Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
la rappresentazione dell’Assoluto
Prefazione
L’intento del presente studio, ha come obiettivo quello di gettare un po’ di luce su
un personaggio molto discusso e controverso : John Dee, il quale dedicò la maggior
parte della sua vita all'Occultismo, alla Divinazione e alla Filosofia Ermetica. All'età di
15 anni si trasferì a Cambridge per frequentare il St John's College. Terminati gli
studi con il suo baccalaureato nel 1546, fu nominato Membro del Trinity College.
La Regina Elisabetta I lo nominò Cancelliere della Cattedrale di San Paul a Londra, e
successivamente sovrintendente del Christ College di Manchester, date le sue
elevatissime competenze. Oltre a chiarire la figura di questo enigmatico studioso
di esoterismo, il presente studio si propone di approfondire al contempo una delle
sue intuizioni più straordinarie che si esprimono in un sintetico simbolo, ad oggi
poco conosciuto ma che offre ancora interessanti occasioni di approfondimento e
spunti in chiave esoterica da decriptare: la Monade Geroglifica, perfetta sintesi di un
Sapere Universale.
Fig.1
John Dee (1527-1608) in un ritratto all’età di 77 anni. (XVI secolo),
Artista ignoto, Ashmolean Museum
Egli fu un intellettuale al sevizio della Corona, laureato a Cambridge nel 1548, ma fu
anche uno Scienziato che giocò un ruolo molto importante presso la Corte inglese.
Dee impiegò utilmente le sue conoscenze nel campo dell’Astronomia, della
Cartografia, della Tecnica della Navigazione e di tutte le Arti Meccaniche, da lui
applicate e anche al Teatro per ottenere effetti scenografici di grande suggestione e
tali da incantare la Regina, i cortigiani e il pubblico del tempo. (2) Fig.2
Fig.2
Henry Gillard Glindoni, (1852- 1913) John Dee performing an experiment before
Queen Elizabeth, Dipinto ad olio, (Cm 267,3 × 164,7 ), London, Wellcome Library.
Fig. 4
Ritratto di Gerardo Mercatore. “Atlas sive Cosmographicae Meditationes de
Fabrica Mundi et Fabricati Figura ”, 1595, incisione su rame di Frans Hogenberg.
Buona parte degli studiosi sono concordi nel ritenere che gli studi esoterici siano un
interesse fondamentale che coinvolge e impegna John Dee per più di quarant’anni
insieme alle sue ricerche di Matematica, Astronomia, Alchimia, Ottica, Balistica,
tecnica della Navigazione, Scenotecnica, ecc. In tal modo l’autore della Monade fa
convivere in sé due diverse anime, quella dello scienziato e quella del filosofo
ermetico. È molto noto l'influsso che esercitò su diverse opere di W. Shakespeare e
in genere sui "romances" (si pensi ad esempio al personaggio di Prospero). Si può
dire che egli amò circondarsi di una straordinaria aria di mistero che assolutamente
e coscientemente incrementò circondandosi di personaggi con i quali condivise i
suoi interessi, a cominciare dal suo assistente che, a partire del 1582, divenne suo
partner inseparabile e che rispondeva al nome di Edward Talbot (alias Edward
Kelley). (5)
Si può dire che egli amò circondarsi di una straordinaria aria di mistero che
assolutamente e coscientemente incrementò circondandosi di personaggi con i quali
condivise i suoi interessi, a cominciare dal suo assistente che, a partire del 1582,
divenne suo partner inseparabile e che rispondeva al nome di Edward Talbot (alias
Edward Kelley). (5)
In John Dee convivono quindi due anime che si armonizzano nell’insieme unitario
della sua scienza, creando così un’immagine di lui come sapiente “universale” e
come uomo in possesso di una conoscenza che si estende oltre i limiti della cultura
ufficiale.
Nell’ultimo scorcio del secolo però gli interessi esoterici operativi di John Dee
sembrano prendere il sopravvento su ogni altra forma di conoscenza speculativa e
lo scienziato e uomo di buon senso sembra trasformarsi in un visionario che coltiva
l’illusione di colloquiare con creature spirituali, e celesti, parlando il loro linguaggio:
l’Enochiano, attraverso il Sigillum Dei Ameth. (6). Fig. 5
Dee tralascia, quindi, ogni altro interesse per dedicarsi a tale esperienza, ma è nella
Monade Geroglifica che egli esprime e sintetizza tutto il suo profondo sapere e le
sue straordinarie conoscenze.
