Sei sulla pagina 1di 9

BLONDEL, MAURICE

N. a Digione il 2 nov. 1861, m. a Aix-en-Provence il 4 giu. 1949. Frequenta le scuole a


Digione, dove ha come insegnante di filosofia A. Bertrand, che lo introduce nello studio
di Maine de Biran, Leibniz, Pascal, Ollé-Laprune. Dal 1881 studia all’Ecole Normale di
Parigi, con E. Boutroux e L. Ollé-Laprune, e nel 1893 difende alla Sorbona la tesi su
L’Action, assieme, com’era consuetudine all’epoca, a un lavoro in latino su De vinculo
substantiali et de substantia composita apud Leibnitium. Dal 1886 insegna filosofia nei
Licei di Chaumont, Montauban e Aix; poi, dal 1895 nell’Università di Lilla e dal 1896
al 1927 ad Aix.

L'Action. Essai d'une critique de la vie et d'une science de la pratique, Paris 1893 (tr. it.
di E. CODIGNOLA, 2 voll., Firenze 1921 – finora la più affidabile - e, poi, la nuova tr.it.
Cinisello Balsamo 1993);

Blondel è considerato quasi comunemente come il più importante e originale discepolo


di Ollé-Laprune e di Boutroux. Al suo capolavoro L’Action, infatti, è da ricondurre, a
volte in maniera più o meno sotterranea e per non pochi aspetti, il rinnovamento
teologico e filosofico che ha portato alla Nouvelle théologie, al Tomismo trascendentale
e al Vaticano II. La stessa opera, poi, nella struttura, nel metodo e per la profondità del
discorso, è stata da più parti (Lasson, De Ruggiero, Delbos) paragonata alla
Fenomenologia dello Spirito di Hegel o alle opere di Fichte, e poi venne letta, durante la
sua breve permanenza come novizio tra i Gesuiti, e altamente apprezzata da Heidegger.
Il risultato del complesso e travagliato lavorio interno del suo pensiero, tuttavia,
presenta non poche oscurità e un’obiettiva ermeticità.

Negli ultimi decenni, però, la pubblicazione dei suoi manoscritti inediti e delle sue
corrispondenze ha permesso di porre in rilievo alcune tematiche cruciali del suo
pensiero, quali il vinculum e il pancristismo, prima quasi dimenticati.

Tutto ciò ha consentito di verificare con maggior precisione la continuità e la coerenza


di fondo della sua filosofia; e ha fatto riemergere l’immagine, messa in disparte dallo

1
spiritualismo, di un B. particolarmente attento agli aspetti metodologici, spinto in ciò
dal clima positivistico, all’epoca ampiamente diffuso, ma anche dalla necessità di
trasporre in un rigoroso discorso filosofico la propria esperienza personale di credente.
Questi testi inediti ci dischiudono la fisionomia originale del pensatore di Aix e ci
consentono di avere una visione più nitida della gestazione de L’Action, opera in cui B.
elabora una nuova logica dell’azione, in confronto critico con Maine de Biran, ma anche
con la psicologia fisiologica di Wundt e Ribot, e ne fa, nelle sue varie configurazioni –
azione scientifica, soggettiva, determinata, libera, sociale, comunitaria, religiosa -, il
motore del suo pensiero.

Innanzitutto, egli mostra, con una analisi regressiva, l’incoerenza e l’insufficienza


radicale delle spiegazioni fornite dalle scienze positive; e, poi, introduce la “science
pratique”, nell’intento di dimostrare che quest’ultima ha un rigore e una precisione
propria, perché è il prolungamento necessario delle scienze positive, a cui rinvia, ma le
oltrepassa e le supera per costruire una scienza della coscienza o dei fatti interni.

