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PARTE QUARTA L’età delle corti: la prima fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1380-1492)

CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 1

T10 ON LINE Luigi Pulci


Morgante e Margutte all’osteria
[Morgante XVIII, Morgante e Margutte si sono uniti e, giunta la sera, si recano a un’osteria. La loro voracità non ha limi-
150-182] ti. Poi Morgante va a dormire e Margutte inventa un inganno dietro l’altro ai danni dell’oste: si fa met-
tere a disposizione una cammella e lo convince di essere un sonnambulo in modo che non faccia caso ai
rumori che sentirà durante la notte. Appena l’oste si è addormentato, Margutte ruba tutto ciò che può e
lo carica sulla cammella, poi dà fuoco all’osteria e raggiunge Morgante che dorme all’aperto. Quando
Morgante sa dell’accaduto, si sganghera le mascelle dal gran ridere.

da L. Pulci, Morgante, a cura di 150


D. Puccini, Garzanti, Milano
1989, vol. I. Vannosi insieme ragionando il giorno;
la sera capitorno a un ostiere,
e come e’ giunson, costui domandorno:
– Aresti tu da mangiare e da bere?
E pàgati in su l’asse o vuoi nel forno. –
L’oste rispose: – E’ ci fia da godere:
e’ ci è avanzato un grosso e bel cappone. –
Disse Margutte: – E’ non fia un boccone.

151
Qui si conviene avere altre vivande:
noi siamo usati di far buona cera.
Non vedi tu costui com’egli è grande?
Cotesta è una pillola di gera. –
Rispose l’oste: – Mangi delle ghiande.
Che vuoi tu ch’io provvegga, or ch’egli è sera? –
e cominciò a parlar superbamente,
tal che Morgante non fu pazïente:

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comincial col battaglio a bastonare;
l’oste gridava e non gli parea giuoco.
Disse Margutte: – Lascia un poco stare.
Io vo’ per casa cercare ogni loco.
Io vidi dianzi un bufol drento entrare:
e’ ti bisogna fare, oste, un gran fuoco,
e che tu intenda a un fischiar di zufolo;
poi in qualche modo arrostiren quel bufolo. –

153
Il fuoco per paura si fe’ tosto;
Margutte spicca di sala una stanga;
l’oste borbotta, e Margutte ha risposto:

metrica Ottave. 151 1 si conviene: bisogna. di Morgante (cfr. T1, p. 65, 112, 5-6).
2 noi siamo abituati (usati) a rimpinzarci per bene (far 2 non gli parea giuoco: non gli sembrava uno scherzo.
150 1 [Morgante e Margutte] se ne vanno insieme parlan- buona cera). 4 cercare: frugare.
do [per tutto] il giorno; la sera capitano (capitorno = 3 costui: Morgante. 5 dianzi: prima; bufol: bue; drento: dentro.
capitarono) da un oste, e, non appena sono arrivati (co- 4 Questa è [per noi] una pillola lassativa. La gera era un 6-7 bisogna che tu faccia (e’ ti bisogna fare), oste, un
me e’ giunson; e’ = ei = egli è, impersonale e*pleona- purgante. gran fuoco, e che tu ti sbrighi (intenda) alla svelta (a un
stico), gli (costui) domandano. 5 ghiande: la frase è offensiva, poiché le ghiande sono fischiar di zufolo). A un fischiar di zufolo, cioè “al primo
4 Aresti: Avresti. cibo da maiali. fischio”, è un’espressione *idiomatica.
5 E sarai pagato (pàgati) sull’asse o, [se] preferisci (o 6 Cosa vuoi che io [vi] procuri (provegga), adesso che 8 arrostiren: arrostiremo. La rima tra zufolo e bufolo è
vuoi), al forno. Si allude all’uso di far pagare il pane o quan- è sera? Egli è pleonastico: cfr. 150, 6. difficile e *sdrucciola.
do lo si impastava sull’asse, o dopo averlo cotto al forno. 7 superbamente: con arroganza. 153 1 Per la paura, [dall’oste] fu subito acceso (si fe’ tosto)
6 E’ ci fia da godere: Ci sarà da spassarsela. 8 tal che: così che. il fuoco.
8 E’ non fia un boccone: Non sarà che un [solo] boccone. 152 1 comincial: lo comincia; battaglio: batacchio; è l’arma 2 spicca: stacca; una stanga: una trave.