La Monade Geroglifica
La Monade Geroglifica è ritenuta, a buon diritto, l’opera ermetica per eccellenza del
grande scienziato che sintetizza aspetti di culture esoteriche differenti quali
l’Alchimia, la Kabbalàh, l’Ars Notoria e la Filosofia Naturale. Dee tenta così di
esprimere in un simbolo l'omogeneità dell'Universo e del Creatore, ogni elemento
individuale essendo descritto come componente rapportato alla Monade,
rappresentato come emblema Mercuriale combinato con il punto e il Crescente
Binario, come vedremo durante il corso della presente esposizione
Fig.6
Vale a dire che i 24 Teoremi sono una spiegazione del simbolo ideato da John Dee,
facendo così emergere la sapienza filosofica che esso rappresenta e che contiene.
Tale sapienza si dispiega mediante l’arte cabalistica di scomposizione del “Sigillo di
Hermes”, o “Geroglifico della Monade”, nei suoi elementi geometrici di base che
vengono ricomposti, all’interno dell’opera, in modi sempre diversi, assumendo, con
le diverse configurazioni e trasformazioni, diverse valenze simboliche. (7)
Sulla croce viene rappresentato il Fuoco, Terra, Acqua, Aria, Il Sole con il punto al
centro e infine in alto la Luna. Osservando più attentamente ci si accorge che quegli
stessi elementi geometrici sono anche simboli astronomici.
Occorre però sottolineare che gli stessi simboli geometrici e astronomici che
compongono il “Sigillo di Hermes” sono anche i geroglifici astrologici dei
pianeti, come mostra la Fig. 8 che si riferisce al XII° Teorema.
Fig. 8
I geroglifici dei diversi pianeti Saturno, Giove, Mercurio, Marte e Venere sono invece
costruiti utilizzando i simboli astrologici del Sole, della Luna e dei quattro elementi
naturali.
Inoltre l’aspetto più interessante sta nel fatto che tutti i simboli planetari possono
essere sovrapposti creando una nuova e più significativa unità simbolica che si
caratterizza nella sua completa integrazione, la Monade appunto, (dal greco μονάς
monàs) che significa uno, unico, singolo. Un tentativo di sintetizzare simbolicamente
il Sapere Universale, fu realizzato quasi un secolo dopo anche dall’erudito gesuita
Athanasius Kircher (1602 - 1680) Fig.9
Fig.9
Athanasius Kircher. Frontispiece, Mundus Subterraneus (1664).
(Bodleian Library, University of Oxford, Douce K 148)
La Raffigurazione della Monade secondo Athanasius Kircher
Nel famoso Oedipus Aegyptiacus del 1652, la sua più importante opera
sull’Egittologia, (9), troviamo la personale interpretazione della Monade Geroglifica,
nel pieno rispetto delle sue fonti che erano: l'Astrologia caldeana, la Kabbalàh
ebraica la Mitologia greca, la Matematica pitagorica, l'Alchimia araba e la Filologia
latina. (Figg. 10 e 11)
Fig.10 Fig.11
In basso riconosciamo il Cobra Sacro (Ureo) (10) antichissimo simbolo della regalità,
e di autorità divina che, oltre a rappresentare la veggenza mistica, rappresentava
anche la Saggezza ed era raffigurato in forma eretta sulla fronte dei Faraoni, mentre
all’estremità dei bracci della Croce, si trovano i quattro Elementi.
A destra in basso distinguiamo uno Scarabeo, simbolo della Resurrezione, perché gli
Egizi credevano che lo scarabeo della specie “stercorario” potesse rigenerarsi dalla
palla di sterco che l’insetto fa rotolare davanti a sé. Inoltre, la palla veniva collegata
con il disco solare che “rinasce” dopo la notte: il nome egizio dell’insetto, Kheperer,
è infatti simile a quello del dio Khepri, il Sole, che sorge generato dalla Terra.
Proseguendo sul lato sinistro in basso l’immagine del Toro Api I (o Toro di Horus)
simbolo della Creazione, sul lato destro in alto troviamo il simbolo della Luna Iah di
norma associata al Dio Thot che era vista come rappresentazione del Sole morto,
(11) e al suo opposto, raffigurato con il simbolo dell’Ariete, viene raffigurato il Dio
del Sole, Rà.
