FACOLTÀ DI INGEGNERIA
COMPLEMENTI DI
IMPIANTI TERMOTECNICI
COGENERAZIONE E SUE APPLICAZIONI
IL MOTORE PRIMO E SUE CARATTERISTICHE
APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE
LA TRIGENERAZIONE ED APPLICAZIONI
L’ENERGIA SOLARE E SUA DISPONIBILITA’
IMPIANTI SOLARI TERMICI E TERMODINAMICI
IMPIANTI FOTOVOLTAICI
IMPIANTI EOLICI
CELLE A COMBUSTIBILE
PRODUZIONE E ACCUMULO DELL’IDROGENO
IMPIANTI DI TERMOVALORIZZAZIONE
VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
IMPIANTI ANTINCENDIO
DICHIARAZIONE ISPESL
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COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 1
INTRODUZIONE
Questo volume introduce alcuni importanti argomenti che in questi ultimi anni si sono proposti
all’attenzione degli impiantisti termotecnici: la Cogenerazione (e in particolare gli impianti Total Energy), la
Valutazione di Impatto Ambientale e l’utilizzo delle energie alternative e gli Impianti di termovalorizzazione termica
dei Rifiuti. Quest’ultimo capitolo si propone di grande interesse in questi ultimi anni nei quali si parla
sempre più spesso di emergenza rifiuti.
Prima di affrontare con maggior dettaglio i singoli argomenti è opportuno delinearne brevemente
le problematiche.
IMPIANTI DI COGENERAZIONE
L’impiantistica termotecnica ha subito in questi anni una forte accelerazione tecnologica dettata
anche da nuovi sviluppi legislativi che hanno cercato di favorire le applicazioni cogenerative sia in
campo civile che industriale. Sia la L. 9/91 che la L. 10/91 attuano il nuovo Piano Energetico Nazionale
(PEN) fornendo modalità operative per la riduzione dei consumi energetici e per lo sviluppo di fonti
alternative o assimilabili. L’art 5, comma 16, del DPR 412/93 stabilisce l’obbligo in edifici pubblici di
ricorrere ad impianti utilizzanti fonti energetiche rinnovabili o ad essi assimilabili. L’allegato D del DPR
412 definisce come impianti assimilabili:
⋅ - impianti con pompe di calore
⋅ - pompe di calore a motore
⋅ - impianti di cogenerazione.
Inoltre sempre la L. 10/91 stabilisce che l’utilizzo è obbligatorio per tutti gli edifici ad uso pubblico
qualora non vi siano impedimenti di natura tecnica o economica, ove per impedimento di natura
economica si intende un tempo di rientro semplice dell’investimento maggiore di:
⋅ 10 anni in comuni con più di 50.000 abitanti;
⋅ 8 anni negli altri casi.
Attualmente le tariffe ENEL non differenziano gli usi energetici per usi domestici da quelli per
altri usi e sono composte da due voci così distinte:
⋅ costo fisso per di potenza;
⋅ costo dell’energia realmente consumata. Oltre i 3 kW di potenza installata si può avere la tariffa
bioraria ed inoltre è prevista una speciale agevolazione per la prima casa. In ogni caso le tariffe per usi
domestici sono indipendenti dalla quantità totale di energia fatturata. Per potenze oltre 400 kW si possono
avere tariffe multiorarie (ben 4 tipologie dipendenti dai consumi) per media tensione e monomia (si
hanno 3 tipi di tariffazione in funzione dei consumi per bassa tensione.
A tutte le tariffe ENEL, qualunque siano gli usi dell’energia, si applicano il sovrapprezzo termico e gli
oneri fiscali locali.
Per la distribuzione del gas metano la SNAM si avvale di reti nazionali e locali e di società di
gestione (concessionarie) che applicano tariffe che dipendono dai consumi e sono formate, oltre che
parte di costo del metano, da oneri regionali e nazionali( imposta erariale) di distribuzione.
L’imposta erariale varia da Nord a Sud e non viene applicata per le industrie e gli alberghi.
Il gasolio ha distribuzione libera su scala nazionale e la tariffa si compone del costo di mercato del
gasolio e dagli oneri erariali (imposta di fabbricazione).
Il Piano Energetico Nazionale (PEN) si propone di defiscalizzare il combustibile nel caso sia utilizzato
per autoproduzione dell’energia elettrica. Lo stesso non vale per l’autoproduzione di energia meccanica
che, pertanto, risulta pienamente fiscalizzata.
La defiscalizzazione segue la regola:
D = KE
Ove si ha:
⋅ D quantità combustibile defiscalizzata;
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 2
Accoppiando più concetti si possono avere più sistemi che, funzionando in parallelo, fornisco in
modo integrato energia termica ed elettrica con un unico modulo alimentato a metano (o metanolo o
anche combustibili tradizionali).
Un modulo di 10 kW (3 elettrici e 7 termici) è allo studio da parte dell’Ansaldo Ricerche e si spera
possa esser immesso sul mercato nei prossimi anni: un sistema siffatto può essere sufficiente per fornire
calore ed elettricità ad una famiglia media.
Nella Figura 3 si ha uno schema di massima sul funzionamento di questi moduli complessi con
celle a combustibile (argomento interessantissimo ma fuori dall’interesse di questo corso).
Nei prossimi capitoli si esamineranno i principi fondamentali per i sistemi cogenerativi e per il
progetto di Sistemi ad Energia Totale (SET). La comprensione di questi argomenti richiede la conoscenza
delle nozioni di Fisica Tecnica e di Macchine.
350.000
300.000
250.000
Bassa Utilizzazione
200.000 Media Utilizzazione
50.000
0
F1 F2 F3 F4
trattamento. E’ nata così una coscienza ambientalista che ha portato alcuni stati europei e nord americani
(l’Italia è stata bellamente a guardare fino a d oggi!) ad sviluppare politiche ambientali per contrastare
l’emergenza rifiuti.
Sono state sviluppate metodologie di riuso (ove possibile) dei rifiuti ferrosi, plastici, vetrosi, …e
sono stati progettati i primi impianti inizialmente detti di distruzione o di incenerimento e che ora sono detti
di termovalorizzazione dei rifiuti.
La prima idea è stata di usare le tecnologie già note e mature quali i forni a griglia e, più di
recente, quelli a letto fluido. Si è poi pensato di usare anche la pirolisi per ricavare gas dai rifiuti. Infine,
da qualche anno, si sono proposti impianti che utilizzano le torce al plasma per disintegrare i rifiuti e
ricavarne gas.
Dal 1997 il D.Lgs 22 (detto anche Decreto Ronchi) ha regolamentato il problema dei rifiuti
introducendo una loro classificazione (detta CER acronimo di Codice Europeo dei Rifiuti) e indicando le
possibili metodologie di stoccaggio e di smaltimento.
Questo decreto non fornisce indicazioni sui metodi di smaltimento per la termovalorizzazione
ma introduce questo termine per indicare il modo di valorizzare i rifiuti estraendone energia.
Se solo si fanno semplici prodotti fra il numero di abitanti per la produzione pro-capite per
l’energia media (2000÷2500 kcal/kg) prodotta dai RSU si intuisce come questi ultimi possano essere
considerati una vera e notevole fonte energetica.
Queste problematiche saranno esaminate nel capitolo dedicato alla termovalorizzazione dei rifiuti
e si vedranno i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna tecnologia.
In tal senso si imposta la progettazione, le attività e i modi di realizzazione sono stati individuati,
tra quelli possibili ed idonei a risolvere le problematiche tecniche dell’intervento, tenendo conto del
suddetto vincolo, nell’ambito delle decisioni già assunte, quali la localizzazione dell’intervento e la sua
potenzialità complessiva.
Lo studio della VIA ha lo scopo, di norma, di evidenziare e misurare solamente gli impatti fisici
sia positivi che negativi. Si ritiene, infatti, che gli aspetti socio-economici connessi con la realizzazione
di un progetto, debbano essere analizzati separatamente. Pur tuttavia la metodologia di rating che verrà
presentata nel prosieguo tiene conto anche di azioni ed effetti di tipo socio economici.
L’elaborato VIA si propone di affrontare precipuamente il problema ambientale evidenziando e
misurando gli impatti fisici, sia positivi che negativi, rimandando all’analisi tecnico-economica della
proposta progettuale gli aspetti più prettamente tecno-socio-economici-gestionali.
I possibili obiettivi che si possono porre nel momento in cui ci si appresta ad un S.I.A. possono
essere così sintetizzati:
⋅ a) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più di un progetto e più di un sito;
⋅ b) scegliere l’opera d’impatto minimo tra più di un progetto per un solo sito;
⋅ c) scegliere tra un solo progetto e più di un sito;
⋅ d) giudicare l’ammissibilità ambientale di un solo progetto per un solo sito;
⋅ e) giudicare l’entità dell’accettabilità ambientale di un’opera già allocata.
Il lavoro è allora articolato secondo le seguenti fasi:
⋅ - identificazione delle componenti ambientali coinvolte dal progetto;
⋅ - determinazione delle caratteristiche più rappresentative del sito e dell’impianto;
⋅ - individuazione di una scala di valori con cui stimare le diverse situazioni di ciascun
fattore;
⋅ - definizione del contributo ponderale del singolo fattore su ciascuna componente
ambientale;
⋅ - raccolte di dati peculiari sul sito e loro quantificazione;
⋅ - valutazione degli impatti elementari con l’ausilio di modelli (matrici-grafici, networks,
liste di controllo, etc.).
Punto di partenza per l’impostazione del citato studio è quello di definire il concetto di
“ambiente”. Nella fattispecie per ambiente deve intendersi quel complesso involucro fisico entro il
quale si sviluppano tutte le relazioni “orizzontali”, che legano fra di loro le diverse attività e i diversi
soggetti variamente dislocati nello spazio e “verticali”, che legano, invece, ciascuna attività e ciascun
soggetto alle condizioni e alle risorse naturali.
Il raggiungimento di un equilibrio stabile di tali rapporti o il mantenimento è divenuto ormai il
problema centrale nel campo della pianificazione territoriale, che deve ricercare quella interazione
equilibrata fra sistemi di attività, esigenze dello sviluppo e sistemi ambientali. Lo studio dell’inserimento
di nuove opere nell’ambiente dovrà, pertanto, definire da un lato i soggetti ed i sistemi ambientali che
saranno integrati da modifiche e dall’altro valutare l’entità degli impatti che le nuove opere avranno sui
primi.
Non si vuole qui entrare ulteriormente nei dettagli di una così vasta problematica quale è la VIA
ma si vuole nel prosieguo presentare una metodologia di analisi innovativa che consente facilmente di
effettuare la valutazione (rating) delle matrice azioni-effetti dette anche matrici di impatto.
IMPIANTI ANTINCENDIO
La protezione antincendio è necessaria ed obbligatoria, specialmente negli edifici pubblici,
industriali e di spettacolo.
Si hanno due sistemi di protezione:
- protezione passiva: affidata alle strutture e all’organizzazione architettonica dell’edificio;
- protezione attiva: affidata agli impianti veri e propri antincendio.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 8
I criteri di progetto per entrambi i sistemi richiedono conoscenze specialistiche che saranno
affrontate in questo capitolo.
Si vedranno anche le procedure per l’ottenimento del Certificato di Protezione Incendio (CPI) e
come predisporre la Relazione Antincendio.
Particolare attenzione verrà poi prestata ai sistemi integrati di progettazione (CAD) con
l’applicazione ad esempi concreti.
Catania 25/10/2005
Giuliano Cammarata
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 9
La storia dell’Uomo è stata sempre segnata dalla necessità di avere forza lavoro per soddisfare i
propri bisogni. Egli non si è fatto alcuno scrupolo di sottomettere animali e gli stessi suoi Simili pur di
avere la possibilità di svolgere le attività lavorative (agricoltura), industriali e/o belliche. Le guerre fra
popoli avevano come scopo ultimo la conquista di territorio e di uomini ridotti in schiavitù per i lavori
più umili e quotidiani.
Fino alla seconda metà dell’Ottocento lo Schiavismo era giustificato dalla necessità di avere mano
d’opera a basso costo per le piantagioni di cotone del Sud degli Stati Uniti e ancora oggi questa grave e
perversa forma di sottomissione dell’Uomo è pratica, anche se in modo meno ufficiale ed appariscente,
in alcune regioni della Terra.
La nascita delle prime macchine a vapore, verso la fine del Settecento, ha segnato, almeno
idealmente, anche la nascita dell’era Contemporanea che, nel bene e nel male (non sono qui per giudicare!),
ha determinato anche l’affrancamento dell’Uomo dalla schiavitù e dalla fatica. Ora è possibile sostituire
animali e schiavi con macchine potenti e docili per effettuare qualsivoglia lavoro.
Oggi è possibile intraprendere attività di così larga estensione da modificare anche l’ambiente e la
stessa geografia terrestre: gli istimi di Corinto e i canali di Panama e di Suez ne sono una conferma.
Se da un lato l’utilizzo delle macchine ha introdotto effetti benefici per l’evoluzione socio
economica dell’Uomo, dall’altro ha dato inizio allo sfruttamento energetico del pianeta Terra. Le
macchine, infatti, sono dispositivi di conversione energetica ed hanno bisogno di energia primaria
ottenuta, quasi esclusivamente, da conversione di fonti energetiche non rinnovabili.
Con le macchine nascono anche gli impianti industriali nei quali sono effettuate miriadi di
lavorazioni di trasformazione e produzione di beni di consumo e questo ha ulteriormente aggravato
l’esigenza di sfruttamento delle risorse energetiche non rinnovabili della Terra.
In pratica il ricorso all’utilizzo del petrolio è stato esponenzialmente crescente nel Novecento,
tanto da porre interrogativi sulla necessità di limitarne l’utilizzo per gli effetti ambientali negativi che si
sono manifestati.
L’economia del petrolio ha di fatto determinato l’evoluzione politica dell’ultimo secolo e tuttora
sembra orientare gli sviluppi socio politici del futuro immediato. Guerre più o meno diffuse nei
continenti o micro guerre localizzate su aree di piccola estensione sono all’ordine del giorno e
sembrano svilupparsi sempre di più.
Non vi è dubbio che il benessere provocato dalla civiltà industriale ha, anche se non da solo,
contribuito all’abnorme crescita della popolazione terrestre che ha, a sua volta, generato una crescita
esponenziale dei consumi energetici.
In pochi decenni la popolazione terrestre è passata da poco più di 4 miliardi alla fine
dell’Ottocento agli attuali 6 miliardi attuali: si tratta di un incremento enorme e vertiginoso che
condiziona e condizionerà sempre di più lo sviluppo socio-economico di tutti i popoli.
Alle fine degli anni ‘Sessanta e con gli anni ‘Settanta si sono avuto alcune crisi energetiche su scala
mondiale generate dall’acuirsi di conflitti regionali sulla scena medio-orientale (guerre arabo – israeliane),
che hanno dato inizio ad una presa di coscienza del problema della disponibilità energetica e della fine
più o meno prossima delle risorse petrolifere.
