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Capitolo 1

Campo elettromagnetico
generato da cariche in moto
Una carica elettrica in moto accelerato crea un campo radiante. Per una sor-
gente di irraggiamento costituita da una sola carica puntiforme in moto, è stato
sviluppato un formalismo tale che le proprietà del campo siano direttamente
legate alle proprietà della traiettoria e del moto della carica. Di particolare in-
teresse sono l'energia totale irradiata, la distribuzione angolare della radiazione
e lo spettro in frequenza. Nel caso di moto non relativistico la radiazione è data
con buona approssimazione dalla formula di Larmor. Le particelle relativistiche
sono aette da eetti più complicati.

1.1 Potenziali di Liènard - Wiechert per una car-


ica puntiforme
I campi elettromagnetici F αβ derivanti da una sorgente esterna j α (x) soddisfano
le equazioni di Maxwell non omogenee:

4π β
∂α F αβ = j
c
Introducendo le denizioni dei campi mediante i potenziali l'equazione diventa:

4π β
∂ α ∂α Aβ − ∂ β ∂α Aα = j
c
Se i potenziali soddisfano la condizione di Lorentz ∂α Aβ = 0 essi sono soluzione
dell'equazione d'onda tetradimensionale:

4π β
∂ α ∂α Aβ = j
c
La soluzione di quest'equazione può essere trovata con l'aiuto di una funzione
0
di Green ritardata G(x − x ) che soddisfa la condizione

1
0 0
∂ α ∂α G(x − x ) = δ (4) (x − x ). La soluzione dell'equazione è

0 1 0
G(x − x ) = θ(x0 − r0 (τ ))δ[(x − x )2 ]

. Pertanto, possiamo scrivere la soluzione dell'equazione d'onda per i potenziali
come: ˆ
4π 0 0 0
Aβ (x) = d4 x G(x − x )j β (x )
c
´
dove j β (x) = ec dτ V β (τ )δ (4) (xµ − rµ (τ )) è la quadricorrente, dτ il tempo
proprio e rµ (τ ) la traiettoria della particella. In denitiva, sostituendo nel
potenziale l'espressione della funzione di Green e quella della quadricorrente
otteniamo:
ˆ
β 4π 1 0 0 0
A (x) = ec d4 x dτ θ(x0 − r0 (τ ))δ[(x − x )2 ]V β (τ )δ (4) (xµ − rµ (τ ))
c 2π
0
integrando in d4 x :
ˆ
β
A (x) = 2e dτ θ(x0 − r0 (τ ))δ[(xµ − rµ (τ ))2 ]V β (τ )

Quest'integrale dà contributo diverso da zero solo per τ = τ0 , con τ0 deni-


to dalla condizione del cono luce: x − r(τ0 ) = 0 e dalla condizione di ritardo:
x0 > r0 (τ0 ). La linea di universo della particella rµ (τ ) interseca il cono luce in
due soli punti, uno anteriore e uno posteriore rispetto a x0 . Il punto antecedente
rα (τ0 ), è la sola parte della traiettoria che contribuisce ai campi in xα .
Sfruttando le proprietà della funzione δ otteniamo inne l'espressione dei poten-
ziali di Lienard-Wiechert:

eV α (τ )
Aα (x) =
(x − r(τ )) · V |τ =τ0
La condizione di ritardo x0 > r0 (τ0 ) è implementata nell'espressione stessa della
funzione di Green per mezzo della θ: la funzione è diversa da zero solo nella
regione del cono luce antecedente rispetto all'osservatore. Questa condizione
permette di preservare i rapporti di causa eetto.
Riprendiamo l'espressione dei potenziali e scriviamoli in una forma più familiare,
seppure non covariante. Notando che:

