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Niccolò Machiavelli

Dai ‘castellucci’ di San Casciano


alla comunicazione politica contemporanea

A cura di Andrea Guidi

VECCHIARELLI EDITORE
Pubblicato con il contributo di:

Sgabuzzini Storici

Ministero per i Beni e le Attività Culturali

E con il patrocinio di:

Comune di San Casciano Val di Pesa

© Vecchiarelli Editore 2019


Piazza dell'Olmo, 27
00066 Manziana (Roma)

Tel. 06.99674220

vecchiarellieditore@inwind.it
www.vecchiarellieditore.it

ISBN 978-88-8247-427-0
SOMMARIO

INTRODUZIONE p. 5

L i di Sa Ca cia p. 6
Questo volume p. 13
Ringraziamenti p. 16

I. MACHIAVELLI, L OZIO DI SAN CASCIANO, IL PRINCIPE, LA MANDRAGOLA E I MEDICI

Andrea Guidi e Marcello Simonetta


Machiavelli, Paolo Vettori e la caccia ai pirati nel Mediterraneo:
ancora sui “negozi” di Niccolò nell’“ozio” di Sant’Andrea p. 19
Andrea Guidi
«Uno Fermano capo di squadra»: lo scellerato Oliverotto p. 35
Gaetano Lettieri
Il Cantico dei cantici chiave della Mandragola: Callimaco figura del papa
mediceo, voltando carta tra lettera erotica e allegoria cristologico-politica p. 43

II. COMUNICAZIONE POLITICA E IL NOME DI MACHIAVELLI OGGI

Sandro Landi
Machiavelli e la comunicazione politica p. 103
Fabio Frosini
Verità effettuale della cosa e immaginazione di essa.
Riflessioni su una distinzione machiavelliana p. 113
Andrea Felici
Da Machiavelli al machiavellico. Una riflessione sulla fortuna del
Segretario in rapporto ad alcune voci della nostra lingua p. 123

III. MACHIAVELLI IN CONTESTO: PRATICHE DIPLOMATICHE, RAGION DI STATO E FORTUNA EDITORIALE

Emanuele Cutinelli-Rendina e Denis Fachard


Un ambasciatore fiorentino alla corte papale:
la legazione di Alessandro Nasi a Giulio II (1505-1506) p. 135
Cornel Zwierlein
Un “Momento Machiavelliano” della politica estera papale: combinare
Potestas indirecta e Ragion di stato (1589-1595) p. 143
Francesco Bausi
«Medicare il grande invalido». Storia (e sfortuna) editoriale
del carteggio privato di Machiavelli p. 161
Piero Innocenti
Bibliografia di Niccolò Machiavelli e canone bibliografico:
questioni di metodo a proposito di un problema versicolore p. 173

GLI AUTORI p. 183


INDICE DEI NOMI p. 185
Gaetano Lettieri

Il Cantico dei cantici chiave della Mandragola

Callimaco figura del papa mediceo,


voltando carta tra lettera erotica e allegoria cristologico-politica

«Ave, madonna Gesa [Chiesa] vergognosa,/povera, afflitta, ignuda e sconsolata;/


quando papa Leon v'ebbe per sposa/ voi foste pur da lui vituperata/
sol bardass'e buffon eran in stima./Questa, madonna, fu alegrezza prima»1

«Io credo che Iddio ci abbia mandato costui perché voi adempiate il desiderio vostro»2

