e ogni tanto sospira il proprio malcon- amici con i quali scambiare due parole...».
tento. «Fa di tutto per non avere amici. A sentir lui, noi siamo tutti
«Che c'è, Antonio? Ti vedo giù». incapaci».
«Mi vedi? Io sono giù. Dammi un solo motivo per il quale «A volte lo siamo». Sarti Antonio si riferisce alla superficia-
non dovrei essere giù! Un mestiere di merda, consumo le mie lità delle indagini attorno alla morte di Luca Pomelli Parmeg-
notti su questo cesso di auto ventotto, non c'è un bar aperto giani e non si rassegna ad essere lui, per l'occasione, uno degli
dove prendere un caffè decente, da una settimana e ad interval- incapaci.
li regolari, la colite mi divora... Che altro ti serve?». «Com'è accaduto?».

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«Cosa?».
«L'incidente che lo ha conciato male».
«Di preciso non lo so. Ho sentito che faceva da scorta a un
senatore durante una campagna elettorale e la sua auto fu coin-
volta in un incidente stradale. Di più non so e non mi interessa».
La notte di primavera scivola via silenziosa e calma e si lascia
dietro il sapore dei tempi andati. Non una chiamata dalla cen-
trale, non un ubriaco da accompagnare al pronto soccorso né un
drogato da far correre in ambulanza alla sala di rianimazione.
Una delle poche notti tranquille da segnare sul calendario e
delle quali, fra poco, si perderà pure il ricordo.
Chiacchiere inutili con la mente annebbiata dal sonno, il
capo posato sullo schienale e tanti pensieri che si rincorrono
nella mente senza che se ne fissi uno in particolare. Tutto sem-
bra facile, ma è il dormiveglia che modifica la struttura dei pro-
blemi. Sarti Antonio, sergente, tornerà nella realtà e di nuovo lo
tormenteranno i troppi errori commessi, il desiderio, continua-
mente promesso a se stesso, di venirne fuori o di ricominciare
da capo. In quale modo? Da che parte? L'impossibilità anche
solo di immaginare la via d'uscita o un desiderio, rende la vita
insopportabile.
Verso l'alba, quando la pallida luce intiepidisce la cima della
torre grande e le luci dei portici impallidiscono, la centrale chia-
ma l'auto ventotto e riporta Sarti Antonio, sergente, alla durez-
za di una realtà non appannata.
«Qui centrale. Qui centrale. Auto ventotto, siete in ascolto?».
Prima di rispondere Sarti Antonio allunga le braccia verso il
cruscotto, spinge con forza le gambe sul pianale e si stira come
glielo consente lo stretto vano della vettura.
«Auto ventotto in ascolto. Sentiamo le novità. Vi siete sve-
gliati male?».
«Attenzione: tumulti in via Santa Caterina, all'altezza del civi-
co diciannove. Recatevi immediatamente in zona e procede-
te...». Il nome e il numero della strada risvegliano del tutto i

152
sensi intorpiditi di Sarti Antonio e mentre Felice Cantoni porta
l'auto nella giusta direzione, il sergente interrompe la comunica-
zione della centrale con una domanda:
«Dove avete detto?». Chi gli risponde non ha tempo da per-
dere in chiacchiere.
«Sveglia, sergente, sveglia! Santa Caterina diciannove. Devo
ripetere?».
«No, no. Stiamo già correndo. Che è accaduto?».
«Se lo sapessimo non manderemmo voi a controllare».
Fine del dialogo a distanza e inizio di una veloce corsa verso
il luogo indicato.
Felice Cantoni, agente, sorride e accompagna il volante, in
curva, con la dolcezza con la quale accarezzerebbe l'amante;
Sarti Antonio, sergente, stringe i denti e si attacca al cruscotto.
Mai veduto Santa Caterina così animata e affollata; neppure
durante le feste dell'Unità. Un gruppo di giovani fa catena e ne
blocca l'ingresso. Più avanti, lungo la via, un altro gruppo impe-
disce la seconda uscita e fra i due gruppi è fermo un autocarro
del comune sul quale stanno, immobili, indifferenti, quattro fac-
chini municipali. Due vigili urbani tentano di farsi largo per
arrivare al numero diciannove sventolando sulle teste dei giova-
ni fogli di carta bollata e firmata da chissà quale alta autorità
costituita. I vigili gridano la loro missione di legge, ma gli slogan
superano le loro voci. I megafoni a pila e i cartelli riportano a un
clima che immaginavo dimenticato da tempo.
Sarti Antonio, sergente, e Felice Cantoni, agente, si consulta-
no guardandosi in viso prima di tentare la via che li condurrà ai
due vigili urbani: i più immediatamente minacciati. Non si sa da
cosa.
«Che succede? Sono della polizia». Gli risponde il vigile più
alto in grado:
«Succede? Succede che non ci permettono di passare, non ci
lasciano fare il nostro dovere. Dobbiamo consegnare una notifi-
Attenzione: tumulti in via Santa Caterina, all'altezza del civico diciannove... ca di sfratto a un certo... a un certo...». Consulta il foglietto

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ormai sgualcito che tiene alto sulla testa. «Rosas, ma ci hanno Rosas non può farci nulla e si stringe nelle spalle, si alza dal
bloccato e non c'è verso di...». La sua voce è sommersa da slo- lettino e chiede:
gan: «Un caffè?».
«Le case a chi le abita! Le case a chi le abita! Le case a chi le «E tu vuoi un pugno sui denti? Va' fuori e fa' cessare la
abita!». pagliacciata se non vuoi...».
Il vigile cerca di farsi sentire dai due agenti: «Ma che c'entro io? Sei tu che devi spiegare loro come stan-
«Qui ci vorrebbero le camionette della celere, come nel cin- no le cose. Un caffè?».
quanta. Cosa fa la polizia?». Sarti Antonio non gli risponde per- Nella strada continuano le grida, gli insulti alle autorità e l'oc-
ché non ha intenzione di offendere il benemerito corpo dei vigi- cupazione del suolo pubblico. Sarà una giornata nera. Sarti
li urbani. Si fa strada, da solo, e arriva al numero diciannove. Antonio consulta l'orologio e grida:
Forse lo hanno riconosciuto e lasciato passare. Trova Rosas «Figlio di puttana! Figlio di puttana! Non potevi aspettare
sdraiato sul lettino e pare che dorma. una mezz'ora a iniziare il casino: io sarei smontato di servizio e
«Che hai combinato? Sei contento del casino che c'è in stra- la pesca sarebbe toccata a un altro. Non potevi proprio?».
da? Finirai in galera assieme a quegli esaltati?». «Se dico che io non c'entro. Un caffè?». Sarti Antonio, ser-
«Non illuderti: neppure in galera c'è spazio. Per me andreb- gente, non risponde e torna in strada, dopo aver mandato al dia-
be bene e avrei risolto il problema della casa». E Rosas cerca gli volo, con un gesto, l'amico Rosas. Grida a Cantoni:
occhiali e se li posa sul naso, in bilico. Sarti Antonio, sergente, «Vai alla ventotto e avverti la centrale che ci vogliono rinfor-
siede sul bordo del lettino, scuote il capo e chiede, più calmo: zi. Io vedo come posso portar fuori di qui il camion e i vigili».
«Ora che si fa?». Impresa dura.
«Semplice: mandi a spasso i vigili urbani, mandi all'osteria i Meno del previsto: appena l'autocarro si mette in moto e, a
facchini e a magazzino il camion che doveva caricare i miei marcia indietro, mostra l'intenzione di lasciare il campo, i giova-
mobili. Argomento chiuso». ni si dividono e lasciano spazio per la manovra. Vigili urbani e
«Chiuso? Che credi di risolvere?». Rosas è abbattuto. facchini tolgono il disturbo seguiti da sberleffi e insulti.
«Nulla, lo so bene. Al più sarò riuscito a guadagnare una set- Né Rosas né gli studenti maleducati avranno ricavato molto:
timana, forse due...». la proroga di una settimana, forse due, allo sfratto obbligato e di
«...e una lista di denunce lunga da qui a San Luca. Li hai legge. Forse anche un paio di articoli sul giornale, ma tempo tre
chiamati tu quegli esaltati là fuori?». giorni e le cose torneranno nel loro letto.
«Io? Io non ne so nulla. Si sarà sparsa la voce che qui, al Una cosa è certa: mi sono divertito e pareva di essere tornato
diciannove di Santa Caterina, c'erano appartamenti vuoti e gli ai bei tempi delle passate illusioni! Illusioni, appunto.
studenti che non hanno casa sono arrivati per occupare lo stabi-
le. E mi sembra giusto».
«Giusto i miei due! Sai benissimo che gli appartamenti sono
vuoti perché l'intero fabbricato deve essere restaurato. Non fare
lo stronzo e manda a spasso i tuoi amici».

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Ancora rose rosse
lature grigie e gonfie di incartamenti e animaletti argentei, simi-
li a piccolissimi pesci che trovano dimora fra carte vecchie di se-
coli.
La pioggia rimbalza sul coperto a terrazza e schizza contro i
vetri dell'ufficio la polvere che sulla terrazza si era depositata.
Altre gocce battono sui vetri, scivolano in basso, puliscono lo
sporco di precedenti piogge e disegnano, scendendo a scatti, fi-
gure senza forma a seconda dello spessore di polvere che incon-
trano nella loro discesa.
Quando tornerà il bel tempo, il caldo asciugherà la ragnatela
e la fisserà ai vetri fino alla prossima tempesta d'acqua: una gal-
leria di quadri informali che nessuno toglierà dai vetri troppo
alti dell'ufficio di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto.
Neppure la lampada che pende dal soffitto, affogata com'è
nella polvere, depositata nel globo, illumina più come ai bei
È una mattina piovosa e la primavera ha lasciato spazio a un tempi. È da anni lo Zoppo aspetta che si fulmini in modo che un
residuo d'inverno che dà gli ultimi tratti. elettricista di buona volontà pulisca alla meglio lo strato di pol-
Capita, in questa città, che quando immagini di essere fuori vere secolare. Ma non esiste in tutta la città, e forse nel mondo,
dalla cattiva stagione, ti accorgi che la cattiva stagione è ancora lampadina più resistente ai cambi di tensione. Ed è là che resi-
dietro l'angolo, pronta a mostrare i suoi rigori. Da questo, forse, ste e sfida il tempo, monumento incorruttibile a ricordo di
il proverbio locale che consiglia "aprile, non ti scoprire". Con la Edison.
rima che va per conto suo, ma si sa che i proverbi sono la sag- Lo Zoppo sospende la catalogazione dei documenti e osser-
gezza dei popoli e i popoli non vanno per il sottile in fatto di va con soddisfazione il pavimento dell'ufficio.
rime. Sgombero! Oltre la porta, lungo il corridoio, l'ultimo carrel-
È piovuto l'intera notte e l'ufficio dello Zoppo ha finestra e lo di pratiche troverà presto la sua definitiva collocazione. Nei
porta chiuse. Per la verità, la finestra è sempre chiusa, anche in secoli futuri.
agosto, perché è troppo alta sul pavimento e servirebbe una Deposita timbro e tampone nel cassetto, che chiude a chiave,
scala ogni volta che la si dovesse muovere. È anche possibile che si passa le mani sul viso e guarda in alto, oltre l'opaco dei vetri,
siano decenni che nessuno la tocca e già i vetri hanno assunto il ma il cielo resta un'ipotesi che si confonde fra la ragnatela della
tono di satinatura classica del vetro lavorato a smeriglio. Per ciò pioggia. Lo Zoppo borbotta:
i muri, i mobili e i documenti della stanza hanno l'odore dei «Finirò domani mattina». E si alza. Posa il piede destro sulla
magazzini nei quali si ammucchiano le cose e l'aria non la si sedia e massaggia la parte inferiore della gamba.
cambia mai. Odore di timbri, di inchiostro, ereditati, forse, dai Chiude bottega per alcune ore.
documenti dell'archivio risalenti alla polizia pontificia. Scaffa- Uscendo dall'ufficio, nel corridoio, grida:

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«Se mi cercano, sono al bar!». Non gli rispondono, ma è «Ne sono certo». Una pausa e poi: «Anche se...».
certo che hanno inteso. «Anche se?». Il fioraio non risponde, ma fa un gesto con la
Si allontana battendo il bastone e picchiando il tallone destro destra aperta a significare: "aspetta un momento".
con maggior violenza del consueto, tanto che il pavimento ne Scompare nel retro e ne torna con un garofano rosso fra i
trema e il rimbombo si perde nei corridoi deserti della questura. denti: il gambo gli entra nell'angolo destro delle labbra per usci-
Non si ferma al bar: sarebbe strano il contrario. Sotto il re a sinistra. In mano tiene il giornale e parla a denti stretti per
monumentale portico del palazzo del governo, granitiche figure non lasciar cadere il garofano.
in bassorilievo scolpite sulle colonne, incombono sui passanti e «Per caso, il cuscino di rose che ho mandato all'obitorio era
incutono rispetto. Fuori dal porticato, una pioggia fitta e noio- per questo ragazzo?». Distende il giornale sul bancone, lo stira
sa continua a bagnare la città e a spandere attorno, anche dove ben bene e più volte e indica la foto di Mario Burazzi "diciotte-
non arriva direttamente, l'umidità di una stagione malefica. Il sima vittima della peste liquida".
pavimento in marmo dei portici e i masselli in granito delle stra- «Per caso era per quel giovane. Allora?».
de sono scivolosi e lo Zoppo fa attenzione ad appoggiare il «Lo immaginavo. Mario Burazzi, lui sì, era mio cliente».
bastone sussidiario alla gamba destra. «In che senso?».
Non se ne preoccupa più di tanto: è abituato al clima e alle «Nel senso che veniva una volta alla settimana, ordinava un
strade. Alza il bavero della giacca e si calca in testa un ridicolo mazzo di rose rosse...».
berrettino di plastica scura, residuo di chissà quale antico «Come quelle del cuscino?». Il fioraio annuisce e continua a
impermeabile ormai finito nel macero del tempo. denti stretti per via del garofano in bocca:
Nell'attraversamento delle zone scoperte dei portici, allo «...da consegnare a una certa ragazza».
Zoppo riescono pure traballanti corsette. «La quale abita?». Il fioraio si stringe nelle spalle e allarga le
La bicicletta è inadatta all'attuale situazione ambientale e lo braccia.
Zoppo si confonde su un mezzo pubblico di trasporto. Ne scen- «Non lo so». Questa è dura da credere e lo Zoppo non l'ac-
de a due passi dalla casa del defunto Mario Burazzi, davanti al cetta.
negozio del fioraio di poche parole. Al quale fioraio lo Zoppo «Mi volete far fesso? Prima non ricordate e poi ricordate e
rammenta la sua qualifica di funzionario della questura ora... Vi garantisco che ho il modo per farvi cambiare idea. Da
mostrandogli, prima di iniziare il dialogo, il documento che lo quanto era vostro cliente il Burazzi?».
definisce vice ispettore aggiunto, con tanto di foto autenticata «Diciamo da tre mesi».
dalle competenti autorità. «In tre mesi ci sono almeno dodici settimane. Il che significa,
«Mi auguro che vi sia tornata la memoria circa la signorina stando alle vostre parole, dodici mazzi di fiori e dodici indirizzi
che ordinò il cuscino di fiori». Il fioraio allarga le braccia, delu- scritti su un biglietto. E dodici viaggi in andata e ritorno per la
so, e nega con il capo senza parlare. «Siete un fioraio ben stra- consegna delle rose. Volete ancora farmi credere che non ricor-
no: di solito si tengono in nota i clienti». date l'indirizzo?». Da come si mettono le cose, il fioraio pensa
«La ragazza non era cliente. È capitata da me per caso». bene di togliere il garofano di bocca, lo posa con cura sul ban-
«Ne siete certo?». cone e risponde a parole chiare:

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«Chi mai ha detto di non ricordare l'indirizzo? Ho solo detto giacca, è bagnata e l'umidità arriva alle ossa, ma Poli Ugo, vice
di non sapere dove abiti la ragazza. Le rose, infatti, io le conse- ispettore aggiunto, è un duro e non la cede.
gnavo personalmente alla clinica Villa dei Gelsi, nell'intervallo Scorre, con l'indice, i campanelli di quella che fu la casa di
del mezzogiorno. In portineria e per la signorina Flora Stinti. Mario Burazzi e comincia dal nome più in basso. Due colpi
Che il sottoscritto non ha mai avuto il piacere di incontrare di decisi: che sappiano, gli abitanti, prima ancora di aprire, con chi
persona». Riprende il garofano, lo rigira fra le mani, ne osserva avranno da trattare fra poco.
il gambo e lo rimette fra i denti. Poi ripete a labbra strette: È l'ora in cui la gente che ha un lavoro siede a tavola per
«Flora Stinti, Villa dei Gelsi». ingoiare in fretta un piatto di minestra e una bistecca all'acqua,
«L'ultimo mazzo?». per contorno due radicchi e un bicchiere di vino, prima di tor-
«Il conto torna: due settimane fa. Poi il giovane è morto e nare in ufficio o in magazzino. In ogni fabbrica che si rispetti, ci
non l'ho più veduto. Se mi avessero detto che era drogato, non sono le mense, quasi tutte gestite dalla solita cooperativa, ma gli
ci avrei creduto. Abitava qui, a due passi. Lo sapeva?». Lo operai preferiscono correre a casa, dove la moglie di turno pre-
Zoppo non perde tempo a rispondere e fa un cenno che potreb- para qualcosa di meglio delle porcherie passate dalla direzione
be essere di saluto, ma, prima di andarsene, prende il giornale in accordo con i sindacati. La città, poi, non è così grande da
dal banco, lo piega e lo mette nella tasca interna della giacca impedire la corsa: in mezz'ora si va da un capo all'altro. Con i
perché la pioggia non lo bagni. Poi si toglie dal capo il berretti- propri mezzi, naturalmente, che se ci fosse da affidarsi al mezzo
no di plastica, lo sgocciola ben bene sul pavimento di marmo ed di trasporto pubblico, staremmo freschi. Va bene tutto: la bici-
esce. cletta o il quarantotto, la vespa cinquanta o il vespone con tanto
Il fioraio si è fatto fregare il giornale, bagnare il pavimento a di parabrezza e fanalini direzionali, la Honda settecinquanta o il
specchio del negozio e non ha protestato. Segue con lo sguardo Morini.
il questurino e borbotta: La signora che accoglie Poli Ugo è in vestaglia e mastica men-
«Guarda te. Comodo. Non poteva sgocciolarlo fuori, prima tre il questurino le mostra la tessera. È una massaia non abitua-
di entrare?». Con uno straccio rimette a specchio il pavimento ta a trattare con la polizia e grida verso la cucina:
tirato a cera, scuote il capo e torna a confezionare corone per «Armando, Armando, che hai fatto? C'è uno della polizia».
defunti o mazzi di rose per innamorati, nel retro del negozio. Le risponde una bestemmia in dialetto e il rumore di sedia allon-
La pioggia è cessata, ma la punta del bastone, protetta da un tanata dal tavolo in fretta. Arriva Armando, anch'egli mastican-
cappuccio di gomma, scivola sul pavimento umido del portico. do, e si pulisce le labbra con il dorso della mano. Una mano gran-
Eppure ogni volta lo Zoppo ritrova l'equilibrio, miracolosamen- de e callosa, da metalmeccanico. Nell'aria, il profumo del sugo
te. Questione di abitudine o di abilità. O di fortuna. alla carne. I due lasciano il poliziotto sul pianerottolo; anzi, per
Da qualche parte, un campanile manda il suo mezzogiorno evitare che entri, Armando si appoggia allo stipite e chiude con
che si perde in un cielo bigio come l'acqua del fiume dopo la il corpo ogni possibile accesso. Parla dialetto e chiede:
pioggia. Fra poco ricominceranno a cadere le gocce minute e «Che c'è?». Poi alla sua signora: «Sta' tranquilla, non ho an-
fitte e il berrettino di plastica che lo Zoppo agita ancora nella cora ucciso nessuno. Torna a mangiare che adesso arrivo an-
sinistra perché si asciughi, servirà a poco. La camicia, sotto la ch'io». La signora resta.

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«Desidero informazioni su una giovane di circa vent'anni, ricorderei di sicuro. Ho buona memoria per queste cose, io».
capelli lunghi e bruni, magra, altezza circa un metro e sessanta- Ride. «Mi è rimasta solo quella, però. La memoria. Ma non
cinque, elegante e profumata...». Armando guarda la moglie e vuole entrare, signor aggiunto vice?». Poli Ugo neppure gli
chiede: risponde e sale di un piano. Il pensionato gli grida:
«La conosci?». La signora, occhi sempre sbarrati e in attesa «Se la trova, me la presenti. Ci avrei un piacere, ci avrei.
del peggio, nega velocemente con il capo senza pensarci su un Proprio. Una ragazza così... Elegante, profumata. Mi sono sem-
attimo. «Chi sarebbe questa?». pre piaciute le donne eleganti e profumate».
«Se lo sapessi non lo chiederei a voi». Poli Ugo non ha i modi I signori del piano successivo si sono appena messi a tavola:
gentili dei poliziotti televisivi americani, ma neppure Armando padre, madre e ragazzino di dodici, tredici anni appena tornato
ha la pazienza di un teste che desideri collaborare. Dice: dalla scuola. Ha gettato la cartella, con scarso amore, sul pavi-
«Non sappiamo chi sia». E chiude la porta senza il buongior- mento dell'ingresso. L'appartamento occupa due delle stanze
no di rito. che in origine appartenevano all'abitazione del defunto Mario
Il secondo inquilino è un vecchio in pensione che o non ha Burazzi al quale erano così rimaste una camera, una cucina e il
mangiato o ha finito da tempo: nessun profumo di vivande esce bagno.
dalla porta spalancata. Sorride e stringe gli occhietti mentre La signora è abituata a trattare con agenti di polizia e appena
dice: vede la tessera, non ha bisogno di leggere. Dice contenta:
«Non ho gli occhiali. Che c'è scritto?». «Si accomodi, signor ispettore. Si accomodi. Mi dispiace che
«C'è scritto che io sono della polizia. Vice ispettore aggiun- stiamo pranzando... Vuol favorire?». Sono le prime cose che si
to». dicono fra persone educate e, secondo il copione, l'interpellato
deve rispondere:
«Ah sì? Ci ho piacere, ci ho. Che posso fare per lei? Non
vuole entrare?». «No, grazie». Come fa Poli Ugo entrando. Si trova nel tinel-
lo dove il capofamiglia sta seduto a tavola assieme al figlioletto.
«Non importa. Desidero informazioni su una giovane...».
La signora non lascia il tempo. Dice, allegra:
Ripete la descrizione che ha ormai a memoria. Il pensionato
«È un ispettore di polizia, caro». Al questurino: «Si accomo-
sorride e ascolta. Poi, prima di rispondere, ci pensa e mormora
di, prego». Offre una sedia imbottita e ricoperta di plastica che
fra sé:
Poli Ugo ignora. «Possiamo esserle utile, signor ispettore?
«Elegante e profumata». Scuote il capo. «No, proprio no e
Scommetto che si tratta del povero Mario». Ricorda di avere un
me ne dispiace. Dovrei conoscerla?». figlio. «Tu vai di là, in camera tua: non sono cose per te». Il figlio
«Ve lo chiedo». alza le spalle e resta seduto con gli occhi nel piatto. Ha abban-
«E dica un po' su: è una di quelle... Insomma, di quelle che donato il poliziotto perché è stata una delusione in riferimento
ci stanno?». Gli occhietti socchiusi del vecchio prendono l'e- a quelli che il televisore gli passa quotidianamente.
spressione della gioventù. Il capofamiglia si alza e stringe la mano al poliziotto. Dice:
«È possibile che l'abbiate incontrata qualche volta per le «Un bicchiere per l'ispettore. Subito». Versa da bere prima
scale». Il vecchietto ci fa sopra un altro pensierino e conclude: che Poli Ugo abbia accettato. «Sentirà che razza di vino. Lo fac-
«No, proprio no. Se avessi incontrato una ragazza così, la
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cio io, personalmente. So cosa si produce oggi e preferisco non «Proprio così: alta, capelli lisci e scuri... Una gran bella
correre rischi. Senta, senta che roba». In attesa che lo faccia l'o- ragazza, le dirò».
spite, beve lui, ad occhi chiusi per la felicità. «Quando accadde?».
«Desidero informazioni su una giovane di circa vent'anni...», «Tempo fa. Due volte. Elegante e profumata. Non aveva l'a-
e avanti. La signora segue con attenzione e sadica curiosità. ria di una di quelle...». Altra occhiata al figlio e definitiva rinun-
Sul tavolo fumano tre scodelle colme di rosse tagliatelle, cia ad allontanarlo. «Lei sa cosa intendo, vero?». Poli Ugo
appena imbiancate da un velo di parmigiano grattugiato. Si raf- annuisce. «Poi non l'ho più veduta e mi chiesi se non avessero
fredderanno rapidamente. Una tovaglia sporca di sugo in più litigato».
punti e tovaglioli che hanno i colori dei cibi passati nella setti- «Ricorda quanto tempo fa?».
mana. Una bottiglia di rosso e una di bianco. Di acqua non c'è «Direi due mesi fa. Ecco: due mesi». Accenna con il capo
ombra. Anche il dodicenne succhia nel tino di famiglia. all'appartamento di fianco. «Lui era appena tornato... Sa, era
Il padrone di casa neppure finge di pensare a quanto ha chie- rimasto fuori casa per qualche mese. Non so dove. Lo ricordo
sto il poliziotto; siede scuotendo il capo negativamente, si fissa bene perché io e il piccolo...». Accenna al ragazzo che divora e
alla gola il tovagliolo e si giustifica: non si cura dei pettegolezzi materni, «...io e il piccolo eravamo
«Sa, non vorrei che si raffreddasse. Le tagliatelle fredde non tornati da poco dalla montagna. Sa, noi in febbraio, tutti gli
sono più tagliatelle». La signora, invece, ha dimenticato il pran- anni, andiamo quindici giorni in montagna, fra la neve. Lei ci
zo e gli occhi le brillano di felicità. va?».
«Sa che io ho paura di averla veduta la ragazza che lei ha «La ragazza non abita nel fabbricato, allora?».
descritto?». Al marito: «Ricordi che te ne parlai? Qualche gior- «Oh no, lo saprei. Abitiamo noi, abitava il povero Mario e
no dopo che Mario Burazzi era tornato a casa». poi ancora il signor...». Poli Ugo la interrompe.
Il marito continua a negare e a masticare. «Ma sì che te ne «Neppure nei dintorni? L'ha mai notata in giro per i nego-
parlai, ma tu non mi ascolti, ecco la verità. Sono certa che te ne zi?».
parlai». «No, no. È una ragazza che abita di certo in periferia».
«Se dico che non ricordo...», e per chiudere l'argomento, si «E perché?».
alza e accende il televisore. Torna alle tagliatelle. D'ora in poi il «Così, lo immagino».
dialogo sarà fra la signora e lo Zoppo. «Vi è capitato di parlare qualche volta con Mario Burazzi?
«Sì, sì, sono certa di averla incontrata mentre usciva dalla Conoscere il nome della ragazza?».
porta accanto alla nostra. Sa, quella del povero Mario. Pensi che «Oh no! Quel povero ragazzo non parlava mai con nessuno.
vergogna! Un drogato nel nostro condominio. Che vergogna!». Buongiorno e buonasera se ci si incontrava per le scale o in
Si accorge che il figlio è ancora a tavola e ascolta. «Ti avevo negozio. Ed era tutto».
detto di andare in camera tua». Il ragazzino alza le spalle e bor- «L'avete veduta poco tempo prima che il giovane morisse?».
botta: «No, gliel'ho detto: da due mesi non l'ho più notata. Forse i
«Ma io ho fame». Ignora l'ingiunzione della madre e pensa due avevano rotto. Sa, i giovani». La signora ha dato il suo con-
alle tagliatelle. tributo alla giustizia e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, si avvia

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all'uscita; il padrone di casa ha seguito, senza comprenderlo, il
telegiornale delle tredici e quando si accorge che il questurino
non ha assaggiato il vino di sua produzione, alza le spalle, vuota
anche il bicchiere destinato all'ospite e schiocca la lingua, sod-
disfatto.
Ha ripreso a piovere, una pioggia fine e fastidiosa come poco
fa e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, rientrerà in ufficio bagna-
to fin dentro le ossa. Da prendere un accidente.
Ma lo Zoppo non torna ancora in ufficio.

Gli apre la figlia della portinaia e lo fa accomodare in cucina.


Le due donne, madre e figlia, hanno terminato di pranzare e
resta nell'aria l'odore di pasta condita e di carne ai ferri. La por-
tinaia è china sul lavello e si occupa dei piatti sporchi. Non
sospende il lavoro: dà un'occhiata al poliziotto e chiede:
«Che c'è ancora?». Lo Zoppo distende con cura il giornale
sul tavolo, batte l'indice, più volte, sulla foto di Mario Burazzi e
chiede, senza rivolgersi in particolare a una delle due donne:
«Avete veduto questo giovane? Sapete chi sia?». La portinaia
neppure guarda e risponde decisa:
«Mai veduto».
«Non fate la furba, signora. Guardate e poi rispondete». La
portinaia si sciacqua le mani all'acqua corrente, le asciuga con
cura, mette sul naso un paio d'occhiali e va a controllare la foto-
grafia. La osserva da più angolazioni e la risposta è la stessa: una
negazione con il capo e le parole dure:
«L'avevo detto: adesso sarà contento. Ho guardato».
«E voi, signorina?». Alla ragazza è sufficiente una veloce
occhiata. Prima di rispondere chiede:
«Perché?».
«Le domande le faccio io: l'avete conosciuto?». Senza atten-
dere, ripiega il giornale e lo ripone nella tasca. «Quando e
dove?». La ragazzina non è convinta dai modi bruschi dello
Zoppo. Chiede ancora:
«Che ha fatto?».
«Voi non leggete i giornali? Questo giovane è morto».
La ragazza spalanca gli occhi e porta le mani alla bocca. Dice:
«Morto? Anche lui. Droga?». Lo Zoppo annuisce:
«Quando e dove lo avete conosciuto?».
«L'ho incontrato qualche volta su, dal povero Luca. Era un
suo amico. Si chiama... Si chiamava...». Non ricorda il nome e
lo Zoppo l'aiuta.
«Mario. Lo avete veduto di recente?». Patrizia annuisce.
«Quando?».
La madre, portinaia, ha sospeso il lavoro e assiste la figlia. Le
posa una mano sulla spalla, come a proteggerla, e le dice:
«Non rispondere. Vuole incastrarti, non l'hai capito?».
«Siete voi, signora portinaia, che non avete capito bene: se
vostra figlia non risponde, mi nasconde particolari utili alle
indagini e finisce nei guai. Guai seri».
«Lascia stare, mamma. Non ho nulla da nascondere».
«Avete più buon senso voi di vostra madre».
«L'ho incontrato. È stato l'ultima volta che salii da Luca. La
domenica mattina che mi aiutò per la mia interrogazione».
«Volete dire che quella domenica mattina, su, nell'apparta-
mento di Luca Pomelli Parmeggiani c'era anche Mario
Burazzi?». Patrizia annuisce. «E come mai non risulta dal pre-
cedente interrogatorio?». La ragazza si stringe nelle spalle ed è
la madre che interviene decisa:
«Glielo dico io, signor poliziotto: nessuno gliel'ha chiesto».
«Non è una buona ragione».
«Buonissima e...».
«Aspetta, mamma, lascia che sia io a spiegare. Non ne parlai
perché non mi parve importante. Poi quel giovane, Mario, scese
le scale assieme a me e lasciammo Luca. Questo l'ho detto all'al-
tro poliziotto!».
«Luca non vi disse chi aspettava?». Patrizia nega. «Voi crede-
- Siete un fioraio ben strano: di solito si tengono in nota i clienti... -
La ragazza non era cliente. È capitata da me per caso. te che Mario Burazzi sapesse chi stava per arrivare da Luca?».

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«Come posso saperlo?». «Sai cosa devi fare: riempire i moduli di richiesta, farli vista-
«Semplice: una parola scambiata fra loro, un segno d'inte- re dai superiori, protocollarli e consegnarli al sottoscritto com-
sa...». Patrizia continua a negare e abbandona la cucina. La pleti in ogni loro parte burocratica. Allora io ti consegnerò la
madre dice: documentazione del caso Pomelli Parmeggiani e tu potrai dedi-
«Dovete lasciarla in pace quella povera figliola! La state tor- cartici di nuovo».
mentando come se fosse la responsabile. Ha smesso di studiare, «Me lo immaginavo: sei un burocrate».
di mangiare, di dormire... Dovete lasciarla in pace, va bene?». «Amico mio, se non si rispettano le regole, va tutto a farsi fot-
Segue la figlia: i piatti possono aspettare. tere!».
«Hai ragione». Prima di uscire dall'ufficio, Sarti Antonio,
Sarti Antonio, sergente, attende il titolare dell'archivio sergente, dice ancora: «Non ho trovato tracce di Mario Burazzi:
appoggiato allo stipite della porta dell'ufficio. È serio e pensie- non si sa chi sia, non ha un passato e temo che i suoi documen-
roso. Si passa la destra sulla pancia e ha sul viso smorfie di dolo- ti fossero falsi. Mario Burazzi non esiste. Ho idea che siamo
re. Le pratiche ancora da archiviare, non sono aumentate di cascati su un covo di bierre». Lo Zoppo allarga le braccia: non
numero. Lo Zoppo apre la porta ed entra per primo. In silenzio sa che farci. Dice:
si toglie la giacca bagnata di pioggia e la posa sulla spalliera della «È possibile, è possibile. Tutto è possibile di questi tempi». E
sedia poi si allontana nel corridoio dietro la scrivania. ride come una iena mentre Sarti Antonio, sergente, esce dall'uf-
Sarti Antonio, sergente, lo aspetta in piedi perché non gli è ficio a capo chino.
consentito di occupare la sedia del titolare. L'altra sedia è per la
giacca bagnata. Lo Zoppo rientra e ha i capelli asciutti, si è tolta
la camicia, ha indossato, direttamente sulla canottiera, una vec-
chia giacca tenuta in riserva da qualche parte, nell'archivio.
Siede alla scrivania, posa il manico ricurvo del bastone sul piano
del tavolo e si china a massaggiare la gamba destra. Fa il como-
do suo. Alla fine chiede:
«Che c'è? Che vuoi?».
«Mario Burazzi era amico di Luca Pomelli Parmeggiani».
«E allora?».
«Ho idea che i due... che le due morti siano collegate. In
quale modo non so, ma ho idea che...».
«Supposizione intelligente. E che ci posso fare? Che c'entro
io?».
«Tu niente: sono io che devo darmi da fare. Temo di aver pas-
sato in archivio il rapporto troppo presto. Vorrei rivederlo e vor-
rei riaprire le indagini. Almeno per quanto mi riguarda».

