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JUHANI PALLASMAA

LA MANO CHE PENSA


SAGGEZZA ESISTENZIALE
E INCARNATA NELL’ARCHITETTURA
sommario

Introduzione 9 Pensare attraverso i sensi 115


Memoria incarnata e pensiero 119
Capitolo 1. La mano misteriosa 25 Conoscenza esistenziale 121
Le essenze multiple della mano 25
Che cos’è la mano? 29 Capitolo 6. Corpo, sé e mente 125
Mano, occhio, cervello e linguaggio 32 Il corpo come luogo 125
La mano come simbolo 37 Il mondo e il sé 126
I gesti della mano 40 Il mondo e la mente 129
I linguaggi della mano 41 Spazio esistenziale nell’arte 130

Capitolo 2. La mano al lavoro 45 Capitolo 7. Emozione e immaginazione 133


La mano e lo strumento 45 Realtà dell’immaginazione 133
La mano dell’artigiano 48 Il dono dell’immaginazione 136
Artigianato collaborativo 57 Realtà dell’arte 138
Architettura come mestiere 61 Arte ed emozione 141
Esperienza artistica come scambio 141
Capitolo 3. Fusione occhio-mano-mente 67
Sperimentazione e arte del gioco 67 Capitolo 8. Teoria e vita 143
Abilità e noia 75 Teoria e fare 143
Occhio, mano e mente 79 Opposizione di teoria e pratica 145
Architettura come immagine di vita 149
Capitolo 4. La mano che disegna 85 Il compito dell’arte 150
Disegnare e il sé 85
La tattilità del disegnare 87 Indice dei nomi 154
La mano computerizzata 92
Il primato del tatto: apticità dell’immagine di sé 99 Biografia e bibliografia di Juhani Pallasmaa 158
Il tatto inconscio nell’esperienza artistica 100
Crediti fotografici 159
Capitolo 5 Il pensiero incarnato 105
La fusione creativa 105
La fatica del pensare: il valore dell’incertezza 109
Resistenza, tradizione e libertà 113
3. FUSIONE OCCHIO-MANO-MENTE

Quest’immagine [del modello dell’artista] mi viene rivelata


come se ogni tratto di carboncino cancellasse un po’ della
nebbia che prima di allora mi aveva impedito di vederla [...]
oltre la foschia di quest’immagine incerta sono in grado di
percepire la struttura di linee solide. Questa struttura libera
la mia immaginazione, che lavora, nella seduta successiva,
in sintonia con l’ispirazione che deriva sia dalla struttura
che direttamente dal modello. [...] I disegni, contenendo
tutte le sottili osservazioni fatte durante il lavoro, nascono
da una fermentazione interna, simili a bolle in uno stagno.
Henri Matisse1

Sperimentazione e arte del gioco

Nel suo libro The Nature and the Art of Workmanship, David Pye
Durante la ricerca creativa le azioni della mano, dell’occhio e della mente divide il mestiere in due categorie: il “mestiere del rischio” e il
si fondono in un unico processo di scansione seminconscio. Qui, l’atten- “mestiere della certezza”. Il primo atteggiamento verso il me-
zione dell’architetto continua a spostarsi dalla pianta alla sezione e ai
vari dettagli, alternandosi in continuazione. stiere “sta a significare che in ogni momento, vuoi per disat-
Alvar Aalto, primi schizzi per la Chiesa delle tre Croci a Vuoksenniska, Ima- tenzione, o per inesperienza, oppure per caso, l’artigiano può
tra, Finlandia, presumibilmente intorno al 1955. Matita su carta da lucido. rovinare il proprio lavoro”. Nel secondo approccio “la qualità
del risultato è predeterminata e va oltre il controllo dell’opera-
tore”. David Pye, egli stesso un abile maestro artigiano di og-
getti di legno, conclude che: «Tutti i lavori dell’uomo che sono
stati particolarmente ammirati dall’inizio della nostra storia
sono stati realizzati attraverso il mestiere del rischio, fatta ec-
cezione solamente per le ultime tre o quatto generazioni»2.

1. Henri Matisse, “Portraits” (1954), in Jack D. Flam, a cura di, Matisse On


Art, ep Dutton, New York, 1978, p. 152.
2. David Pye, The Nature and the Art of Workmanship, The Herbert Press,
juhani pallasmaa

Quest’intrigante distinzione dei mestieri artigianali in due


categorie, con le loro implicazioni etiche distinte, si applica
anche agli studi di architettura contemporanei. La maggior
parte degli studi utilizza nel proprio lavoro metodi e soluzioni
standard, consolidati e testati, mentre gli studi più ambiziosi
e coraggiosi tendono a sperimentare con nuove strutture, for-
me, materiali, dettagli, e con le loro combinazioni. Questi studi
sono disposti ad affrontare un “lavoro del rischio”. Di solito,
il “rischio” comporta l’incertezza mentale di avanzare per un
sentiero non battuto, mentre i rischi veri e propri, in relazione
alla sicurezza, alla durata nel tempo, alla qualità estetica e così
via, di solito possono venir ridotti con l’esperienza lavorativa,
calcoli attenti, ricerca, sperimentazione e test di laboratorio o
prototipi. Il rischio riguarda la personalità, i valori, le credenze,
le ambizioni dell’architetto stesso – la propria identità come
architetto e professionista. Lo stato creativo è una condizione
di immersione aptica, dove la mano esplora, ricerca e tocca in
maniera semindipendente. L’architetto finlandese Reima Pie-
tilä (1923–1993) paragonava il processo progettuale alle azioni
del pescare e del cacciare; non si può essere per nulla certi di
ciò che si otterrà, e neppure se se ne ricaverà di fatto qualcosa.
Il metodo di lavoro di Pietilä era una curiosa fusione di esplora-
zioni linguistiche e visive; il suo schizzare sembra essere un’in-
dagine attraverso parole inventate, mentre il suo linguaggio
scritto e parlato spesso riflette caratteristiche dello schizzare
per immagini visive. Sia le sue linee che le sue parole indagano Indagine tattile attraverso gli schizzi. Un primo schizzo per la forma non
e modellano i confini di un territorio sconosciuto. Spesso studi geometrica del progetto architettonico.
sulla morfologia del caratteristico paesaggio finlandese gli ri- Raili e Reima Pietilä, Chiesa di Kaleva, Tampere, Finlandia, concorso del
velano il linguaggio formale, la struttura, la tessitura e il ritmo 1959, esecuzione del 1964–1966. Schizzo a carboncino.
dei suoi progetti3.

London, 1995, p. 9.
3. Vedi Juhani Pallasmaa, “Reima Pietilä ja Rakennustaiteen museon piiri
[Reima Pietilä e il circolo del museo dell’architettura finlandese]”, in Raili
ja Reima Pietilä: Modernin Arkkitehtuurin haastajat [Raili e Reima Pietilä:

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schizzare. «In tali casi procedo spesso in modo del tutto istin-
tivo. Dopo aver assimilato fin nell’inconscio le caratteristiche
del tema e le infinite esigenze che vi sono connesse, cerco
di dimenticare per un momento la gran quantità di problemi
e comincio a disegnare in un modo che ricorda molto l’arte
astratta. Disegno, guidato unicamente dall’istinto, tralascian-
do qualsiasi sintesi architettonica, giungendo a volte a compo-
sizioni del tutto infantili, e per questa via nasce gradualmente,
proprio da base astratta, l’idea principale, specie di punto di
partenza, grazie al quale, poi, si riesce ad armonizzare fra loro
gli innumerevoli problemi particolari e contraddittori»4.
L’approccio progettuale di Aalto evidenzia come nel lavoro
creativo una coscienza focalizzata debba momentaneamente
allentare la presa, per cedere il campo a una modalità di ana-
lisi incarnata e inconscia. Gli occhi e il mondo esterno per un
momento si offuscano, mentre coscienza e visione vengono
interiorizzate e incarnate.
«Disegnando la biblioteca di Viipuri (avevo a disposizione
molto tempo: cinque interi anni) impiegai lunghi mesi ricercan-
do per tentativi, aiutandomi con schizzi quasi infantili. E così,
con l’aiuto della visione di un fantastico paesaggio montano
I primi schizzi di Alvar Aalto di un “paesaggio di montagna fantastico
con pendii, illuminato da molti soli”, durante il processo di progettazione coronato da astri solari che da diversa altezza ne illuminavano
della Biblioteca di Viipuri, Viipuri, Finlandia, 1927–1935. le falde, è nata gradualmente l’idea madre della biblioteca. [...]
Gli schizzi hanno un rapporto indiretto con la concezione ar-
chitettonica, ma sono loro che hanno permesso l’articolazione
di sezioni e piante in intima connessione, consentendo l’unio-
ne tra struttura orizzontale e verticale»5.
Alla fine, gli schizzi subconsci di Aalto di “paesaggi monta-
Alvar Aalto ci fornisce un’intuizione rara e intima del pro-
ni” e di “molteplici astri solari” lo hanno portato alla soluzione
cesso creativo, associativo e sperimentale di una grande men-
della biblioteca, che consisteva in diversi piani a gradoni e in
te, segnalando il ruolo fondamentale della mano distratta e
un totale di 5 7 lucernari conici con un diametro di 1,8 metri,
del suo gioco, apparentemente inconscio e senza scopo, nello

4. Alvar Aalto, “La trota e il ruscello di montagna”, in Idee di architettura.


gli sfidanti dell’architettura moderna], Museum of Finnish Architecture, Scritti scelti 1921–1968, Zanichelli Editore, Bologna, 1987, p. 90.
Helsinki, 2008, pp. 16-23. 5. Loc. cit.

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Alvar Aalto, Biblioteca di Viipuri, Viipuri, Finlandia, 1927–1935.


Sala di lettura con entrata posta in basso, zona sopraelevata con il ban-
cone dei prestiti e lucernai circolari, che emergono dal suo bozzetto di un
paesaggio di montagna immaginario.

Alvar Aalto concepì la sua casa estiva come un deliberato esperimento


architettonico e di conseguenza la chiamò “La casa sperimentale”.

che impedivano alla luce diretta del sole, con angolo massi-
mo di 52 gradi o un po’ meno, di entrare. Il progetto, nato da
scarabocchi fatti a briglie sciolte, è diventato uno dei progetti
d’architettura fondamentali del funzionalismo. Aalto era soli-
to schizzare sulla carta da lucido arrotolata che poteva venire note verbali, e ritorno. Talvolta, nel bel mezzo del lavoro su un
strappata in strisce infinite e gli consentiva di continuare a di- preciso progetto, la sua mente sembra fluttuare momentane-
segnare in modo simile al “flusso di coscienza” e alla “scrittu- amente su un progetto completamente diverso – o, magari,
ra automatica”. Queste strisce di carta da lucido aprono uno su un complemento d’arredo o su un accessorio per l’illumi-
scorcio sulla mente di Aalto al lavoro, una mente che continua nazione. Gli schizzi di Aalto mostrano concretamente la non
a spostarsi dal tutto alle parti, dalle idee in pianta e sezione linearità del processo progettuale e il caratteristico zoomare
ai dettagli, ai calcoli di base delle dimensioni e delle aree o alle avanti e indietro attraverso le varie scale e i diversi aspetti di