«Meliora latent»3

La Mandragola è una commedia cortigiana. La tesi qui avanzata rientra all interno di un progetto pi
ampio e controcorrente di riscoperta della duratura e intensa attività di Machiavelli al servizio poli-
tico-diplomatico, culturale, militare dei due papi medicei4 e muove dall esigenza a) di contestualizzare
il suo capolavoro teatrale all interno della restante produzione letteraria (tra il Principe e la tarda Esor-
tazione alla penitenza) e b) di ricollocarlo all interno del contesto storico, fiorentino e romano curiale,
nel quale e per il quale la commedia fu concepita, o quanto meno ridefinita e rappresentata nel 1520,
quale scritto d apparato.5 In questa prospettiva, diviene più agevole riconoscere quanto sistematico,
coerente, fitto sia il tessuto di riferimenti biblici, mariani e cristologici, che sorregge (sin dal titolo!) la
Mandragola, la cui intenzione profonda, encomiastica e politica, può essere disserrata tramite la chiave
nascosta del Cantico dei cantici di Salomone, nel quale proprio la mandragola appare come afrodisiaca
pianta odorosa, simbolo dell amplesso sessuale. Il Cantico dei cantici è il libro più ambiguo della Bibbia:

1 Le sette alegreze di Mastro Pasquino alla Santa Gesa, pasquinata anonima del 1533, in V. Marucci, A. Marzo, A. Ro-
mano (edd.), Pasquinate romane del Cinquecento, Salerno, Roma 1983, n. 396, pp. 391-393, in part. 391.
2 N. Machiavelli, Mandragola II I Il testo della commedia è citato nell edizione di Pasquale Stoppelli in N Machia
velli, Teatro. Andria, Mandragola, Clizia Salerno Roma L espressione è riferita da Ligurio a Callimaco medico
3 Motto riportato su un ritratto di D. Puligo, Barbara Salutati Firenze cortigiana onesta e amante di Niccolò
Machiavelli, prima cantante delle canzoni della Mandragola.
4 Cfr. G. Lettieri, Nove tesi sull ultimo Machiavelli, in R. Parrinello (ed.), Storia del cristianesimo e storia delle religioni.

Omaggio a Giovanni Filoramo = «Humanitas» 72, 5/6 (2017), 1034-1089; G. Lettieri, Machiavelli interprete antilute-
rano di Erasmo. L Esortazione alla penitenza (1525) epitome della De immensa Dei Misericordia Concio (1524), in
«Giornale critico di storia delle idee» 17/18 (2017), pp. 27-103; G. Lettieri, Machiavelli in gioco. Un agente segreto
papale a Venezia (1525), in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni» 84, 2 (2018), pp. 688-729.
5 Per la datazione, seguo le indicazioni di C. Dionisotti, Appunti sulla Mandragola , «Belfagor» 39, 6 (1984), pp. 621-644,

in part e G Inglese Mandragola di Niccolò Machiavelli, in A. Asor Rosa (dir.), Letteratura italiana. Le opere, Volume
Primo. Dalle Origini al Cinquecento, Torino 1992, pp. 1009-1031, in part. 1010-1012. Ritengo, infatti, non sia possibile
ipotizzare a partire da paralleli riscontrati con lettere dell epistolario machiavelliano o da determinate circostanze sto-
riche (ad esempio, un determinato aggravarsi della minaccia turca) una redazione della Mandragola di molto anteriore
alla sua prima attestazione manoscritta, quindi al Rediano 129 della Biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze, databile
tra il 1519 e il 1520, quindi a ridosso della/e rappresentazione/i papale/i del 1520 (una delle quali) tenutasi il 27 set-
tembre 1520. Ritengo, insomma, che il testo, così come ci è pervenuto, sia da interpretare in diretto rapporto con la
rappresentazione vaticana, di cui testimonianza-chiave è quella di Battista Della Palla, rispetto alla quale risulta essere
comunque sfuggente la di poco precedente rappresentazione fiorentina (tenutasi per il Carnevale nel febbraio 1520?),
di cui ci riferisce Giovio. Comunque, il testo che noi possediamo è stato definito in prossimità alla messa in scena romana
del quindi calibrato sull evento clamoroso di una rappresentazione al cospetto del papa e della curia presso la
Sistina, esistesse o meno un Urtext successivamente riadattato o perfezionato. Per il rapporto tra ms rediano e prima
edizione a stampa del Centauro rimando alla fondamentale analisi di P Stoppelli La Mandragola: storia e filologia. Con
l edizione critica del testo secondo il Laurenziano Redi 129, Bulzoni, Roma 2005, pp. 145-162.
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GAETANO LETTIERI