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Ad ognuno
i suoi problemi
dedichi il suo tempo libero alla famiglia. Ha un figlio, una
moglie... Ad ognuno il proprio lavoro. Vada, vada». Una delu-
sione! Più facile del previsto e Poli Ugo, vice ispettore aggiun-
to, se ne va senza ribattere. Ma non è lontano che Raimondi
Cesare, ispettore capo, gli dice: «E ricordi che ogni tipo di lavo-
ro è importante: il suo, è vero come si dice, più importante di
altri. La sua efficienza, la sua precisione e il suo attaccamento al
dovere ci sono indispensabili per il buon andamento dell'uffi-
cio». Anche se Poli Ugo sa perfettamente che le parole del capo
sono ipocrite, si sente obbligato al ringraziamento: «Non meri-
to tanto, signor ispettore capo, e vi prego di credere che non fac-
cio nulla di più del mio dovere».
«Merita, merita. Una persona come lei, è vero come si dice,
che potrebbe andarsene tranquillamente in pensione a causa di
un grave infortunio di servizio ma che preferisce dedicarsi al
Non perderei lo scontro Raimondi Cesare-Poli Ugo neppure se lavoro, è vero come si dice, merita la riconoscenza della comu-
me lo ordinasse il dottore. Lo Zoppo ha appena archiviato l'ulti- nità». È il massimo dell'ipocrisia. «Alla sua età, è vero come si
mo fascicolo che i molti colleghi premurosi avevano depositato dice, ancora giovane ed efficiente, potrebbe trovare modo di
sulla scrivania e lungo il corridoio e, soddisfatto, dà un'occhiata vivere allegramente la vita». Guarda in viso lo Zoppo, batte una
attorno, chiude i cassetti della scrivania e si dirige verso l'ufficio mano sul tavolo e continua a voce sostenuta: «E invece no! Lei
del diretto superiore. Che trova, al solito, sommerso nelle prati- resta in servizio. Encomiabile, encomiabile». Nelle parole di
che. Una rapida occhiata al subalterno e poi torna alla consulta- Raimondi Cesare c'è una sfumatura di rimpianto. «A proposito,
zione di importanti documenti. Quando gli fa comodo chiede: perché non accetta la pensione anticipata?».
«Che c'è?». «Ne abbiamo già parlato, signor ispettore capo, e non desi-
E continua a dedicare la propria attenzione al tavolo. dero tornare sull'argomento».
«C'è che ho terminato il lavoro straordinario che l'ufficio ha «E vero: ne abbiamo parlato, ma non ho capito, è vero come
voluto affidarmi e sono a chiedere di terminare il permesso. si dice, la sua decisione illogica. Comunque, buone vacanze a
Faccio notare che già l'anno scorso...». lei». Mi gioco la carriera che Raimondi Cesare neppure ricorda
Raimondi Cesare, ispettore capo, lo interrompe con ripetuti il nome di quell'archivista che gli sta dinanzi in atto di sottomis-
gesti intolleranti della destra; non desidera ascoltare oltre. Dice: sione e se fosse costretto a chiamarlo, userebbe il soprannome
«Va bene, va bene, so tutto di lei e non importa che mi ricor- che in questura hanno appiccicato a Poli Ugo, vice ispettore
di la sua attività passata. Utilizzi il permesso per riposare, è vero aggiunto.
come si dice, e non si dia pensiero dei problemi d'ufficio. Per le Il tempo è tornato bello e il sole ricorda ai cittadini che è
indagini, è vero come si dice, sono incaricati altri funzionari. Lei tempo di primavera. Piazza Maggiore è invasa da vecchietti in

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vena di ricordi, da bambini che pascolano piccioni, da spaccia- Angelo Pomelli Parmeggiani comincia ad averne abbastanza
tori che smerciano droga, da barboni che si nutrono di droga, e non lo nasconde.
da politicanti della domenica che si ascoltano parlare. E ogni «Ancora? Che vuole? Ho il mio lavoro e ai pazienti non piace
categoria ha un proprio spazio a disposizione: vecchi e bambini attendere».
al centro del crescentone, spacciatori e drogati sui gradini della «I vostri pazienti, dottore, dovranno aver pazienza». Sorride
chiesa e sotto il voltone del Podestà, i politicanti ai bordi del a una battuta che fa sorridere solo lui. «Anch'io sto facendo il
crescentone, verso Palazzo Comunale, e il sindaco nel suo uffi- mio lavoro». Non è vero, ma passa per buona. Lo Zoppo mostra
cio che guarda la piazza. Nessun gruppo, per storico e tacito al dottore e a Giuliana le foto di Mario Burazzi, sul giornale, e
accordo, invade la zona riservata ad altri. Nemmeno il sindaco aspetta che i due ci pensino su e trovino una risposta comune
che pure ne avrebbe l'autorità. alla sua domanda. «Lo conoscete?». L'infermiera è la prima a
Lo Zoppo attraversa disciplinatamente Piazza Maggiore negare con il capo. «Si chiamava, pare, ma non è sicuro, Mario
tenendo la bicicletta per mano: zona pedonale. Burazzi e, in vita, era amico di Luca». Il dottore annuisce:
Alcuni giovanotti, invece, scarsamente dotati di senso civico, «Sì, è vero. L'ho veduto qualche volta assieme a Luca. È
rombano sui quarantotto ai bordi del crescentone e lungo il por- importante?».
tico del Vignola. «Tutto è importante e nulla è importante». Frase da scolpire
«Da rinchiudere in carcere. Chi non rispetta le norme strada- sul marmo. «Nel mio mestiere si procede per tentativi e solo
li, non rispetta neppure la legge». Borbotta fra sé e nessuno lo dopo, a cose fatte, si impara quali sono le cose importanti e quali
prende sul serio. no. Come nel vostro, dottore, quando non scoprite subito le
Riesco a indovinare le intenzioni dello Zoppo nel momento cause del male. Per tentativi. Ma nel vostro mestiere, il dopo, a
che diventano azioni: è una pena restargli dietro senza essere volte, arriva tardi e per il malato non c'è più nulla da fare. Che
aggiornato su ciò che ha in mente. Con Sarti Antonio, sergente, potete dirmi di lui?».
le cose andavano in altro modo, ma così procede il mondo e la «Poco: so che era amico di Luca e che frequentava l'univer-
scelta è stata mia. Lo Zoppo si agita, si agita, ma non fa che gira- sità».
re attorno alle stesse persone senza trovare la strada giusta da «Può essere stato un vostro paziente?».
percorrere; dalla portinaia a Patrizia, da Giuliana Puletti ad «Non lo escludo: è passata molta gente dal mio studio medico».
Angelo Pomelli Parmeggiani, da Marzia Frabetti al maggiordo- Giuliana, da segretaria efficiente, va a controllare nello schedario.
mo-cameriere, dal fioraio a Sarti Antonio e il ragno continua a «Burazzi, Burazzi...». Controlla più volte e scuote il capo.
restare, indisturbato, nel suo comodo buco. Ora, per esempio, «No, non è mai stato registrato».
ha scelto lo studio del dottore e quando Giuliana se lo trova «Può non chiamarsi Burazzi».
davanti, si spaventa e chiede con voce alterata: «In tal caso non so che rispondere. Mi dica il nome esatto e
«Che vuoi? C'è Angelo di là e...». Lo Zoppo annuisce e parla sarò esatta anch'io». Rinuncia a cercare oltre.
a voce alta: Un nuovo buco nell'acqua e temo che Poli Ugo, vice ispetto-
«Buongiorno signorina. Desidero conferire con il dottore. È re aggiunto, si fidi troppo delle parole degli implicati nella sto-
possibile? Questione di pochi minuti, non preoccupatevi». ria. Dalle chiacchiere non ricaverà che chiacchiere.

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«Vi lascio ai pazienti, dottore, e se mai vi venisse alla memo- «Sì, sì. Porta di là prima che si raffreddi». La donna esegue e
ria un particolare...». Si rivolge a Giuliana: «Conto molto su di lo Zoppo borbotta: «È sconveniente mostrare agli amici un
voi, signorina». È un messaggio che solo l'infermiera-amante- padre questurino. Sono i tempi. Ma se non ci fossero i questuri-
segretaria può recepire. ni, caro mio, non ci sarebbero occasioni di incontro». Siede e
mastica la porzioncina di pizza che è riuscito a sottrarre; raschia
Lo Zoppo pedala tranquillo senza una meta e da come, di col coltello il fondo del tegame per raccogliere gli sfilacci di
tanto in tanto, scuote il capo o sorride a certe idee stimolanti che mozzarella, di pomodoro e il sugo d'olio. La moglie rientra e
va agitando dentro di sé, mi rendo conto che la mente non ripo- chiede:
sa. Alla fine, stanco delle strade in pessimo stato, rincasa e la «Che ti preparo?». Lo Zoppo si stringe nelle spalle.
sera è a portata di mano. Rincasa nel vero senso della parola. Né «Quello che vuoi. Poi vado a dormire: sono stanco».
la moglie né il figlio lo aspettano e dal salone non giunge il Accenna con il capo al salone. «Glielo hai detto?».
suono del televisore acceso, ma la voce di ragazzi. Dalla cucina, «No».
il profumo di pizza appena tolta dal forno. «In quanti sono?».
«Sei tornato?». «Sei. Tre ragazzi e tre ragazze».
«Come vedi. Chi c'è in salotto?». «C'è anche la sua di ragazza?». La moglie sorride.
«Amici, compagni di scuola di tuo figlio. Non è il caso di «È ancora giovane. Come ti viene in mente?». E si mette ai
disturbarli. Sai, i genitori sono sempre genitori». Lo Zoppo fornelli per rimediare un minimo di cena. Lo Zoppo chiude la
annuisce e siede al tavolo di cucina. Sul piano di marmo chiaro porta della cucina. I due mangeranno in silenzio e, una volta
fuma la pizza appena tolta dal forno e gli sfilacci di mozzarella tanto, seduti l'uno di fronte all'altra.
indicano i riquadri regolari nei quali è stata tagliata. «Devi anco- Scambiano frasi inutili, dette solamente per rompere il silen-
ra mangiare?». zio. Poi la donna laverà i piatti e accennerà a "lui" e ai problemi
«E tu?». La donna nega con il capo e aggiunge: della scuola. Ma vagamente e senza un grande impegno. Lo
«La pizza l'ho preparata per loro e non ho avuto il tempo per Zoppo ascolterà e, a sua volta, chiederà informazioni di poco
altro, ma se vuoi, ci metto un secondo». conto, così tanto per dire. Il televisore, in salotto, per questa sera
«Lui come sta?». resterà spento, i ragazzi faranno girare dischi e "lui", domani,
«Bene». Lo Zoppo annuisce e prende un quadretto di pizza saprà della visita del padre. A meno che la madre preferisca non
gocciolante pomodoro caldo. La moglie dice: «Resti a dormi- parlarne. Poi lo Zoppo andrà a letto senza fermarsi in bagno per
re?». non incontrare un amico del figlio e metterlo in difficoltà.
«Non dirgli che sono qui; non roviniamogli la festa». Una situazione penosa e tanto comune da essere diventata
«Che discorsi fai? È tuo figlio...». normale. L'ambiente non mi è consono e lascio lo Zoppo alla
«Sì? È contento quando sono fuori». La donna è imbarazza- sua strana intimità e ai suoi problemi generazionali. Non uscirà
ta e guarda il marito, immobile sulla soglia di cucina. Fra le mani che domani mattina presto e non perderò nulla d'interessante.
ha un vassoio fumante. Ripete: «Che discorsi fai, che discorsi Meglio i problemi di Giuliana Puletti, ex drogata in cerca di
fai?». notizie da passare a un questurino ricattatore e infame.

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Ha indossato jeans attillati e una maglietta colorata, di coto- pressi dell'università: una porticina scassata e sempre aperta,
ne, che le stringe il seno e lo modella e mostra come se fosse due rampe di scale male illuminate e il tanfo di umidità vecchia
nudo. Sul viso ha un senso di tristezza e gli occhi, socchiusi, la di secoli. Una situazione e una sensazione già vissute e mai
fanno più attraente. Sarà per gli abiti o sarà per la penombra dimenticate. Come se il tempo non fosse passato.
della sera, ma Giuliana pare più giovane di quando se ne sta Non c'è il campanello, non c'era allora, e Giuliana bussa. Il
all'ambulatorio, fasciata nel camice bianco e sterile come i giovane scuro di pelle e di capelli che apre la porta, stringe gli
mobili di metallo e plastica che la circondano. In una sera come occhi per mettere a fuoco la ragazza nell'oscurità delle scale. Poi
questa e con questi abiti deve averla incontrata il dottor Angelo si mette da parte perché la luce che arriva dal corridoio, alle sue
Pomelli Parmeggiani: giovane, fresca e impaurita. E se n'è inna- spalle, illumini il viso della ragazza. Chiede:
morato. Come il sottoscritto. «Chi sei?». Giuliana aspettava d'incontrare qualcun altro.
Erano anni che non usciva sola, la sera, alla ricerca di chi le «Non c'è... Cerco Bibo. Non c'è?». Il giovanotto ride forte e
aveva messo da parte la dose: "L'ho tenuta per te: io ti sono sveglierà gli abitanti del fabbricato.
amico". Con la destra porgeva i soldi e nella sinistra riceveva la «Cerchi Bibo? Ma di dove arrivi? Saranno due anni che Bibo
bustina. "C'è carenza in giro, ma per te ne avrò sempre un piz- è... Se n'è andato. Bibo non c'è più». Il giovane sorride e guar-
zico". Un favore, dunque, una cortesia da ricambiare in qualche da Giuliana dalla testa ai piedi. «Cerchi Bibo». Non si toglie dal
modo, prima o poi. Se restava sufficiente vita per farlo. vano per non lasciar passare la ragazza. «Fa lo stesso se ci sono
Poi di corsa a chiudersi in casa e mai una volta che fosse pas- io?», e si capisce cosa intende.
sata per la mente l'idea della morte, dell'ultimo buco. A lei era Giuliana si tormenta le mani e mordicchia il labbro inferiore.
andata bene. Ci pensa un poco e annuisce. Fa bene la commedia. Dice:
Cercare ora di rientrare nel giro, le mette paura e i brividi allo «Fa lo stesso. Mi serve.... Bibo mi passava... mi forniva...».
stomaco fanno male ai muscoli perché non è più abituata. Non «Ho capito, ma io non posso aiutarti per quello».
li ricordava. «Come farò se non trovo Bibo? È il solo che conosco qui».
Si forza per superare il malessere della "prima volta" e a spin- Il giovane accarezza la guancia di Giuliana; ha mani morbide
gerla è di sicuro l'affetto che la lega ad Angelo. Anche se non e delicate che mettono un brivido nella schiena di Giuliana.
credo che lo Zoppo sarà tanto vigliacco da raccontare al dotto- «Mi dispiace, ma non posso proprio. Dovrai arrangiarti in un
re il passato pieno di droga di Giuliana. In strada la ragazza si modo o nell'altro. Ti saluto». Si ritira ma non chiude la porta
guarda attorno, rabbrividisce, ma non per il freddo, e mormora: perché la ragazza possa scendere la scala con un minimo di luce.
«Quel figlio di puttana è capace di farlo. È capace di tutto «Dimmi allora... da chi posso andare».
pur di raggiungere il suo scopo. L'ho capito! Non ci pensereb- «Sei un bel tipo: non so chi sei e ti presenti a chiedere della neve.
be su un attimo». Ha centrato il carattere di Poli Ugo, vice ispet- Per chi mi hai preso? Per babbo natale? Per me potresti essere della
tore aggiunto. polizia. Perché non vai in Piazza Maggiore? E a pochi passi».
«Ce la farò, ce la farò e Angelo non saprà mai...». Ha ben «Ma io non me la sento di rischiare. Mi serve roba buona...».
chiaro in mente ciò che sta per fare e non ha esitazioni. La prima Il giovane alza le spalle e fa l'atto di chiudere la porta, ma Giu-
tappa e il primo incontro con il suo passato è in un vicolo, nei liana lo ferma:

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«Aspetta! Posso pagare bene». che l'uomo insiste. «Sul serio: io sono uno degli amici che cer-
«Ti saluto». Giuliana resta al buio del pianerottolo. A tento- chi». Le sorride. «Sono qui per aiutarti».
ni trova, sul muro umido e appiccicaticcio, il pulsante della luce «Mi serve...». Non conclude: le tornano alla mente altre
scale. Non si tormenta più le mani né si mordicchia le labbra. In situazioni simili a questa che sta giocando.
strada, appoggiata al portone squinternato, mormora: «Ho capito: so cosa ti serve. Soldi ne hai?». Giuliana annui-
«E ora? E ora?». Cerca nella memoria un altro indirizzo, sce. «Quanto?». Giuliana prende dalla borsetta e porge un roto-
un'altra via per arrivare alla droga. «Se ne avessi bisogno, vera- lo di banconote che l'uomo afferra e conta.
mente bisogno, la troverei. Ho soldi e in città non manca «Con questi ti faccio star bene per una settimana».
droga». Si allontana dall'umidità e dall'odore di muffa della Infila la destra nella tasca della giacca e la tende poi, chiusa a
zona universitaria. pugno, a Giuliana che dice:
Piazza Maggiore è certo l'ultima spiaggia: ci si buca appog- «Ma io non... non voglio correre rischi». L'uomo rassicura
giati alle monumentali colonne del Palazzo del Podestà o sedu- con un sorriso e continua a tendere il pugno. «Nessuna paura:
ti sui gradini della chiesa, nelle belle notti di primavera o alla con me non si corrono rischi. Sono un mercante serio. Su, pren-
luce del sole, con disinvoltura. Come accendere una sigaretta. di». Giuliana scuote il capo e dice:
Giuliana rivive esperienze che pensava sepolte nel suo passa- «Avevano detto la stessa cosa con il mio amico Luca. Poi
to. Siede in disparte, sui gradini del Palazzo del Podestà e guar- Luca è morto. Io non voglio correre rischi!». Tenta di riprender-
da i compagni che ciondolano attorno. Una ragazza, più di là si i soldi che l'uomo tiene ancora in mano. «Rendimi i soldi!».
che di qua, imbocca con mano tremante il cagnolino che tiene L'uomo sorride, ritira la mano con i soldi, porge maggiormente
in grembo, ma il gelato non è gradito e la crema finisce, sciolta, il pugno e dice:
sulle ginocchia della ragazza. «Aspetta un momento. Non aver fretta. Luca dici? Luca.
Sotto il voltone, un giovane, la fronte appoggiata al muro sto- Quando è accaduto?».
rico e le mani abbandonate lungo i fianchi, piscia in un angolo, «Un paio di settimane fa». L'uomo annuisce, intasca il dena-
sotto le statue. Ma ha dimenticato di aprire i calzoni. ro e con la mano, ora libera, prende la mano di Giuliana, l'apre
Giuliana ricomincia la commedia che conosce a memoria: e vi posa sopra tre bustine. Fa tutto con gesti delicati e persua-
trema, si tormenta le mani e mordicchia il labbro inferiore. Un sivi. Come la voce.
uomo dai capelli grigi va a sederle vicino e le mette una mano «Luca, Luca. Ho letto di un Luca, ma non l'ho servito io, sta
sulla spalla. Chiede: sicura. Neppure era cliente di Piazza Maggiore. Noi non ucci-
«Che c'è? Hai freddo?». Giuliana nega con il capo. «Non hai diamo i clienti. Immagini che affare se facessimo fuori i clienti?
amici? Non ti ho mai veduta». Il tono della sua voce è caldo, Vai tranquilla, fidati di me». Giuliana mette nella borsetta le
tranquillo e rassicurante. bustine, ma non si alza. Dice:
«Sono...Vengo da fuori. Mi hanno detto che qui si trovano «Il mio Luca, il più caro ragazzo che mai avessi conosciuto».
amici...». Guarda il viso del fornitore occasionale. «Davvero non l'hai mai
«Uno lo hai trovato». Giuliana guarda il viso dell'uomo e non veduto in piazza?». L'uomo annuisce:
si decide a chiedere. La sua ansietà è commovente, vera. Tanto «Se non mi credi... Ho guardato bene la sua foto sul giorna-

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le». Si alza e saluta con un gesto della mano e un paio di colpet-
ti affettuosi sulle spalle della ragazza. «Sai dove trovarmi.
Quando hai altro grano, io sono qui». Giuliana annuisce e atten-
de che il fornitore si allontani prima di togliersi dai gradini del
Palazzo del Podestà. Lascia Piazza Maggiore e nella borsetta le
pesano tre bustine; passa davanti a una vettura della polizia par-
cheggiata a fianco del portico e neppure la vede.
All'interno dell'auto, tre agenti, giovani, forse appena usciti
dalla scuola di polizia, guardano attorno con occhi ingenui e
stupiti e non sanno esattamente chi proteggere e da cosa.

Non riuscirò a capire né a prevedere le mosse di Poli Ugo


neppure se gli resterò dietro per cent'anni. L'ho lasciato in
grembo alla famiglia e lo ritrovo seduto sui gradini di casa
Pomelli Parmeggiani, alle due di notte, ad attendere il rientro di
Giuliana. E neppure la ragazza si aspettava di incontrarlo tanto
presto. Lo fa entrare e prima di iniziare il dialogo, si versa un
bicchiere di whisky: ne ha bisogno. È stata un'esperienza dispe-
rata. Getta sul tavolino le tre bustine ed è come se si fosse sgra-
vata. Dice:
«Ecco, questo è il risultato di una notte infame». Siede in pol-
trona e si rilassa. Beve un lungo sorso. Poli Ugo raccoglie le tre
buste, le soppesa e dice:
«Non mi pare molto. Se è tutto». Giuliana non lo ascolta: sor-
seggia ad occhi chiusi il suo whisky, finalmente al sicuro, fra le
pareti di casa e in un ambiente confortevole. I jeans stretti le
modellano il ventre piatto e, all'inguine, mostrano in evidenza il
rigonfio del pube. Sotto la maglietta di cotone, i capezzoli sono
evidenti. Una situazione da violenza carnale.
Appena si sente meglio, Giuliana comincia a parlare a voce
bassa, quasi ricapitolasse per se stessa; ha gli occhi chiusi e il bic-
chiere in mano.
«Bibo è sparito dalla circolazione da due anni e forse è cre-
pato. In Piazza Maggiore non hanno mai veduto Luca a chiede-

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re dosi. Bibo era il mio punto fisso e senza di lui non posso fare
molto. Sono come cieca. È stata un'esperienza infernale e non
intendo ripeterla». Lo Zoppo si avvicina a Giuliana e abbassa su
di lei la destra. Ora le toccherà il seno!
Mi sbaglio: all'ultimo, la mano del questurino cambia direzio-
ne e si ferma sotto il mento della ragazza. Con l'indice le alza il
viso e la costringe a guardarlo in faccia. Chiede:
«E tutto?». Giuliana allontana dal viso la destra dello Zoppo
e dice:
«Sì, è tutto. Assieme a quelle». Indica le dosi che ancora Poli
Ugo tiene in mano. Poi tenta di bere, ma lo Zoppo non le per-
mette di finire e la solleva dalla poltrona afferrandola per le spal-
le. Gocce di whisky finiscono sulle mani e sul mento di Giulia-
na. Lo Zoppo dice, a un palmo dal viso della ragazza:
«Senti, biondina: siete in molti a prendermi per il culo. In
troppi. Tu, Marzia, il bell'Angelo... E mi sono stancato». Il ba-
stone è finito sul pavimento e l'equilibrio dello Zoppo, immagi-
no, è precario. Basterebbe una spinta per farlo rotolare sul tap-
peto, accanto al bastone.
Di nuovo sbaglio nelle valutazioni. Per quanto Giuliana si
agiti, non riesce ad allontanare da sé le mani e il corpo dello
Zoppo. L'unico risultato che ottiene è di versare sulle mani e sul-
l'abito di Poli Ugo quanto di whisky ancora restava nel bicchie-
re. Lo Zoppo la tiene ferma contro di sé.
«Fino a Piazza Maggiore, biondina, ci arrivavo anche senza il
tuo aiuto! Che Luca non fosse tipo da droga di Piazza Mag-
giore, lo sapevi prima ancora di uscire di casa e non era neces-
sario che tu sprecassi una delle tue preziose notti!». La lascia
libera, raccoglie il bastone e si allontana. Posa le bustine sul
tavolo, dove le aveva raccolte; ha il viso rosso, gli occhi socchiu-
si e i denti stretti.
Per l'ira. O per l'eccitazione che gli ha dato il corpo di Giu-
- Non dirgli che son qui, non roviniamogli la festa. - Che discorsi fai, liana stretto al suo. Si riprende e continua: «Riprovaci, riprova-
è tuo figlio... - Sì? È contento quando sono fuori. ci e non tornare con altre dosi. Chiaro?».

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«Ma dove?».
«Sai bene tu dove!». Giuliana si lascia cadere sulla poltrona
e si copre il viso con le mani:
«Se mi rivolgessi a quelli che contano, a quelli ai quali tu vuoi
che io mi rivolga, Angelo lo saprebbe immediatamente. In certi
ambienti si conoscono tutti».
«Angelo lo saprà comunque: da me». Se ne va.
«Aspetta». Indica le dosi sul tavolo. «Che ne faccio di quel-
le?». Lo Zoppo alza le spalle e ride come riderebbe una iena.
«L'hai comprata? Usala! Tanto, lo sai, è solo questione di
tempo e ricomincerai comunque».
«Figlio di puttana! Io non ricomincerò, capito? Non rico-
mincerò, puoi star certo!».
«Se lo dici tu. Ti do due giorni per raccontarmi qualcosa di
interessante. Dopo...». È sulla porta ed ha premuto il pulsante
della luce scale. «E due notti, naturalmente». Giuliana, immobi-
le, guarda lo Zoppo scendere le scale e sparire oltre la rampa.
Corre a chiudere la porta che il maleducato ha lasciato spalan- A che servono
cata dietro di sé. Raccoglie le bustine e va in bagno: prima o poi le cliniche
ricominciano tutti e questo è il momento giusto per Giuliana.
Ma Giuliana non è del parere: apre le bustine sul vaso e la pol-
vere finisce nello scarico.
La lascio ai suoi problemi e seguo Poli Ugo, vice ispettore
aggiunto, che si allontana dalla casa del dottor Angelo Pomelli
Parmeggiani pedalando tranquillamente per le strade di notte.
Si porta dietro il desiderio, destinato a restare tale, e ne sono
felice, di mettere le mani, e altro, sul corpo nudo di Giuliana.
Ma si sfogherà, lurido com'è, con la puttanella dell'albergo di
quarta categoria. Anche lei, per un gioco delle parti, si chiama
Giuliana.

192
«Che sei venuto a fare?».
«Guarda te se questo è il modo di ricevere la gente. Mi hai
fatto rovesciare il caffè, Cristo! Che modi sono? Io ti porto il
caffè e tu mi prendi a bastonate». Posa il vassoio sul tavolo e
zucchera per sé. Poi chiede: «Quanto zucchero per te?».
«Che sei venuto a fare?». Sarti Antonio ignora la domanda e
mette un cucchiaino di zucchero nella seconda tazzina. «E come
mi hai trovato?».
«Informandomi: non sono molti gli alberghi della città nei
quali possa trovare alloggio, a un prezzo decente e accessibile,
un questurino».
«Un prezzo decente, dici? Qui mi pelano e tu parli di prezzo
decente».
«A casa tua spenderesti meno». Sarti Antonio, sergente, beve
«Chi è?». il caffè e indica l'altra tazzina. «Ti sei diviso dalla tua signora,
«Il caffè, dottore». Non ha ordinato caffè e chi tenta, con la per caso? Ecco un motivo per il quale non mi sposo. Il caffè
menzogna, di entrare nella sua stanza, non può che avere catti- diventa freddo e nulla è peggio di un caffè freddo. O tiepido».
ve intenzioni. Sospende il massaggio alla gamba destra, scende Lo Zoppo torna a sedere sul letto e picchia il bastone sulle
dal letto e, scalzo per non far rumore, si pone al lato della porta coperte alzando una nuvola di polvere.
in modo che chi entrerà non potrà vederlo. Tiene il bastone alto «Si può sapere che vuoi?».
sulla testa e impugnato a due mani. «Si può, si può. Mi sono accorto, seguendo l'assassinio di
«Non ho chiesto caffè». Mario Burazzi, di non essere un investigatore brillante...».
«Offre la direzione». «C'era chi ne dubitava?». Lo spirito di Poli Ugo, vice ispet-
«Avanti: è aperto». Sarti Antonio, sergente, apre la porta con tore aggiunto, è come lui: zoppo. E non solletica. Sarti Antonio
il gomito destro perché ha le mani ingombre del vassoio con le lascia perdere e continua ignorando l'interruzione.
tazzine fumanti. Mette il capo in camera e non vede Poli Ugo, «...di non essere un investigatore brillante. Ho buona memo-
vice ispettore aggiunto. ria, ma per il resto sono un disastro. Proprio per ciò in passato,
«Dove sei?». Entra nella stanza e la porta gli si chiude alle quando avevo bisogno di un consiglio o al momento di riepilo-
spalle con violenza. Sarti Antonio sussulta e le tazzine vibrano gare gli avvenimenti, andavo a trovare Rosas. Ha una testa così
sul vassoio, un poco di caffè si versa sui piattini e lui grida: quel ragazzo! Ora però non ha tempo per il sottoscritto: lo cac-
«Cristo». Fa i miracoli per tenere tutto in equilibrio e si gira a ciano di casa e non ci sta con la mente. Mi pare un matto».
guardare lo Zoppo che lo sovrasta a bastone alzato, pronto a Indica ancora il caffè rimasto nella tazzina sul vassoio. «Proprio
colpire. «Che accidenti fai? Sei ammattito?». Poli Ugo abbassa non ti va?».
l'arma e dice: Non attende risposta e sorseggia il secondo caffè. Se è venu-

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to a cercare un sostituto di Rosas, ha scelto male il personaggio: incaricata di seguire me o le indagini. In archivio certe notizie
Poli Ugo non è tipo disposto a dare consigli. Al più è disposto arrivano, mentre in giro per la città, sull'auto ventotto...».
ad ascoltare. «Dunque ho indagato su Mario Burazzi: un disa- «Mai inteso parlare di segreto d'ufficio?». Sarti Antonio, ser-
stro! Chi fosse, che facesse per vivere, chi frequentasse... gente, fa un cenno osceno e chiude la porta, alle sue spalle, con
Niente. Sono arrivato a scoprire che è rimasto lontano da casa una pedata.
per un paio di mesi, in febbraio e in marzo e null'altro. No, mi A Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, sarebbe costato poco
sbaglio! Pare che avesse un'amante, una bella ragazza dai capel-
raccontare allo sfortunato collega che la descrizione della donna
li lunghi e scuri, elegante e distinta». Poli Ugo si disinteressa
corrispondeva alla descrizione di Marzia Frabetti in Pomelli
completamente di Sarti Antonio e dei suoi problemi. Ha ripre-
Parmeggiani. O almeno fargli balenare l'ipotesi che, nel periodo
so il massaggio interrotto. «Allora mi è venuta un'idea: sono
di assenza da casa, Mario Burazzi avrebbe potuto trovarsi rico-
andato a frugare negli archivi della Digos, ma non ho trovato
verato in una casa di cura assieme a Luca Pomelli Parmeggiani.
una foto né una descrizione che potesse farmi pensare a Mario
Ma sarebbe stato un comportamento da persona normale, da
Burazzi». Anche se lo Zoppo non lo segue, Sarti Antonio conti-
nua a parlare e ad agitare a mezz'aria il cucchiaio. «C'è però una collega interessato ai problemi dei colleghi e comprensivo delle
cosa che mi ha dato da pensare: in ogni luogo dove mi reco per difficoltà incontrate. Poli Ugo non è nessuna delle tre ipotesi. E
indagare, sono sempre preceduto da una donna. Io chiedo Sarti Antonio lo sa, conosce il tipo, eppure è venuto a mendica-
informazioni su Mario Burazzi e mi sento rispondere che ne re un suggerimento. A sua giustificazione sta il fatto che Rosas,
hanno già parlato alla mia collega. Non mi risulta che in questu- il talpone, in questi giorni non gli è di aiuto come lo era stato in
ra ci siano donne che si occupino del caso». Dai e dai, Sarti passato e Sarti Antonio necessita di certezze che, non venendo-
Antonio è riuscito a scuotere l'interesse dello Zoppo. gli dal suo interno, è costretto a cercare fuori.
«Una donna? E com'è la tua collega?». Un segno di vita che In questo modo il più delle volte finisce con i denti contro il
il sergente è deciso a sfruttare. muro. Ma non si smonta. E fa il gioco di Poli Ugo, vice ispetto-
«Una donna non giovanissima, a quanto mi dicono, non alta, re aggiunto.
capelli castano scuro, carnagione pallida... Una donna qualsia- Lo Zoppo lascia l'alberghetto di quarta categoria con le idee
si. Non so chi possa essere, ma mi precede sempre». più chiare di Sarti Antonio e con la certezza di ciò che andrà a
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, annuisce perché, probabil- fare; ha un sorriso compiaciuto sulle labbra.
mente, ha afferrato ciò che a Sarti Antonio è sfuggito.
«Tutto chiaro. E che vuoi da me?». Sarti Antonio, sergente, La signora Marzia Frabetti, quando il maggiordomo è pre-
si avvicina al letto, guarda in viso lo Zoppo alla ricerca di ciò che sente, parla a Poli Ugo usando il "lei", come farebbe una rispet-
il collega gli nasconde. Non ci riesce e allora scuote il capo, rac- tabile signora della Bologna borghese, bigotta e benpensante.
coglie il vassoio con le tazzine e si avvia alla porta mormorando: «Mi auguravo una sua visita, signor ispettore. Spero mi porti
«Mi prende per il culo. Lo sapevo e non ci volevo venire. delle novità». Al domestico, in attesa di ordini, ordina: «Due
Tempo perduto». Prima di chiudere la porta si ferma per dire, a caffè». Per la seconda volta nel giro di una serata, offrono allo
voce alta: «Potresti informarmi almeno se una donna è stata Zoppo una bevanda della quale non ha assolutamente desiderio.

