INTERPRETAZIONI Ernst Robert Curtius è stato, con Erich Auerbach, uno dei più grandi filologi romanzi di scuola tedesca. Suo ca-
polavoro è Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter [Letteratura europea e Medioevo latino], uscito nel
1948, ma tradotto in italiano solo nel 1992. Da questo libro riproduciamo le pagine sulla parola “romanzo”.
da E.R. Curtius, Letteratura I vocaboli «romanzo», «Romània», hanno una storia molto più antica e semidimenticata a cui noi dobbiamo rifar-
europea e Medioevo latino, a
cura di R. Antonelli, La Nuova ci per acquistare una prospettiva adeguata. Romània è parola derivata da romanus, come quest’ultima da Roma
Italia, Firenze 1992, pp. 38-40. e come latinus da Latium. L’eredità di Roma si ripartì fra i vocaboli latinus e romanus. Tra le lingue del Lazio, cioè
fra i dialetti «latini», dovette prevalere quello che era parlato nella città di Roma. Nell’Impero romano, per lungo
tempo, solo i cittadini delle classi dominanti prendevano il nome di Romani; gli altri conservavano il loro nome ori-
ginario (Galli, Iberi, Greci, ecc.). Solamente con l’editto di Caracalla (212) il diritto di cittadinanza veniva esteso
a tutti i sudditi dell’Impero; da quella data in poi, cioè, a tutti i cittadini era consentito chiamarsi Romani. Da
questa estensione dell’Impero alla creazione di un nuovo vocabolo che indicasse l’intero immenso territorio abi-
tato da Romani il passo era breve. L’esigenza di una siffatta parola nuova, corta, pregnante, per Imperium Roma-
num o orbis Romanus dovette essere poi ancor più sentita, dopo che popolazioni barbare avevano parzialmente
invaso il suolo dell’Impero. In questa epoca di crisi compare nei testi latini e greci, per la prima volta al tempo di
Costantino, il vocabolo Romània. Il termine è usato fino al tempo dei Merovingi, ed anche oltre. Il poeta Venan-
zio Fortunato1 (ed. Leo, p. 131, 7), in un componimento in onore del re Cariberto, scrive:
Hinc cui Barbaries, illinc Romania plaudit:
Diversis linguis laus sonat una viri.2
Dal tempo degli Ottoni la parola perde questo significato; passa ad indicare la parte dell’Impero più prossima a
Roma, l’Italia; da ultimo, poi, si limita a designare solo l’antico Esarcato di Ravenna, l’odierna Romagna.
Come abbiamo visto, la «Romània» nel senso originario, proprio della tarda Antichità, dopo i secoli VII ed VIII, vie-
ne sostituita da nuove formazioni storiche; invece, i vocaboli corrispondenti, romanus e romanicus, conservano un
uso corrente. Allorché il latino parlato (latino popolare, latino volgare) si differenzia dalla lingua scritta al punto da
richiedere un nome particolare, compare nuovamente, ma in forma diversa, l’antica bipolarità Roma-Lazio. Si distin-
gue tra lingua latina e lingua romana (a volte indicata anche come romana rustica). Al terzo posto, accanto ad es-
se, si viene ad aggiungere la lingua barbara, cioè il tedesco. È significativo che nella Spagna pienamente romaniz-
zata Isidoro, attivo intorno al 600, non si dimostri informato della coesistenza di queste tre lingue d’uso.
Il Medio Evo stesso, ai suoi albori, ha dato il nome di «romanze» alle lingue volgari neolatine, in chiara contrap-
posizione alla lingua dei dotti, il latino. I vocaboli derivati da romanicus e dall’avverbio romanice — in francese,
provenzale, spagnolo, italiano, retoromancio — non hanno mai designato i gruppi etnici (a questo scopo erano di-
sponibili altre parole), bensì le stesse lingue, nello stesso senso della parola italiana «volgare». Abbiamo così ro-
manz in Francia, romance in Spagna, romanzo in Italia: sono parole create dalla classe colta latina e indicano tut-
te le lingue romanze, concepite, di fronte al latino, come un fatto unitario. Enromancier, romançar, romanzare
hanno il significato di «tradurre o comporre libri in volgare». Tali libri potevano poi chiamarsi, a seconda del pae-
se, romanz, romant, roman, romance, romanzo: tutte derivazioni da romanice. In francese antico romant, roman
significa «romanzo cortese in versi» e cioè, corrispondentemente al significato del vocabolo, «libro del popolo» (Volk-
sbuch). Ritraducendo il vocabolo in latino, un libro di questo tipo poteva essere indicato come romanticus (sot-
tinteso liber). In tedesco i vocaboli Roman e romantisch sono in stretto rapporto fra loro; ancora nel XVIII seco-
lo in inglese e in tedesco «romantico» è «ciò che potrebbe accadere nei romanzi». Al roman antico- francese cor-
risponde in italiano il gallicismo romanzo già usato nel senso di «genere letterario» da Dante (Purg., XXVI 118).
In francese ed in italiano da romanice deriva dunque il nome di un genere letterario. Similmente accade anche
per lo spagnolo: romance significa, all’inizio, «lingua volgare», in seguito anche composizioni scritte in tale lingua,
senza limitazione, in principio, ad un determinato genere. Troviamo la derivazione romançar libros, cioè ‘tradurre’
(Garcilaso, Juan de Valdés),3 ma anche espressioni come los romancistas o vulgares (Marqués de Santillana).4
Dopo il Quattrocento è attestato poi l’uso di romance per indicare il genere lirico che così si chiama tuttora, e che
dal Cinquecento in poi viene raccolto nei romanceros. In spagnolo (come in inglese) il «romanzo» nel senso mo-
derno della parola viene indicato col prestito italiano novela.
1 Venanzio Fortunato: poeta latino-cristia- 3 Garcilaso, Juan de Valdés: scrittori spagno- 4 Marqués de Santillana: poeta spagnolo
no, vissuto nel VI sec. li del XVI secolo, contribuirono alla diffusio- attivo fra il Trecento e il Quattrocento, am-
2 Hinc...viri: A colui al quale da un lato in- ne in Spagna della cultura umanistica ita- miratore e divulgatore della letteratura
neggia il mondo barbaro, dall’altro la Ro- liana ed europea; il primo tradusse Il Cor- italiana, soprattutto degli scrittori tosca-
mania, la stessa lode è innalzata in diver- tegiano di Baldassar Castiglione, il secon- ni del XIV secolo, fu tramite in Spagna del-
se lingue. do fu in contatto epistolare con Erasmo. le nuove tendenze umaniste.
Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]