(x − r) · V = (x0 − r0 (τ0 ))V0 − ( − (τ0 )) · x r V


Vµ = (γ, γ ) v
(x − r) ≡ R
otteniamo
e
φ(x, t) =
(1 − β · n)R|rit

A(x, t) =
(1 − β · n)R|rit

2
Possiamo inne ricavare l'espressione dei campi a partire dal tensore del campo
elettromagnetico:

(x − r)α V β − (x − r)β V α
 
e d
F αβ = .
V · (x − r) dτ V · (x − r)

Si ottiene, quindi:

  " #
n−β e n × [(n − β) × β̇]
E(x, t) = e 2 + (1.1)
γ (1 − β · n)3 R2 rit c (1 − β · n)3 R
rit

B = [n × E]rit
I campi E e B si dividono spontaneamente in `campi di velocità', che sono in-
dipendenti dall'accelerazione, e `campi di accelerazione', che dipendono linear-
mente da β̇ . I campi di velocità sono essenzialmente campi statici, che variano
come R−2 , mentre i campi di accelerazione sono tipici campi di radiazione , con
EeB entrambi perpendicolari al raggio vettore e proporzionali a R
−1
.

1.2 Potenza irradiata da una carica accelerata


Se una carica viene accelerata, ma la si osserva da un sistema di riferimento
in cui la sua velocità è piccola rispetto a quella della luce, in quel sistema di
coordinate il campo di accelerazione della (1.1) si riduce a

" #
e n × (n × β̇)
Ea =
c R
rit

Il usso di energia è dato dal vettore di Poynting:

c c
S= E×B= |Ea |2 n
4π 4π
Questo signica che la potenza irradiata per unità di angolo solido si ottiene
integrando su una sfera di raggio R centrata sulla posizione della carica è

dP c e2
= |REa |2 = |n × (n × β̇)|2
dΩ 4π 4πc
Se Θ è l'angolo tra l'accelerazione e il versore n, la potenza irradiata può essere
scritta come:
dP e2
= |v̇|2 sin2 Θ
dΩ 4πc3
Questo mostra la caratteristica dipendenza angolare come sin2 Θ, che è un
risultato ben noto. Possiamo quindi integrare la potenza sull'angolo solido e
otteniamo:
2 e2 2
P = |v̇|
3 c3

3
Questo è il risultato ottenuto da Larmor per una carica accelerata a velocità
non relativistiche.
La formula di Larmor può essere generalizzata usando argomenti sulla covari-
anza nelle trasformazioni di Lorentz, in modo da ottenere un risultato valido
qualunque sia la velocità della carica. Vogliamo quindi trovare un invariante di
Lorentz che si riduca alla formula di Larmor per β << 1, ma che contenga solo
β e β̇ . Riscriviamo la potenza come:

2 e2
 
dp̄ dp̄
P =
3 m2 c3 dt dt
La sua generalizzazione Lorentz-invariante è:

2 e2 dpµ dpµ
 
P = (1.2)
3 m2 c3 dτ dτ

dove dτ = dt/γ è l'elemento di tempo proprio e pµ è il tetravettore momento-


energia della particella carica. Se esprimiamo la (1.2) in termini di velocità
e accelerazione sfruttando le uguaglianze E = γmc2 e p = γmv otteniamo il
risultato di Liènard:
2 e2 6
P = γ [(β̇)2 − (β × β̇)2 ] (1.3)
3 c3
Un esempio di applicazione dell'espressione relativistica della potenza irradiata
è quello degli acceleratori di particelle cariche. Le perdite per irraggiamento
costituiscono talvolta il fattore limitativo della massima energia raggiungibile.
In un acceleratore lineare, in cui il moto avviene in una sola direzione, la potenza
irradiata è data da
2
2 e2

dp
P =
3 m2 c3 dt
La velocità della variazione della quantità di moto è uguale alla variazione
dell'energia della particella su una distanza unitaria. Quindi si ha:

2
2 e2

dE
P =
3 m2 c3 dx
Ciò mostra che per il moto in linea retta la potenza irradiata dipende solo
dalle forze esterne che determinano la velocità di variazione dell'energia della
particella con la distanza percorsa, e non dall'energia o dalla quantità di moto
istantanee della particella.
Il rapporto tra potenza irradiata e quella fornita dalle sorgenti esterne è data
da:
2
2 e2 /mc2 2 e2 /mc2 dE dt