Nella circonferenza superiore, distinguiamo lo Zodiaco, e all’interno le diverse
circonferenze planetarie, con al centro il Sole e la Luna.
Nei primi cinque Teoremi dell’opera, infatti Dee rilegge il testo biblico della Genesi in
una chiave geometrica, tenendo conto di quanto avevano fatto, prima di lui, i
cabalisti ebrei che avevano dato una forma simbolica e mistica alla Genesi usando le
lettere dell’alfabeto ebraico. (12) L’analisi testuale evidenzia una corrispondenza
tra il discorso biblico relativo alla creazione che affiora nel Cap. I della Genesi e
quello della Monade di John Dee. Nella Bibbia, infatti, la Creazione si realizza
secondo un ordine matematico, quello del binomio:
«In principio Dio creò i cieli e la terra»; «Dio operò una divisione fra la luce e le
tenebre»; «e Dio chiamò la luce giorno e chiamò le tenebre notte e si fece sera e si
fece mattina».
Allo stesso modo, nella Monade il binomio è regola della creazione del mondo che
non emerge dal nulla, ma si produce a partire da due archetipi geometrici – la
linea retta e il cerchio – che, in una prospettiva platonica, sono enti ideali che
precedono in ordine di dignità e tempo, la creazione degli oggetti materiali:
“Dalla linea retta e dal cerchio venne alla luce la prima produzione e la più semplice
rappresentazione delle cose sia di quelle non esistenti, sia di quelle che sono nascoste
sotto il velo della natura.” (13)
Nel II° Teorema, Dee invece si concentra sull’idea della “monade”, dell’unità, una
nozione matematica e ad un tempo filosofica che corrisponde all’elemento
primitivo della Geometria: il punto. Come il punto è principio della Geometria e
fondamento di ogni altro ente geometrico, così l”‘unità” è principio della
matematica e fondamento dell’essere e della numerabilità delle cose:
“Né il cerchio può essere raffigurato senza la retta né la retta può essere raffigurata
senza il punto, pertanto le cose sono e in principio cominciarono ad essere dal punto
e dalla monade. E quelle cose che sono poste alla periferia del tutto in nessun modo
possono sottrarsi al magistero del punto centrale.” (14)
La Monade come sintesi del percorso Rosicruciano
Si evidenzia così la complessità della cifra dell’Assoluto, ideata da Dee, che risponde
a più forme di sapere – Geometria, Astronomia, Astrologia – che hanno uno stesso
carattere matematico, ma un diverso sistema simbolico e codice ermeneutico. Ciò
rende problematica l’esegesi del “Geroglifico della Monade’” che richiede una
conoscenza profonda di tutti quei saperi e del sistema di nessi che li pone in
relazione tra loro e che stabilisce un legame ad altri modi e forme della sapienza
filosofica, quali appunto la Kabbalàh e l’Alchimia.
In quest'opera inoltre vi è già la tesi fondamentale dei Rosicruciani, che vede l'unità
fra Creatore e il Creato, tra l’ Universo e la Natura, descrivendone simbolicamente
l'analogia esoterica proprio nella Monade, emblema mercuriale combinato con il
punto ed il Crescente binario. (15). Infatti, prima ancora dell’istituzionalizzazione
della Massoneria speculativa avvenuta a Londra - come si sa il 24 Giugno del 1717 -
esisteva un Antica Conoscenza, conosciuta come Philosophia Perennis.
Questo fine, secondo i Rosacroce che s’ispirarono per la loro dottrina proprio ai libri
di John Dee, (17) altro non sarebbe che l’infinito potere dell’uomo sulla natura e su
sè stesso. Il potere che eserciterebbe la Monade Geroglifica, se ben compresa,
aprirebbe così le porte dell’Assoluto attraverso la chiave dei Misteri dell’Universo.
NOTE
1) M.A. PICARDI, in “La Geometria come Clavis Universalis : Magia e Misticismo in John Dee”
tratto da in A.A. “Magia e Filosofia in John Dee”, a cura dell’ Istituto Italiano per gli Studi Filosofici,
pag.50. Studi Filosofici XXXIII – 2010, Bibliopolis. Alla Dott.ssa Maria Assunta PICARDI, va il mio
personale ringraziamento e infinita riconoscenza per aver attinto molti spunti, che ella ha saputo
affrontare in modo magistrale attraverso la sua inappuntabile ed esaustiva ricerca.