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE QUARTA L’età delle corti: la prima fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1380-1492)
CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 2

T10 ON LINE Luigi Pulci ~ Morgante e Margutte all’osteria

– Tu vai cercando il battaglio t’infranga:


a voler far quello animale arrosto,
che vuoi tu tòrre, un manico di vanga?
Lascia ordinare a me, se vuoi, il convito. –
E finalmente il bufol fu arrostito;

154
non creder colla pelle scorticata:
e’ lo sparò nel corpo solamente.
Parea di casa più che la granata:
comanda e grida, e per tutto si sente.
Un’asse molto lunga ha ritrovata;
apparecchiolla fuor subitamente,
e vino e carne e del pan vi ponea,
perché Morgante in casa non capea.

155
Quivi mangioron le reliquie tutte
del bufolo, e tre staia di pane o piùe,
e bevvono a bigonce; e poi Margutte
disse a quell’oste: – Dimmi, aresti tue
da darci del formaggio o delle frutte,
ché questa è stata poca roba a due,
o s’altra cosa tu ci hai di vantaggio? –
Or udirete come andò il formaggio.

156
L’oste una forma di cacio trovòe
ch’era sei libbre, o poco più o meno;
un canestretto di mele arrecòe
d’un quarto o manco, e non era anche pieno.
Quando Margutte ogni cosa guardòe,
disse a quell’oste: – Bestia sanza freno,
ancor s’arà il battaglio adoperare,
s’altro non credi trovar da mangiare.

157
È questo compagnon da fare a once?
Aspetta tanto ch’io torni un miccino,
e servi intanto qui colle bigonce:
fa’ che non manchi al gigante del vino,
che non ti racconciassi l’ossa sconce.
Io fo per casa come il topolino:
vedrai s’io so ritrovare ogni cosa,
e s’io farò venir giù roba a iosa! –

4 Tu vai cercando [che] il batacchio ti faccia a pezzi 8 non capea: non entrava, essendo un gigante. co), che non era neppure (anche) pieno.
(t’infranga). 155 1 le reliquie: gli avanzi; cioè non lasciarono niente. 6 sanza freno: sfrenata, impazzita.
6 tòrre (= togliere): usare; un manico di vanga: esso 2 staia: unità di misura di circa 24,4 litri; piùe: più. 7 si dovrà (s’arà = si avrà da) usare ancora il batacchio.
sarebbe infatti troppo piccolo per servire da spiedo a un 3 bevvono a bigonce: bevvero in gran quantità; la “bi- 157 1-2 È questo [: Morgante] un commensale (compa-
bue intero. goncia” è un piccolo tino, e al tempo stesso un’unità di gnon) da trattare (da fare) con il contagocce (a once =
7 Se vuoi, lascia preparare (ordinare) il banchetto (con- misura di circa 50 litri. con minime quantità)? Aspetta un pochino (un miccino)
vito) a me. Se vuoi è una formula di cortesia, qui ironica. 4 aresti tue: avresti tu. finché (tanto ch’) torno. L’oncia equivale a circa 28
154 1-2 non credere [o lettore] che [fosse arrostito] dopo 6 ché: poiché; a due: per [noi] due. grammi.
avergli tolto la pelle (colla pelle scorticata): solamente, 7 di vantaggio: in aggiunta. Il verso dipende da 3 colle bigonce: contrapposto a once; cfr. 155, 3.
egli (e’) lo aprì (sparò) in corpo. aresti...da darci. 5 [in modo] che non ti raddrizzi (racconciassi) le ossa
3 Sembrava [che fosse] di casa più della scopa (gra- 156 1 trovòe: trovò. storpiate (sconce): le ossa percosse prima (cfr. 152, 1-2).
nata). La scopa arriva infatti in ogni angolo. 2 sei libbre: circa due chili. 6 fo (= faccio): mi comporto. Il topolino è in grado di
5 asse: tavola. 3-4 portò (arrecòe) un piccolo cesto (canestretto) di frugare dappertutto.
6 e la apparecchiò subito fuori di [casa]. mele da un quarto [di staio] [: circa 6 litri] o meno (man- 8 a iosa: in abbondanza.

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CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 3

T10 ON LINE Luigi Pulci ~ Morgante e Margutte all’osteria

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Fece la cerca per tutta la casa
Margutte, e spezza e sconficca ogni cassa,
e rompe e guasta masserizie e vasa:
ciò che trovava, ogni cosa fracassa,
ch’una pentola sol non v’è rimasa;
di cacio e frutte raguna una massa,
e portale a Morgante in un gran sacco,
e cominciorno a rimangiare a macco.

159
L’oste co’ servi impaüriti sono
ed a servire attendon tutti quanti;
e dice fra se stesso: «E’ sarà buono
non ricettar mai più simil briganti:
e’ pagheranno domattina al suono
di quel battaglio, e saranno contanti.
Hanno mangiato tanto, che in un mese
non mangerà tutto questo paese».

