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PARTE QUINTA L’età delle corti: la seconda fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1492-1545)

CAPITOLO III Machiavelli, un maestro del sospetto 1

T23 ON LINE Niccolò Machiavelli


La religione e il potere: l’esempio dell’antica Roma
[Discorsi sopra la prima Nel capitolo undicesimo del libro I Machiavelli considera la religione degli antichi Romani. Uno Stato per
Deca di Tito Livio, mantenersi e durare nel tempo deve fondarsi su una morale collettiva che serva da forza di coesione nazio-
Libro I, cap. XI]
nale. È quanto capirono i Romani. Dopo la fondazione dello Stato da parte di Romolo, fu il suo successo-
re Numa a istillare il sentimento religioso fingendo di «avere domestichezza con una Ninfa» (la ninfa Ege-
ria) e di ricevere direttamente da lei gli insegnamenti politici, religiosi e morali su cui consolidare lo Stato
romano. Appare qui un’idea della religione come instrumentum regni, cioè come strumento di governo.
Tuttavia non si può dire che la religione si riduca a questo; essa ha anche il compito elevatissimo di cemen-
tare moralmente un popolo. Su ciò cfr. anche la Guida alla lettura di T24 on line, Le colpe della chiesa.

da Discorsi sopra la prima DELLA RELIGIONE DE’ ROMANI


Deca di Tito Livio, in N.
Machiavelli, Tutte le opere, a
cura di M. Martelli, Sansoni, Avvenga che1 Roma avesse il primo suo ordinatore Romolo, e che da quello abbi a riconoscere, come
Firenze, 1971. figliuola, il nascimento2 e la educazione sua; nondimeno, giudicando i cieli che gli ordini di Romolo
non bastassero a tanto imperio, inspirarono nel petto del Senato romano di eleggere Numa Pompilio
5 per successore a Romolo, acciocché quelle cose che da lui fossero state lasciate indietro, fossero da Nu-
ma ordinate.3 Il quale, trovando uno popolo ferocissimo,4 e volendolo ridurre nelle obedienze civili
con le arti della pace, si volse alla religione,5 come cosa al tutto necessaria a volere mantenere una ci-
viltà; e la constituì in modo, che per più secoli non fu mai tanto timore di Dio quanto in quella repu-
blica; il che facilitò qualunque impresa che il Senato o quelli grandi uomini romani disegnassero fare.6
10 E chi discorrerà7 infinite azioni, e del popolo di Roma tutto insieme, e di molti de’ Romani di per sé,8
vedrà come quelli cittadini temevono più assai rompere il giuramento che le leggi; come coloro che sti-
mavano più la potenza di Dio, che quella degli uomini: come si vede manifestamente per gli esempli di
Scipione e di Manlio Torquato.9 Perché, dopo la rotta10 che Annibale aveva dato ai Romani a Canne,
molti cittadini si erano adunati insieme, e, sbigottiti della patria, si erano convenuti abbandonare la Ita-
15 lia, e girsene in Sicilia;11 il che sentendo Scipione,12 gli andò a trovare, e col ferro ignudo in mano li co-
strinse a giurare di non abbandonare la patria. Lucio Manlio, padre di Tito Manlio, che fu dipoi chia-
mato Torquato,13 era stato accusato da Marco Pomponio, Tribuno della plebe; ed innanzi che venisse il
dì del giudizio, Tito andò a trovare Marco, e, minacciando di ammazzarlo se non giurava di levare l’ac-
cusa al padre, lo costrinse al giuramento; e quello, per timore avendo giurato, gli levò l’accusa. E così
20 quelli cittadini i quali lo amore della patria, le leggi di quella, non ritenevano14 in Italia, vi furono rite-
nuti da un giuramento che furano forzati a pigliare; e quel Tribuno pose da parte l’odio che egli aveva
col padre,15 la ingiuria che gli avea fatto il figliuolo, e l’onore suo, per ubbidire al giuramento preso: il
che non nacque da altro, che da quella religione che Numa aveva introdotta in quella città.
E vedesi, chi considera bene le istorie romane, quanto serviva la religione a comandare gli eserci-
25 ti, a animire16 la Plebe, a mantenere gli uomini buoni, a fare vergognare i rei. Talché, se si avesse a di-
sputare a quale principe Roma fusse più obligata, o a Romolo o a Numa, credo più tosto Numa otter-
rebbe il primo grado: perché, dove è religione, facilmente si possono introdurre l’armi; e dove sono
l’armi e non religione, con difficultà si può introdurre quella. E si vede che a Romolo, per ordinare il
Senato, e per fare altri ordini civili e militari, non gli fu necessario dell’autorità di Dio; ma fu bene ne-
30 cessario a Numa, il quale simulò di avere domestichezza con una Ninfa, la quale lo consigliava di quel-
lo ch’egli avesse a consigliare il popolo:17 e tutto nasceva perché voleva mettere ordini nuovi ed inusi-
tati in quella città, e dubitava che la sua autorità non bastasse.