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Come non sente desiderio di un whisky, di un cognac, di un bic- ucciso il mio Luca o ne fosse stato, in un certo senso, la causa.
chiere di vino. Da quando Luca lo incontrò, a Villa dei Gelsi, cambiò da così a
«Sono venuto per avere novità, signora. Vogliamo parlare così. Non era più il mio ragazzo. Da affettuoso che era divenne
seriamente di Mario Burazzi?». indifferente, parlava solo di Mario e lo citava ad esempio. Si rese
«Non ne so molto e il poco l'ho già raccontato». indipendente e di colpo mi sembrò trasformato in un altro
«Procediamo per ordine. Mario Burazzi era il miglior amico Luca. Era entrato in clinica ragazzo e, dimesso, me lo ritrovavo
di tuo figlio, i due si scambiavano le chiavi di casa, tu conoscevi uomo. Di ciò che gli era accaduto a Villa dei Gelsi, non poteva
il suo indirizzo, sospetti che sia implicato nella morte di Luca e essere responsabile che Mario. Ecco: ora io mi occupo di Mario,
vuoi farmi credere di non saperne molto? Chi era Mario cerco nel suo passato e nei rapporti con il mio Luca».
Burazzi?». Non era un interrogatorio che Marzia si aspettava. Mi rendo conto di come sia complesso e difficile far uscire la
Anche perché considerava lo Zoppo schierato dalla sua parte. Il verità dal prossimo: Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è stato
tono le ha fatto cambiare opinione. costretto a perdere un sacco di tempo dietro a Marzia prima di
«Se sapessi di più, te lo direi. Che senso ha, a questo punto, arrivare al centro del pensiero della donna. E neppure è detto
mentirti?». che ci sia riuscito completamente. Il parco verde e umido, attor-
no alla villa, quasi entra nel salone dalle finestre aperte, assieme
«Non lo so. Allora dico io e se sbaglio puoi correggermi.
al rumore, morbido per la distanza, di una falciatrice al lavoro.
Mario Burazzi ha conosciuto Luca durante il periodo di ricove-
Lo Zoppo la cerca con lo sguardo fra i cespugli e i tronchi che
ro in clinica, Mario ha iniziato tuo figlio alla droga perché Luca
filtrano la vista; respira l'aria che non sa troppo di scarico d'au-
era ricco e lo si poteva mungere bene. Quando te ne sei accor-
to, annuisce ai propri pensieri, in silenzio. La provvisoria calma
ta...». Silenzioso e strisciante entra il maggiordomo Giuseppe;
del salotto è rotta dalla voce bassa e monotona di Giuseppe.
posa il vassoio e attende altri ordini.
«La signora desidera?».
«Va' pure, Giuseppe. Grazie». Giuseppe china servile il capo
«Un whisky, per cortesia». Avrebbe potuto servirsi da sola,
ed esce. ma forse desiderava un'altra presenza a contrastare quella del-
«Quando te ne sei accorta era troppo tardi per salvare il l'ospite. Giuseppe versa e poi chiede, senza alzare gli occhi né il
povero figlio tuo, ma ti potevi vendicare su Mario Burazzi. E lo capo dal tavolino sul quale sta operando:
hai fatto». Marzia beve il caffè che le spetta, amaro, e poi chie- «Il signor ispettore desidera un whisky?».
de: «Sì Giuseppe: desidero un Long John». Questa è nuova!
«Credi sul serio a ciò che racconti?». Giuseppe non si scompone e dice:
«E tu? Perché indaghi su Mario Burazzi? Cerchi un'atte- «Dolente, signor ispettore, ma non teniamo quella marca.
nuante al tuo delitto?». Gradisce forse un Chivas, signore?».
«Come sai che indago?». «No». Giuseppe esce, Marzia sorseggia e infine lo Zoppo
«Lo so. Risparmieremmo tempo e ipotesi se mi raccontassi la riprende: «Che dici di Flora Stinti?». Marzia guarda lo Zoppo e
tua versione». Marzia si sistema comoda su una poltrona e chiede:
comincia: «Flora Stinti. Chi è?». Il tono di voce è basso, appena percet-
«Ho sospettato di Mario Burazzi, ho temuto che lui avesse
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tibile e Poli Ugo non ritiene di fornire chiarimenti. Se ne va tori fino all'ingresso della clinica e ci sono alberi a proteggere le
senza farsi accompagnare da Giuseppe. Sulla bicicletta scende carrozzerie in estate. Così, già prima di entrare, ci si sente a pro-
Bellinzona lentamente, le leve dei freni ben strette nelle mani; prio agio. Dal piazzale si sale poi, obbligatoriamente a piedi, per
affronta le curve ad andatura tranquilla e si gode la discesa fra i parecchi metri e si arriva all'ingresso della costruzione, classica
parchi dei ricchi. Quando passa davanti ai cancelli elettronici, i villa ottocentesca bolognese, nella quale trascorrevano i mesi
cani lo guardano, di fra le sbarre, fino a che scompare alla vista, torridi i nobili proprietari di un tempo. Quella che era la villa,
oltre la successiva curva. ora è stata adattata ad uffici amministrativi e sanitari del com-
Segue i suoi pensieri e prima di arrivare al piano, scuote il plesso che si sviluppa in altri edifici nuovi e nascosti alla vista
capo e mormora: dalla vegetazione e dalla costruzione principale. I nuovi edifici,
«Non mi convince, non mi convince. Ne sa ancora e lo tiene bassi e in cemento armato, sono collegati fra loro da corsie con
per lei. La stronza si è messa in testa di far l'investigatrice come pareti laterali mobili e in vetro. Un complesso cresciuto lenta-
nei romanzi! Bene, se la cosa la diverte, lo faccia, lo faccia pure, mente, padiglione dopo padiglione, e che sale la china sempre
ma stia bene attenta a dove mette i piedi». Il commento, ne sono più, sempre più. E se i proprietari continueranno ad arricchire
certo, è per il sottoscritto che dovrebbe ringraziare per la genti- sulle malattie, le costruzioni giungeranno sul crinale. Se non
lezza. Ma non me la sento. altro, gli architetti hanno avuto il buon senso di piantare alberi.
Non è poco! Oltre i tetti dell'edificio principale spunta la cima
Villa dei Gelsi sta sui colli, a mezza costa, e ci si arriva per una di una gru in movimento: un altro tassello della clinica prende il
strada che dalla periferia corre per un tratto in piano e in una suo posto.
gola verde e profonda e umida. Ci scorre un ruscello che regala Lo Zoppo si è fatto il tratto di strada in pianura pedalando in
attorno una fitta vegetazione che cresce quasi spontanea e ha scioltezza e respirando l'aria fresca della collina, ma al momen-
fatto sorgere, attorno, una serie di abitazioni popolari. Alcuni to di affrontare curve e tornanti, non ce l'ha fatta ed è salito a
chilometri oltre la periferia, la strada, sempre stretta, monta con piedi, bicicletta alla mano. Sul piazzale ha incatenato il veicolo
curve rapide; gli alberi e l'umidità restano a valle e spuntano le fra auto di serie e fuoriserie e poi, staccato dal tubo orizzontale
ville. In ogni ora del giorno, il traffico è scarso e l'azienda pub- il bastone, sussidio indispensabile alla gamba destra, si è incam-
blica di trasporto ha acquistato un paio di pulmini specialmen- minato senza fretta lungo il viale, verso la portineria. Dove trova
te adatti al percorso collinare da far viaggiare dal centro città un personale educato e rispettoso che sorride agli arrivati come
alla clinica, in modo da permettere, anche a chi non possieda la se tutti fossero ricchi. Forse perché non sanno ancora se i possi-
vettura privata, visite ai degenti: partenza ogni ora. E ritorno. bili clienti saranno mutuati o paganti.
Davanti alla clinica la strada si allarga in parcheggio e in un piaz- Poli Ugo non si qualifica, com'è solito fare, sbandierando a
zale sul quale i pulmini manovrano per il cambio di direzione. È destra e a sinistra la patente di questurino. Chiede con gentilez-
stata sbancata, a tal uopo, una mezza collina, ma il lavoro è risul- za:
tato ben fatto e neppure il giornale di destra ha protestato. Ci «Dove posso trovare la signorina Flora Stinti?».
sono pensiline sulla testa dei passeggeri in attesa del mezzo pub- «Segua la corsia centrale; al quarto padiglione sulla destra,
blico, panchine per riposare, tettoie che accompagnano i visita- scenda all'interrato, al laboratorio analisi». Lungo il corridoio

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passeggiano pazienti e visitatori, in silenzio e senza fumare! Una «Siete certa che il defunto qualche volta non abbia nominato
clinica proprio a posto. i congiunti?».
Se la trova davanti e non ha bisogno di chiedere conferma: è «La smetta di chiamare Mario "il defunto"!».
giovane, sui vent'anni, magra, ben fatta. Ciuffi di capelli scuri «Sì. Scusatemi. Neppure nella documentazione in possesso
spuntano dalla cuffia, sulla fronte. Il resto dei capelli è raccolto della clinica appaiono parenti del... di Mario Burazzi?».
dietro e tenuto da un fermaglio. Sono lisci e saranno, se sciolti, «Lei è venuto per la nota o per i parenti?».
lunghi fin sulle spalle. Il camice bianco le sta a meraviglia; è sor- «Per le due cose, signorina, per le due cose. Ci sono altri pro-
ridente e va incontro a Poli Ugo pronta a servirlo. Sul petto, a blemi in sospeso e dei quali non sono tenuto a informarvi. Era
destra, un tesserino plasticato e con tanto di foto la qualifica il vostro fidanzato?».
come analista. «Un amico. Un amico molto caro».
«Mi chiamo Poli Ugo e desidero parlarvi in privato». «Un amico che vi mandava fiori?».
Flora Stinti annuisce e invita lo Zoppo a seguirla in un locale «Non c'è nulla di strano».
di servizio deserto. L'analista siede, invita Poli Ugo a fare altret- «Se lo dite voi. Era ricco Mario Burazzi?».
tanto e poi chiede: «Non era ricco e la degenza in clinica era a carico dell'ente
«Che posso fare per lei?». mutualistico. Se vuole altre informazioni, si rivolga all'ammini-
«Il mio è un incarico imbarazzante, signorina e vi prego di strazione». Flora Stinti sta diventando scortese e le domande
scusarmi». Sulle labbra di Flora Stinti resta il sorriso. dello Zoppo le danno ragione.
«In passato avete ricevuto fiori da un certo... da un certo «Potete dirmi di cosa soffriva il...». La ragazza l'interrompe
Mario Burazzi». Ecco, la ragazza non sorride più. Annuisce. perché non tollera che si chiami Mario "defunto". Anche se è
«Rose, se non sbaglio». Altro segno di assenso. «Ora purtroppo defunto.
il defunto Mario Burazzi...». Recita la parte dell'imbarazzato e «Anche per me ci sono cose che non sono autorizzata a rive-
ci riesce benissimo, «...non ha pagato le ultime tre ordinazioni lare».
e voi sapete quanto siano costose le rose. Naturalmente non «Più che giusto, più che giusto». Lo Zoppo si alza. «Potete
siete obbligata a far fronte a impegni assunti dal defunto, ma indicarmi almeno dove sta l'amministrazione?».
potreste indicarmi un parente del giovane al quale rivolger- «L'accompagno io». Poli Ugo la segue per il corridoio della
mi...». L'ha detta grossa. Flora Stinti si alza e passeggia per la clinica e si accerta del buon profumo che l'analista indossa. Un
stanza. Dice: giorno, forse, potrà controllarne anche l'eleganza e i capelli lisci
«Non si preoccupi: pagherò io. Mi faccia conoscere l'importo». sulle spalle.
«Non siete obbligata, signorina». In amministrazione lo Zoppo ripete le bugie di poco fa e l'im-
«Ho detto che pagherò io. Quanto?». piegata va a cercare la cartella clinica di Mario Burazzi. Ma
«Vi farò avere la nota, anche se preferirei l'indirizzo di un quando torna al banco, ha l'aria perplessa e non ha i dati richie-
parente». sti.
«Non conosco parenti, ma il conto sarà saldato». Lo Zoppo «E certo che il degente si chiamasse Mario Burazzi?». Lo
non è qui per il conto. Ed è costretto a insistere. Zoppo assicura. «Ed è certo che sia stato in cura presso la nostra

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clinica?». Altro assenso. «In questo caso, mi dispiace, ma dal «Giuliana non è un'estranea».
«Lo so, ma desidero parlarvi da solo».
nostro archivio non risulta il ricovero di alcun Mario Burazzi.
«Dopo io racconterò a Giuliana quello che...».
Almeno negli ultimi cinque anni».
«Quando me ne sarò andato, voi farete ciò che riterrete
«È stato in febbraio di quest'anno. La signorina... La dotto-
opportuno, ma ora io sono costretto a parlarvi in privato».
ressa Flora Stinti mi ha assicurato che...». Non continua perché
Il dottore guarda Giuliana come se chiedesse scusa e l'infer-
non ritiene di citare testimonianze fino a quando non abbia fatto
miera annuisce e dice:
un minimo di chiarezza negli avvenimenti. «Va bene: forse ho
«Non si preoccupi, dottore». Allo Zoppo dedica, prima di
sbagliato clinica o forse Mario Burazzi era un malato immagina-
uscire, uno sguardo carico di odio.
rio». Lascia Villa dei Gelsi più pensieroso di quando vi era giun-
Il dottore si versa il solito whisky e dice:
to e sempre più convinto che la chiave sia proprio il malato
«Per lei no, immagino. Lei non beve, non fuma, non... Ora
immaginario. Ma dove troverà la porta da aprire con la chiave?
siamo soli: vediamo di far presto che i clienti non sanno atten-
Pare che le sole persone ad avere coscienza dell'esistenza di
dere».
Mario Burazzi siano Flora Stinti e Marzia Frabetti. Ma la prima
«Faremo prestissimo. Ho ragione di supporre che il bandolo
si trincera dietro il segreto professionale e la seconda non parla.
della matassa sia alla clinica Villa dei Gelsi dove Mario Burazzi,
Una via d'uscita ci sarà certamente, ma se non la troverà Poli
amico di Luca, è stato ricoverato un paio di mesi or sono».
Ugo, vice ispettore aggiunto, nessun altro potrà farlo.
«Sono al corrente. Dopo che lei se n'è andato, l'altro giorno,
Il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani è uomo di molta edu- ho ricordato che Luca mi parlava spesso di un amico, di Mario
Burazzi, incontrato a Villa dei Gelsi durante il ricovero. Ho
cazione e grande civiltà, ma quando lo si tocca nei clienti diven-
telefonato allora al professore Eliusi per avere notizie. Il profes-
ta una bestia e si mette a urlare.
sor Eliusi farà ricerche e mi informerà sui motivi del ricovero di
«Non posso perdere altro tempo dietro di lei! Già una volta
questo Mario Burazzi. Lei che ha saputo?».
mi ha costretto a disdire gli appuntamenti. Mi auguro che sap-
«Non molto; intanto dai documenti della clinica non risulta
pia ciò che fa, perché io sono disposto ad andare in alto! Non
alcun Mario Burazzi. Né io posso presentarmi alla clinica e dire:
posso tollerare...». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, interrom- "Son qui per indagare su Mario Burazzi". Se anche esistessero
pe con un gesto indicante la sala d'attesa. Dice: degli indizi, sparirebbero nel giro di trenta secondi. Ecco il
«I clienti sentiranno: vi prego di parlare sottovoce». Il dottor motivo della mia visita». Il dottor Angelo ha capito perfetta-
Angelo siede alla scrivania, prende una matita e scrive sul bloc- mente: sospende di scarabocchiare sulle ricette, strappa la
co delle ricette. Si calma e dice: prima e la getta nel cestino. Guarda Poli Ugo nel viso e si accin-
«Va bene: che c'è ancora?». ge a compilare una richiesta di ricovero. Dice:
«Volete che il responsabile della morte di Luca sia arrestato?». «Ho capito. Quando desidera essere ricoverato?».
«Che domande! Certamente! Può dubitarne?». Lo Zoppo «Il più presto possibile. Magari domani stesso». Il dottore
alza le spalle. «Che devo fare?». annuisce, compila la richiesta e la porge al questurino.
«Desidero parlarvi da solo». Giuliana era rimasta in piedi, «Porti questa al professor Eliusi: è il direttore sanitario, mio
vicino alla porta.
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buon amico, il quale, dovendomi certi favori, farà il possibile
per ricoverarla immediatamente». Si alza e completa: «Lei sof-
fre di attacchi asmatici e verrà osservato di conseguenza. È
tutto?». Lo Zoppo annuisce. «Si faccia consegnare una busta da
Giuliana».
«Lo farò», e si avvia alla sala d'attesa. «Vi prego di non far
parola dell'accordo. Voi non immaginate come corrano le noti-
zie».
L'infermiera-segretaria-amante è in piedi dietro la scrivania,
ha occhi irati e parla a voce bassa ma violenta.
«Sei un porco! Mi avevi concesso due giorni e non sono
ancora passati. Ho fatto male a fidarmi di te, di un questurino
di merda!».
«Volete scrivere su una busta l'indirizzo di Villa dei Gelsi e il
nome del professor Eliusi?». Giuliana batte a macchina e conse-
gna la busta. «Sta' tranquilla: non gli ho ancora parlato dei tuoi
vizi. Io mantengo quasi sempre la parola. E poi ora ho altro da
fare. Tu però ricorda l'impegno se vuoi che io ricordi il mio». Fa
un cenno di saluto con la destra e se ne va. Borbotta: «Così ha
telefonato a Villa dei Gelsi? E bravo dottor Angelo».

Prima di salire in camera, telefona a casa. Gli risponde "lui".


«C'è tua madre?».
«Te la passo». Non una parola di saluto.
«Senti...». Ma non sa che dire.
«Che vuoi?».
«Come va a scuola?».
«Come vuoi che vada? Al solito. Come vuoi che vada?».
«Non lo so, per ciò chiedo».
«Le solite stronzate. Non si fa che attaccarsi con gli insegnan-
ti. Non capiscono un cazzo e sono tutti fascisti. Ti passo tua
moglie». La signora Poli ha il solito tono rassegnato.
«Dimmi».
«Un pigiama pulito, biancheria di ricambio, fazzoletti, calzi-

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ni... Niente altro. Fammi avere tutto alla portineria dell'alber-
go. Prima di sera».
«Prima di sera? Ma come faccio?».
«Come vuoi. Manda tuo figlio. Sarà in grado di arrivare fino
al centro, no?».
«Verrò io. Lui ha da studiare».
«"Lui ha da studiare". Figuriamoci! Sento i bei discorsi che
fa».
Sta per riattaccare, ma riporta il microfono alla bocca.
«Un'altra cosa. Ricorda a tuo figlio che siamo tutti fascisti. Non
solo i professori. Diglielo. Anche lui. È la vita che è fascista».
Al portiere chiede il conto e sale in camera. Prepara la valigia
e un pacco di biancheria sporca, poi fa la doccia. Con l'acqua
fredda perché di calda non ne arriva, neppure a bestemmiare.
«Consegnate questo pacco alla signora che ne porterà un
altro per me».
«Il conto, dottore».
«Sono stato costretto a far la doccia con l'acqua fredda».
«Mi dispiace, dottore, ma stiamo aspettando l'idraulico da
ieri e ancora non si è fatto vedere. Mi dispiace».
«Anche a me. Toglierò qualche migliaio di lire dal conto,
state pur certo».

La biblioteca comunale è a pochi passi dall'albergo e Poli


Ugo, vice ispettore aggiunto, ci va a piedi. Chiede l'enciclopedia
medica e si studia la malattia che il dottor Angelo Pomelli
Parmeggiani gli ha consigliato e della quale, d'ora in poi, dovrà
soffrire. Prima la definizione: asma.
Malattia cronica caratterizzata da difficoltà di respirazione.
Poi i sintomi: senso di soffocamento e costrizione al torace...
tosse.
Apprende che è una malattia democratica perché non rispet-
ta le classi sociali e può sopravvenire ad ogni età. In un terzo dei
- Sono venuto per avere novità, signora. Vogliamo parlare
seriamente di Mario Burazzi? - Non ne so molto e il poco l'ho già raccontato. - casi, poi, la malattia inizia prima del decimo anno di età ed ecco

209
spiegato perché Luca Pomelli Parmeggiani ne soffriva ricorren-
temente. Legge che, quando il paziente non è in preda a crisi,
può condurre una vita normale e fare anche dello sport purché
non violento.
Poli Ugo lascia la biblioteca comunale con una conoscenza
del male sufficiente da permettergli di darla ad intendere ai
medici di Villa dei Gelsi i quali, mi gioco i diritti d'autore, non
si accorgeranno di aver fra le mani un malato immaginario. Nei
secoli la professione del medico non è cambiata di molto. Certo
la responsabilità non è dei medici.

Periodo d'osservazione
in una clinica speciale

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brutta dell'altra e la signora Eliusi può dormire sonni tranquilli:
da questa parte non arriveranno mai pericoli al suo matrimonio.
Befane gentili e cortesi oltre la cortesia. Dopo che Poli Ugo ha
spiegato di che trattasi, la più anziana gli sorride e gli dice:
«Consegni pure a me la lettera e aspetti un attimo. Vedrò che
possiamo fare per lei». Va oltre una porta imbottita e ricoperta
di velluto grigio. Resta lontana il tempo necessario al professore
per leggere la lettera e quando rientra, sorriderebbe anche con
il sederino, se fosse possibile.
«Il professore l'attende. Si accomodi». Quando sarà il mo-
mento di lasciare la clinica, Poli Ugo racconterà al portiere di
poco fa l'accoglienza riservatagli dal signor direttore.
Zoppica più del necessario, ma il bastone non fa rumore sui
tappeti spessi.
Il direttore sanitario di Villa dei Gelsi, professor Eliusi, è in
Essere ammessi alla presenza del professor Eliusi pare impresa piedi vicino alla finestra. Ha l'aspetto classico di un immigrato
che riesca a pochi e infatti appena Poli Ugo, vice ispettore dal profondo sud, per esempio la Sicilia. Ma un immigrato di
aggiunto, chiede di lui, il sorriso sparisce dal volto bonario del lusso, di quelli che hanno lasciato a casa la nobiltà di antica data.
portiere e il tono della sua voce si fa basso e rispettoso. È di bassa statura e rotondo di pancia, calvo, porta occhiali sul
«Lei intende... il signor direttore?». Lo Zoppo mostra la let- naso e calzoni con il risvolto. Il gilet e la giacca si notano dal
tera. camice slacciato. Ha pelle olivastra e lucida, sguardo aggrottato
«Che c'è scritto qui, nell'indirizzo?». come quando diagnostica un tumore al paziente. È abituato a
«C'è scritto: "per il professor Eliusi direttore sanitario di farsi obbedire e gli piace essere temuto.
Villa dei Gelsi. Bologna"». Fa per ritirare la lettera. Lascia la finestra per andare incontro allo Zoppo e tendergli
«Quand'è così, dia pure a me: provvederò alla consegna». la mano. Dice:
«Vi pare che io sia un postino? Desidero consegnare perso- «Dottor Poli, sono lieto di conoscerla. Farò quanto è possibi-
nalmente la lettera». Il portiere alza le spalle ed è poco convin- le per l'amico Angelo e per lei». Il viso del professore non ha
to che lo Zoppo riesca nell'impresa. seguito le frasi cordiali né il tono della voce. «Sono certo che
«Come desidera. Salga la scala principale. Al primo piano troveremo una stanza per lei e per la sua asma. Intanto si acco-
troverà la direzione sanitaria e la segreteria del signor direttore». modi. Gradisce qualcosa?». Dal solito mobiletto che in questa
La premessa è sintomatica di un costume ormai consolidato. storia, prima o poi, aprono tutti, indica una sfilata di bottiglie di
Almeno da queste parti. I baroni sono baroni anche fuori dall'u- formato e grandezza varia. «Ora come ora io non posso sapere
niversità. di cosa lei dovrà privarsi nei prossimi giorni e appunto in previ-
Presso la segreteria sono parcheggiate tre befane, una più sione di queste privazioni, le consiglio di approfittare». Lo

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Zoppo va a controllare di persona. Fra le altre c'è anche una un poco in un bicchiere e assaggia. Il sapore lo delude e borbotta:
bottiglia di Long John. Proprio quella il professore Eliusi estrae, «Nulla di speciale: se ne può fare benissimo a meno».
ne svita il tappo di metallo e versa in un bicchiere. Poi Ugo sor- I corridoi del padiglione quattro sono ben tenuti, puliti e pro-
ride e dice: fumati; le scale che portano ai sotterranei dove sono i laborato-
«Vi ringrazio, professore, ma non bevo liquori». ri, sono larghe e luminose. Indicazioni chiare mettono i pazien-
«Male, molto male. Per questo lei soffre d'asma. Un caffè?». ti e i visitatori in condizione di raggiungere ogni punto del com-
«Neppure». plesso. Per gli uffici si va di qua, per la palestra di là; la biblio-
«Ma allora lei è proprio ammalato». Ci fa sopra una risata che teca è a sinistra, a destra si raggiunge l'archivio, il laboratorio è
non modifica i lineamenti del volto. Un volto da vedere. Il pro- in basso e la sala giochi sempre diritto.
fessore beve d'un fiato e riprende: «Bene, occupiamoci della Pazienti in pigiama passeggiano e discutono dei loro malan-
stanza». ni; ci sono visitatori che nessun infermiere o medico aggredisce
Se ne occupa e la trova. C'era da dubitarne? Sta al quarto per sbattere fuori. Un paio di inservienti sono continuamente in
padiglione, finestra sul parco, televisione, aria condizionata, giro a pulire bagni e corsie e mi ricordo del padiglione del
telefono, due poltrone di velluto e mobiletto bar in un angolo. Gemelli dove, l'ho letto sui giornali, le scale sono coperte di
Bagno riservato. Meglio dell'albergo al quale Poli Ugo è abitua- escremento di gatto che nessuno toglie perché il regolamento
to. E nessuno si è preoccupato di chiedergli chi pagherà la del personale non prevede, fra le mansioni, la pulizia di tale
degenza: la lettera di Angelo Pomelli Parmeggiani val più del- escremento. Già mi chiedo che ci facciano i gatti lungo le scale
l'autorizzazione Saub. di un policlinico.
L'inserviente che ha accompagnato lo Zoppo, dice: Lo Zoppo si presenta al self service del padiglione quattro,
«Desidera pranzare in camera?». poco dopo le dodici. Non si serve di molto: è uno che si accon-
«Oppure?». tenta. Nella scelta del pasto. È difficile invece con il compagno
«In fondo al padiglione c'è il self service. È comodo per i di tavolo. Sceglie un vecchietto dall'aria pulita, arzillo e con due
degenti che non sono impediti». occhi piccoli e furbi, mobili e sempre in movimento. Porta un
«Non sono impedito e pranzerò al self service». Poli Ugo pizzetto bianco e radi capelli pure bianchi, lisci e appiccicati al
resta solo, sistema le sue cose e traffica nella camera assegnata- cranio. Ha l'aria di chi conosce il mondo e non vuole farsi fre-
gli. Il televisore funziona, il telefono dà il segnale di via libera e gare dal prossimo.
nel mobiletto bar ci sono quattro bottiglie di liquori vari. Una è «Posso sedere?».
di Long John, ma non significa molto perché, secondo il parere «Si accomodi». Il vecchietto mastica in silenzio e studia l'oc-
del dottor Angelo, il Long John è uno dei whisky più venduti da casionale compagno di tavolo. Poi dice: «Mi chiamo Giacinto
queste parti, anche se non incontra il gusto del dottor Angelo Guazzini: problemi alla circolazione». Come se si trattasse del
stesso. Inoltre non è garantito che chi ne possiede una bottiglia suo lavoro.
sia per forza coinvolto nella morte di Luca. «Poli Ugo: asma». Ed entrambi terminano il pranzo in silen-
Lo Zoppo esamina la bottiglia, la rigira fra le mani, ne svita il zio. Un inserviente toglie i piatti dai tavoli e solo allora Giacinto
tappo di metallo, ancora sigillato, annusa il profumo, ne versa Guazzini "problemi di circolazione" riprende il dialogo.

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«Non l'ho mai veduta. È qui da poco?». ma. Prima di abbandonare la clinica gli troveranno di certo un
«Da poche ore. E voi?». Il vecchio fa un gesto vago con la male qualsiasi. Magari incurabile. Con le attrezzature che pos-
destra. seggono, un guaio lo trovano anche a chi di guai non ne ha mai
«Da una settimana, ma non faccio che entrare e uscire, entra- avuti. E non ne desidera. Appena lo lasciano libero, si mette alla
re e uscire... Sono un cliente affezionato dell'albergo». ricerca di Giacinto, il buon vecchietto che si fa mantenere dalla
Sorride furbo. mutua. A tavola aveva cominciato un discorso interessante che
«Mi dicono che qui sono bravi». Poli Ugo desidera continuare.
«Specialisti, specialisti in tutto». Lo trova davanti al televisore: programma per i ragazzi.
«Saranno specialisti, ma voi non riuscite a guarire». «Sono qua». Giacinto spegne la scatola e chiede:
«E perché dovrei? Alla mia età, poi, non è facile guarire. Si «Fatto? Domattina esame del sangue, elettrocardiogramma
tira a campare. Qui mi trovo bene: mangio, bevo, sto come un e...».
papa e, se sono fortunato, posso incontrare compagnie simpati- «E basta».
che. Paga la mutua». «Qui metteranno a nudo l'anima tua, amico caro. Fatti corag-
«Mi ha indirizzato qui un certo Luca Pomelli Parmeggiani, gio». Indica la gamba dello Zoppo: «Che ti è accaduto?».
un amico». Il vecchietto lo interrompe. «Infortunio sul lavoro».
«Conosco. È un giovane studente in medicina». Lo Zoppo «Alla tua età è un bel guaio».
annuisce e il vecchio scuote tristemente il capo. «Lo conoscevo. «Non tanto. Tiro a campare anch'io. È peggiore il guaio capi-
Brutta fine, povero ragazzo». tato a Luca e a Mario. Li conoscevate bene?».
«Sapete come è morto, allora?». «Sono stato assieme a loro per due settimane. Erano alloggia-
«Sì, stava nella stanza a fianco alla mia. Luca Pomelli Par- ti alla centoquattro, qui a fianco. Ci siamo fatti delle risate...».
meggiani: asma anche lui. Chi lo avrebbe detto. E l'altro, il suo «Sapevate che si drogavano?». Il vecchietto guarda Poli Ugo;
amico... Come... come si chiamava?». negli occhietti socchiusi brilla una luce d'astuzia e sul viso ha l'e-
«Mario Burazzi». spressione sorridente del vecchio satiro.
«Mario Burazzi, sì. Stessa fine. Due ragazzi simpatici. «Quelli si drogavano sì, ma con il profumo di donna, amico
Peccato». Si alza e dice: «A quest'ora faccio un riposino. Ci ve- caro. Beati loro!».
diamo più tardi. Venga a trovarmi: sto alla centotre». Lo Zoppo «Come sarebbe a dire?».
annuisce e quando Giacinto si è allontanato, si alza dal tavolo. «Sarebbe a dire che si facevano le infermiere, le visitatrici, le
Dall'altoparlante arriva, modulata e discreta, la voce di una dottoresse e qualche volta anche le passanti casuali. Hanno sco-
donna: pato più loro in quindici giorni che...». Non trova il termine di
«Il dottor Poli, il dottor Poli è desiderato in radiografia». confronto e tralascia. «Ma se erano tuoi amici, te ne avranno
Passa l'intero pomeriggio disteso su tavoli rotanti a farsi foto- certamente parlato».
grafare i polmoni, a soffiare dentro strumenti sanitari, a pisciare Lo Zoppo nega con un cenno del capo e dice:
in certe provette e a dettare le proprie memorie. «No, il mio amico Luca non mi ha mai raccontato nulla
Domattina, digiuno, esame del sangue e elettrocardiogram- di...». Giacinto si avvicina all'orecchio di Poli Ugo e mormora:

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«Hai presente l'impiegata bionda, quella che sta all'ufficio gliare degli ultimi pazienti e infermieri che circolano fuori dalle
cartelle cliniche? L'ho veduta uscire più di una volta e più di due stanze e poi, verso le undici, neppure più quelli.
dalla loro stanza, rossa in viso e scarmigliata quel tanto che basta Con la tranquillità del luogo, Poli Ugo, vice ispettore aggiun-
a dimostrare... E loro stessi andavano a trovarla in archivio. to, ha avuto modo di riflettere e se gli è nata qualche buona idea,
Sono certo che se gli schedari potessero parlare... E lei ci stava, la tiene per sé, gelosamente. Gli esce un solo commento:
la vigliacca!». «Clio... Mi ricorda qualcosa. Clio è un nome strano per un
Riprende fiato e continua: «Poi è venuto il turno di una dot- ragazzo. Se ricordo bene, Clio è il nome della musa della storia».
toressa, una ragazzina giovane, appena laureata, che era qui per A mezzanotte, ora delle spie e dei ladri, dei vampiri e dei que-
far pratica». Ride sotto i baffi. «E la faceva, accidenti se la face- sturini, lo Zoppo lascia il letto: non so se ha dormito o se è rima-
va la pratica! I due porconi. Altro che droga. Quelli scopavano, sto sdraiato ad occhi chiusi a ripensare agli avvenimenti, alla
musa della storia e a fare il punto sulle indagini. Non comunica,
amico caro, altro che droga». Sospende il trattato e si massaggia
il maledetto!
la mano sinistra. Poi spiega: «Cattiva circolazione: il sangue non
Non dà soddisfazioni e se ne va a spasso per i corridoi deser-
arriva bene e sento formicolio alle dita. E un senso di freddo».
ti e appannati di clinica Villa dei Gelsi. Neppure il bastone, di
Conclude le confidenze. «Hai presente quel pezzo di ragazza
solito rumoroso, solleva il minimo brusio nell'impatto con il
che sta alle analisi? È sui vent'anni, capelli scuri e lisci... Si chia-
marmo del pavimento.
ma Flora». Lo Zoppo annuisce. «Bene, Flora se la sono fatta
La porta dell'archivio non ha particolari serrature: non ce ne
entrambi, mi ci gioco le palle».
sono i motivi. Chi mai può aver intenzione di scassinare la porta
«Avete veduto voi?». di un archivio? Solo un archivista.
«C'è bisogno di vedere? Certe cose si capiscono al volo. Ho Di schede intestate a Pomelli Parmeggiani ce ne sono a non
fatto i capelli bianchi in mezzo alle donne e ho imparato a leg- finire. A cominciare da un Angelo Pomelli Parmeggiani, per via
gere nei loro sguardi, nelle loro movenze. Facci caso, amico della A. Lo Zoppo s'informa così di tutta la situazione sanitaria
caro: una donna appena scopata si muove in un certo modo. presente, passata e futura del dottore. Poi c'è un Fausto, dece-
Non so come spiegarti, ma se capiterà l'occasione, te lo indi- duto nel trentotto. Un Fulvio, nato nel trentanove, ricoverato
cherò». Ci sarà da imparare dal simpatico vecchietto. nel quarantadue per morbillo e poco dopo per una serie di altri
guai: un tipo di salute cagionevole. C'è un Gustavo Mario e uno
Sdraiato sul lettino, in camera, lo Zoppo guarda, dalla fine- Iorio. Il primo deceduto da appena due anni per trombosi e il
stra spalancata, il giorno che si consuma fra gli alberi del parco secondo, Iorio, nato morto da Angelo e Marzia Frabetti. Poi,
e la luna che prende colore con il procedere della sera e con il finalmente, c'è Luca e anch'egli risulta ricoverato un'infinità di
suo salire oltre le foglie. L'intero quarto padiglione è immerso volte. Sempre per asma bronchiale. L'ultimo ricovero risale al
nel silenzio; solamente s'intende, ovattato dalla distanza, il febbraio dell'anno in corso. E sempre per asma bronchiale.
motore di un autobus fermo al capolinea. Dopo, il rumore si Curato e dimesso. La scheda non è stata aggiornata: Luca è
perde in basso, verso la città. Lungo i corridoi le luci si attenua- defunto.
no poco a poco. Così pure nelle stanze. Passi morbidi e bisbi- Procedendo: Michele, nato nel cinquanta; Nadia Pomelli

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Parmeggiani vedova Gelsi; Olga, Pamela, Rina, Stelio, per finire sulle sue perché non ha ben presente quando e dove ha incon-
con un Vitruvio Pomelli Parmeggiani, nato nel diciassette, vivente, trato il degente zoppo. «Voi non mi conoscete. Sono un amico
che risulta il più sano della generazione essendo stato ricoverato di Luca». Il sorriso sparisce dalle labbra dell'impiegata bionda.
una sola volta, nel ventuno, per infezione intestinale e dimesso gua- «Oh, il povero ragazzo! Ho letto, ho letto la brutta fine. Chi
rito. Dal ventuno o ha cambiato clinica o non si è più ammalato. lo avrebbe immaginato».
Da Villa dei Gelsi è passata l'intera generazione dei Pomelli «Già, pare che nessuno lo avrebbe immaginato. Povero Luca.
Parmeggiani. Qui sono nati, cresciuti, curati e deceduti i com- Qualche giorno prima di... Insomma, qualche giorno prima mi
ponenti della famiglia: clinica di fiducia o clienti affezionati. aveva parlato di voi e sapendo che sarei stato ricoverato qui, mi
A nome Burazzi nessuna scheda. Neppure con altri nomi che aveva pregato di salutarvi da parte sua». Cosetta scuote il capo,
non siano Mario. A chi tanto e a chi niente. pensosa, e ricorda a bassa voce:
Eppure un Mario Burazzi è stato ricoverato a Villa dei Gelsi, «Era un ragazzo allegro e simpatico. Ci siamo divertiti e
camera centoquattro, quarto padiglione, non più tardi di feb- quando lo dimisero...».
braio, marzo corrente anno. Ne sono testimoni Flora Stinti, in- «Anche lui mi ha parlato dei bei giorni trascorsi qui, ma io
fermiera, e Giacinto Guazzini, degente a spese della mutua. E non capisco come ci possano essere bei giorni in una clinica».
anche una certa impiegata bionda dell'ufficio cartelle cliniche e «È possibile, è possibile; Villa dei Gelsi non è una clinica
una dottoressa giovane, appena laureata, assunta a Villa dei come un'altra ».
Gelsi per fare pratica. «Ah no?». Cosetta nega con il capo e torna a sorridere.
«Proprio no. Per esempio: quando terminavo il turno, si
Una dottoressa dagli occhi azzurri, non più giovane ma pia- andava assieme a passeggiare per il parco, alla sala giochi, in
cente, preleva un paio di litri di buon sangue rosso dal braccio palestra, si guardava la televisione e...». Il resto lo tiene per sé.
destro di Poli Ugo senza fargli male. Poi gli massaggia il braccio, «A passeggiare per il parco? In febbraio?».
gli sorride e gli dice anche "bravo". «Per ciò ci si divertiva. Perché non c'era nessuno in giro».
Un medico alto e grosso come un armadio fine ottocento, gli «Ma Luca era ammalato». Cosetta fa un gesto vago.
incolla elettrodi qua e là per il corpo nudo, con mani enormi ma «E c'era anche Mario con voi?».
esperte e alle nove e mezza del mattino, gli esami preliminari «Certo, anche Mario. Che destino il loro! Luca e Mario». Un
sono terminati. Un gruppo di medici vagherà i risultati e indi- attimo di silenzio per commemorare i defunti.
cherà la cura più efficace per sconfiggere un'asma che, fino a un «Mario, Flora, Luca ed io: appena si aveva un istante libero,
paio di giorni fa, era inesistente. Nell'attesa, Poli Ugo, vice ispet- ci si trovava e ci si divertiva. Lei conosceva anche Mario?».
tore aggiunto, passeggia per il padiglione quattro, visita la villa «Lo conoscevo, ma non ho mai saputo il motivo per cui
sede dell'amministrazione e della direzione, si trastulla con i venne ricoverato».
pensieri e finisce col far visita all'impiegata bionda dell'ufficio «Neppure io l'ho mai saputo. In verità non l'ho mai chiesto».
cartelle cliniche. La ragazza porta, appesa al camice, la foto pla- «Ma voi avrete ben letto la sua scheda clinica?».
sticata con nome e cognome: Cosetta Giunchi, impiegata. «Oh no, queste cose non si fanno. A lei piacerebbe che io
«Buongiorno signorina Cosetta». L'impiegata sorride e resta andassi a rovistare fra i suoi malanni?».