160
Morgante, poi che molto ebbe mangiato,
disse a quell’oste: – A dormir ce n’andremo;
e domattina, com’io sono usato
sempre a camino, insieme conteremo,
e d’ogni cosa sarai ben pagato,
per modo che d’accordo resteremo. –
E l’oste disse a suo modo pagassi;
ché gli parea mill’anni e’ se n’andassi.

161
Morgante andò a trovare un pagliaio
ed appoggiossi come il lïofante.
Margutte disse: – Io spendo il mio danaio:
io non voglio, oste mio, come il gigante,
far degli orecchi zufoli a rovaio;
non so s’io son più pratico o ignorante,
ma ch’io non sono astrolago so certo:
io vo’ con teco posarmi al coperto.

162
Vorrei, prima che’ lumi sieno spenti,
che tu traessi ancora un po’ di vino,
ché non par mai la sera io m’addormenti
s’io non becco in sul legno un ciantellino,

158 1 cerca: ricerca. 6 saranno contanti: cioè pagheranno tutto e subito, sen- 5 far [sì] che il vento di tramontana (rovaio) mi fischi
2 sconficca: schioda. za far storie: l’oste teme che gliele diano di santa ragione. nelle orecchie [: non voglio dormire all’aperto]. Letteral-
3 guasta: rovina; masserizie e vasa: suppellettili e vasi. 160 3-4 come io sono abituato (usato) [a fare] sempre mente: fare delle mie orecchie fischi per la tramontana.
5 rimasa: rimasta [intera]. [quando sono] in viaggio (a camino), faremo i conti (con- 7 astrolago: non essendo astrologo, Margutte non ha
6 raguna una massa: raduna un mucchio. teremo) insieme. bisogno di passare la notte all’aperto per guardare le
8 cominciorno: cominciarono; a macco: a più non pos- 5 d’ogni cosa: per tutto quanto. stelle; certo: di certo.
so; altra espressione gergale. 6 per modo che: di modo che. 8 con teco posarmi: riposare con te.
159 2 attendon: stanno attenti. 7-8 E l’oste disse che pagasse [pure] con suo comodo 162 2 traessi (= spillassi [dalla botte]): mi portassi.
3 E’ sarà buono: sarà bene; e’ è pleonastico. (a suo modo), perché non vedeva l’ora (gli parea mil- 3-4 perché sembra [che] la sera io non mi addormenti
4 ricettar: ospitare. l’anni) che se ne andasse. mai [: non mi sembra mai di addormentarmi], se non be-
5 e’: essi; al suono: gioco di parole: il batacchio serve a 161 2 e ci si appoggiò come un elefante. Si credeva che gli vo (becco) un sorsetto [di vino] (ciantellino = centellino,
far suonare le campane, e Morgante lo usa per suonarle elefanti dormissero in piedi, appoggiati agli alberi. come si dice “centellinare”) sulla tavola [sparecchiata]
all’oste. 3 danaio: denaro. [: dopo cena].

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CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 4

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così per risciacquare un poco i denti;


e goderenci in pace un canzoncino:
e’ basta un bigonciuol così tra noi,
or che non ci è il gigante che c’ingoi.

163
Vedes’tu mai – Margutte soggiugnea
– un uom più bello e di tale statura,
e che tanto diluvi e tanto bea?
Non credo e’ ne facessi un più natura.
E’ vuol, quando egli è all’oste – gli dicea
– che l’oste gli trabocchi la misura;
ma al pagar poi, mai il più largo uom vedesti:
se tu nol provi, tu nol crederresti. –

164
Venne del mosto, e stanno a ragionare,
e l’oste un poco si rassicurava;
Margutte un canzoncin netto spiccare
comincia, e poi del camin domandava,
dicendo a Bambillona volea andare.
L’oste rispose che non si trovava
da trenta miglia in là casa né tetto
per più giornate, e vassi con sospetto.

165
E disselo a Margutte, e non a sordo,
che vi pensò di subito malizia,
e disse all’oste: – Questo è buon ricordo,
poi che tu di’ che vi si fa tristizia.
Or oltre, a letto; e saren ben d’accordo,
ch’io non istò a pagar con masserizia:
io son lo spenditore, e degli scotti,
come tu stesso vorrai, pagherotti:

166
io ho sempre calcata la scarsella.
Deh, dimmi, tu non debbi aver domata,
per quel ch’io ne comprenda, una cammella
ch’io vidi nella stalla tua legata;
ch’io non vi veggo né basto né sella.