il più carnale, sessualmente esplicito e per questo il più fortemente allegorizzato, spiritualizzato, sicché il
concupiscente Salomone, che condivide con la sua amata uno spasmodico desiderio erotico, è interpre-
tato dalla millenaria tradizione cattolica come figura di Cristo, quindi del papa suo vicario, che si unisce
carnalmente con la sua donna, identificata con la chiesa l umanità redenta Maria stessa madre figlia e
sposa di Cristo.6 La decifrazione della commedia come sistematica parodia sacra dell amore carnale e
delle nozze mistiche tra Cristo e Maria/chiesa consente di riconoscere finalmente (e per la prima volta!)
che il vero destinatario di questo dramma encomiastico-politico, quindi il soggetto storico reale cui rin-
viava la persona di Callimaco medico nuovo «fanciul mastio, bastone, chiave, tallo» di Lucrezia ,
fosse non il duca Lorenzo, ma proprio Leone X, già esaltato in Principe XXVI come «principe» della Chiesa
e di fatto invocato quale «capo» politico-militare della «redenzione» dell Italia languente, affidata a «la
Casa» medicea, della quale era in senso fortissimo caput carismatico.

1 La struttura parodistica della Mandragola: il doppio ribaltamento tra alto e basso


Riconoscere questa dimensione sistematicamente figurale della Mandragola non significa affatto
prospettarne un improponibile ridicola interpretazione pia o confessionale ma evidenziarne la dimen
sione eminentemente politica e cortigiana, che all altezza storica del primo papato mediceo, viveva del
parodistico doppio gioco tra condivisione di registri sacrali e loro dissacrante ritrattazione, comunque
encomiasticamente finalizzato a celebrare il potere teologico-politico regnante.7 Certo, questo doppio
gioco è riconoscibile soltanto se si riesce a non cadere nell errore di retroproiettare antistoricamente
categorie post-controriformistiche, che oppongono dualisticamente integrismo cattolico/fideistico e lai-
cismo illuminato/incredulo (due facce della stessa medaglia), sezionando astrattamente quell ibrida
contraddittoria perché vitale cristianità rinascimentale alla quale Machiavelli, pure se con tutta la sua

6 Sulla storia sterminata dell esegesi allegorica del Cantico, mi limito a segnalare R.E. Guglielmetti (ed.), Il Cantico dei
cantici nel Medioevo, SISMEL-Edizioni del Galluzzo, Firenze 2008; per lo studio della prima esegesi cristiana, G. Let-
tieri, Il corpo di Dio. La mistica erotica del Cantico dei cantici dal Vangelo di Giovanni ad Agostino, ivi, 3-90. Ermeneu-
ticamente rilevante è il saggio di P. Ricoeur, La métaphore nuptiale, in A. LaCocque e P. Ricoeur, Penser la Bible, Seuil,
Paris 1998, pp. 427- Per l interpretazione di Salomone come figura di Cristo rimando a un testo di certo noto a
Machiavelli, in quanto in Mandr V,I,1,2 fra Timoteo lo cita come sua lettura notturna: «lessi una Vita de Santi Padri»;
il riferimento è a Domenico Cavalca, Vite de Santi Padri Gabriel di Pietro Venezia qui citate nell edizione Vite
de Santi Padri colle vite di alcuni altri santi, Lloyd Austriaco, Trieste 1858; cfr. Vita di Santa Domitilla, pp. 525-540, in
part. 296: «E questo [Cristo] è il vero Salamone, figurato per lo Salamone carnale del vecchio Testamento, il quale ha
spose e reine senza numero, cioè vergini e donne devote. Questo è lo sposo nostro, del quale è scritto: Più belli sono
g i occhi suoi che l sole i denti suoi pi candidi che latte cfr Cant 5,12]; questo è quel diletto Salamone che si pasce
fra gigli della verginità Cant questo è il fiore de campi e il giglio delle valli [Cant 2,1] il quale ora abbiamo [noi
vergini consacrate] preso per isposo» (526). Sottolineo come Domitilla, vergine data in sposa dal suo tutore ad un
nobile romano di nome Aureliano, abbandona il suo sposo terreno per sposare Cristo/Salomone, sposo celeste, af-
frontando per lui il martirio Anch ella cambia sposo
7 Nella parodia, «il comico è compagno del tragico. La parodia non è che inno sacro, canto del salmo o del peana. La