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un progetto in modo simile, di fatto, a quanto confessava di fondazioni a forma libera su rocce naturali, su un sistema di
fare Renzo Piano. Oltre alla fluidità del suo processo creativo, i supporto a forma libera, sul riscaldamento solare e sull’“effetto
delicati schizzi di Aalto dimostrano anche l’essenziale collabo- estetico delle piantumazioni”7.
razione senza soluzioni di continuità di occhio-mano-mente. Gli esperimenti nella scultura di Alvar Aalto sulle diverse
Nel contesto della sua Experimental House a Muuratsalo tecniche di piegatura del legno, che furono condotti mentre
(1952–1953), Aalto rileva l’importanza della sperimentazione stava sviluppando i suoi mobili di legno piegato, durante gli
e del gioco nel suo metodo progettuale, mentre allo stesso anni Trenta e i primi anni Quaranta, dimostrano il ruolo semin-
tempo sottolinea il senso di responsabilità: «Ho la ferma con- dipendente della sperimentazione artistica nel design. Dall’al-
vinzione e la sensazione istintiva che nel mezzo della nostra tra parte, le famose sperimentazioni sulle strutture invertite
epoca laboriosa, calcolatrice e utilitaria, dobbiamo continuare di Antoni Gaudì esemplificano l’uso dei modelli fisici concepiti
a credere nel significato cruciale del gioco mentre edifichia- per definire il comportamento e la forma di una struttura ar-
mo una società per gli esseri umani, quei bambini cresciuti. La chitettonica. Gli attuali esperimenti di Mark West alla Facoltà
stessa idea, in un modo o nell’altro, fa da sfondo nella mente di di Architettura dell’Università di Manitoba sulle strutture di
ogni architetto responsabile. Una concentrazione unilaterale cemento colato in casseforme di tela continuano questa ten-
sul gioco, tuttavia, ci condurrebbe a giocare con forme, strut- denza orientata a scoprire nuove idee strutturali attraverso
ture e, alla fine, con il corpo e l’anima delle persone; tutto ciò sperimentazioni materiali dirette; è il processo del fare che dà
significherebbe trattare il gioco come una burla [...], noi abbia- luogo a formulazioni teoriche piuttosto che il contrario.
mo il dovere di combinare il lavoro serio di laboratorio con la
mentalità del gioco, o viceversa. Solo quando le parti costrut-
tive di un edificio, le forme derivate logicamente da esse, e la Abilità e noia
nostra conoscenza empirica si colorano di ciò che potremmo
seriamente chiamare l’arte del gioco, solo allora siamo sulla Un mestiere si basa sull’apprendimento di abilità specializzate;
giusta strada. La tecnologia e gli aspetti economici devono Sennett definisce l’abilità come una pratica appresa attraver-
sempre combinarsi con il miglioramento della vita»6. so l’esercizio8. Qualsiasi abilità richiede un esercizio assiduo:
L’Experimental House è un tentativo a livello concettuale «Quando ero uno studente alla Juillard, ci esercitavamo quin-
e filosofico e al contempo un test sull’uso dei materiali e sul dici ore al giorno, e sapevamo che tutto il tempo passato lon-
dettaglio. La casa estiva, costruita in mattoni sul paesaggio tano dal piano era tempo perso» confessa il pianista Misha
lacustre finlandese, in una regione e a fronte di una tradizio- Dichter9. Questa ammissione dice esplicitamente che ogni
ne tipologica costruttiva che utilizza prevalentemente il legno abilità manuale specialistica – sia essa quella di un pianista, di
per l’edificazione, riflette l’immagine di un atrio di una casa
mediterranea, ma il progetto racchiude anche esperimenti
sui diversi usi del mattone e delle piastrelle in ceramica, su 7. Loc. cit. Gli esperimenti sulle fondazioni, i supporti e il riscaldamento
solare, che erano inclusi nella concezione iniziale del progetto, non sono
stati eseguiti.
6. Alvar Aalto, “Experimental House in Muuratsalo”, in «Arkkitehti», n. 8. Sennett, op. cit., p. 19.
9-10, 1953. 9. Cit. in Wilson, op. cit., p. 210.

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un burattinaio o di un giocoliere – richiede una pratica inde- Brodskij dà risalto anche all’importanza del processo di
fessa fondata su una dedizione e un coinvolgimento ossessi- lavorazione rispetto al risultato finale nella coscienza di colui
vi. La stima, basata su ricerche, porta a concludere che ogni che crea: «Ora, nessun onesto artigiano o artefice si rende con-
abilità manuale o fisica, specializzata e impegnativa, richiede to, mentre sta lavorando, se sta facendo o creando qualcosa.
circa mille ore di pratica. «É un numero che, come osserva lo [...] La prima, la seconda e ultima realtà per lui è il lavoro in sé,
psicologo Daniel Levitin, ritorna spesso negli studi condotti su il processo stesso di lavorazione. Il processo ha la precedenza
compositori, giocatori di pallacanestro, romanzieri, pattinatori sul risultato, non fosse altro perché il secondo è impossibile
sul ghiaccio nonché sui maestri del crimine»10. senza il primo»13. Il poeta sembra dire che, sebbene la perfezio-
L’esercizio esagerato tanto quanto il pensiero ossessivo pos- ne del risultato finale abbia, naturalmente, un significato fon-
sono arrivare a soffocare la performance. Anton Ehrenzweig damentale per l’artista e per l’autore, essa nasce ed è raffinata
(1908–1966) – pianista, cantante e ricercatore sulla prospet- dal processo, invece di essere una mera idea precostituita. Pro-
tiva psicanalitica nell’arte e nel fare artistico – sottolinea il prio allo stesso modo, bellezza e semplicità non possono esse-
necessario bilanciamento fra la precisione dell’atto e il simul- re idee preconcette, obiettivi consapevoli nel lavoro artistico;
taneo impulso vitale, come suo indispensabile contrappunto: si arriva a queste qualità lavorando per questo scopo. Brodskij
«Il pianista coscienzioso in prima istanza sente il desiderio di infatti critica Ezra Pound per il suo errore nell’aspirare diret-
acquisire la necessaria maestria per regolarizzare e uniformare tamente alla bellezza: «[Egli] avrebbe dovuto rendersi conto
l’azione delle sue dita. Se ignorerà le inflessioni spontanee del che la bellezza non può essere programmata, essendo sempre
suo suonare, ucciderà lo spirito della musica viva. Non ascol- l’effetto secondario di altre ricerche, spesso molto normali»14.
terà né quanto il suo corpo gli comunica, né rispetterà la vita Brancusi, il maestro della riduzione, formulò un’asserzione
indipendente del suo lavoro»11. Allo stesso modo Iosif Brodskij esattamente identica in riferimento alla ricerca della purezza
ci mette in guardia rispetto all’impatto negativo dell’esperien- e della semplicità: «La semplicità non è il fine dell’arte, anzi, vi
za: «In effetti (nell’arte e, vorrei credere, anche nella scienza), si arriva nostro malgrado nel cercare un approccio alla natura
l’esperienza e la perizia che a essa si accompagna sono i peg- intima delle cose; in fondo, la semplicità è complessa, e per ca-
giori nemici di chi fa»12. L’ammonimento del poeta si riferisce pirne il senso bisogna essersi nutriti della sua essenza»15. In un
qui alla falsa disinvoltura e al senso di sicurezza facilmente altro contesto lo scultore confessa: «Non mi do mai la briga di
assunto dall’esperienza consolidata e comprovata. L’indivi- produrre quella che si suole definire una forma astratta o pura;
duo e l’artigiano creativo e di spessore affrontano ogni lavoro la purezza e la semplicità non le ho mai in mente: il mio unico
in modo differente, e questo approccio è l’opposto di quello scopo è arrivare al senso reale delle cose»16.
dell’esperto. Esercitarsi in un’abilità implica una pratica e una ripetizione

10. Sennett, op. cit., p. 168. 13. Ibid., p. 251.


11. Anton Ehrenzweig, The Hidden Order of Art: A Study in the Psychology 14. Iosif Brodskij, Fondamenta degli Incurabili, Adelphi, Milano, 2008, p. 61.
of Artistic Imagination, Paladin, St Albans, Hertfordshire, 1973, p. 5 7. 15. Catalogo della mostra su “Constantin Brancusi” alla Brummer Gallery
12. Iosif Brodskij, “Il miagolio di un gatto”, in Profilo di Clio, Adelphi, Mi- di New York (1926), ora ripubblicato in Shanes, op. cit., p. 106.
lano, 2003, p. 252. 16. Cit. Dudley, op. cit., p. 107.

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talmente costanti da confinare con la noia17. Tuttavia il gra- conseguenze per la capacità immaginativa, di invenzione e
duale miglioramento delle prestazioni, combinato con la de- comprensione di sé del bambino stesso. Nella vita quotidiana
dizione, tiene a bada la sensazione negativa di noia. Infatti comune l’equipaggiamento e l’armamentario meccanizzato,
l’esperienza del tempo lento e la noia danno origine all’attività automatizzato ed elettronico, con le loro funzioni e i loro mec-
mentale della meditazione. Personalmente, ho imparato a es- canismi invisibili, potrebbero indebolire il senso della causalità
sere grato ai miei giorni dolorosamente interminabili trascorsi fisica anche negli adulti, per non parlare dell’eventuale impat-
da bambino, durante gli anni della guerra, nella piccola fattoria to dell’intrattenimento standard e dei giochi digitali sull’inte-
di mio nonno e all’esperienza della noia provocata dall’assen- razione umana e sul senso di compassione.
za di stimoli esterni, che sarebbero potuti arrivare da amici, Noia e ripetizione sono in relazione e, malgrado tutto, ap-
hobby, spettacoli di intrattenimento o libri che in ogni caso prendere qualsiasi abilità specializzata richiede una ripetizione
non sarebbero stati disponibili nella vita solitaria di una fat- ad absurdum. Mi sembra che l’attuale gioventù sovrastimolata
toria finlandese di circa settant’anni fa. Sono divenuto grato a tenda a considerare la ripetizione come semplice sofferenza.
questo senso di curiosità e desiderio di osservazione suscitati Anche una successione rallentata di eventi, come guardare la
dall’assenza di stimoli primari deliberatamente programmati progressione lenta dei film di Andrej Tarkovskij, è vissuta da
e a me garantiti dagli altri. Come annota Odo Marquard, nel molti studenti d’oggi, condizionati dalla stimolazione accelera-
mondo attuale abbiamo in gran parte perduto “la capacità di ta del cinema d’azione, come fisicamente intollerabile.
solitudine”18.
L’esperienza della noia nella prima infanzia accende l’im-
maginazione e dà origine all’osservazione, al gioco e all’im- Occhio, mano e mente
maginazione indipendenti e autonomi. Questa condizione
ci guida inoltre a comprendere essenziali relazioni di causa- Per lo sportivo e l’artigiano, allo stesso modo che per il presti-
lità fra le cose. L’attuale tendenza di familiari e insegnanti giatore e l’artista, la fluida e inconscia collaborazione dell’oc-
a sovrastimolare il bambino potrebbe avere catastrofiche chio, della mano e della mente è cruciale. Man mano che la
performance viene lentamente perfezionata, le percezione e
17. Il filosofo norvegese Lars F.H. Svendsen fa una mappa della storia e l’azione della mano e del pensiero perdono la loro indipenden-
del significato sempre mutevole della noia nel suo piacevole libro Filoso- za e si trasformano in un unico sistema di reazione e rispo-
fia della noia (Guanda, Parma, 2004). Basando le sue asserzioni su quelle sta coordinato in modo subliminale. Alla fine, è il senso di sé
di Brodskij, lo scrittore propone, per esempio, l’idea che «La nostra vita
in fondo è noiosa: lo dimostriamo conferendo tanta importanza all’origi- dell’artefice che sembra portare a compimento il lavoro, come
nalità e all’innovazione. Oggi si tiene in maggior considerazione ciò che se il suo stesso senso esistenziale facesse emanare l’opera o la
è “interessante” rispetto a ciò che ha “valore”. Valutare le cose solo ed performance. L’identificazione dell’artefice con l’opera è com-
esclusivamente dal punto di vista di quanto siano “interessanti” significa pleta. Al suo meglio, il flusso mentale e materiale fra l’opera e il
vederle in una prospettiva puramente estetica. [...] Lo sguardo estetico suo creatore è talmente seducente che l’opera sembra di fatto
deve essere stimolato da una maggiore intensità o ancor meglio da qual-
cosa di nuovo. Questa ideologia dello sguardo è un superlativismo» in
autoprodursi. In realtà è questa l’essenza dell’esperienza esta-
ibid., p. 28. tica dello slancio creativo; gli artisti continuamente riportano
18. Ibid., p. 161. la loro sensazione di registrare semplicemente ciò che viene
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loro rivelato e che emerge involontariamente al di là del loro si trova in ogni punta di pennello», come mette in luce il poeta
controllo intellettuale cosciente. «Il paesaggio si pensa in me Randall Jarrell a proposito del lavoro di un pittore maturo23.
ed io ne sono la coscienza» confessa Paul Cézanne19. William Quando un pittore, diciamo Vincent van Gogh o Claude Mo-
Thackeray osserva l’indipendenza dei suoi personaggi: «Non net, dipinge una scena, la sua mano non tenta di duplicare o
controllo i miei personaggi; sono nelle loro mani, e mi portano mimare ciò che l’occhio vede o che la mente concepisce. Il di-
ovunque vogliano»20. Quando Honoré de Balzac fu criticato pingere è un atto integrato e singolare, nel quale la mano vede,
per aver creato un eroe che si muoveva unicamente da una l’occhio dipinge e la mente tocca. «La mano vuol vedere, gli oc-
tragica disavventura a un’altra, egli rispose così: «Non secca- chi vogliono accarezzare» ha osservato Johann Wolfgang von
temi... queste persone non hanno per nulla spina dorsale. Ciò Goethe24; o: «Nulla sfugge al grande Pensatore – Egli sa tutto,
che accade loro è inevitabile»21. vede tutto, sente tutto. I suoi occhi sono nelle sue orecchie, le
L’unione di occhio, mano e mente crea un’immagine che sue orecchie nei suoi occhi» è come Brancusi descrive la condi-
non è solo una registrazione visiva o una rappresentazione zione totalmente integrata della sua scultura Socrate 25.
dell’oggetto; essa è l’oggetto. Come osserva Jean-Paul Sartre: L’intenzione, la percezione e il lavoro della mano non esisto-
«Egli [il pittore], per l’appunto, ne fa [di case], cioè crea una no come entità separate. Il solo atto del dipingere, e proprio la
casa immaginaria sulla tela, e non un segno di casa. E la casa fisicità e materialità che gli appartengono, rappresenta sia un
che così appare conserva tutta l’ambiguità delle case reali»22. mezzo che un fine. «In Monet, così come in altri pittori molto
Nel momento in cui il calciatore colpisce o agguanta il pallo- diversi da lui, parte dell’obiettivo è lavorare fintantoché non
ne, il complesso occhio-mano-mente è già passato attraverso sia più possibile dire quale strato di pittura stia sopra e quale
l’istantaneo e inconscio calcolo delle relative posizioni spa- sotto. [...] Il prato non è più una cartolina cosparsa di piante
ziali, velocità e movimenti, così come per una serie di piani- recise, ma una ricca terra argillosa ricoperta da una flora vitale
ficazioni strategiche. Il difficile compito di fondere le diverse e in movimento, vivacemente ricca d’ombre. Le pastose pen-
dimensioni del tempo – percezione, obiettivo e risposta – in nellate di Monet fanno sì che ciò accada innalzando bagliori di
un’azione di mezzo secondo è concepibile solo attraverso l’al- luce che scintillano casualmente fra le foglie e i gambi dipinti,
lenamento assiduo, che è stato capace di incarnare l’obiettivo, confondendo l’occhio e simulando l’impossibile caos di un cam-
facendolo diventare un ingrediente del senso di sé dell’atleta, po reale»26 così James Elkins descrive l’alchimia sperimentale di
invece di affrontare la situazione come un compito distaccato
ed esterno. Allo stesso modo il musicista e il pittore devono
23. Randall Jarrell, “Against Abstract Expressionism”, in Joseph Donald
fondere l’azione dell’occhio, della mano e della mente in una ri- McClatchy, a cura di, Poets on Painters: Essays on the Art of Painting, Uni-
sposta unica e singolare. «Un universo è stato ridotto a ciò che versity California Press, Berkeley, Los Angeles, London, 1990, p. 189.
24. Cit. in Brooke Hodge, a cura di, Not Architecture But Evidence That
19. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 36. It Exists – Lauretta Vinciarelli: Watercolors, Harvard University Graduate
20. Cit. in Juhani Pallasmaa, “Piilotajunta ja luovuss [Inconsapevolezza e School of Design, Cambridge (Massachusetts), 1998, p. 130.
creatività]”, in Maailmassaolon taide [L’arte di stare al mondo], Painatuske- 25. Cit. in Pontus Hulten, Natalia Dumitresco, Alexandre Istrati, Brancusi,
skus/Kuvataideakatemia, Helsinki, 1993, p. 68. Harry N. Abrams, New York, 1987, p. 148.
21. Loc. cit. 26. James Elkins, What Paintings Is, Routhledge, New York, London, 2000,
22. Jean-Paul Sartre, Che cos’è la letteratura, Net, Milano, 2004, p. 14. p. 14.