In tal modo, la nuova scienza è anch’essa positiva, ma inaugura, per B., un nuovo
ordine di indagini. In altri termini, all’interno stesso delle spiegazioni scientifiche vi è
una dicotomia, che fa si che la scienza non possa bastare a se stessa. Una sua critica
immanente, perciò, esige la costruzione di un sapere altrettanto preciso, coerentemente
serrato; e, anzi, più ricco e completo. Allora, proprio dal determinismo scientifico, che
non trova in sé la propria coesione e l’unità, emerge come conseguenza logica, la
mediazione di un atto, cioè la presenza di un soggetto libero o meglio di un vinculum
che costituisce l’unità dell’osservazione sensibile.

E così, le scienze positive conducono necessariamente a una scienza dell’azione,


dimodoché la scienza soggettiva, non soltanto non è chimerica, ma è rigorosamente
scientifica in quanto è in grado di dimostrare le proprie affermazioni, con
un’articolazione coerente dei loro nessi intrinseci e perciò acquista diritto di
cittadinanza tra tutte le altre scienze positive, entrando con pari dignità nella serie degli
altri ambiti disciplinari. Con questo procedimento, B. si riannoda alla critica svolta nei
confronti del determinismo da parte della filosofia della contingenza, benché si stacchi
da essa per la tendenza costruttiva e per le conclusioni. Nella Terza parte de L’Action,

2
che poi è quella più ampia al punto da costituire più della metà dell’intera opera, egli
perciò studia come un qualsiasi altro fatto il fenomeno dell’azione e della sua
espansione; e, nel descrivere il dinamismo della vita interiore, rinviene negli atti umani
una libera attività che viene postulata dalla stessa scienza; anzi, lo stesso determinismo
dei fenomeni la rivela. In tal modo, comunque, la libertà porta con sé l’impronta della
propria origine e può affrancarsi da essa solo se si dispiega come decisione, dovere e
azione, cioè come libertà che vuole volere. Essa così pone se stessa come oggetto e tra
la volontà volente, o quod procedit ex voluntate, e la volonta voluta, cioè quod
voluntatis objectum fit, nasce una costante sproporzione: ciò che vogliamo
effettivamente “non è già ciò che è noi, già realizzato, ma ciò che ci oltrepassa e ci
comanda”, perché “c’è in noi qualcosa da conquistare…siamo ancora, per una parte e
per la migliore, stranieri a noi ancora”. Occorre, allora, studiare l’organismo che noi
siamo, cioè il corpo in cui l’azione vive ed emerge, tramite un’analisi fisiologica e
psicologica del soggetto, per potersi rendere conto del dinamismo dell’azione volontaria
e degli ostacoli che essa incontra nella sua realizzazione. Questa indagine rivela che
l’azione è il legame (vinculum, lien) della stessa vita organica e della coscienza
individuale, perché, secondo B., nell’atto si costituisce l’unità dell’agente. Tuttavia,
questa coesione è essa stessa principio di un nuovo cominciamento, perché il
movimento dell’azione non cessa, ma “ci fa crescere e uscire per così dire da noi
medesimi”, e così esso conduce al di fuori della vita individuale il centro di gravità della
volontà, in maniera coerente alla legge del suo progresso. Per poter intendere come
questo accada e quali ne siano le principali implicazioni, occorre, allora seguire il
cammino che essa compie, ossia bisogna seguire il suo moto di espansione necessaria,
di tappa in tappa, dall’ambito dell’individuo fino al movimento che porta l’azione alla
solidarietà con altre azioni o, meglio, alla costituzione concreta di una sinergia
familiare, sociale, statale, umanitaria, ecc. La loro analisi fa emergere un’antibolia, e
cioè :”l’uomo pretendeva regolare le sue cose da solo, e trovare nell’ordine naturale la
sua sufficienza e il suo tutto: non ci riesce; non riesce né a fermarsi né a procedere
innanzi”. Vorrebbe bastare a se stesso, ma non può: il determinismo dell’azione, cioè la
necessità di volere, presente in ogni coscienza, in ogni azione, ratifica questo risultato.
Invano si tenta di uscirne fuori, perché l’azione umana è spinta con le sue sole forze a
trovare il proprio compimento, che le occorre, ma fallisce. Questo movimento, che si
snoda attraverso varie tappe, forte di un argomentum a contingentia reso più efficace,