2) HÅKANSSON,”Seeing the World: John Dee and Renaissance Occultism” , Published PhD Thesis,
Lund Universitet 2001; Pagg. 76- 77 e segg.
3) Cfr. P. FRENCH, “John Dee. The World of an Elizabethan Magus”,pag. 82, London 1972
4) Cfr. F. CAVALLARO, “The Alchemical Significance of John Dee’s Monas Hieroglyphica, in John Dee:
Interdisciplinary Studies in English Renaissance Thought, pp. 159-176;
5) Edward Kelley (o Edward Kelly o Edward Talbot) (1º agosto 1555 – 1º novembre 1597) è stato un
alchimista, glottoteta e medium inglese. Operò con John Dee nei suoi esperimenti di magia. Oltre alla
sua presunta abilità nell'evocare spiriti o angeli in una sfera di cristallo, qualità che John Dee teneva in
gran conto, Kelley sosteneva anche di possedere il segreto della trasmutazione dei metalli vili in oro.
6) L’Enochiano è conosciuto come il “linguaggio degli Angeli”. Prende il suo nome da Enoch,
personaggio biblico cui si attribuisce la capacità di parlare con gli Angeli. La lingua è rappresentata
da 49 chiavi e 1000 distinte parole oltre a numerosi nomi di angeli. La lingua serviva ad invocare gli
angeli ed a comunicare con loro. L’alfabeto enochiano è scritto da destra a sinistra ed è composto
da 21 lettere, così come l’alfabeto italiano, piuttosto che da 24 come quello latino o da 22 come
l’ebraico. Questo permette di dividere le lettere in 3 gruppi di 7, ed in realtà sappiamo che le
lettere enochiane furono rivelate a Kelly in 3 gruppi di 7. Questi 3 gruppi, collegabili con le 3
Lettere Madri ebraiche o con il concetto di trinità, rappresentano le 3 famiglie denominate di “Pn”,
di “Tal” e di “Pal”. Seguono poi le 7 Luci che governano i 12 Nomi di Dio che, a loro volta,
governano i 99 Spiriti Geografici derivati dalla Grande Tavola delle Torri di Guardia. I caratteri
dell’Alfabeto enochiano sono usati nella pratica del Sistema Enochiano, sia attraverso l’uso delle
Tavolette denominate Torri di Guardia che, come linguaggio, nelle cosiddette chiamate Enochiane.
La Lingua Enochiana è stata oggetto di numerosi studi ed ha dimostrato di essere un vero
linguaggio, tuttavia non risulta sia mai stata parlata o che tali caratteri siano mai stati usati dagli
uomini, al di fuori dei nostri usi. Sebbene sembri non sia mai stata usata come lingua viva, la
nostra Tradizione afferma che è una lingua segreta. Tracce di questa lingua sono state trovate
ovunque. Un esempio è dato dal nome del Sommo Sacerdote di Giove, che era chiamato “Dialis”,
un termine dalla provenienza e dal significato ignoto. Tuttavia sulla Tavoletta della Terra uno dei
Tre Nomi Santi e Segreti di Dio è proprio “Dial”. Anche la parola sancrita UM o OM è la radice per
“intelligenza”, nella Seconda Chiamata Enochiana abbiamo infatti le parole “omax” ed “oma”
intese come “comprensione”. Resta da dire che il metodo con cui questo linguaggio fu trasmesso a
John Dee ed Edward Kelly rende impossibile pensare ad una qualsiasi frode. Durante la dettatura
non venivano mai nominate le lettere ma piuttosto solo le griglie entro le quali le lettere erano
contenute, es. colonna 3 – riga 42, e Dee provvedeva a trascrivere.