P dE dt
= =
dE/dt 3 mc dx dE 3 mc dx dx
Poichè per particelle relativistiche v→c si ha:

P 2 e2 /mc2 dE
=
dE/dt 3 mc2 dx

4
Da questa formula possiamo vedere come le perdite per radiazione siano com-
pletamente trascurabili negli acceleratori lineari nchè il guadagno di energia è
dell'ordine di mc2 = 0, 511M eV su una distanza di e2 /mc2 ≈ 10−12 cm. Tipici
guadagni di energia sono dell'ordine di 10 MeV/m.
Le condizioni cambiano drasticamente negli acceleratori circolari, dove la quan-
tità di moto varia rapidamente in direzione, mentre la variazione di energia per
ogni giro è molto piccola. Questo signica che:

dp̄
= γω|p̄| >> 1 dE
dτ c dτ
Di qui la potenza irradiata può essere scritta come:

2 e2 2 2 2 2 e2 c 4 4
P = 2 3
γ ω |p| = β γ
3m c 3 ρ2

con ω = ρ e ρ raggio dell'orbita. Questo risultato è stato ottenuto per la
2πρ
prima volta da Liènard. Considerando il periodo di una rivoluzione T = cβ , la
perdita di energia per radiazione, per ciascuna rivluzione, è:

2πρ 4π e2 3 4
δE = P = β γ
cβ 3 ρ
che per elettroni ad alta energia (β ∼
= 1) vale

[E(GeV )]4
δE(M eV ) = 8.85 × 10−2
ρ(m)

1.3 Scattering Thomson


Una delle applicazioni possibili della formula di Larmor è la descrizione dello
scattering Thomson. Se un'onda piana monocromatica investe una particella
libera di carica e e massa m, la particella sarà accelerata e a sua volta riemetterà
energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. La distribuzione dell'energia
irradiata nelle frequenze e nelle direzioni è diversa da quella dell'onda incidente.
Tipicamente la prospettiva sotto la quale si guarda al fenomeno è quella dello
scattering di un'onda incidente su di una particella carica.
Per conoscere la potenza irradiata dalla carica ci rifacciamo alla formula di
Larmor che richiamiamo:

dP e2 2 2
= v̇ sin Θ (1.4)
dΩ mc2
nella quale Θ è l'angolo che si forma tra la direzione dell'osservatore e quella
di moto della particella e v è la velocità della particella. Se l'onda piana è
polarizzata linearmente lungo il vettore ~ e il vettore d'onda è k, l'espressione
del campo incidente è:
E0 e(ikx−iωt) .
E (x, t) = ˜ (1.5)

5
Figura 1.1:

Per cui la accelerezione di cui risente la particella è:

E0
 e(ikx−iωt) .
v̇ (t) = ˜ (1.6)
m
La carica nell'oscillare vede un valore del campo la cui fase cambia sia per-
ché il campo in sé varia nel tempo, sia perché la particella occupa al variare del
tempo posizioni diverse nello spazio. Ma se assumiamo che l'ampiezza tipica di
oscillazione della carica sia molto più piccola della lunghezza d'onda incidente,
resta da mediare l'accelerazione solo sul periodo dell'onda per ottenere la poten-
za media irradiata. Ricordando che la media su di un periodo di una funzione
trigonometrica al quadrato è 1/2, e impiegando la (1.4) otteniamo:

2
e2
  
dP c 2
= |E0 | sin2 Θ. (1.7)
dΩ 8π mc2

Per lo scattering la quantità convenzionalmente più rilevante è la sezione d'urto


(angolare o totale). Per ottenerla bisogna che la potenza irradiata in una certa
direzione sia divisa per il usso di energia dell'onda incidente che vale cE02 /8π .
Si ottiene:
2
e2


= sin2 Θ. (1.8)
dΩ mc2
Possiamo riscrivere la formula in modo da ottenere la distribuzione angolare
per il sistema di coordinate polari descritto in gura (1.1):

sin2 Θ = 1 − sin2 Θ cos2 (φ − ψ) (1.9)

6
e, se si assume della radiazione incidente completamente non polarizzata, bisogna
mediare sull'angolo φ, ottenendo così:

2
e2

dσ 1
1 + cos2 θ .