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«Mi è del tutto indifferente». Se ne va con un ampio sorriso che, di tanto in tanto, appare in fondo al corridoio o va a pas-
e un: «Arrivederci. Spero che mi verrete a trovare: anch'io sono seggio per il parco.
al quarto padiglione, come Luca e Mario». A mezzanotte, puntuale come un fantasma, lo Zoppo ripren-
Passa davanti alla centoquattro, che fu di Luca e Mario. Sul de il controllo della clinica e passa agli scantinati: laboratori per
cartello, a fianco della porta, c'è scritto il nome dell'attuale analisi, magazzini per le scorte mediche, attrezzature cliniche,
degente: Pietro Spaziosi. All'interno non c'è nessuno. È la soli- depositi di materiali igienici e di pulizia... Magazzini, sale e cor-
ta cameretta, arredata con il solito gusto di serie e dotata di ogni ridoio sono illuminati debolmente e solo da una porta filtra luce
comodità. Ci sono due letti intatti. Dalle finestre, la vista è sul più intensa delle altre. Lo Zoppo socchiude quel tanto che gli
parco e, più lontano, oltre gli alberi, su una villa di recente consente di vedere analisti in camice bianco, e Flora Stinti fra di
costruzione che sorge oltre la recinzione di Villa dei Gelsi. loro, al lavoro attorno a provette e strumenti clinici. L'industria
Poli Ugo esce dalla centoquattro ed entra nella biblioteca. Si della salute non chiude occhio e da quella sala usciranno i risul-
fa consegnare un libro, uno qualsiasi, e siede nel corridoio, da- tati che dichiareranno Poli Ugo affetto da una grave malattia.
vanti all'ascensore che mette nei sotterranei. Legge e non perde
Tornato in superficie, passeggia al chiaro della luna e arriva
d'occhio gli infermieri, i tre uomini e la donna in abiti normali
fino alla recinzione del parco, in confine con la villa di recente
che salgono e scendono dall'ascensore. Come riesca a fare due
costruzione. Le finestre sono buie, ma da alcune asole a livello
cose contemporaneamente...
del prato, protette da spessi vetri smerigliati, esce il chiarore di
A mezzogiorno la donna è scesa due volte e poi non è risa-
molte lampade accese. Una fila di deboli lampade, distribuite
lita.
sul prato come piantine di rose, indicano il percorso fra l'ingres-
Giacinto Guazzini distoglie lo Zoppo dalla lettura: gli passa
so della villa e la strada comunale. Il percorso, invece, che colle-
davanti per andare al self service.
ga la villa privata al complesso clinico, è illuminato solamente
«Tutto a posto, amico caro? Terminati gli esami? Vieni a
mangiare?». dai raggi della luna fra i rami e, a giudicare dall'erba rachitica e
Siede a fianco a Poli Ugo e sottovoce continua: «Hai visto calpestata, è usato di frequente. È interrotto da un cancelletto
anche tu? Oggi è il giorno buono». pedonale inserito nella recinzione di confine.
«Il giorno buono per cosa?». Nel parco della villa privata, due alani neri seguono in silen-
«Per le sigarette di contrabbando. Ti servono? Vieni con zio e con occhi di fuoco, i movimenti di Poli Ugo oltre la barri-
me». Trascina lo Zoppo dentro l'ascensore e preme il bottone cata. Non prova neppure ad avvicinarsi al cancelletto perché, se
dell'interrato. appena fa il movimento con il braccio, un sordo ringhiare delle
In un sottoscala c'è un tale che vende sigarette di contrab- due bestiole lo consiglia di non posare la mano sulla maniglia.
bando e cioccolata svizzera. Fondente, al latte, con noccioline... Solo quando si allontana dal confine, i cani siedono l'uno a
e Poli Ugo è costretto a dichiarare pubblicamente di non aver fianco dell'altro e aspettano che l'intruso sparisca oltre gli albe-
mai fumato, di non essere disposto a cominciare ora, in clinica, ri e verso la clinica. Cani perbene, educati e che si limitano a
e ne ricava il biasimo unanime. controllare senza abbaiare, come fanno di solito cani più volga-
Consuma il pomeriggio evitando di incontrare Flora Stinti ri e maleducati di loro. Ma se lo Zoppo avesse posato il piede

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sano oltre la rete di divisione, glielo avrebbero storpiato e reso
invalido peggio dell'altro.
Sdraiato in silenzio e al buio, rimugina pensieri che non
conosco: lo tormentano, lo agitano, lo costringono a mutare
continuamente la posizione. E sospira. Poi accende la lampada,
siede sul letto, lo sguardo fisso, e di colpo sorride al muro bian-
co. Dopo un attimo percorre il corridoio in penombra fino alla
camera centoquattro.
Il cartellino, a lato della porta, continua ad indicare che la
stanza è occupata dal signor Pietro Spaziosi ed è sufficiente gira-
re la maniglia per entrare. I due letti sono vuoti e intatti e dalla
finestra si scorgono, chiare, le feritoie illuminate della villa di
confine.
Lo Zoppo esce dalla centoquattro ed entra nella centocinque
occupata, stando al cartellino, da un tal Claudio Cortesi.
Come la precedente, è vuota; un altro degente fantasma,
Giuliano Perotti, sta alla centosei. Alla centosette Ludovico
Guanciali è il malato assente di turno. Stanze vuote e letti intat-
ti fino alla centodieci e il primo letto regolarmente occupato lo
si trova alla centoundici.
La notte è lunga e l'archivio ben ordinato e Poli Ugo è un
esperto del ramo. Dalle cartelle cliniche risulta che i clienti delle
stanze dalla centoquattro alla centodieci sono regolarmente
ricoverati, curati con massicce dosi di Cloridrina e tutti a carico
dell'Istituto Nazionale Malattia.
Chissà quanti altri malati immaginari si troverebbero sparsi
nei vari padiglioni della clinica, se soltanto lo Zoppo avesse il
tempo di continuare l'ispezione stanza per stanza.
Che Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, abbia messo il dito
sulla piaga? Non ci sarebbe da meravigliarsi.
Le tre di notte non è l'orario ideale per telefonare a qualcu-
no, ma lo Zoppo non ha mai avuto particolari scrupoli e dalla
cabina dell'atrio di Villa dei Gelsi, compone il primo numero. Il
custode di notte, che gli ha consegnato alcuni gettoni, lo guarda

224
perplesso, attraverso i vetri, ma è troppo educato per curiosare
spiegazioni.
O è pagato abbastanza proprio per non occuparsi degli affa-
ri dei clienti.
«Pronto». È una voce insonnolita e scocciata che gli risponde.
«Parla il signor Pietro Spaziosi?».
«Sì, e lì chi parla?».
«Pietro Spaziosi in persona?».
«Ho detto sì. Che c'è?».
«Vi ringrazio molto, signor Pietro; è un errore», e interrompe.
«Pronto». Altra voce come la precedente.
«Parla il signor Claudio Cortesi?».
«Sì. Lei che vuole?».
«Claudio Cortesi in persona?».
«Sono io».
«Vi ringrazio molto, signor Claudio; è un errore», e interrompe.
Va avanti a gettoni fino al cliente fantasma della centodieci: li
trova a casa loro, e regolarmente a letto; unica eccezione: il
signor Ludovico Guanciali, camera centosei, che, a detta della
consorte in lacrime, è deceduto venti giorni or sono nella pro-
pria abitazione. Di vecchiaia: aveva ottantasette anni e li porta-
va bene, sempre a detta della di lui consorte, ora vedova.
Termina i gettoni e termina i nominativi da intervistare e lo
Zoppo, sorridente come poche altre volte l'ho veduto, saluta il
custode di notte e torna alla sua stanza e forse ora riuscirà a dor-
mire.
Dunque, la compiacente Villa dei Gelsi ospita, ha ospitato in
passato e ospiterà in futuro numerosi malati immaginari.
«Vuoi dire che Luca Pomelli Parmeggiani e Mario Burazzi si
erano accorti della truffa ai danni dell'Istituto Nazionale
Malattie e per questo li hanno uccisi? Per questo hanno fatto
sparire la cartella clinica del Burazzi?». Lo Zoppo si stringe
nelle spalle.
A mezzanotte, puntuale come un fantasma, lo Zoppo riprende il controllo
della clinica... «Hai altre ipotesi più valide?». No, non ho altre ipotesi né

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più valide né meno e la truffa mi pare abbastanza truffa da giu-
stificare due omicidi. Mettiamo che sia iniziata da una decina
d'anni, anche solo da cinque, e mettiamo sul conto, oltre le
degenze, le terapie mai eseguite e le medicine mai somministra-
te. Mettiamo una media di dieci malati immaginari ogni mese.
Anche solo cinque, ma sono pochi per una organizzazione tanto
complessa e perfezionata. A fine di ogni anno diventano un bel
numero e si fa presto a raggiungere il miliardo che l'Inam dovrà
versare alle casse della clinica.
Vuoi vedere che ha ragione Spadolini, che ha ragione
Fanfani, che hanno ragione i prossimi capi dei prossimi governi
quando predicano che i ricoveri e le medicine devono essere a
carico, almeno parzialmente, del malato? Si eviterebbero le truf-
fe del tipo Villa dei Gelsi e dei malati immaginari. Non è detto,
comunque, che qualcuno, dalla mente fertile, e ce ne sono dalle
nostre parti!, non troverà il modo di fregare la collettività anche
in tali casi ipotizzati.
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, mi frega di nuovo: non Le storie d'indagine
imparerò mai a conoscerlo. Non si mette a letto. Si veste, ripo-
ne le sue cose nella valigia ed esce dalla clinica. Sono le quattro hanno questo di bello:
del mattino e di nuovo il custode di notte non interviene e si quando credi di essere arrivato,
limita a guardare lo Zoppo scendere lungo il viale illuminato
verso il piazzale dove c'è ancora la bicicletta, tenuta con la cate- punto e a capo
na e il lucchetto a un palo dell'illuminazione pubblica.
Terminate le operazioni di svincolo, Poli Ugo fissa la piccola
valigia al portapacchi posteriore, monta sul sellino e, con il
piede sinistro a terra, si dà il colpetto d'avvio. La strada è in
discesa, l'aria del primo mattino è fresca e Poli Ugo, nel silenzio
della collina, si mette a cantare a gola spiegata. Lo sentiranno
sbraitare, con voce sgraziata e fuori tono, fino alle prime case di
periferia, ma lui non se ne preoccupa e urla al vento la sua sod-
disfazione.

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Porta abiti scuri e dimessi che contrastano con il bianco sgar-
giante del camice clinicale. E fuma. Una sigaretta dopo l'altra.
Sempre per rifarsi dell'astinenza imposta dalla clinica.
Apre la porta e guarda sbalordita lo Zoppo. Resta di sasso,
come si dice dalle mie parti.
«Lei... che ci fa qui, a casa mia? Come le è venuto in mente
di lasciare la clinica senza avvertire? Che vuole?».
Lo Zoppo sorride nel modo che gli riesce meglio e chiede:
«Mi fate entrare?». Per un istante ho l'impressione che
Cosetta gli chiuderà la porta in faccia.
«Prima mi dica che è venuto a fare. Io... sono sola in casa e
non ho l'abitudine di far entrare sconosciuti. Mia madre è fuori
e...». Poli Ugo, vice ispettore capo, mostra soddisfatto la paten-
te di questurino e dice:
«Io non sono uno sconosciuto». È la mossa giusta perché
Ora che è arrivato al movente, o presunto movente, dei due delit-
Cosetta si metta ancor più sulle sue. Socchiude la porta e dice:
ti, Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, lascerà l'alberghetto di quar-
«Io non ho niente a che fare con la polizia. Lei... dovrebbe
ta categoria e rientrerà in seno alla famiglia per riprendere il lavo-
tornare alla clinica e spiegare il suo comportamento e invece è...
ro e per prima cosa archivierà le due pratiche, dopo aver impres-
è qui a importunarmi».
so la solita erre rossa nell'angolino alto a destra delle relative car-
telle. Non farà parola dei risultati raggiunti, com'è nel suo costu- «Lo farò, lo farò più tardi: tornerò alla clinica e spiegherò.
me, soddisfatto per aver dimostrato di valere più degli altri fun- Ma ora devo parlare con voi e vi prego di farmi entrare. Non
zionari con due gambe in salute. Dimostrato a chi, se non lo rac- abbiate timori: solamente qualche domanda». La ragazza ci
conterà in giro? Ma per lui la gratificazione sta in ciò che raggiun- pensa un attimo e poi decide e apre del tutto la porta.
ge e non nel fatto che altri conosca il suo valore investigativo. «Io non ho paura, ma con i tempi che corrono è necessario
Le mosse dello Zoppo mi stupiscono di continuo e mi colgo- diffidare di tutti».
no sempre di sorpresa. Intanto, prima mossa, non lascia l'alber- «Anche della polizia?». Cosetta sta per dire "soprattutto",
go e poi, seconda mossa, va a trovare la bionda Cosetta ma si trattiene e fa passare lo Zoppo.
Giunchi, impiegata a Villa dei Gelsi, ufficio cartelle cliniche. Una casa modesta e pulita, profumata di cera per pavimenti
Non alla clinica, naturalmente, ma a casa sua di lei. e di mobili vecchi. Da personcina educata, Cosetta fa sedere lo
Nell'intimità dell'abitazione Cosetta non assomiglia all'im- Zoppo in tinello e chiede:
piegata modello di Villa dei Gelsi: ha l'aria triste di una ragazza «Desidera bere qualcosa?».
sola e non sorride, forse per rivalsa sull'obbligo contrattuale che «Per esempio?».
le impone una cera allegra e accattivante. «Non so: caffè, liquore...». Apre gli sportelli di un mobile e

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indica la solita bottiglia di Long John. «Whisky?». Fa per svita- «Non ti devo nulla: se non sei al corrente, non è necessario
re il tappo, ma lo Zoppo la ferma con un gesto. Poi dice: che te ne parli io. Meglio per te restarne fuori. Non voglio che
«Non bevo, grazie. Le piace il Long John?». Cosetta ha fra le tu faccia la fine di Luca e di Mario».
mani la bottiglia, la guarda e dice: Cosetta è al limite: siede e piange. L'aria triste che, fuori dalla
«No, io non bevo. Vede? È ancora intatta. Ne ho altre quat- clinica, porta sul viso, le si addice.
tro. Tutte piene. La direzione di Villa dei Gelsi le regala ad ogni Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, la lascia sfogare, ma non
fine anno ai dipendenti, ma a casa mia nessuno le beve e crede a una sola delle facili lacrime di Cosetta Giunchi e dopo
così...». Ripone la bottiglia e chiude il mobile. «Allora se non un poco insiste, vigliacco e cattivo, a tormentare la ragazza.
beve...». Torna allo Zoppo e tenta di sorridere. «Guardi che è «Quando hai incontrato l'ultima volta Luca e Mario?».
la prima volta che la polizia entra in questa casa. Noi non abbia- Cosetta tira su con il naso.
mo mai fatto nulla che giustificasse...». «Dopo che sono usciti dalla clinica, io non li ho più incontra-
«Non ne dubito, ma ora le cose sono cambiate». La minaccia ti. Lo giuro! Cosa vuole da me?».
non è tanto velata e fa spalancare gli occhi alla ragazza e le fa «Non fare la commedia. So bene che hai incontrato Luca
sparire il tentativo di sorriso. anche dopo».
«Come sarebbe a dire?». Perché le parole abbiano più effet- «È falso. Chi lo dice?».
to, lo Zoppo usa il "tu". È una tattica che mette a disagio gli «Chi mai, secondo te?». La ragazza alza il capo, asciuga le lacri-
interlocutori timidi. me che le scorrono sulle guance e guarda in faccia lo Zoppo. Dice:
«Sarebbe a dire che sei in un grosso guaio». Una pausa suffi- «È stata Flora. E lei crede a ciò che va dicendo quella scim-
cientemente lunga perché Cosetta abbia il tempo di passare in mia? È invidia la sua. Voleva farsi Luca, ecco la verità e siccome
rassegna, mentalmente, gli avvenimenti, recenti e non, nei quali si Luca neppure la guardava e preferiva me, ora si vendica raccon-
è trovata coinvolta, per stabilire quali di essi possano essere ille- tando bugie. Ma io non ho più veduto Luca dal giorno...».
gali. Nessuno ha la coscienza tranquilla e Cosetta è in difficoltà. Riprende a lacrimare e nasconde il viso fra le braccia raccolte sul
«Quale grosso guaio, scusi?». tavolo. «Certo, mi aveva promesso che mi avrebbe telefonato,
«Non dirmi che non sei al corrente dei malati immaginari di che ci saremmo rivisti, ma poi non l'ha fatto. Lei non può cre-
Villa dei Gelsi. Il tuo particolare impiego ti mette in condizione dere a Flora e non a me. È un'ipocrita e faceva la svenevole con
di sapere, meglio di altri, il traffico dei degenti che si svolge alla il povero Luca. Sembrava che senza di lui dovesse morire e si è
clinica». subito consolata con...».
«Traffico di degenti? Guardi, signore, che io mi limito ad «Con?».
aggiornare e tenere in ordine lo schedario delle cartelle cliniche, «Flora è un'ipocrita! Ora se l'intende con il figlio del profes-
ad archiviarle o a consegnarle ai medici dietro loro richiesta. sor Eliusi. Pur di far carriera quella è disposta a...». Lascia a
Non capisco proprio...». metà il discorso per piangere meglio.
«Mi auguro che il giudice ti creda sulla parola. Per conto mio...». È il momento, per lo Zoppo, di consolare e lo fa piuttosto
«Il giudice? Mi deve credere! Il giudice? Oh mio dio. Si può bene, l'ipocrita. Solleva il capo di Cosetta, le asciuga le lacrime
sapere di che va parlando?». sul viso e le dice:

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«Su, non far così. Ora basta. Vedrò che posso fare per aiutar- Da Flora, lo Zoppo incontra un anziano e distinto signore dai
ti. Ma tu devi dirmi... Anche tu devi aiutarmi». capelli bianchi e barba dello stesso colore, alto e massiccio e che
«Come?». potrebbe essere un funzionario ministeriale a riposo. Costui,
«Intanto dicendomi se hai sentito Luca e Mario parlare di chiaramente, non fa parte dell'ambiente. È lì per caso.
qualcosa che avevano scoperto in clinica. Qualcosa di poco puli- Flora Stinti non mostra meraviglia quando Poli Ugo, vice
to. Li hai sentiti parlare di una truffa?». Cosetta nega con ripe- ispettore aggiunto, le mostra la tessera di questurino. Si limita a
tuti cenni del capo e seguita a piangere. «Basta, su. Chi poteva sorridere e a dire:
essere a conoscenza che Luca e Mario avevano scoperto un traf- «Lo avevo immaginato fin dal primo incontro».
fico illecito?». «Perché?».
«Io non so... di cosa lei stia parlando». Lo Zoppo lascia il «Perché un bottegaio che è in credito non ha la delicatezza e
capo di Cosetta che ripiomba sulle braccia. Sospira profonda- le preoccupazioni che ha avuto lei nel chiedermi il saldo di un
mente come se fosse desolato. debito lasciato in eredità da Mario. Né si interessa ai parenti di
«Non mi aiuti molto. A chi appartiene la villa che confina con un morto: si interessa dei soldi». Ragazza in gamba, più dura di
il parco? Quella guardata da due grossi cani. La si vede anche Cosetta, che non si metterà a piangere davanti alle minacce di
dalla stanza che ospitava Luca e Mario». Poli Ugo. Indica il distinto anziano signore e dice: «Mio padre
«Quella? È del professor Eliusi, il direttore sanitario. Ma che Gandusio Stinti». Lo Zoppo stringe la mano al funzionario
c'entra ora la villa?». ministeriale in pensione e dice anche "piacere" mentre Flora
«Niente: un'informazione. Adesso calmati e non piangere completa le presentazioni:
più. Se ti viene in mente qualcosa, telefonami a questo numero». «Dottor Poli Ugo, vice ispettore aggiunto della questura di
Lascia la ragazza a piangere sul tavolo buono del tinello ed esce Bologna». Gandusio sorride e dice:
da casa Giunchi portandosi dietro due verità. La prima è che il «Molto lieto. Siamo quasi colleghi: ho prestato servizio pres-
professor Eliusi, direttore amministrativo, si sta facendo una so la questura di Modena per ventisette anni. Molto lieto». Alla
fortuna con le forniture di Long John a Villa dei Gelsi. La figlia: «È un tuo conoscente?».
seconda è che fra due donne gelose è sempre opportuno mette- «Con questa è la seconda volta che lo incontro. La prima mi
re il naso. Anche se l'oggetto della gelosia non è più, resta, nelle disse di essere un fioraio». Indica la poltrona molto bassa nella
donne, una buona dose di risentimento. Che dà risultati. quale Poli Ugo si troverà male a causa della gamba in disuso.
«No grazie. Sono qui per farvi alcune domande, signorina».
L'appartamento di Flora Stinti ha un altro stile: monolocale, Gandusio chiede:
abbastanza ampio da poterci vivere in due, arredato con gusto, «Devo andarmene?».
mobili essenziali, quadri moderni alle pareti, lampade sul pavi- «Potete restare, cavaliere. Nulla di riservato fra il sottoscritto
mento e cuscini dappertutto. Il profumo che vi si respira è into- e vostra figlia». Flora siede e dice:
nato con quello che la ragazza si porta addosso. Un giradischi, «Si tratterà della morte di Mario, immagino».
nascosto da qualche parte, manda basse note di una musica «Come mai non siete venuta al funerale?».
monotona e continua che però non disturba. «Non vado ai funerali».

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«Ma avete inviato un cuscino di fiori. Rose». «Senti papà: prima di tutto non mi fido del signore. Chi mi
«Mario era un c a r o amico». dice che sia quello che vuol farmi credere?».
«Immagino sappiate che è stato ucciso e ne conosciate il «Flora! Hai veduto la tessera». Flora alza le spalle.
motivo». Il cavalier Gandusio si intromette: «E poi non mi va giù il modo come si è presentato la prima
«È stato ucciso? Il tuo amico Mario? Mi avevi parlato di droga». volta».
«E di droga si è trattato, cavalier Stinti, ma lo hanno ammaz- «Non è una buona ragione. Nel suo mestiere è necessario ri-
zato». correre spesso a sotterfugi. Io ricordo...». Conscio che i propri
«E perché?». ricordi non interessano i presenti, non conclude.
«Chiedetelo a vostra figlia». L'antico signore va davanti alla Ripete: «Se sai, devi collaborare».
figlia e chiede: «Questo è il punto, papà: io non so! Ho conosciuto Luca e
«Tu lo sai?». Flora scuote il capo e dice: Mario in clinica e li ho frequentati, assieme a Cosetta, per il
«Non ne ho la più pallida idea, ma se lo sostiene il signor vice periodo del loro ricovero perché erano ragazzi simpatici, allegri
ispettore aggiunto...». Lo Zoppo ha grande spirito di adatta- e si poteva trascorrere, assieme, le ore vuote del servizio. Di loro
mento ed è capace di essere umile con i suoi pari e maleducato non so nulla». Lo Zoppo insiste con molta educazione.
con i sottoposti e i deboli. Ora, in più, si trova al cospetto di un «Ma voi avete frequentato Mario anche dopo l'uscita dalla clini-
suo possibile ex superiore e indossa l'abito dell'educazione e ca ed eravate tanto buona amica da mandare un cuscino di rose...».
della cortesia. «L'ho incontrato un paio di volte e non di recente. L'ho detto:
«Volete farmi credere, signorina, che non siete al corrente era un ragazzo simpatico e sono addolorata per la fine che ha
che Mario Burazzi era un malato immaginario? Uno dei tanti, fatto. Ho anche pianto, se vuol saperlo, quando lessi come era...
per essere precisi, ricoverati a Villa dei Gelsi?». Come aveva chiuso con la vita. Io... ho perduto un fratello allo
«Malati immaginari?». Lo Zoppo annuisce. «Non so di che stesso modo». Il padre la interrompe:
parli». «Flora! Son cose personali e non credo che interessino il
«Mi dica, allora, per cosa era ricoverato Mario Burazzi». signor...».
«Non lo so, non gliel'ho mai chiesto. Io sono analista a Villa Ma Flora neppure lo ascolta.
dei Gelsi». «So cosa significa il dolore che si prova. Sarebbe ora che in
«Ma siete stata molto amica sia di Mario che di Luca. Guarda questura trovassero il rubinetto della droga e lo chiudessero.
caso, entrambi morti per droga». Flora alza le spalle. «Come Non se ne può più».
mai non si trova la scheda clinica di Mario Burazzi?». «È quello che cerchiamo di fare, signorina Flora». Non è
vero, ma Flora ci crede. «Ed è per questo che cerchiamo colla-
«Lo chieda a Cosetta. Lei è la responsabile delle cartelle cli-
borazione». Lo Zoppo fa una pausa e riprende con il tono di cir-
niche».
costanza. «So anche di suo fratello, signorina, e mi dispiace. Se
Il signor Gandusio Stinti, leggermente irritato, riprende la figlia.
non sbaglio si chiamava... si chiamava Clio Stinti». Altra pausa
«Mi pare, Flora, che tu non tenga conto della qualifica del dedicata al ricordo del defunto e poi riprende. «Anche per lui
signor ispettore. Se sai, devi rispondere a tono. È tuo dovere lavoriamo».
aiutare la giustizia».
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«Mi dispiace: non posso essere utile. Ora io devo proprio Lo zoppo attende, unico nella città, che il semaforo gli dia via
uscire: ho un appuntamento al quale non posso mancare». libera e non sopporta chi, ignorando il rosso, gli incrocia la stra-
«Con il figlio del professor Eliusi?». Flora, che stava pren- da. E i più cattivi insulti gli premono alle labbra, ma ha altre
dendo la borsetta dal tavolo, si arresta e guarda il questurino. preoccupazioni: ha trovato, o crede, il motivo, il movente, dei
«Il figlio del professor Eliusi, sissignore. Lei come lo sa? Non due delitti, eppure non gli basta per archiviare la pratica. Se non
credo, in ogni caso, che abbia attinenza con le indagini. La mia ho capito male, ora vuole il nome e cognome del mandante e il
vita privata...». nome e cognome dell'esecutore, nel caso che i due non coinci-
«Nessuno ve la tocca, signorina Flora. E anch'io devo anda- dano.
re. Se mai ricordaste un qualsiasi particolare utile...». All'alberghetto trova un biglietto con un numero telefonico e
«Non mancherò di informarla». la nota: "Importante. Telefonare appena possibile".
Escono tutti. Flora per ultima e chiude a chiave. In strada, il Gli risponde, e ne riconosce la voce, Cosetta Giunchi che sta
signor Gandusio bacia la figlia e le dice: piangendo o ha smesso da poco.
«Vieni a trovarmi qualche volta. Son sempre solo e scambia- «Signor ispettore, ho pensato a quello che mi ha detto e io
re due parole con te mi fa piacere». Flora si allontana e lo non desidero essere implicata in guai che non mi riguardano. La
Zoppo, assieme al signor Gandusio, si avvia. cartella clinica di Mario venne ritirata cinque giorni fa...». Parla
«Non abitate con vostra figlia?». Gandusio nega con un in fretta, senza riprendere fiato e non lascia spazio allo Zoppo
cenno del capo e assume l'aria triste di un genitore trascurato. per intervenire, «...cinque o sei giorni fa e io l'ho consegnata
«Di questi tempi, dottor Poli, i figli vogliono la loro libertà. dietro precise disposizioni dei superiori». Finalmente si ferma e
Ed è giusto, ma a volte la pagano cara». tira su con il naso. «Non ho agito di mia iniziativa e non voglio
«Come vostro figlio Clio?». Gandusio non risponde. Dice: essere coinvolta. Non so dove sia finita, ma può chiederlo al dot-
«Mi venga a trovare, signor Poli; mi farà piacere parlare con
tor Angelo Pomelli Parmeggiani. Io non so altro e non voglio
lei. E chissà che non abbia da raccontarle storie interessanti: ho
sapere altro». Poi, prima che lo Zoppo intervenga, chiude la
passato una vita in questura e ne ho vedute di porcherie».
comunicazione e, mi par di vederla, tira di nuovo su con il naso
«Lo farò, cavaliere. Un giorno o l'altro verrò a trovarvi».
e respira come liberata da un peso.
Al primo semaforo, Gandusio prende a destra e lo Zoppo
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, riprova il numero e lascia
torna sui suoi passi a riprendere la bicicletta. Ma non monta in
sella; la spinge a piedi, sotto i portici, verso il centro e ciò gli per- che il telefono squilli e squilli senza che Cosetta risponda.
mette di percorrere sensi unici che i ragazzi in ciclomotore Sarà corsa a chiudersi in camera da letto per piangere sulla
imboccano con disinvoltura, certi come sono di non incontrare propria sventura.
vigili a contestare l'infrazione. È la misura di come la città sia È probabile che Cosetta Giunchi intendesse dare un contri-
tollerante e stia cambiando nei costumi e nelle consuetudini e i buto alla soluzione del caso, ma, secondo me, è riuscita a inca-
tempi nei quali caricare sul tubo della bici un amico era passibi- sinare gli avvenimenti più di prima e a confondere le idee. Come
le di contravvenzione, sono lontani. Io non ho ancora capito se per il gioco delle tre carte e dell'asso: eccolo qui e invece non lo
sia bene o male. trovi mai.

