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Personaggi

Il papa e
la papessa
Una scena
che ritrae la
giovanissima
Marozia con
papa Sergio III,
di cui fu
l’amante e dal
quale ebbe
anche un figlio.
Usando la sua
bellezza,
Marozia divenne
la vera padrona
della Roma
del X secolo.

Quella di Marozia è una storia di scandali, delitti, passioni, ma


anche la storia di una città e di un pezzo importante di Medioevo

A letto col papa


pregiudicata, opportunista, corrot- centro di gravità di una Roma che, dopo la di Ravenna e futuro pontefice col nome di

S ta, megalomane, maestra di intri-


ghi.Attraente e sensuale. Marozia,
l’eroina nera degli anni più neri
della Chiesa, fu la grande donna dietro a
tanti (piccoli) uomini. Figlia, cugina, madre e
rottura con Costantinopoli e la parentesi ca-
rolingia, era collassata nell’anarchia. Nata,
probabilmente, nell’892, figlia del potente
senatore romano Teofilatto e della nobile
Teodora (o forse degli amplessi fra quest’ul-
Giovanni X), Marozia fu l’incarnazione del-
lo scontro per il potere che si scatenò fra le
maggiori dinastie aristocratiche dell’epoca.
Potere temporale. Sulle rovine dell’im-
pero romano d’Occidente e sul vuoto politi-
amante di papi, riuscì a imporsi come il vero tima e Giovanni da Tossignano, arcivescovo co che ne era seguito, il ruolo della Chiesa si


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fra gli scherni del popolino) furono una spe-
cie di consacrazione degli spoletini.
Pornocrazia romana. Dopo Formoso,
in rapida successione, la tiara passò sul capo
di altri otto pontefici. Fino a quando, nel 914,
per volere di Teodora fu incoronato Gio-
vanni X, uomo ambizioso ma buon statista.
Marozia aveva allora poco più di vent’anni
ed era non solo la manovratrice occulta del-
la fazione spoletina, ma l’anima, e soprat-
tutto il corpo, della Chiesa, dov’era di casa
grazie a Teofilatto, padre ufficiale della ra-
gazza. Era cominciata quella che il teologo
Morto un protestante Valentin Ernst Löscher (1673-
papa... 1749) definirà la “pornocrazia romana”.
La basilica Intrigante, bella da togliere il fiato, aveva
altomedievale imparato presto a giocare le proprie carte.
dedicata a Da almeno otto anni, poco più che bambina,
san Clemente, era la donna più ambita nelle stanze romane:
4° papa nella raramente si tirava indietro, e questo accre-
storia della sceva la sua influenza. I papi le erano succu-
Chiesa. Fu nel bi, il clero, mano a mano, si era scordato il
secolo tra l’867
e il 965 che si messaggio evangelico. «Roma era diventata
susseguì sul una città di bordelli, molti dei quali gestiti da-
trono di Pietro il gli stessi cardinali» dice lo storico Giovanni
più alto numero Di Capua, che a Marozia ha dedicato un li-
di pontefici: 28. bro (edito da Scipioni).
L’elezione dei pontefici divenne una fac-
cenda interna, una partita a scacchi fra casa-
Quando moriva un papa, il popolino te: il vicario di Cristo, osserva Horst Fuhr-
mann, medievalista dell’Università di Re-
gensburg (Baviera) «era considerato il can-
aveva libero accesso alla sua dimora e didato e il rappresentante di un clan
familiare. Non contavano i princìpi morali e
poteva tranquillamente svaligiarla giuridici: figli di papi venivano imposti qua-
li successori sul trono papale, e molti mori-
vano per cause non naturali».
era progressivamente consolidato. Marto- Processo al morto. Fra lotte di potere e L’ascesa di Marozia. Guadagnatasi l’ap-

riata dai barbari, passata in mani bizantine, intrighi di palazzo, il clero degenerò. Ponte- pellativo di meretrice, Marozia imitò e su-
messa in ginocchio da pestilenze e carestie, fici e prelati vivevano in edifici lussuosi, fra però la madre. Figlia dell’ambiente in cui
Roma riconobbe al proprio vescovo un’au- marmi pregiati e ori sfavillanti. Si circonda- visse, non poteva e non sapeva comportarsi
torità sempre più ampia. Nel 756, grazie al- vano di servitori e concubine, organizzavano diversamente. E lo dimostrò a più riprese.
l’alleanza con i Franchi di re Pipino e poi di banchetti e feste mascherate, la mattina – Morto il suo primo marito, il nobile longo-
Carlo Magno, fu creato lo Stato della Chiesa, celebrata la messa – montavano a cavallo e bardo Alberico, duca di Spoleto, la giovane
incuneato nella penisola fra mare e mare: se ne andavano a caccia, seguiti da uno stuo- decise di fare piazza pulita intorno a sé: ri-
l’ex capitale del glorioso impero, pur dime- lo di cortigiani. Mai la Chiesa era caduta co- sposatasi con un feudatario della fazione to-
nandosi tra vicende torbide e burrascose, sì in basso. scana, un certo Guido, nel 928 fece impri-
tornò a essere un punto di riferimento poli- Neppure dei morti si aveva più rispetto. gionare Giovanni X (sospettato di tradi-
tico e religioso. Ma lo sfacelo dell’egemonia Quando, nell’896, spirò papa Formoso, i si- mento e lasciato morire per fame o, forse,
franca, che a lungo aveva sostenuto il papa- gnorotti di Spoleto proclamarono papa il fi- strangolato) e – passati velocemente un altro