6 goderenci: ci godremo; un canzoncino: una canzoncina. (netto) una canzoncina, e poi chiede [informazioni] sul- delitti (tristizia).
7 un bigonciuol: una giusta quantità [di vino]; è il dimi- la strada [da percorrere] (camin), dicendo [che] vuole 5 Or oltre: Orsù; saren: saremo, ci troveremo.
nutivo di “bigoncia” (cfr. 155, 3). andare a Babilonia (Bambillona). 6 perché io non sto (istò) a pagare con avarizia (masse-
8 che c’ingoi: che ci mangi [tutto quanto]. 7 da trenta miglia in là: per circa trenta miglia oltre; rizia).
163 1 Vedes’tu (= vedesti tu): Hai [mai] visto. tetto: riparo. 7-8 [di noi due, Margutte e Morgante] il cassiere (spen-
3 che divori (diluvi) tanto e beva (bea) tanto? 8 per varie tappe [di viaggio] (giornate), e [risponde ditore) sono io, e ti pagherò per la consumazione (degli
4 Non credo [che] la Natura ne abbia fatto un altro (un che] si viaggia (vassi = si va) con pericolo (sospetto). scotti) come vorrai tu stesso. Lo spenditore è colui che
più = uno di più) [simile]. 165 1 e non a sordo: e non a uno sciocco; è un detto prover- custodisce i soldi.
5 E’: egli; all’oste: dall’oste, in osteria. biale. 166 1 io ho sempre la borsa (scarsella) piena (calcata) [di
6 gli trabocchi la misura (= superi per lui la misura): 2 il quale [Margutte] pensò subito (di subito) a questo soldi].
gli dia porzioni esorbitanti. proposito (vi) una trovata (malizia). Poiché il luogo è di- 2-5 da quello che vedo (per quel ch’io ne comprenda), tu
7 ma poi non hai mai visto uomo più generoso (largo) [di sabitato nel raggio di trenta miglia, Margutte sa che, qua- non devi (debbi) aver domato una cammella che io ho visto
lui] nel (al) pagare. lunque cosa faccia, resterà impunito. legata nella tua stalla; [dal momento] che io non ci [: nella
8 nol: non lo. 3 Questo è buon ricordo: Questo è un buon consiglio stalla] vedo né il basto né la sella. Il basto è una sella di le-
164 1 ragionare: chiacchierare. (noi diremmo anche: buono a sapersi ). gno per il trasporto di carichi. Non c’è da stupirsi che l’oste
3-4 Margutte comincia a intonare (spiccare) per bene 4 poiché tu dici che qui (vi) si commettono (si fa) dei abbia una cammella, poiché ci troviamo in Medio Oriente.

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CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 5

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Rispose l’oste: – Io la tengo appiattata


una sua bardelletta, ch’io gli caccio,
nella camera mia sotto il primaccio.

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Per quel ch’io il faccia, credo che tu intenda:
sai che qui arriva più d’un forestiere
a cena, a desinare ed a merenda. –
Disse Margutte: – Lasciami vedere
un poco come sta questa faccenda,
poi che noi siam per ragionare e bere,
e son le notte un gran cantar di cieco. –
E l’oste gli rispose: – Io te l’arreco. –

168
Recò quella bardella il sempliciotto:
Margutte vi fe’ sù tosto disegno
che questa accorderà tutto lo scotto;
e disse all’oste: – E’ mi piace il tuo ingegno.
Questo sarà il guancial ch’io terrò sotto;
e dormirommi qui in su questo legno:
so che letto non hai dov’io capessi,
tanto che tutto mi vi distendessi.

169
Or vo’ saper come tu se’ chiamato. –
Disse l’ostier: – Tu saprai tosto come:
io sono il Dormi per tutto appellato. –
Disse Margutte: «Fa’ come tu hai nome»
così fra sé: «tu sarai ben destato,
quando fia tempo e innanzi fien le some».
– Come hai tu brigatella o vuoi figliuoli? –
Disse l’ostier: – La donna ed io siàn soli. –

170
Disse Margutte: – Che puoi tu pigliarci
la settimana in questa tua osteria?
Come arai tu moneta da cambiarci
qualche dobbra da spender per la via? –
Rispose l’oste: – Io non vo’ molto starci,
ch’io non ci ho preso, per la fede mia,
da quattro mesi in qua venti ducati,
che sono in quella cassetta serrati. –