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Ho ragione: la ragazza ha messo in crisi anche Poli Ugo, vice pagare le degenze fantasma alla collettività e ne divida gli utili
ispettore aggiunto. Ha imbrogliato le carte! Che c'entra il dot- con voi. Ma non è questo il punto. Luca era o no al corrente?».
tor Angelo Pomelli Parmeggiani? Bisognerebbe chiederlo a lui. Marzia annuisce ed è un brutto colpo per lo Zoppo che scuote
Chiedergli a cosa gli sia servita la scheda clinica di Mario il capo e borbotta: «Tutto da rifare, per dio. Tutto da rifare!», e
Burazzi, ma temo che non risponderebbe a tono. si avvia per uscire. Una visita breve e disastrosa. Marzia lo
Secondo la precisa richiesta dei superiori, ha detto la ragaz- accompagna alla porta. «Così mi avete fottuto, mi avete ributta-
za. Vuol dire che il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani... Un to in alto mare. Bene. Luca era al corrente e divideva gli utili.
casino! Questo significa che lo avete ucciso per altri motivi».
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è più rapido del sottoscrit- «Lo abbiamo ucciso? Ci metti dentro anche me?».
to nelle deduzioni e le decisioni non le comunica a nessuno. Alla «Vi ci metto dentro tutti! Tu, il dottore tuo ex marito, la sua
signora Marzia Frabetti, che non l'attendeva di certo, chiede: infermiera troia, il direttore di Villa dei Gelsi, quel ruffiano del
«Che ruolo ha il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani nella cli- tuo maggiordomo... E non sono io che vi ci metto dentro: vi ci
nica di Villa dei Gelsi?». Marzia licenzia il maggiordomo prima siete messi da soli. Fino al collo. Io dovrò ricominciare da capo,
di rispondere: ma non illudetevi: arriverò alla fine e allora saranno guai duri».
«È uno dei soci». Che lo Zoppo arrivi alla fine della storia, non ne dubito: è un
«E tu?». mastino che, una volta azzannato, non lascia la presa.
«Anch'io». Dubito invece che sarebbero guai duri per i colpevoli, visto
«E Luca?». che terrà per sé, come ha fatto in passato, e più volte, i risultati
delle indagini. Ma sentirlo minacciare fa un brutto effetto.
«Luca aveva la quarta parte delle azioni lasciate dal nonno
Dunque, nulla di fatto. Oppure: Poli Ugo, vice ispettore
paterno».
aggiunto, è passato vicino alla verità e non l'ha riconosciuta. La
«Vuole dire che era socio e partecipava alla divisione degli
sostanza non cambia e resta il nulla di fatto. Grande come una
utili?».
«Sì, essere soci vuol dire questo». casa. Ma resta anche la certezza che il dottor Angelo Pomelli
«E vuol dire anche che era al corrente del traffico di malati Parmeggiani ha mentito quando ha assicurato di non conoscere
immaginari e condivideva la truffa?». La domanda è pesante e Mario Burazzi, malato immaginario. Ed è già qualcosa su cui
Marzia, prima di rispondere, si guarda attorno. Ma si riprende riprendere a lavorare. Scende in città, seduto sulla bicicletta, freni
tirati, e si lascia andare, una volta tanto, alle confidenze. Oppure
subito e bene. Chiede:
è così disperato da cercare conforto nelle sue stesse parole.
«Da chi lo hai saputo?».
«Mai fidarsi! Mai fidarsi delle chiacchiere. Fatti e fatti e anco-
«Da quanto dura?». Marzia ripete:
ra fatti. Mi hanno fregato, ma d'ora in poi la musica cambierà.
«Da chi lo hai saputo?».
E cambierà la tattica. Intanto è certo che il dottor Angelo è un
«Non c'è voluto molto ad arrivarci. Mi stupisce che l'abbiate
bugiardo. Da qui andrò oltre per stabilire il ruolo di Giuliana,
fatta pulita per tanto tempo». Una pausa perché gli è venuta
di Marzia, del professor Eliusi e di tutti coloro che, in un modo
un'altra idea. Dice ancora: «A meno che all'interno dell'Istituto
o nell'altro, hanno a che fare con la morte di Luca e Mario.
Nazionale Malattia non sia alloggiato un santo protettore che fa

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Vedremo chi vincerà alla fine. Vedremo». La sua certezza è un attende che Giuliana esca di casa. È seduto sulla bicicletta e
modo per superare due settimane di insuccessi; un modo per nascosto sotto il portico, fra una colonna e una cabina telefoni-
darsi una spinta a proseguire su una pista che, al momento, nep- ca. Il traffico del centro e la penombra lo proteggono. È di
pure è tracciata. nuovo tranquillo: ha l'intera notte per recuperare un poco del
Il semaforo di porta Saragozza segna rosso, ma lo Zoppo non terreno perduto e non ha intenzione di sprecarla.
si ferma e, dopo una veloce occhiata all'incrocio, attraversa Un taxi si ferma davanti alla porta di Giuliana e lo Zoppo, dalla
infrangendo una delle norme di vita che si era imposto da sem- cabina telefonica, chiama la centrale operativa del radiotaxi.
pre. È un mito che crolla, è un segno di debolezza, ma lo Zoppo «Qui è la questura di Bologna. Uno dei vostri taxi, Milano
ha già provveduto a giustificare a se stesso l'infrazione e a con- otto quattro, sta attendendo un cliente. Mi serve l'indirizzo che
siderarsi autorizzato a compierla. La verità è che Poli Ugo, vice il passeggero fornirà all'autista. Naturalmente il cliente non ne
ispettore aggiunto, è in piena crisi, forse per la prima volta; non dovrà essere informato».
sa come proseguire le indagini che si è imposto senza che vi «Resti in linea, prego». Passano alcuni secondi durante i
fosse obbligato. Una sconfitta che non può perdonarsi proprio quali una musica delicata allevia l'attesa e poi: «Milano otto
perché, se restasse definitiva, ne sarebbe il solo imputato. quattro è diretto in via Bellinzona centosette, signore».
Che fine farebbe il concetto che si è fatto delle proprie pos- Giuliana, intanto, è scesa ed è sull'auto.
sibilità? Indietro non si torna! Bellinzona centosette. Una gara interessante: il taxi nel traffi-
«Ho bisogno di dormire». Ma non imbocca la strada per l'al- co caotico di un centro in disordine e il ciclista che non ha scru-
berghetto sgangherato nel quale c'è un letto che potrebbe sod- poli a percorrere sensi unici né a pedalare sotto i portici quando
disfare le sue attuali esigenze. la strada non consente di procedere speditamente. Il traguardo è
A Giuliana, che gli risponde al telefono, dice senza preamboli: posto in via Bellinzona centosette, la villa di Marzia Frabetti in
«Ti ho lasciato anche troppo tempo. Che mi racconti?». Pomelli Parmeggiani. E forse il premio è la soluzione del caso.
«Ho appuntamento con un tale, questa sera. Conto di ricavare Lo Zoppo è deciso a vincere, anche se gli ultimi cento metri sono
informazioni utili. Ti telefonerò io». La ragazza parla sottovoce in salita troppo ripida e rappresentano un grosso ostacolo. Poli
perché il dottor Angelo Pomelli Parmeggiani si trova nei dintorni. Ugo passa metà della vita su una bicicletta, ha i muscoli delle
«Verrò con te». gambe allenati e non gli manca il fiato. Non fuma.
«Non è possibile: se fossi con qualcuno non mi aprirebbe Chiunque lo avrebbe dato perdente dieci a uno. E ci avrebbe
neppure la porta». rimesso una fortuna.
«Non vedo perché». Il taxi scarica Giuliana Puletti davanti alla villa di Marzia, fa
«Lo vedo io. Ti conosce». manovra per scendere in città e la ragazza non entra al numero
«Mi conosce?». Giuliana non risponde. «Chi è?». centosette. Prosegue a piedi, costeggia la recinzione del parco
«Te lo dirò dopo che gli avrò parlato», e chiude la comunica- fino a un cancelletto pedonale secondario che interrompe la
zione. siepe di ligustro. Forse un ingresso di servizio. Entra, chiude con
cura il cancelletto e Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, è fregato.
Come un gatto paziente davanti alla tana del topo, lo Zoppo La vede sparire nell'oscurità del parco, verso una costruzione

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bassa e rustica, un poco distante dalla villa di Marzia. Non inten- «Mi avrà messo nei guai. E gli farà piacere. E poi avrà rovi-
de rinunciare sul più bello e scavalca il cancelletto e deve metter- nato tutto e per noi non ci saranno vie d'uscita».
cela tutta perché non può abbandonare il bastone, ma ce la fa. L'uomo non replica e pensa alle obiezioni di Giuliana.
Per non far scricchiolare il ghiaietto del viale, cammina sul Silenzio dentro e fuori. Lo Zoppo, appoggiato al muro di
prato e la punta del bastone affonda nel soffice tappeto d'erba. fianco all'inferriata, respira appena.
Lascia dietro i segni del suo passaggio, ma non se ne preoccupa «Versami da bere». Giuliana gingilla con una bottiglia e due
perché non ha veduto cartelli con scritta: "vietato calpestare i bicchieri, in silenzio. E in silenzio porge il bere verso la poltrona.
prati". Sorseggia e guarda chi le sta di fronte attendendo una decisione.
In passato, la costruzione bassa e rustica era una specie di «Sono certo che aspetterà ancora».
legnaia o un ricovero per attrezzature agricole; ora è un'abita- «Tu non lo conosci: è un mastino che non molla». Ha ragio-
zione con tanto di caminetto in legno e rame, poltrone e tappe- ne.
ti, ripiani in marmo e mobili antichi, vecchie lampade e bottiglie «Allora dagli un poco delle notizie che si aspetta da te».
di vini pregiati. Dalle finestre aperte esce una luce opaca che «Per esempio?».
subito si smorza sull'erba del parco. All'interno, Giuliana è im- «Per esempio hai saputo, da fonte certa, che Luca non ha mai
mobile, in piedi davanti a una poltrona che porge lo schienale acquistato droga». L'uomo ci fa un risolino che vuol dire molto.
alto alla finestra. La ragazza ascolta la voce di un uomo che non O vuol dire tutto, ma non sono in grado di stabilire. «D'altra
mostra il viso. parte, che bisogno aveva di acquistare?». Si ferma e probabil-
Annuisce e segue con attenzione le parole di un discorso mente sorseggia. «Poi gli dirai che sulla piazza c'è molta merce
appena iniziato. e di buona qualità e che, al momento, è difficile morire di droga.
«...e non lasciarti impressionare. Raccontagli che non sei riu- Gli dirai che il laboratorio è in città e che è in grado di soddisfa-
scita a scoprire nulla e resta tranquilla ancora per un paio di re le richieste del mercato senza ricorrere a tagli».
giorni. Prendi tempo. D'altra parte, non può pretendere che tu, «Vorrà sapere dove si trova il laboratorio».
da anni fuori dal giro, riesca a riprendere i contatti in così poco «Gli risponderai che il tuo amico non te l'ha rivelato e che hai
tempo. Non è stupido e lo capirà». speranze di impararlo. Lo terrai buono per qualche altro giorno
Una nuvoletta di fumo azzurro sale dietro lo schienale della e intanto chissà che non succeda qualcosa».
poltrona. «E se proprio non crede, ebbene, faccia come vuole». «Vorrà conoscere il nome del mio informatore».
«Quel maledetto zoppo non scherza! Andrà da Angelo e gli «Glielo dirai».
racconterà... Tu non lo conosci come lo conosco io». «Gli dirò il tuo nome?». L'uomo avrà annuito perché
«Che ci guadagnerà? Lui vuole delle informazioni e le vuole Giuliana, preoccupata, continua: «Ma verrà a cercarti e...».
da te. Non gli sarà di aiuto raccontare ad Angelo la tua storia. «...e non tornerà in città. Avrà così finito di occuparsi di cose
Abbi fiducia, Giuliana». che non lo riguardano». La prospettiva mi piace. Non so allo
«No, ti dico. Parlerà con Angelo e raggiungerà almeno uno Zoppo, ma a me piace. «Non tornerà più in città. Non da solo,
scopo». almeno, né sulla sua ridicola bicicletta». Giuliana si abbassa
«Quale?». verso la poltrona ed è spaventata.

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«Non dirai sul serio?». L'uomo non la rassicura. «Sei pazzo!
Certe cose non si dicono neppure per scherzo».
«Preferisci che rovini la tua vita? Non hai sofferto abbastanza?».
Accarezza il viso della ragazza e conclude: «Non preoccuparti: ora
torna in città. Andrà tutto bene». Giuliana tarda ad annuire; poi si
abbassa ancora e bacia l'uomo nascosto dalla poltrona.
«Ciao babbo. Spero che si risolva... Cercherò di fargli capi-
re... Mi auguro...». Non ha terminato nessuna delle frasi inizia-
te. Si volta ed esce. «Chiamami un taxi». Ed ecco che ora l'uo-
mo si alza, di schiena, posa il bicchiere vuoto sul tavolo e com-
pone, al telefono, il numero di radiotaxi. È Giuseppe Delmastri,
maggiordomo di casa Frabetti, alto, scuro di capelli e di pelle,
baffetti appena accennati, elegante e dignitoso come se stesse
per dichiarare ufficialmente: "Signori, il pranzo è servito".
Giuliana Puletti lo ha chiamato babbo! C'è del buio, del gran
buio attorno. E non solo metaforico.
Il taxi deposita Giuliana davanti al portone di casa e proprio
davanti al portone, Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, la sta
attendendo, le spalle appoggiate allo stipite e seminascosto dalla
gente che passeggia sotto i portici. Le vetrine riverberano attor-
no luci troppo violente in un periodo di crisi energetica, e gli
oggetti e i colori in mostra sono deformati come deformate sono
le ombre e i lineamenti dei passanti proiettati oltre i negozi. Il
profilo ha contorni indecisi e sfumati, sfuggenti come lo sguardo.
«Ti aspettavo. Che novità?». Il tono è duro e Giuliana si
guarda attorno prima di chiedere:
«È proprio necessario che ne parliamo qui, in mezzo alla stra-
da?».
«Vuoi che lo facciamo in casa tua, assieme ad Angelo?».
«Angelo non c'è». Gira la chiave nel portone.
«Il dottore ti lascia sola troppo spesso. Non avrà un'aman-
te?». Giuliana non gli risponde e si avvia all'ascensore. «Ti lascia
sola, di notte poi. È pericoloso». La molla del portone preme e
il rumore del traffico e il brusio dei passanti restano fuori.

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Appena in casa. Giuliana si versa da bere: i protagonisti della
presente storia, tranne lo Zoppo e Sarti Antonio, devono avere
un fegato grosso così. Quando è necessario darsi un contegno,
non trovano di meglio che versarsi da bere.
«Vuoi?». Lo Zoppo nega. «Ho incontrato un amico... Ne
vengo appena». Poli Ugo la interrompe.
«Non perdere tempo a raccontare cose che conosco: Luca
non aveva bisogno di comperare droga, sulla piazza c'è abbon-
danza e tutta di prim'ordine. Che altro? Ah sì: il laboratorio è
qui, in città ed è in grado di soddisfare le richieste». Sorride e la
sfotte. «Ho dimenticato niente?». Giuliana Puletti, immobile,
occhi sbarrati, fissa lo Zoppo e tiene il bicchiere sospeso. «Sì, ho
dimenticato lo zoppo maledetto e il mastino che non molla».
Solleva il bastone e lo punta sul petto della ragazza, all'altezza
della scollatura e direttamente sulla parte nuda. Mormora:
«Non chiamarmi mai più in quel modo». Abbassa di colpo il
bastone, senza prima ritirarlo, e la punta si trascina dietro, strap-
pandola, la camicetta. Sotto non c'è il reggiseno. Il bicchiere
finisce a terra e Giuliana resta immobile. Una sequenza da non
perdere: un seno giovane e tutto da accarezzare, due occhi gran-
di e decisi a non abbassarsi davanti a quelli ironici dello Zoppo.
«Scommettiamo che so dove si trova il laboratorio che produ-
ce eroina pulita? Scommettiamo?». Il bastone abbandona gli abiti
di Giuliana. «Spogliati!». Giuliana nega con un gesto deciso del
capo e continua a sfidare con gli occhi. È deliziosa così immobi-
le, a seno scoperto, lo sguardo duro e le labbra strette fra i denti
per non piangere. Violento, il bastone dello Zoppo la colpisce al
fianco sinistro e la ragazza si piega di lato senza lamentarsi.
«Spogliati, puttana!». Senza annuire e continuando a fissare
lo Zoppo, Giuliana slaccia ciò che è rimasto della camicetta, la
sfila e la lascia cadere sul pavimento; fa scorrere la lampo e la
sottana raggiunge l'altro indumento.
- Mi venga a trovare, signor Poli, mi farà piacere parlare con lei!...
(ho passato una vita in questura e ne ho vedute di porcherie!) - «Ti basta così, maledetto zoppo?». La mano che stringe il
- Lo farò, cavaliere, un giorno o l'altro verrò a trovarvi. bastone trema per l'ira, ma Poli Ugo non colpisce.

249
«Ora togli le mutandine!». Giuliana ha capito come finirà,
eppure sorride e sfila l'ultimo velo.
Lo Zoppo la guarda in silenzio, nuda e bella, poi sottovoce
dice:
«L'eroina si ottiene dalla morfina ed è due volte, forse tre, più
attiva della morfina stessa. La morfina viene utilizzata in terapia
quasi esclusivamente in forma di cloridrato solubile e dal clori-
drato si può ottenere di nuovo, e con un processo inverso e a
basso costo, morfina pura. A Villa dei Gelsi, a quanto ho potu-
to constatare, si curano quasi tutte le malattie con un prodotto
chiamato Cloridrina. Vagoni di Cloridrina che altro non è se
non cloridrato solubile di morfina». Parla e tiene gli occhi fissi
sul bel corpo di Giuliana. «Scommettiamo che so dove si trova
il laboratorio nel quale si trasforma la Cloridrina in morfina
pura al cento per cento. Scommettiamo?». Giuliana non rispon-
de, ma non cede allo sguardo di Poli Ugo. «Sdraiati sul tappeto,
troia!».
Lenta come se la cosa non le dispiacesse, Giuliana si disten- Quando il bastone
de e si lascia guardare. Senza togliere i calzoni, lo Zoppo la è un'arma
costringe sul tappeto con il peso del suo corpo. Di fianco, e a
portata di mano, è posato il bastone. Poli Ugo ha una sua parti-
colare concezione della donna e non si fida della mansuetudine
che dimostra in certe situazioni. Specie quando la si violenta.
Giuliana, immobile, con il capo girato su un fianco, subisce
senza cercare di scrollarsi di dosso il peso assurdo che la oppri-
me e il questurino sospende un istante per guardare la ragazza e
per ansimarle sul viso:
«Sono un porco, vero? E io faccio il porco!». Ha una memo-
ria che non dimentica e non perdona, ma questo non cambia le
cose: è un porco e porco resta.

250
sui quali il buio è assoluto nonostante gli sforzi, i traffici poco
ortodossi e la spola in bicicletta che lo Zoppo continua a fare fra
la città e i suoi dintorni. E non è il solo che si dia da fare: Sarti
Antonio, sergente, lavora allo stesso problema incontrando dif-
ficoltà che lo Zoppo non incontra grazie al suo particolare modo
di pensare, di giudicare il prossimo, se stesso e gli avvenimenti.
In altre parole, Sarti Antonio, sergente, non ha lo spirito caro-
gna del questurino per vocazione e certe azioni, certe difficoltà
e certe idee lo spaventano e per superarle ha bisogno del con-
fronto e del conforto di altre idee. Che sono poi le idee di Rosas.
Ma chi non ha difficoltà in un mondo rovesciato?
Rosas è meglio lasciarlo perdere per un poco. Chiuso in Santa
Caterina diciannove, sdraiato sul lettino e coperto con stracci,
non abbandona la tana per paura che non ve lo facciano più
rientrare. È alla disperazione: togliergli il rifugio è denudarlo e
Da qualche giorno Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, ha ripreso lasciarlo indifeso. In Santa Caterina ha messo radici e non gli
la strada dell'ufficio, ma non quella di casa e alloggia ancora riesce di pensare a una vita vissuta fuori dal numero diciannove.
all'alberghetto di quarta, nei pressi della centrale Indipendenza. Gli ci vorranno anni per abituarsi all'idea e come può Sarti
Non dorme e se ne va in giro per la città ogni notte a rompere Antonio, sergente, supporre che Rosas, tormentato dai suoi pro-
le balle al prossimo e a razzolare nell'immondizia di una città blemi, possa ascoltare i lamenti di altri guai che non siano i suoi
perbene che più perbene non si può. E a forza di razzolare come personali?
una gallina nel letamaio è arrivato allo scandalo dei malati «Come stai?». Non gli giunge risposta. «Ti andrebbe un
immaginari attraverso i quali certi baroni della locale medicina buon caffè?». Come sopra. «Sei malato? Hai la febbre?». Gli si
incassano fior di quattrini dagli istituti pubblici per ricoveri e avvicina e gli tocca la fronte. È fredda. «Va bene: ti preparo
prestazioni mai forniti. Bastasse! I malati immaginari, se ho qualcosa da mangiare».
afferrato il concetto abbozzato dallo Zoppo, servono egregia- Nello sgabuzzino che Rosas ama definire cucina, non c'è
mente per giustificare l'acquisto di vagoni di Cloridrina dalla molto da preparare. Da settimane non entrano vettovaglie fre-
quale, con un processo chimico semplice e poco costoso, il labo- sche e Sarti Antonio riesce appena a mettere assieme quattro
ratorio clinico di Villa dei Gelsi, estrae morfina che poi trasfor- biscotti stantii e un mezzo litro di latte a lunga conservazione.
ma in eroina. Così la sterilizzata clinica prende due piccioni con Forse già scaduto.
una fava. Scalda il latte, ci fa sopra un caffè e accompagna il tutto al let-
Ovvero: come ti organizzo la truffa in catena di montaggio. tino dell'infermo.
Tutto bene, ma chi ha ucciso Luca Pomelli Parmeggiani e il suo «Ecco, scaldati lo stomaco». Rosas, miope come una talpa e
amico Mario Burazzi? E soprattutto: perché? Son questi i punti senza gli occhiali sul naso, siede, straccetto fra gli straccetti del

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letto, e inzuppa i biscotti. Arriva a ringraziare e Sarti Antonio, L'interlocutore che sceglie, non è il più adatto.
sergente, approfitta della situazione favorevole. «Mario Burazzi e Luca Pomelli Parmeggiani si erano cono-
«Mario Burazzi; ti dice nulla questo nome?». Rosas alza il sciuti alla clinica Villa dei Gelsi dove sia l'uno che l'altro erano
viso dalla tazza e guarda il questurino con occhi socchiusi. Dice: stati ricoverati. Alla clinica hanno incontrato una certa Flora
«Domattina torneranno i vigili con l'ordinanza di sfratto. Ho Stinti e una Cosetta Giunchi che hanno frequentato anche
mandato ad avvertire gli altri perché tornino ad occupare lo sta- dopo, per un certo tempo, dimessi dalla clinica. Ti dice nien-
bile, ma non so se hanno ricevuto la notizia o se avranno voglia te?». Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, alza le spalle e, conti-
di intervenire. I tempi sono cambiati». nuando a protocollare, chiede:
«Sto impazzendo dietro un tale di nome Mario Burazzi. «Dovrebbe?».
Forse se ti racconto a che punto sono con le ricerche, mi potrai «Non so. A te capitano fra le mani i rapporti di tutta la que-
dare una mano». stura e mi chiedo se... La clinica è una specie di consorzio fra
«E se sono occupati in altre occupazioni abusive?». I due baroni della medicina locale. C'è immischiato anche il dottor
viaggiano su binari paralleli e non si incontreranno mai. Angelo Pomelli Parmeggiani, il padre di Luca. Il direttore sani-
«La prima cosa che mi ha dato da pensare è che nessuno dei tario è quel tal professor Eliusi che fa il bello e il cattivo tempo
due, né Mario né Luca, ha mai usato droga, eppure entrambi all'università». Un'altra alzata di spalle e Sarti Antonio è tenta-
sono morti per una dose tagliata». to, ci scommetto, di lasciare il discorso per tornare alla ventotto
«Dove dormirò domani notte? Perché vogliono la mia casa? a sfogarsi con Felice Cantoni, agente. Ma non cede: prende una
Restaurino, ristrutturino quello che vogliono, ma non mi metta- sedia e la posa davanti alla scrivania dello Zoppo; siede, toglie di
no fuori di casa. Fuori da questa casa». Sarti Antonio, sergente, sotto le mani del titolare il registro in modo che s'intenda bene
cede la sua parte e dice: che è intenzionato a continuare il discorso: «A Villa dei Gelsi
«Ti troverò una sistemazione provvisoria». succedono cose strane. Per esempio sono ricoverati dei malati
«Non voglio una sistemazione provvisoria! Voglio questa casa!». che non sono ricoverati». Mi fa piacere che Sarti Antonio, ser-
«Domani hai detto? Non preoccuparti: vedrò che posso fare gente, andando avanti da solo e tranquillamente, sia arrivato a
per te». un buon punto. Ci ha messo più tempo dello Zoppo, ma è arri-
Raccoglie la tazza che Rosas ha vuotato e posato sul pavimen- vato e ha dato così una ridimensionata a Poli Ugo, vice ispetto-
to umido, a fianco del letto, e la porta in cucina. re aggiunto, che si ritiene il meglio fra i funzionari e i dipenden-
«Vedrò. Ora stai calmo e vedi di aiutarmi». Tutto inutile: ti della questura. Chissà che, fra un paio di giorni, Sarti Antonio,
Rosas si è di nuovo raggomitolato sul lettino, si è coperto con gli sergente, non arrivi alla Cloridrina.
stracci e ha chiuso con il cattivo mondo che lo circonda e lo mal- Lo Zoppo inizia l'opera di smontaggio e demolizione.
tratta. «Chi te l'ha detto?».
Il questurino ha capito e rinuncia. Se ne va e si occuperà di «Indagini. Mi sono formato l'idea che la clinica sia la chiave
certo del problema che ha distrutto Rosas, ma lo farà appena delle due morti».
avrà trovato chi sia disposto ad occuparsi del problema che ha «Figurati! Stai parlando di gente che non si sputtana per due
distrutto lui. dosi di eroina. Figurati!».

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«Non per due dosi, per un traffico di malati inesistenti. pezzetto di formaggio e un'insalata. Il formaggio sa di sapone e
Mettiamo che...». Lo Zoppo riprende il registro, ci si applica e l'insalata di olio rancido e troppo aceto per togliere il sapore
dice: sgradevole. Ordina una mela e un bicchiere di minerale. Rientra
«Se fossi al posto tuo, lascerei perdere la clinica. Intoccabili, in albergo e si sdraia, vestito sul letto a fissare il soffitto. Si fa
caro mio. Intoccabili». buio e dalla finestra entra il chiarore riflesso dalle lampade stra-
«Forse hai ragione». Dopo una pausa: «Come sta il mercato dali e il rumore del traffico. Più tardi, quando non c'è più sosta
nel passaggio dei veicoli e dalla finestra entra anche il cattivo
della droga?».
odore dei gas di scarico, lo Zoppo passa al massaggio della
«In che senso?».
gamba destra; un lungo e meditato massaggio eseguito da sopra
«Tira? C'è disponibilità? Ci sono tagli pericolosi in circola-
il calzone. Poi si stira, si spoglia e va a fare una doccia.
zione?».
L'ora è buona e non trova altri frequentatori e se la cava in
«Rivolgiti alla narcotici». Non è giorno fortunato per Sarti
dieci minuti.
Antonio, sergente. Si alza e dice:
«Sempre disponibile, tu, a dare una mano. Chissà che un
Il fanale manda una luce più o meno intensa, a seconda della
giorno non ti serva un mio consiglio, un mio aiuto».
pedalata più o meno rapida, e quando non ci sono più lampio-
«Non ci contare». ni nella strada, resta il chiarore prodotto dalla dinamo a illumi-
«Crepa». Se ne va e vorrei raggiungerlo per stringergli la nare l'asfalto: davanti pallido per via della salita e dietro rosso a
mano, dirgli che sta sulla giusta via e suggerirgli un paio di idee segnalare la presenza della bicicletta agli automobilisti.
che mi sono venute da Poli Ugo. Non lo faccio perché non sareb- Nel parcheggio davanti a Villa dei Gelsi sono rimaste poche
be onesto. Fra un anno, fra due, magari, arriverà dov'è arrivato vetture e Poli Ugo assicura la bici al solito paletto della segnale-
lo Zoppo e allo Zoppo la cosa stringe, stringe parecchio. tica stradale. Prosegue a piedi sulla via, non più asfaltata, e si
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, fissa la porta dalla quale è ferma davanti alla recinzione di confine fra il parco della clinica
appena uscito Sarti Antonio, sergente, e, dopo un attimo, scuo- e il parco della villa privata che si intravede, fra gli alberi, dalla
te il capo e borbotta: finestra della cameretta che ospitò, in vita, Luca e Mario.
«Non ci arriverà, non ci arriverà mai». I due cani neri, custodi della privata proprietà, sentono
«Ma non ne sei certo». immediatamente la presenza ostile e, silenziosi, si presentano
«Figurati. È un ritardato mentale: non può arrivarci». all'appuntamento. Non abbaiano neppure quando lo Zoppo,
«È parecchio avanti». scavalcata alla meglio la recinzione, si lascia cadere all'interno
«È arrivato dove sarebbe arrivato anche un bambino con un del parco di Villa dei Gelsi: l'intruso non è ancora nella loro giu-
minimo d'iniziativa. Di là ai mandanti e agli esecutori, c'è un risdizione e si limitano a seguire i passi, loro da una parte e lo
abisso, o una montagna». Zoppo dall'altra della rete metallica. Nei pressi del cancelletto
«Che neppure tu riesci a superare». di comunicazione fra i due parchi, lo Zoppo siede dietro il tron-
«Non è detto. Chissà, chissà». Riprende a segnar numeri sul co di un antico platano, a vista del vialetto che collega la clinica
registro e a picchiar timbri sulle pratiche. con la villa privata.
A sera, chiuso l'ufficio, si ferma al self service per il solito
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Non passa molto tempo e un uomo, proveniente dalle luci di ormai che aspettiamo che lei si faccia vivo e ci dica il prezzo.
Villa dei Gelsi, si avvicina; ha nella destra una valigia e, arrivato Quanto? E facciamola finita. Possiamo pagare».
al cancelletto di comunicazione fra i due parchi, lo apre ed entra «Lo so».
nella proprietà privata. Subito i cani gli si avvicinano e gli fanno «Quanto?». Lo Zoppo non risponde. «Quanto? Non ho
festa con guaiti e scodinzolamenti, ma subito s'immobilizzano e molto tempo da perdere».
puntano, non appena lo Zoppo si avvicina, se pure non di «È vero: il tempo è denaro e nel sotterraneo della villa, il labo-
molto. ratorio sta aspettando la Cloridrina da trasformare in morfina».
«Professor Eliusi». Il professore non aspetta visite, è sorpre- «Non serve che lei mi dimostri di essere al corrente».
so e spaventato. Grida: «Quanto?».
«Via!».
«Chi è?». Lo Zoppo rimane a distanza, nell'ombra e immobi-
«Che significa?». Lo Zoppo ripete e la sua voce è decisa:
le. Ha il bastone dietro la schiena.
«Ho detto via! Che io non ti veda più, figlio di puttana!».
«Non è importante. Sono venuto per la valigia. Consegnate-
Il professor Eliusi si china per raccogliere la valigia. «No,
mela!». questa notte non si lavora. Puoi mandare a dormire i chimici del
«Nemmeno per sogno. Chi è lei e che vuole?». Tiene la sini- laboratorio. Lascia la valigia dov'è e vattene in fretta, traffican-
stra sul cancelletto, non ancora chiuso e di colpo lo spalanca e te! Senza voltarti indietro». Eliusi non se lo fa ripetere e corre
aizza i cani. verso la villa. Lo Zoppo si avvicina alla valigia, l'apre e sparge
Dei due, il primo che si avventa su Poli Ugo non arriva a attorno i flaconi di Cloridrina e li calpesta e li colpisce con il
destinazione e termina il balzo a mezz'aria per cadere sull'erba bastone. Quando se ne va, sull'erba restano una nevicata di
con il cranio fracassato. Il secondo fa la stessa fine. I due anima- medicinali, i corpi dei due cani e il sangue rosso e grigio a mac-
li scuotono i sussulti degli ultimi muscoli fra l'erba insanguina- chiare il verde pulito.
ta. Senza un guaito, da cani ben educati. Passando a fianco, colpisce ancora, con un calcio questa
«E ora la valigia. Posatela a terra». Il professor Eliusi obbedi- volta, uno dei due corpi.
sce e lo Zoppo chiede: «Cosa contiene?».
«Medicinali: nulla che abbia valore. Un furto e una crudeltà Spostarsi per la città in bicicletta non è né comodo né veloce
inutili». e ci si mette il tempo che ci si mette per arrivare da Villa dei
«Cloridrina?». Eliusi risponde dopo un attimo di esitazione. Gelsi alla villa di Marzia Frabetti. Lo Zoppo suona il campanel-
«Sì, Cloridrina». lo e mezzanotte è passata da un poco.
«E perché mai serve tanta Cloridrina in quella villa privata? Giuseppe tarda ad aprire; probabilmente era a letto.
Ci sono malati?». Eliusi ha capito dove vuol arrivare quel tipo «Buongiorno Giuseppe. Disturbo? La signora è in casa?».
nascosto nell'ombra e gioca scoperto. Spalanca la porta ed entra prima che il maggiordomo, spinto
«Va bene, ho capito. Lei è quel tale che ci sta ricattando». Fa da parte, possa reagire. Né lo può dopo, che lo Zoppo lo tiene
un passo verso lo Zoppo. a bada minacciandolo con il bastone. «Non fare l'idiota e chia-
«Fermo lì». ma la signora, se non vuoi fare la fine dei due cani».
«Non mi muovo. Mi dica solo che vuole. È molto tempo
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Marzia Frabetti indossa una elegante vestaglia, è preoccupa- Marzia slaccia la vestaglia e la lascia cadere sul pavimento, si
ta e, pure nell'ansia, continua ad essere insignificante: il viso pal- sdraia sul divano e dice:
lido e senza trucco e i capelli castani ne fanno una dignitosa «Preferisco... scopare, come dici tu, in penombra».
madre di famiglia in attesa di brutte notizie. Prima che lei possa Abitudine comune alle oneste madri di famiglia.
parlare, lo Zoppo le dice: Una cosa veloce, inutile, fatta più per rabbia che per deside-
«Manda a letto il bastardo!». Indica, con il bastone, rio e che Marzia subisce senza un gesto o una parola di parteci-
Giuseppe Delmastri, maggiordomo, cameriere particolare e pazione e quando lo Zoppo accende la luce, la donna è già in
padre, chissà perché, di una ragazza che si chiama Giuliana piedi e coperta dalla vestaglia.
Puletti, amante del marito della padrona di casa. «Mandalo a «Comincio a capire tuo marito».
letto: ho da parlarti di cose importanti e non desidero che ascol- «Cioè?».
ti». Marzia annuisce al maggiordomo che lascia il salotto. Lo «Cioè. Sei una cosa, te ne stai a subire e non dai segno di vita.
Zoppo, dalla porta, lo segue con lo sguardo fino a che sparisce Che accidenti hai fra le gambe?». Marzia non si offende; torna
lontano, in fondo al corridoio. Spegne la luce del corridoio, a versarsi da bere. «Ti sei agitata un poco, qualche volta? Hai
mai vissuto mentre ti sbattevano? Sai che si può anche gode-
rientra in salotto e chiude la porta. ,
re?».
Marzia, tanto per cambiare, si versa un bicchiere di whisky,
«Se sei qui per una lezione sulla scopata, arrivi tardi. La pros-
di quello buono e, prima di bere, guarda lo Zoppo e dice:
sima volta cercherò di partecipare».
«Certo che i tuoi modi... Se io ti piombassi a casa a mezza-
«Non ci sarà prossima volta. Almeno per quanto mi riguarda».
notte passata da un paio d'ore...».
«Sono lieta di saperlo». Lo Zoppo alza il tono.
«Non vedo perché tu dovresti piombare a casa mia: non sono
«Sono arrivato alla fine dei vostri luridi intrallazzi di droga,
implicato in una storia di ricatti e di morti». Indica la porta dalla
ricatto, omicidio». Marzia sorride e gli si avvicina per dire:
quale è uscito il maggiordomo. «E ci sei implicata quanto lui». «E a che ti servirà? Tu non hai mai avuto l'incarico di condur-
Si avvicina a Marzia e cambia tono. «Stavi dormendo?». re le indagini per la morte di Luca! Tu sei un archivista che
«No, leggevo». gioca all'investigatore e se mi presentassi ai tuoi superiori a rac-
«A letto?». Marzia annuisce. «Da sola?». contare quello che hai fatto, per te sarebbe la fine. Abuso di
«Da sola». potere, interesse privato in atti d'ufficio, divulgazione di segreti
«Non ti pesa? Senti mai il bisogno di un uomo?». Senza d'ufficio... Continuo?».
rispondere, Marzia vuota di colpo il bicchiere. Poi chiede: Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, ci rimane male. Stringe il
«Sei qui per far l'amore?». bastone nella destra, tanto che la mano gli trema. Si rilassa e
«Far l'amore? Che significa? Se vuoi dire scopare, sono qui chiede:
anche per scopare». Marzia posa il bicchiere e, sempre guardan- «Come lo sai?».
do in viso Poli Ugo, va a spegnere la luce. Il buio del salone, «Importa?». Lo Zoppo nega con un gesto del capo. «Ma poi-
dopo un attimo, è attutito dalla chiara luminosità di un bel cielo ché a una conclusione, bene o male, ci sei arrivato, mi piacereb-
stellato che entra dalla vetrata, sul parco. be conoscerla».