Di fondamentale importanza per l’opera di Magia Teurgica fu Il cosiddetto "Sigillum Dei" (Sigillo di
Dio) o "Signum Dei vivi" (Segno del Dio vivente), conosciuto anche come "Sigillo di Ameth" (o
Aemeth) che è un diagramma magico, sviluppato in età medievale, che permetteva al suo
possessore di avere potere su tutte le creature eccetto gli Arcangeli, ovvero permettere al mago
opportunamente iniziato di ottenere la cosiddetta "visione beatifica", cioè la capacità di vedere
Dio e gli Angeli. L’origine di questo sigillo è certamente medievale, ma esso ha assunto un
ruolo centrale nel XVI sec. con l’opera di John Dee. Il Sigillo sarebbe andato perduto subito
dopo la morte dell'alchimista, avvenuta il 26 marzo 1608. L'omonimo sigillo esoterico esiste
tuttora in una riproduzione. Un oggetto col medesimo nome (ma forse proprio lo stesso)
appartenne a Edward Kelley ed è oggi conservato nel British Museum. Kelley sosteneva di averlo
ricevuto dalle mani dell'angelo Uriel in persona e che, grazie ad esso, sia possibile
comunicare con l'oltretomba. Uriel, oltre ad essere conosciuto come un angelo del Signore, a
seguito della scomunica dell'arcivescovo Adalberto di Magdeburgo che lo citava nelle sue
preghiere insieme ad altri nomi sospetti di angeli, fu oggetto di un'attenta inquisizione che
riconobbe oltre all'esistenza dell'angelo quella di un omonimo demonio. Per approfondire
si consiglia la lettura dei seguenti testi : D.C. LAYCOCK, “The Complete Enochian Dictionary. A
Dictionary of The Angelic Language as Revealed to Dr. John Dee and Edward Kelley”, London
1987; D.E. HARKNESS, “John Dee’s Conversations with Angels: Cabala, Alchemy and The End
of Nature,” Cambridge, 2003.
7) Sulla fortuna del “Sigillo di Hermes” nell’ambito della produzione alchemica delle epoche
successive cfr. P.FORSHAM, ”The Early Alchemical Reception of John Dee’s Monas Hieroglyphica”,
pp. 265-269.
8) Il termine Equinozio, Aequinoctium, è composto da aequus ‘uguale’ e nox, come equivalente del
gr. isony ́k on per indicare che il giorno e la notte sono perfettamente uguali su tutta la superficie
terrestre. Cfr. “A Translation of John Dee’s ‘Monas Hieroglyphica”, (cit.) : «Arietis notamystica, ex
duobus semicirculis, in communi puncto connexis constituta: Aequinoctialis nycthemerae loco
aptissime assignatur. Vigenti enim & quatuor horarum tempus, Aequi-noctij modo distributum,
secretissimas nostras denotat proportiones. Nostrae dico re-spectu Terrae».
10) Da antichi documenti egiziani si sa che l'immagine di un cobra era geroglifico che indicava la
parola Dea, e che il cobra era conosciuto come l'Occhio, Uzait, un simbolo di veggenza mistica e di
saggezza. In Egitto, nome del Cobra sacro era Ureo, antichissimo simbolo della regalità, raffigurato
eretto sulla fronte dei faraoni e gli dei solari Ra, Atum, di cui era considerato figlio. Veniva
rappresentato nel copricapo dei faraoni per proteggerli dai possibili nemici stante le sue
potenzialità benefiche.
11) La Luna, Iah, aveva delle caratteristiche piuttosto contraddittorie nell'Antico Egitto. Infatti
c'erano dèi lunari, come Khonsu e Thot, ma non è mai stato trovato un tempio dedicato questa
divinità. Tuttavia, a Tanis, c'è un'iscrizione di Ramesse II dove la Luna compare assieme a divinità di
primissimo piano come Ptah, Atum, Khepri, e Ra Harakhty. Nonostante l'assenza di un culto
specifico, la Luna si trova nel nome di un sovrano, Ahmose (il nato dalla Luna) e in quello di
numerose regine e principesse. Il prof. Hornung nel suo “Der Eine und die Vielen. Agyptische
Gottervorstellungen” edito anche in italiano dalla Salerno Editrice con il titolo “Gli dei dell’Antico
Egitto”, con l’ottima traduzione della dott.sa Donatella Scaiola, la quale afferma che la luna infatti
era considerata “il sole che splende di notte” e gli veniva attribuito lo stesso percorso del sole, con i
babbuini che l’adoravano e gli sciacalli che la scortavano. Nello straordinario rincorrersi dei miti
egizi le sue associazioni sono molteplici. Ad esempio la falce lunare poteva venire rappresentata
simbolicamente dall’arma tagliente che Thot tiene in mano o da una gamba, reliquia di Osiride.