In quegli anni il CLUB DI ROMA commissionò al MIT uno studio sui limiti di sviluppo del
genere umano. Questo studio, noto come Rapporto del Club di Roma, stabilì, non senza una iniziale
sorpresa collettiva, che tali limiti di sviluppo non erano dettati dalla crescita esponenziale della
popolazione terrestre né dalle ridotte disponibilità in futuro delle riserve petrolifere bensì
dall’inquinamento conseguente ai modelli di vita dell’Uomo moderno e contemporaneo.
In pratica già quasi 35 anni fa si cominciava a parlare di compatibilità fra vita dell’Uomo e
l’ambiente. Il limite di sviluppo dell’Umanità, infatti, era dovuto all’avvelenamento ambientale
conseguente all’utilizzo delle fonti energetiche tradizionali e agli effetti provocati dall’accumulo dei
rifiuti prodotti sia dalle attività antropiche che, soprattutto, da quelle industriali.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 15
Quel primo importante rapporto costituì un campanello di allarme che ebbe notevole risonanza
mondiale e pose le basi per una presa di coscienza globale sull’imminente crisi che nell’arco di meno di
un secolo si sarebbe generata irreversibilmente per l’Uomo.
Nacquero, così, i primi movimenti ecologisti, le prime manifestazioni di massa, le prime
conferenze internazionali.
2.1 LA TRASFORMAZIONE DELL’ENERGIA
Le crisi energetiche in primo luogo e la coscienza dello sviluppo sostenibile in secondo luogo
hanno generato il bisogno di trovare metodi e/o sistemi di trasformazione dell’energia che rispondano
almeno ai seguenti requisiti fondamentali:
avere rendimenti energetici (di primo principio) elevati;
avere rendimenti exergetici (di secondo principio) elevati;
avere elevati standard di eco - compatibilità;
garantire lo sviluppo sostenibile.
I primi due punti sono di carattere prettamente ingegneristico mentre gli altri sono di salvaguardia
ambientale. Per avere un’idea dell’importanza dei primi due punti si osserva che il rendimento
energetico nazionale delle attuali centrali termo-elettriche è fissato al 35% mentre è possibile già oggi
costruire centrali con rendimento energetico dell’ordine del 60%.
Al di là dei riflessi ambientali ed ecologici va da sé che una centrale con più elevato rendimento di
trasformazione consuma meno combustibile e quindi inquina meno l’ambiente. Tuttavia il sistema
monopolistico di produzione dell’energia elettrica ha portato ad avere centrali termoelettriche obsolete
senza avere la necessità di aggiornarle (refurbishment) per mancanza di concorrenza interna.
Sull’importanza del rendimento exergetico si parlerà nel prosieguo: basti qui osservare che esso tiene
conto del secondo principio della Termodinamica e pertanto rende giustizia di alcuni preconcetti ed
errori concettuali tipici dell’applicazione del solo primo principio della Termodinamica.
2.2 FABBISOGNI ENERGETICI
L’esigenza della trasformazione energetica deriva direttamente da un fabbisogno energetico
esteso a varie utenze (domestiche, industriali, terziario, agricoltura).
Si vuole in questa sede limitare, ma a solo scopo esemplificativo, l’esame della situazione
energetica della sola Sicilia: una situazione analoga si ha per quasi tutte le regioni italiane e per l’Italia
nella sua globalità. Gli impianti di produzione dell’energia elettrica operanti in Sicilia dal 1997 al 2000
sono riportati nella seguente Tabella 1.
50,0
40,0
30,0
20,0
10,0
0,0
71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95
250
200
150
100
50
0
71 73 75 77 79 81 83 85 87 89 91 93 95
Quattro gas, o gruppi di gas, di cui due ad effetto acidificante (sostanze tossiche o con effetti ambientali
rilevanti):
⋅ NOx (acidificante) ossidi di azoto,
⋅ CO ossido di carbonio o monossido di carbonio,
⋅ COV (Composti Organici Volatili),
⋅ SO2 (acidificante) anidride solforosa.
Quattro tipi di inquinanti solidi:
⋅ Particolato di diametro inferiore a 10 micron,
⋅ Cd cadmio,
⋅ Pb piombo,
⋅ Hg mercurio.
La Tabella 5 riassume, per l’anno 1995, le emissioni inquinanti dovute all’industria e causate dai
soli usi energetici, termici e elettrici, del combustibile.
Noi possiamo sovvertire questo andamento naturale utilizzando le macchine frigorifere che
operano proprio in modo inverso: tolgono calore dai corpi freddi per riversarlo in corpi più caldi. Tutto
questo, però, avviene a spese di energia esterna che dobbiamo necessariamente fornire alla macchina
frigorifera.
In pratica tutte le volte che cerchiamo di sovvertire la naturale evoluzione dei fenomeni
dobbiamo pagare qualcosa che, alla fine, si risolve ancora in produzione di irreversibilità ed anergia.
Pertanto se possiamo immaginare di operare una qualche trasformazione inversa che porti ad
avere una riduzione di inquinamento (di qualsivoglia natura) dobbiamo ricordare che se anche
paghiamo, in termini energetici, per poterla eseguire questa lascia comunque un segno indelebile
nell’ambiente, anche se di altra natura.
Ne consegue che ridurre l’inquinamento è molto più produttivo, coerente con la sostenibilità e
con la Termodinamica, che non disinquinare. Quest’ultima operazione può cambiare la natura
dell’inquinamento (ad esempio meno rifiuti) ma non l’irreversibilità totale prodotta (meno rifiuti a spese di altro
inquinamento prodotto nelle operazioni di termovalorizzazione). Questa osservazione è fondamentale per
comprendere il concetto stesso di sostenibilità: se vogliamo trasmettere alle future generazioni il diritto
alla vita e alla qualità della vita come Noi oggi la intendiamo allora dobbiamo anche operare in modo da
ridurre le irreversibilità e la disponibilità sia energetica che dei materiali.
Il petrolio che oggi consumiamo non sarà più disponibile in futuro e tutti i materiali che, in
obbedienza al credo utilitaristico e commerciale, utilizziamo e poi gettiamo nelle discariche saranno
indisponibili per le generazioni future. E non è possibile pensare che spendendo somme anche ingenti
le cose si aggiusteranno.
La sostenibilità passa attraverso il concetto fondamentale di riutilizzabilità dei materiali, del riciclo
quanto più possibile degli stessi e al ricorso quanto più ridotto possibile ai processi irreversibili ad
elevata incompatibilità ambientale.
Pertanto se per produrre energia occorre comunque utilizzare cicli termodinamici con rendimenti
di trasformazione sempre inferiore ad 1 abbiamo almeno l’obbligo morale e materiale di perseguire i
rendimenti massimi possibili in modo da ridurre l’utilizzo delle fonti energetiche.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 21
3 LA COGENERAZIONE
Le ripetute crisi energetiche degli anni ‘settanta hanno svegliato l’interesse verso la cogenerazione cioè
la produzione combinata di energia meccanica o elettrica e di energia termica. I settori di interesse sono
numerosi e variano dai trasporti, al riscaldamento ambientale, alla termovalorizzazione dei rifiuti solidi
urbani e in genere a tutti gli usi civili ed industriali dell’energia.
L’uso combinato di sistemi integrati per la produzione contemporanea di energia elettrica e
termica partendo dalla stessa fonte primaria consente non solo di avere rendimenti complessivi elevati
ma anche di ridurre il consumo di combustibili di tipo tradizionali e quindi anche di ridurre le emissioni
di CO2 nell’atmosfera. Quest’ultimo effetto è quanto mai importante anche alla luce delle
determinazioni della Conferenza Internazionale di Kyoto (1992) per la riduzione dell’effetto serra.
La condizione probabilmente più importante ed impegnativa degli impianti cogenerativi è la
simultaneità della richiesta energetica elettrica e termica che porta ad avere una utilizzazione degli
impianti quasi costante ed ai massimi livelli. Per questo motivo la cogenerazione ha avuto interessanti
sviluppi nel settore industriale, dove i carichi sono quasi sempre a regime costante, mentre ha stentato a
farsi strada nel settore civile caratterizzati da una variabilità notevoli dei carichi sia termici che elettrici.
Si pensi alla variabilità stagionali dei carichi: in inverno sono elevati quelli termici per il
riscaldamento mentre in estate sono elevati quelli elettrici per il condizionamento (compressori
alimentati elettricamente).
L’uso di un frigorifero ad assorbimento potrebbe convertire l’utenza elettrica estiva in una
termica e quindi consentire il recupero dell’energia termica prodotta dal cogeneratore ma esistono
alcune difficoltà generate dalla non equivalenza dei carichi.
Fra le applicazioni civili, inoltre, spiccano quelle di grandi complessi (centri commerciali, ospedali,
grandi alberghi, strutture aeroportuali, ….) caratterizzati da una utenza di base costante, soddisfatta
dagli impianti di cogenerazione, e da una parte variabile soddisfatta mediante apparecchiature ausiliari o
importando energia dalle reti esterne.
Ai fini del calcolo dei rendimenti occorrerebbe fare riferimento all’exergia anziché all’energia a
meno di non introdurre macchinose espressioni, spesso prive di significato fisico, per meglio definire i
vari contesti operativi degli impianti di cogenerazione. A questo scopo è utile richiamare i concetti
fondamentali dal corso di Termodinamica Applicata svolto in Fisica Tecnica.
3.1 STORIA DELLA COGENERAZIONE
Il termine cogeneration fu usato per la prima volta dal Presidente Carter nel suo messaggio sull’energia
del 1977 ed è un modo moderno di rappresentare concetti antichi. Gia nel 1930 la centrale elettrica di
Langerbrugge (Belgio) forniva anche vapore alla vicina fabbrica di carta. Interno agli anno ’50 si ebbe
un nuovo impulso negli USA dove circa il 15% dei fabbisogni energetici dell’industria venivano
garantiti da impianti cogenerativi, pur con notevoli difficoltà dovute al bassissimo prezzo del petrolio in
quegli anni e fino all’inizio degli anni ’70. Fu proprio la crisi petrolifera del 1973 che portò Carter ha
promulgare una legge per la privatizzazione della produzione e distribuzione dell’energia elettrica in
regime di puro mercato. Ciò è stato sufficiente per avere uno sviluppo di impianti cogenerativi che
utilizzano meglio le fonti primarie e quindi garantiscono un uso più razionale dell’energia prodotta.
L’Italia si è sempre contraddistinta in negativo nel recepire le novità e per oltre due decenni ha
mantenuto intatto il regime di monopolio dell’ENEL, anzi ha complicato le cose introducendo un
assurdo e antieconomico sovrapprezzo termico dettato solamente da esigenze di difesa dello stesso del
regime di monopolio. Questo balzello (non so come si possa definire altrimenti!) ha praticamente
bloccato lo sviluppo delle energie alternative ed è servito a mantenere ben saldo il potere dell’ENEL.
Proprio negli anni ‘settanta nasceva il TOTEM® della Fiat che si è visto chiudere il possibile
mercato a favore del monopolio energetico ENEL.
Finalmente nel 1991 con la L. 9/91 e L. 10/91 si cominciano a recepire gli aspetti innovativi della
cogenerazione favorendo lo sviluppo dell’autoproduzione dell’energia elettrica mediante l’applicazione
della nota determinazione del Comitato Interministeriale Prezzi n. 6 (detta CIP-6) che consentiva ai privati
di vendere all’ENEL l’energia elettrica autoprodotta in eccesso rispetto ai propri fabbisogni.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 22
Ci sono voluti più di venti anni per capire ciò che il resto del mondo aveva capito ed attuato due
decenni prima. E ancora non siamo al meglio: solo di recente (Decreto Bersani) si parla di ridurre il
monopolio ENEL con la possibilità di produzione e distribuzione dell’energia elettrica aperta ai privati.
C’è molto rumore sui nuovi soggetti industriali ma ancora si è fatto poco, ad eccezione di un
numero limitato di aziende municipalizzate di grandi città che hanno sviluppato in proprio il settore
energetico (vedansi gli esempi di Milano, Brescia, Ferrara, Roma,..).
Va detto che in questi ultimi anni l’Italia ha un deficit produttivo di energia elettrica dell’ordine
del 20% e che l’autoproduzione dei privati ha contribuito per ben il 12% dell’energia prodotta,
riducendo fortemente il deficit. Forse è stata questa la sorpresa maggiore delle nuove leggi.
Ma quando c’è un monopolista che vuole difendere i propri interessi c’è poco da fare: l’ENEL ha
sempre contrastato l’applicazione del CIP-6 riguardante la cessione in rete dell’eccesso di energia
autoprodotta per una asserita (e in parte condivisibile) difficoltà di gestione e programmazione dei flussi
di energia prodotta e nel febbraio 1997 ha abrogato (l’ENEL è ancora lo stesso Stato!) questa possibilità
consentendo il solo vettoriamento. Per fortuna c’è l’Europa!
Infatti le norme sulla libera concorrenza hanno di fatto scardinato il potere dei monopoli (che
Italia ancora resistono abbarbicati dietro leggi e leggine che ne stanno prolungando ancora la vita con
mille scuse non certo degne di uno stato moderno che vuole sentirsi protagonista europeo) e pertanto
l’ENEL deve rinunciare alla sua (comoda!) posizione di monopolista e cedere parte delle proprie
centrali termoelettriche riservandosi (giusto perché siamo in libero mercato?) il 50% della produzione e
il monopolio del vettoriamento: la rete di distribuzione resta sempre dell’ENEL con buona pace
dell’Europa. SIC!
Ad ogni buon conto il 50% passerà ai privati che potranno innescare quel benefico regime di
concorrenza che solo una elevata efficienza industriale potrà garantire.
E’ certo, comunque, che sia le nuove centrali che il revamping2 delle vecchie esistenti dovranno
utilizzare cicli combinati e cogenerativi per sfruttare al massimo ogni Joule ottenibile dal combustibile
che, ogni giorno di più, diviene caro e prezioso.
3.2 EXERGIA
Il rendimento di una macchina motrice è dato dal rapporto:
L
η = netto (1)
Q fornito
Il lavoro massimo ottenuto dal calore Q1 è dato, secondo Carnot, dall’espressione:
T
Lmax = Q1 1 − 2 (2)
T1
Quest’espressione definisce anche il livello termico di riferimento T2 solitamente coincidente con
l’ambiente esterno. Gli anglosassoni, sempre piuttosto fioriti nelle loro definizioni, chiamano l’ambiente
esterno con il termine dead state (stato morto) per meglio testimoniare il fatto che, approssimandosi la
temperatura di utilizzo dell’energia termica alla temperatura dell’ambiente il lavoro ottenibile tende a
zero. La (2) definisce anche un valore termico della quantità di calore Q1 dato dal fattore di Carnot:
T
1− 2 (3)
T1
qualora si assume T2 come temperatura di riferimento.