to, trascinò anche l’Urbe in una spirale di glio di un prete romano, Stefano VI, e per
disordine. Alla fine dell’800, a Roma, spa- vendicarsi della politica a loro contraria di
droneggiavano una famiglia toscana e una Formoso, inscenarono nei suoi confronti un Il reliquiario con il
bastone di san
spoletina: erano loro, imparentate ma rivali, processo postumo.Accusarono il cadavere di Pietro (X secolo).
a nominare e deporre i papi, a convocare i sì- aver usurpato il trono papale, in quanto al
nodi (assemblee di ecclesiastici per decidere momento della sua elezione Formoso era
su questioni normative o di fede), a dettare arcivescovo di Porto, e quindi secondo gli
in tutto e per tutto la politica della città. antichi concili non avrebbe potuto abban-
donare la sua sede
per diventare pon-
Il bànacon I n Asia vive il
bànacon, ani-
caccia emetten- tefice. L’accusa era
do gas ed escre-
male alto come menti in così un pretesto, ma la
• Mostri e affini •

due uomini, dal- gran quantità condanna (scontata)


la criniera equi- da coprire tre e gli abusi sul cada-
na e con il capo campi di grano. vere (mutilato delle
di toro. È dotato I suoi liquami tre dita della mano
di corna ricurve sono tanto male- destra con cui si im-
e intrecciate tra fici da incendia- partisce la benedi-
loro. Si difende re ogni albero zione, decapitato e
da chi gli dà la che colpiscono. gettato nel Tevere

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La lascivia romana La corrida
al Colosseo
non finì con Marozia. Nel Colosseo
ormai in rovina
si tenevano
Nel 964 Giovanni XII nel Medioevo
lotte con i tori.

fu assassinato da All’interno del


monumento
furono anche
un marito tradito costruite delle
abitazioni.

paio di papi – nel 931 riuscì a mettere sul


trono il giovanissimo figlio Giovanni XI, na-
to da una relazione con un altro pontefice,
Sergio III (papa dal 904 al 911). Spiega Di
Capua: «Sergio doveva l’onore e il trono a
Teofilatto e, per ricambiarlo, prese Marozia
per amante, quando questa non aveva nep-
pure 15 anni. I due si dettero alla più sfrena-
ta lussuria nelle stanze papali, e se ne com-
piacquero in maniera sfacciata».
Dominatrice. Giovanni XI, come molti
dei suoi predecessori, del pontefice aveva
solo i paramenti sacri e, naturalmente, non
era in grado di governare. Ma quello era un
dettaglio: il papato era concepito come un
qualunque principato, una carica istituzio-
nale, un luogo privilegiato da cui osservare e
comandare. E a comandare, adesso, era Ma-
rozia: «Sfortunata negli amori, sgualdrina
per ereditarietà, passò da un’alcova all’altra
e, grazie al suo corpo, dominò Roma» dice
ancora Di Capua «divenendo una sorta di
papessa». Proclamatasi senatrice e patrizia, le
sue ambizioni crebbero insieme alla sua pre-
potenza. «Pianificando il matrimonio della
sua unica figlia con un principe bizantino, si
illuse di ricostituire il grande impero romano,
sognando di diventarne regina». E quando
anche Guido, in circostanze misteriose, mo-
rì, Marozia, quarantenne e analfa-
beta, colse l’occasio-
Marozia ne per sposare Ugo
di Provenza, re d’Ita- Ma il diritto canonico, per chi muoveva i fili arringò contro il re la plebe romana: Castel
lia e fratellastro del- della più alta autorità ecclesiastica, non era Sant’Angelo fu circondato e, nonostante
l’ex consorte. I due un ostacolo. Bastò dimostrare (meglio, bastò Ugo fosse riuscito a scappare, il rampollo di
erano cognati e, in sostenere) che Ugo e Guido non erano fra- Marozia prese il controllo della situazione.
teoria, non sareb- telli (si disse che la levatrice, sbadatamente, Giovanni XI, messo sotto sorveglianza, sce-
bero potuti con- aveva scambiato le culle) perché Giovanni se a patti col fratellastro e Marozia, la cui
volare a nozze. XI benedicesse l’unione. Era il 932: doveva bellezza era ormai sfiorita, dovette alzare
essere la svolta, il coronamento di una stra- bandiera bianca. Non è chiaro se fu rinchiu-
tegia inseguita, intassellata, giorno dopo sa in un carcere oppure in un convento. È
giorno, nella mente di Marozia. In- certo che vi morì intorno al 937, forse per
vece, fu il suo errore più grande. mano di un assassino. Rimossa, dimenticata
Dall’alcova alla prigione. dai suoi contemporanei, l’immagine della
Ugo era un uomo violento, roz- bella antieroina, che oggi sarebbe potuta di-
zo, avaro, circondato da aman- ventare una playmate di grido, venne presto
ti, e il giovane Alberico (il pri- cancellata anche dalle monete.
mo dei figli che Marozia ave- E Roma? Alberico instaurò una repubbli-
va avuto dal duca omonimo) ca popolare e ridusse di molto il potere tem-
inghiottiva amaro: pur non porale della Chiesa. Ugo, negli anni succes-
Sergio III sopportandolo, era costretto sivi, fece più di un tentativo per riprendere le
a fargli da paggio e, a volte, a redini: ma fallì. Nel gennaio del 935 spirò
I due amanti in subire qualche ceffone. Un anche Giovanni XI e, al suo posto, venne
stampe di fine
Ottocento. Occhi e giorno, a pochi mesi dal ma- eletto Leone VII, che si preoccupò di ricrea-
bocca di lei hanno i trimonio della madre, il vaso re un minimo di ordine e moralità. La por-
tratti della bellezza traboccò. Dopo l’ennesima nocrazia, almeno ufficialmente, era finita.❏
altomedievale. sberla Alberico corse in città e Michele Scozzai

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