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«Non la conoscerai». mi occupo di cose che non mi competono? Perché nessuno, in
«Che vuoi in cambio? Soldi? È per soldi che ti sei messo in questura, è in grado di fare meglio di me, anche se il sottoscrit-
caccia? O per scopare?». È chiaro che Marzia non ha capito to ha una gamba massacrata. E loro me l'hanno ridotta così,
molto di Poli Ugo, ma non me ne meraviglio. capito?». Scuote la donna per le spalle e le scompone i capelli e
«Per scopare te? No». l'abito.
«Allora ti pago. Mi dai il nome di chi ha ucciso Luca e io te Quando la lascia, Marzia finisce contro la parete, confusa.
lo pago. Tutto quello che vuoi». «Ti prego, dimmi chi lo ha ucciso. Chi ha ucciso il mio
«Ora me ne vado». Marzia getta a terra il bicchiere, corre alla Luca».
porta e vi si appoggia con la schiena. Grida: «Chiedilo ai tuoi amici altolocati della questura». Stringe
«Non uscirai se prima non mi avrai detto il nome! Non usci- nella sinistra la maniglia della porta. Marzia lo trattiene per le
rai vivo». Stringe nella destra una ridicola pistola che assomiglia spalle.
a un giocattolo e che teneva nella tasca della vestaglia. La punta «Ti prego... Io... Io sono disposta a...». Lo Zoppo le sorride.
al petto di Poli Ugo e non scherza. «Troppo comodo. Mi sono «A fare che? Non hai molto da offrire tu». Marzia abbandona
prostituita, ti ho permesso ciò che non avevo permesso neppu- il tono sottomesso, costringe Poli Ugo a voltarsi verso di lei e dice:
re... Troppo comodo. Ora voglio il nome!». Una scena da melo- «Io so che mi hanno ammazzato Luca per dimostrare che
dramma che fa sorridere Poli Ugo, vice ispettore aggiunto. non si fermano e che sono disposti a tutto. Hanno ucciso Luca
«Va bene». Lo Zoppo si sistema con la schiena contro una per costringerci a pagare il prezzo del loro silenzio. Hanno
poltrona e respira a fondo come se volesse prendere fiato prima ammazzato mio figlio mentre i guadagni della droga se li sparti-
di cominciare un discorso che sarà lungo e complicato. E appe- scono loro: Angelo, Eliusi e gli altri famosi e illustri titolari di
na la mano di Marzia si rilassa, un veloce colpo di bastone fa Villa dei Gelsi. Ma Luca era mio, capito? Sono io che ci ho
volare la ridicola pistola contro la parete, lontano dai due. rimesso il figlio! E loro? Ho atteso che si facessero vivi, che
Marzia la guarda rotolare sul pavimento. Ha la destra aperta e chiedessero una somma e che decidessero come e dove conse-
irrigidita per il dolore del colpo. gnarla. Sarei andata io, di persona e li avrei ammazzati. Ora tu
«Figuriamoci! Togliti dai piedi e lasciami passare. Figuriamo- mi devi dire il nome di chi ha ucciso mio figlio, se è vero che ne
ci!». Marzia si sposta e lascia libera la porta. Dice sottovoce: sei al corrente».
«Non te la caverai. Giuro che...». Adesso lo Zoppo le mette Lo Zoppo si toglie di dosso le mani della donna e torna in
le mani addosso. mezzo alla sala.
«Cosa giuri! Non c'è una sola persona che possa infastidire «Se è vero che ne sono al corrente? Ne dubiti? Siedi».
Poli Ugo. Non una, capito? Io ho qui, in testa, vita, morte e Marzia ubbidisce e si rilassa in poltrona. Lo Zoppo le sta in
miracoli di tutti i funzionari della questura; ho schedato i loro piedi davanti.
insuccessi, i loro errori, le loro corruzioni... Ho archiviato le «Luca è stato ucciso da uno che lo conosceva molto bene,
insabbiature e gli scandali che tutti, capiscimi bene!, tutti hanno poteva avvicinarlo senza problemi e sapeva dei traffici di Villa
cercato di mettere a tacere. Se io parlassi, salterebbe la città. E dei Gelsi. Costui è salito una domenica mattina nell'apparta-
tu minacci, piccola massaia insignificante? Vuoi sapere perché mento di Luca, gli ha offerto un bicchierino di Long John dro-

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gato e poi, appena Luca ha perduto coscienza, gli ha iniettato
una dose mortale di droga. Dopo ha avuto il tempo necessario
per togliere ogni segno del proprio passaggio, asportando perfi-
no il tappeto sul quale evidentemente erano rimaste tracce che
avrebbero condotto a lui. Poi, con lo stesso sistema, è andato ad
uccidere Mario Burazzi, al corrente della visita che l'assassino
aveva fatto a Luca».
«Chi?».
«Giuseppe Delmastri, il tuo impeccabile maggiordomo, quel-
la domenica si recò, come sempre, da Luca; lui era al corrente
dei traffici di droga, lui...». Non continua perché la porta si spa-
lanca ed è proprio Giuseppe Delmastri che entra nella sala. Ed
è imbestialito. Ha lasciato fuori dalla porta il comportamento da
perfetto maggiordomo e grida:
«È falso! È falso! E tu lo sai, bestia, che io non ho ucciso
Luca!». Si avventa sullo Zoppo, ma è fermato dalla punta del
bastone che gli si conficca nello stomaco.
«Per la verità, io alludevo a tua figlia Giuliana. A proposito,
perché si chiama Puletti? Bene, me lo spiegherai. Alludevo a
Giuliana perché gli abiti di Luca, sparsi per il salotto, fanno
pensare a una certa fretta di spogliarsi. Fretta dovuta, quasi sem-
pre, al desiderio di scopare subito, magari sdraiati sul tappeto.
Si giustificherebbe così anche la sua sparizione, vero Giuseppe?
Sul tappeto la scientifica avrebbe potuto trovare tracce di orga-
smo, peli di donna e chissà che altro e sarebbe arrivata a
Giuliana in un baleno. Mi sono sbagliato?».
La botta ricevuta nello stomaco ha calmato, per il momento,
Giuseppe Delmastri che si rivolge a Marzia:
«Non lo stia a sentire, signora. Né io né Giuliana avremmo
mai potuto... Non lo stia a sentire, per favore».
Lo Zoppo gli grida:
«Sta' zitto!». A Marzia. «Sapevi che Giuliana Puletti, l'aman-
te di tuo marito, è figlia di costui?». Marzia fa segno di no con
il capo. Le cose si sono svolte con tale rapidità che non ha anco-

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ra la forza di reagire. Ha solo bisogno di ragionare e si prende
la testa fra le mani. «Ti ha tolto prima il marito e poi il figlio.
Giuliana Puletti. Certo non poteva presentarsi ad Angelo come
Giuliana Delmastri, figlia del maggiordomo di casa Pomelli
Parmeggiani. Angelo ci avrebbe riso sopra: non è fine scegliersi
per amante la figlia del proprio maggiordomo e Angelo è uno
che alle apparenze ci tiene».
Giuseppe è disperato e il suo dolore sincero. Continua a ripe-
tere: «Bugie, bugie... Né io né Giuliana... Assurdo. Signora, la
prego, non dia ascolto. Io qui ho la casa, la famiglia... Come
potrei? Da quanti anni sono con lei, signora?». Per superare la
disperazione del maggiordomo, lo Zoppo è costretto a parlare a
voce alta:
«Voglio sapere, Marzia, come sei venuta a conoscenza che
Luca è stato ucciso come prima mossa di ricatto. Vediamo di
sistemare definitivamente Giuseppe». Marzia si alza, va a un
cassetto del mobile bar e ne toglie un pacco di lettere e tele-
grammi. Li sfoglia davanti a Poli Ugo dicendo:
«Sono arrivati per la morte di Luca: condoglianze, partecipa-
zioni di dolore, attestati... E questo...». Porge una busta che
contiene un bigliettino scritto a macchina: "Come si sta con un
figlio morto per droga? Dovete pagare. Pagherete tutti!".
Naturalmente manca il mittente. Lo Zoppo lo legge più di una
volta, ci pensa su e poi restituisce il biglietto. Sorride e ringrazia
con un gesto del capo. Poi, senza parlare, si dirige alla porta.
Marzia e Giuseppe lo guardano zoppicare fuori dal salone. È nel
corridoio e sente l'ultima frase di Giuseppe:
«Ma le pare, signora, le pare che io avrei offerto al signorino
Luca un bicchiere di Long John? So perfettamente che il signo-
rino Luca non ha mai sopportato quella marca di whisky. Lo so
da anni».
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, esce dal canceletto e spin-
ge la bici a mano scendendo in città a piedi, anche se la via è in
- Cosa giuri? Non c'è una sola persona che possa infastidire Poli Ugo.
Non una, capito? discesa.

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Ha lasciato due individui assieme, a rodersi con i loro sospet-
ti e dio sa che ne verrà fuori.
Se le cose non stanno come lo Zoppo le ha prospettate, quel-
lo che ha fatto e detto è una vigliaccata. Ma alle vigliaccate di
Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, io ci sono ormai abituato.
Certo, le probabilità che sia andata come ha raccontato, ci
sono e ora, a mente calda, i tasselli sono al posto giusto. Ma può
essere che, ritornando sui particolari con calma, si trovino delle
forzature; ma i due, Marzia e Giuseppe, chiusi nel salone della
villa, avranno la calma necessaria per ragionarci su? Sul pavi-
mento, in un angolo, c'è sempre la ridicola pistola di Marzia.
Ridicola fin che si vuole, ma capace di sparare e di uccidere.
Magari un innocente. Una carognata, proprio!

Un individuo
pericoloso

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mente!, a chi deve tornare. Avete presente il medioevo? Poi un
bello spirito vieterà il traffico ai veicoli, consentendo il passag-
gio solo di quelli che porteranno le mercanzie. Avete presente il
medioevo?
Intanto i giovani non procedono di un passo e lo sbarramen-
to di polizia ha buon gioco nelle stradine strette dove basta una
camionetta sistemata di traverso, per bloccare il passaggio anche
ai pedoni. E non mi vengano a parlare dei larghissimi boulevard
parigini: Napoleone terzo non valeva neppure un terzo dei
nostri architetti.
Al di là degli sbarramenti di polizia, le strade sono deserte.
Solamente davanti al numero diciannove di Santa Caterina c'è
movimento e un tranquillo andare e venire di facchini che cari-
cano su autocarri comunali i quattro mobili scassati che costitui-
scono l'arredamento della tana di Rosas. Ai lati della porta, sotto
La mattinata è di quelle storiche, da non perdere: le Autorità il porticato, alcuni vigili urbani vigilano affinché lo sfratto si
costituite cacceranno Rosas dalla tana di Santa Caterina, dove il svolga nei termini previsti dalla legge. Hanno il volto serio e
talpone aveva messo radici. I giovani del CAS, Comitato compunto delle grandi occasioni.
Antisfratto, si sono dati tre obiettivi: primo, evitare lo sfratto; Come quando partecipano a un corteo.
secondo, dare una dimostrazione di forza all'intera città e, terzo, L'ultima sedia raggiunge le altre, sul veicolo, e il capo dei fac-
infliggere un duro colpo alla speculazione edilizia. E per comin- chini si rivolge al più anziano dei vigili urbani presenti, che è poi
ciare sono partiti con il piede sbagliato perché quando arrivano, il più alto in grado. Per via della carriera aperta.
con striscioni e cartelli, le strade di accesso a via Santa Caterina «Noi abbiamo finito. Là dentro c'è rimasta solo la polvere».
sono bloccate da schieramenti di polizia e il corteo dei dimo- «E l'inquilino?».
stranti non è in grado di raggiungere l'obiettivo della dimostra- «C'è rimasta la polvere e l'inquilino, ma quello non è compi-
zione. Si sono lasciati imbottigliare prima di arrivare alla tana di to nostro. I mobili ce li siamo caricati sulle spalle; l'inquilino
Rosas e i signori della speculazione edilizia, questa volta, non non è un mobile». Fa cenno ai soci e, assieme, salgono sull'au-
correranno rischi. Ogni giorno di ritardo all'inizio dei lavori tocarro, chi in cabina e chi sul cassone coperto dal telo, fra le
sono soldi che se ne vanno in fumo e un Rosas qualsiasi non può masserizie di Rosas.
permettersi il lusso di fermare il progresso. Ma chi crede di esse- Il più anziano dei vigili urbani presenti guarda i colleghi e
re? decide:
I giovani del CAS sfogano la loro impossibilità insultando le «Andiamo, tocca a noi». E s'incamminano, l'uno dietro l'al-
forze dell'ordine, il sindaco e i grossi imprenditori edili immi- tro, in fila come i sette nani. Ma sono vestiti di nero, come i bec-
schiati nella speculazione del centro storico che tornerà, final- chini e non sono sette.

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Rispuntano dal buio del portone e quattro di loro sostengo- «Perché no?». Richiude gli occhi. «Che t'importa, maledetto
no a braccia un Rosas inerte come un corpo morto da poco. spione?».
Sostano, gravati dal peso, sotto il porticato, si guardano attorno «Spione?».
e cercano un luogo dove depositare lo sfrattato per legge. Ed è «Spione, sì. Solo tu eri al corrente che quelli del Comitato
al superiore che spetta, al solito, di prendere le decisioni più Antisfratto sarebbero venuti qui a darmi una mano, stamattina.
importanti. Io stesso te lo avevo detto». Sarti Antonio, sergente, si china su
«Posatelo là e quando sarà stanco se ne andrà con le sue Rosas e prova a sollevarlo di peso. Intanto dice:
gambe». Lo posano, delicatamente, con la schiena contro una «Non raccontar cazzate. Io ho saputo dell'intervento della
colonna del portico, lo guardano per un attimo e poi si allonta- polizia solo quando la centrale ha comunicato che l'operazione
nano. L'automobile nera e lucida, con lo stemma comunale di sfratto si era felicemente conclusa e ha richiamato in sede le
tatuato sulla portiera anteriore, li attende poco lontano e anche forze operative. Non raccontar cazzate e alzati».
per oggi essi hanno compiuto il loro dovere. «Lasciami in pace. Se le forze operative sono rientrate in
Passa il tempo, i giovani del CAS si stancano, alcuni di loro sede, tu che ci fai qui? Lasciami in pace, spione».
hanno di meglio da fare, e si allontanano a gruppi e i loro slogan «Fa' come ti pare, ma questa notte farà freddo». Rinuncia a
si confondono e si perdono in lontananza con il rumore del traf- sollevarlo, lo guarda un attimo e si allontana.
fico. E se ne vanno anche le squadre di polizia. Arrivano i mura-
tori, arrivano le macchine di cantiere e arriva il geometra a pren- L'orario d'ufficio è passato e Poli Ugo, vice ispettore aggiun-
dere possesso del fabbricato da ristrutturare. Due milioni e to, seduto al tavolo, ha davanti il fascicolo Luca Pomelli
passa al metro quadrato. Parmeggiani, aperto alla pagina uno. Legge e rilegge i dati della
Rosas, inerte contro la colonna, li guarda sfilare ed entrare al scientifica e, per quel poco che possono essere utili, le notizie
numero diciannove di Santa Caterina. Al primo colpo di picco- scovate da Sarti Antonio, sergente. Sono arrivato al momento
ne ha un sussulto, poi torna immobile. Ha sul naso gli occhiali giusto, ma lo Zoppo non parlerà, se non ragionerà a voce alta,
dalle spesse lenti, ma non gli servono per mettere a fuoco per- sono fregato e il mio arrivo sarà inutile.
ché mantiene gli occhi chiusi. Non vuole vedere. Arriva anche «Non è ancora finita? Non sei al traguardo? Mi pareva che
Sarti Antonio, sergente, si china su Rosas, si rialza e si guarda stanotte, alla villa di Marzia...».
attorno. Nessuno. Scuote il capo e dice: «Pareva anche a me, poi Marzia mi ha mostrato il biglietto».
«Andiamo». Senza aprire gli occhi, Rosas chiede, e la sua «Ha cambiato le carte in tavola?».
voce è bassa e triste: «Ha cambiato, ha cambiato». Torna all'inizio del fascicolo,
«Dove?». indica lo scritto e dice: «Nell'appartamento di Luca sono state
«Per il momento in albergo e poi si vedrà». Per la prima volta trovate due siringhe. Perché? La risposta più logica è: perché i
da quando lo hanno deposto sotto il porticato, Rosas apre gli presenti erano due. Una siringa è stata ritrovata piena di acqua
occhi e chiede, spaventato: distillata e aveva le impronte di Luca. Altra risposta logica è che
«In albergo? Tu sei matto». uno dei due non voleva drogarsi, ma solo dare l'idea che lo
«Non vorrai restare qui tutta la notte». avrebbe fatto. Le impronte di Luca sulla siringa piena dimostra-

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no che Luca ha maneggiato quella siringa. Poi alcune incon- «È tutto?».
gruenze: non si sono trovati, sul posto, gli oggetti d'uso come «No, non è tutto. Ci sono ancora un tappeto pregiato spari-
laccio emostatico, fornellino o fiammiferi, cucchiaino... O la to, un salotto troppo pulito e in ordine rispetto al resto dell'ap-
dose è arrivata da Luca già preparata oppure gli oggetti sono partamento, ci sono abiti gettati sul pavimento, un posacenere
stati asportati in seguito. La siringa ritrovata piena di acqua lavato e immacolato... e Luca fumava. E poi ci sono solo due
distillata era priva di ago e questo può significare che l'ago è bicchieri lavati, fra i tanti, unici senza impronte».
stato messo in vena, nella vena dell'omicida che poi lo ha aspor- Lo Zoppo si sta ripetendo. Infatti per alcune delle osservazio-
tato perché non rivelasse alla scientifica le caratteristiche del ni appena esposte, lo stesso Poli Ugo ha fornito spiegazione in
sangue. Ma perché infiggersi un ago? Anzi: perché farsi infigge- casa di Marzia. E ha detto: il tappeto è stato distrutto perché
re da Luca un ago nelle vene se non per convincere con l'esem- non rivelasse alla scientifica peli, capelli, segni di orgasmo, san-
pio a drogarsi? Come dire: "guarda, non è nulla. Io lo faccio per gue. Il salotto troppo in ordine non era un problema perché
primo"». Poli Ugo si ferma e temo che ricomincerà a ragionare poteva significare che qualcuno, dopo l'omicidio, avrebbe
solo con la mente. Visto che mi è andata bene, vorrei che conti- rimesso le cose a posto per togliere indizi. Gli abiti? Lo Zoppo
nuasse. ha spiegato che si lasciano cadere dove capita quando si ha fret-
Oggi sono fortunato e lo Zoppo, scorse alcune righe, ripren- ta di toglierli di dosso. Per esempio, quando si è lì lì per fare l'a-
de: «Luca adorava il whisky, ma non tutte le marche. Il Long more.
John, per esempio, non l'avrebbe mai bevuto. Eppure nel suo Poi, un posacenere e due bicchieri senza impronte rafforza-
appartamento si trova il tappo di una bottiglia di Long John, ma no l'ipotesi della pulizia eseguita dall'assassino, dopo. Mi pare
non si trova la bottiglia. L'ipotesi è: chi gli ha offerto da bere non che tutto quadri perfettamente e non trovo sbavature. Ma lo
è intenditore e non conosceva i gusti del giovane in fatto di whi- Zoppo ha seguito le mie ipotesi e le completa: è la prima volta
sky. Il che esclude un bel po' di gente. Inoltre, chi ha portato la che accade e dovrò tenerne conto nel giudicare, in futuro, il
bottiglia, se l'è ripresa andandosene. Ma perché portare una comportamento di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto.
bottiglia in una casa dove, di bottiglie, ce ne sono già tante? «La perfetta pulizia eseguita nell'appartamento significa che
Deve trattarsi di whisky speciale, preparato appositamente; l'assassino è persona fredda e calcolatrice ed esperta. Ma c'è
un whisky drogato che, una volta bevuto da Luca, consentirà un'altra cosa che è sfuggita ai superficiali». In questa occasione,
all'assassino di lavorare attorno al braccio del giovane con calma è evidente, il superficiale è il sottoscritto. Ma anche Sarti
e senza problemi». Questa non passa. Antonio, sergente, e i vari agenti della scientifica che hanno pas-
«Luca non avrebbe mai bevuto un Long John. Lo hai detto sato al vaglio l'appartamento di Luca. «Perché l'assassino avreb-
tu e lo ha detto Marzia». be pulito i due bicchieri e non solo quello toccato da lui?».
«Vero, a meno che Luca, rifiutando il whisky, non temesse di Osservazione ridicola. Ci sono almeno due evidenti motivi: l'as-
offendere chi glielo aveva offerto. Il che significa che teneva in sassino ha toccato entrambi i bicchieri oppure non ricordava
modo particolare alla persona che gli era entrata in casa». Più più quale dei due era stato toccato da Luca. Osservazione ridi-
che giusto, ma ancora non capisco dove portino i ragionamenti cola! Ma non azzardo. Con lo Zoppo è bene restare sempre
di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto. sulla difensiva, e lasciare che sia lui a condurre il discorso. O si

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rischia di restare senza il seguito. «Oltre alle ipotesi che posso- Suona il campanello e Gandusio Stinti viene ad aprire la
no venire in mente anche agli sciocchi, ce n'è un'altra ed è la più porta. Sorride cordialmente e fa passare lo Zoppo.
convincente: chi ha eseguito la pulizia dell'appartamento, dopo «Buongiorno, ispettore. Cerca Flora?».
l'omicidio, non è la stessa persona che ha ucciso Luca iniettan- «Non c'è?».
do la dose tagliata». Ipotesi possibile, ma fantasiosa. Vero è, «Ci sarà fra poco. Anch'io sono di passaggio. L'aspetteremo
però, che per commettere un delitto, ci vuole fantasia. assieme».
Lo Zoppo si appoggia allo schienale della poltroncina e bor- Siedono su poltrone che per Poli Ugo, vice ispettore aggiun-
botta: «Clio. È proprio un nome ridicolo». Ha gli occhi chiusi to, sono troppo basse e non gli consentono di trovare una siste-
ed è la terza volta che quel nome viene pronunziato. mazione comoda a causa delle difficoltà alla gamba destra.
È il momento di stabilire che c'entri la musa della storia che, «Immagino che lei sia qui ancora per le indagini sulla morte del
nei miei ricordi d'infanzia, risulta essere una giovinetta corona- povero giovane».
ta d'alloro e con una tromba e un libro fra le mani. Che c'entri «È così, signor Stinti, ma credo di essere ormai alla fine. Mi
con due morti per droga. manca un'informazione che vostra figlia è in grado di passarmi».
L'archivio è a portata di mano e Poli Ugo, vice ispettore «Lo farà certamente, signor ispettore. Flora è una brava
aggiunto, sfoglia e consulta un paio di registri, apre e richiude ragazza e ha pianto alla notizia della morte di... Credo che fosse
alcune pratiche, e si ferma a un fascicolo. Legge a bassa voce, innamorata di Luca».
tanto a bassa voce che le prime frasi mi sfuggono: «Io credo invece che fosse innamorata di Mario Burazzi». Il
«..."il giovane è stato rinvenuto dal padre, riverso nel bagno vecchio non insiste e alza le spalle. Mario o Luca, le cose non
di casa e già cadavere. Il corpo era situato fra il lavandino e la cambiano. Si alza e chiede:
tazza e, nel cadere, ha probabilmente battuto la nuca contro la «Beve qualcosa, dottore?». Non attende risposta e cerca den-
tazza stessa. Infatti si sono rinvenute tracce consistenti di san- tro i mobili che non sono suoi e borbotta: «Dovrebbe esserci
gue, risultato poi dalle analisi appartenente al giovane Clio. qualcosa». Al terzo tentativo trova e mostra, sorridente, una
Altro sangue si è rinvenuto sul pavimento, sotto la nuca del bottiglia di Long John. Tanto per restare in carattere.
morto. Sul mobiletto del bagno si sono rinvenuti i soliti oggetti Porta due bicchieri e li posa sul tavolino, davanti allo Zoppo.
in uso ai drogati: siringa vuota, laccio emostatico, cucchiaino e Toglie il tappo, con rumore di sughero e vetro, e dice:
foglietto di carta stagnola che aveva contenuto la dose. La morte «Ecco qua, è già aperta e un goccio ci farà bene». Versa nei
può essere attribuibile, a prima vista, sia alla dose di droga che bicchieri. «Beva. Flora arriverà a momenti». Lo Zoppo segue
al colpo ricevuto dal giovane sulla nuca, cadendo in bagno. Le certi suoi pensieri e annuisce all'invito del vecchio. Prende il
successive indagini chiariranno il punto per ora oscuro..."». bicchiere e se lo coccola fra le mani come farebbe un intendito-
Lo Zoppo chiude il fascicolo e lo ripone nel cassetto assieme re. Al rumore della chiave nella serratura, Gandusio Stinti si alza
ad altri due che attendono una definitiva sistemazione in archivio. e sorride. «Che le avevo detto?». Lo Zoppo annuisce e alza il
«Clio: è proprio un nome ridicolo per un ragazzo. bicchiere a brindare alla salute del vecchio. «Che le avevo detto?
L'informazione e la conferma che mi servono, può darmele Ecco Flora». Va incontro alla figlia. «Flora, c'è qui il dottore.
Flora Stinti, analista a Villa dei Gelsi». Sai, quello della questura. Deve chiederti... Dice di essere alla

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conclusione delle indagini. Gli serve una conferma ed è venuto
a chiederla a te. Vedi se puoi aiutarlo».
Flora si ferma un istante nell'ingresso dove deposita la bor-
setta e le chiavi. Poi dice: «Me lo auguro». Quando entra in
salotto, lo Zoppo ha appena terminato di vuotare il bicchiere e
lo sta posando sul tavolino. «Che posso fare per lei?». Guarda
la bottiglia di Long John, guarda il padre e chiede: «Hai offerto
tu?».
«Sì, nell'attesa che arrivassi». Flora annuisce e siede davanti
a Poli Ugo. Ripete:
«Che posso fare per lei?».
«Una cosa da nulla. Dirmi se voi, signorina Flora, siete al cor-
rente che nel sotterraneo della villa del professore Eliusi è instal-
lato un laboratorio nel quale si lavora Cloridrina per ottenere
morfina pura, poi eroina da spacciare in città». La cosa fa un
certo effetto sulla ragazza la quale, prima di rispondere, guarda
il padre. Poi dice:
«Sì, ne sono al corrente».
«E voi pure, signor Gandusio?». Il vecchio annuisce. «Come
mai non avete sporto denuncia?». Nessuno dei due risponde.
«Avreste dovuto farlo. E grave. Avreste dovuto farlo se non altro
per rispetto al morto di droga che avete avuto in famiglia». Si
rivolge al vecchio. «Non è morto per droga vostro figlio?».
Gandusio è in piedi, dietro la poltrona nella quale sta in silenzio
e con gli occhi fissi alla bottiglia di Long John, la figlia Flora.
Continua ad annuire e a tacere. «Come si sta con un figlio morto
per droga?». Non mi pare una battuta felice e mi accorgo, in
ritardo, che non è una battuta e allora mi si apre davanti la solu-
zione.
«"Come si sta con un figlio morto per droga? Dovete paga-
re! Pagherete tutti!". L'avete spedito voi il biglietto con queste
parole, alla signora Marzia Frabetti?». Sempre in silenzio, Gan-
dusio annuisce. «Mi sono chiesto come vi sia venuto in mente di
chiamare vostro figlio con un nome tanto ridicolo: Clio. Clio era

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una donna, la musa della storia. E la chiave delle indagini».
Guarda il vecchio e se aspetta da lui un gesto di disperazione,
sbaglia di grosso. Allora chiede: «Non avete molta fiducia nella
legge, vero?».
Finalmente l'ex funzionario di polizia risponde.
«Neppure un'ombra. So come finiscono queste cose: l'in-
chiesta non approda a nulla e l'archiviazione del caso è questio-
ne di tempo. Qualcuno deve pagare. Hanno ucciso mio figlio e
qualcuno deve pagare. Intanto comincino a pagare i produttori
di morte. E non è finita». Lo Zoppo guarda Flora e chiede:
«Mario Burazzi? Che c'entra lui con le vostre vendette?».
Flora alza gli occhi e li mostra pieni di lacrime.
«Mario sapeva che io ero andata da Luca, quella domenica
mattina e lui...». Indica, con un gesto del capo, il padre, «...e
lui ha detto che non dovevamo correre rischi».
«Il prossimo chi sarà? Il figlio del professor Eliusi, immagino.
Ho saputo che te la intendi con lui, ora». Flora non risponde e
riporta gli occhi, umidi di lacrime, sulla bottiglia di whisky.
Il vecchio Gandusio Stinti chiede:
«Com'è arrivato fino a noi?».
«Il biglietto che avete spedito a Marzia. Quel "pagherete
tutti! " ho capito che non si riferiva a un pagamento economico.
E poi il tappo». Indica il sughero, sul tavolo, a fianco della bot-
tiglia di Long John.
«Tutte le bottiglie di Long John che ho incontrato durante le
mie indagini, da quando è cominciata la storia, hanno il tappo a
vite. Il tappo originale di quella vostra bottiglia è rimasto nel-
l'appartamento di Luca, sotto il mobile stereo, dove lo ha trova-
to la scientifica». Gandusio guarda la figlia e dice:
«Perché non me ne hai parlato? Lo avrei cercato e lo avrei
fatto sparire così come ho fatto sparire il tappeto, così come ho
pulito il posacenere, il lavandino...». Anche se non è il momen-
to, lo Zoppo sorride e si rivolge alla ragazza:
...lo vedo allontanarsi... si confonde lontano e sparisce nell'oscurità... «Non credergli: sarebbe comunque rimasta la ferita sulla

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nuca di Mario. Come mai? Con lui il whisky drogato non ha «Non giustifica. Flora e il padre, se non li fermerai, uccide-
funzionato?». È Gandusio che spiega: ranno anche il figlio del professor Eliusi. È giusto?». Lo Zoppo
«Flora si è occupata di Luca ed ha fatto un buon lavoro. Io sorride e si stringe nelle spalle; è seduto sulla bicicletta, piede
ho provveduto solo a far sparire le tracce. Di Mario mi sono sinistro a terra. Dice, e nel tono della voce c'è ironia:
occupato personalmente e dall'inizio alla fine. E come avrà con- «Non sono affari miei. Ti ho mai detto che io sono per la
statato, non ho lasciato indizi. Sono abile, conosco il mestiere per pena di morte? Certi reati vanno puniti con la morte e la fabbri-
averlo esercitato per anni». Indica la bottiglia e conclude: «E cazione e lo spaccio di droga sono fra questi». Una battuta che
anche di lei dottore, non resteranno tracce». non lascia dubbi, se pure ne restavano, sulla squallida mentalità
Lo Zoppo si alza a fatica dalla bassa e scomoda poltrona nella del questurino al quale, in un attimo di aberrazione mentale, mi
quale è rimasto confinato durante il lungo dialogo. «Temo, sono accompagnato: un individuo socialmente pericoloso.
signor Gandusio, che ancora una volta vi siate sbagliato». Spin- Lo Zoppo attacca la dinamo e si avvia. Lo vedo allontanarsi
ge con il ginocchio e sposta la poltrona, mostrando, con la punta e il fanalino rosso, fissato sul parafango posteriore, si confonde
del bastone, una vasta chiazza bagnata, sul pavimento. «Ecco lontano e sparisce nell'oscurità di una via priva di illuminazione.
dov'è finito il vostro whisky drogato. Io non bevo, non ho mai Lo lascio andare e mi auguro di non capitargli più attorno.
bevuto». Gioca e fa ghirigori sul pavimento con la punta del ba- Meglio, mille volte meglio, Sarti Antonio, sergente, con i suoi
stone bagnata nel liquore drogato, poi sorride e si avvia alla limiti, le sue paure, i suoi eterni dubbi, la sua assoluta necessità
porta. Il vecchio grida: di sicurezza, la sua tranquilla accettazione delle teorie di altri e
«Che significa?». Lo Zoppo si ferma e si rivolge ai due. tutto ciò, insomma, che fa di lui un represso o un facile agli
«Significa che me ne vado; vado ad archiviare due morti che entusiasmi. Meglio lui che, pur nella mediocrità della sua cultu-
la polizia ufficiale ha già etichettato come i tanti, troppi, inci- ra e della sua intelligenza, non lascerà il figlio del professor
denti di droga». Ha sulle labbra un sorriso che gli deforma il Eliusi alle dosi tagliate di Flora Stinti e del padre di lei,
viso. «Mi pagano per archiviare e io archivio. Io archivio». Gandusio. Se mai un giorno Sarti Antonio, sergente, arriverà al
Ecco la gratificazione! Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, ha professor Eliusi, a Flora Stinti e al padre di lei, Gandusio.
bisogno che qualcuno sappia. Se no, non c'è soddisfazione. La-
scia dietro di sé due personaggi squallidi quanto lui, incapaci di La notte è calata da poco, il freddo si fa sentire e Rosas, fagot-
rendersi conto di ciò che è appena accaduto, a chiedersi se lo to di stracci sulle spalle, orfanello fuggito dal collegio, suona alla
Zoppo faccia sul serio o stia scherzando. Come il gatto con i topi. porta di Sarti Antonio, sergente.
Io so che non scherza. E lo dico. «Che ci fai qui a quest'ora?».
«È vergognoso! Non si lasciano in circolazione due assassi- «Non pretenderai che dorma sotto i portici di Santa
ni!». Caterina? Fa un freddo bestia e io non ho neppure la giacca. Se
«Davvero? E io che ci posso fare? Il lavoro per il quale mi la sono portata via i facchini, che dio li maledica!».
pagano, io lo eseguo con coscienza. E poi, forse che il professor Il tono è dimesso, quasi umile, e, sul viso, Rosas porta chiari
Eliusi non è un assassino? E il dottor Angelo Pomelli Par- i segni della sconfitta. Sarti Antonio, sergente, lo lascia entrare
meggiani?». in casa. Da qualche parte lo metterà a dormire.