Si ricorda ancora che la degradazione dell’energia verso livelli inferiori (ad esempio mediante uno
scambiatore di calore) porta ad una perdita inevitabile di lavoro dato da:
1 1
∆L = T2 − = T2 ∆Stotale (4)
T3 T1
Una produzione di entropia è sempre correlata ad una perdita di lavoro utile. Si ricorda ancora che il
secondo principio della Termodinamica può essere scritto nella forma di Clausius:
δQ
dS = + dSirreversibile (5)
T
la quale esprime il concetto di produzione di entropia per irreversibilità. Questa produzione è sempre
presente nelle trasformazioni reali e pertanto essa è anche associata ad una perdita di exergia propria di
queste trasformazioni. In genere, nota la produzione di entropia si ha:
∆L = T0 ∆S (6)
con T0 temperatura dell’ambiente (dead state), considerato come serbatoio finale di tutte le
trasformazioni reali.
Come conseguenza di quanto sopra accennato possiamo dire che il primo principio della
Termodinamica esprime la conservazione dell’energia e quindi anche di quella termica.
Il secondo principio ci dice che, a pari energia, parte dell’exergia viene perduta nelle trasformazioni
(reali) per divenire energia perduta o anergia. Vale, quindi, il seguente bilancio:
∆E = ∆X + ∆A (7)
ove si sono indicati:
⋅ ∆E variazione di energia;
⋅ ∆X variazione di exergia
⋅ ∆A variazioni di anergia.
Esiste, quindi, una notevole differenza fra l’energia e la sua disponibilità (availability) ad essere
utilizzata e in particolare ad essere trasformata in lavoro.
Definiamo, pertanto, come energia disponibile di un sistema rispetto ad un altro, definito come
serbatoio, la massima quantità di energia che può essere trasformata in lavoro quando il sistema è portato in equilibrio
con il serbatoio. Avendo detto che il serbatoio finale delle trasformazioni reali è l’ambiente esterno allora
definiamo exergia l’energia disponibile di un sistema rispetto all’ambiente, considerato come serbatoio
ideale. Si definisce exergia di sistema per un sistema chiuso la differenza:
Ex = (U − T0 S ) − (U 0 − T0 S0 ) (8)
avendo usato il pedice 0 per l’ambiente.
Possiamo dare ancora una nuova definizione del secondo principio della Termodinamica:
l’exergia si conserva solo per i sistemi reversibili mentre si degrada nei sistemi irreversibili.
3.3 EFFICIENZA DELL’USO DELL’ENERGIA
Si è soliti utilizzare, per abitudine ormai plurisecolare, una definizione di rendimento basato
sull’energia (detto anche rendimento di primo principio) e quindi assumendo che l’energia totale del
sistema si conserva (1° Principio). Ne segue che, nelle applicazioni pratiche, l’ottimizzazione energetica
si risolva in una riduzione al minimo delle perdite di energia dal sistema (ad esempio attraverso i fumi
nel camino o attraverso i disperdimenti dalle pareti o mediante la riduzione degli attriti, …).
In pratica il rendimento energetico viene definito dal rapporto:
E
ηen = utile (9)
Etotale
avendo anche definito:
Eutile = Etotale − E perduta (10)
Il rendimento energetico è una grandezza minore di 1 e il suo complemento esprime il rapporto fra
l’energia perduta e quella totale. Si intuisce dalla (10) come massimizzare il rendimento significhi
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 24
minimizzare le perdite. E’ quello che si fa nelle caldaie, negli accumulatori termici, nel riscaldamento
degli edifici, ….
Si può subito osservare che quanto sopra definito è corretto se le energie in gioco sono tutte dello
stesso valore ovvero se sono della stessa qualità. Va bene per una macchina elettrica o una macchina
operatrice meccanica ma non va bene per una macchina termica perché cambia il valore termico
dell’energia in funzione della temperatura di utilizzo, in base al fattore di Carnot (3).
Pertanto se forniamo ad una caldaia calore a 1500 K per riscaldare acqua a 370 K è evidente che
una definizione di rendimento basato sulla (9) è concettualmente errata perché il calore a 370 K ha un
valore termico molto inferiore del calore fornito a 1500 K. Eppure è ciò che viene giornalmente fatto
quando si definisce il rendimento di caldaia come:
Eutile all ' acqua
ηcaldaia = (11)
E fornita dal bruciatore
e la differenza fra denominatore e numeratore è data dalle perdite attraverso il mantello della
caldaia e attraverso i fumi. L’analisi energetica (diagramma di Sunkey) ci dice che le perdite exergetiche a
bassa temperatura (cioè vicine a quella ambiente) sono trascurabili rispetto al degrado termico
effettuato nello scambiatore di calore fra 1500 K e 370 K.
Ecco allora che appare più corretto definire il rendimento di secondo principio (o secondo
ordine) come:
Lmin ( Exergia utile)
ηex = (12)
Lmax ( Exergia introdotta )
e vale anche la relazione:
Lmax = Lmin + ∆Ex (13)
rendimento exergetico del 35% circa e che azioni una pompa di calore. Questa potrebbe preriscaldare
l’acqua che alimenta i radiatori fino a 50 °C utilizzando parte dell’energia del liquido di raffreddamento
del motore e dei gas di scarico del motore per raggiungere temperature fino a 80 °C. Il COP della
pompa di calore salirebbe fino a 3,5 ed il rendimento exergetico complessivo salirebbe fino all’11%.
La cogenerazione e la trigenerazione3 rispondono bene alle necessità di economia dell’exergia
migliorando la qualità dei processi di trasformazione dell’energia. Queste nuove tecniche applicano il
concetto dell’energy cascading e quindi consentono alle singole utenze di attingere ad una sorgente il cui
livello exergetico è il più consono per gli usi finali preposti. Ciò consente di riversare nell’ambiente un
cascame termico quasi del tutto esausto, cioè con un minor grado di irreversibilità e quindi con minore
impatto ambientale.
3.4 IL FATTORE DI QUALITÀ, FQ
Per caratterizzare una fonte di energia si utilizza il fattore di qualità, FQ, che misura la parte di
exergia contenuta nella quantità totale di energia.
Per l’energia elettrica e meccanica FQ=1 mentre per l’energia termica vale il fattore di Carnot (3)
che esprime il grado di conversione ideale di una sorgente di calore in lavoro utile (cioè la sua exergia).
In Figura 10 si ha l’andamento del Fattore di Carnot in funzione della temperatura della sorgente
calda rispetto ad un ambiente a 300 K.
1
0.85
0.8
0.6
FQ ( T )
0.4
0.2
0 0
0 500 1000 1500 2000
300 T 3
2 ×10
Figura 10: Andamento del Fattore di Carnot
Si comprende bene, dall’osservazione di questa figura, come FQ tenda a zero quando ci si
avvicina all’ambiente (dead state) mentre cresce molto quanto più alta è la temperatura della sorgente.
Noto il fattore di qualità FQ si può calcolare l’exergia ottenibile dalla semplice relazione:
e = FQ ⋅ h (15)
ove con h si è indicata l’entalpia specifica (kJ/kg) della fonte considerata.
3
Con Trigenerazione si intende la produzione simultanea di energia elettrica, di calore e di freddo. Si vedrà in seguito
come sono costituiti gli impianti trigenerativi.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 26
ove C(E) e C(Q) sono, rispettivamente, le energie primarie necessarie per fornire l’energia
elettrica E e quella termica Q. Naturalmente la produzione separata si suppone effettuata con le migliori
tecnologie reperibili sul mercato.
La cogenerazione è priva di interesse quando ha rendimento minore di quello del sistema di
confronto, cioè con produzione separata.
3.6 RISPARMIO ENERGETICO NEL RISCALDAMENTO DEGLI EDIFICI
La più volte citata L10/91 sul contenimento dei consumi energetici per il riscaldamento
ambientale obbliga al ricorso a fonti rinnovabili o assimilate4 nel caso di edifici pubblici.
Si tratta, quindi, di una norma che tende a favorire il risparmio energetico nelle forme oggi
possibili e sostanzialmente in modo attivo (cioè mediante l’uso di impianti attivi,ad esempio solari) o
passivo (cioè intervenendo sugli involucri degli edifici).
Il risparmio dell’energia nella climatizzazione degli edifici può essere ottenuto in numerosi modi,
spesso sinergici. In primo luogo si può (e si deve!) intervenire nel sistema costruttivo mediante l’uso di
coibenti termici in tipologia e spessori adeguati.
A questo riguardo alcune amministrazione (ad esempio le province autonome di Trento e
Bolzano e qualche altra amministrazione del Nord Ovest) incentivano l’utilizzo dei coibenti termici
anche al di là delle prescrizioni indicate dalla L. 10/91 (già viste in precedenza) premiando il maggior
investimento con una riduzione degli oneri di urbanizzazione o del sistema di tassazione locale.
Un secondo metodo di pari efficacia è quello di ottimizzare l’interazione edificio-impianto mediante
scelte ottimali dei generatori (ad alto rendimento energetico) e con l’adozione di adeguati piani di
manutenzione. Infine la sostituzione delle normali finestre a singolo vetro con analoghe a doppio vetro
o con vetro-camera può contribuire in modo significativo alla riduzione dei consumi energetici,
unitamente al controllo delle infiltrazioni esterne.
L’eliminazione del riscaldamento unifamiliare a favore del riscaldamento centralizzato di
condominio o, meglio, di quartiere può contribuire ancora alla riduzione dei consumi energetici con il
raggiungimento di rendimenti energetici dei generatori certamente superiori a quelli dei piccoli
generatori singoli unifamiliari. In quest’ultima ipotesi si avrebbero benefici notevoli anche sulla
riduzione dell’inquinamento atmosferico per effetto di un miglior controllo della combustione.
Dal punto di vista della riduzione dei consumi, l’applicazione dei concetti di cogenerazione può
fornire contributi certamente significativi. Si consideri, infatti, che l’utilizzo dell’energia termica per il
riscaldamento ambientale è fatto a temperatura sostanzialmente bassa (70 °C in media nei radiatori e 35
°C nei pannelli radianti) e quindi il rendimento exergetico risulta molto basso se si tiene conto che la
combustione in caldaia del gasolio o del gas porta ad avere temperature dell’ordine dei 1000 °C e quindi
con un degrado exergetico molto grande.
Ad esempio, con un utilizzo a temperatura di 330 K rispetto ad una temperatura di fiamma di
1573 K si ha un rendimento exergetico di circa il 4%.
Se consideriamo che ai fini del riscaldamento ambientale solo una frazione (anche se
maggioritaria) dell’energia prodotta in caldaia arriva agli ambienti (si ricordi il rendimento globale
definito con la L. 10/91 come prodotto dei rendimenti del generatore, di distribuzione, di emissione e
di regolazione) allora, detta Qa l’energia effettivamente utilizzata si ha il rendimento exergetico, riferito
all’exergia Ec fornita alla caldaia mediante il combustibile, si ha:;
T
Qa 1 − e
Tai T
ηex = = ηen 1 − ae (21)
ɺ c
mE Tai
4
Si intendono per fonti assimilabili le fonti energetiche derivanti dalla cogenerazione, il calore recuperato da scarichi
(fumi,…), i risparmi energetici conseguenti all’utilizzo di isolanti termici.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 28
avendo indicato con Tae la temperatura dell’aria esterna di alimentazione della caldaia e Tai quella
dell’aria interna. Assumendo Tae = 0 °C e Tai = 20 °C ed un rendimento energetico di caldaia ηen=90%
si ottiene un rendimento exergetico pari a ηex=6%.
Quanto appena calcolato, confrontato con il rendimento energetico dei generatori di calore
normalmente utilizzato nell’impiantistica termotecnica, ci dice che l’utilizzo dell’energia termica da
combustione per il riscaldamento ambientale è, da un punto di vista termodinamico di seconda legge,
scarsamente efficiente.
Se invece di utilizzare l’energia termica direttamente nell’impianto di riscaldamento la utilizziamo
per produrre energia elettrica (ciclo Hirn) ed alimentiamo in contropressione la turbina in modo da
avere anche un utilizzo termico allora il fattore di utilizzazione energetico diviene:
Energia _ Elettrica + Energia _ Termica
fu = (22)
Entalpia _ combustibile
Si osservi che la precedente relazione non definisce un rendimento termodinamico poiché rapporta
energie non omogenee (cioè di diversa qualità exergetica).
Un uso dei combustibili come prima indicato porta ad avere riduzioni significative del 20÷30%
rispetto alla produzione separata di energia elettrica e termica.
Anche l’uso delle pompe di calore risulta exergeticamente più conveniente. Ad esempio, con
riferimento ad un ciclo di Carnot inverso, una potenza meccanica W fornisce una potenza termica:
T1
W (23)
T1 − T2
La pigrizia mostrata per decenni nell’uso della cogenerazione viene oggi pian piano combattuta
dall’esigenza di innovazione tecnologica in settori (quelli energetici) spesso scossi da forti crisi mondiali
che finiscono per condizionare la vita stessa dei popoli. In questa ottica si inquadrano i Sistemi ad Energia
Totale (detti SET) che cercano di soddisfare contemporaneamente entrambe le esigenze di una utenza: quella
termica e quella elettrica. I SET possono utilizzare energie tradizionali o anche fonti energetiche
rinnovabili o comunque alternative a quelle fossili tradizionali. Qui ci limiteremo ad esaminare con
maggior dettaglio i SET alimentati con energia tradizionale.
Occorre precisare che i sistemi SET si stanno sviluppando in Italia solo di recente poiché fino a
pochi anni fa la produzione e la distribuzione dell’energia elettrica era appannaggio unicamente
dell’ENEL. Con l’avvento della deregulation in campo energetico elettrico (L. 308/82) si è avuta la
possibilità di avere energia elettrica prodotta da terze parti e quindi anche da privati o industrie (piccole
e grandi) mediante sistemi quasi sempre di tipo combinato, cioè che risolvono problemi sia termici che
elettrici.
Si pensi, ad esempio, all’industria petrolifera che ha in Sicilia tre poli di notevole importanza
capaci di autoprodursi ed esportare l’energia elettrica in eccesso con potenze di centinaia di MW.
Purtroppo le condizioni di monopolio degli enti statali per l’energia elettrica (ENEL) e per il gas
(SNAM) hanno bloccato ogni sviluppo, anche scientifico, nel settore dei SET.
Finalmente l’epoca dei monopoli (di mentalità tipicamente e strettamente italiana!) sta per finire
sotto l’impulso delle nuove regole europee di libera concorrenza (evviva!) e pertanto anche la comunità
scientifica potrà giovarsi dei nuovi sviluppi che il settore dell’energia potrà dare.
Si pensi che l’ENEL sta per lasciare in parte il settore produttivo (le centrali termoelettriche) per
dedicarsi alla sola distribuzione. Nuovi soggetti, anche privati, potranno produrre energia elettrica e
potranno liberamente distribuirla in rete.
