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Capitolo 14

Il Jazz Progressivo

L’avvento del bebop porta delle conseguenze anche nelle fasi successive del jazz, anzi ne determina la
direzione.
Le sonorità nuove avevano disorientato il pubblico, a cominciare proprio dagli afroamericani;
una volta esauritasi la curiosità per i virtuosismi dei boppers e le loro innovazioni, a partire dal 1948 il
mondo del jazz entra in una grave crisi.
Il mercato della musica sta mutando:

A. Le grandi orchestre non erano più di moda e quasi tutte furono costrette a sciogliersi.
(i giovani non erano più coinvolti dalla loro musica, che non li faceva ballare come nel periodo dello
Swing).
B. I musicisti più puri si trovavano a corto di pubblico, anche perché, dicevano, i musicisti del bebop
avevano rovinato il business.

Infatti sulla 52esima strada ormai i locali in cui si era suonato prima lo Swing e poi il bebop erano stati
sostituiti da night club in cui si facevano spogliarelli.

Gli stessi musicisti erano interdetti:

A. Alcuni avvertivano la necessità di semplificare, addolcire le spigolosità eccessive del bop.

B. Altri si proponevano di portare avanti il jazz sulla strada imboccata da Parker, al fine di allontanarlo
dalle connotazioni spettacolari e danzereccie.

Jazz progressivo, cool jazz, west coast (o jazz californiano), sono i nomi delle correnti stilistiche che si
sviluppano in risposta al bebop; spesso non è facile individuare i musicisti a quale stile appartengano….
Quella a cui assisteremo a partire dal 1948 è una lenta restaurazione dell’idioma jazzistico che era stato
letteralmente stravolto dai rivoluzionari musicisti del bebop; è un nuovo linguaggio, ricco di innovative
soluzioni armoniche, ma da edulcorare al fine di renderlo nuovamente gradevole all’ascolto.

Il primo personaggio da citare è sicuramente Woodrow Charles Herman, noto come Woody Herman.
Bianco, nato nel 1913 a Milwaukee, nel Wisconsin, aveva debuttato nel mondo del vaudeville come cantante
e ballerino all’età di dieci anni.
Divenuto sassofonista si trasferì a Chicago, dove suonò nelle orchestre locali.
Agli inizi degli anni ’40, rilevando l’orchestra di Isham Jones, aveva conseguito un buon successo
commerciale grazie ad un brano “At The Woodchappers Ball” (“Il ballo dei taglialegna”), scritto dal suo
arrangiatore Joe Bishop; la sua formazione, che aveva una struttura cooperativa, venne conosciuta come
“The Band that Play the Blues”, poiché eseguiva una sorta di dixieland rivisitato e del blues vestito di bianco.

A partire dal 1944 arrivarono solisti di rilievo, come:

A. Il trombettista, compositore ed arrangiatore Neal Hefti


B. Il trombonista Bill Harris
C. I saasofonisti John La Porta e Flip Phillips (Joseph Edward Filipelli il suo vero nome)
D. Il pianista e arrangiatore Ralph Burns
E. Il batterista chicagoano Dave Tough

Più tardi si aggiunsero:

F. I trombettisti Conte Candoli, Shorty Rogers e Sonny Berman, un eroe del jazz dimenticato, perché
scomparso prematuramente, ma solista prodigioso.

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Il successo riscosso dalla sua orchestra suscitò un tale interesse nell’ambiente musicale che nel 1946 il
compositore Igor Stravinskij scrisse appositamente per la compagine di Herman l’”Ebony Concerto”,
eseguito in pubblico alla Carnegie Hall e inciso su due facciate di un disco da 30 cm.

Fu un’orchestra bianca, in tutti i suoi successivi sviluppi; è rimaste nella storia che Herman fosse solito
chiamare le proprie formazioni “heard” (“greggi”); nella sua carriera ne formò parecchi, dal momento che di
tanto in tanto si ritirava dalle scene per rifugiarsi nella sua sontuosa villa di Hollywood (una vera e propria
reggia appartenuta all’attore Humphrey Bogart).