6-8 Io tengo nascosta (appiattata) in camera mia sotto be saldato (accorderà) tutto il conto (lo scotto). Come ov- 6 quando sarà (fia) il momento (tempo) e il carico (le so-
il materasso (primaccio) una sua [: della cammella] pic- vio, è detto ironicamente. me) [della roba che ti avrò rubato] sarà (fien) [già sta-
cola sella (bardelletta) che le metto addosso (ch’io gli 4 E’: pleonastico. to preparato] prima (innanzi).
caccio). Il pronome la al v. 6 anticipa il sostantivo bardel- 6 dormirommi: dormirò (il pronome mi è *dativo etico); 7 Come è composta (come hai) la servitù (brigatella)
letta, con una sintassi tipica della lingua parlata. in su: su; legno: tavola. [: quanta gente ti sta in casa] oppure [quanti] figli [hai]?
167 1 Per quel ch’io il faccia: Per qual motivo lo faccia: per 7-8 so che non hai un letto in cui (dov’) io possa entrare (io 8 La donna: mia moglie.
il timore che rubino sia la sella, sia la cammella. capessi), tanto che mi ci possa distendere tutto. Infatti Mar- 170 1 pigliarci: guadagnarci.
6-7 dal momento che ci troviamo (siam per) a chiac- gutte è alto quattro metri (cfr. T1, p. 65, 113, 8). 2 la settimana: il ricavato di una settimana.
chierare (ragionare) e a bere, e le notti sono [come] la 169 1 vo’: voglio; se’: sei. 3-4 Come fai ad avere (arai = avrai) spiccioli (moneta)
lunga cantilena (un gran cantar) di un cieco [: non fini- 2 tosto: subito. per scambiare (da cambiarci) qualche moneta d’oro
scono mai]. 3 io sono chiamato (appellato) dappertutto (per tutto) (dobbra) da spendere durante il viaggio (per la via)?
8 arreco: porto. il Dormi. Il soprannome allude ironicamente alla stupi- 5 vo’: voglio.
168 1 Recò: Portò; bardella: piccola sella (cfr. 166, 7). dità dell’oste. 6 ch’io: perché io; preso: guadagnato.
2-3 Margutte vi fece (fe’) subito (tosto) sopra un proget- 4 Fa’ come tu hai nome: Fai come dice il tuo nome [: 7 in qua: sino a oggi.
to (disegno), grazie al quale (che) essa [: la sella] avreb- dormi]. 8 serrati: chiusi a chiave.

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CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 6

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171
Disse Margutte: – Oh, solo in una volta
con esso noi più danar piglierai!
Tu la tien’ quivi: s’ella fusse tolta? –
Disse l’ostier: – Non mi fu tocca mai. –
Margutte un occhiolin chiuse ed ascolta,
e disse: «A questa volta lo vedrai!».
E per fornire in tutto la campana,
un’altra malizietta trovò strana.

172
– Perché persona discreta e benigna –
dicea coll’oste – troppo a questo tratto
mi se’ paruto, io mi chiamo il Graffigna;
e ’l profferer tra noi per sempre è fatto.
Io sento un poco difetto di tigna,
ma sotto questo cappel pur l’appiatto:
io vo’ che tu mi doni un po’ di burro,
ed io ti donerò qualche mangurro. –

173
L’oste rispose: – Nïente non voglio:
domanda arditamente il tuo bisogno,
ché di tal cose cortese esser soglio. –
Disse Margutte allora: – Io mi vergogno:
sappi che mai la notte non mi spoglio
per certo vizio ch’io mi lievo in sogno;
vorrei ch’un paio di fune m’arrecasse,
e legherommi io stesso in su questa asse.

174
Ma serra l’uscio ben dove tu dormi
ch’io non ti dessi qualche sergozzone;
se tu sentissi per disgrazia sciòrmi
e che per casa andassi a processione,
non uscir fuor. – Rispose presto il Dormi,
e disse: – Io mi starò sodo al macchione.
Così voglio avvisar la mia brigata,
che non toccassin qualche tentennata. –