= (1.10)
dΩ mc2 2

L'ultima formula è detta di Thomson ed è particolarmente utilizzata per lo


scattering di raggi X da elettroni, oppure raggi gamma da protoni. Inne, la
sezione d'urto totale σT ot si ottiene integrando su tutto l'angolo solido:

2
e2


σT ot = (1.11)
3 mc2

La sezione d'urto è dipendente dalle sole caratteristiche dello scatteratore (carica


e2
e massa). Per l'elettrone vale 0.665e − 24cm2 . mc2 =
La quantità in parentesi
2
2.82e − 13cm è il cosidetto raggio classico dell'elettrone. Si tratta del raggio
che dovrebbe avere una distribuzione sferica e omogenea di carica anché la
sua energia coincida con quella a riposo dell'elettrone mc2 .
Non ci si può aspettare che la formula di Thomson sia valida per qualsiasi
range di frequenza. Se infatti l'energia del singolo fotone diventa dell'ordine
dell'energia a riposo della carica, ~ω ' mc2 (con m massa dello scatteratore),
ci si aspetta che intervengano eetti quantistici. Una condizione perfettamente
equivalente è che la lunghezza d'onda del campo incidente sia sucientemente
piccola da risultare confrontabile con la lunghezza Compton della particella,
λ ' mc/~.
Il processo quantistico concettualmente equivalente (la particella carica ur-
tata da un fotone lo devia e ne modica l'energia) è chiamato eetto Compton.
I risultati della sezione d'urto Compton sono validi anche oltre le frequenze
limite appena introdotte. I risultati quantistici della sezione d'urto angolare
coincidono esattamente con quelli classici solo nella direzione parallela al vet-
tore d'onda del campo incidente. Per angoli superiori la formula di Thomson
costituisce una sovrastima della sezione d'urto come mostrato in gura (1.2).
Per poter fare un raronto delle due stime teoriche, classica e quantistica,
della sezione d'urto riportiamo la sezione d'urto totale dello scattering Compton
nel limite di bassa e di alta frequenza (formule di Klein-Nishina):

2 ( 8π 2~ω

e2 ~ω  mc2

3 1 − mc 2 + ...
σKN = 2 (1.12)
mc2 π mc 2~ω
+ 12
  
~ω ln mc 2 ~ω  mc2

Nel caso dei protoni (che non sono particelle elementari ma hanno una strut-
tura interna) il limite di validità della teoria classica si raggiunge per energie di
circa 100M eV , circa un ordine di grandezza sotto l'energia a riposo del protone.
Ma appunto il protone non è una particella elementare e il valore di energia ap-
pena citato è confrontabile con quello dell'energia a riposo del pione (140M eV ),
la particella ritenuta responsabile delle interazioni forti all'interno del protone.

7
dI
Figura 1.2: Densità di energia per unità di angolo solido
dω vs. angolo di emis-
sione della radiazione (fotone). Ogni curva rappresenta un valore della energia
a riposo della particella scatteratrice Er .