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una pittura di Monet. Il processo, il prodotto e il suo artefice luce risvegliano l’oggetto alla vita piena. «L’arte deve darsi
sono completamente fusi. «Come la poesia o qualsiasi altra improvvisamente. Tutta in un colpo solo, lo shock della vita, la
impresa creativa, la pittura è qualcosa che si risolve nel fare, sensazione di respirare» afferma Brancusi30.
e il lavoro e il suo artefice si scambiano idee modificandosi re- Oltre a portare nuova vita nella scena, un lavoro di spessore
ciprocamente. [...] Al momento di iniziare, i pensieri sono solo proietta l’essenza metafisica dell’oggetto e, di fatto, crea un
linee guida, e la vera sostanza del lavoro è completamente in mondo. «Se il pittore ci presenta un campo o un vaso di fiori
fieri»27. i suoi quadri sono finestre aperte sul mondo intero» asserisce
La stessa fusione di interno ed esterno, materiale e mentale, Jean-Paul Sartre31. Questo mondo evocato da un’opera d’arte
pensiero ed esecuzione prendono posto nel lavoro del desi- significativa è un mondo esperienziale reale. Maurice Merle-
gner e dell’architetto, sebbene il loro lavoro sia generalmente au-Ponty segnala la natura multidimensionale e multisensoria-
prolungato in modo doloroso e interrotto da fasi meno cre- le di un’opera d’arte: «Noi vediamo la profondità, il vellutato, la
ative e intime. Una delle richieste più ardue rivolte a un ar- morbidezza, la durezza degli oggetti – Cézanne dice perfino:
chitetto è la capacità di mantenere per diversi anni, e qualche il loro odore. Se il pittore vuole esprimere il mondo, bisogna
volta per diversi progetti successivi e alternativi, un senso di che la disposizione dei colori rechi in sé questo Tutto indivisi-
ispirazione e di freschezza nell’approccio28. bile; altrimenti la sua pittura sarà un’allusione alle cose e non
Elkins scrive a proposito della materia prima del pittore e le offrirà nell’unità imperiosa, nella presenza e nella pienezza
della sua relazione con i concetti e le pratiche alchemiche so- insuperabile che è per noi tutti la definizione del reale. È que-
stenendo che: «Deve essere niente (niente ancora, niente che sto il motivo per cui ogni pennellata deve soddisfare a un’in-
debba essere formato) e tutto (tutto in potentia, tutte le cose finità di condizioni, [...] come dice Bernard “[Ogni pennellata
che sono in attesa di esistere). [...] Materia prima è il nome per deve] contenere l’aria, la luce, l’oggetto, il piano, il carattere, il
lo stato della mente che vede tutto nel nulla»29. disegno e lo stile”. L’espressione di quel che esiste è un compito
La mano del pittore non solo riproduce l’apparenza visiva infinito»32.
dell’oggetto, della persona o dell’evento – osservato, ricorda- Tuttavia, a prescindere dalla smisuratezza o dall’impossibili-
to o immaginato –, la mano perfeziona il compito impossibile tà logica del compito dell’artista, il capolavoro riesce a ricreare
di ricreare la vera essenza dell’oggetto, il suo senso della vita non solo l’esistenza di un singolo oggetto, ma la vera essenza
in tutte le sue manifestazioni sensibili e sensuali. Le singo- del nostro mondo vissuto.
le pennellate in un ritratto di Rembrandt o in un paesaggio
impressionista non dipingono solo la forma, il colore e l’illu-
minazione dell’oggetto; le macchie di colore, le tessiture e la

27. Ibid., p. 78.


28. Sir Colin St John Wilson ha lavorato per 28 anni al suo progetto della
Biblioteca britannica (1971–1999), che ha attraversato periodi di severe 30. Cit. in Shines, op. cit., p. 67.
critiche professionali, pubbliche e dai reali. 31. Sartre, Che cos’è la letteratura?, cit., p. 45.
29. Elkins, op. cit., p. 84. 32. Merleau-Ponty, Senso e non senso, cit., p. 34.

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4. LA MANO CHE DISEGNA

L’arte della ritrattistica è una delle più straordinarie.


Richiede le doti più speciali dell’artista, e la possibilità di una
quasi totale identificazione del pittore con il suo modello.
Il pittore dovrebbe confrontarsi con esso senza nessuna
idea preconcetta. Ogni cosa lo dovrebbe raggiungere simile
ai molteplici profumi di un paesaggio di campagna: l’odore
della terra e l’effluvio dei fiori uniti al gioco delle nuvole, al
movimento degli alberi e ai diversi suoni della campagna.
Henri Matisse1

Disegnare e il sé

Schizzare e disegnare sono esercizi spaziali e aptici che fon-


dono in entità uniche e dialettiche la realtà esterna di spazio
e materia e la realtà interna di percezione, pensiero e imma-
ginario mentale. Mentre schizzo il contorno di un oggetto, di
una figura umana o di un paesaggio, tocco e sento realmente
la superficie dell’oggetto a cui sto dedicando la mia attenzione,
e inconsciamente percepisco e interiorizzo il suo carattere. Di
fatto, per la semplice corrispondenza del contorno osservato e
dipinto, replico con i miei muscoli anche il ritmo della linea, e
alla fine l’immagine viene registrata nella memoria muscolare.
In sostanza l’atto dello schizzare e del disegnare produce tre
diversi tipi di immagine: il disegno che compare sulla carta,
l’immagine visiva registrata nella mia memoria cerebrale e la
memoria muscolare dell’atto stesso del disegnare. Tutte e tre
le immagini sono istantanee semplici e momentanee, giacché
sono la registrazione di un processo temporale di percezioni,

1. Matisse, “Portraits”, cit., p. 152.


juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

misurazioni, valutazioni, correzioni e riconsiderazioni succes- Disegnare è, allo stesso tempo, un processo di osservazione
sive. Un disegno è un’immagine che comprime un intero pro- ed espressione, di dare e ricevere. Esso è sempre il risultato
cesso, fondendo in quell’immagine un preciso lasso temporale. di un ulteriore tipo di doppia prospettiva; un disegno guarda
Infatti uno schizzo è un’immagine del tempo, una porzione di simultaneamente verso l’esterno e l’interno, verso il mondo
azione cinematica registrata come immagine grafica. osservato e quello immaginato, e nella personalità del dise-
La natura multipla dello schizzo e la sua, per così dire, gnatore e del suo mondo mentale. Ogni schizzo e ogni disegno
esposizione stratificata, mi spingono a ricordare vividamen- contengono una parte dell’artefice e del suo mondo mentale,
te ognuna delle centinaia di scene che ho schizzato durante i nel momento stesso in cui egli rappresenta un oggetto o una
miei cinquant’anni di viaggi in giro per il mondo, mentre diffi- vista nel mondo reale, o un universo immaginato. Inoltre, ogni
cilmente riesco a ricordare tutti quei posti che ho fotografato, disegno è uno scavo nel passato e nella memoria del disegna-
a causa di una più debole capacità di registrazione corporea tore. John Berger descrive il ruolo fondamentale della fusione
dell’atto del fotografare. Ovviamente questa tesi non sminui- dell’oggetto e del disegnatore stesso: «È appunto l’atto di di-
sce il valore della fotografia come forma d’arte a pieno titolo, segnare che costringe l’artista a guardare l’oggetto che ha di
ma sottolinea le limitazioni fisiche della fotografia come atto fronte, a sezionarlo con gli occhi della mente e a rimetterlo
finalizzato alla registrazione di esperienze. insieme; o, se disegna a memoria, che lo costringe a dragare la
Negli ultimi decenni del xix secolo, al tempo in cui la fo- propria mente, a scoprire il contenuto della propria riserva di
tografia emergeva come una tecnica di registrazione e di in- osservazioni passate»3.
terpretazione del mondo fisico e biologico, Santiago Ramón
y Cajal, il padre della neurologia moderna, insisteva che tutti i
suoi studenti dovessero frequentare lezioni di acquerello e così La tattilità del disegnare
ragionava: «Se il nostro studio si concentrasse su un oggetto in
relazione all’anatomia e alla storia naturale, ecc., le osservazio- Quando traccia uno spazio immaginario o disegna un oggetto,
ni sarebbero accompagnate dallo schizzare, perché, a parte gli la mano si trova in un delicato e diretto rapporto di collabora-
altri vantaggi, l’azione del dipingere qualche volta disciplina e zione e d’interazione con l’immaginario mentale. L’immagine
potenzia l’attenzione, obbligandoci a coprire per intero il feno- scaturisce simultaneamente come rappresentazione interiore
meno studiato ed evitando quindi che dei dettagli, che di so- e mentale, e come figura tracciata dalla mano. È impossibile
lito passano inosservati a un’osservazione distratta, possano sapere se sia apparsa per prima la linea disegnata sulla carta,
sfuggire alla nostra attenzione. [...] Il grande Cuvier [Georges o se sia prima apparsa l’idea o la consapevolezza di un’inten-
Léopold Cuvier, il naturalista e zoologo francese (1769–1832)] zione: in un certo qual modo, pare che l’immagine si disegni da
ha ragione di affermare che senza l’arte del disegno la storia sola, servendosi come tramite della mano dell’uomo.
naturale e l’anatomia sarebbero impossibili. Non è un caso che
tutti i grandi osservatori siano abili nello schizzare»2.
to ‘What Am I Doing in Österfärnebo?’ by Cornelia Hesse-Honnegger”, in
Cornelia Hesse-Honnegger, Joan S. Davis, Cornelia Hesse-Honnegger. After
2. Cit. in John Allan Hobson, The Dreaming Brain, Basic Books, New York, Chernobyl, Verlag Hans Müller, Baden, 1992, p. 16.
1988, pp. 95-97. Ripubblicato in William Irwin Thompson, “An introduction 3. Berger, op. cit., p. 11.