1 Avvenga che: introduce una concessiva: sebbene. inutili energie. za di ciò. La costruzione con il gerundio è latineggiante.
2 il nascimento: l’origine. 6 disegnassero fare: avessero in progetto di fare. 13 Torquato: Tito Manlio, figlio di Lucio, fu chiamato Tor-
3 nondimeno...ordinate: tuttavia, poiché i cieli [: le “di- 7 discorrerà: esaminerà attentamente. quato a causa di una collana (in latino “torques”) che
vinità”] ritenevano che gli ordinamenti di Romolo non 8 di per sé: individualmente, uno per uno. egli sottrasse a un gallo durante un combattimento. Ma-
fossero sufficienti per un potere così grande, ispiraro- 9 Scipione...Torquato: Machiavelli espone due exempla chiavelli, rispetto a Livio, tralascia il fatto che tra le ac-
no nell’animo del Senato romano l’elezione di Numa di giuramenti e di richiamo alla loro fedeltà. Nel primo cuse del tribuno della plebe Marco Pomponio a Lucio
Pompilio quale successore di Romolo, affinché da Nu- caso si tratta del famosissimo Publio Cornelio Scipio- Manlio figurava anche quella di un’eccessiva severità
ma fossero disposte e fissate tutte le cose lasciate in- ne, impegnato contro Annibale durante le guerre puni- proprio nei confronti del figlio.
dietro dall’altro. che. Per il secondo, cfr. la nota 13. 14 non ritenevano: non trattenevano.
4 ferocissimo: selvaggio, perché privo di leggi e di regole. 10 la rotta: la disfatta. La battaglia di Canne avvenne nel 15 col padre: cioè con Lucio, il padre di Tito.
5 volendolo...religione: volendolo condurre a forme di ri- 216 a.C. e vide la completa sconfitta delle legioni ro- 16 animire: incoraggiare.
spetto civile con mezzi pacifici, si rivolse alla religione. mane guidate dal console Varrone. 17 il quale...popolo: il quale fece finta di essere in confi-
Si sottolinea l’importanza di ottenere la coesione so- 11 sbigottiti...Sicilia: impauriti per le sorti della patria, ave- denza con una ninfa che lo consigliava su che cosa rac-
ciale attraverso le arti della pace: la pratica della reli- vano stabilito di lasciare l’Italia e di andarsene in Sicilia. comandare al popolo. La ninfa Egeria era una divinità
gione, infatti, ottiene lo scopo previsto senza spreco di 12 il che sentendo Scipione: e Scipione venendo a conoscen- delle fonti.