1.4 Distribuzione angolare della radiazione emes-


sa da una carica in moto accelerato
Per una carica accelerata in moto non relativistico, la distribuzione angolare
della radiazione ha il semplice andamento sin2 θ. Per il moto relativistico i
campi di accelerazione dipendono dalla velocità oltre che dall'accelerazione, e la
distribuzione angolare è più complicata. Analizziamo la componente radiale del
vettore di Poynting:

2
e2 n × [(n − β) × β̇]
[S · n] = (1.13)
4πc (1 − β · n)3 R

Da quest'espressione si evince che ci sono due tipi di eetti relativistici. Uno è


l'eetto della particolare relazione spaziale tra β e β̇ , che determinerà i dettagli
della distribuzione angolare; l'altro è un eetto relativistico generale, dovuto alla
trasformazione di Lorentz dal sistema di riferimento a riposo della particella al
sistema di riferimento dell'osservatore, e si manifesta con la presenza dei fattori
(1 − β · n) che, per particelle ultrarelativistiche, domina l'intera distribuzione
angolare. Nella (1.13) S·n è l'energia per unità di area e di tempo (rivelata
da un osservatore al tempo t) della radiazione emessa da una carica all'istante
0 0
t = t − R(t )/c. Se vogliamo calcolare l'energia irradiata in un periodo di

8
accelerazione nito, dobbiamo calcolare l' integrale:

ˆ t=T2 +
R(T2 ) ˆ t=T2 +
R(T2 )
c c dt 0
E= [S · n]dt = (S · n) dt
R(T )
t=T1 + c 1
R(T )
t=T1 + c 1 dt0

dt
In questa espressione è utile osservare la quantità (S · n) dt0 che rappresenta la
potenza irradiata per unità di area espressa in termini del tempo proprio della
carica. Possiamo quindi denire la potenza irradiata per unità di angolo solido

2
0
2 n × [(n − β) × β̇]

dP (t ) 2 e
= R (S · n)(1 − β · n) =
dΩ 4πc (1 − n · β)5

L'applicazione più semplice è quella del moto rettilineo, in cui β e β̇ sono paral-
leli. Se indichiamo con θ l'angolo di osservazione rispetto alla direzione comune
di β e β̇ l'equazione diventa:

0
dP (t ) e2 v̇ 2 sin2 θ
= (1.14)
dΩ 4πc3 (1 − β cos θ)5

Nel limite non relativistico (β << 1), la (1.14) si riduce al risultato di Larmor,
ma per β →1 la distribuzione angolare è più piccata in avanti ed aumenta in
1
modulo. Inoltre, si può vedere che θmax →
2γ nel limite β → 1 (dove θmax è
l'angolo per cui l'intensità ha un massimo). Per particelle relativistiche, quindi,
θmax è molto piccolo, quindi la distribuzione angolare è limitata ad un cono
molto stretto nella direzione del moto.

1.5 Distribuzione in frequenza e distribuzione an-


golare dell'energia irradiata da cariche in mo-
to accelerato
Per particelle in regimi relativistici l'energia irradiata è distribuita su un grande
intervallo di frequenze. È possibile valutare la larghezza dello spettro in fre-
quenza ricorrendo alle proprietà degli integrali di Fourier.
L'espressione generale della potenza irradiata per unità di angolo solido è

dP (t)
= |A(t)|2
dΩ
c 1/2

dove A(t) =
4π RE, con E campo elettrico denito dalla (1.1). Notiamo
che la potenza istantanea è espressa nel sistema di riferimento dell'osservatore,
perchè vogliamo prendere in considerazione lo spettro in termini di frequenze
osservate. Per delimitare il problema immaginiamo che l'accelerazione avvenga
in un certo intervallo di tempo nito, in modo che l'energia irradiata totale
abbia un valore nito. Inoltre supponiamo che il punto di osservazione sia