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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

John Berger pone in evidenza questo tipo d’interazione dia- chi disegna. Spesso è proprio l’atto in sé del disegnare, l’impe-
lettica tra realtà interiore ed esteriore: «Ogni linea che traccio gno profondo nell’atto di pensare inconsciamente mentre si fa
riforma la figura sul foglio, e al contempo ridisegna l’immagine qualcosa, che porta alla luce un’immagine o un’idea. In inglese,
nella mia mente. E come se non bastasse, la linea disegnata ri- il verbo to draw (disegnare) significa anche tirare fuori, e ciò
disegna il modello, poiché cambia la mia capacità percettiva»4. mette in evidenza un altro carattere significativo ed essenziale
Anche Henri Matisse fa un’affermazione analoga: «Quando di- del disegnare, ossia il fatto di essere un mezzo per estrarre,
pingo un ritratto, ritorno di continuo al mio abbozzo, ed ogni rivelare e concretare immagini mentali e sensazioni intime,
volta è un nuovo ritratto quello che mi trovo a dipingere: non così come lo è per riprodurre il mondo esterno. La mano sen-
uno che sto perfezionando, ma proprio uno notevolmente di- te quest’invisibile stimolo senza forma, lo trascina nel mondo
verso, cui ogni volta sto mettendo mano; ed ogni volta dalla dello spazio e della materia e gli dona una forma: «Tutto quel
stessa persona tiro fuori un diverso modo di essere»5. È chiaro che i suoi occhi vedono, lo palpa con le dita» commenta John
che l’atto del disegnare mescola percezione, memoria e senso Berger in merito alla dimensione tattile dei disegni di Vincent
personale del sé e della propria vita: un disegno rappresenta van Gogh 7 . È appunto l’atto di toccare con le dita gli oggetti
sempre qualcosa di più di ciò che ne costituisce l’effettivo sog- dell’osservazione o del sogno, intimi o remoti, a dare origine
getto materiale. Ogni disegno rappresenta una testimonianza: al processo creativo. In modo analogo, nello scrivere è di fre-
«Il disegno di un albero non mostra un albero, ma un albero quente (anzi, molto di frequente) il processo stesso della scrit-
che viene osservato. […] Nella visione istantanea di un albero tura a dare origine alle idee più inattese e a un flusso mentale
si fonda l’esperienza di una vita»6. Un disegno non riproduce, di particolare e ispirata scioltezza. La mano ha senza dubbio
per esempio, un albero come questo si manifesta nella real- un ruolo centrale nella scrittura: ma non solo nella scrittura,
tà oggettiva, bensì conserva traccia del modo in cui l’albero dal momento che anche il comporre poesia o musica costitui-
era stato visto e percepito. L’immagine mentale originaria può sce un atto incarnato, esistenziale. Il poeta Charles Tomlinson
scaturire sotto forma di entità visiva, ma può essere anche mette in luce il fondamento corporeo dell’atto del dipingere
un’impressione tattile, muscolare o fisica, o anche una sensa- e dello scrivere poesia8. John Berger descrive con linguaggio
zione priva di contorni, cui la mano dà concretezza in un in- poetico gli atti resi corpo, le interiorizzazioni e le proiezioni
sieme di linee che progettano una forma o una struttura. Non di cui ravvisa il verificarsi nel processo esecutivo dei disegni
si può sapere se l’immagine sia sorta dapprima nella mente, e di van Gogh: «I gesti nascono dalla mano, dal polso, dal brac-
di séguito sia stata registrata dalla mano, o se invece non sia cio, dalla spalla, forse addirittura dai muscoli del collo, eppure
stata la mano a produrla in modo autonomo, o se piuttosto i tratti sul foglio seguono correnti di energia che fisicamente
non sia venuta a galla come risultato di una cooperazione pri- non sono sue [di van Gogh] e che diventano visibili solo quan-
va di soluzioni di continuità fra la mano e lo spazio mentale di do le disegna. Correnti di energia? L’energia di un albero che
cresce, di una pianta alla ricerca della luce, di un ramo che ha
bisogno di trovare il proprio spazio fra quelli vicini, delle radici
4. Ibid., p. 140.
5. Henri Matisse, “Looking at Life with the Eyes of a Child” (1953), in Flam,
op. cit., p. 149. 7. Ibid., p. 27.
6. Berger, op. cit., p. 89. 8. Charles Tomlinson, “The Poet as Painter”, in Mc Clatchy, op. cit., p. 280.

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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

dei cardi e degli arbusti, del peso delle rocce confitte su un


pendio, della luce del sole, dell’attrazione dell’ombra per tutto
quel che è vivo e soffre per il caldo, del mistràl in arrivo da
nord che ha modellato gli strati delle rocce»9. Nella descrizio-
ne di Berger, pare che tutta la muscolatura del corpo dell’arti-
sta prenda parte all’azione fisica del disegnare, eppure l’azione
trae la sua energia dal soggetto stesso. È ovvio che la comune
concezione del disegnare o del dipingere quali meri sforzi delle
facoltà visive si rivela del tutto erronea. E dal momento che
l’architettura si basa su un carattere di spazialità concreta e
la sua essenza è innegabilmente incarnata ed esistenziale, il
concepirla quale forma d’arte puramente visuale costituisce
allo stesso modo un suo fraintendimento grossolano. In com-
plesso, la modernità è rimasta ossessionata dalla visualità e ha
soppresso la tattilità, anche se numerosi artisti visuali si sono
interessati al senso del tatto: per esempio, Constantin Brancu- Il professor Aulis Blomstedt disegna sulla lavagna della Helsinki Universi-
ty of Technology con gli occhi coperti da un sacchetto, presumibilmente
si, nel 1917, espose a New York la sua Scultura per ciechi del 1916
all’inizio degli anni ’60.
nascosta dentro una sacca di stoffa, in modo che la si riuscisse
a percepire soltanto attraverso il tatto10. Facendo eco all’idea
di Brancusi, all’Università della Virginia Sanda Iliescu insegna
il disegno agli studenti di architettura servendosi del tatto: gli
oggetti che gli studenti devono disegnare sono collocati entro
un cubo fatto di tessuto nero e dotato di maniche, attraverso
le quali gli studenti stessi studiano gli oggetti toccandoli con occhio, mano e mente costituisce il modo normale di produrre
le proprie mani; vale la pena notare che, quando osservano gli l’opera d’arte, ma vi sono anche stati seri tentativi di indebolire
oggetti per mezzo delle mani anziché con gli occhi, nei loro o eliminare questa sorta di circuito chiuso. Al mio professore e
disegni gli studenti prendono in considerazione caratteristi- maestro Aulis Blomstedt piaceva disegnare a occhi chiusi, allo
che e qualità del tutto differenti. In generale, anche l’aura dei scopo di fare venir meno la coordinazione stretta fra occhio e
disegni nati dall’esperienza tattile è sensibilmente diversa da mano. Oggi qualche artista, come Brice Marden, disegna con
quella dei disegni originati dall’esperienza visiva. L’unione di lunghe bacchette, in modo da liberare la linea dallo stretto
controllo della mano. Gli espressionisti astratti, come Jackson
Pollock e Morris Louis, facevano cadere i colori sulle tele me-
9. Berger, op. cit., p. 25. diante la forza di gravità, servendosi di vari sistemi per lanciare
10. Riferisce Henri-Pierre Roché, amico dello scultore, che «Fu esposta
o spargere la pittura al posto della guida visiva dell’occhio e
[…] chiusa in una sacca provvista di due maniche nelle quali infilare le
mani» cit. in Shanes, op. cit., p. 74. del controllo muscolare della mano. Cy Twombly ha provato

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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

l’esperienza di fare schizzi al buio, e per un certo periodo ha nella materialità fisica che condividono l’oggetto materiale che
persino costretto sé stesso a disegnare con la mano sinistra11. si sta progettando e l’architetto stesso, mentre le operazioni e
le immagini al computer prendono forma in un mondo imma-
teriale, matematicizzato e astratto.
La mano computerizzata Le mie riserve si appuntano sulla falsa precisione e l’appa-
rente finitezza dell’immagine computerizzata se confrontata
Sarebbe sicuramente un punto di vista ignorante e pregiudizial- con la vaghezza naturale e l’innata incertezza del disegno a
mente luddista negare i benefici del computer. In uno spazio di mano, che solo attraverso ripetizioni, prove ed errori e con una
tempo estremamente breve la tecnologia computazionale ha sicurezza e una precisione conquistate gradualmente, arriva a
completamente cambiato innumerevoli aspetti della ricerca, una soluzione soddisfacente. Questa è l’intrinseca struttura
della produzione e della vita quotidiana. Ha anche cambiato di tutti i travagli creativi, così come è stata descritta in modo
la pratica dell’architettura senza possibilità di ritorno. Tutta- convincente, circa mezzo secolo fa, da Anton Ehrenzweig nei
via, nel momento in cui riconosciamo i benefici del computer suoi studi fondamentali sul processo creativo, La psicoanalisi
e delle relative tecnologie digitali, dobbiamo individuare ove della percezione nella musica e nelle arti figurative12 e The Hidden
differiscano dai precedenti strumenti di progettazione. Dob- Order of Art13. La frase di William James che Ehrenzweig cita
biamo considerare i limiti e i problemi che potrebbero porre, sul frontespizio del suo primo libro esplicita molto chiaramen-
per esempio, negli aspetti intellettuali e in quelli legati al la- te le sue intenzioni: «In breve, ciò su cui sono desideroso di
voro dell’architetto che è più connesso ai sensi. Senza dubbio concentrare l’attenzione, è la restituzione del vago al giusto
il computer velocizza la maggior parte degli aspetti della pro- posto che gli spetta nella vita mentale»14. Ehrenzweig si riferi-
duzione in modo decisivo e, oltre ad essere uno strumento di sce all’interessante suggestione di Jacques Hadamard secondo
disegno rapido e preciso, è utilizzato con profitto nell’analisi, cui «La geometria greca perse il suo impeto creativo durante
nelle verifiche e nella creazione di prototipi virtuali che prece- il periodo ellenistico perché era divenuta troppo precisa nel-
dono la costruzione di un edificio. Inoltre, il computer viene la visualizzazione. Produsse generazioni di abili calcolatori e
usato per generare direttamente forme artistiche, architet- geometri, ma non veri conoscitori della geometria. E lo svi-
toniche e urbane. I problemi di una progettazione totalmente luppo della geometria si fermò del tutto»15.
computerizzata sono evidenti in particolar modo nelle prime e La precisione del pensiero e della performance, così come
più sensibili e vulnerabili fasi del processo progettuale, quando l’emozione, è cruciale, ma solo in contrappunto e dialogo con
l’essenza architettonica dell’edificio viene concepita e definita.
La mano, servendosi di un carboncino, una matita o una penna, 12. Anton Ehrenzweig, La psicoanalisi della percezione nella musica e nelle
crea una connessione tattile diretta fra l’oggetto, la sua rappre- arti figurative, Astrolabio, Roma, 1977.
sentazione e la mente del designer; lo schizzo a mano, il dise- 13. Id., The Hidden Order of Art, cit.
gno e il modello fisico vengono modellati nella stessa carne, 14. Id., The Psycho-Analysis of Artistic Vision and Hearing: An Introduction
to a Theory of Unconscious Perception, Sheldon Press, London, 1975, p. iii
[la traduzione è mia, perché nella versione italiana del libro, citato nel
11. Richard Lacayo, Cy Twombly, “Radically Retro”, in «Time Magazine», presente capitolo alla nota 12, la frase non è riportata, N.d.T.].
30 luglio 2008. 15. Id., The Hidden Order of Art, cit., p. 58.

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juhani pallasmaa

un immaginario creativo inclusivo e vago, onnicomprensivo


e oceanico. Il ruolo cruciale della vaghezza viene del tutto
ignorato dalle filosofie e dalle metodologie pedagogiche at-
tuali. Ehrenzweig afferma: «La creatività si lega sempre a un
momento felice, quando il completo controllo cosciente può
essere dimenticato. Ciò che non si è compreso appieno è l’a-
perto conflitto fra due tipi di sensibilità: l’intelletto conscio e
l’intuizione inconscia. […] Non è un vantaggio se il pensatore
creativo deve maneggiare elementi che sono in sé stessi pre-
cisi come i diagrammi geometrici e i disegni architettonici»16.
Sebbene questo nuovo strumento non esistesse ai tempi di
Ehrenzweig, la sua riluttanza può essere tranquillamente ap-
plicata alla falsa precisione del computer quale strumento per
sviluppare un’idea. La mano computerizzata permette il felice
momento in cui il controllo cosciente può venir dimenticato?
Consente un’immaginazione multisensoriale e un’identifica-
zione corporea? Ehrenzweig approfondisce le ragioni del suo
sospetto verso la precisione eccessiva nella progettazione ar-
chitettonica: «Le motivazioni conservano la loro fertilità solo
se il proprio legame col risultato finale rimane oscuro. Altri-
menti si risolvono in strumenti meccanici di assemblaggio. Ho
già ricordato come la progettazione architettonica sia impe-
dita dalla sua tendenza a visualizzare troppo precisamente, e
dall’abuso di strumenti di aiuto diagrammatico (piante, pro-
spetti, ecc.). Questi aiuti visivi sembrano assicurare una pre-
sentazione precisa del problema architettonico, ma di fatto la
oscurano. È di vitale importanza per un buon progetto sud-
dividere il processo progettuale in fasi che non abbiano una
connessione ovvia col risultato finale»17.
Di solito, il computer viene presentato entusiasticamente
come la sola utile invenzione capace di liberare la fantasia La sensualità e la plasticità di un progetto architettonico eccezionalmen-
dell’uomo. Tuttavia, dal mio punto di vista, il computer tende te complesso da un punto di visto formale, interamente concepito attra-
verso disegni eseguiti a mano e modelli.
16. Ibid., p. 57. Alvar Aalto, La Chiesa delle Tre Croci, Vuoksenniska, Imatra, Finlandia,
17. Ibid., p. 66. 1955–1958.