3
porta al rinvenimento in ogni stato d’animo, in ogni fenomeno contingente, di un ‘unico
necessario’, che si impone come un fondamento immanente a tutto ciò che c’è, ma con i
tratti della trascendenza. Così, tutto concorre nel rivelare “la necessità assoluta del
necessario”, ossia l’idea di Dio in noi; e, in definitiva, si apre una doppia via: da un lato
l’azione giunge a riconoscere l’impossibilità di rinchiudersi nell’ordine naturale; e
dall’altro è essa stessa impossibilitata a superare l’ordine delle cose contingenti. In tal
modo, vengono precisati i termini dell’alternativa che si escludono tra di loro; e l’analisi
progressiva dell’espansione interna ed esterna dell’azione conduce inevitabilmente a
concludere, con un argomento ontologico rinnovato, che l’azione non trova il proprio
compimento nell’ordine naturale, ma porta inevitabilmente alla certezza di una realtà
trascendente. Così, il conflitto iniziale dell’azione sfocia in una opzione finale, in cui è
preclusa la via del nulla, e nel riconoscimento che l’idea di Dio in noi è il termine
ultimo ed inevitabile dell’azione; nello stesso tempo, però, il soprannaturale è, in
maniera paradossale, anche inaccessibile e impossibile da attingere con le sole forze
dell’azione. Esso, in nessun caso, può rientrare nell’ambito dell’ordine naturale, non
può cioè essere naturalizzato, perché viene riconosciuto come totalmente gratuito, come
un dono, anche se, poi, per B., esso è la condizione stessa della filosofia presa nella sua
più gelosa indipendenza e autonomia, cioè del metodo di immanenza. In questo
desiderio insoddisfatto s’inscrive la possibilità del soprannaturale, ed è qui che si giuoca
tutto il dramma del destino umano. Nella sua opera, perciò, B. eleva l’attività pratica a
organo della filosofia e vede in essa l’espressione di una nuova logica non solo
dell’azione ma, nello stesso tempo, anche della vita morale, che avverte il bisogno di
trascendere il dato delle scienze positive e di dire qualcosa che valga per ogni uomo
normale, credente e non credente. La sua prima preoccupazione, sin dal suo punto di
partenza, non è quella di voler elaborare una sorta di fenomenismo puro, sia pure
soltanto metodologico, o una epoché eidetica, ma di fare “da credente, uno sforzo da
filosofo”, pur evitando lo sconfinamento sul terreno teologico più proprio. Per questi
motivi, egli rappresenta uno egli esempi paradigmatici della fede volta al tentativo di
colmare la distanza tra il filosofico e il teologico. In particolare, con la sua dialettica di
volere e agire, volontà volente e volontà voluta, egli predispone la fisionomia del
procedimento da seguire per poter seguire le tracce dell’azione del soprannaturale in
noi, in una sorta di itinerarium voluntatis et mentis ad Deum. Questa impostazione del
problema è stata chiamata apologetica dell’immanenza o della soglia ed è stata