9
sucientemente lontano dalla carica, in modo che la regione spaziale percorsa
dalla carica durante l'accelerazione sottenda un piccolo elemento di angolo solido
al punto di osservazione.
L'energia irradiata per unità di angolo solido è l'integrale rispetto al tempo di
dP (t)
dΩ : ˆ ˆ ˆ
∞ +∞ ∞
dP (t) 2
= |A(t)|2 dt = |A (ω)| dω. (1.15)
∞ dΩ −∞ ∞
Possiamo denire una quantità signicativa che esprime l'energia irradiata
per unità di angolo solido per unità di intervallo di frequenza:

d2 I(ω, n)
= |A(ω)|2 + |A(−ω)|2
dωdΩ
d2 I(ω,n)
Se A(t) è reale, allora A(−ω) = A∗ (ω),
dωdΩ = 2|A(ω)|2 Questo
quindi:
risultato lega quantitativamente il comportamento della potenza irradiata in
funzione del tempo con il suo spettro di frequenza.
Sfruttando l'espressione del campo elettrico per una carica accelerata, possiamo
ottenere l'espressione generale dell'energia irradiata per unità di angolo solido
e per intervallo di frequenze unitario in termini di un integrale sulla traiettoria
della particella. Dobbiamo calcolare la trasformata di Fourier della A(t):

1/2 ˆ +∞
" #
e2

iωt n × (n − β) × β̇
A(ω) = e dt
8π 2 c −∞ (1 − β · n)3
rit
0
0 R(t )
dove rit indica che l'integrale va calcolato a t=t + c . Cambiamo variabile
0
d'integrazione da t a t e avremo:

1/2 ˆ +∞
" #
e2
 0 0
iω(t +[R(t )/c]) n × (n − β) × β̇ 0
A(ω) = e dt
8π 2 c −∞ (1 − β · n)2

Poichè abbiamo fatto l'ipotesi che il punto di osservazione sia lontano dal-
la regione dello spazio dove avviene l'accelerazione, il versore
0
n è pressocché
costante nel tempo. Inoltre, la distanza R(t ) è data approssimativamente da
0 0
R(t ) ∼
=0 x − n · r(t ), dove x è la distanza dal punto di osservazione dall'origine
O e r(t ) è il vettore di posizione della particella rispetto ad O. Operando queste
sostituzioni otteniamo:

 ˆ +∞ " # 2
d2 I(ω, n) e2

iω(t −n·r(t )/c) n × (n − β) × β̇
0 0
0
= e dt

dωdΩ 4π 2 c (1 − β · n)2

−∞

Per una determinata situazione di moto r(t) è noto, quindi si possono calcolare
β(t) e β̇(t) e si può valutare l'integrale in funzione di ω e della direzione di . n
È possibile dimostrare che l'integrando, escluso l'esponenziale, è un dierenziale
esatto:  
n × (n − β) × β̇ d n × (n × β)
=
(1 − n · β)2 dt 1−β·n

10
L'integrazione per parti fornisce la distribuzione dell'intensità:

ˆ
d2 I(ω, n) e2 ω 2 +∞ iω(t−n·r(t)/c)


= 2
e n × (n × β)dt . (1.16)
dωdΩ 4π c −∞

1.6 Eetto Cherenkov


Una applicazione, seppur non concettualmente diretta, della (1.16) è la de-
scrizione dell'eetto Cherenkov. Una particella che si muove di moto rettilineo
uniforme nel vuoto non irradia. Tuttavia, nel caso la particella si muova in un
mezzo materiale, può succedere che la sua velocità superi in modulo quella della
luce nel mezzo. In questa situazione la particella può irradiare pur non essendo
accelerata. Questa radiazione è detta di Cherenkov, fu trovata per la prima
volta nel 1937 e valse il premio Nobel al suo scopritore (Pavel A. Cherenkov).
Più facilmente si osserva tale fenomeno nelle camere di combustione dei reattori
nucleari dalle quali proviene una luce azzurrina che è l'eetto visivo prevalente.
La spiegazione più profonda va cercata nella interazione a livello microscopi-
co del mezzo materiale attraversato dalla particella carica col campo prodotto da
quest'ultima. In eetti si tratta di un eetto cooperativo degli atomi del mezzo
che sono sollecitati dal campo della particella. A livello macroscopico possiamo
limitarci a considerare la costante dielettrica  ed, in prima approssimazione,
assumere che essa non sia dipendente dalla frequenza, cioè:  (ω) = . Quest'ul-
tima semplicazione non lede la generalità del problema perché il risultato che
otterremo alla ne varrà per una specica frequenza e si potrà generalizzare
facilmente.
Per descrivere un campo in un mezzo materiale, consideriamo che la velocità
della luce e la carica ecace siano rinormalizzati dalla costante dielettrica :
c e
cef f ettiva = √ eef f ettiva = √ (1.17)
 