171 1 solo in una volta: in una volta sola. zia (’l profferer = l’offerta [di reciproca amicizia]) è sta- 7 fune: funi; m’arrecasse: mi portassi.
2 con esso noi: con noi [: grazie a quanto noi ti paghe- ta stretta tra di noi per sempre. Io ho un po’ male (sen- 8 e io stesso mi legherò su (in su) questo tavolo (asse).
remo]; esso qui non è pronome, ma rafforzativo. to difetto) per la tigna: e tuttavia (ma pur) la nascondo 174 1-5 Ma chiudi (serra) bene la porta [della stanza] dove
3 tien’: tieni; tolta: sottratta. sotto questo cappello. Il falso nome che Margutte si sce- dormi, [in modo] che io non ti dia qualche sganassone
4 tocca: toccata. glie, Graffigna, allude al fatto che è un ladro. La tigna è (sergozzone); e se tu sentissi che, per un malaugurato
5 un occhiolin chiuse: fece l’occhietto; il gesto non si- una malattia, un tempo piuttosto diffusa, che deturpa il caso (per disgrazia), io mi sciolgo (sciòrmi = sciogliermi)
gnificava, come oggi, accordo, ma malizia. cuoio capelluto. e vado in giro (a processione) per casa, non uscire fuo-
6 A questa volta: Questa volta. 7 burro: per ungere la testa, e trovare sollievo dalla tigna; ri. Il sergozzone è, propriamente, un colpo dato sotto il
7-8 E per portare a termine del tutto il suo progetto (for- in realtà Margutte ne farà tutt’altro uso (cfr. 176, 5-6). mento, cioè sul “gozzo”.
nire la campana; fornire = finire), ideò un altro bizzarro 8 mangurro: moneta (cfr. T1, p. 65, 115, 6). La rima tra 6 Io mi starò sodo al macchione: Me ne starò quatto
inganno (malizietta). Fornire la campana è una *frase burro e mangurro è difficile. quatto al mio posto [: chiuso in camera mia]. Il macchio-
idiomatica. 173 2 arditamente: senza esitare. ne, cioè la macchia, è la parte più fitta del bosco, dove ci
172 1-6 Diceva all’oste: - Visto che in questa occasione (a 3 perché, per queste cose, sono solito (soglio) essere si può nascondere dai predatori.
questo tratto) mi sei sembrato (se’ paruto) davvero generoso. 7-8 Così voglio avvisare i miei servi (la brigata), [in
(troppo) persona saggia (discreta) e buona (benigna), 6 per un certo difetto (vizio): [cioè per il fatto] che mi al- modo] che non tocchi [loro] qualche botta (tenten-
[voglio presentarmi:] io mi chiamo Sgraffigna; e l’amici- zo nel sonno [: sono sonnambulo]. nata).

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CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 7

T10 ON LINE Luigi Pulci ~ Morgante e Margutte all’osteria

175
Le fune e ’l burro a Margutte giù reca,
e disse a’ servi di questo costume:
ch’ognun si guardi dalla fossa cieca
e non isbuchi ignun fuor delle piume.
Odi ribaldo! Odi malizia greca!
Così soletto si restò col lume,
e fece vista di legarsi stretto,
tanto che ’l Dormi se n’andò a letto.

176
Come e’ sentì russar, ch’ognun dormiva,
e’ cominciò per casa a far fardello:
alla cassetta de’ danar ne giva,
ed ogni cosa pose in sul cammello;
e come un uscio o qualche cosa apriva,
ugneva con quel burro il chiavistello;
e come egli ebbe fuor la vettovaglia,
appiccò il fuoco in un monte di paglia.

177
E poi n’andava al pagliaio a Morgante:
– Non dormir più – dicea – dormito hai assai.
Non di’ tu che volevi ire in Levante?
Io sono ito e tornato, e tu il vedrai.
Non istiàn qui, dà in terra delle piante,
se non che presto il fummo sentirai. –
Disse Morgante: – Che diavolo è questo?
Tu hai pur fatto, per Dio, netto e presto. –

178
Poi s’avvïava, ch’aveva timore,
perché quivi era un gran borgo di case,
che non si lievi la gente a romore.
Dicea Margutte: – Di ciò che rimase
all’oste, un birro non are’ rossore:
ch’io non istò a far mai le staia rase,
ma sempre in ogni parte dov’io fui
sono stato cortese dell’altrui. –