Lo schema di funzionamento di un sistema ad energia totale, SET, è dato in Figura 11. Si può
osservare come detto sistema cerchi di risolvere sia l’aspetto termico che elettrico dell’utenza (civile o
industriale) ottimizzando l’utilizzo delle fonti energetiche e quindi massimizzando le qualità
termodinamiche (cioè exergetiche). Per potere raggiungere questi obiettivi occorre definire con precisione
le configurazioni di impianto, i vincoli esterni, le metodologie di analisi exergetica e i criteri di
valutazione del SET in relazione al mondo esterno (sia sotto l’aspetto energetico che ambientale).
Ciò comporta la definizione di una adeguata metodologia progettuale e di impiego di tecniche di
analisi (energetica ed economica) adeguate.
C O M B U S T IB IL E U TEN ZE
MOTORE PRIMO
E L E T T R IC H E
C O M B U S T IB IL E
U T E N Z E T E R M IC H E
CALDAIA
ENERGIA ELETTRICA
SET UTENZA
ENERGIA TERMICA
ENERGIA ELETTRICA
SET UTENZA
ENERGIA TERMICA
RETE DI CALORE
5 La delibera del Comitato Interministeriale dei Prezzi relativa alla tariffa speciale di acquisto dell’energia elettrica
prodotta da terze parti è nota come CIP6 del 1992. Attualmente il prezzo dell’energia è di circa 290 L/kWh (prezzo politico
di incentivazione) ed ha una validità contrattuale di 8 anni. Il CIP6 è attualmente sospeso in attesa di una nuova delibera CIP
che fissi modalità di cessione dell’energia elettrica confacente alle nuove esigenze di produzione e distribuzione dell’energia.
6 Questo decreto impone ai nuovi gestori della distribuzione dell’energia elettrica di acquistare e distribuire almeno il
2% di energia indicata col termine verde e cioè prodotta da fonti alternative (fra cui anche i RSU). Questa percentuale
dovrà salire negli anni futuri fino oltre il 6%. L’energia verde viene ceduta mediante certificati di credito che attualmente
valgono circa 200 Lire per kWh.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 32
Questa convenienza deve essere dimostrata con una analisi economica dettagliata (studio di
fattibilità tecnico-economica e business plan) che parta dall’esame dei carichi elettrici e termici e tenga conto
delle condizioni al contorno (distributori esterni di elettricità e di calore).
Quanto appena detto comporta la necessità di descrivere con maggior dettaglio l’approccio
metodologico all’analisi progettuale dei SET.
4.2 METODI DI ANALISI PROGETTUALI PER UN SET
La scelta e la composizione di un sistema energetico totale può essere molto complessa sia per la
molteplicità di soluzioni tecniche possibile che per grande variabilità delle esigenze dell’utenza.
E’ necessario, pertanto, una attenta analisi economica ed energetica sulla base dei diversi parametri di
riferimento possibili e disponibili.
E’ possibile anche usare codici di calcolo per avere indicazioni più affidabili in funzione dei
parametri edilizi e climatologici del sito. I dati relativi al fabbisogno possono essere globali (riferiti
all’anno), mensili, giornalieri o anche orari.
Inoltre occorre tenere conto della durata dei fabbisogni di energia termica ed elettrica dell’Utenza,
cioè del numero di ore annuo in cui il rapporto utente è eguagliato o superato.
Di solito si fa in modo che le punte di carico (sia termico che elettrico, vedi Figura 14) siano
soddisfatte dalle reti di servizio esterne (rete elettrica e/o termica) lasciando al motore primo i carichi
intermedi in modo da non saturarlo. Nel caso di indisponibilità di reti esterne (sistema aperto) si fa
ricorso a componenti integrativi. Spesso la rete termica non è disponibile e pertanto si ricorre ad un
generatore ausiliario mentre si lascia alla rete ENEL il compito di intervenire per soddisfare le punte del
carico elettrico.
CO M BU STIBILE UT ENZE
MOTORE PRIMO
E LE TTR ICHE
ENERGIA POMPA DI
TERMICA CALORE
Figura 15: Inserimento di una pompa di calore per incrementare il carico elettrico
⋅ La macchina ad assorbimento permette di trasformare un fabbisogno di tipo elettrico
(compressore frigorifero tradizionale) in uno di tipo termico (cioè si ha il caso duale del
precedente).
⋅ Un sistema di accumulo di energia termica permette di ridurre le punte di potenza nel
diagramma di carico orario dell’Utenza.
Le tre possibilità concorrono ad avvicinare CMP al CU minimizzando il ricorso (interscambio)
all’integrazione mediante reti esterne (ENEL o di servizi calore).
4.4 ANALISI ENERGETICA ED ECONOMICA DI UN SET
Per stabilire la convenienza di un SET occorre effettuare una analisi energetica ed una economica
secondo le linee delineate nel prosieguo.
4.5 ANALISI ENERGETICA DI UN SET
Per effettuare l’analisi energetica di un SET occorre seguire una metodologia di analisi che sia in
grado di quantificare le prestazioni del SET, permetta di operare un confronto con la situazione
preesistente o in ogni caso con un sistema convenzionale. Inoltre occorre pervenire alla definizione dei
dati necessari per la valutazione della convenienza economica. Abbiamo fin ad ora caratterizzato il
motore primo mediante il rapporto CMP (rapporto termico/elettrico fornito). E’ ora opportuno definire
nuovi parametri caratteristici e in particolare:
Rendimento Elettrico (o Termodinamico) NE
E’ dato dal rapporto:
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 35
EE
NE = (25)
F
ove EE è l’energia elettrica prodotta ed F è l’energia primaria del combustibile necessaria per
produrre EE.
Rendimento Termico NT
E’ dato dal rapporto:
ET
NT = (26)
F
con ET energia termica utile prodotta ed F energia del combustibile per produrre ET.
Rendimento Globale NTot
E’ dato dalla somma:
NTot = N E + NT (27)
Si ricordi che questa somma non è omogenea in quanto si sommano grandezze aventi qualità
termodinamica diversa.
Rendimento Exergetico EEx
Dato dalla relazione:
T
EEx = N E + NT 1 − 0 (28)
T1
ove T0 è la temperatura di riferimento, in K, T1 è la temperatura di utilizzo del calore, in K.
Il rendimento exergetico pesa in modo corretto i contributi elettrici e quelli termici (mediante il
Fattore di Carnot) e quindi valuta correttamente i benefici di un sistema SET basato sulla
cogenerazione. Come è facile dedurre dalla (28), il rendimento exergetico è tanto maggiore quanto più
elevata è la temperatura di utilizzo termico T1.
Quanto sopra indicato vale per un SET nel quale siano individuati univocamente i morsetti
elettrici (uscita elettrica) e la flangia di uscita del calore. Possono esserci casi più complessi nei quali, ad
esempio, gli utilizzi termici avvengono a temperature diverse e quindi si dovranno calcolare
separatamente i singoli contributi termici.
Rendimenti di distribuzione
Per tenere conto della distribuzione dell’energia si definiscono i seguenti rendimenti:
⋅ Rendimento di distribuzione elettrica NDE;
⋅ Rendimento di distribuzione termica NDT.
Come già detto, per valutare i benefici indotti dal SET occorre effettuare un confronto con la
soluzione preesistente o convenzionale. Ciò si ottiene introducendo il concetto di Sistema
Convenzionale di Riferimento (SC) definito come quel sistema che produce in modo disgiunto la
stessa quantità di energia elettrica e termica ottenuta, questa volta in modo congiunto, dal SET.
Risparmio di Energia Primaria, R
E’ il risparmio di energia primaria di un SET che abbia rendimenti elettrico NE e termico NT è
definito, a pari quantità di energia elettrica e termica prodotta, dalla relazione:
1
R= (29)
N E NT
+
N E NT
ove i parametri sopra segnati sono riferiti al Sistema Convenzionale (SC).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 36
7 La L. 10/91 si basa su questo concetto di ritorno dell’investimento aggiuntivo favorendo l’aggiornamento degli
impianti da parte di Terzi Dante Causa (cioè i Gestori) senza richiedere alcun costo agli Enti Proprietari. In definitiva i
Gestori possono aggiornare gli impianti e in particolare possono sostituire le caldaie con altre di alto rendimento (più
moderne ed efficienti) pagando le spese con il minor costo di gestione (energia e manutenzione) conseguente.
8 Si pensi alla Carbon Tax che oggi in sede europea si vuole applicare a tutte le attività produttive che generano CO
2
mediante processi di combustione.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 38
⋅ ATC spese annuali di capitale di investimenti che non sono necessariamente nulli dopo che
l’impianto è stato costruito (ad esempio, per ampliamenti, modifiche, sostituzioni, ….);
⋅ ACF Flusso di cassa annuale al netto delle tasse.
As ACI ACF
9 Ad esempio la tariffazione agevolata CIP6 scade dopo 8 anni e quindi la vendita di energia elettrica a tariffa di
mercato (notevolmente inferiore a quella CIP6) comporta una riduzione di flusso cassa, come indicato in Figura 17.
Analogamente si possono avere cessazioni di benefici fiscali per la mano d’opera: in Sicilia si ha la fiscalizzazioni di parte
degli oneri sociali per i primi 5 anni di attività. Oppure ci possono essere dipendenti assunti con la cosiddetta Legge Giovanile
con oneri fiscali ridotti e che dopo due anni di servizio ritornano alla piena fiscalità.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 39
della convenienza economica poiché non è agevole confrontare tra loro movimenti di danaro distribuiti
nel tempo in modo non omogeneo.
Si utilizzano, pertanto, opportuni indicatori economici che sintetizzano la variabilità nel tempo di ACF
in espressioni di facile e comodo uso.
Cash Flow (icluding taxes)
60.000
40.000
20.000
0
0 2 4 6 8 10 12 14 16
CF
-20.000
-40.000
-60.000
-80.000
Anni
∑ nA CFn
NPV = 1
(36)
(1 + i )
n
dove si ha il simbolismo:
⋅ i tasso di attualizzazione11;
⋅ n anno di vita considerato dell’iniziativa;
⋅ N tempo di vita dell’impianto o dell’iniziativa. Questo tempo è dettato, spesso, da
considerazioni finanziarie quali, ad esempio, tempo di estinzione del mutuo bancario avuto per
l’investimento o la durata di una concessione pubblica o contrattuale di una iniziativa.
Normalmente varia fra 15 e 20 anni anche se si possono considerare tempi più lunghi.
10
In Figura 17 il tempo di pay-back è dato dall’ascissa di intersezione della curva cumulativa con l’asse dei tempi.
11
L’attualizzazione tiene conto della svalutazione del denaro per effetto degli interessi (tasso di sconto) da pagare al
finanziatore per avere disponibile la somma S al momento iniziale dell’investimento. Il valore di S fra n anni con interessi i è
V = S (1 + i ) e V è detto valore attuale della somma S al tasso di sconti i dopo n anni.
n
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 40
L’indice IIR (Indice di Redditività Interno) si ha quando è NPV=0. Questo indice è considerato fra i
più importanti per la valutazione economica perché sintetizza numerosi aspetti economici che il Tempo
di Ritorno12 o il Valore Attuale da soli non consentono di vedere. Questi ultimi due parametri sono, però,
accessori all’IIR e comunque richiesti per la valutazione economica.
Viene indicato con Valore Attuale Netto di un investimento I nel periodo N e valore attuale NPV
la differenza:
VAN = NPV – I (37)
Si definisce Indice di Profitto, IP, il rapporto tra la somma dei flussi di cassa lordi attualizzati ed il
valore degli investimenti. Nel caso in cui l’intero investimento sia riferibile al momento iniziale allo si
ha:
VAN + I NPV
IP = = (38)
I I
Si definisce inoltre Redditività dell’Investimento, RI, il rapporto:
VAN
RI = (39)
I
Sono oggi molto usati alcuni indici di derivazione anglosassone e in particolare il Tasso di
Redditività, ROI (Return of Investment), definito dal rapporto fra l’utile medio annuale e l’investimento
iniziale. L’utile medio annuale è definito come differenza tra il risparmio annuale medio R e la quota di
ammortamento della spesa iniziale Sa, pertanto si ha:
R − Sa
TR = ROI = (40)
I
Osservazione sul metodo del Net Cash Flow
Il metodo del flusso di cassa netto consente di determinare una innumerevole quantità di indici
(più o meno richiesti dalle banche in sede di certificazione del bussiness plan) ma occorre fare molta
attenzione al valore reale che il metodo può avere. Esso, infatti, si basa sulla presunzione di prevedere gli
andamenti a lungo termine dei vari parametri finanziari oltre che dei costi e dei ricavi.
Non è assolutamente facile arrivare a tanta sicurezza specialmente se le previsioni si estendono
oltre i cinque anni. Un esempio può chiarire quanto appena enunciato. Se si vuole esaminare la
convenienza economica di un SET nell’arco di venti anni si deve inevitabilmente assumere un costo
dell’energia primaria (gasolio, gas metano, …) che è certamente noto al momento della stesura dello
studio ma che è del tutto imprevedibile nel corso dei successivi venti anni.
Si suole ipotizzare uno scenario di sviluppo dei costi che è più o meno cabalistico poiché nessun
operatore economico può prevedere l’evoluzione geopolitica delle regioni fornitrici di materie prime
per l’energia (paesi arabi, Russia, Regioni africane, ..).
Basta un piccolo conflitto regionale o una ipotesi di conflittualità in una regione della terra per
innescare una spirale non controllabile di innalzamento dei prezzi. In questi mesi stiamo vivendo una
situazione che esemplifica molto bene quanto appena detto: il costo del barile di grezzo è passato nei
giro di sei mesi da 14 a 34 $/barile.
All’inizio degli anni settanta, con la prima grande crisi petrolifera innescata dai conflitti arabo –
israeliani, il costo del petrolio sembrava aumentare del 15% all’anno e certo una tendenza del genere
avrebbe innescato eventi catastrofici sulle economie degli stati importatori di petrolio.
Dopo circa un paio d’anni il costo del barile scese dai circa 40 $ ai 12 $ annullando tutte le
previsioni possibili, da quelle ottimistiche a quelle pessimistiche. Allo stesso modo è difficile prevedere
il costo del denaro per lunghi periodi a causa della contingenza economica ormai su scala mondiale.
12 Si può avere un tempo di ritorno breve ma poi un cash flow minore per effetto della variabilità dei parametri,
come già osservato. Così pure, il valore attuale può essere piccolo ma essere alla fine del tempo di vita dell’impianto e quindi
poco importante per l’iniziativa.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 41
La sostanziale insicurezza delle previsioni di cassa rende il metodo del cash Flow sostanzialmente
approssimato e quindi poco affidabile. Per questo motivo, ad esempio, le banche richiedono molti
indici economici poiché ognuno di essi presenta suscettibilità di errore differenziati.
Inoltre la prevedibile imprecisione dei flussi di cassa porta a richiedere indici non solo elevati, e
quindi sinonimi di convenienza economica dell’iniziativa esaminata, ma le banche si mettono al riparo
da sorprese possibili richiedendo valori più elevati del necessario in modo da essere sicure che l’iniziativa
possa recuperare liquidità anche in situazioni contingenti molto sfavorevole. Così, ad esempio, non
basta che, detratte le tasse, una iniziativa renda il 20% (valore già elevato!) ma si chiede che la redditività
netta sia superiore al 30÷35% (enorme!).