4
variamente accolta e interpretata, dando luogo quasi ad una vera e propria selva di
interpretazioni. In ogni caso, la sua analisi della fenomenologia dell’azione, comporta la
rigenerazione della filosofia, che solo con l'ausilio delle proprie forze fa emergere per
speculum et in aenigmate le realtà cristiane, con un approccio ritmato dalla rigorosa
applicazione del metodo di immanenza. In B., perciò, l'unique nécessaire non è un
qualcosa di arbitrario, quanto il risultato del deterministico concatenamento logico -
benché non sempre pienamente omogeneo - dell'azione umana che procede per tappe
ascendenti, in cui i singoli anelli della catena sono dei testimoni che alludono ad altro e
ci dispongono a proseguire la marcia fino al punto in cui avvertiamo che ciò che
desideriamo di più profondo è analogo a ciò che ci viene proposto dall’esterno dai
dogmi. Il soprannaturale in quanto tale, totalmente imprescrittibile e gratuito, non può
rientrare nell'ordine naturale; tuttavia, è possibile constatarne la presenza segreta nella
nostra volontà e il compito del filosofo consiste nel rilevarne le tracce, nel disporre
gradualmente, e solo con i mezzi forniti dalla ragione, a confrontare i dogmi della
dottrina cristiana con le esigenze più intime della nostra volontà effettiva. L'azione
umana oltrepassa l'uomo, perché qualcosa di divino abita in lui, e la ragione deve
impiegare ogni sforzo per mostrare che in ogni coscienza umana normale vi è una attesa
che le scienze positive non possono provocare e nemmeno possono colmare. Questo
progetto si dispiega per così dire in filigrana e vien fuori chiaramente nelle battute
conclusive de L'Action. Gli esempi topici più importanti, usati dal B. per connotare
questa trama, sono costituiti soprattutto dallo schemarismo eucaristico, correlato al
pancristismo, al quale è strettamente apparentato, che ne è, per così dire, la cifra segreta.
La figura del Cristo, infatti, è il Vinculum vinculorum che conferisce coesione interna al
discorso dell'azione, in tutte le sue varie articolazioni e direzioni. La sua trattazione
viene preparata con prudenza e non senza qualche oscurità nelle ultime due parti de
L'Action, attraverso l'uso esplicito di vocaboli come médiateur, sauveur, libérateur, ecc.,
e fa parte dell'architettura dello stesso testo; e perciò la sua elaborazione si snoda a
partire dall'intenzione fondamentale di B. assieme ad altri ambiti tematici quali la realtà
del vinculum substantiale, del composto umano, del composto sociale. In particolare, il
vinculum, viene per lo più usato come sinonimo di azione e diventa così la chiave di
volta che determina tutti i nodi della dialettica delle azioni. Esso è un principio d'unione
e svolge il compito di risolvere il problema dell'unità, perché tutta la dialettica de
L'Action sarebbe vana se ogni cosa, ogni fenomeno, non avesse il suo posto nell'ambito

5
del reale e quindi non fosse necessaria. Il vincolo per eccellenza, è la realtà teandrica del
Verbo incarnato, in cui si realizza il connubio tra l'umanità e la divinità, e questo porta
al pancristismo, che nella teoresi soprattutto del primo B. rappresenta la chiave d'oro di
tutti i suoi scritti. Ne L’Action del 1893 esso compare in forma implicita; nella Lettre
(1896) e ancora di più in Histoire et Dogme (1904), invece, il pancristismo è per così
dire una terra firma. Gli aspetti ora richiamati sono, quindi, di importanza decisiva per
la comprensione del pensiero di B. Essi scaturiscono dalla sua vocazione giovanile e ne
sorreggono l'intera impalcatura discorsiva. Il problema che però oggi si pone, in un
mutato contesto storico e culturale, è ancora quello del cosiddetto primo B., e cioè: in
che misura ci si può ancora affidare alla dialettica dell’azione per istituire una passerella
tra l’elemento teologico e quello filosofico? B. compie uno sforzo poderoso per
intendere in sede filosofica il significato effettivo del problema religioso e perciò
respinge e la cosiddetta filosofia separata e la "philosophie gagée". In particolare, nella
Lettre, con l'approfondirsi delle sua ricognizione critica volta a valutare i diversi metodi
di apologetica e la loto portata, B. cerca di delimitare i rispettivi campi d'indagine e
afferma che occorre innanzitutto verificare la possibilità di coesistenza tra una religione
che non è una pura costruzione umana e una filosofia che non intende abdicare alle
proprie prerogative. Per far questo, la teologia non deve assorbire la filosofia e, di
contro, quest'ultima non deve sopprimere le competenze della teologia e però, nello
stesso tempo, non può ignorare l'esigenza in noi - nel senso dell'agostiniano totum exigit
te, qui fecit te – (Sermo 25) del soprannaturale, anche se la sua realtà, nella sua essenza,
è completamente al di fuori della portata della filosofia. Infatti, in ogni azione umana
reale, in ogni sua tappa, ci sono dei segnavia impliciti che orientano il percorso e che il
risultato conclusivo della filosofa dell'azione non crea, ma vede, rinviene e si limita
soltanto a mettere in relazione e quindi a ratificare. Tant'è vero che il c’é delle ultime
battute discorsive de L'Action è preparato dalle parti IV e V rappresenta la sua rigorosa
conseguenzialità logica. Questo discorso filosofico, benché il suo vocabolario tipico,
caratterizzato da termini come rinuncia, abnegazione, sacrificio, sofferenza, possa
apparire al giorno d’oggi obsoleto e, anzi, addirittura superato, sembra godere,
nonostante tutto, di una sorprendente attualità, in particolare se messo a confronto
critico con i metodi e i problemi dell’epistemologia contemporanea, che nella filosofia
del B. e nel dibattito in cui essa si inseriva (Boutroux, Poincaré, Milhaud, Wundt, Ribot,