Nella seconda metà degli anni quaranta l’orchestra di Herman aveva già assorbito taluni stilemi del bebop,
ma il band leader aveva maturato insieme ai suoi musicisti l’idea che bisognasse addolcire e rendere in
qualche modo fruibile il nuovo linguaggio.
La sua musica doveva contrapporsi alla rabbia dei boppers, soprattutto perché non condivideva il loro
disprezzo per il pubblico e il rifiuto di tutto ciò che c’era stato prima.
Fu così che a partire dalla “Summer Sequence” del 1946, scritta ed arrangiata dal pianista della formazione
Ralph Burns, l’orchestra Herman espresse una musica dai contenuti moderni in una forma rilassata e
armoniosa, dall’effetto sognante e rassicurante.

Nel 1947 arrivò il grande successo commerciale per l’orchestra, grazie ad un tema scritto ed arrangiato dal
sassofonista Jimmy Giuffre, “Four Brothers”, uno dei manifesti sonori dell’epoca, tra i brani più noti della
storia del jazz.

Lo stile espresso in Four Brothers prendeva origine dal lavoro del pianista e arrangiatore Gene Roland, che
aveva sperimentato con successo a New York la sonorità di una sezione di sax innovativa, perché formata da
4 sax tenori (due di essi erano Al Cohn e Stan Getz).

Ad essi si riferisce il titolo della composizione, e allo stile di Roland si rifece Giuffre, che non militò nella
formazione di Herman ma fornì ad essa forse il più grande successo della sua storia.

I Four Brothers della formazione di Herman non furono però in realtà 4 strumenti uguali, ma tre sax tenori
(Stan Getz, Zoot Sims ed Herbie Steward) ed un sax baritono (Serge Chaloff).

Tutto il sound della formazione (era l’epoca del “secondo gregge”) venne caratterizzato dalla sezione dei sax,
e risultava levigato e straordinariamente caldo ed affettuoso, pur essendo fitto e rapido il dialogo solistico tra
i quattro “fratelli”.

Si cercò un nome per questa nuova musica, che la distinguesse dalla tradizione dello stile swing, considerato
commerciale e conservatore; la sonorità era distante dal bebop, anche se ne aveva adottato la rapidità e le
innovazioni del fraseggio.
Per questa musica fu coniata l’etichetta di jazz progressivo.

Un’altra compagine orchestrale fu attiva nella stessa direzione, quella diretta Boyd Raeburn, band leader
che suonava anche il sax basso.
Fu una strana figura di modernista post-bellico, che annoverò nella sua band alcune figure di spicco:

A. il trombonista e futuro grande arrangiatore Johnny Mandel (autore anche della celebre “The
Shadow Of Your Smile”).
B. Il trombettista Sonny Berman
C. Il batterista Don Lamond

Le composizioni di Raeburn esprimevano richiami ai compositori classici Bela Bartòk, Maurice Ravel e
Stravinskij, come si evince da una delle sue opere più note, intitolata “Boyd Meets Stravinskij”.

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Per questa in particolare ed altre partiture fu determinante l’apporto di Eddie Finckel, arrangiatore
dell’orchestra.
La formazione di Raeburn faceva una musica ardita, molto swingante, simile al bebop anche se meno
articolata; fece effetto sul pubblico bianco di quegli anni perché esprimeva un alto tasso di virtuosismo senza
allontanarsi troppo dalle sonorità dello stile swing ma il suo nome non è passato alla storia.
Piena di riferimenti colti a un certo punto la sua musica si ispirò dichiaratamente al Surrealismo, un
movimento artistico derivato dal Dadaismo, che coinvolse tutte le arti visive; lo rivela esplicitamente il titolo
di un’altra sua nota composizione, denominata “Salvador Dalì”.
Boyd Raeburn fu una figura secondaria rispetto a Woody Herman; la sua formazione fu sciolta una prima
volta nel 1947, poi ricostituita tra il 1948 e il 1950, prima del ritiro definitivo del leader nel 1956.