Si può intuire quale sia la ratio di una simile richiesta: una redditività molto alta garantisce un
ritorno degli investimenti in un numero limitato (2÷4) di anni e quindi le possibilità di rischio si
riducono fortemente quanto minore è il tempo di pay back.
In genere gli indici economici di breve periodo forniscono più sicurezza alle banche rispetto ad
altri di lungo periodo.
L’analisi di sensitività può essere estesa anche ad altri parametri, oltre il tasso di sconto, e in
genere si individuano quei parametri che influenzano il risultato economico e finanziario dell’iniziativa e
che più sono soggetti ad imprecisione di valutazione iniziale.
In genere si calcola l’IIR in funzione di ciascuno di questi parametri, a parità di altre assunzioni,
per cui è possibile individuare il valore limite del parametro nell’ambito della convenienza dell’impianto
(o dell’iniziativa) che corrisponde ad un dato IIR così calcolato pari al tasso di sconto i.
Fra i parametri che interessano gli impianti SET sono da considerare il costo dell’energia
primaria, il fatturato, la spesa di investimento (specialmente se il periodo di costruzione dell’impianto
non è breve). L’analisi di sensitività può essere oggi condotta con strumenti di calcolo sofisticati e
computerizzati. In ogni caso è sempre bene ricorrere ad uno specialista finanziario per evitare di
incorrere in errori grossolani.
50%
RENDIMENTO TERMICO
45%
MEDIO ANNUALE
40%
35%
30%
25%
20%
25% 26% 27% 28% 29% 30% 31% 32% 33% 34% 35% 36% 37% 38% 39% 40%
Figura 18: Andamento di IEN in funzione dei rapporti di trasformazione elettrica e termica
Si deduce che i due rendimenti limiti per l’assimilabilità sono 0.51 per l’elettrico e 0.9 per il
termico. Ora mentre è agevole, con le attuali tecnologie, arrivare a 0.9 per un generatore elettrico non è
altrettanto facile raggiungere il valore 0.51 per il rendimento elettrico, specialmente per gli impianti
cogenerativi.
Ne deriva che per compensare il minor rendimento elettrico si debbono avere forti rendimenti
termici e quindi risultano favoriti gli impianti con una forte utilizzazione termica a scapito degli impianti con
forte utilizzazione elettrica.
I cicli misti gas-vapore sono nettamente svantaggiati rispetto ai motori a combustione interna e alle
turbine a gas con forte post combustione14 (vedi nel prossimo capitolo le caratteristiche dei motori
primi). Naturalmente tutto ciò è vero se si ha una piena utilizzazione dell’energia termica prodotta.
Quest’ultima osservazione incentiva, specialmente negli usi civili, l’uso del calore in esubero per la
produzione del freddo nel periodo estivo.
4.7 I MOTORI PRIMI DEL SET
Il componente fondamentale di un Sistema ad Energia Totale, SET, è il motore primo cioè il
componente che fornisce energia termica ed elettrica in modo cogenerativo. Quelli maggiormente
utilizzati sono:
⋅ Il motore alternativo;
⋅ La turbina a vapore;
⋅ La turbina a gas.
E’ importante inquadrare il funzionamento del motore primo in un ciclo termodinamico nel
quale si evincano i livelli di utilizzo delle frazioni energetiche interessate.
Vediamo ora brevemente (si rimanda ai Corsi di Macchine per maggiori approfondimenti) i punti
principali da ricordare per la scelta del motore primo di un impianto di cogenerazione.
14
La post combustione non incrementa il rendimento elettrico poiché agendo sui soli gas di scarico non porta
maggior potenza alla turbina che alimenta il generatore elettrico.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 44
C
C A L O R E F O R N IT O
P E R C O M B U S T IO N E A
P R E S S IO N E
CO STAN TE
B LAVORO NEI
C IL IN D R I
LAV O RO
COMPRESSORE D
A C A L O R E D I S C A R IC O A
VOLUM E COSTANTE
E n tro p ia
vC
rc = (45)
vB
con i simboli di Figura 19. I rendimenti di questo ciclo sono elevati, rispetto ai cicli Otto, poiché
si può comprimere solo aria nella fase AB evitando i fenomeni di autodetonazione delle benzine.
I motori diesel richiedono poca manutenzione e sono caratterizzati da un numero di giri al
minuto inferiore rispetto a quello dei cicli a benzina. Oggi si hanno i cicli misti, cicli Sabathè,
caratteristici dei diesel veloci. Si raggiungono circa 6000 g/m ed alti rendimenti.
C
C A LO R E F O R N ITO
P E R C O M B U S TIO N E A
V O LU M E C O S TA N T E
B LA V O R O N E I
C ILIN D R I
LA V O R O
COM PRESSORE D
A C A LO R E D I S C A R IC O
E ntrop ia
Per un corretto studio del blocco delle fondazioni occorre conoscere i modi di vibrazione del
blocco motore-fondazioni, l’impedenza meccanica del terreno e i modi di oscillazione dell’edificio.
Come criterio guida per la progettazione della fondazione occorre che la sollecitazione unitaria
sul terreno non deve superare 1/3 ÷ ¼ della sollecitazione statica ammissibile, il baricentro dei carichi
deve essere sulla verticale al centro dell’area di base della fondazione, l’ampiezza delle vibrazioni deve
essere contenuta entro valori limiti imposti dalle norme e il peso della fondazione (cioè del solo blocco
di calcestruzzo di base) deve essere grande (3÷20 volte maggiore) rispetto a quello del motore, anche in
funzione della velocità di rotazione di quest’ultimo.
Gs di scarico a 400 °C
Acqua Motore a 80 °C
Aria sovralimentazione
a 150 °C
Olio Raffreddamento
Irraggiamento Acqua
polverizzatori
Lavoro Utile
ALL-UTENZA
SEPARATORE DI VAPORE
SCAMBIATORE GAS DI
SCARICO
POMPE
``
`
MOTORE
`
ALL-UTENZA
SCAMBIATORE OLIO
SCAMBIATORE ACQUA POMPE
ACQUA DI ALIMENTO
ALLA UTENZA
E C O N O M IZ Z A T O R E
A L C A M IN O
S C A M B IA T O R E G A S D I
S C A R IC O
S C A M B IA T O R E
ALLA UT ENZA
`
MOTORE
`
S C A M B IA T O R E OSLCIO
A M B IA T O R E A C Q U A POM PE A C Q U A D I A L IM E N T O
Figura 24: Schema di un impianto di recupero del calore di un motore diesel con economizzatore
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 51
ALLA UTENZA
ACQUA DI ALIMENTO
SEPARATORE DI VAPORE
VALVOLA
SCAMBIATORE GAS DI
DI BY POASS
SCARICO
MOTORE
POMPA
Figura 25: Schema di impianto con motore Diesel e recupero di calore con produzione di vapore
Temperatura
C
C A LO R E F O R N ITO Q 1
B LA V O R O
TU R B IN A
LA V O R O
COMPRESSORE D
A C A LO R E C E D U TO Q 2
En tro pia
k
k −1
T
rpmax = C (53)
TA
L+ − L− r k
RL = +
= 1− p (54)
L rpmax
Il Rapporto dei lavori è massimo per rp=0 mentre vale 0 quando rp = rp.max come indicato in
Figura 29. In essa si può anche osservare come il lavoro utile abbia un andamento parabolico con un
valore massimo corrispondente interno al rapporto delle pressioni.
Il Rapporto dei lavori è quindi massimo in corrispondenza ad un valore ottimale del rapporto delle
pressioni che vale:
k
2( k −1)
T
rpottimale = rpmax = C (55)
TA
I cicli Joule – Bryton sono caratterizzati da uno sviluppo di grandi potenze con piccoli volumi di
impianto. Ciò è dovuto al fatto che, diversamente dai motori a scoppio (sia a benzina che diesel) essi
producono potenza in continuità.
I rendimenti vanno dal 25% al 35% a seconda del rapporto delle pressioni utilizzato e del
rapporto fra la temperatura massima e la minima del ciclo.
Si tratta di valori lontano dai rendimenti dei cicli a vapore (circa 40% e oltre nei moderni
impianti) e pertanto la produzione di grandi potenze elettriche è oggi sempre più delle centrali a vapore
(sia tradizionali che nucleari) mentre i cicli a gas sono considerati complementari ai cicli a vapore.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 54
Figura 29: Andamento del rendimento del ciclo Joule – Bryton e del Rapporto dei lavori
Per combustibili aventi caratteristiche diverse da quelle sopra indicate occorre prevedere turbine
opportunamente modificate. Nel caso di combustibili gassosi non devono essere presenti fasi liquide.
I combustibili pesanti possono richiedere un preriscaldamento per rendere possibile sia la
nebulizzazione che il pompaggio.
I metalli vanno separati mediante trattamento di separazione elettrostatica, lavaggio e
centrifugazione (per il sodio) e l’aggiunta di additivi neutralizzanti (per il vanadio).
Nel caso di funzionamento con olio pesante occorre prevedere una fermata ogni 400÷1000 ore
per l’eliminazione delle ceneri ed il lavaggio con acqua calda.
Gs di scarico
Olio Raffreddamento
Lavoro Utile
4.7.15 LE MICROTURBINE
Le microturbine sono dei piccolo generatori elettrici che bruciano combustibile gassoso o liquido
per generare un’elevata velocità di rotazione che mette in moto un alternatore. Oggi la tecnologia della
microturbina è il risultato di un lavoro di sviluppo nelle piccole turbine a gas degli autoveicoli,
apparecchiature ausiliari di potenza, che furono sviluppate dall’industria automobilistica dal 1950. I test
sulle microturbine iniziano attorno al 1997 e diventano commerciali nel 2000. Le potenze di targa delle
microturbine commercializzate vanno dai 30 ai 350 kW, mentre le turbine a gas convenzionali
presentano un range di potenze che vanno dai 500 kW ai 250 MW.
Le microturbine come le maggior parte delle turbine a gas, possono essere usate per la
generazione di sola potenza elettrica oppure per la produzione combinata di calore ed elettricità (CHP
= Combined Heat Power). Esse sono capaci di funzionare con una varietà di combustibili, includendo
il gas naturale, gas acidi, e combustibili liquidi come benzina, cherosene, e diesel.
Le microturbine sono adatte per le applicazioni di “generazione diffusa” dovuto alla loro
flessibilità nei metodi di connessione, infatti possono essere collegati in parallelo per servire un grande
carico, inoltre provvedono ad una stabile e attendibile potenza con basse emissioni. Le applicazioni
tipiche sono:
• livellamento dei picchi e generazione di una potenza base ( grid parallel).
• Produzione combinata di calore ed elettricità.
• Stand-alone power.
• ecc,…
I campi di applicazione includono le telecomunicazioni, i ristoranti, gli alloggi, gli ospedali, gli
uffici ed altri settori commerciali.
Le microturbine sono attualmente utilizzate nelle applicazioni di recupero di risorse nelle sorgenti
di produzione di olio e gas, nelle miniere di carbone, ecc. Il loro uso è importante poiché la maggior
parte di questi luoghi non sono serviti da corrente elettrica, e spesso quando sono serviti dalla rete, il
servizio è molto costoso.
Nelle applicazioni combinate, il calore di scarico della microturbina è usato per produrre acqua
calda sanitaria, per riscaldare gli edifici, per far funzionare una macchina frigorifera ad assorbimento o
a fornire energia
Nella versione a doppio albero, la turbina è connessa mediante ingranaggi al generatore che
produce potenza elettrica a 60 Hz. Alcuni costruttori offrono delle unità che producono potenza a 50
Hz. Queste vengono richieste da paesi dove la frequenza standard è di 50 Hz, come l’Europa e parte
dell’Asia.
ingranaggi, un generatore convenzionale che ruota a 3600 rpm. Il generatore del modello ad unico
albero utilizza un alternatore, del tipo magnete permanente (tipicamente Samarium-Cobalt), e richiede
che l’alta frequenza in AC di uscita (circa 1600 Hz per una macchina di 30 kW) sia convertita a 60÷50
Hz per i diversi impieghi. Questo tipo di operazione richiede due fasi:
• rettificazione, in questa fase si modifica l’alta frequenza, da corrente alternata (AC) a corrente
continua (DC).
• inversione, in questo caso si converte la DC in AC con frequenza di 60÷50 Hz.
Il processo di conversione comporta una riduzione dell’efficienza (approssimativamente 5%).
Nella fase di avvio, nel modello ad albero singolo, il generatore funge da motore mettendo in
moto il turbocompressore. Raggiunta una sufficiente velocità di rotazione si avvia il combustore. Per
completare la fase di avviamento sono richiesti parecchi minuti. Se il sistema opera indipendentemente
dalla rete sono richiesti dei gruppi elettronici di continuità per avviare il generatore.
Recuperatore
I recuperatori sono degli scambiatori di calore che utilizzano i gas caldi di scarico della turbina
(tipicamente attorno ai 650 °C) per preriscaldare l’aria compressa (tipicamente attorno ai 150 °C) che
poi va al combustore. In questo modo si riduce di molto il combustibile necessario per raggiungere
elevate temperature in ingresso turbina. Questo tipo di sistema è detto rigenerativo (Fig. 4.2.3.1) il quale
comporta un elevato rendimento termodinamico rispetto a quello senza rigenerazione, infatti facendo
riferimento all’aria standard si ha:
• senza rigenerazione:
(h − hD ) − (hB − hA ) = (TC − TD ) − (TB − TA )
ηno _ rig = C
(hC − hB ) (TC − TB )
• con rigenerazione:
ηsi _ rig =
(hC − hD ) − (hB − hA ) = (TC − TD ) − (TB − TA )
(hC − hE ) (TC − TE )
p
B
T C
p
A
E
D
B
A
s
CALORE DI RIGENERAZIONE
Figura 35: Efficienza della microturbina in funzione del rapporto di compressione e della temperatura di fiamma.
In questa figura è mostrato anche il valore del potere calorifero superiore (HHV), il quale include
il calore di condensazione del vapore acqueo nei prodotti della combustione.
Figura 36: Potenza specifica delle microturbine in funzione del rapporto di compressione e temperatura di fiamma.
Nella letteratura scientifica è spesso usato il potere calorifero inferiore (LHV), il quale non
include il calore di condensazione del vapore acqueo. Il potere calorifero superiore è più grande di
quello inferiore e nel caso di gas naturale la differenza è del 10%.
Prestazioni a carico parziale
Quando siamo a carico parziale si richiede una minor potenza di uscita dalla microturbina. La
riduzione di potenza può avvenire riducendo la portata massica (ottenuta riducendo la velocità del
compressore) e la temperatura di ingresso alla turbina.