6
Duhem) ha trovato uno dei suoi momenti genetici più significativi e forieri di
conseguenze.
Nella produzione di B., presa nel suo insieme, comunque, si pone un altro problema, e
cioè tra la prima L’Action e gli scritti della tarda maturità, cioè redatti dopo le
polemiche relative all’apologetica dell’immanenza e al Modernismo, non pochi autori
hanno visto un iato; e perciò da più parti si è parlato di un primo e di un secondo B. Per
questo motivo, è stata operata a volte quasi una netta cesura tra il B. del 1893 e quello
della cosiddetta Trilogia (La Pensée, I-II; L'Étre et les étres; L'Action, I-II) degli anni
’30, progressivamente provato dalla cecità e costretto a fare ricorso a segretarie a cui
dettare i propri testi, che nello stile e nella stessa argomentazione, non di rado contorta e
oscura, mostrano in maniera evidenti i segni di un pensiero di difficile lettura. La
letteratura secondaria che su di lui gravita a tutt’oggi non è affatto concorde nel valutare
appieno, e in maniera nivoca, questi aspetti, ossia soprattutto il problema della
continuità o meno del suo pensiero tra le due Action. Tuttavia, in questa sede, è da tener
presente che la Wirkungsgeschichte del pensiero di B. è fondamentalmente dovuta
all’opera del 1893. Infatti, è stato il primo testo che ha inciso, in modo o nell’altro e
attravreso vari canali, nella formazione di filosofi come A.Valensin, P. Rousselot, J.
Maréchal, P. Scheuer, P. Henrici, X. Tilliette e, in ambito teologico, su J.Wehrlé,
H.Bremond, L. Laberthonnière, Y. de Montcheuil, H. de Lubac, H. Bouillard, e più
indirettamente sullo stesso K. Rahner. Su tutti questi aspetti, P. FAVRAUX, Der
spätere B.(1861-1949) und sein Einfluss, in E. CORETH et alii, a c. di., Christliche
Philosophie im katholischen Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, vol. 3, Graz 1990,
pp. 384-410; e, poi, soprattutto M. LECLERC, a c. di, Blondel entre L’Action et la
Trilogie, Bruxelles 2003.