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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

ad appiattire la nostra magnifica capacità di immaginazione Progetti generati completamente al computer potranno
multisensoriale e sincronica trasformando il processo proget- anche proiettare un seducente fascino di superficie, ma, di fat-
tuale in una manipolazione visiva passiva, una ricerca retinica. to, hanno compimento in un mondo dove l’osservatore non ha
Il computer crea una distanza fra l’artefice e l’oggetto, men- pelle, né mani, né corpo. Il designer stesso resta un estraneo
tre il disegno a mano o la costruzione di un modello mette il in relazione al proprio progetto e al proprio corpo. I disegni al
progettista in contatto di pelle con l’oggetto o lo spazio. Nella computer sono strumenti per un osservatore privo di corpo.
nostra immaginazione tocchiamo l’oggetto o lo spazio proget- Sostengo strenuamente il disegno a mano e il lavoro con
tati dall’interno verso l’esterno, per così dire. Più precisamen- modelli fisici durante le prime fasi, sia quando si educa al pro-
te, nell’immaginazione l’oggetto è simultaneamente nel palmo getto sia quando si lavora a un progetto architettonico. In
della mano e nel cervello: siamo allo stesso tempo all’interno molti dibattiti sulle relazioni fra il lavorare manualmente e il
e all’esterno dell’oggetto. Alla fine, l’oggetto diventa un’esten- progettare al computer ho sempre sostenuto, in molte scuole
sione e una parte del corpo del designer. di tutto il mondo, una posizione secondo la quale a tutti gli
Nel disegnare a mano o a matita, la mano segue i contorni, studenti di design e di architettura dovrebbe essere insegna-
le forme e le strutture dell’oggetto, mentre quando si disegna to innanzitutto a lavorare con il proprio immaginario menta-
con il mouse e con il computer di solito la mano seleziona le le interiorizzato e con le mani, prima di concedere loro l’uso
linee da un set dato di simboli che non hanno nessuna relazio- del computer. Dal mio punto di vista il computer non può fare
ne analogica – o, di conseguenza, aptica o emotiva – con l’og- molto danno, dopo che lo studente ha appreso come usare la
getto del disegno. Mentre la mano che disegna è un modellare propria immaginazione e ha interiorizzato il processo cruciale
mimetico di linee, ombre e toni, il disegno al computer è una d’inscrivere nel proprio corpo un compito progettuale. Senza
costruzione mediata. quest’interiorizzazione, tuttavia, il processo progettuale tende
Un’altra mia riserva riguarda la relazione fra il tutto e le par- a trasformarsi in un viaggio meramente retinico nel quale lo
ti, che crea una naturale relazione biunivoca e un continuum studente rimane un osservatore esterno senza essersi costru-
dialettico nei processi di disegno manuale e di costruzione di ito un vivido modello mentale della realtà concepita. Dal mio
plastici, mentre il processo computerizzato, proprio per la sua punto di vista, ogni studente dovrebbe superare un test che
perfezione, tende a creare una sensazione di frammentazione attesti la sua capacità di immaginazione mentale prima che gli
e discontinuità. Le entità possono essere afferrate solo soppri- venga permesso di usare il computer.
mendo e attenuando dettagli e precisione. Di solito il disegno al cad viene supportato dall’idea che
Le proprietà e le proporzioni visive possono essere com- esso permette di progettare complesse situazioni spaziali,
prese attraverso disegni ad ogni scala, mentre l’immaginazio- topologiche e formali che altrimenti sarebbe impossibile con-
ne tattile di solito richiede un disegno in scala reale. Sebbene cepire ed eseguire. La Chiesa delle Tre Croci di Alvar Aalto a
la fattualità del disegno al computer si realizzi in una realtà Vuoksenniska a Imatra (1955–1958) è indiscutibilmente tanto
in scala 1:1, l’assenza di scala esperienziale del disegno e la complessa nella sua completa spazialità modellata tridimen-
mancanza di connessione tattile attraverso la mano con l’im- sionalmente quanto qualsiasi edificio odierno generato al com-
maginazione tende a indebolire il senso aptico dell’entità pro- puter. Tuttavia, la chiesa è un’architettura plastica e sensuale,
gettata nel disegno generato al computer. con un convincente senso della realtà materiale e strutturale.
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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

È potentemente reale e, proprio in forza del suo straordinario Il primato del tatto: apticità dell’immagine di sé
senso di materialità e costruzione, essa ci risveglia e si rivolge
ai nostri corpi e alla nostra immaginazione così garbatamente. La linea di confine fra sé e il mondo è identificata dai nostri
La struttura architettonica esiste in tutto e per tutto ed è a sensi. Il nostro contatto con il mondo avviene attraverso la
proprio agio nella stessa realtà di vita che occupano i nostri pelle per mezzo di parti specializzate della nostra membrana
corpi, non in uno spazio matematico senza peso e senza scala. di rivestimento. Tutti i sensi, vista compresa, sono estensioni
Tuttavia essa è stata progettata prima dell’era del computer e, del senso del tatto; i sensi sono specializzazioni del tessuto
per preparare il suo studio a questo compito estremamente della pelle, e tutte le esperienze sensoriali sono modi di toc-
arduo, Aalto ha mandato il suo principale collaboratore al pro- care e perciò in relazione con la tattilità. «Attraverso la vista
getto – Kaarlo Leppänen, un architetto finlandese di talento tocchiamo il sole e le stelle» osserva poeticamente Martin Jay
– a rinfrescare la propria conoscenza di trigonometria all’Uni- riferendosi alla filosofia di Maurice Merleau-Ponty18. Questa
versità di Helsinki per un paio di mesi. fondamentale apticità della vita del mondo umano accresce il
Sento la necessità di ribadire la mia posizione: non sto av- significato della mano.
versando il computer. Sto semplicemente sostenendo come il Nel libro Corpo, memoria, architettura, uno dei primi studi
computer sia uno strumento fondamentalmente diverso dagli sull’essenza incarnata dell’esperienza architettonica, Kent C.
strumenti tradizionali di disegno e dalle metodologie legate Bloomer e Charles W. Moore rimarcano il primato dell’apticità:
alla costruzione di modelli fisici. La linea del carboncino, del- «L’immagine del corpo si forma fondamentalmente all’inizio
la matita e della penna è una linea espressiva ed emozionale, della vita attraverso le esperienze del senso dell’orientamento
come lo è un modello fatto dalla mano dell’uomo. Essi sono e di quello “haptic”. Le immagini visive si sviluppano più tardi
capaci di esprimere esitazione e sicurezza, assennatezza e e il loro significato dipende dalle esperienze primarie acquisi-
passione, noia ed eccitazione, affetto e repulsione. Ogni mo- te in modo aptico»19. Il punto di vista dell’antropologo Ashley
vimento, peso, ombreggiatura, spessore e velocità della linea Montagu, basato su prove mediche, conferma il primato del
tracciata a mano si fa carico di un significato particolare. La regno aptico, “[La pelle], il primo a formarsi e il più sensibile
linea tracciata dalla mano è una linea spaziale: è posizionata dei nostri organi, il nostro primo mezzo di comunicazione e an-
in uno spazio percettivo, immaginato oppure distinto. Al con- che il più efficiente dei nostri mezzi di protezione. […] Perfino
fronto con la ricchezza espressiva e la vita emotiva della linea la cornea, trasparente, è coperta da uno strato di pelle, seppur
disegnata a mano, la linea del computer è una connessione la- diverso. […] Il tatto è il padre di occhi, orecchie, naso e bocca. È
conica e uniforme di due punti (ovviamente, le linee del com- il senso che si è poi differenziato negli altri, evento che spiega
puter possono essere tracciate in modo da simulare le linee l’antica definizione del tatto come “padre di tutti i sensi”»20.
disegnate a mano, ma la loro essenza rimane nella fattualità
priva di emozioni dello spazio matematizzato). 18. Cit. in David Michael Levin, a cura di, Modernity and the Hegemony of
Vision, University of California Press, Berkeley, Los Angeles, 1993, p. 14.
19. Kent C. Bloomer, Charles W. Moore, Corpo, memoria, architettura. In-
troduzione alla progettazione architettonica, Sansoni, Firenze, 1981, pp. 43-
44.
20. Ashley Montagu, Il linguaggio della pelle, Vallardi, Milano, 1989, p. 9.

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juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

Il tatto è la modalità attraverso la quale i sensi integrano le fatto già toccato e ne abbiamo saggiato il peso, la temperatura
esperienze che facciamo del mondo e di noi stessi. Anche le e la tessitura della superficie. Gli occhi e le mani collaborano
percezioni visive sono integrate nel continuum aptico del sé; il costantemente; gli occhi portano le mani a grande distanza, e
mio corpo mi ricorda chi sono e come mi colloco nel mondo. le mani forniscono informazioni gli occhi rispetto a una dimen-
Nel primo volume di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel sione più intima. Il senso del tatto è l’inconscio della vista, e
Proust il protagonista, alzandosi dal suo letto, ricostruisce la questa esperienza tattile nascosta definisce le qualità sensuali
propria identità e la propria collocazione nel mondo grazie alla dell’oggetto percepito. Questo è l’elemento nascosto nell’atto
memoria del corpo: «Il mio corpo, troppo intorpidito per muo- del toccare e nell’attivazione del giudizio e della memoria tat-
versi, cercava, aderendo alla propria stanchezza, di ritrovare tile, che è coinvolta nell’azione del disegnare. Il senso del tatto
la posizione delle sue membra per desumere la direzione del media messaggi di invito e di rifiuto, di vicinanza e distanza,
muro, il posto dei mobili, per ricostruire e dare un’identità alla di piacere o repulsione. È esattamente questa dimensione
stanza in cui si trovava. La sua memoria, memoria delle sue co- inconscia del tatto nella vista che viene disastrosamente di-
stole, dei suoi ginocchi, delle sue spalle, gli presentava succes- menticata nell’architettura spigolosa e nel design affilato con-
sivamente parecchie delle stanze dove aveva dormito, mentre temporanei, inclini a privilegiare la vista. La nostra architettura
attorno ad esso i muri invisibili, cambiando posto secondo la può allettare e blandire l’occhio, ma non dà spazio al senso del
forma della stanza immaginata, turbinavano nelle tenebre. E tatto dei nostri corpi, delle nostre memorie e dei nostri sogni.
prima ancora che il mio pensiero, esitante sulla soglia dei tem- Disegnare, e specialmente dipingere, non è solamente una
pi e delle forme, avesse identificato il luogo, confrontando le questione di registrare l’essenza visiva di una scena; il percet-
circostanze, lui – il mio corpo – si ricordava di ognuno il tipo to, apparentemente visivo, comunica l’intera essenza sensuale
di letto, la posizione delle porte, la presa di luce delle finestre, della cosa. Intorno al 1890, il critico d’arte e scrittore americano
l’esistenza di un corridoio, con il pensiero che ne avevo quando Bernard Berenson, nello sviluppare ulteriormente il concetto
mi ci ero addormentato e che ritrovavo al risveglio»21. goethiano di “accrescere la vita”, avanzò l’idea che quando si
Il mio corpo è veramente l’ombelico del mio mondo, non nel fa esperienza di un’opera d’arte, s’immagini, in realtà, un vero e
senso del punto di vista della prospettiva centrale, ma quale proprio incontro fisico attraverso “sensazioni ideate”. Berenson
unico luogo di riferimento della memoria, dell’immaginazione definiva “valori tattili” le più importanti fra queste22. Secondo
e dell’integrazione.
22. Bernard Berenson, Aesthetics and History, Pantheon Books, New York,
1948, pp. 66-70. In qualche modo sorprendentemente, Merleau-Ponty si
Il tatto inconscio nell’esperienza artistica oppone tenacemente al punto di vista di Berenson: «Quando il giovane
Berenson parlava, a proposito della pittura italiana, di un’evocazione dei
Di solito non siamo consapevoli del fatto che l’esperienza in- valori tattili, non poteva sbagliarsi di più: la pittura non evoca niente, e
conscia del tatto si nasconde nella vista. Quando guardiamo, meno che mai il tattile. Fa tutt’altra cosa, quasi il contrario: dona esisten-
za visibile a ciò che la visione profana crede invisibile, fa in modo che non
gli occhi toccano, e, prima di vedere un oggetto, lo abbiamo di ci occorra un “senso muscolare” per avere la voluminosità del mondo.
Questa visione divorante, spingendosi al di là dei “dati visuali”, si apre
21. Proust, op. cit., vol. i: Dalla parte di Swann, p. 90. su una trama dell’Essere di cui i messaggi sensoriali discreti sono solo le