I tempi necessari ad una microturbina per andare dalla condizione di assenza di carico a quella a
pieno carico sono dell’ordine dei 15 secondi. Una rapida eliminazione del carico causerà quindi un
accumulo di energia nella microturbina con un aumento della velocità di rotazione che danneggerà la
stessa.
Insieme ad una riduzione della potenza, questi cambiamenti delle condizioni operative riducono
anche l’efficienza (Figura 37).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 63
Figura 38: Effetto della temperatura ambiente sulle prestazioni di una microturbina.
Un altro fattore che condiziona le prestazioni delle microturbine è l’altitudine in quanto la densità
decresce all’aumentare dell’altitudine rispetto al livello del mare e di conseguenza diminuisce la potenza
(Figura 39).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 64
dovuto al fatto che la radiazione solari penetra sulla superficie della Terra ma la radiazione infrarossa
emessa dalla stessa superficie viene assorbita dalla CO2 presente nell’atmosfera incrementando quindi la
temperatura del globo terrestre. La quantità di CO2 emessa è funzione del carbonio contenuto nel
combustibile e dall’efficienza del sistema.
Le emissioni tipiche di una microturbina sono mostrate nella Tabella 9.
Pertanto la trasformazione AB viene sostituita, per il momento con riferimento al ciclo ideale
reversibile, con la trasformazione di piena condensazione DA’ e poi segue una compressione in fase
liquida (mediante una normale pompa) da A’ alla pressione in caldaia, punto A’’.
Dal punto A’’ occorre ora riscaldare l’acqua fino al punto B di inizio vaporizzazione per poi
proseguire con le fasi normali del ciclo di Carnot. Purtroppo la fase di riscaldamento A’’B è
esternamente irreversibile nel senso che in questa trasformazione si fornisce calore alla macchine ma
a temperatura variabile e pertanto si ha una irreversibilità termodinamica che porta ad avere un ciclo
ideale (cioè internamente reversibile) ma con un rendimento inferiore rispetto al ciclo di Carnot.
Il ciclo di Carnot così modificato è il ciclo Rankine che è il ciclo noto fin dalla fine del settecento
come ciclo delle macchine a vapore. Le prime macchine a vapore furono costruite in Gran Bretagna per
azionare i montacarichi nelle miniere del Galles. Esse avevano rendimenti bassissimi (2-4%) ma
segnarono l'inizio della cosiddetta era industriale.
Pian piano vennero perfezionate e divennero sempre più affidabili e potenti tanto da potere
essere utilizzate anche per le locomotive a vapore e per i motori marini dei piroscafi.
Temperatura
T
x=0.6
x= 0
.2
x=1
x=0.4
x= 0
a
x= 0
bar
.8
X iso
A
B
T e p costanti
Curv
a de
o
secc
l vap
ore s
turo
o sa
aturo
quid
secc
del li
o
a
curv
sl sx sv Entropia Specifica
Ricordando che per trasformazioni isobare si può calcolare il calore scambiato mediante
differenza di entalpia così come per trasformazioni adiabatiche il lavoro è ancora dato dalla differenza
di entalpia, si può ancora scrivere:
L h −h
η= = C D (57)
Q1 hC − hA
Questo ciclo é utilizzato in tutte le centrali termiche per ottenere potenze elevate. Esso é
utilizzato nelle centrali ENEL (non nella versione di base ora vista ma con ulteriori miglioramenti
impiantistici) e negli impianti industriali.
Il ciclo Rankine produce, negli impianti di grande potenza (oggi si hanno centrali da 1 GW),
inquinamento termico nel senso che il condensatore si hanno scarica nell'ambiente enormi quantità di
calore a bassa temperatura che può, qualora non adeguatamente controllato, provocare mutazioni
nell'equilibrio ecologico dell'ambiente circostante.
In genere si limitano a due o tre i surriscaldamenti per problemi in caldaia.
In Figura 48 si ha il confronto (supponendo trasformazioni internamente reversibili!) fra il ciclo
Rankine ed il ciclo di Carnot. L’area tratteggiata indica la perdita ideale18 rispetto al ciclo di Carnot a pari
temperature estreme. La stessa figura spiega anche perché è importante utilizzare i vapori saturi per le
macchine termiche.
Temperatura
B C
A''
A' D
A
Entropia
18 Si ricordi che le trasformazioni reali sono sempre irreversibili e che le aree nel piano di Gibbs non sono pari ai
lavori reali poiché sono incluse anche le perdite per irreversibilità che il diagramma entropico non visualizza.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 70
Si può ancora osservare dalla Figura 48 che la fase AB di preriscaldamento del liquido fino alle
condizioni di saturazione (corrispondenti al punto B) non avviene a temperatura costante e pertanto la
trasformazione, pur essendo internamente reversibile, è esternamente irreversibile con la conseguenza che il
rendimento del ciclo Rankine è ineluttabilmente inferiore a quello del ciclo di Carnot corrispondente.
Oggi si cerca di ovviare a queste conseguenze mediante la rigenerazione termica con la quale si riduce
al massimo la fase esternamente irreversibile di preriscaldamento. Il Ciclo che ne deriva è più complesso di
quello sopra schematizzato.
LAVORO UTILE
CONDENSATORE
CALDAIA
POMPA
Temperatura
B C
D
E
Entropia
B C
D
E
Entropia
La Turbina a vapore
L’organo che produce potenza attiva è la turbina a vapore il cui schema costruttivo è dato in
Figura 50 nella quale sono visibili gli organi di distribuzione del vapore e gli anelli del rotore di diametro
crescente verso l’uscita19.
Nella Figura 51 si può osservare una turbina a vapore di potenza aperta in stabilimento. Sono ben
visibili gli anelli di palette e la sezione crescente verso il collettore di uscita (coclea esterna).
Le dimensioni delle turbine a vapore sono crescenti man mano che la pressione di esercizio si
abbassa rispetto a quella atmosferica. Pertanto le turbine ad alta pressione (oltre 50 bar) sono molto più
piccole di quelle a bassa pressione (una decina di bar).
Le turbine ad alta pressione sono spesso del tipo contrapposto, vedi Figura 52, per ridurre lo sforzo
sui cuscinetti di supporto. In questo caso la distribuzione del vapore è centrale e il flusso viene poi
suddiviso verso i due lati in modo da bilanciare la spinta laterale sui banchi di supporto.
I parametri che caratterizzano una turbina a vapore sono i seguenti:
⋅ condizioni del vapore all’ammissione e allo scarico;
⋅ portata massica del vapore;
⋅ rendimento adiabatico;
⋅ potenza fornita.
Il rendimento adiabatico ηa dipende dal tipo di turbina e in particolare dalla taglia secondo la
seguente tabella:
⋅ per potenze sopra i 150 MW si ha ηa= 0.82÷0.83
⋅ per potenze tra 5 e 50 MW si ha ηa= 0.76÷0.82
⋅ per potenze fra 1 e 5 MW si ha ηa= 0.70÷0.76
⋅ per potenze < 1 MW si ha ηa< 0.72
Quando la turbina a vapore è accoppiata ad un alternatore occorre tenere conto, ai fini del calcolo
della potenza elettrica prodotta, del rendimento di quest’ultimo variabile, secondo la taglia,
nell’intervallo 0.96÷0.99.
19 Si ricordi che il vapore espandendosi aumenta considerevolmente il suo volume specifico e pertanto la turbina
deve consentire questo incremento volumetrico mediante l’incremento della sezione di passaggio del vapore.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 74
C
B
F E
Entropia
Temperatura
G
D
C
B
E
F H
Entropia
Temperatura
D
Calore di preriscaldamento C
B
B'
re
alo
di c
Spillamenti
ero
cu p
Re
A
F E
Entropia
TURBINA
CONDENSATORE
CALDAIA
CALDAIA
ALLA UTENZA
TURBINA GENERATORE
TURBINA
G
AP BP
CALDAIA
Figura 58: Schema di un impianto a contropressione con due turbine e due livelli di scarico vapore
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 81
UTENZA
Figura 59: Schema di un SET con turbina a vapore a contropressione per reti di teleriscaldamento
In genere gli impianti a contropressione sono dimensionati sull’utenza termica con rendimento
complessivo che può raggiungere il 90%. In Figura 57 si ha lo schema di un impianto in
contropressione nella versione più semplice, adatto per piccole taglie. Lo stadio di riduzione di
pressione e di desurriscaldamento del vapore, unitamente al by-pass della turbina, è utilizzato sia in fase
di avviamento del gruppo che in caso di fuori servizio della turbina. Il desurriscaldatore serve ad
adattare il vapore alle esigenze dell’utenza.
In Figura 58 si ha uno schema di impianto a contropressione con due turbine: in questo modo si
hanno due livelli di scarico del vapore a diversa pressione. In Figura 59 si ha uno schema tipico per
applicazioni di teleriscaldamento.
La turbina in contropressione è regolata dalla quantità di combustibile bruciato in caldaia e quindi
dalla quantità di vapore inviato alla turbina stessa, a parità di condizioni termodinamiche. In linea di
principio la regolazione può essere asservita sia al carico termico che al carico elettrico.
4.8 ESEMPI DI APPLICAZIONI DELLA COGENERAZIONE
Gli effetti della L 9/91 e L 10/91 non si sono fatti aspettare e già oggi si contano numerose
applicazioni della cogenerazione che hanno dimostrato maturità e convenienza. In genere i problemi
tecnici sono di facile risoluzione per cui la convenienza dei sistemi cogenerativi si basa tutta sull’analisi
finanziaria ed economica, come precedentemente detto.
Un errore da evitare è quello di sovradimensionare questi impianti ad esempio scegliendo taglie
dei componenti dimensionati per far fronte alle punte dei carichi termici e/o elettrici: si rischia di avere
oneri finanziari molto grandi e rendimenti ai carichi ridotti bassi.
Il dimensionamento dei componenti di impianto e della giusta taglia del SET deve partire
dall’analisi approfondita e certa degli andamenti dei carichi termici ed elettrici (ad esempio mediante le
curve cumulative già citate) avendo cura di selezionare i carichi medi e non le punte.
Non sempre questa analisi risulta agevole poiché certe applicazioni (ad esempio quelle di
climatizzazione degli edifici) risultano sempre fortemente variabili nel tempo. In questi casi occorre
diversificare i casi di edifici esistenti per i quali sono reperibili dati storici ed edifici nuovi per i quali si
debbono operare scelte progettuali sulla base di confronti e/o assimilazioni con casi esistenti.
Un metodo oggi seguito per la previsione dei carichi è quello dell’utilizzo di codici di calcolo
affidabili che forniscano risultati utili per lo scopo prefissato.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 82
4.8.2 IL TELERISCALDAMENTO
Il teleriscaldamento è una distribuzione di energia termica distribuita sul territorio anche a
notevole distanza e per applicazioni anche differenziate. In Italia si sono avute applicazioni di
teleriscaldamento per iniziativa di Aziende Municipalizzate per il riscaldamento urbano (vedansi gli
esempi di Brescia, Ferrara, …).
Purtroppo questa tecnologia è da considerare ancora agli inizi e limitata a superfici limitate
(qualche quartiere). L’energia termica viene prodotta in una centrale appositamente attrezzata (forni
policombustibile) e distribuita mediante reti, magliate e/o ramificate, di tubi di acqua calda a pressione
posta sotto terra.
Le centrali cogenerative consentono di produrre sia energia termica che elettrica, entrambe
distribuite in rete dalle stesse aziende municipalizzate. Il calore viene utilizzato sia per riscaldamento
ambientale che per usi sanitari e/o ospedaliero.
Il dimensionamento dell’impianto viene effettuato utilizzando i codici di calcolo per la previsione
dei carichi termici al variare delle condizioni esterne. E’ cos’ possibile conoscere per una taglia di
motore primo l’energia termica che può essere prodotta per soddisfare l’utenza (carico termico imposto) e la
conseguente energia elettrica disponibile.
La convenienza economica e finanziaria di questi impianti porta a preferire taglie dimensionate
per i carichi comuni più frequenti e quindi lontani dai carichi di picco: in genere l’80% dell’energia
richiesta è circa il 40% inferiore al carico di picco.
Per soddisfare le punte massime di carico si usano generatori ausiliari (più economici) che
entrano in funzione nel momento richiesto dall’utenza.
20 Si citano, per la loro grande diffusione e riconosciuta validità, i codici TRNSYS, DOE, BLAST. L’ASHRAE ha
proposto il metodo TEDT/TA nel 1967 e CLTD/CLF nel 1977: entrambi questi metodi sono implementati in programmi
commerciali. Anche i codici BIOCLI e DPM predisposti dal Gruppo di Fisica Tecnica della Facoltà di Ingegneria di Catania
si inquadrano in queste tipologie di strumenti di previsione. Questi, fra l’altro, sono stati validati sperimentalmente presso le
test facilty europee della Conphoebus di Catania.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 83
In quest’ultimo caso occorre anche stabilire le temperature di utilizzo delle fonti termiche: ad
esempio, vapore di sterilizzazione a 140 °C, vapore per i mangani per la stiratura a 180 °C. In passato
l’uso di grandi quantità di vapore ha portato ad avere generatori termici solamente per la produzione di
vapore che veniva usato anche per altri scopi, compresi la produzione di acqua sanitaria, il
riscaldamento e il raffrescamento (mediante macchine frigorifere ad assorbimento) ambientale.
Oggi, dato l’alto costo di gestione dei generatori di vapore e delle reti di distribuzione, si
preferisce limitare l’uso del vapore ai soli casi necessari e quindi utilizzando normali caldaie per la
produzione di acqua sanitaria e per il riscaldamento ambientale.
Un aspetto interessante si ha, sempre negli ospedali, per l’utilizzo dell’energia elettrica.
Oltre al normale collegamento alla rete ENEL occorre sempre prevedere gruppi di continuità con
alimentazione preferenziale per le sale operatorie, le sale di terapia intensiva e per tutti i casi ove la
continuità del servizio è assolutamente necessaria.
Pertanto, oltre all’uso di gruppi di continuità elettronici di limitata durata, occorre prevedere veri
e propri gruppi elettrogeni alimentati con motori a combustione interna e capaci di assicurare l’energia
elettrica anche per lunghi periodi.
Pertanto risulta immediata la possibilità di usare questi motori per cogenerare anche l’energia
termica usata internamente negli ospedali. Al fine di dimensionare il sistema cogenerativo occorre
valutare correttamente i carichi termici, suddivisi per temperatura di utilizzo, e i carichi elettrici,
compresi i carichi per illuminazione.
La scelta del criterio di progetto può essere basata sia sul carico termico imposto che sul carico
elettrico imposto. Quest’ultima possibilità risulta conveniente nel caso di tariffa multioraria e in ogni
caso quando il costo di autoproduzione dell’energia elettrica risulta inferiore alla tariffa ENEL.
In genere è l’analisi economica e finanziaria che consiglia, caso per caso, il criterio migliore da
seguire in base ai tempi di ritorno più rapidi.