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]
PARTE QUINTA L’età delle corti: la seconda fase della civiltà umanistico-rinascimentale (1492-1545)
CAPITOLO III Machiavelli, un maestro del sospetto 2

T23 ON LINE Niccolò Machiavelli ~ La religione e il potere: l’esempio dell’antica Roma

E veramente, mai fu alcuno ordinatore di leggi straordinarie in uno popolo che non ricorresse a
Dio; perché altrimente non sarebbero accettate: perché sono molti i beni conosciuti da uno pruden-
35 te, i quali non hanno in sé ragioni evidenti da poterli persuadere a altrui.18 Però19 gli uomini savi, che
vogliono tôrre20 questa difficultà, ricorrono a Dio. Così fece Licurgo, così Solone,21 così molti altri che
hanno avuto il medesimo fine di loro. Maravigliando, adunque, il Popolo romano la bontà e la pru-
denza sua,22 cedeva ad ogni sua diliberazione. Ben è vero che l’essere quelli tempi pieni di religione,
e quegli uomini, con i quali egli aveva a travagliare, grossi,23 gli dettono24 facilità grande a conseguire
40 i disegni suoi, potendo imprimere in loro facilmente qualunque nuova forma. E sanza dubbio, chi vo-
lesse ne’ presenti tempi fare una republica più facilità troverrebbe negli uomini montanari, dove non
è alcuna civilità, che in quelli che sono usi a vivere nelle cittadi, dove la civilità è corrotta: ed uno scul-
tore trarrà più facilmente una bella statua d’un marmo rozzo, che d’uno male abbozzato da altrui.25
Considerato adunque tutto, conchiudo che la religione introdotta da Numa fu intra le prime ca-
45 gioni della felicità di quella città: perché quella causò buoni ordini; i buoni ordini fanno buona fortu-
na; e dalla buona fortuna nacquero i felici successi delle imprese.26 E come la osservanza del culto di-
vino è cagione della grandezza delle republiche, così il dispregio di quello è cagione della rovina d’es-
se. Perché, dove manca il timore di Dio, conviene o che quel regno rovini, o che sia sostenuto dal ti-
more d’uno principe che sopperisca a’ difetti27 della religione. E perché i principi sono di corta vita,
50 conviene che quel regno manchi presto, secondo che manca la virtù d’esso.28 Donde nasce che gli re-
gni i quali dipendono solo dalla virtù d’uno uomo, sono poco durabili, perché quella virtù manca con
la vita di quello; e rade volte accade che la sia rinfrescata con la successione;29 come prudentemente
Dante dice:

Rade volte discende per li rami


55 L’umana probitate; e questo vuole
Quei che la dà, perché da lui si chiami.30

Non è, adunque, la salute di una republica o d’uno regno avere uno principe che prudentemente
governi mentre vive; ma uno che l’ordini in modo, che, morendo ancora, la si mantenga.31 E benché
agli uomini rozzi più facilmente si persuada uno ordine o una opinione nuova, non è però per questo
60 impossibile persuaderla ancora agli uomini civili e che presumono non essere rozzi. Al popolo di Fi-
renze non pare essere né ignorante né rozzo: nondimeno da frate Girolamo Savonarola fu persuaso
che parlava con Dio.32 Io non voglio giudicare s’egli era vero o no, perché d’uno tanto uomo se ne deb-
be parlare con riverenza: ma io dico bene, che infiniti lo credevono sanza avere visto cosa nessuna
straordinaria,33 da farlo loro credere; perché la vita sua, la dottrina e il suggetto che prese, erano suf-
65 ficienti a fargli prestare fede.34 Non sia, pertanto, nessuno che si sbigottisca di non potere conseguire
quel che è stato conseguito da altri; perché gli uomini, come nella prefazione nostra si disse, nacque-
ro, vissero e morirono, sempre, con uno medesimo ordine.35