100 101
juhani pallasmaa 4. la mano che disegna

lui l’opera d’arte autentica stimola le nostre sensazioni ideate di sottigliezza, materialità e luce, gravità e levità.
natura tattile e tale stimolazione esagera la vita. Oggetti e architetture piacevoli trasmettono un’esperienza
Allo stesso modo una bella opera architettonica genera un dei processi attraverso i quali sono stati realizzati l’oggetto o la
complesso di impressioni invisibili, o sensazioni ideate, quali struttura; da un certo punto di vista, essi invitano l’osservatore
possono essere esperienze di movimento, peso, tensione, di- a toccare la mano dell’artefice. La maniglia di una porta è uno
namica strutturale, contrappunto formale e ritmo, che diven- dei dettagli di ogni edificio che richiede particolare attenzio-
gono il nostro criterio di misura della realtà. Entrando nello ne per l’ergonomia e che favorisce una possibilità di contatto
straordinario spazio del cortile pavimentato di marmo del Salk quasi fisico tra la mano dell’architetto e quella dell’inquilino,
Institute (1959–1965) a La Jolla, in California, progettato da attraverso la sua mediazione. La maniglia della porta principa-
Louis Kahn, delimitato da due file di edifici con il cielo come le è la stretta di mano dell’architettura, tirare una porta con il
sublime volta e l’orizzonte dell’Oceano Pacifico come sfondo peso del proprio corpo è spesso l’incontro più intimo con una
ipnotizzante, mi sono sentito spinto a camminare fino alla su- struttura architettonica.
perficie del più vicino muro di cemento per saggiarne il calore: La qualità vera di un’architettura si manifesta nella piena e
mi dominavano sensazioni di pelle e seta. In realtà Louis Kahn indiscussa dignità dell’esperienza. Una risonanza e un’intera-
aveva cercato di ricreare la morbidezza grigia “di un’ala di fale- zione hanno luogo fra lo spazio e la persona che ne fa esperien-
na” e aveva fatto aggiungere ceneri vulcaniche all’impasto del za; mi colloco nello spazio e lo spazio si colloca in me. Questa è
cemento per ottenere quella magnifica morbidezza opaca23. l’“aura” dell’opera d’arte osservata da Walter Benjamin24.
L’insieme architettonico è capace di fondere l’immensità del
paesaggio e l’intimità della mano in una sola esperienza.
Il vero colpo da maestro di Kahn è stato convertire lo sche-
ma architettonico che sembrava semplicistico e banale – come
quello del Kimbell Art Museum (1966–1972) a Fort Worth in Te-
xas e il Yale Center for British Art (1969–1974) a New Haven in
Connecticut – in una combinazione magica di complessità e

interpunzioni o le cesure, e che l’occhio abita, come l’uomo la sua casa»


in Maurice Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, se, Milano, 1989, pp. 23-24.
Sono solo in grado di comprendere questo assunto del filosofo e di esse-
re d’accordo con lui quando assumo che egli sia critico verso l’idea di una
sensazione mediata o secondaria, invece di prendere in considerazione
tutti i sensi della percezione come ugualmente reali. Nell’esperire la tem-
peratura e l’umidità dell’aria e nel sentire i rumori della spensierata vita 24. «L’aura di un’opera d’arte è una conseguenza della sua tradizione:
quotidiana nelle pitture dei sensi di Henri Matisse o di Pierre Bonnard, si questa presenta l’opera d’arte come presente e assente, unica qui e ora, e
apprezza la realtà della molteplicità delle sensazioni convogliate da una tuttavia distante, e da un’altra parte» in Howard Caygill, “Benjamin, Hei-
pittura di spessore. degger and the deconstuction of tradition”, in Andrew Benjamin, Peter
23. Cit. in Scott Poole, Pumping Up. Digital Steroids and The Design Studio, Osborne, a cura di, Walter Benjamin’s Philosophy: Destruction and Experien-
manoscritto inedito, 2005. ce, Routledge, London, New York, 1994, p. 23.

102 103
5. IL PENSIERO INCARNATO

Le mani di Rodin erano i suoi principali strumenti, e


con esse gettava per terra e forava, incavava e lisciava,
facendo linee curve e linee rette ondulate, facendo sì che le
spalle sfociassero nei torsi e i torsi emergessero dai blocchi
(anche quando non li avevano), incoraggiando i gomiti
a definire la propria identità; le sue dita erano ovunque
impegnate a migliorare l’impressione di vita, dando forza
e volontà al gesso, immaterialità e spirito alla pietra.
William H. Gass1

La disposizione ritmica dei gradini si indirizza direttamente al corpo e alla


sensibilità muscolare senza un contenuto, né una mediazione intellettuale. La fusione creativa
I “gradini attraverso la palude” di sawatari-ishi nel giardino del santuario
di Heian a Kyoto, Giappone. Nel lavoro di un architetto, un’intuizione creativa è di rado
una scoperta intellettuale istantanea capace di rivelare in un
attimo un’entità complessa nella sua forma intera e definita;
tuttavia non si tratta nemmeno di un processo lineare di dedu-
zione logica. Più spesso il processo comincia con un’idea semi-
nale che si porta avanti per un tratto, ma poi questo concetto
si dirama per nuovi sentieri, creando uno schema di traiettorie
incrociate che si moltiplicano e raddensano man mano che
il processo creativo progredisce. La progettazione è un pro-
cesso durante il quale si va avanti e indietro fra centinaia di
idee, dove le soluzioni parziali e i dettagli sono messi alla pro-
va ripetutamente per rivelare e fondere, in maniera graduale,
un’interpretazione possibile di mille esigenze e di mille criteri,

1. William H. Gass, “Rilke’s Rodin”, in Rainer Maria Rilke, Auguste Rodin,


Archipelago Books, New York, 2004, p. 11 [nella versione italiana del libro,
citato nel capitolo «1. La mano misteriosa» alla nota 5, non c’è l’introdu-
zione di William H. Gass, N.d.T.].
juhani pallasmaa

nonché degli standard personali dell’architetto di coordina-


mento e armonizzazione, entro un’entità compiuta, artisti-
ca o architettonica che sia. Un progetto architettonico non
è il mero risultato di un metodo di risoluzione dei problemi,
dal momento che è altresì una presa di posizione metafisica,
espressiva dell’universo mentale del suo creatore e del modo
in cui egli interpreta la vita, l’uomo e il mondo. Il processo di
progettazione sonda simultaneamente il mondo interiore e
quello esteriore, creando legami tra essi.
Più spesso di quel che si pensi l’idea iniziale e la prima ela-
borazione dello schema progettuale si devono abbandonare,
e l’intero processo comincia da capo. Si tratta di una ricerca
nell’oscurità e nell’indistinto dell’incertezza, ove una sicurez-
za soggettiva si conquista passo passo, attraverso il faticoso
lavorio della ricerca stessa; la quale è anche un viaggio tan-
gibile e incarnato, guidato dalla mano e dalle sensazioni del
corpo, oltre che un’impresa intellettuale e visiva. Un compito
in architettura non è un semplice quesito logico o razionale da
risolvere. Nella progettazione architettonica bisogna identifi-
care e concretizzare sia la soluzione appropriata che i mezzi
per ottenerla. Oltre a risolvere problemi razionali e adempiere
a esigenze di natura funzionale, tecnica o di altro tipo, ci si
aspetta che un’architettura completa e di spessore sia capace
di suscitare valori umani, esistenziali ed esperienziali che non
si possono fissare tramite regole. Qualsiasi opera architettoni- Grafico per la scansione creativa di Anton Ehrenzweig: «Il labirinto
(struttura seriale) di una ricerca creativa. Il pensatore creativo deve avan-
ca che voglia definirsi tale ricolloca l’uomo nel mondo e getta
zare su un fronte ampio tenendo in considerazione molte opzioni. Egli
una nuova luce sull’enigma esistenziale che egli costituisce. deve raggiungere una visione globale dell’intera struttura della strada da
Qualsiasi compito che in architettura sia affrontato seriamente percorrere senza dover soffermarsi su ogni singola possibilità» spiega la
richiede, inoltre, che si crei una specifica raffigurazione men- didascalia per il grafico in The Hidden Order of Art (1973). A mio parere, il
tale del contesto, del cliente e dell’impiego futuro dell’opera. È labirinto creativo è persino più complicato del grafico di Ehrenzweig a
causa del continuo ritornare a fasi già passate o a idee scartate, e a inizi
necessario che l’architettura crei un mondo migliore e una simi-
completamente nuovi.
le espressione di una dimensione umana idealizzata esige sag-
gezza umana piuttosto che competenza, abilità ed esperienza
professionale. In effetti, il lavoro di progettazione si rivela un’e-
splorazione esistenziale in cui, alla fine, vengono a fondersi le
106
5. il pensiero incarnato

conoscenze professionali dell’architetto, le sue esperienze di


vita, la sensibilità etica ed estetica, la sua mente e il suo corpo,
l’occhio e la mano; in definitiva, la sua intera personalità.

La fatica del pensare: il valore dell’incertezza

Il pensiero creativo è fatica, labor, nel significato etimologico


della parola, piuttosto che semplice intuizione improvvisa e
spontanea. Tali miracoli possono accadere solo al vero genio,
ma anche in questo caso il genio ha laboriosamente preparato
la propria via verso la soglia della comprensione. Solitamente il
lavoro è una questione di sudore e travaglio. Fintantoché svi-
luppo un’idea, voglio vedere di persona le tracce, le macchie e
lo sporco del mio lavoro, la stratificazione delle linee cancel-
late, gli errori e i fallimenti, le ripetute tracce sul disegno e il
collage delle correzioni, le aggiunte e le cancellature sulla pa-
gina che sto scrivendo. Queste tracce mi aiutano a percepire la
continuità e le finalità del mio lavoro, mi aiutano ad abitare il la-
voro, ad afferrare la molteplicità, la plasticità, per così dire, del
mio compito. Le tracce mi aiutano a mantenere abbastanza a
lungo lo stato mentale d’incertezza, di esitazione e indecisione
necessari al processo. L’esitazione del disegno stesso esprime e
mantiene desta la mia stessa incertezza interiore. Ma, soprat-
tutto, il senso d’incertezza mantiene viva e stimola la curiosità.
Fintantoché all’incertezza è impedito di cadere nella dispera-
zione e nella depressione, essa rappresenta una forza trainante
e una risorsa motivazionale nel processo creativo. Progettare è
sempre una ricerca di qualcosa che non si conosce in anticipo,
oppure l’esplorazione di un territorio alieno e il processo pro-
gettuale stesso, le azioni delle mani che ricercano, servono a
Le linee di schizzi cancellati sono parte del disegno finale, rivelano la esprimere l’essenza di questo viaggio della mente.
sequenza del processo e i suoi errori e suggeriscono la dimensione del Iosif Brodskij sottolinea il valore dell’insicurezza e dell’incer-
tempo e della profondità spaziale. tezza nello sforzo creativo. I suoi punti di vista penetranti ed
Juhana Blomstedt, Drawing, carboncino su carta, 106 x 76 cm, 1985. estranei a ogni compromesso etico sul compito del poeta mi
109
juhani pallasmaa

hanno insegnato molto sulla missione dell’architetto. «Nel ramo


dello scrivere ciò che si accumula non è pratica ma incertezze»2
confessa il poeta, e io sento, allo stesso modo, che un architet-
to sincero finisce con l’accumulare incertezze. Brodskij collega
l’incertezza al senso di umiltà: «La poesia è una terribile scuola
di insicurezza e incertezza»3. Questa osservazione si applica
sicuramente anche all’architettura, giacché può essere par-
ticolarmente umiliante se la si sta teorizzando oppure speri-
mentando concretamente. Ma il poeta suggerisce che questi
stati mentali, di solito considerati dannosi, in realtà, possono
risolversi in un vantaggio creativo: «Se questo non ci distrugge,
l’insicurezza e l’incertezza alla fine diventano nostre amiche
intime, e quasi attribuiamo loro un’intelligenza autonoma»4.
Billy Collins, un altro poeta, spiega perché egli insista nel-
lo scrivere a penna o matita invece che alla tastiera: «Di solito
compongo con la penna o la matita solo perché la tastiera mi
fa sembrare che tutto sia concluso, congelato, mentre scrivere
sulla pagina mi fa percepire un senso di fluidità, mi fa capire che
ciò che sto scrivendo è, al momento, provvisorio. E giacché non
so dove sta andando a finire il poema, e non lo voglio sapere
fintantoché non ci arrivo, quando scrivo mi sento sempre come
il poema, è lavorare verso un qualche tipo di comprensione di
sé stessi»5.
Condivido il punto di vista del poeta. Sia nello scrivere che
nel disegnare, il testo e l’immagine hanno bisogno di emanci-
parsi dal senso preconcetto del proposito, dell’obiettivo e del
percorso. Quando si è giovani e con delle prospettive limitate si
La sporcizia del lavoro nelle mani di un disegnatore.
2. Iosif Brodskij, “Meno di uno”, in Fuga da Bisanzio, Adelphi, Milano,
2008, p. 27.
3. Id., “In memoria di Stephen Spender”, in Profilo di Clio, cit., p. 278.
4. Loc. cit.
5. Intervista di Billy Collins in occasione di “Jazzmouth”, festival di poesia
e musica jazz di Portsmouth, in «Festival Bulletin», 2008. L’intervista mi
fu segnalata dall’architetto Glenn Murcutt, che condivide il mio punto di
vista sul significato della mano.