4.8.4 IL TERZIARIO
L’attuale tendenza alla concentrazione di attività commerciali in grossi centri ha creato un nuovo
mercato per la cogenerazione. La mole delle strutture e l’esigenza di climatizzazione sia invernale che
estiva, oltre alle altre esigenze impiantistiche interne (catena del freddo, banconi frigoriferi,…)
presentano ottime possibilità per la cogenerazione.
I criteri progettuali sono del tutto simili a quelli indicati per gli ospedali. Occorre quindi
esaminare correttamente i carichi termici ed elettrici (eventualmente prevedendoli mediante codici di
calcolo opportuni).
Occorre tenere presente che la variabilità climatica incide moltissimo sull’andamento dei carichi
sia termici che elettrici.
Un sistema sufficientemente semplice di cogenerazione è quello di recuperare il calore dei
condensatori di raffreddamento dei gruppi frigoriferi.
La variabilità delle tipologie edilizie e delle tipologie di carico non consentono, a priori, di indicare
il miglior sistema cogenerativo. Spesso considerazioni economiche (maggior investimento iniziale) e di
gestione limitano l’adozione di sistemi cogenerativi a soluzioni ibride di recupero degli scarti energetici
(ad esempio nei condensatori dei gruppi frigoriferi) o di riduzione degli sprechi.
Si tenga presente che per effetto del sistema di tariffazione ENEL non risulta spesso conveniente
autoprodurre energia elettrica nel periodo estivo (tariffa F4 per ore vuote in agosto) perché più costosa
di quella venduta dall’ENEL.
Ciò limita notevolmente la possibilità di ipotizzare sistemi total energy complessi a favore dei sistemi
cogenerativi ridotti dianzi esposti.
4.8.5 LA MICROGENERAZIONE
Per applicazioni al di sotto dei 100 kW elettrici (carico elettrico imposto) si hanno
microcogenerazioni che possono risultare convenienti quando si ha una frazione di energia termica
richiesta che si mantiene costante durante l’anno.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 84
Ciò si ottiene, ad esempio, quando si ha un elevato consumo di acqua sanitaria e quindi questa
microcogenerazione si applica a servizi sportivi, camping, alberghi, …., e cioè la dove i servizi sono non
trascurabili rispetto al riscaldamento ambientale.
L’impianto di cogenerazione viene dimensionato sulla base del carico termico costante da
alimentare con motori endotermici a carico elettrico costante.
Sono stati immessi sul mercato da una decina d’anni sistemi total energy che utilizzano motori
automobilistici per produrre circa 40 kW elettrici e circa 100 kW termici.
Uno di questi sistemi è il TOTEM® originariamente predisposto dalla FIAT con un motore
endotermico derivato da quello della 127. Combinando più unità si possono ottenere potenze elettriche
e termiche anche considerevoli per applicazioni civili condominiali.
INNESTOA
FRIZIONE
G
GENERATORE MOTOREPRIMO
COMPRESSORE
Oggi si trovano sul mercato pompe di calore endotermiche alimentate da motori a combustioni
interna di derivazione automobilistica. Il compressore funziona con R22 o similare. Le taglie di potenza
termica totale (di ciclo inverso e di recupero termico) sono variabili da 150 a 400 kW con gradini di 50
kW (vedasi il già citato TOTEM®). E’ possibile avere potenze maggiori mediante parallelo di più
moduli termici.
Il motore endotermico può essere alimentato anche con gas metano di rete e la regolazione del
numero di giri avviene mediante regolazione sulla valvola a farfalla. In questo modo si mantengono
1000÷1500 gpm con un rendimento, quasi costante, di circa il 31%. Combinando la variazione del
numero di giri con la parzializzazione dei cilindri del compressore (già vista nel capitolo sulle centrali
frigorifere) si possono avere variazioni di potenza fra il 15% ed il 100% della potenzialità nominale.
Dal raffreddamento del motore e dai fumi di scarico si può ancora ricavare energia termica, allo
stesso modo di quanto già descritto nei sistemi cogenerativi usuali e pertanto la pompa di calore
endotermica presente un rendimento termico elevatissimo e superiore a quello relativa ad una buona
caldaia tradizionale ad alto rendimento nella stagione invernale.
Rispetto alle pompe di calore elettriche si hanno anche ulteriori vantaggi derivati, ad esempio,
dalla possibilità di sbrinamento (quando la temperatura esterna scende al di sotto dei 5°C) mediante
calore di recupero dal motore e non con inversione di ciclo, come avviene nelle pompe di calore
alimentate elettricamente.
Poiché le pompe di calore endotermiche funzionano con ciclo reversibile è possibile soddisfare
anche le esigenze del condizionamento estivo.
Per valutare la convenienza economica di questo sistema (che presenta un maggior costo iniziale
dovuto al motore primo a al generatore elettrico) si deve dimostrare che sottraendo al costo della
macchina il risparmio che si ottiene per la riduzione della potenzialità della centrale termica e dei
refrigeratori tradizionali si ottiene un vantaggio economico al limite pari a zero.
Si tenga presente che attualmente ci sono contributi previsti dalle leggi vigenti sia per
l’installazione (e quindi per l’acquisto) di pompe di calore endotermiche che una riduzione tariffaria del
gas metano di alimentazione. Tuttavia non è possibile avere certezza della durata di questi incentivi né
della loro estensione a tutti i settori civili e del terziario.
Nel dimensionare questi tipi di sistemi si ricordi che la potenza meccanica dei motori endotermici
è pari a circa 1/5 della potenza termica totale prodotta.
Da confronti effettuati in casi reali (edifici commerciali con superfici variabili da 5000 a 12000
m2) si osserva che il risparmio energetico (in termini di energia primaria riferita al consumo nominale
dell’impianto in assenza di macchine endotermiche) varia dal 15 al 40% per potenze del motore variabili
da 150 a 1000 MW.
Se si considera il consumo energetico per il condizionamento estivo il sistema a pompa di calore
endotermica consente di raggiungere risparmi maggiori con tariffe multiorarie.
A conclusione di questo capitolo si fa osservare che l’attuale sistema legislativo introduce sgravi
fiscali per il combustibile utilizzato per la semplice cogenerazione termica – elettrica ma non per
l’alimentazione delle pompe di calore endotermiche.
Questa assurda dissimmetria può in taluni casi portare ad una convenienza maggiore installando
un normale sistema cogenerativo che alimenta elettricamente una pompa di calore elettrica reversibile.
Per taglie grandi (oltre 500 kW) si possono raggiungere economie del 15÷15% nel combustibile e
questo non per un fatto termodinamico ma solo per una sperequazione legislativa. SIC! L’uso
combinato delle pompe di calore endotermiche con accoppiamento al generatore elettrico richiede
un’analisi complessa che dipende fortemente dalla taglia, dall’andamento dei carichi (elettrici e termici) e
dal tipo di tariffazione elettrica utilizzata.
I risparmi energetici e gestionali appaiono maggiormente rilevanti, per grandi impianti, per sistemi
cogenerativi mentre la redditività è maggiore per i sistemi a pompa di calore endotermica alimentate a
gas, malgrado la non favorevole agevolazione fiscale. Per i sistemi alimentati elettricamente i sistemi
cogenerativi, pur fornendo risparmi energetici maggiori, pongono problemi di utilizzo della notevole
quantità di energia termica recuperata.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 86
4.9 LA TRIGENERAZIONE
Si indica con Trigenerazione la produzione combinata di elettricità, calore e freddo applicando i
criteri dell’energy cascading ai gas di scarico di un’unità motrice rotativa o alternativa. Per la
climatizzazione ambientale si utilizza una macchina ad assorbimento che fornisce caldo in inverno e
freddo in estate.
Per la parte termica si ha, in genere, anche richiesta di vapore e pertanto il sistema trigenerativo
utilizza un generatore di vapore a recupero alimentato con i gas di scarico di un motore primo del tipo
turbina a gas.
Lo schema impiantistico è dato in Figura 61. Il calore sensibile dei gas di scarico è recuperato
attraverso una caldaia a recupero (HRSG) per la produzione di vapore destinato alla copertura dei
fabbisogni termici, invernali ed estivi, questi ultimi attraverso un gruppo ad assorbimento.
La turbina è collegata tramite albero ad un alternatore per la produzione dell’energia elettrica. In
aggiunta si ha un circuito di emergenza, vedi Figura 63, verso cui scaricare il flusso di vapore prodotto
per smaltire il calore in caso di overhating oppure di overcooling dell’immobile.
Vapore alle utenze
Condensato dall'utenza
Gas caldi
PINCH POINT
Componenti Normali
H2O+NH3 - Assorbitore : ove l'NH3 pura si
130 °C ricombina, cedendo il calore Q4,
Laminazione
Laminazione
con la miscela impoverita prove-
niente dal Generatore.
Pompa
Il bromuro di litio (LiBr) è un sale igroscopico che presenta grande affinità con il vapore acqueo
ed è usato in concentrazioni del 60÷64%. Non è un sale tossico e non è infiammabile. E’ leggermente
corrosivo per cui si aggiunge lo 0,4% di nitrato di litio (LiNO3) per disinibirne l’aggressività in assenza
di aria. Le macchine a doppio effetto dispongono di due generatori e di due scambiatori di calore per la
soluzione. I generatori sono detti ad alta pressione (comunque inferiore a quella atmosferica con uno
scambiatore ad alta temperatura) e a bassa pressione (con uno scambiatore a bassa temperatura).
Il fluido frigorigeno è l’acqua che segue il ciclo canonico (condensazione, laminazione,
evaporazione) per poi essere assorbita nuovamente nel LiBr contenuto nell’assorbitore. Mediante una
pompa di circolazione si riporta la miscela nel generatore di alta pressione dove si ha una prima
separazione del vapore acqueo. Da questo generatore si passa in quello a bassa pressione e temperatura
ove si ha una ulteriore fase di separazione del vapore acqueo che prosegue il ciclo frigorifero. La
separazione dei due generatori (ad alta e bassa temperatura) consente di ottimizzare i consumi di
energia in base ai livelli termici richiesti.
Le macchine ad assorbimento hanno la grande capacità di adattarsi facilmente alle fluttuazioni di
carico e quindi presentano una buona flessibilità impiantistica potendo variare la loro potenzialità
teoricamente nell’intervallo 0÷100% con minime variazioni del COP.
La regolazione della capacità frigorifera si ottiene variando la concentrazione della soluzione
nell’assorbitore in due modi, spesso anche in combinazione fra loro:
⋅ variando la quantità di vapore o la portata d’acqua surriscaldata che attraversa il generatore (e
quindi regolando l’energia termica fornita alla macchina);
⋅ inviando nell’assorbitore una soluzione più diluita del generatore.
Al diminuire del carico termico anche la temperatura dell’acqua fredda in uscita tende a crescere
per cui una sonda di temperatura comanda l’inizio della chiusura della valvola modulante sul vapore di
alimentazione o della valvola a tre vie dell’acqua surriscaldata. In questo modo si rallenta il ripristino
della soluzione concentrata nel generatore e pertanto la quantità di refrigerante (acqua) che torna
all’evaporatore diminuisce e quindi scende anche il livello di acqua in esso presente.
Quando il carico scende a circa il 50% della capacità di progetto si può anche ridurre la portata di
soluzione di LiBr al generatore e ciò fa diminuire anche il consumo di energia poiché viene richiesta una
minore quantità di vapore al generatore.
Un problema a cui può andare incontro una macchina ad assorbimento è la cristallizzazione del
LiBr nel generatore. Questo fenomeno è irreversibile e non produce danni meccanici alla macchina ma
solo una riduzione della capacità frigorifera. La cristallizzazione avviene per diversi motivi fra i quali:
⋅ perdita di vuoto;
⋅ temperatura dell’acqua di condensazione troppo bassa;
⋅ arresto improvviso e prolungato della macchina per mancanza di corrente;
⋅ infiltrazioni di incondensabili nel circuito in quantità superiore alla capacità di spurgo;
⋅ arresto della macchina senza che venga continuato il processo di diluizione della soluzione di
LiBr nell’assorbitore;
⋅ cariche errate di refrigerante (acqua) e della soluzione nel circuito della macchina.
Nelle moderne macchine ad assorbimento sono inseriti numerosi accorgimenti atti a ridurre o ad
eliminare il pericolo della cristallizzazione anzidetta. In ogni caso è sempre bene avere personale tecnico
opportunamente addestrato alla gestione di questi impianti.
21Si ricordi che la post combustione agisce a valle della turbina e quindi non produce effetti sulla produzione di
energia elettrica ottenuta dal generatore elettrico comandato dall’albero motore della turbina.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 92
CARICO DI BASE
Ore
NTP
NTPmax
Figura 66: Andamento del Cash Flow attualizzato al variare della potenza della turbina
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 93
9 .10
5
8 .10
5
y ( x)
7 .10
5
6 .10
5
5
5.077×10 5 .105
1 .10 2 .10 3 .10 4 .10 5 .10 6 .10
4 4 4 4 4 4
0
3 x 4
1×10 6×10
Figura 67: Costo medio specifico, y, di una turbina a gas in funzione della potenza nominale (x in kWe)
Anche il costo di acquisto e di vendita dell’energia elettrica variano in modo non del tutto
indipendenti dal costo del combustibile per via del famigerato sovrapprezzo termico che lega la tariffa
elettrica al costo del petrolio. I costi di acquisto variano da 250 a 320 L/kWh.
Simulazione dell’Impianto
Per valutare le prestazioni di questo impianto si utilizzano codici di calcolo del tipo GATE22
CYCLE la cui rappresentazione è data in Figura 68.
Il programma consente di simulare impianti esistenti o in fase di progettazione in modo
descrittivo, combinando una interfaccia grafica con modelli di analisi termodinamica dettagliati di tutti i
processi descritti (turbina, scambiatori di calore, pompe,…).
Il codice GATE CYCLE è stato predisposto per simulare impianti contenenti turbine a gas di
costruttori diversi23 e quindi svincolando i progettisti dalla necessità di utilizzare i codici proprietari dei
costruttori che valgono, come si intuisce, solo per i modelli da loro forniti. Nel 1988 il codice ha
integrato i cicli a vapore e da questo deriva il nome GATE CYCLE.
Nel 1993 è stata aggiunta anche la possibilità di usare caldaie tradizionali e quindi si ha oggi uno
strumento valido per simulare qualunque tipo di impianto di produzione di potenza. Possono essere
studiate diverse tipologie di impianto, dai più semplici basati su cicli a gas a quelli più complessi basati
su cicli combinati a livelli multipli di pressione. E’, inoltre, possibile affrontare problemi di repowering e di
cogenerazione. L’uso interattivo del codice, mediante icone rappresentative di componenti di impianto,
è facilitato anche da un controllo delle connessioni effettuato dallo stesso programma in base alle
caratteristiche dei componenti selezionati.
Mediante alcune macro si possono poi simulare condizioni di funzionamento particolari. Le macro
stabiliscono un legame tra le variabili presenti nel modello simulato e, ad esempio, si possono scrivere
macro che combinano certe variabili con funzioni definite dall’operatore. Una macro può calcolare il
consumo aggiuntivo di combustibile nel post bruciatore in funzione delle portate di acqua calda agli
scambiatori della caldaia a recupero.