questione sta solo nella presenza o nell assenza della sostanza Lo scambio di ruolo è uno dei topoi religiosi
dell uomo antico che accompagna la linea comica si prendano le nozze con le loro sostituzioni Tale è la natura non
solo della commedia antica del servo della letteratura antica dell antico rituale religioso è l idea alla base di ogni
maschera e di ogni doppio. La parodia è legata alla festa, come la metamorfosi degli sposi al matrimonio, e al suo
contenuto religioso, alla sua concezione religiosa di beneficienza. Perché lo stesso principio benefico è derisione e
inganno La parodia è la concezione religiosa arcaica del secondo aspetto e del doppio con totale unità di forma
e contenuto. Una radicale differenza religiosa distingue le due concezioni della derisione del sublime o della sua con-
ferma per mezzo del benefico principio del riso e dell inganno La prima è risultato del declino della decadenza della
coscienza religiosa; la seconda è il suo apogeo, momento di fede vitale e creativa, ancora speranzosa e combattiva. E
allora non possiamo spiegare certe forme letterarie attribuendole a un indebolimento del pensiero religioso all atei
smo o alla libertà politica, ma dobbiamo tracciare uno spartiacque tra la rappresentazione religiosa alta, che ha ori-
ginato la forma letteraria tradizionale, e la vita di questa stessa forma letteraria, dimentica della sua origine religiosa
e al servizio di un nuovo contenuto» (O. M. Frejdenberg, Proischoždenie parodii, in «Trudy po znakovym sistemam»
6 (1973), pp. 490-497, rielaborazione di un saggio del 1926, tr. it. L origine della parodia, in M. Bonafin (ed.), Dialetti-
che della parodia Edizioni dell Orso Alessandria pp. 1-13, in part. 12-13). Ritengo che Machiavelli si ponga
esattamente nel punto intermedio tra queste due prospettive: nella rielaborazione consapevole del doppio parodico-
sacrale, in direzione dello svuotamento secolarizzante del suo profondo senso teologico, ritrattato in senso sostan-
zialmente politico (seppure papale, quindi teologico-politico).
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IL CANTICO DEI CANTICI CHIAVE DELLA MANDRAGOLA

la contaminazione, tipicamente rinascimentale, tra alto/sacrale (i versi del Cantico, liturgicamente uti-
lizzati per celebrare la Madonna) e basso/erotico-sessuale (la lode della bellezza sensuale di una corte-
giana), provando come il testo salomonico fosse per Machiavelli e il suo contesto culturale il privilegiato
veicolo di eros cortegiano, comunque rovesciabile in allegoria encomiastica, sia della propria madonna
di carne , sia del papa mediceo, vicario di Cristo, sposo della chiesa peccatrice e redenta. E, in effetti, se
un altra faccia della follia pulsionale, della foia di vita dev essere identificata essa non può per Machia
velli, essere quella della fede religiosa nel Dio rivelato da Cristo (come in Erasmo), bensì quella della
costruzione politica, quindi dello stesso ordine religioso stabilito, qualsiasi esso sia (quello cattolico ro-
mano, in quel frangente storico!) che all azione politica e al glorioso acquisto di dominio dev essere fi
nalizzato.