110
juhani pallasmaa 5. il pensiero incarnato

vuole che il testo e il disegno concretizzino un’idea precostitui- finestra o la porta. Ma c’è qualcuno in grado di dirmi veramen-
ta, per dare all’idea una forma precisa e istantanea. Maturando te quali siano le essenze metafisiche di questi eventi architet-
una capacità nel tollerare l’incertezza, la vaghezza, l’assenza di tonici e il loro significato umano, al di fuori e prima di qualsiasi
definizione e precisione, l’assenza di logica momentanea e l’in- specifico compito di progetto?
determinatezza, s’impara gradualmente l’abilità di cooperare
con il proprio lavoro e di lasciare che il lavoro fornisca i propri
suggerimenti, operi delle svolte e faccia delle mosse inattese. Resistenza, tradizione e libertà
Invece che nel dettare un pensiero, il processo creativo si risol-
ve in attesa, ascolto, collaborazione e dialogo. Il lavoro diventa Una parola che si sente piuttosto spesso nelle classi delle
un viaggio che può condurre in luoghi e continenti mai visitati scuole di architettura e nelle giurie dei concorsi di architet-
prima o di cui s’ignorava l’esistenza prima di venirvi guidati dal tura è “libertà”. La libertà sembra descrivere un’indipendenza
lavoro delle proprie mani, dall’immaginazione e da un atteg- artistica del progetto. L’indipendenza dalla tradizione e da ciò
giamento misto di esitazione e curiosità. che ci ha preceduto, dai limiti strutturali e materiali, o dalla
C’è un contrasto insito nell’arte fra il definito e l’indefini- pura ragione, viene di solito considerata come una dimensio-
to. Un fenomeno artistico cerca di fuggire ogni definizione ne della libertà artistica. Tuttavia, già Leonardo Da Vinci ci ha
fintantoché non ha raggiunto una propria condizione di auto- insegnato che «La forza nasce dalla costrizione e muore con la
sufficienza e, io credo, anche oltre quel punto. Detto in modo libertà»6.
semplice, la vera fusione creativa raggiunge sempre più di È stimolante, invero, come i grandi artisti di ogni epoca par-
quanto possa essere prospettato da qualsiasi teoria e la pro- lino raramente della dimensione della libertà nel loro lavoro.
gettazione profonda consegue sempre di più degli esiti del Essi enfatizzano il ruolo delle limitazioni e delle costrizioni nei
puro programma funzionale o di quanto chi partecipa al pro- materiali e nel medium artistico, nel contesto culturale e so-
cesso sarebbe in grado di prevedere. ciale, nella formazione della loro personalità e del loro stile. La
Personalmente devo confessare che, sin dai giorni stupida- grandezza di un artista nasce dall’identificazione del proprio
mente sicuri di sé della mia giovinezza (quella – ovviamente territorio e dei limiti personali, piuttosto che da un indefinito
mascherata – della genuina incertezza, della ristrettezza di desiderio di libertà. Invece del desiderio di libertà, i grandi ar-
comprensione e di vedute), la mia percezione dell’incertezza si tisti enfatizzano la disciplina e i caratteri legati alla tradizione
è accresciuta costantemente fino al punto da diventare quasi della loro forma d’arte. Nelle sue memorie La mia vita, i miei
intollerabile. Ogni questione, ogni domanda, ogni dettaglio, è film, Jean Renoir scrive della resistenza della tecnica7, mentre
così profondamente radicato nei misteri dell’esistenza umana Igor Stravinskij parla della resistenza materiale e tecnica8 come
che spesso non sembra esserci nessuna risposta soddisfacen- di un importante contrappunto nel suo lavoro di compositore.
te. Fondamentalmente, posso dire che con l’avanzare dell’età e
dell’esperienza si diventa sempre più dei dilettanti, piuttosto
6. Cit. in Igor Stravinskij, Poetica della musica, Edizioni Studio Tesi, Por-
che dei professionisti che possiedono risposte immediate e cer- denone, 1995, p. 56.
te. Un professionista riconosciuto e di successo difficilmente si 7. Renoir, op. cit.
fermerebbe a ponderare domande come: che cos’è il piano, la 8. Stravinskij, op. cit., pp. 47-48.

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juhani pallasmaa 5. il pensiero incarnato

Stravinskij disprezza ogni brama di libertà: «L’insubordinazione epoca, un’epoca che sembra trascurare l’importanza dei limiti.
si vanta del contrario ed elimina la costrizione con la speranza, Rifiutando la saggezza e la resistenza della tradizione, l’ar-
sempre delusa, di trovare nella libertà il principio della forza: chitettura si orienta da una parte verso un’uniformità morti-
vi trova solo l’arbitrio dei capricci e i disordini della fantasia, fera, dall’altra verso un’anarchia espressiva senza radici. Ogni
perde così ogni specie di controllo, si disorienta»9. Stravinskij, forma d’arte ha la propria ontologia, così come il suo caratte-
l’arcimodernista della musica, afferma instancabilmente che la ristico campo di espressione e i suoi limiti sono dati proprio
forza artistica e il significato possono derivare solo dalla tradi- dalla sua essenza, dalla struttura interna e dai materiali. Pro-
zione. Dal suo punto di vista, un artista che cerca deliberata- durre espressioni architettoniche a partire dalle realtà incon-
mente la novità rimane intrappolato proprio nella sua stessa trovertibili della costruzione rappresenta la lunga tradizione
aspirazione: «La sua arte diventa veramente unica, nel senso dell’arte dell’architettura. Il linguaggio tettonico dell’archi-
che non può essere comunicata e che è chiusa in sé stessa»10. tettura – la logica interna della costruzione stessa – esprime
Il compositore ritiene il concetto di tradizione un ingrediente gravità e struttura, il linguaggio dei materiali così come i pro-
talmente essenziale per l’arte che conclude con un’enigmati- cessi di costruzione e i dettagli che uniscono le unità e i ma-
ca affermazione del filosofo catalano Eugeni d’Ors: «Tutto ciò teriali le une con gli altri. Dal mio punto di vista l’architettura
che non è tradizione è plagio»11. nasce dall’identificazione e dall’articolazione delle realtà del
Limiti e costrizioni sono ugualmente importanti in tutte le lavoro in questione, piuttosto che dalla fantasia del singolo.
arti. Il poeta Paul Valéry afferma in modo tutt’altro che ambi- Saggiamente, Aulis Blomstedt era solito dare ai suoi studenti
guo: «La più ampia libertà non nasce dal più stretto rigore?»12. dell’Università di Helsinki questo consiglio: «La capacità di im-
Nel suo libro The Power of Limits, che esplora l’armonia propor- maginare situazioni di vita è, per un architetto, un talento più
zionale in natura, arte e architettura e, specialmente, il ripetu- importante rispetto al dono di immaginare lo spazio»14.
to apparire della sezione aurea in questi ambiti, György Doczi
nota: «A causa della nostra fascinazione per i poteri d’inven-
zione e conquista che ci sono propri, abbiamo perso di vista Pensare attraverso i sensi
il potere dei limiti»13. Questa è saggezza capitale nella nostra
Qualsiasi architettura significativa è il risultato di un pensie-
ro consapevole – o, più precisamente, di un modo preciso di
9. Ibid., p. 56. pensare per mezzo dell’architettura. Allo stesso modo in cui
10. Ibid., p. 54.
11. Ibid., p. 42. La frase è del filosofo catalano Eugeni d’Ors, ma Stravinskij il cinema è una modalità di pensiero cinematica, la pittura
non accenna alla sua fonte. Anche Luis Buñuel cita questa frase in Dei miei un mezzo per articolare le idee in modo pittorico e la scul-
sospiri estremi (se, Milano, 2008), dove riferisce la fonte corretta della cita- tura un modo per elaborare ed esprimere pensieri scultorei,
zione. l’architettura è un mezzo per filosofare a proposito del mondo
12. Paul Valéry, Eupalino o l’Architetto, Edizioni Biblioteca dell’Immagine,
Pordenone, 1997, p. 40.
13. György Doczi, The Power of Limits: Proportional Harmonies in Nature, 14. Aulis Blomstedt ha proposto questa sua idea in diverse formulazio-
Art, and Architecture, Shambhala Publications, Boston (Massachusetts), ni nelle lezioni da lui tenute all’Università di Helsinki durante il periodo
1981, p. vii. 1964–1966.

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juhani pallasmaa 5. il pensiero incarnato

e dell’esistenza umana attraverso l’atto materiale incarnato comprensione animistica del mondo e dalla rappresentazione
del costruire. L’architettura sviluppa metafore esistenziali e metaforica dell’atto del costruire. Ogni forma d’arte deve ricol-
vissute attraverso lo spazio, la struttura, la materia, la gravi- legarsi alla sua essenza ontologica, in particolare nei periodi
tà e la luce. Di conseguenza, l’architettura non illustra o imita in cui l’arte tende a trasformarsi in una forma di manierismo
idee filosofiche, letterarie, pittoriche o di qualsiasi altra forma vuoto ed estetizzato. Le opere di architettura moderne, così
d’arte; è un modo di pensare a pieno titolo. Le idee articolate come quelle contemporanee, che riecheggiano i tremori delle
attraverso l’arte sono pensieri pittorici, musicali, cinematici e origini – come le opere di Sigurd Lewerentz, Louis Kahn, Aldo
architettonici, concepiti ed espressi attraverso il mezzo e la van Eyck e Peter Zumthor, per esempio –, proiettano un fulgo-
logica artistica propri di quella particolare forma d’arte, in un re autorevole e una profondità di sentimento. Tali opere non
processo dialettico con la propria tradizione. Le idee artistiche sono sempre e necessariamente esteticamente patinate, giac-
non sono necessariamente intellettuali e traducibili in termi- ché esse sono espressioni di una potenza emotiva profonda e
ni verbali, giacché esse sono metafore incarnate del mondo e sconvolgente e pongono quesiti problematici invece di forni-
di quei modi particolari attraverso i quali esistiamo in questo re risposte ben articolate. La Casa sulla cascata (1934–1947) a
universo. Anche l’architettura è un’espressione artistica fin- Bear Run, in Pennsylvania, di Frank Lloyd Wright, o qualsiasi
tantoché trascende il suo regno puramente utilitario, tecnico altro capolavoro dell’architettura, apre un nuovo orizzonte
e razionale, e si trasforma in un’espressione del mondo vissuto sull’esistenza umana, invece di dare risposta a ogni domanda.
e della condizione umana. Louis Kahn ha sostenuto l’importanza degli inizi: «Lo spi-
Esiste un punto di vista ampiamente accettato che inten- rito dell’inizio è assolutamente il momento più meraviglioso.
de liberarsi completamente dei confini fra le diverse forme Perché nell’inizio si annida il seme di tutte le cose che dovran-
d’arte. Io, per esempio, sento che le differenze ontologiche no seguire. Una cosa non è in grado di iniziare a meno che
tra le diverse forme d’arte sono tanto importanti da essere non sia in grado di contenere tutto ciò che da essa potrà mai
riconosciute quanto gli aspetti comuni e il terreno da esse derivare. Questa è la caratteristica dell’inizio, altrimenti non
condiviso. Ogni forma d’arte ha le proprie origini e le proprie c’è inizio, – è un falso inizio»16.
tradizioni e quando questa spina dorsale della disciplina va La nostra intera costituzione corporea e i nostri sensi “pen-
perduta, la specifica forma d’arte si indebolisce – almeno se sano”, nel senso, fondamentale, che sono capaci di identifica-
si dà credito alla testimonianza del poeta arcimoderno Ezra re e processare le informazioni circa la nostra condizione nel
Pound nel suo abc of Reading: «La musica inizia ad atrofizzar- mondo e di esprimere risposte comportamentali sensate. Dal
si quando si allontana troppo dalla danza. […] La poesia inizia punto di vista di Henry Plotkin, professore di psicobiologia, la
ad atrofizzarsi quando si allontana troppo dalla musica»15. conoscenza è qualcosa di più di parole e fatti appresi consape-
Dal mio punto di vista, l’architettura diventa, allo stesso volmente: «In ogni organismo la conoscenza è un qualunque
modo, semplicemente estetica quando si allontana dalle sue
ragioni originarie di addomesticare lo spazio e il tempo, dalla
16. Louis Kahn, “New frontiers in architecture: ciam in Otterlo” (1959),
15. Ezra Pound, abc of Reading, New Directions Publishing Corporation, in Alessandra Latour, a cura di, Louis I. Kahn: Writings, Lectures, Interviews,
New York, 1987, p. 14. Rizzoli International Publications, New York, 1991, p. 85.