Certamente il musicista maggiormente identificato con lo stile “progressivo” fu Stanley Newcomb Kenton,
che tutti conoscono come Stan Kenton. nato a Wichita (Texas) nel 1911.
L’etichetta a ben vedere è poco rispondente alla realtà, perché Kenton fu:

A. un simbolo del conservatorismo musicale


B. politicamente di destra, poiché si schierò come alleato del candidato repubblicano alla presidenza
Barry Goldwater.
C. più interessato alla perfezione formale delle esecuzioni che ai contenuti musicali

Stan Kenton riuscì ad avere una carriera musicale di un certo successo a lungo, ma nelle sue intenzioni
l’importanza maggiore era rivolta al suono d’insieme; la sua attenzione era rivolta più alle sezioni
dell’orchestra che ai solisti, che pure furono personaggi di spicco:

A. il bassista Eddie Safransky (che fece parte anche di compagini sinfoniche dirette da Arturo
Toscanini)
B. il batterista Shelly Manne
C. il sassofonista contralto Art Pepper
D. il trombettista Shorty Rogers
E. i trombonisti Frank Rosolino e Carl Fontana
F. il sassofonista contralto Lee Konitz

Ma soprattutto ebbe dei grandi arrangiatori, sempre pronti a soddisfare le sue esigenze di magniloquenza e
suono pieno di forza e di grande impatto:

A. Pete Rugolo ( anche clarinettista)


B. Lennie Niehaus (sassofonista e didatta)
C. Gene Roland (pianista, già citato a proposito dei Four Brothers)
D. Gerry Mulligan (sassofonista baritono)
E. Bob Graettinger (essenzialmente compositore e infaticabile sperimentatore musicale)

Stan Kenton fu tra i primi ad utilizzare i ritmi afro-cubani, arrangiando organici spesso mastodontici
(talvolta le sue orchestre contavano 40 elementi); riuscì ad ottenere sempre un suono di grande impatto,
facendone uno dei suoi tratti distintivi, ed esercitò una notevole influenza sul jazz orchestrale dagli anni
Quaranta in poi.
La sua musica fu caratteristica perché presentava accostamenti tra veri e propri muri di suoni (fiati spinti fino
alle più estreme dissonanze) a temi e melodie tranquille; così facendo risultava imprevedibile e
continuamente sorprendente, lo dimostra l’ascolto di “Artistry in Rhythm” e “The Peanut Vendor”.

Kenton in qualche modo gettò un ponte tra la tradizione afroamericana e le raffinate e suggestive
acquisizioni della musica colta del Novecento.

E’ rimasto nella storia per il suo “Intermission Riff”, un brano ancor oggi attuale e di grande presa sul
pubblico.

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Il jazz progressivo ad ogni modo non rappresentò uno stile di fondamentale importanza; esso incise poco sul
futuro corso della musica jazz, ma descrisse bene l’epoca di transizione in cui si sviluppò, rappresentando il
momento di passaggio dal jazz classico al jazz moderno.

In relazione al jazz nato dopo la Seconda Guerra Mondiale, indicato come risposta al rivoluzionario bebop,
tra tutte le definizioni la più efficace e duratura risulta essere quella di “Cool Jazz”.
Di questa corrente stilistica i sottogeneri jazz progressivo e west coast risultano essere rispettivamente
un’anticipazione e il successivo sviluppo

In base a questa ideale continuità si potrebbe addirittura ipotizzare una contemporaneità tra i due primi stili
del jazz moderno: se consideriamo che i primi esperimenti dell’orchestra di Woody Herman si collocano
appena dopo il 1945, appare chiaro come le due correnti tradizionalmente contrapposte del bebop e del cool
in sostanza si svilupparono quasi parallelamente in risposta alla musica espressa nella Swing Era.

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