Antonio Russo

BIBL.: di e su B.,

R. VIRGOULAY - C. TROISFONTAINES, M. B.: bibliographie analytique et critique, 2


voll., Louvain 1975-1976. Su B.: P. ARCHAMBAULT, Initiation à la philosophie

7
blondélienne, Paris 1946; H. DUMERY, La philosophie de l'action, ivi 1948; R.
CRIPPA, Il realismo integrale di M. B., Milano 1954; P. HENRICI, Hegel und B. Eine
Untersuchung über Form und Sinn der Dialektik in der « Phänomenologie des
Geistes», und der ersten «Action», Pullach 1958; H. BOUILLARD, B. et le Christianisme,
Paris 1961; R. CRIPPA, Profilo della critica blondeliana, Milano 1962; C.
TRESMONTANT, Introduction à la métaphysique de M. B., Paris 1963; V. LA VIA, B. e la
logica dell'azione, Catania 1964; R. SAINT-JEAN, Genèse de l'Action: 1882-1893, Paris
1965; J. C. SCANNONE, Sein und Inkarnation. Zum ontologischen Hintergrund der
Frühschriften M. B.’s, München 1968; A.RAFFELT, Spiritualität und Philosophie :
Zur Vermittlung geistig-religiöser Erfahrung in M. B.’s "L'Action" (1893), Freiburg
1978; G.LARCHER, Modernismus als theologischer Historismus: Ansätze zu seiner
Überwindung im Frühwerk M. B.’s. Frankfurt 1985; X. TILLIETTE, L’insertion du
surnaturel dans la trame de L’Action, in «Revue philosophique», 4, 1986, pp.449-465;
C. THEOBALD, M. B. und das Problem der Modernität, Frankfurt 1988; P.
GAUTHIER, Newman et B., Paris 1988; P.GILBERT, Le phénomène, la médiation et
la métaphysique : Le dernier chapitre de "L'Action" (1893) de M. B., in «Gregorianum»
70 (1989), pp. 93-119, 291-319; A. RUSSO, Henri de Lubac: Teologia e dogma nella
storia. L'influsso di B., Roma 1990; M. LECLERC, L’union substantielle. I. Leibniz et
B., Namur 1991;R.VIRGOULAY, L'Action de M.B. (1893) : Relecture pour un
centenaire, Paris 1992; M.ANTONELLI, L'eucaristia nell' "Action" (1893): La chiave
di volta di un'apologetica filosofica, Roma 1993; P.HENRICI, M.B. (1861-1949) e la
"filosofia dell'azione", in G. MURA; G. PENZO, a c. di., La filosofia cristiana nei
secoli XIX e XX, Roma 1993, pp. 588-632; M.COUTAGNE, a c. di, L’Action. Une
dialectique du salut. Colloque du centenaire, Paris 1993; S.D’AGOSTINO, Dall'atto
all'azione : B. e Aristotele nel progetto de "L'Action" (1893), Roma 1999; E. BRITO,
Le rapport de la philosophie et du christianisme selon M. B., in «Revue théologique de
Louvain» 31(2000), pp. 209-254; M. CONWAY, The science of life: M.B.'s philosophy
of action and the scientific methode, Frankfurt 2000; R. VIRGOULAY, Philosophie et
théologie chez M.B., Paris 2002; P.REIFENBERG,Verantwortung aus der
Letztbestimmung : M. B.’s Ansatz zu einer Logik des sittlichen Lebens, Freiburg 2002;
A. RUSSO, X.Tilliette interprete di M.B., in M. MONACO, Bibliographia di X.Tilliette,
Trieste 2002, pp. 9-16; X. TILLIETTE, Le panchristisme dans L'Action et les premiers
écrits, in Le Christ de M. B., a c. di R. VIRGOULAY, Paris 2003, pp. 35-57; G.

8
COFFELE, Apologetica e teologia fondamentale. Da B. a de Lubac, Roma 2004; P.
HENRICI, K. Rahners "Hörer des Wortes" und M. B.’s "L'Action", in H.
SCHÖNDORF (Hrsg.), Die philosophischen Quellen der Theologie K. Rahners,
Freiburg 2005, pp. 81-99

Potrebbero piacerti anche