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juhani pallasmaa 5. il pensiero incarnato

stato che comporti una relazione con il mondo»17. Il ballerino Memoria incarnata e pensiero
e il calciatore “pensano” con il proprio corpo e con le proprie
gambe, l’artigiano e lo scultore con le loro mani e il composi- Merleau-Ponty estende l’idea dei processi di pensiero incarna-
tore con le proprie orecchie. In effetti, tutto il nostro corpo e to all’intero corpo, quando afferma: «Il pittore “si dà con il suo
il nostro senso esistenziale prendono parte a ogni processo di corpo” dice Valéry. E, in effetti, non si vede come uno Spirito
pensiero. «Perché colui che danza porta l’orecchio – in quelle potrebbe dipingere»20. Di sicuro, è ugualmente impensabile
dita» afferma Friedrich Nietzsche18. che, in ragione del ruolo insostituibile del corpo proprio nella
Nel suo libro Che cosa significa pensare? Martin Heidegger costituzione dell’architettura, una mente possa concepire ar-
mette in relazione il pensiero con l’arte di costruire armadi. Il chitettura. Gli edifici non sono astratti, non sono costruzioni
filosofo assegna alla mano un ruolo essenziale nei processi del senza significato, o composizioni estetiche, essi sono esten-
pensiero e collega la mano alla capacità di parlare, una questio- sioni e ripari per i nostri corpi, memorie, identità e menti. Di
ne già affrontata nei precedenti capitoli di questo libro: «Forse conseguenza, l’architettura nasce dai confronti, dalle esisten-
pensare è semplicemente la stessa cosa che costruire un ar- ze, dai ricordi e dalle aspirazioni esistenzialmente reali.
madio. È comunque un mestiere (Hand-Werk), un’opera della I compiti più astratti non avrebbero senso quando fossero
mano. La mano è qualcosa di particolare. La mano appartiene distaccati dal sostrato dell’incarnazione umana. Anche l’arte
secondo la rappresentazione abituale al nostro organismo cor- astratta articola la “carne del mondo”21, e condividiamo proprio
poreo. Ma l’essenza della mano non si lascia mai determinare quella carne, così come la realtà gravitazionale del mondo, con
come un organo prensile del corpo, né spiegare sulla base di i nostri corpi. «La mente non è semplicemente incarnata, ma è
tale determinazione. [...] La mano si distingue da ogni altro incarnata in modo tale che il nostro sistema concettuale si di-
organo prensile [...] tramite un’abissalità essenziale. Solo un spieghi abbondantemente nelle caratteristiche comuni dei no-
essere parlante, ossia pensante, può avere le mani e compiere stri corpi e dell’ambiente nel quale viviamo» come affermano
così, attraverso la manipolazione, opere della mano»19. gli autori di Philosophy in the Flesh22. Occupiamo questo mondo
Un pensiero artistico non è solamente una deduzione logica con le sue realtà fisiche e i suoi misteri mentali, non come os-
o concettuale, esso comporta anche una comprensione esisten- servatori esterni o come teorici del mondo.
ziale e una sintesi di esperienza vissuta, che fonde percezione, Anche il corpo è parte del nostro sistema di memoria. Il fi-
memoria e desiderio. La percezione fonde la memoria con il losofo Edward S. Casey, che ha scritto importanti studi feno-
percetto reale e, di conseguenza, anche le percezioni sensibili menologici su luogo, memoria e immaginazione, sottolinea il
comuni sono processi complessi di confronto e valutazione. ruolo del corpo nel processo di memorizzazione: «La memoria
del corpo è […] il centro naturale di ogni resoconto sensibile

17. Cit. in Wilson, op. cit., p. 51. 20. Merleau-Ponty, L’occhio e lo spirito, cit., p. 17.
18. Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Adelphi, Milano, 1973, 21. Concetto sviluppato in Maurice Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile,
p. 274. Bompiani, Milano, 1999, p. 282.
19. Heidegger, op. cit., p. 108. 22. Lakoff, Johnson, Philosophy in the Flesh, op. cit., p. 6.

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del ricordo»23. In un altro contesto egli ha rielaborato il suo mia giovinezza nella fattoria di mio nonno; la vita e il lavoro
punto di vista: «Non c’è memoria senza memoria del corpo. quotidiano avevano luogo “nella carne” della vita nella fatto-
[...] Nell’affermarlo, non voglio dire che ogni qual volta ricor- ria, ognuno conosceva il proprio ruolo nella famiglia e nei cicli
diamo stiamo di fatto coinvolgendo direttamente la memoria del lavoro quotidiano e tutti hanno imparato e memorizzato
del corpo. [...] Intendo piuttosto che non possiamo ricordare innumerevoli abilità pratiche come modelli incarnati di vita e
[...] senza possedere la capacità della memoria corporea»24. lavoro. Non riesco neppure a ricordare qualcuno chiedere a
Esistono studi filosofici recenti come The Body in the Mind di qualcun altro se potesse fare una certa cosa; si dava natural-
Mark Johnson e Philosophy in the Flesh di Mark Johnson e Geor- mente per assodato che chiunque potesse eseguire qualsiasi
ge Lakoff, che affermano chiaramente la natura incarnata del cosa venisse richiesta nelle mansioni della vita quotidiana di
pensiero stesso25. fattoria. La conoscenza del contadino era costituita da cruciali
La mia collaborazione con pittori, scultori e artigiani si è abilità incarnate, che erano codificate nelle stagioni e nei cicli
dispiegata per più quarant’anni, durante i quali ho imparato dell’anno e delle concrete situazioni della vita quotidiana, piut-
ad ammirare la capacità di comprendere l’essenza delle cose tosto che nei libri e nei quaderni di appunti.
attraverso le loro mani e i loro corpi e attraverso la loro com-
prensione esistenziale non concettualizzata, piuttosto che at-
traverso analisi intellettuali e verbali. Essi fanno affidamento Conoscenza esistenziale
sulla saggezza del corpo e delle mani. Ho avuto la possibilità
di osservare le mani e il corpo realizzare idee distintamente Il punto di vista predominante nella nostra cultura fa una di-
diverse da quelle della mente. La mente tende a essere concet- stinzione fondamentale tra i mondi dell’arte e della scienza; la
tuale, intellettuale e a esprimere idee geometrizzate, mentre scienza viene vista come la rappresentazione del regno della
le mani, di solito, comunicano spontaneità, sensualità e tattili- conoscenza razionale e oggettiva, mentre l’arte come la rap-
tà. Le mani registrano e misurano il battito della realtà vissuta. presentazione del mondo delle sensazioni soggettive, emotive
Un modo incarnato di apprendere e di mantenere le abilità, e sostanzialmente irrazionali. La prima si ritiene che possegga
così come di rispondere alle circostanze della vita, è la modalità un valore operativo, mentre il mondo dell’arte è visto come
di conoscenza predominante anche nelle società tradizionali. una forma di esclusivo intrattenimento culturale.
Imparare un’abilità è in prima istanza una questione di mimesi, In un’intervista del 1990 sulla complessità e i misteri del-
muscolare e incarnata, acquisita attraverso la pratica, piuttosto la nuova fisica fu posto a Steven Weinberg, vincitore nel 1979
che attraverso istruzioni concettualizzate o verbalizzate. Perso- del premio Nobel per la fisica per la scoperta della relazione
nalmente, non sono in grado di ricordare molto parlando della fra l’elettromagnetismo e la forza nucleare debole, il seguente
quesito: «“A chi chiederebbe di parlarle della complessità della
23. Edward Casey, Remembering: A Phenomenological Study, Indiana Uni- vita: a Shakespeare o a Einstein?”. Il fisico rispose prontamen-
versity Press, Bloomington, Indianapolis, 2000, p. 148. te: “Oh, per quanto riguarda la complessità della vita, non c’è
24. Ibid., p. 172.
25. Mark Johnson, The Body in the Mind: Bodily Basis of Meaning, Imagina-
dubbio: a Shakespeare”. L’intervistatore continuò: “E chiede-
tion and Reason, The University of Chicago Press, Chicago, Illinois, Lon- rebbe a Einstein di parlarle della semplicità?”. “Certamente, per
don, 1987; Lakoff, Johnson, Philosophy in the Flesh, cit. capire perché le cose siano come sono – non per capire perché
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le persone siano quello che sono, perché a queste risposte si vita e nel proprio senso etico, così come nel proprio personale
arriva alla fine di una tale e lunga catena di inferenze…”»26. senso della missione. La categoria esistenziale della saggezza
L’arte declina la nostra esperienza esistenziale essenziale è anche molto più difficile da insegnare, se non proprio impos-
ma, come è stato rilevato nel capitolo precedente, rappresen- sibile. Tuttavia, è una condizione insostituibile del lavoro crea-
ta anche particolari modalità di pensiero, cioè le reazioni al tivo. In realtà dà da pensare scoprire che nella maggior parte
mondo e i modi in cui viene elaborata l’informazione, che si dà delle nazioni difficilmente si trova un qualche tipo di educazio-
immediatamente come un’attività incarnata e sensibile, ossia ne formale e accademica per poeti e romanzieri; il loro lavoro è
senza essere stata trasformata in concetti, o senza neppure così profondamente ancorato alla conoscenza esistenziale che
essere entrata nella sfera della nostra coscienza. ci si aspetta che questi artisti emergano e crescano senza un’e-
È evidente che dobbiamo ripensare alcuni dei fondamenti splicita educazione pedagogicamente formalizzata.
essenziali dell’esperienza architettonica e fare luce su questi L’insegnamento della saggezza esistenziale nell’educazione
temi. Oltre a controbilanciare l’equivoco visivo nel pensiero si compie principalmente attraverso lo sviluppo della propria
architettonico, dobbiamo essere critici verso quegli approcci personalità, che è spesso un riflesso della personalità e del ca-
all’architettura con troppa enfasi intellettuale e logica. Un ar- rattere dell’insegnante nell’identità personale dello studente.
chitetto avveduto e maturo lavora con il corpo intero e con la Questa saggezza di vita è un’accumulazione lenta di espe-
piena percezione di sé; mentre sta lavorando a un edificio o rienza, una graduale maturazione della personalità e un’inte-
a un oggetto, l’architetto è simultaneamente coinvolto in una riorizzazione – vorrei di nuovo usare il termine incarnazione
prospettiva ribaltata, essendo la sua immagine in relazione – del senso di responsabilità e ambizione. Per ambizione, non
con il mondo e con la sua stessa condizione esistenziale. Ol- intendo riferirmi alle aspirazioni e agli obiettivi sociali, ma
tre alla conoscenza operativa e strumentale e alle abilità, il pro- al proprio senso interiore di responsabilità e onore e al de-
gettista e l’artista hanno bisogno della conoscenza esistenziale siderio di superare i limiti delle proprie abilità e conoscenze
modellata attraverso le loro esperienze, e questa conoscenza pregresse.
fornisce il più importante contesto per il giudizio etico. Nel Heidegger considera l’insegnamento persino più difficile
lavoro di progettazione queste due categorie della conoscenza dell’apprendimento: «Insegnare è quindi più difficile che impa-
si fondono e, di conseguenza, l’edificio è allo stesso tempo un rare. [...] Non perché chi insegna debba possedere una quan-
oggetto razionale di utilità e una metafora esistenziale. tità maggiore di conoscenze che deve in ogni momento avere
Tutte le professioni e le discipline contengono entrambe le a disposizione. Insegnare è quindi più difficile che imparare,
categorie della conoscenza in vari gradi e configurazioni. Le di- perché insegnare significa: far imparare. Chi propriamente
mensioni strumentali di un mestiere possono essere teorizzate, insegna non fa imparare null’altro che questo imparare»27. La
esaminate, insegnate e incorporate nella pratica piuttosto ra- difficoltà di insegnare ha a che fare soprattutto con il compito
zionalmente, mentre le dimensioni esistenziali sono incorpora- di insegnare la saggezza esistenziale.
te nella propria identità personale, nella propria esperienza di Rainer Maria Rilke ci propone una descrizione poetica e com-
movente della conoscenza esistenziale richiesta per scrivere un
26. Intervista nella rivista «Time Magazine», 1990 [non è stato possibile
identificare il riferimento bibliografico nel dettaglio, N.d.A.]. 27. Heidegger, op. cit., pp. 107-108.

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