Difatti le 14 parti del corpo smembrato di questo dio corrispondono ad altrettanti giorni di luna
calante. Alcuni studiosi fanno risalire proprio al movimento crescente e decrescente della luna il
mito della disputa tra Seth ed Horus, intesi in questo caso come i rappresentanti del buio (Seth) e
della luce (Horus).
12) M.T.WALTON, “John Dee’s Monas Hieroglyphica: Geometrical Cabala”, «Ambix» 23 (1976), pp.
116-123
13) Il Modello costruttivo della Monade, si basa essenzialmente sulla linea retta e sul cerchio,
come viene spiegato nel Teorema XXIII : “Ad ogni punto dato in un piano, come A, per esempio,
passiamo attraverso questo punto e oltre esso in entrambe le direzioni, una linea piuttosto lunga,
CAR; e sulla linea CK innalziamo una perpendicolare che si estende in entrambe le direzioni,
abbastanza lontano (all'infinito,comesi suol dire) per i geometri, e con la ragione, così girando la
difficoltà), che il ammetteremo di essere DAE. Quindi, in AR, prendiamo un punto dove vogliamo, B,
e otterremo una prima distanza AB (che sarà come la misura comune del nostro lavoro).
Prendi la tripla di questa e portala da A a C, cioè AC; quindi la distanza AB viene portata due
volte a AE, quindi a AD, in modo che l'intera distanza DE sia la
quadrupla di AB; poi abbiamo formato la nostra croce elementale, cioè le
linee quaternarie AB, AC, AD e AE. Ora, sulla linea BK abbiamo una
distanza uguale a AD e otteniamo BI. Dal punto I al centro e con IB come
raggio, descriviamo un cerchio BR, che interseca la linea AK nel punto R;
e dal punto R a K, una lunghezza uguale a AB, o RK, è presa a destra, e
dal punto K una linea retta, di lunghezza sufficiente, formando un angolo
retto su ciascun lato della linea retta AK, che sarà PFK. Da questo stesso
punto K, prendi in direzione F una distanza uguale a AD, cioè KF, e dal
punto K come centro, e con KF come raggio, descriviamo un FLP a
semicerchio, in modo che FKP sia il di diametro. Infine, al punto C,
eleviamo sulla stessa linea AC una perpendicolare sufficientemente
estesa in entrambe le direzioni, o OCQ; quindi, sulla linea CO,
prendiamo dal punto C la distanza AB, che è CM, e da M come centro con
MC come raggio, descriviamo un CHO a semicerchio, il cui diametro è CMO. E similmente, su CQ,
dal punto C, portiamo ancora una distanza uguale a AB, cioè CN; e dal centro N, con NC come
raggio, disegniamo il semicerchio CGQ, di cui CNQ è il diametro. Affermiamo, quindi, che tutte le
simmetrie richieste sono spiegate e descritte nella nostra Monade.”
14) «At nec sine recta, circulus, nec sine puncto, recta artificiose fieripotest. Puncti proinde,
monadisque ratione, res, & esse coeperunt primo: Et quæ peripheria sunt affectæ, (quantæcumque
fuerint) centralis puncti nullo modo carere possuntministerio». Cfr, “A Translation of John Dee’s
‘Monas Hieroglyphica”, cit., 12 r:
15) Che rappresenti la cifra dell’assoluto o la l’emblema della pietra filosofale, il ‘geroglifico della
monade’ fa di Mercurio un’immagine fondamentale : «Et haec, ita, londinensis nostro hermetis
sigillo ad sempiternam hominum memoriam consignari». “E questa scelta colloca Dee all’interno di
una lunga tradizione di sapienza ermetica che vede in Mercurio una grande potenza planetaria e
divinità astrale, ispiratrice delle scienze esoteriche e delle arti occulte”. Così l’immagine di Hermes,
nella Monade, è molto di più di una semplice suggestione ermetica, poiché risponde al carattere
esoterico dell’opera, e della sua scrittura geroglifica, chiamata a trasmette una sapienza ispirata da
una divinità e rivolta ai pochi che sanno ‘ascoltare il linguaggio mistico dei segni’.