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Non è detto
Forse è per questo che nell'appartamento del mio questurino
non si dorme il sonno dei giusti, come farebbe supporre il silen-
zio che vi regna, essendo la mezzanotte passata da pochi minu-
ti. Né Sarti Antonio né Rosas, ospite dell'ultima ora, riescono a
chiudere occhio, tormentati ognuno dai propri pensieri ango-
scianti. Il questurino si è preso sulla coscienza un caso irrisolto:
due cadaveri che per lui non hanno ancora un logico e credibi-
le assassino. Il secondo, il talpone, ha problemi di ambienta-
mento ed è tormentato al pensiero che mai più, mai più nella
vita, potrà chiudersi nella tana di Santa Caterina diciannove, di
dove lo hanno sfrattato i lavori di ristrutturazione del centro sto-
rico. Mai più rimetterà piede nel luogo dove è cresciuto, ha stu-
diato, ha fatto l'amore, ha bevuto il caffè e dove contava di ter-
minare in pace i suoi giorni. Senza la tana di via Santa Caterina
si sente indifeso, nudo e alla mercé del mondo intero: è l'origi-
La chiacchierata di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, mi ha ne del sospiro disperato che per un attimo turba il silenzio del-
sistemato; nel senso che la storia di due morti per droga mi si è l'appartamento. Ed è l'occasione che Sarti Antonio aspettava
conclusa fra le mani con l'individuazione dei colpevoli e la rico- per cominciare un dialogo:
struzione degli avvenimenti e con il conseguente ristabilimento «Che c'è? Non riesci a prendere sonno? Ti preparo una
dell'ordine (o equilibrio) turbato dall'evento traumatico (l'omi- camomilla». È già saltato dal letto ed è in cucina, la luce del sog-
cidio). Non è arrivata la punizione, ma i tempi sono mutati. giorno, dove dovrebbe dormire Rosas, accesa.
Non è detto. Per esempio, Sarti Antonio, sergente, non è «Sai che ci devi fare con la tua camomilla?».
ancora giunto alla conclusione delle sue indagini e, se lo cono- «No, ma so che ti rilasserà. Cosa non funziona?».
sco bene, continuerà ad agitarsi, ad agitarsi fino a perdere il «Tu», borbotta Rosas, rigirandosi verso lo schienale del diva-
sonno e a farsene una colpa. Gli accade sovente. Arriverà alla no, infastidito dalla luce. Ma non riesce a dormire.
fine. Non so quando, ma ci arriverà. Specie se qualcuno avrà la «Ecco, bevila calda e ti rilasserà». Sarti Antonio, seduto sul
bontà di dargli la spinta iniziale. Rosas, tanto per fare un nome. pavimento, accanto al divano di Rosas, porge la tazzina fumante.
O, perché no?, il sottoscritto, visto che lo Zoppo ha avuto la «Non c'è verso», borbotta ancora il talpone e siede sul divano.
compiacenza di informarmi. E allora saranno guai per i respon- Sa che il sergente lo tormenterà fino a quando non avrà raggiun-
sabili perché Sarti Antonio, sergente, non ha le frustrazioni to il suo scopo. Che non è la tranquillità dell'ospite, è pronto a
dello Zoppo. Cioè, è pieno di frustrazioni, come tutti del resto, scommettere. «Chi ti ha messo in testa che la camomilla rilassa?».
ma sono di origine diversa da quelle che tormentano Poli Ugo, «Non lo ricordo, ma tu bevi e vedremo».
vice ispettore aggiunto, e non si placano con la semplice indivi- «Idiozie, ma non c'è altro da fare, immagino». Sarti Antonio nega
duazione del responsabile. con il capo e Rosas prende dalle sue mani la tazzina e sorseggia.

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«Schifo, fa schifo», conclude. era mai drogato? Me lo hai sostenuto fin dal primo giorno».
«Sì, ma anche bene. A proposito...». «Perché è così, perché odiava la droga, perché conosceva i tor-
«A proposito di schifo?». menti che procura il buco, perché ha aiutato Patrizia a uscire dalle
«No, a proposito di problemi». pere che si sparava ogni giorno, perché era un ragazzo con le idee
«Bene, sappi che di problemi mi bastano quelli che ho. chiare, perché, perché, perché... Buona notte questurino».
Problemi di sopravvivenza, di adattamento, di futuro...». I pro- «Sì, buonanotte», borbotta Sarti Antonio spegnendo la luce
blemi di Rosas, ora come ora, a Sarti Antonio non interessano e e andando a letto a tentoni.
passa oltre come se il talpone neppure avesse parlato. Il silenzio della notte dura alcuni minuti e poi il grido: «Oh
«A proposito e visto che sei sveglio, sai che sono ancora al Cristo! Cos'hai detto?».
palo con l'assassinio di Luca e di Mario?». «Che dio ti maledica, Sarti Antonio!», risponde Rosas.
«Sai la novità», borbotta Rosas e restituisce la tazzina ancora La maledizione divina non preoccupa il questurino che già è,
piena per metà. in mutande, accanto al divano, la luce del soggiorno di nuovo
«Che ne diresti se io ora ti riepilogassi l'intera vicenda e accesa. «Che hai detto?».
vedessimo insieme di venirne fuori?». «Che dio ti maledica! Ho detto: che dio ti maledica».
«Ne direi che sei matto», gli risponde Rosas; avvicina il suo al «No, no, prima, a proposito di Patrizia».
viso del questurino, lo guarda negli occhi e con tono cattivo «Ho detto che Luca l'ha aiutata ad uscire dalla droga».
come non lo avevo mai inteso parlare, mormora: Poiché ha perfettamente compreso, Rosas, che con le cattive
«Sono in casa tua perché non me la sento di dormire sotto le non ottiene risultati, passa al tono supplichevole. «Vuoi lasciar-
arcate dei portici, non ti devo nulla e non mi devi nulla; se me mi dormire, per favore?».
lo chiedi, sono disposto ad andarmene immediatamente, ma se «Sì, sì, ti lascio dormire. Tanto più che ora io sto per uscire».
resto mi devi lasciare in pace». Per un poco i due si guardano in Sarti Antonio, sergente, si guarda attorno, infila le scarpe e va
silenzio e poi Rosas si accartoccia sul divano e chiude gli occhi. alla porta di casa.
Il questurino è rimasto di sasso, ridicolo con la tazzina semi- «Sai che ore sono, questurino?».
vuota in mano e lo sguardo fisso sul talpone, non ha nulla da «No, ma non importa: ho una certa cosa da controllare.
ribattere e non trova di meglio che alzarsi e riportare la tazzina Dormi, dormi tranquillo, ci vediamo più tardi».
in cucina. Borbotta: «Se questa è la riconoscenza umana, sono «Esci in mutande? Anche quello non è importante?».
contento». Attraversando il soggiorno per andare a letto, si L'eccitazione che, improvvisamente, ha preso Sarti Antonio
ferma un attimo a guardare Rosas; vorrebbe offenderlo, ma non lo manda in giro in mutande. Nella sua memoria prodigiosa,
ha parole abbastanza cattive nel suo vocabolario stento. Prima poiché non ha altro, deve essere scattato qualcosa di molto
di spegnere la luce nel soggiorno, guarda ancora una volta il tal- importante, qualcosa che ha a che fare con il nome "Patrizia"
pone e ci prova, ma è indeciso: pronunciato dal talpone semiaddormentato.
«Una cosa potresti dirmela». Oh cristo, Patrizia è il nome della figlia della portinaia di
«Rompiballe. Cosa dovrei dirti?». palazzo Pomelli Parmeggiani!
«Perché sei tanto certo che Luca Pomelli Parmeggiani non si Ed è proprio il campanello della portineria Pomelli Parmeg-

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giani che Sarti Antonio, sergente, preme venti minuti dopo esse- «Nessun problema e nessun mandato: facciamo due chiac-
re uscito di casa. È l'una di notte passata da poco e dei venti chiere io e lei. Mi fa entrare? Ci prendiamo un caffè e parliamo:
minuti che il mio questurino ha impiegato per arrivare, dieci sa che ho quasi risolto il caso e probabilmente so chi ha ucciso
buoni li ha litigati con l'ottoecinquanta che non intendeva avvia- i due ragazzi Luca e Mario?».
re il motore. Solo dopo una bestemmia particolarmente triviale, La portinaia spalanca gli occhi per la curiosità; si mette da
l'ha presa persa. L'ottoecinquanta l'ha presa persa: l'ha data su a parte e fa entrare Sarti Antonio, sergente; poi chiude la porta e
Sarti Antonio, sergente, ed ha avviato lo sgangherato motore. domanda: «Vuole un caffè?».
Il questurino suona tre volte e a lungo prima di sentire rumo- «Lo preparerò io, se non le spiace». Il questurino non aspet-
ri oltre la porta. E poi la voce trepidante della portinaia: ta autorizzazioni e va diretto alla cucina. Lo segue, ridicola nella
«Sei tu, Patrizia?». tenuta notturna, la donna.
«Sono Sarti Antonio, signora». «E così ha risolto. Sono contenta: è come nei romanzi poli-
«Sarti Antonio chi?». zieschi. Sa che ne leggo delle montagne?». Sì, Sarti Antonio, ser-
«Della questura, signora». gente, lo sa, glielo ha detto fin dal primo incontro e il mio que-
«Questura? Oddio, è successo qualcosa a Patrizia?». La sturino ha una memoria elettronica. «Mi dica il nome dell'assas-
porta si spalanca di colpo e mostra la portinaia in camicia da sino e come ci è arrivato». L'ansia che era nella sua voce quan-
notte, bigodini nei capelli e, sopra i bigodini, una cuffia di pla- do ha chiesto attraverso la porta chiusa "Sei tu Patrizia?", è
stica per tenere a posto i capelli durante il sonno. «È successo scomparsa e gli occhietti, sotto la cuffia in plastica, sono vivi di
qualcosa a Patrizia». Non è una domanda. curiosità.
«Non lo so: che dovrebbe esserle successo? Io sono qui per «Le racconterò mentre beviamo il caffè», risponde il questuri-
parlare con Patrizia. È per l'omicidio di Luca». no. «Ma prima mi dirà alcune cose». La portinaia annuisce e posa
La portinaia si appoggia allo stipite della porta, chiude gli sul tavolo due tazzine, lo zucchero e i cucchiaini. Poi siede, i
occhi e sospira di sollievo. Si riscuote e aggredisce il questurino: gomiti sul tavolo e il mento sulle palme, e aspetta l'inizio dello
con Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, non lo avrebbe mai fatto. spettacolo. È in un romanzo poliziesco che si rispetti, uno di quel-
«Ma sa che ore sono? E non ne abbiamo parlato abbastanza li, sempre uguali, dove l'investigatore di turno spiega ai lettori il
di quel povero disgraziato?». finale a sorpresa. Solo che ora, il finale a sorpresa è riservato
«È notte fonda, signora, ma la giustizia non conosce tregua». esclusivamente a lei. «Conosce il signor Delmastri, immagino».
Lo ha detto come battuta e ci ha sorriso sopra, ma la portinaia La portinaia annuisce, poi spalanca gli occhi e si copre la
non comprende la finezza. bocca con la destra. Grida: «No, non mi dica che è stato lui!».
«Io ogni modo, mia figlia non è in casa». Sta per chiudere la «Non è stato lui. Come mai lo conosce?».
porta, ma un pensiero improvviso la blocca. «Che vuol sapere «Be', gliel'ho detto: sono al servizio dei Pomelli Parmeggiani
da Patrizia? L'avete interrogata più volte, ormai». da una vita, vuole che non conosca il loro domestico?».
«Con la polizia ci vuole pazienza, cara signora. Mi fa entrare?». «E anche Patrizia lo conosce, immagino».
«Perché? Ha un mandato? O pensa di aspettare Patrizia in «Come lo conosco io, ma che c'entra?».
casa mia? Che non so nemmeno se rientrerà». Sarti Antonio, sergente, versa il caffè nelle due tazzine, pone

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la caffettiera sul tavolo, siede e zucchera. Sorride alla portinaia sapere senza che lei se ne accorga. Di nuovo Sarti Antonio, ser-
mentre entrambi sorseggiano. Poi dice: «Non deve fare doman- gente, si guarda attorno con indifferenza e con indifferenza
de. Risponda e io arriverò alla conclusione, come nei romanzi cambia discorso: «Che studi fa Patrizia?».
che lei legge». Ancora la donna annuisce. Sarti Antonio, sergen- «È iscritta all'ultimo anno di liceo, ma sono alcuni mesi che
te, si guarda attorno e chiede: «Dov'è andata Patrizia?». non frequenta, purtroppo. Non so più che fare; le ho provate
«È fuori, fuori». Tira via la portinaia, ma un lampo di tristez- tutte, le buone e le cattive. I figli, caro lei...».
za le attraversa lo sguardo. «La capisco, signora; secondo me sono le cattive compagnie che
«Rientrerà?». guastano i figli». Dimentica di chiarire chi abbia guastato, in prece-
«Non lo so: a volte rientra e a volte no. I figli, i figli, caro lei...». denza, le cattive compagnie, ma la signora non va per il sottile.
«Ci vuole pazienza, hanno la loro vita. Ma torniamo a Luca. «Lo ripeto ogni giorno a Patrizia, ma non serve. Se lei sapes-
Dove tiene o dove teneva le chiavi dell'appartamento prima di se cosa mi sono costate le cattive compagnie».
salire a pulirlo?». «Lo immagino». Sarti Antonio, sergente, si china verso la
La portinaia indica il corridoio d'ingresso, ma poi si blocca donna e le confida: «Mio figlio aveva cominciato a drogarsi e
sospettosa e chiede: «Che c'entrano le chiavi?». Sarti Antonio pensi che ha solo quindici anni».
dovrà muoversi con cautela: la donna è sospettosissima. «Oddio, la stessa età della mia Patrizia», e di nuovo porta la
«C'entrano, c'entrano. Per esempio, visto che lei tiene le chia- mano sulla bocca.
vi dell'appartamento di Luca nel corridoio, vicino alla porta d'in- «Patrizia ha qualche anno in più».
gresso... È là che le tiene, no?». La portinaia annuisce. «Bene, «Volevo dire anche Patrizia a quindici anni... Meglio che non
qualcuno potrebbe averle rubate senza che lei se ne accorgesse». ne parliamo».
«Assolutamente escluso». «Capisco, capisco, ma com'è riuscita a recuperarla, a farla
«Come fa ad esserne certa? Vediamo: quando lei pulisce le smettere. Perché non si droga più, vero?».
scale suppongo che lascerà socchiusa la porta di casa». La vec- «No, per fortuna. Luca, Luca mi ha aiutato molto, povero
chia annuisce. «E che ci vuole a uno qualsiasi entrare e preleva- ragazzo. E ci è finito dentro lui, poveretto. Quando si dice il
re le chiavi mentre lei non vede?». destino». La donna si scuote. «Mi dica di Luca e dell'omicidio,
«Oddio, è vero?». La donna continua a portare la destra sulla dunque».
bocca; lo fa ogni volta che si stupisce e forse, da giovinetta, poteva Sarti Antonio, sergente, si alza:
essere un vezzo simpatico. «Dovrò chiudere la porta d'ora in poi». «Ho bisogno di alcune informazioni da Patrizia. Solo dopo
«Sarà bene. Dunque, abbiamo accertato che chiunque può avrò la certezza dei miei sospetti».
essersi impossessato delle chiavi dell'appartamento di Luca». «Quali informazioni?».
Questa volta la signora annuisce con convinzione. «Un buon «Gli appunti». La portinaia guarda il questurino senza capir-
caffè. Vuole ancora?». La donna nega, sempre con gesti del lo. «Sì, gli appunti che Luca aveva preparato per Patrizia quella
capo. «Allora lo finisco io mentre è ancora caldo. Un caffè fred- domenica mattina».
do non è un caffè». Il questurino si sta rivelando un buon psico- «Ma quali appunti?». La vecchia è preoccupata.
logo; tiene sulla corda la portinaia e le farà dire ciò che vuole «Patrizia mi disse che stava preparandosi a una interrogazio-

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ne e che Luca, più avanti di lei negli studi, l'aiutava e le aveva denti! Perché non hai detto a quella donna chi è, secondo te,
preparato alcuni appunti. Bene, signora, su quei fogli che Luca l'assassino?».
aveva preparato per Patrizia, c'è il nome dell'assassino». Lui continua a guardarmi, in silenzio per un poco, e poi:
«Lei dice? Come fa a...». Non termina la domanda e pensa a «Dovevo dirle alla brutta che Luca e Mario li ha uccisi sua figlia
quella domenica mattina. «Sì, ricordo, ma non mi sembra che Patrizia?».
Patrizia sia scesa da Luca con dei fogli in mano. Forse gli appun- «Tu sei matto!».
ti che lei cerca sono rimasti sul tavolo di Luca». «Sì», risponde il mio questurino riprendendo la strada verso
Non conoscevo ancora, nonostante la lunghissima frequenta- l'ottoecinquanta, «io sarò matto, ma tu spiegami, per esempio,
zione, le doti di attore di Sarti Antonio, sergente: non si finisce come mai Patrizia sapeva che Luca era morto per overdose. Tanto
mai di imparare. Il questurino si batte la destra sulla fronte e per dirne una». Picchia l'indice della destra contro la fronte:
dice: «È vero, che stupido! Dovrò controllare alla scientifica. «Ricordo perfettamente che, dopo aver veduto il cadavere, ha
Quelli hanno di certo catalogato tutto. Ma lei è sicura che esclamato: "Perché lo ha fatto?". Fatto cosa? Niente, sentimi
Patrizia...». bene, niente, sul luogo del delitto, lasciava supporre morte per
«Non sono sicura, ma possiamo controllare. Venga con me». droga. Niente laccio emostatico, niente dosi o cartine di stagnola,
Nella camera di Patrizia, oltre al letto e all'armadio, c'è un la siringa già raccolta e catalogata dalla scientifica... Capito. Un
tavolino posto sotto la finestra; sul tavolino ci sono due libri, puntolino nel braccio, che neppure si vedeva e Patrizia sa che
un'agenda, due matite e un bicchierino sporco e vuoto. Luca è morto per overdose. Ed è proprio lei a dirmi che Luca non
«È tutto?». La portinaia annuisce. «Allora dovrò proprio si era mai drogato». Siamo arrivati all'ottoecinquanta e il questuri-
controllare alla scientifica. Mi dispiace averla disturbata a que- no cerca in tasca le chiavi della portiera. Che non trova. «E la sto-
st'ora, signora». Sarti Antonio, sergente, ha terminato la recita ria del signore incontrato per le scale mentre scendeva da Luca?
ed esce dalla comune. "...incontrai un signore che saliva. No, non lo conoscevo, ma era
«Se ne va senza dirmi...». un signore molto strano...". Come cristo poteva non conoscere il
«Tornerò appena consultati gli appunti. Lei mi capisce, non domestico e maggiordomo di casa Pomelli Parmeggiani, me lo
voglio fare la figura del poliziotto incapace. Non è così che sono spieghi? Hai sentito la madre, no?». Non trova le chiavi e bestem-
i poliziotti dei romanzi?». mia. «Dove cazzo le ho messe? E chi le aveva chiesto di raccontar-
Della sceneggiata di Sarti Antonio, sergente, non ho compre- ci dell'incontro? È stata lei, di sua volontà e giorni dopo, a telefo-
so assolutamente nulla e al palo, questa volta, sono rimasto io. narmi per dirmi che si era improvvisamente ricordata di un signo-
Appena in strada, lo dico senza mezzi termini: «Cos'è la re. Improvvisamente! Chiaro come il sole che voleva premunirsi
pagliacciata di presentarsi all'una di notte a casa della gente e nel caso che io fossi arrivato al Delmastri. Poi magari avrebbe detto
recitare la parte dell'investigatore da romanzo?». di non averlo riconosciuto perché le scale erano buie». Niente da
Sarti Antonio si ferma e mi guarda. «Ma tu non stavi dietro a fare: le chiavi non si trovano. «Vuoi vedere che le ho lasciate in casa
Poli Ugo? Ora che vuoi da me?». della portinaia? Bel colpo. E dove sono finiti gli appunti che Luca
«Una spiegazione per i lettori, accidenti, e me la devi fornire aveva preparato per l'interrogazione di Patrizia?».
tu. La pista che segui non è la stessa seguita dallo Zoppo, acci- «Cristo, sul tavolo di Luca. Vedrai che la scientifica...».

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«Un cazzo! Tu sei peggio di me. Sono arrivato per primo sul frontato le sue ipotesi con le risposte della ragazza. Rientrando,
luogo del delitto e non c'erano appunti di sorta né sul tavolo né a bordo della scassatissima ottoecinquanta di Sarti Antonio, ho
altrove. E Patrizia non si stava preparando a nessuna interroga- le idee più confuse del solito. Ora mi trovo fra le mani due solu-
zione dal momento che non frequenta da alcuni mesi, chiaro? zioni per uno stesso evento delittuoso ed entrambe sono, secon-
Luca non ha mai preparato appunti per Patrizia, chiaro?». do la logica e gli indizi, indiscutibilmente vere e plausibili.
Chiarissimo. Almeno per me, per voi non so. Mi resta un Sarti Antonio, intento alla guida, non parla e forse dovrei
dubbio: perché? essere io a raccontargli le conclusioni alle quali è arrivato Poli
«Perché? Ce ne sono dieci di perché. Perché aveva ricomin- Ugo e le strade che lo Zoppo ha percorso per arrivarci e gli indi-
ciato a drogarsi e voleva soldi da Luca; perché la dose, che zi che ha utilizzato, ma non sarebbe onesto né verso di lui né
intendeva iniettare a Luca per iniziarlo contro la sua volontà, era verso il lettore. Soprattutto non rientra nello schema e troverei
una dose mortale e lei non lo sapeva; perché, perché, perché...». chi griderebbe allo scandalo. Meglio quindi che le cose proce-
«Ma perché Mario?». dano secondo i canoni classici, anche se...
Sarti Antonio, sergente, lascia cadere il pugno sulla capotta Anche se non me la sento di prendere per oro colato le deci-
dell'ottoecinquanta; l'auto scricchiola come un sacco d'ossa vec- sioni di Poli Ugo, vice ispettore aggiunto, e di Sarti Antonio, ser-
chie. «Niente, le chiavi non ci sono, per dio! Perché Mario, maga- gente. Lo stesso dovrebbe fare il lettore, visto che gli scrittori di
ri, era al corrente, o era addirittura d'accordo, dell'iniziazione e storie d'indagine (e anche gli altri) barano (ed è il momento di
sia lui che Patrizia sono poi fuggiti dopo l'inaspettata morte di proclamarlo forte e senza falsi pudori) e con le righe scritte
Luca. Oh, è una brutta morte, sai. Dopo, a mente fredda, Patrizia fanno ciò che vogliono e che più conviene.
avrà pensato che non era il caso di fidarsi di Mario e l'ha fatto Forte di queste certezze, tento di ricucire un dialogo con il
fuori con lo stesso metodo usato con Luca. Avrà avuto più di una taciturno Sarti Antonio.
dose, immagino, e il colpo alla nuca di Mario spiega tante cose». «Se torniamo a qualche minuto prima della scoperta del
«Sì, ma l'appartamento in ordine, il tappeto sparito...». cadavere di Luca...».
«Cristo, ma sei duro. Il giorno dopo, Patrizia prende le chia- Il questurino mi guarda per un attimo e poi torna alla strada.
vi dall'ingresso, dove sono tutt'ora appese assieme ad altre che Chiede: «E che ci torniamo a fare?».
la portinaia usa, è salita e ha fatto... ha fatto quello che sappia- «Pura esercitazione teorica».
mo. Sul tappeto potevano essere rimaste tracce di una scopata. «Non ho tempo per le esercitazioni teoriche. Dopo la mezza-
Ma dove cazzo sono finite le chiavi?». notte mi piacerebbe essere a letto».
«Appese al cruscotto, questurino». «Allora diciamo che ci divertiamo».
Sarti Antonio si china a controllare la mia affermazione. Poi «Con dei cadaveri? Bel divertimento».
guarda me: «Non te la sentivi di avvertirmi subito?». La portie- Niente da fare: quando Sarti Antonio, sergente, non ne vuole,
ra è aperta e prima di salire in vettura, mi chiede: «Potevo rac- inutile insistere. Ma io sono più cocciuto di lui:
contare alla vecchia il finale della storia secondo te?». «Vorrei raccontarti una storia; in fondo è il mio mestiere».
No, in effetti non era il caso. Almeno fino a quando Sarti Di nuovo il sergente mi guarda e si stringe nelle spalle. E io
Antonio, sergente, non avrà interrogato a fondo Patrizia e con- parto.

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«Come ogni lunedì mattina, la portinaia stacca dal quadretto a notte fonda, un uomo, seduto su un'auto ferma, che fissa con
nell'ingresso, le chiavi dell'appartamento di Luca e comincia a aria attenta il sedile vuoto accanto al posto di guida, passa facil-
salire le scale di rappresentanza del nobile palazzo Pomelli mente per anomalo. Ma Sarti Antonio non se ne occupa.
Parmeggiani. Già al primo piano ha il fiatone, al secondo ansi- «Mi hai seguito?».
ma e all'imbocco delle scalette di servizio che conducono all'al- Sarti Antonio annuisce: «Ti ho seguito, ma non capisco dove
tana di Luca, decide una sosta per riprendere fiato. Si è portata vuoi arrivare».
il secchio, gli stracci, una scopa, lo spazzolone e i detersivi per- «Ad alcuni elementi per lo meno strani. Perché, ad esempio,
ché nell'appartamento di Luca non li avrebbe trovati. Un'ansia la portinaia telefona alla polizia e non alla madre o al padre di
la condiziona fin dal mattino; forse il tempo che va a cambiare Luca, come sarebbe logico ed emotivamente giustificato? Una
o forse la sensazione di qualcosa che sta per accadere o forse, donna che scopre il cadavere di un giovane, del quale conosce
semplicemente, l'idea di passare un paio d'ore in un apparta- benissimo la famiglia, questo fa: telefona alla madre e le grida di
mento che le dà disagio ogni volta che vi mette piede, se pure accorrere immediatamente a casa del figlio. Specialmente se la
non ne comprende il motivo. La mano le trema e la chiave sten- madre si è sempre raccomandata con lei perché tenga d'occhio
ta ad entrare nella serratura. Non vede subito il corpo nudo di il suo piccolo, perché le riferisca su cattive compagnie... E il
Luca perché, appena dentro, si gira, chiude la porta e appende figlio le muore "quasi fra le braccia", come la portinaia riferisce,
le chiavi in vista in modo da riprenderle, andandosene più tardi, in un momento di emozionale onestà, al primo questurino
a pulizie terminate. Posa sul pavimento i materiali che ha trasci- accorso. Sarti Antonio, sergente, per l'occasione. Il mistero del
nato dal piano terreno, sospira ai dolori di schiena e si volge per tappeto: non è pensabile che la portinaia, che pure fa pulizia
la solita occhiata alla situazione dell'appartamento che immagi- ogni lunedì nell'appartamento di Luca, chissà da quanti anni,
na disastrosa, come al solito. E lo vede, nudo e terribile. Il ter- non si accorga che il prezioso tappeto orientale, dono di Marzia,
rore la ghiaccia e la inchioda, gli occhi spalancati e le mani sulla non è al suo posto, che è sparito. Non regge. Come non regge
bocca, come accade nei più scontati film dell'orrore. Quando ce che gli utensili domestici per la pulizia, tu non li trovi nell'ap-
la fa, indietreggia, rovesciando secchio, scopa, stracci e detersi- partamento del delitto. Cos'è? La portinaia, dopo essere scesa a
vo; gira su se stessa, spalanca la porta con mani tremanti ed esce telefonare al 113, è risalita a raccogliere stracci, scopa e detersi-
sulle scale. Scende di corsa, rischiando di cadere ad ogni gradi- vo perché i questurini, che sarebbero arrivati di lì a poco, non
no, entra in casa e, al telefono, compone il 113. Il centralinista trovassero disordine?».
della questura decifra a stento le parole della donna, poi parte Adesso il mio questurino annuisce. Si rimette a sedere decen-
immediatamente la comunicazione che arriverà all'auto ventot- temente, e cioè con le due chiappe sul sedile, e chiede:
to di Sarti Antonio, sergente». «Vuoi farmi supporre che la portinaia ha ucciso Luca?».
A metà del mio racconto, Sarti Antonio ha fermato l'ottoe- «Voglio fartelo supporre. E ha ammazzato anche Mario».
cinquanta accanto al portico di Strada Maggiore, ha spento il Ci pensa un attimo e richiede: «Il movente?».
motore e si è sistemato su un fianco per meglio ascoltare. Un «Eccone uno dei più classici: la vendetta di una madre verso
paio di passanti lo hanno guardato e lo hanno preso per matto: un giovane che le ha insidiato la figlia. La tempestosa relazione

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fra Patrizia e Luca (supponiamo) è a conoscenza della madre Postfazione
portinaia. A questo proposito (e fra parentesi) perché Luca rice-
ve Patrizia in mutande? Dunque: i due si amano e si odiano, In un eterno presente che capire non sai
com'è nella più stenta iconografia poliziesca moderna e del pas- Tommaso De Lorenzis
sato, quando un bel mattino Luca decide di non volerne più
sapere. La portinaia viene a conoscenza anche di questo parti- a via Santa Caterina,
colare ed in lei affiora l'odio della donna verso il dottor Angelo e agli anni in cui le sue "storie" sono state le mie
Pomelli Parmeggiani reo, secondo la portinaia, di aver abbando- «Bisogna amare una città almeno un poco
nato moglie e figlioletto per una di quelle... di quelle puttane. prima di avere il diritto di attaccarla»
Lei stessa, la portinaia, non è forse stata abbandonata, or son Nelson Algren
dieci anni, da un altrettanto egoista marito e altrettanto proba-
bilmente per una di quelle... di quelle puttane?». La scena è fre- «La prima volta fa sempre male /
la prima volta ti fa tremare [...] in un eterno presente /
sca nella memoria dei lettori, spero. «"No, non faranno alla mia che capire non sai /
piccola Patrizia ciò che hanno fatto a me e alla povera, piccola l'ultima volta non arriva mai»
Marzia" e il gioco è fatto: la mano di dio punisce il peccatore e CCCP
previene il male. Mario, amico intimo di Luca, al corrente dello
scabroso rapporto fra Patrizia e Luca e della volontà di Luca di Questa storia comincia a Bologna. In una strada stretta, dai por-
troncare dopo aver approfittato della giovinetta, deve essere tici irregolari e dagli edifici dispettosi, con un campanile in pro-
messo in condizioni di non rivelare a nessuno, polizia compre- spettiva e le colline sullo sfondo. Esili facciate si alternano a pro-
sa, l'esistenza di tale rapporto. Perché, se lo si venisse a sapere, spetti tarchiati, in un comico accostamento di magro e grasso
sarebbe una pericolosa traccia che metterebbe gli inquirenti fatto apposta per insinuare il sospetto d'una bugia architettoni-
sulla strada della gelosia o della vendetta. E Mario fa la stessa ca. Come se i muri difformi e le pareti incerte non potessero
fine di Luca». custodire il volume degli ambienti, i gesti dei dimoranti, il bisbi-
Non perdo tempo a raccontare che le modalità per l'uccisio- glio di un segreto, i sospiri d'amore o l'esitante procedere dei
ne di Luca e di Mario, sono quelle ipotizzate da Poli Ugo, vice ragionamenti. Come se via Santa Caterina, in realtà, non esistes-
ispettore aggiunto, nella soluzione che conosco; non perdo se. E girato l'angolo, in Ca' Selvatica, t'aspetti di trovare pic-
tempo perché la cosa ci porterebbe lontano e io non me la sento chetti a sostegno dei pannelli in legno e cartapesta. Alla manie-
di continuare un gioco che non è più divertente e i cui protago- ra degli sceneggiati di Maigret Jules, commissario. Secondo gli
nisti potrebbero essere sostituiti all'infinito. Da Marzia a usi del tempo in cui buffe scenografie à la parisienne - tutte a
Giuliana Puletti, dal professor Eliusi a chissà chi altri. base di cortili minuscoli e finestre cieche - tradivano le illusioni
Sarti Antonio mi guarda pensieroso; scuote il capo e riavvia il d'un teatro di posa che flirtava con una televisione ancora
moto asmatico di una ottoecinquanta che non ha più nulla da buona.
dare. Come me. E invece, a dispetto del profilo bizzarro, questo recesso urba-
«Tu devi essere matto», borbotta. E non è detto che abbia torto. no di cose da raccontare ne ha. E sono cose reali, per quanto

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frammiste e ben lessate. Cose di coltelli e di rosari, di sbronze e l'archetipico ventre dell'Investigatore tosto, malinconico e
di digiuni, di letti sfatti e celle monacali, di sovversivi e questu- iscritto a quella dépendance degli alcolisti anonimi che qualche
rini, di matti e pensionati. Storie che cominciano da lontano. O burlone scelse di appellare hard-boiled school. E la storia, che
da vicino. Sotto gli occhi di una madonna, volenterosa ma ora muove nel romanzo, è racconto della distruzione di «un
distratta, che nel 1855 debellò il colera dalla contrada, preoccu- brano di città vivibile», di una Bologna, dialettale e paesana, che
pandosi dei corpi e trascurando l'anima. Racconti di quando, fingeva d'ignorare gli equivoci commerci del passato ed era
tempo addietro, proprio in Ca' Selvatica, sorgevano - a un tiro inconsapevole delle cattiverie del futuro.
di schioppo l'uno dall'altro - un leggendario bordello della La furia devastatrice persegue un solo obiettivo: recuperare e
Dotta e il convento delle Suore degli Angeli. Così, in una botta conservare un lembo di centro storico, anche se la civilizzazione
sola, abbracciavi la città, risparmiandoti pure la fatica della cam- implica il confino dei vecchi abitanti in appartamenti-parcheg-
minata fin sul colle di San Luca. Confessori, mignotte, puttanie- gio, l'aumento della massa d'acqua in cui nuotano gli squali
ri e dame pie, a ruoli interscambiabili. Bologna intera, per l'ap- ingordi della speculazione immobiliare e lo sradicamento di
punto. un'altra Santa Caterina, condannata a finire nell'archivio del
E sono storie recenti. Vicende di sguardi vuoti e parole stra- passato insieme alle baldracche di Ca' Selvatica e ai miracoli
scicate, di mal di vivere e sottane sbiadite, di capelli unti e urla della madonna. Che il noncurante e ironico Rosas sia ridotto a
nella notte. Di quando il manicomio Roncati fu chiuso e la fol- uno straccio è comprensibile. Non c'è proprio niente da fare.
lia tornò visibile, a testimonianza - ossea e carnosa - di come, Quando si ristruttura, a Bologna, si ristruttura sul serio.
nella vita, la coscienza è misura relativa e l'inquietudine un'ulce- Eccolo, il celebre «equilibrio iniziale», la cui rottura - secon-
ra troppo profonda da guarire. Aneddoti vomitati, più tardi, da do i comandamenti della filosofia del giallo - è obbligo che va
bocche piene di fame che aspettano un boccone davanti alla assolto con competenza, affinché il gioco abbia inizio. Premessa
Mensa della Fraternità, aggrappandosi a quel muro che Loriano inevitabile, come le formule del croupier prima che le puntate
Macchiavelli ricorda «lungo e antico», «alto e scrostato». Sono siano avanzate sul tavolo verde o come l'un-du'-tri gucciniano
discorsi scanditi dalla richiesta d'una sigaretta, cui rispondi con che precede l'indimenticabile, e sibilante, Bologna è una vecchia
gesto lento - mano in tasca e pacchetto proteso - convinto che, signora... Resta da stabilire se l'arcangelo annunciatore dello
prima o poi, troverai chi ti renderà le bionde offerte, salvo sco- sbilanciamento abbia il respiro corto di Felice Cantoni, agente,
prire che l'aritmetica, nicotinica ed esistenziale, non rientra nel giunto di corsa per comunicare il ritrovamento del cadavere di
novero delle scienze esatte. turno, o i polmoni d'acciaio dei forzuti muratori che danno
Questa storia inizia al civico 19 di via Santa Caterina. In una corpo (letteralmente) al progetto di «recupero e conservazio-
delle più belle locations del «genere» italiano. Nella «tana», ne». In altre parole, occorre capire se il mistero su cui s'inda-
umida e incasinata, di uno studente anarchico, miope e arguto, gherà è davvero quello che riguarda il giovane Luca Pomelli
un po' talpa e un po' faina, che di nome fa Rosas. Alla presenza Parmeggiani, rinvenuto cadavere nell'altana di un bel palazzo a
di Sarti Antonio, che di presentazioni non ha bisogno, ma di poca distanza dall'antro di Rosas, o l'ennesima aggressione a
problemi ne ha diversi: a partire da una colite insopportabile, mano armata patita da madama Bologna. Le modalità delle
che è un'ingiuria rivolta alle indistruttibili budella raccolte nel- opere delittuose, infatti, sono soggette a infinite variazioni.