Conclusione Il rovescio del cristianesimo


Sono stati evidenziati numerosi riecheggiamenti del Cantico dei cantici nella Mandragola: titolo ed
epilogo della commedia; resignatio ad infernum di un amore forte come la morte e emulativo di nobili
dannati; corteo marziale che rapisce e introduce a forza nell alcova della bella l amante spasmodica-
mente ricercato, il musico cantante vagabondo di notte per le vie della città; introduzione nella casa,
passando per la dispensa/cucina immagine di un erotico mangiare e bere ; denudazione e lode del
corpo dello sposo candido e rubicondo ; palpazione degli organi genitali immissione nel letto della
madre e penetrazione con mano del «foramen» della sposa; «mysterio sacramentale del «dolce» e
«santo» amplesso notturno, con riferimenti a porta e chiave, ai baci all unto e alle gocce notturne del
capo/fallo; restituzione mariana della «pulchra, decora, dulcis» Lucrezia e restituzione cristologica di
Callimaco tallo, fiore (giglio?), chiave, virga, Spirito vivificante/generativo del bastone di San Giu-
seppe/Nicia, finalmente capace di battere, urtare e fecondare. Quello che rende a mio parere inevitabile
l assunzione del Cantico dei cantici come chiave della Mandragola non è, allora, il singolo riecheggia-
mento elementare, né la pur singolare corrispondenza della serie drammatica dell iniziazione erotica,
ma la stessa struttura parodisticamente sacrale della commedia, spesso evidenziata da fra Timoteo
con i suoi continui riferimenti teologico-liturgici, che culminano nello sdoppiarsi del masculinum pre-
sentato nel Tempio in cristologico figlio e sposo di madonna Lucrezia. Soltanto la chiamata in causa
della tradizionale esegesi figurale del Cantico consente di restituire decus sacrale, al cospetto del papa e
presso la Sistina, a questa paradossale, scandalosa nobilitazione della copulazione sessuale notturna ,
eppure generatrice di una paradossale unione matrimoniale tra sposa/madre e sposo/Figlio. Soltanto il
riferimento continuo e strutturale all equivoco libro salomonico consente, in effetti, di tenere insieme il
leggiero e il grave il lascivo e l onesto l erotico e il sacrale Priva di un perno di ribaltamento biblico-
teologico, una parodia fine a se stessa di tutti i principali misteri cristiani diverrebbe empia bestemmia,
soprattutto non avrebbe alcuna utilità politica e cortegiana al cospetto del papa e della curia, presso la
Sistina, nuovo Tempio di Dio e cuore della cristianità. Quanto più empia risulta la trama della Mandra-
gola tanto più religiosamente alta dev essere la finalità dell ordito, quindi tanto più autorevole il codice di
decifrazione condiviso che consente di voltare carta . Questo significa riconoscere la Mandragola come
un vertice di quella letteratura cortigiana alla quale Machiavelli in questi anni coerentemente si stava
dedicando tramite diversi generi letterari, dal Principe al cosiddetto Capitolo Pastorale, dall Esortazione

donna/femmina), possiamo dire che Lucrezia oscilla tra la prima, ove infine ritorna esaltata come figura di Maria e
della chiesa/Italia, e la seconda, che è straordinariamente restituita da M. Bachtin, L opera di Rabelais e la cultura
popolare, p. 263: «Nella tradition gauloise la donna è la tomba corporea dell uomo marito amante pretendente è
una sorta di ingiuria incarnata, personificata, oscena, rivolta a tutte le pretese astratte, a ogni cosa che sia limitata,
compiuta, finita, pronta. È un recipiente inesauribile di concepimenti che condannano a morte tutto ciò che è vecchio
e finito. Come la Sibilla di Panzoust nel libro di Rabelais, la donna della tradition gauloise solleva la gonna e mostra il
posto dove tutto va l inferno la tomba e da dove tutto viene il grembo materno Su questo piano la tradition gau-
loise sviluppa anche il tema delle corna che è sinonimo di destituzione del vecchio marito e di un nuovo atto di con-
cepimento con un giovane; in questo sistema di immagini il marito cornuto è ridotto al ruolo del re detronizzato
dell anno vecchio dell inverno in fuga gli è tolto l abito è bastonato e messo in ridicolo Le analogie con la struttura
della Mandragola sono evidenti. E come non scorgere, dietro la sibilla di Panzoust (che pure non mostra i genitali, ma
«son cul»), il personaggio grandioso di Caterina Sforza, madre di un altro Medici, Giovanni delle Bande Nere, esaltata
da N. Machiavelli, Discorsi III,6,156-159; e (con racconto più morigerato) Istorie fiorentine VIII,34. Cfr. F. Bausi, Ma-
chiavelli e Caterina Sforza, in «Archivio Storico Italiano» 149/4 (1991), pp. 887-892.
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GAETANO LETTIERI