175 2 costume: abitudine, cioè il sonnambulismo di Mar- 5 come: non appena. fretta (presto).
gutte. 6 ugneva: ungeva, per aprire con maggiore facilità. 178 2 qui Pulci si contraddice rispetto a 164, 7.
3 dalla fossa cieca (= buca oscura): dal pericolo; pro- 7 la vettovaglia: il bottino. 3 dipende da 178, 1: perché temeva che la gente si sol-
priamente, la trappola, ricoperta di rami, per catturare 177 1 a: da. levasse in tumulto (a romore). Il non è richiesto dai ver-
gli animali in un bosco. 2 assai: abbastanza. bi di timore, come in latino (”temere che non” = temere
4 e nessuno (ignun) esca fuori dal letto (piume). 3 Tu non dicevi (di’ = dici) che volevi andare (ire) in che).
5 Guarda [che] furfante! guarda [che] malizia da greco! Oriente? Per la precisione a Babilonia (cfr. 164, 5). 4-5 uno sbirro non arrossirebbe (are’ rossore; are’ =
Sulla malizia greca cfr. T1, p. 65, 119, 8. 4 ito: andato; il: lo. Margutte gioca sull’espressione ire avrebbe) [: non si vergognerebbe, cioè sarebbe soddi-
7 fece vista: finse. in Levante, come se significasse “andare a levare”, cioè sfatto] di quello che è rimasto all’oste [: di aver lasciato
8 tanto che: affinché. a rubare. così poco all’oste]. I “birri” erano noti per le loro ruberie
176 1 e’: egli [: Margutte]; ch’: poiché. 5-6 Non restiamo (istiàn = stiamo) qui, dattela a gam- e devastazioni.
2 a far fardello: a fare un mucchio [della roba che vole- be (dà in terra delle piante = percuoti la terra con le 6 perché io non sto mai a fare l’avaro. Far le staia rase
va portare via]. piante [dei piedi]), altrimenti (se non che) sentirai presto vuol dire badare a non andare oltre la misura stabilita;
3 ne giva: se ne andava. [l’odore del ] fumo [: per l’incendio; cfr. 176, 8]. per il significato proprio di “staio” cfr. 155, 2.
4 in sul: sul. 8 Per Dio, l’hai proprio (pur) fatta per bene (netto) e in 8 cortese dell’altrui: generoso con [la roba] degli altri.

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE QUARTA L’età delle corti: la prima fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1380-1492)
CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 8

T10 ON LINE Luigi Pulci ~ Morgante e Margutte all’osteria

179
Mentre che questi così se ne vanno,
la casa ardeva tutta a poco a poco:
prima che ’l Dormi s’avvegga del danno,
era per tutto appiccato già il foco;
e non credea che fussi stato inganno.
Quivi la gente correa d’ogni loco;
ma con fatica scampò lui e la moglie:
e così spesso de’ matti si coglie.

180
Quando fu giorno, che l’alba apparìe,
Morgante vede insino alla grattugia,
e fra se stesso dicea: «Tutto die
de’ miglior certo s’impicca ed abbrugia:
guarda costui quante ciabatte ha quie!
Per Dio, che troppo il capresto s’indugia!».
Disse Margutte: – E’ ci è insino alla secchia:
non dubitar, questa è l’arte mia vecchia.

181
Noi abbiamo andar per un certo paese
dove da sé non ha chi non vi porta;
e pure aren danar da far le spese. –
E tutta la novella dicea scorta
della cassetta, e come il fuoco accese,
come egli ebbe il cammel fuor della porta,
e come il Dormi se n’andò a dormire,
ma il fuoco l’arà fatto risentire.

182
Morgante le mascella ha sgangherate
per le risa talvolta che gli abbonda,
e dicea pure: «O forche sventurate,
ecco che boccon ghiotto o pèsca monda!
Non vi rincresca s’un poco aspettate.
Costui pur mena almen la mazza tonda.
Quanto piacer n’arà di questo Orlando,
s’io lo vedrò mai più, che non so quando!».

179 3 s’avvegga: si accorga. sto) indugia davvero troppo (troppo) [: bisognerebbe 8 l’arà fatto risentire: l’avrà fatto risvegliare.
8 e spesso si raccoglie così [: si ottiene questo risulta- impiccarlo subito, tante ne ha combinate]!». 182 2 talvolta: a tratti; che gli abbonda: [risa] che ha in ab-
to] dagli sciocchi (de’ matti): cioè si riesce a ingannarli e 7 E’ ci è insino alla secchia: C’è persino il secchio. bondanza.
a danneggiarli. Si coglie è una *metafora tratta dal mon- 8 questa è l’arte mia vecchia: questa [: rubare] è la 3-4 «O povere forche, guardate (ecco) che ghiotto boc-
do contadino. mia vecchia arte [: quella in cui sono più esperto]. cone o che pesca ripulita (monda) [vi perdete]!». Mar-
180 1 che l’alba apparìe: quando apparve l’alba. 181 2-3 dove non ha [nulla] chi non vi porta [roba] da sé; ma gutte sarebbe davvero adatto alla forca.
2 insino alla grattugia: persino la grattugia. Margutte avremo lo stesso (e pure aren) denaro per (da) fare le 6 Costui almeno fa girare (mena) davvero (pur) la maz-
ha rubato proprio tutto, anche le cose di poco conto. compere. Morgante e Margutte stanno per attraversare za in tondo [: colpisce alla cieca].
3-6 «Ogni giorno (tutto die) certo si impiccano e si bru- una regione disabitata, in cui non è possibile acquistare 7 arà: avrà; Orlando: Morgante era diventato compa-
ciano ([si] abbrugia) uomini migliori [di Margutte] [: fur- niente. gno del paladino; ora, essendosene separato, lo sta cer-
fanti non così grandi]: guarda quante cianfrusaglie (cia- 4 E raccontava per esteso (scorta) tutta la storia (no- cando.
batte) costui ha qui (quie)! Per Dio, la forca (il capre- vella).