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L'arma del delitto, tanto per dirne una. In un caso, si trattereb- tocca tutti senza risparmiare nessuno, compresi i figli dei ricchi.
be di polvere bianca, schifosa e tagliata in parti variabili; nell'al- Capirci qualcosa è davvero impossibile. Rosas e Sarti, per esem-
tro, di un cocktail di malta e calcestruzzo agitato nello shaker pio, gliel'han data su. Il primo perso in una sorda autocommise-
delle betoniere. Sempre ammesso che si tratti davvero di delitti, razione, e il secondo che, dopo aver rinunciato per diversi
visto che il Pomelli Parmeggiani l'hanno trovato con un buco romanzi e buona parte degli anni Settanta a tirare conclusioni
nel braccio e ci sono ottime possibilità che la dose d'eroina se la che sembravano logiche, si mette pure a dare lezioni d'abilità sil-
sia sparata in vena da solo. Bologna poi, non paga dei bombar- logistica. E meno male che un celebre poliziotto del Quai des
damenti aerei, a rovinarsi ci ha pensato - e continua a pensarci Orfèvres raccomandava di lasciar perdere le deduzioni.
- da sé: con gagliarda determinazione. Due suicidi, dunque. «La solita overdose, Felice», commenta il sergente. Che bel
Uno meditato negli anfratti dell'inconscio, e l'altro pianificato in risultato del cavolo, ma che la dice lunga su Sarti e Bologna: su
un tempo lungo che dura ormai da molte vite. un poliziotto che ha fretta di chiudere e su una città in cui un
Ed è questa la tesi sostenuta da Sarti che, pur non essendo un certo tipo di morte diventò consuetudine da cinico referto
esperto di narcotici e nemmeno una cima d'intelligenza, il pun- autoptico o da burocratico rapporto di polizia.
tino scuro avvolto da un alone violaceo sul braccio del Pomelli Fosse per il questurino, Macchiavelli si sarebbe potuto
Parmeggiani non se l'è mica lasciato sfuggire. Bologna, invece, risparmiare la pena di scrivere questo romanzo. E così, tra uno
ha rinunciato a capirla. Almeno da quando ha smesso d'essere sfratto e una ristrutturazione, tra una deduzione e una pratica
la gaudente periferia moscovita oltre la quale cominciava New da passare in archivio, impariamo un'importante lezione sulla
York City, quel pezzo d'Unione Sovietica, piantato nel cuore letteratura di genere: che gli anni passano per tutti, ma che nel
dell'Italia, che coltivava passioni d'oltreoceano, danzando sulle caso dei protagonisti, dei comprimari e delle ambientazioni dei
punte dei suoi mitici boxeur, innamorandosi dei divi hollywoo- romanzi gialli corrono come disperati, a dispetto dell'accani-
diani, mirando ai canestri e colpendo palline con le stesse mazze mento terapeutico-narrativo sotto le cui insegne militano - per
che un italo-americano doc - Capone Alfonso, imprenditore - ragioni opposte - editori e lettori.
utilizzava per frantumare il cranio delle spie infiltratesi nella sua
organizzazione. No, il questurino non ci sta più bene in una città A Loriano Macchiavelli si è soliti riconoscere un'attitudine
illuminata come una camera mortuaria, in cui anche la pioggia è profetica, combinata a una bella dose di fegato grazie alla quale,
diventata «inutile» e che finge bonarietà, mentre è scossa da nel 1974, con Le piste dell'attentato, osò scommettere sulla «rac-
contraddizioni amare. Contraddizioni, sì, ma non come quelle, contabilità» di Bologna, contribuendo a sdoganare il giallo all'i-
lievi e a tratti iperboliche, che accostavano i preti ai comunisti, taliana e a inaugurare quello che sarebbe diventato, più tardi, il
le suore alle sgualdrine, la cultura pop degli States all'Ottobre tormentone del poliziesco felsineo. Negli ultimi tempi, il succes-
rosso; bensì come l'aspra incoerenza che mette insieme residen- so del «genere» e delle sue protesi cinematografico-televisive ha
ti compassati e studenti imbestialiti, il palazzo nobiliare della consegnato al senso comune la tesi secondo cui il polar, supplen-
famiglia Parmeggiani e il tugurio di Rosas, gli esattori d'affitti e do alla carenza di strumenti d'inchiesta, sarebbe l'ultima casa-
chi l'affitto lo paga, la carità cristiana e il patrimonio dell'Istituto matta di un realismo impegnato, indispensabile per comprende-
Giovanni XXIII, gli intoccabili privilegi dei ricchi e l'eroina che re il mondo e la sordida dialettica che lo agita. Un coro unani-

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me di ammiratori e discepoli esalta lo straordinario acume, dell'universo che racconta, tanto meno lui ci capisce qualcosa. È
impiegato dall'inventore del sergente Sarti per interpretare que- un questurino in una città in declino, semplicemente. Ma, bada-
gli anni Settanta, durante i quali si palesò la crisi del modello te bene, non è poco.
amministrativo piccista e si produsse, nelle ossa della sinistra ita- È sprovvisto di particolare coscienza critica: una generica
liana, una frattura rimasta scomposta. Macchiavelli avrebbe avversione per le porcate, infatti, è più che sufficiente come
rimestato così a fondo nel calderone delle nefandezze italiche, metro del senso morale. Non si presta a far da megafono per la
ed emiliane, da cogliere non solo ciò che avveniva, ma anche ciò divulgazione di tesi engagés, troppo spesso simili a preconcetti.
che sarebbe avvenuto. Senza dubbio, nella saga di Sarti, tutto Non ci risulta che il Siulp, destinato a diventare una succursale
tende a manifestarsi con largo anticipo: i boati del tritolo e la delle scuole di scrittura creativa e un'agguerrita propaggine di
connection speculativa del partito di lotta e di governo, la com- via Teulada, gli abbia proposto l'iscrizione. Non se la tira con i
plicità consociativa e l'ingordigia della rendita, le ridotte dell'e- gusti enogastronomici da palato vellutato, o - peggio - con i
sclusione - destinate a diventare oceani di dolore - e l'insoddi- sapori, ipocritamente alla mano, delle cucine regionali. Il buon
sfazione strisciante che brillò di rabbia nell'anno di grazia 1977. senso progressista, sotto cui fiuta l'impostura, lo fa incazzare.
Tuttavia, se allo scrittore non è mai mancata la sagacia nel leg- Non è manco scosso dallo spleen di certi "poeti" maudits in divi-
gere attraverso la vorticosa corrente del tempo, lo stesso non è sa. E non sopporta le tirate ideologiche, che lascia volentieri a
concesso dire del suo personaggio, che non brilla per capacità Rosas, il quale peraltro, quando parte col pistolotto, ci mette di
intuitiva, acume investigativo e spirito d'adattamento. Sarti è proposito una valanga d'autismo ideologico per farlo diventare
onesto, certo, e a suo modo generoso, per quanto la generosità caricatura. Il sergente è piuttosto il medium evocatore d'un rea-
riposi sotto uno spesso strato di ruvidezza. Ha buona memoria, lismo curvato dai colpi della comicità, increspato da punte di
ma - per carità - non chiedetegli di estrarre il ferro o di caccia- grottesco, alimentato dagli stessi paradossi che alimentano la
re le palle, soprattutto quando si tratta di Raimondi Cesare, vita, spezzato da intrusioni brechtiane e pervaso dalla cosmica
ispettore capo, e neppure di misurare gli esseri umani con un stupidità di una burocrazia eletta a modo di vedere le cose. È il
colpo d'occhio. Di fregature ne ha prese parecchie e, dopo la simbolo, cioè, d'un realismo irriverente e libertario, mordace e
consueta scopata, con le donne non è che sia un campione. giocoso, teatrale e parodistico, dell'età in cui i fianchi del «gene-
Scordatevi i colpi di genio e le dimostrazioni di perspicacia. La re» erano liberi dal cilicio didattico di una rimasticata politica
psicologia non è il suo forte, molto meglio uno scatto d'ira con culturale e gli sbirri non erano ancora Metelli pratoliniani, pas-
chi se lo può permettere e un attacco di colite quand'è a disagio. sati dall'altra parte perché la disoccupazione è un bel problema
Collerico, scontroso, a volte sarcastico, morigerato con l'alcol, che vi ha dato un bel mestiere...
fissato per il caffè, allergico al tabacco che ritma le movenze dei Ma Macchiavelli ha fatto di più. Ha praticato la strada d'un
figli di «Black Mask», perennemente in cerca d'un cesso a cui giallo post-empatico, nel quale all'Indagatore non spetta nemme-
raccomandare il colon infiammato e irrimediabilmente privo di no più quel ruolo di «pesatore di anime» e «aggiustatore di
fascino bohémien, Sarti Antonio è - per definizione - l'antieroe destini» che Georges Simenon affibbiò al suo commissario. La
gonzo del romanzo poliziesco e l'insostituibile termine d'un rap- scoperta del motivo recondito d'un crimine, spesso avulso dal-
porto di proporzionalità inversa: quanto più il suo creatore svela l'ordine del movente e prossimo al terreno instabile della condi-

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zione umana, non compete a Sarti, che ha rinunciato a capire i pianto di un rimpianto, sentimento d'un vuoto impossibile da
suoi simili. Al più, può subirli, sopportarli, interrogarli senza colmare, molla di infiniti rimandi a un'epoca che non è mai
troppe pretese, stimarli senza troppe parole se di mezzo c'è stata, misura di un'estraneità a se stessi, alla Storia e agli altri,
Rosas, o finirci a letto se il simile è sufficientemente diverso da confessata esplicitamente nelle pagine di Sarti Antonio e l'assas-
possedere un degno paio di tette. Ma capirli, proprio no. Così, sino, mac(c)hiavellica summa sartiana redatta in complicità con
Macchiavelli ha sottratto alle parole la carica maieutica che per- Sandro Toni: «Tuo padre e suo padre e suo padre... fino alla
vade certi incidenti probatori del «genere», andando a bagnare prima generazione dei tuoi antenati, la pensavano esattamente
le sue pagine nei rigagnoli dell'incomunicabilità, del tic lingui- come te e borbottavano: "Le cose non vanno più come una
stico, del nonsenso e dell'ironia surreale. Solo a debita distanza volta"».
dalla città, nell'atmosfera rarefatta della montagna, «le parole Comunque, questo male oscuro dell'Emilia ispira i blues di un
riprendono il loro significato» e tornano a dire qualcosa. altro investigatore bolognese: quel Gino Mastruzzi, figlio della
La stessa Bologna è un tempio della nostalgia, un luogo che penna di Pino Cacucci, al quale le indagini minute, la frequenta-
cambia perdendosi irrimediabilmente. Mentre serve i tarocchi zione del disagio e uno stile da «eterno perdente» non devono
del futuro, Macchiavelli non racconta soltanto di un presente aver giovato, visto che lo si espelle più che volentieri - e forse per
che Sarti Antonio capire non sa, ma riesce anche a cantare le fortuna - dai ranghi di un «genere» che ha dimenticato la puzza
«storie di cento anni fa». Non a caso, dai suoi romanzi emerge della strada e s'è messo a elemosinare riconoscimenti in stile
una galleria di personaggi d'antan, nella quale si aggirano il bar- Accademia della Crusca. Alla faccia, per esempio, di Sua Maestà
bone Settepaltò, simbolo di una Bologna zigana, parallela e Cornell Woolrich che, avendo giusto qualche problemino (tipo
«stralunata»; o l'Imelde Scampini di Ombre sotto i portici, che una gamba in cancrena e un fegato spappolato), degli attestati di
forse tornava di tanto in tanto nel vecchio casino di cui era stata stima letteraria se ne sbatteva ch'era una meraviglia.
tenutaria per «rivivere un po' i tempi della sua gioventù»; o il Be', come ad Antonio, anche a Gino, Bologna sfugge dalle
birocciaio di Cos'è accaduto alla signora perbene, che rivendica - mani. Oppure sono loro - il piedipiatti gonzo e il detective pri-
contro i progressi della modernità veicolare - il diritto di attra- vato simile a un assistente sociale - a fuggire da Bologna? La
versare le strade del centro in compagnia del suo cavallo. città «era ancora sua, ma non gli apparteneva più. O era lui che
L'invettiva di Nucci "Treasse", che starebbe bene in bocca a non era mai riuscito ad appartenere a qualcosa o a qualcuno...».
molti grandi che Bologna hanno reso grande o sui blasoni del- Difficile da stabilire.
l'anonimo esercito di comparse che Bologna ha reso ricca, Detto questo, quando i Settanta volgono al termine, Sarti
suona come un monito feroce rivolto a un paesone che, osten- sembra essere ineluttabilmente lontano dalla sua città e dal suo
tando i vuoti di un'ingrata amnesia, fa l'impossibile per risulta- autore, che - fedele ai corsi e ai ricorsi della letteratura popola-
re sempre meno «capace d'amore» e sempre più «capace di re - gli tende una serie d'imboscate. Ma il sergente è un osso
morte»: «Questa città l'abbiamo costruita noi, e adesso non ci duro che resiste alle pallottole di una P38. Figuriamoci se uno
sopportate più? Non sopportate più l'odore di cavallo. Volete così si fa fottere dal primo venuto. Soprattutto se il suddetto
metterci nel cesso». primo venuto è una bestia di collega: fiscale, ostile, intrattabile,
A cosa rinvii questa nostalgia non è dato sapere. Essa è rim- violento, «vergognosamente fascista» e pure sciancato.

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La prima apparizione di Poli Ugo sulla scena del poliziesco lato a un presente oscuro e per ripristinare, nel più breve tempo
nostrano risale al dicembre del 1981, quando, nel catalogo de Il possibile, l'ordine infranto.
giallo Mondadori, allora sotto la responsabilità di Oreste del La solita overdose, l'ennesimo incidente sul lavoro, un norma-
Buono, esce L'Archivista, «un giallo-vérité» - come recita la lissimo scippo, un'altra disgrazia, un nuovo caso insoluto sono le
quarta di copertina - «che s'inserisce con originalità, nel filone liturgiche formule della rassegnazione amministrativa e dell'im-
sempre più agguerrito del giallo nazionale». Se sull'espressione potenza indagatrice. Ma se per Sarti può andar bene così, Ugo
«giallo-vérité» abbiamo qualche riserva, sull'originalità ci sentia- Poli, sulla cui scrivania giungono i fascicoli da «accatastare fra
mo di convenire, dal momento che Loriano Macchiavelli mani- la polvere dei secoli», non ci sta a tollerare la frettolosa superfi-
festa, proprio in quella livida aurora degli Ottanta, la volontà di cialità dei colleghi. Si archivia quando l'Archivista decide che è
liberarsi del personaggio che gli ha regalato parecchie soddisfa- ora di archiviare: non un attimo prima e neppure un attimo
zioni. Non provateci nemmeno a tirare in ballo l'irriconoscenza dopo. E non per senso etico, rispetto della verità o amore della
o altre scemenze del genere. Al massimo, è di misericordia che giustizia. Intendiamoci bene: Poli se ne stra-fre-ga della morale.
si dovrebbe parlare, perché è un'imperdonabile mancanza di La verità è solo una dose di morfina utile a contenere i morsi
stile imporre a chicchessia situazioni sgradevoli, tanto più se dolorosi di un ego frustrato e represso. E la giustizia non sa nep-
abbiamo a che fare con un tipo debole di viscere e afflitto da pure com'è fatta: anzi, se c'è da prevaricare, ricattare, violenta-
spasmi colitici. E, poi, a rendere conto di una scelta che ha tanto re, umiliare, sopraffare, lui è sempre pronto, a condizione di
il sapore delle scommesse rischiose ci pensa, in una breve postil- avere ottime garanzie, perché non riesce a essere nemmeno un
la all'inizio del volume, lo stesso scrittore: «Le cose e i tempi grande e glorioso eroe dell'Immoralità.
sono cambiati, la malavita si è trapiantata anche dalle mie parti Prima d'essere tormento di sfigati più sfigati di lui, Poli è un
e non vuol cambiare aria. Mi viene in mente un discorso del martire di quella macchina amministrativa che a Macchiavelli,
questore: "I guai più gravi li combinano i delinquenti di passag- sempre caustico nel coglionare il funzionamento di questure e
gio. Arrivano, rapinano una banca, sparano quattro colpi e poi ospedali, facoltà universitarie e uffici comunali, non è mai anda-
vanno in stazione a prendere il primo treno per il sud o per il ta troppo a genio. Coinvolto in un incidente d'auto mentre era
nord". Anche ora vanno in stazione, ma lasciano segni che sarà di scorta a un pezzo grosso della politica governativa, Ugo ha
molto difficile dimenticare e io non ho bisogno di sforzarmi per riportato una menomazione che l'ha reso zoppo a vita. Così,
trovare il motivo delle mie storie. Ho il sospetto, e la paura, che dopo aver rifiutato la pensione d'invalidità, s'è fatto trasferire in
la fantasia altro non sia che una realtà con poca immaginazio- archivio, dove ha cominciato a incrociare dati, a cogliere con-
ne». nessioni e ad accorgersi delle cantonate prese dai colleghi. La
Dunque, siamo arrivati al limite della capacità di sopporta- rivincita nei confronti di un mondo ingiusto diventa un impera-
zione del povero Sarti. A furia di capirci poco, di vivere in con- tivo molto poco kantiano, e un palliativo necessario per aumen-
tinuo ritardo sul tempo e di fare sforzi sovraumani per non per- tare temporaneamente il livello di autostima e dimenticare una
dersi nei meandri del mutamento, il questurino s'è fatto defini- vita coltivata nel livore. D'altronde, «per risolvere i casi non
tivamente sedurre dalla nostalgia. O, se preferite, ha cominciato bastano due gambe sane; occorre un cervello efficiente».
a trarre conclusioni per eclissare gli enigmi che lo tengono incol- Ne L'Archivista si assiste a un vero e proprio movimento sce-

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nico che sposta il cono di luce sullo Zoppo, precipitando Sarti un terzetto d'investigatori - scelse di puntare sul giovane ispet-
nelle ombre del palcoscenico. Relegato in secondo piano, il ser- tore Lecoq, preferendolo al capo della polizia, Gévrol, e all'an-
gente rimane immune, almeno fino a quel maledetto 3 aprile ziano dilettante Tabaret, ma finendo per fondere nella caratte-
1987, dagli effetti più tragici della travagliata contraddizione rizzazione del nuovo Lecoq alcuni tratti degli altri investigatori.
che, dai tempi di Sir Arthur Conan Doyle, domina i rapporti tra Ma i lettori non sono mai stati particolarmente interessati alla
gli scrittori e i personaggi seriali. storia del «genere» e l'attaccamento nei confronti di un perso-
Che la storia del «genere» sia segnata da tentati omicidi ordi- naggio può assumere tratti morbosi, così - a dispetto degli sfor-
ti dagli autori a danno delle loro creature è cosa nota. Le resur- zi inventivi dello scrittore - il copione si capovolgerà nuovamen-
rezioni, poi, sono all'ordine del giorno. Anche il nostro sergen- te e, alla fine, in Sarti Antonio e l'assassino, si torna quasi a un
te intraprenderà, con Stop per Sarti Antonio, quel viaggio negli punto di partenza: con Sarti nelle vesti d'incontrastato Signore
inferi letterari che è un pedaggio obbligato affinché gli organi- del plot, al cui fianco milita un Rosas strepitoso, e con Poli
smi di carta e inchiostro scoprano il segreto dell'elisir di lunga declassato a comparsa.
vita. Tuttavia, con l'apparizione di Poli, Sarti si trova a ricoprire Per illustrare la relazione tra i due poliziotti qualcuno ha evo-
ruoli variabili, passando dalla funzione di semplice comparsa a cato conflittuali liaisons a base d'amore e odio, rimandando al
quella di primo figurante e riservandosi perfino la parte di parere dei cultori della psicoanalisi. Poli ha senza dubbio biso-
coprotagonista. I rapporti non s'interrompono nemmeno con il gno di una batteria di strizzacervelli. Uno spostato tanto rabbio-
decesso di Antonio. Anzi, il legame tra i due torna centrale, so è un miracolo che circoli a piede libero. E di sicuro bisogne-
quando, nel 1991, il successo della serie televisiva Ispettore Sarti rebbe impedirgli di stare in polizia, anche se i fratelli Savi avreb-
un poliziotto una città costringe Macchiavelli a ripescare il ser- bero qualcosa da dire al riguardo. Ma che non sia semplicemen-
gente dall'oltretomba e a riproporlo in una serie di romanzi te una questione d'antipatia è abbastanza evidente. In ballo non
brevi. Non è un caso che un parallelo serrato tra il sergente e il ci sono solo gli scazzi professionali. Certo, Poli può apparire
viceispettore costituisca l'attacco de I quarantasette colpi, causti- come una meccanica negazione di Sarti: se uno adora il caffè,
co affresco del milieu culturale felsineo, esplicitamente ispirato l'altro manco lo tocca; se Sarti ha Rosas, Poli non necessita d'un
alle vicende dell'omicidio Alinovi. Sembra quasi che l'eccezione cervello esterno, perché il suo funziona alla grande; se il sergen-
della compresenza possa sciogliersi in un regime di coabitazio- te combina dei gran casini, l'Archivista è impeccabile fino alla
ne, a tutto vantaggio delle potenzialità narrative: «Con due per- maniacalità. Eppure, la meccanica opposizione delle caratteriz-
sonaggi come Sarti Antonio, sergente, e Poli Ugo, viceispettore zazioni non risolve il problema e, anche senza scomodare i
aggiunto, è facile trovarsi fra le mani storie da raccontare e discepoli di Sigmund Freud, qualcosa, forse, può dircela la
quando alle storie sono mischiati entrambi, ci sono i supporti cosiddetta «letteratura del doppio», poiché Macchiavelli sem-
per divertirsi. Almeno questa è la mia opinione». Ed è un'opi- bra aver utilizzato - più o meno coscientemente - il meccanismo
nione non solo rispettabile, ma anche condivisibile, dal momen- della scomposizione dell'Uno in Due, fornendo l'aggiornamen-
to che il meccanismo di slittamento è codificato dalla storia della to emiliano dello schema alla Jekyll e Hyde. L'Archivista, quin-
letteratura popolare e ci riporta agli albori del «genere», a quan- di, non sembra solo un banale rovescio, bensì la manifestazione
do Emile Gaboriau - dopo aver presentato ne L'Affaire Lerouge incontrollata delle pulsioni recondite di Sarti. Lo Zoppo pare

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assurgere a espressione della parte irrancidita del sergente, sve- Poli intrattiene con Sarti un legame d'identità rovesciata. La
latasi - integralmente e autonomamente - all'inizio d'un decen- loro condizione è simile: si destreggiano entrambi nel traffico
nio che consacrerà la schizofrenia, il cambiamento repentino, a d'una città incasinata, passano da una donna all'altra, non pos-
misura della realtà. La brutalità diventa l'unica chiave utile per siedono il senso della famiglia, cercano di gestirsi Raimondi
comprendere il passaggio del tempo o la sola corazza da oppor- Cesare, e via dicendo. Le soluzioni che oppongono a traversie
re alle trasformazioni. analoghe differiscono in maniera radicale e, nonostante ciò,
Di Edward Hyde, Poli ha due caratteristiche imprescindibili: continuano a implicare un'affinità sostanziale. In definitiva, al di
la sgradevolezza fisica, riassunta dalla menomazione alla gamba là delle scelte che ciascuno può compiere, si arriva sempre dove
destra, e l'uso di un pesante bastone che, come nel caso del si deve arrivare: l'unica, vera, differenza riguarda il danno pati-
mostro stevensoniano, funge ottimamente da arma. Sulla base di to e i meccanismi compensativi. Colite e intelligenza modesta o
questo riflesso, che trasforma la turba psicosomatica nel suo menomazione e straordinario intelletto? Questo è il problema.
opposto speculare, diversi caratteri dei personaggi possono
essere letti come in un gioco di specchi. Se la mobilità del ser- Sarti Antonio e il malato immaginario esce a puntate, tra il
gente è regolata dall'auto 28, dalla guida di Felice Cantoni e da gennaio del 1987 e l'ottobre del 1988, su «2000 Incontri», la
una stramba interazione segnata da dialoghi esilaranti che sono rivista diretta dal giornalista, scrittore e cineasta Renzo Renzi e
giustapposizioni di monologhi, lo Zoppo va in bicicletta e nel cui comitato dei garanti figuravano Luciano Anceschi,
risparmia sulle parole. Se Antonio è scapolo, Ugo ha una moglie Attilio Bertolucci, Enzo Biagi, Giuseppe Campos Venuti e
che è paragonabile a una mozione di sfiducia deambulante nei Federico Fellini. Promosso dalla Regione Emilia Romagna con
confronti del sacro vincolo del matrimonio. Se a Sarti il sesso la collaborazione del Comune di Bologna, il mensile rivendica,
piace e ha giusto qualche incertezza sul risultato della prestazio- fin dall'editoriale d'apertura, una linea di rigorosa autonomia
ne, Ugo vuole dominare e rivendicare il principio del possesso. nei confronti delle istituzioni finanziatrici. Passata, nei primi
Se Sarti non ha figli, Ugo ha un figlio, ma è come se non l'aves- mesi del 1988, alla Nuova Casa editrice Cappelli, «2000
se, perché è sempre chiuso in camera e con il padre non ci parla Incontri» si pone l'obiettivo di raccontare l'Emilia Romagna al
(quando si dice la gioia della paternità). netto di tare campanilistiche e con un taglio aperto ed emanci-
Se Sarti non va a puttane, pur conservando un rapporto spe- pato. Proprio sulle pagine del periodico Macchiavelli, seguendo
ciale con la Biondina, Poli, le mignotte, le chiama «coperte» e le il modello della segmentazione narrativa e del to be continued,
ordina, come fossero pizze, al portiere del solito albergo. Se comincia a pubblicare un romanzo apparentemente dedicato a
l'appartamento del sergente diventa, suo malgrado, un rifugio di Sarti Antonio e in realtà segnato dalla presenza di Poli Ugo.
scoppiati d'ogni risma, dove può capitare che qualcuno - o Ogni capitolo è corredato da una straordinaria illustrazione di
qualcuna - cacci il fumo per tirar su una canna, la casa del vicei- Magnus, cui spetta il merito geniale di aver conferito
spettore è una fortezza dominata dall'incomprensione e dall'au- all'Archivista la fisionomia di un Umberto Eco storpio e infero-
dio del televisore. Se per Sarti Antonio «tutta la vita è un unico, cito: eterna potenza della semiotica...
lungo guaio», per Poli Ugo «la vita è fascista». E chissà quale E, così, tra un approfondimento sulla Galleria Nazionale di
teoria dell'antifascismo può avere un animale così. Parma e un commento alla Storia dei costumi sessuali in

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Romagna dai Malatesti alle stagioni balneari, si dipana - ogni Macchiavelli gioca davvero in eccesso, senza risparmiarsi
trenta giorni - l'intreccio d'un giallo feroce, che tocca le truffe niente. E mentre la rivista si sforza di tematizzare le sciagure del
sanitarie e il traffico d'eroina, esplicitando i giochi trans-legali periodo, pubblicando articoli dal titolo «AIDS, mille strategie
dei potentati bolognesi e sbeffeggiando la normalità legalitaria contro il virus», Poli non si cura dell'attualità, delle malattie
sotto cui cova la merda di un'accumulazione insofferente alle infettive o dei rischi di ricaduta nel vizio. Il rapporto tra il vicei-
mediazioni giuridiche. Siamo nel periodo in cui l'ASL si chiama spettore e la bellissima infermiera Giuliana Puletti, con un pas-
SAUB, i profitti del mercato immobiliare si computano in milio- sato da tossica e un presente nelle comode vesti di compagna del
ni di vecchie lire al metro quadrato (oggi dovete aggiungere dottor Parmeggiani, è un monumento all'odio per la bellezza
diverse variabili inflative e convertire tutto in euro) e il presiden- che ti è interdetta, alla condanna esistenziale e all'impossibilità
te della Repubblica è quel Francesco Cossiga che, Bologna, la di riscatto. Un'impossibilità ribadita incontro dopo incontro e
conosce bene per averci mandato i cingolati. Che volete, scrive- che trova una cupa soluzione nella scena dello stupro, quando
re gialli non riesce a tutti e i modi per restaurare l'«ordine ini- lo Zoppo chiarisce - calzoni alle caviglie e bastone a portata di
ziale» sono molteplici. mano - la propria, grottesca, concezione dell'inevitabilità: «So-
La redazione del periodico, in accordo con l'editore, decide no un porco, vero? E io faccio il porco!».
di bandire un concorso: i lettori sono invitati a intervenire sulla A quasi vent'anni dalla pubblicazione, Sarti Antonio e il
conclusione e le migliori soluzioni verranno pubblicate insieme malato immaginario torna nelle librerie e, così, dopo l'ennesima,
a quella "ufficiale". Macchiavelli non solo rinuncia, senza fare recente, ricomparsa del sergente, anche Ugo Poli riscopre le
una piega, al monopolio sul chiarimento del mistero, ma assume croci e le delizie del Catalogo. È legittimo chiedersi se, a distan-
la pluralità dei finali, conservandola perfino nella versione in za di tanto tempo, le avventure dell'Archivista abbiano perso
volume, che esce proprio per Cappelli, nell'ottobre del 1988. mordente o se, al contrario, continuino a parlare ai lettori. Una
Così, negli ultimi due capitoli, l'omicidio di Luca Parmeggiani, volta ancora, la domanda va rivolta a Bologna, alla città «diver-
perché di omicidio si tratta, viene risolto in tre modi differenti. sa», che ha sempre reclamizzato la «diversità» e che Carlo Lu-
Allo Zoppo spetta il diritto di precedenza, visto che s'è fatto il carelli ha descritto - sulle orme di Pier Vittorio Tondelli - come
culo sull'inchiesta ed è giusto che sia lui a esporre la teoria più una cosa grande, spalmata lungo la via Emilia, tra un'alba di
credibile, impostata sul movente di una dolorosa vendetta. A Modena e una notte di Romagna.
Sarti, tocca in sorte uno scioglimento che ha il sapore del riscat- Si è anche scritto che Sarti Antonio è stato trait d'union tra
to rispetto all'affrettata deduzione dell'inizio e che riabilita lo due forme della «diversità», tra la città rossa e comunista, che si
stesso Rosas, uscito - grazie al divano del sergente - dal tunnel liberò da sé sollevandosi contro il nazi-fascismo, e la metropoli,
dell'autocommiserazione e dal ricordo di via Santa Caterina. E, californiana e lisergica, reticolare e deleuziana, fumettistica e
infine, al narratore anonimo, all'invisibile Watson di Sarti e Poli, blissettiana, degli anni Ottanta e Novanta. È tutto vero. Ma ora
compete l'ipotesi più incredibile, quella che ridicolizza l'icono- che il blues di Baker ha smesso d'echeggiare e molto del «gene-
grafia poliziesca moderna e del passato» e individua le ragioni re» s'è consegnato alla ripetizione delle tracce, è bene prendere
del crimine nel rancore d'una madre e d'una donna impiegata atto d'alcune cose. Che la transizione s'è conclusa e la «diver-
come portinaia nello stabile di via Saragozza. sità» si è estinta. Che Bologna è diventata una cosa piccola, una

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città uguale alle altre città, posseduta dal demone dell'ordine, Indice
ebbra di paura, pronta a evocare moralistiche censure, e capace
di sovversione come un bambino che piscia in riva al mare sotto
lo sguardo indulgente dei genitori. E che Ugo Poli, in questo
Paese e in questa città, ci sta alla perfezione, con tutto il corre-
do di miserie, frustrazioni e rancori. La solita overdose pag. 7
E allora va bene così. E se invece così non va bene, provate- Un bel tipo di questurino » 23
ci voi a cercarla, Bologna, e - già che ci siete - fate bene la cor-
tesia di dire dov'è che sta andando. Perché dov'è arrivata l'ab- Un tappo di più e un tappeto di meno » 43
biamo capito da soli. Sistemi non proprio » 61

Tommaso De Lorenzis Quando si dice impeccabile come un maggiordomo .... » 77


Bologna, luglio 2006 Una signora insignificante » 93
Quando uno non basta » 107
... e due sono troppi » 127
Rose rosse per te » 143
Ancora rose rosse » 159
Ad ognuno i suoi problemi » 177
A che servono le cliniche » 193
Periodo d'osservazione in una clinica speciale » 211
Le storie d'indagine hanno questo di bello: quando
credi di essere arrivato, punto e a capo » 229
Quando il bastone è un'arma » 251
Un individuo pericoloso » 269
Non è detto » 285
Postfazione di Tommaso De Lorenzis » 301

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Loriano Macchiavelli
bolognese, pubblicato dai più importanti
editori italiani, ha scritto una trentina
di romanzi, molti dei quali tradotti in diversi
Paesi esteri. Del suo personaggio più famoso,
il poliziotto Sarti Antonio, sono stati realizzati
anche fiction televisive e fumetti.
Presso Dario Flaccovio Editore, nel 2005
è uscito Le piste dell'attentato, con i disegni
di Gianni Materazzo.

Magnus
(Bologna, 1939 - Castel Del Rio, 1996)
è lo pseudonimo di Roberto Raviola,
Finito di stampare il disegnatore forse più amato
nel novembre 2006
nella storia del fumetto italiano,
dalla
Priulla s.r.l. - Palermo uno dei pochi le cui opere sono
continuamente ristampate.
Per Sarti Antonio e il malato immaginario
ha realizzato una serie di magnifiche
illustrazioni che costituiscono
anche l'unico omaggio
che abbia mai reso alla sua città.
Un giallo feroce,
che tocca le truffe sanitarie
e il traffico d'eroina.
dalla postfazione di Tommaso De Lorenzis

Sarti Antonio
e il malato immaginario

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