Normalmente, quando la velocità della particella in moto non eccede quella


della luce, dato un punto dello spazio, questo può essere raggiunto dal campo
generato in precedenza della particella in un solo punto della sua linea di univer-
so. La dierenza cruciale, nel caso in cui la particella si muova più velocemente
del campo prodotto, è che esistono alcuni punti dello spazio che possono essere
raggiunti dagli impulsi elettromganetici generato dalla particella in due istan-
ti diversi. Per il principio di sovrapposizione, i due potenziali si sommano ed
0 0
i campi interferiscono tra loro. Detti t1 e t2 gli istanti in questione il campo
scalare, ad esempio, è:

 

1 1
Φ (x, t) = e  + (1.18)
 

1 − n · β̃ R 1 − n · β̃ R

0 0
t=t1 t=t2

utilizzando le espressioni di Lienard-Wiechert e il principio di sovrapposizione.

11
Figura 1.3:

0 0
Esaminiamo più a fondo le condizioni d'esistenza dei due istanti t1 e t2 .
Ci rifacciamo alla gura (1.3). Assumiamo che la particella si muova di moto
rettilineo uniforme con velocità v e che nell'origine dei tempi occupi l'origine
degli assi. La posizione dell'osservatore è data dal vettore x sso. Ora, il tem-
0
po t è quello a cui la particella emette la radiazione che investirà il punto di
 
0
osservazione al tempo t. Nell'intervallo di tempo t − t la particella si troverà
 0

shiftata nella posizione di un vettore v t−t e X sarà la posizione dell'osser-
0
vatore rispetto alla particella. Le relazione sui lati del triangolo OP P conduce
alla equazione:
 0
 1  
0
t−t = X + v t − t (1.19)
c
che può essere resa più esplicita nell'equazione quadratica:

 0
2  0

c2 − v 2 t−t − 2 (X · v) t − t − X 2 = 0 (1.20)

le cui soluzioni sono semplicemente:


q
2
 0
 − (X · v) ± (X · v) + (c2 − v 2 ) X 2
t−t = (1.21)
(v 2 − c2 )
Chiaramente si chiede che le soluzioni siano positive oltre che reali. Nel caso
ordinario in cui v < c la radice è sempre ben denita, ma a prescindere dal
segno di (X · v) vi è solo una soluzione positiva. Se, al contrario, c < v allora
bisogna chiedere che la radice sia ben denita e, detto α l'angolo traX e v, ne
discende l'equazione seguente:

v2
cos2 α < 1 − . (1.22)
c2

12
Per angoli α ottusi, tali che:

"  1/2 #
−1 c2
cos − 1− 2 <α<π (1.23)
v
0 0
esistono due soluzioni, entrambe reali positive. Cioè due istanti t1 e t2 da
cui l'impulso elettromagnetico può provenire. Questo eetto d'interferenza si
osserva solo nel cosiddetto cono Cherenkov cioè quello denito dalla relazione:
2
1/2
cos α=-− 1 − v /c2 . Si possono calcolare a questo punto le quantità R1 , R2
e i versori n1 e n2 da inserire nella (1.18) e si ottiene:

2e v 2e
Φ (x, t) = q A (x, t) = q . (1.24)
X 1− v2

sin2 α c X 1 − v2  sin2 α
c2 c2

Queste equazioni valgono all'interno del cono Cherenkov e in eetti esibiscono


una singolarità esattamente sul cono. Non è una singolarità sica perché nasce
dall'assunzione che la valocità di propagazione nel mezzo sia indipendente dalla
frequenza. Invece ad alte frequenze essa approssima sempre più la velocità della
luce nel vuoto e questo fa in modo che la singolarità svanisca ovunque se non
nella posizione occupata istanteneamente dalla carica.
Dalla (1.24) si vede che il potenziale ha dei fronti d'onda che si muovono con
velocità c nella direzione data dall'angolo θc = cos−1 vc . La gura (1.4) aiuta
a capire come si formano i fronti d'onda. Avendo ottenuto le espressioni dei
potenziali, per derivazione discendono quelle dei campi, successivamente si trova
il vettore di Poynting la cui integrazione su un cilindro coassiale alla direzione
di moto della carica fornisce la energia complessiva radiata. Per evitare questa
mole di conti, se si è interessati solo alla distribuzione angolare e in frequenza

della intensità di radiazione si può usare la formula (1.16) lasciando che v > c/ 
e ricordando le (1.17). Si ottiene:

ˆ  1
 2
 /2 n·r(t)
dI (ω) e2 ω 2 1/2 +∞ iω t− c

=  n × (n × v) e dt (1.25)

dΩ 4π 2 c3

.∞

che per una carica in moto rettilineo uniforme diventa:

ˆ   2
dI (ω) e2 ω 2 1/2 +∞ iωt 1− 1/2 n·v
2 c
=  |n × v| e dt . (1.26)

dΩ 2
4π c 3
.∞

L'integrale produce una delta di Dirac:

dI (ω) e2 1/2 β sin2 θ  


δ 1 −  /2 β cos θ
1
= (1.27)
dΩ cπ
dove θ è l'angolo misurato rispetto alla velocità
 v. 
La delta assicura che la

radiazione sia emessa solo all'angolo θc = cos−1 1


β1/2
che coincide con quello

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Figura 1.4: Fronti d'onda sferici generati da un particella che si muove con
velocità v minore o maggiore della velocità c con cui la luce si propaga nel
mezzo. Nel secondo caso si vede come l'interferenza dei fornti d'onda crei la
cosiddetta onda d'urto Cherenkov

già derivato. Ma in questo modo, l' energia radiata per unità di frquenza è
innita. Questo è un eetto poco sico dovuto all'integrale esteso all'intero asse
dei tempi. Se, invece, assumiamo che la particella attraversi il dielettrico solo
durante l'intervallo di tempo compreso tra gli istanti −T e T , l'integrale innito
è sostituito con:

ˆ +T

1/2
  
iωt 1−  cn·v sin ωT 1 − 1/2 β cos θ
e dt = 2T  2 (1.28)
.T ωT 1 − 1/2 β cos θ

Questa funzione risulta molto piccata attorno all'angolo θc se ωT  1 e nel


limite in cui T →∞ si riottiene una delta. L'angolo Cherenkov esiste solo se
1
β> 1/2
ed in tal caso l'intensità integrata sull'intero angolo solido è:

ˆ
dI (ω) e2 ω
I (ω) = dΩ = 2 sin2 θc (2cβT ) . (1.29)
dΩ c
L'eetto Cherenkov è utilizzato per misurare la velocità delle particelle. Le
componenti di diverse frequenze sono emesse ad angoli leggermente diversi per-
ché la costente dielettrica che determina l'angolo Cherenkov dipende dalla fre-
quenza. Attraverso dei ltri di frequenza si possono selezionare degli intervalli
di frequenza molto stretti in corrispondenza dei quali si misurarano gli angoli
per ottenere misure di volecità più precise. Combinando questo metodo a mis-
ure di momento si può ottenere una stima della massa della particella. Inne,

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metodi simili permettono di costruire dei discriminatori che eliminano particelle
lente indesiderate. Nei reattori nucleari a immersione l'intensità della radiazione
Cherenkov è correlata alla frequenza degli eventi di ssione, ed è quindi indica-
tiva del livello di attività del reattore. Allo stesso modo viene usata per valutare
la radioattività residua presente nelle barre di combustibile esauste.

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