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PARTE QUARTA L’età delle corti: la prima fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1380-1492)
CAPITOLO IV Il poema cavalleresco alle corti di Firenze e di Ferrara 9

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guida alla lettura


I personaggi
Morgante e Margutte si muovono e agiscono in coppia, come spesso voleri dei due giganti. Egli rappresenta la pura forza, la violenza dell’a-
accade anche ai cavalieri, ma in realtà sono il rovescio di una coppia zione. Ma, quando occorre la furbizia, entra in scena Margutte, che è
di cavalieri. Mentre questi idealizzavano le loro gesta conformandole, il vero protagonista dell’episodio, con la sua abilità nel parlare e la
almeno nel loro immaginario e nelle opere letterarie che lo riflettono, sua astuzia nel tendere tranelli. Del furto Margutte «ha fatto un eser-
a un ideale aristocratico di virtù e di onestà, Morgante e Margutte cizio dell’intelligenza» (Nigro): egli rappresenta un mondo popolare e
esprimono invece un immaginario popolaresco. piccolo-borghese canagliesco, un naturalismo godereccio e burlone
Qui Morgante resta sullo sfondo: si limita a intervenire all’inizio con il che già Boccaccio aveva descritto nel Decameron.
suo battaglio per indurre l’oste a non fare lo spavaldo e a obbedire ai

Ritmo narrativo e immaginario popolaresco


Nella prima parte del brano appaiono la stessa voracità e lo stesso gu- indiavolato dell’avventura. I dialoghi sono vivacemente realistici, e vi si
sto per l’eccesso gastronomico che già abbiamo notato nel brano Il avverte la grande lezione di Dante delle Malebolge (in particolare del
“credo” gastronomico di Margutte (cfr. T1, p. 65). Nella scorpacciata canto dei barattieri: il XXII). L’azione narrativa, che è assente nelle Stan-
di Morgante e di Margutte torna a trionfare il principio materialistico e ze per la giostra di Poliziano, qui trionfa, almeno all’interno dei confi-
corporale della priorità del ventre che governa la logica popolare del ni di un singolo episodio (quando invece si tratta di raccordare episo-
“mondo alla rovescia”. Nella seconda parte, prevalgono invece gli in- di diversi, Pulci, a differenza di Ariosto, rivela sempre qualche impac-
ganni e le astuzie di Margutte, che con abili domande induce l’oste a cio o difficoltà). Nelle imprese spavalde e furfantesche dei due gigan-
rivelargli ciò che voleva sapere e a ottenere ciò di cui aveva bisogno (il ti è percepibile l’immaginario del mondo popolare, con le sue leggen-
basto della cammella, la fune, le informazioni sul denaro della casa de e con i suoi racconti fantasiosi e bizzarri. In qualche modo i due rap-
ecc.). Tutto l’episodio accorda mirabilmente l’indugio sui particolari e presentano i sogni a occhi aperti di masse popolari frustrate e affama-
sugli elenchi (delle vivande, per esempio) al ritmo allegro, incalzante, te, che immaginano il ribaltamento della loro condizione.

esercizi
Analizzare e interpretare

1 Il tema della voracità domina nella prima parte dell’episodio 3 Quale tecnica narrativa contraddistingue l’episodio? Ci so-
(ottave 150-159), quello della furfanteria nella seconda no descrizioni di luoghi, commenti della voce narrante o il
(160-172). La variazione tematica comporta una variazione racconto è tutto centrato sull’azione? (Osserva l’importanza
nel ritmo della narrazione? che hanno i verbi e i sostantivi).
2 Osserva il “credo” di Margutte in azione (cfr. T1, p. 65). Qua- 4 Se tu dovessi caratterizzare il mondo popolaresco, domina-
li aspetti dell’autoritratto sono puntualmente messi in pra- to dalla corporalità dei due giganti, attraverso le *metafore
tica? Su che cosa si basa il protagonismo di Margutte e qua- usate dall’autore, quali sceglieresti?
li mezzi usa per ottenere il suo scopo dall’oste?

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