18 perché sono...altrui: è un’affermazione di grande reali- fetta e, in sostanza, immodificabile. da Dio, che la dà, affinché la si riconosca, non dalla na-
smo: per convincere gli altri su alcuni principi occorre che 26 perché quella...imprese: come nel capitolo IV del libro scita, ma da lui» (Sapegno).
questi posseggano un carisma, una forza data dall’auto- I (cfr. T3, p. 179, nota 15) il periodo si organizza in una 31 Non è...si mantenga: che è esattamente quello che ha
rità superiori alla stessa sostanza dell’ordinamento. coerente linea deduttiva che rende tutto il pensiero lo- fatto Numa Pompilio creando gli ordinamenti della vita
19 Però: Perciò, dal lat. “per hoc” = per questo. gicamente compatto e consequenziale. La religio dei la- religiosa (e, dunque, anche sociale e politica) della Ro-
20 tôrre: togliere, cioè superare. tini appare la causa principale e feconda di positive ma futura.
21 Licurgo...Solone: Licurgo è il leggendario autore delle evoluzioni dell’ordinamento politico. 32 E benché...Dio: Machiavelli riprende quanto sostenu-
leggi spartane; Solone (640/630-560 ca.) è il legisla- 27 a’ difetti: alla mancanza, nel senso etimologico latino. to, pessimisticamente, alcune righe sopra (cfr. nota 23),
tore degli ateniesi. Tutto il periodo fa, comunque, pensare a una religiosità cercando di volgerlo al positivo e di applicarlo alla si-
22 Maravigliando...sua: Poiché il popolo romano ammira- concepita come uno strumento di potere e, di fatto, in tuazione di Firenze, una città che per autorità cultura-
va la sua bontà e la sua saggezza (ovviamente ci si ri- parte sostituibile dall’autorità di un principe. le e scaltrezza politica gli appare assai poco ingenua e,
ferisce a Numa). Maravigliando è costruito transitiva- 28 E perché...d’esso: E poiché i principi non vivono a lungo, per questo, non facilmente modificabile nelle sue isti-
mente come in latino il verbo “miror”. risulta inevitabile la crisi di quel regno in cui viene a man- tuzioni civili. Eppure, il messaggio di Savonarola vi ha
23 Ben è...grossi: È anche vero che essendo quei tempi care la virtù del [suo] principe. La spiegazione di questo ottenuto un certo successo.
pieni di senso religioso, e rozzi e ingenui gli uomini con concetto è data di seguito con l’appoggio anche della ci- 33 sanza...straordinaria: senza aver visto nessun evento
i quali aveva a che fare. Il verbo “travagliare” assume tazione dantesca ed è di natura “cronologica”: la durata straordinario, cioè un miracolo o qualche prodigio.
qui il significato di ‘trattare’. nel tempo della coesione morale e civile è garantita di 34 perché...fede: in quanto la sua vita, la conoscenza del-
24 dettono: dettero. più da un’istituzione storica che dalle qualità del singo- la Scrittura (la dottrina) e gli argomenti che trattò era-
25 E sanza dubbio...altrui: Machiavelli ribadisce quanto lo (troppo sottomesse ai rivolgimenti della “fortuna”). no sufficienti a far credere in lui con fede. Come si può
detto subito prima: anche nella formazione di un nuo- 29 e rade...successione: e rarissimamente accade che [la notare, Machiavelli non entra nel merito di un giudizio
vo Stato è preferibile lavorare su materiale grezzo per- virtù] sia rinnovata con la discendenza [: con gli eredi]. morale e soggettivo, ma valuta gli effetti positivi di un
ché più facilmente plasmabile. La contrapposizione tra 30 Rade...si chiami: il testo dantesco (Purg. VII, 121-123) comportamento ispiratore di rispetto, di timore di Dio,
montagna e città è sintomatica e quasi paradossale in presenta «risurge» al posto del «discende» riportato da di coesione sociale.
quanto, rovesciando il mito della città ideale umanisti- Machiavelli, ma il significato non cambia: «di rado la 35 con...ordine: seguendo lo stesso ordine [dato dalla natu-
ca, l’autore ritiene la civiltà urbana corrotta e imper- virtù dei padri trapassa nei figli [...]; e questo è voluto ra] (cfr. la nota 19 del Proemio al libro primo, T2, p. 176).

Luperini, Cataldi, Marchiani, Marchese LETTERATURA STORIA IMMAGINARIO [G. B. PALUMBO EDITORE]

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