Dirà a riguardo John Dee: “Sono consapevole che con queste considerazioni sto offrendo prove
conclusive della verità della monade a quegli uomini di profonda inte-riorità in cui vive e si fortifica
il valore igneo e l’origine celeste. Tali uomini sapranno dare ascolto al grande Democrito secondo
cui il segre-to della liberazione dell’anima da ogni sofferenza consiste in una dot-trina non mitica,
ma mistica approntata (...) per l’uomo di intelletto e di origine divina che sa ascoltare il linguaggio
mistico dei segni . Cfr : Maria Assunta PICARDI, in “La Geometria come Clavis Universalis : Magia e
Misticismo in John Dee”.
16) P. Arnold scrive: «...De Quincey sostiene che i Rosa-Croce utilizzavano la maggior parte dei simboli
esoterici adottati dai massoni che li avrebbero presi direttamente da loro: la scala di Giacobbe, il Sole,
la Luna ecc. Ma sono simboli che i Rosa-Croce, e in particolare Michel Maier, hanno adottato dagli
alchimisti, che continueranno a usarli durante e dopo l'episodio della pseudo-confraternita. Era un
fondo comune, una specie di patrimonio pubblico dell'esoterismo la cui adozione non prova nulla per la
filiazione del movimento».
Paul ARNOLD: “La Storia dei Rosacroce”, pagg. 47 e segg. Ed. Bompiani, 2000. Per una più ampia
indagine sulle influenze dei R+C, sulla Massoneria, vedasi anche l’ottimo testo di F.YATES:
“L’Illuminismo dei Rosacroce”, Ed. Einaudi, 1972.
17) S. SCHIMPERNA, John Dee. Il padre del pensiero Rosacrociano, Ed. Arianna, 2014
BIBLIOGRAFIA
Su John Dee
St. CLUCAS, John Dee: Interdisciplinary Studies in Renaissance Thought, Dordrecht, Springer 2006;
N.H. CLULEE, John Dee's Natural Philosophy: Between Science and Religion, London, Routledge 1988
C. FELL SMITH, John Dee: 1527-1608, London, Constable and Company 1909;
W.H.SHERMAN, , John Dee: The Politics of Reading and Writing in the English Renaissance
M.A. PICARDI, in “La Geometria come Clavis Universalis : Magia e Misticismo in John Dee” tratto
da in A.A. “Magia e Filosofia in John Dee”, a cura dell’ Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, pag.50.
Studi Filosofici XXXIII – 2010, Bibliopolis.
HÅKANSSON,”Seeing the World: John Dee and Renaissance Occultism” , Published PhD Thesis, Lund
Universitet 2001
F. CAVALLARO, “The Alchemical Significance of John Dee’s Monas Hieroglyphica, in John Dee:
Interdisciplinary Studies in English Renaissance Thought, Cambridge, 1997
P. J. FORSHAM, ”The Early Alchemical Reception of John Dee’sMo-nas Hieroglyphica, London 2001
M.T. WALTON, “John Dee’s Monas Hieroglyphica: Geometrical Cabala”, «Ambix» 23 (1976)
M. KUGLIER, Astronomy in Elizabethan England, 1558 to 1585: John Dee, Thomas Digges, and Giordano
Bruno, Montpellier, Université Paul Valéry 1982
F. YATES, Renaissance Philosophers in Elizabethan England: John Dee and Giordano Bruno, in Ead.,
Lull & Bruno, collected essays vol. I, London, Routledge & Kegan 1982.
Sulla Teurgia dei Rosa + Croce
S. SCHIMPERNA, John Dee. Il padre del pensiero Rosacrociano, Ed. Arianna, 2014
Sull’operatività Enochiana:
F. YATES, The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, London; Routledge 2001;
D.C. LAYCOCK, “The Complete Enochian Dictionary. A Dictionary of The Angelic Language as
Revealed to Dr. John Dee and Edward Kelley”, London 1987
D.E. HARKNESS, “John Dee’s Conversations with Angels: Cabala, Alchemy and The End of Nature,”
Cambridge, 2003
D.TYSON, “La Magia Enochiana, Il Sistema originario della Magia Angelica”, Ed. Mediterranee,
2007
B.WOOLLEY, The Queen's Conjuror: The Science and Magic of Dr. John Dee, Adviser to Queen
Elizabeth I, New York, Henry Holt and Company 2001;
E. HOMUNG, “Der Eine und die Vielen. Agyptische Gottervorstellungen” edito anche in italiano dalla
Salerno Editrice con il titolo “Gli dei dell’Antico Egitto”, a cura di Donatella Scaiola, 1992.