alla penitenza alle Pasquinate del 25 aprile 1526.236


Meliora latent, allora: la nudità erotica, cui mira il motto ovidiano, chiamato in causa nel ritratto di
Puligo per lodare corpo e voce della madonna amata, esecutrice delle canzoni della Mandragola, di-
viene figura di un più profondo e grande significato politico, la metaforica esaltazione del princeps teo-
logico-politico papale centauro carnale e divino potenza storica e sacrale vero e proprio Cristo in
terra invocato quale liberatore dell Italia bel guerriero come il nome di Callimaco suggerisce, esor-
tando all azione virtuosa e violenta. Rintracciare in Callimaco una figura del giovane pontefice mediceo
esortato alla guerra di conquista significa, allora, riconoscere, con Rilke,237 la contraddittoria vitalità e
l eversiva libertà del cristianesimo e del papato rinascimentali? Oppure dare credito al celebre para-
dosso nietzscheano: «Cesare Borgia papa, mi si intende?», che indicava nel papato machiavelliano l im
minente liberazione dal cristianesimo, riconoscendovi la dispiegata volontà di potenza e di vita imma-
nente di un paganesimo redivivo riuscito a innalzarsi sino al trono di Pietro? In effetti, sulla scena del 27
settembre 1520, accanto agli affreschi della Sistina, di Michelangelo e di Raffaello, presenti Machiavelli,
Castiglione, Aretino, Sadoleto, Bibbiena, Giberti, Giulio de Medici il genio rinascimentale ha forse cele-
brato il suo ambiguo culmine storico, ma, voltando carta, questo è coinciso con il punto di avvio della
sua precipitosa caduta, che, con Clemente VII, princeps sacrale e secolare liberatore d Italia , si compirà
con la guerra antiimperiale e il rovinoso sacco di Roma, di cui Niccolò Machiavelli fu, al fianco di Fran-
cesco Guicciardini, grande protagonista e, fallendo, vittima. Davvero, insomma, addentrandosi nello stu-
dio di Machiavelli si è costretti a riflettere sull immensa questione del rovescio del cristianesimo

236 Cfr. G. Lettieri, Nove tesi sull ultimo Machiavelli; è in preparazione un volume su Machiavelli cortegiano del papa
tra Erasmo, Pasquino e don Giovanni, di prossima pubblicazione.
237 Anche altrove nel seno della Chiesa anzi nella sua stessa corona il terrestre s è conquistato la sua pienezza e la

sua innata abbondanza. Perché non si esalta che la Chiesa fu abbastanza robusta da non sfasciarsi sotto il peso vitale
di certi papi il cui trono era aggravato da bastardi, cortigiani e assassini? Non era in essi più cristianesimo che negli
aridi ristabilitori degli Evangeli cristianesimo vivente, irrefrenabile, trasformato? Noi non sappiamo, voglio dire,
che cosa sarà dei grandi insegnamenti solo bisogna lasciarli fluire e fare e non sgomentarsi se d improvviso precipi
tano nella frastagliata natura della vita e si rotolano sotto la terra in alvei inconoscibili» (R.M. Rilke, Briefe an einen
jungen Dichter. Briefe an eine junge Frau. Über Gotte. Zwei Briefe, Insel Verlag, Frankfurt am Main 1929-1933, tr. it.
Lettere a un giovane poeta. Lettere a una giovane signora. Su Dio, Adelphi, Milano 1980, Lettera del 1915, pp. 117-141,
in part. 130).
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