Con questo codice si possono simulare i rendimenti, le quantità di energia termica ed elettrica
prodotta ed effettuare confronti fra le prestazioni in varie configurazioni nel periodo di vita ipotizzato e
per gli andamenti temporali dei carichi disponibili o ipotizzati (anche in questo caso mediante codici di
simulazione del tipo già citato).
Torre evaporativa
S27 CT1
S26
S28
S25
HX3
PUMP3 S29
V1
S9
Vapore risc. a 10 bar e 180 C
S17 S18
S24
HX2
Ritorno del vapore da risc. a 165 C S11
SP1
S8
Vapore out verso il generatore: 170 C, 8bar
S20 S21
S5
S7
S6 S22
S1 S16
Fumi al camino
S12
S13
S2 S3 S4
GT1
Caldaia a recupero
23
Il codice ha al proprio interno un corposo data base sui modelli di turbine esistenti con tutte le loro caratteristiche
meccaniche e termodinamiche,
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 95
Il codice può funzionare in modalità on design ed off design. Nel primo caso vengono stabilite le
caratteristiche operative e fisiche di un componente (ad esempio il rendimento della turbina, la
superficie di uno scambiatore di calore, …) mentre nel secondo modo viene valutata la performance
dell’intero impianto al variare delle condizioni ottimali, del carico termico e del carico elettrico.
Il codice GATE CYCLE consente di valutare anche le emissioni gassose utilizzando programmi
specifici di libreria per la composizione dei gas di combustione e di scarico in aria.
In questo modo è possibile conoscere le specie chimiche emesse in camino anche ai fini della
valutazione di impatto ambientale (vedi nel prosieguo). Una simulazione per un caso concreto con
diverse turbine a gas ha fornito i risultati riportati in Figura 69. In particolare per una potenza di 2.7
MW si hanno i risultati indicati in Figura 70 al variare del costo dell’energia.
A conclusione di questo capitolo si vuole rimarcare la complessità del problema della
progettazione di un impianto di trigenerazione e, in generale, di cogenerazione. Occorre evitare sempre
di sovradimensionare gli impianti perché questo riduce o annulla addirittura la loro convenienza
economica vanificando l’investimento. Spesso più che di un errore progettuale di calcolo si tratta di un
errore basato sull’ignoranza o sul timore di sottodimensionare gli impianti. Comunque una scelta
sbagliata della taglia si rivela un errore grave perché irreversibile e quindi irrecuperabile per l’impianto.
Di certo la progettazione in oggetto non è basata su regole certe ma si tratta di una progettazione
complessa che richiede la sintesi di più algoritmi risolutivi e di più competenze (tecniche, economiche,
chimico-fisiche, …).
30
25
20
15
VAN [G£]
10
5
0
-5 120 150 170 200
-10
[£ / kWh]
-15
-20
2,4 MW 3,3 MW
4,5 MW 2,7 MW
25,000 5,000
20,000 4,000
VAN [G£]
15,000 3,000
anni
10,000 2,000
5,000 1,000
- -
120 150 170 200
[£/kWh]
VAN TPB
Figura 70: Andamento del VAN e TPB al variare del costo energetico
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 96
5 COGENERAZIONE NELL’INDUSTRIA
Legge 9 gennaio 1991, n. 9 "Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico
nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia,
autoproduzione e disposizioni fiscali" (S.O. alla G.U. n. 13 del 16 gennaio 1991 – Serie
Generale)
L'art. 22 stabilisce che la produzione di energia elettrica a mezzo di impianti combinati di energia
e calore non è soggetta alle autorizzazioni previste dalle normative di settore ma è sufficiente una
semplice comunicazione al Ministero dell'Industria e all'UTF competente per territorio. L'eccedenza di
produzione può essere ceduta all'ENEL o alle imprese produttrici e distributrici.
Risoluzione del Consiglio dell’Unione Europea del 18 dicembre 1997 concernente una
strategia comunitaria per promuovere la produzione combinata di calore ed elettricità (GUCE
8 gennaio 1998, pag. C 4/01)
Si afferma che “la produzione combinata calore/energia elettrica costituisce un impiego
efficiente delle risorse energetiche e può pertanto contribuire in modo sostanziale alla riduzione delle
emissioni di CO2”.
Si indica anche agli Stati membri che l’obiettivo da raggiungere “è l’elaborazione di una
strategia per assicurare il raddoppio della quota globale della cogenerazione nella Comunità entro il
2010”.
D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 (decreto Letta) “Attuazione della direttiva 98/30/CE
recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’articolo 41 della
legge 17 maggio 1999, n. 144” (G.U. n. 142, 20 giugno 2000)
Art. 22, comma 1, lett. b: Le imprese che acquistano gas per la cogenerazione sono considerate
“cliente idoneo”, indipendentemente dal livello di consumo annuale e limitatamente alla quota di gas
destinata a tale utilizzo.
Decreto del Ministero dell'ambiente 31 luglio 2003 "Modifiche al decreto 4 giugno 2001,
n. 467, relativo all'individuazione dei programmi nazionali, previsti ex art. 3 del decreto n. 337
del 2000" (G.U. n. 260 dell'8 novembre 2003)
Vengono definiti nuovi programmi nazionali di ricerca per la riduzione delle emissioni ai fini del
raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto. Tra gli altri viene approvato il sottoprogramma
3/i "Diffusione dei sistemi ad alta efficienza di microcogenerazione diffusa di energia elettrica e calore"
(Accordo programmatico con Confindustria), art. 2, comma 1.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 98
Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2003 sul
rendimento energetico nell'edilizia
Tra le altre disposizioni, questa Direttiva richiede agli Stati membri di provvedere affinchè, per gli
edifici nuovi la cui metratura utile totale superi i 10.000 m2, sia valutata la fattibilità tecnica, ambientale
ed economica dell'installazione di sistemi alternativi quali la cogenerazione prima dell'inizio dei lavori di
costruzione. (art. 5).
Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 4 gennaio 2006.
D. Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 "Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricità" (s.o. G.U. n. 25 del 31 gennaio 2004))
L'art. 5, comma 1 prevede la nomina di una commissione di esperti che, entro un anno
dall'insediamento, predisponga una relazione nella quale siano indicate, tra l'altro, le condizioni per la
promozione prioritaria degli impianti cogenerativi di potenza elettrica inferiore a 5 MW (lettera g). L'art.
5 tratta la valorizzazione energetica delle biomasse, dei gas residuati dai processi di depurazione e del
biogas quindi è ragionevole pensare che gli impianti cogenerativi di cui si parla alla lettera g) siano quelli
alimentati da tali fonti.
Autorità per l’energia Elettrica e il Gas: Delibera 30 dicembre 2003, n. 168 “Condizioni
per l’erogazione del pubblico servizio di dispacciamento dell’energia elettrica sul territorio
nazionale e per l’approvvigionamento delle relative risorse su base di merito economico, ai sensi
degli articoli 3 e 5 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79” (GU – Supplemento ordinario n.
16 del 30.1.04), poi integrata dalla successiva Delibera AEEG n. 71/2004
La Delibera stabilisce le condizioni per la priorità di dispacciamento delle unità di cogenerazione,
nel primo periodo di esercizio delle stesse, in maniera da partecipare al sistema delle offerte avviato con
la Borsa elettrica.
Direttiva 2004/8/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004 sulla
promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno
dell'energia e che modifica la direttiva 92/42/CE (GUCE L 52 del 21.2.2004, pag. 50)
La Direttiva si propone di creare un quadro utile alla promozione della cogenerazione al fine di
accrescere l'efficienza energetica e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti nel settore
energetico.
La cogenerazione è definita come "la generazione simultanea in un unico processo di energia
termica ed elettrica e/o di energia meccanica" (art. 3, lettera a). Al di sotto di 50 kWe si parla di
microcogenerazione, tra 50 kWe e 1 MWe si parla di piccola cogenerazione.
Viene anche definita la cogenerazione ad alto rendimento che si ha quando l'impianto fornisce
un risparmio di energia primaria pari almeno al 10% rispetto ai valori di riferimento per la produzione
separata di elettricità e calore. Gli Stati membri dovranno adeguarsi entro il 21 febbraio 2006.
Legge 23 agosto 2004, n. 240 "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo
per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia" (G.U. n. 215 del 13.09.2004)
All'art. 1, comma 85 vengono definiti gli impianti di microgenerazione come "impianto per la
produzione di energia elettrica, anche in assetto cogenerativo, con capacità di generazione non
superiore a 1 MW".
Al successivo comma 86 viene stabilito che gli impianti di microgenerazione sono soggetti a
norme autorizzative semplificate.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 99
Considerato che:
⋅ - l’Autorità intende definire le condizioni tecniche che devono essere soddisfatte dagli impianti
per la produzione combinata di energia elettrica e calore affinché tali impianti possano avvalersi
dei benefici e dei diritti descritti in premessa come previsti dai decreti legislativi n. 79/99 e n.
164/00;
⋅ - il risparmio di energia conseguibile mediante la produzione combinata di energia elettrica e di
calore deve essere valutato con riferimento a soluzioni tecnologiche caratterizzate da specifiche
taglie di impianto e tipi di combustile utilizzati;
⋅ - l’evoluzione tecnologica dei componenti termici ed elettromeccanici utilizzati nella realizzazione
degli impianti con produzione combinata di energia elettrica e calore richiede che vengano
periodicamente aggiornati i parametri che individuano le sopra richiamate condizioni tecniche;
Ritenuto che:
⋅ - gli impianti di cogenerazione contribuiscano alla promozione della concorrenza nell’attività di
generazione elettrica, assicurando un significativo risparmio di energia primaria rispetto alle
produzioni separate delle stesse quantità di energia elettrica e termica e riducendo le conseguenze
ambientali negative, a parità di altre condizioni;
⋅ - le norme per la produzione combinata di energia elettrica e di calore debbano favorire soluzioni
tecnologiche che comportano un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni
separate, escludendo soluzioni orientate alla produzione di sola energia elettrica o di sola energia
termica per una quota significativa dell’anno solare;
⋅ - sia opportuno fare riferimento agli anni solari nel riconoscimento della produzione combinata di
energia elettrica e di calore, come previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto 11 novembre
1999;
⋅ - sia opportuno fare riferimento alle sezioni degli impianti di produzione combinata di energia
elettrica e calore con potenza nominale non inferiore a 10 MVA, in coerenza con la “Disciplina
del mercato elettrico” predisposta dalla società Gestore del mercato elettrico Spa e approvata con
decreto del Ministro delle attività produttive del 9 maggio 2001;
⋅
DELIBERA
Articolo 1
Definizioni
1.1 Ai fini del presente provvedimento, si applicano le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e all'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164,
nonché le seguenti:
⋅ a) Autorità è l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, istituita con legge 14 novembre 1995, n. 481;
⋅ b) decreto legislativo n. 79/99 è il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79;
⋅ c) decreto legislativo n. 164/00 è il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164;
⋅ d) impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è un sistema integrato che converte
l’energia primaria di una qualsivoglia fonte di energia nella produzione congiunta di energia
elettrica e di energia termica (calore), entrambe considerate effetti utili, conseguendo, in generale,
un risparmio di energia primaria ed un beneficio ambientale rispetto alla produzione separata
delle stesse quantità di energia elettrica e termica. In luogo della produzione di energia elettrica in
forma congiunta alla produzione di energia termica, è ammessa anche la produzione di energia
meccanica. La produzione di energia meccanica o elettrica e di calore deve avvenire in modo
sostanzialmente interconnesso, implicando un legame tecnico e di mutua dipendenza tra
produzione elettrica e utilizzo in forma utile del calore, anche attraverso sistemi di accumulo. Il
calore generato viene trasferito all'utilizzazione, in forme diverse, tra cui vapore, acqua calda, aria
calda, e può essere destinata a usi civili di riscaldamento, raffrescamento o raffreddamento o a usi
industriali in diversi processi produttivi. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il sistema di
gassificazione è parte integrante dell’impianto di produzione combinata di energia elettrica e
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 101
calore. Nel caso di impianto a ciclo combinato con postcombustione, il post-combustore è parte
integrante dell’impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore. Le eventuali caldaie
di integrazione dedicate esclusivamente alla produzione di energia termica non rientrano nella
definizione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore;
⋅ e) sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è ogni modulo in cui può essere
scomposto l’impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore in grado di operare
anche indipendentemente dalle altre sezioni e composto da un insieme di componenti principali
interconnessi tra loro in grado di produrre in modo sostanzialmente autosufficiente energia
elettrica e calore. Una sezione può avere in comune con altre sezioni alcuni servizi ausiliari o
generali. Nel caso di utilizzo di gas di sintesi, il sistema di gassificazione è parte integrante della
sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore. Nel caso di sezione a ciclo
combinato con post-combustione, il postcombustore è parte integrante della sezione di
produzione combinata di energia elettrica e calore;
⋅ f) cogenerazione, agli effetti dei benefici previsti dagli articoli 3, comma 3, 4, comma 2, e 11, commi
2 e 4, del decreto legislativo n. 79/99 e dell’articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo
n. 164/00, è la produzione combinata di energia elettrica e calore che, ai sensi di quanto previsto
dall'articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e dell’articolo 2, lettera g), del decreto
legislativo n. 164/00, garantisce un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni
separate, secondo i criteri e le modalità stabiliti nei successivi punti del presente provvedimento;
⋅ g) potenza nominale di un generatore elettrico è la massima potenza ottenibile in regime continuo, come
fissata nella fase di collaudo preliminare all'entrata in esercizio o, in assenza di collaudo, come
certificata dal costruttore o dal fornitore dell’impianto;
⋅ h) potenza nominale di una sezione di impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è la somma
aritmetica delle potenze nominali dei generatori elettrici della sezione destinati alla produzione di
energia elettrica;
⋅ i) potenza nominale di un impianto di produzione combinata di energia elettrica e calore è la somma aritmetica
delle potenze nominali dei generatori elettrici dell'impianto destinati alla produzione di energia
elettrica;
⋅ j) taglia di riferimento ai fini della determinazione del parametro hes di cui all’articolo 2, comma
2.2, del presente provvedimento è:
i) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas nel caso di
sezioni a recupero con più turbine a gas operanti in ciclo semplice o di ciascuno dei motori
a combustione interna che alimentano un unico sistema a recupero di calore;
ii) ii) la potenza nominale del generatore elettrico di ciascuna delle turbine a gas sommata ad
una parte della potenza nominale del generatore elettrico della turbina a vapore della
sezione proporzionale al rapporto tra la potenza nominale di ciascuna delle turbine a gas e la
somma delle potenze nominali di tutte le turbine a gas nel caso di sezioni a ciclo combinato
costituite da più turbine a gas che alimentano un ciclo termico a recupero di calore dotato di
turbina a vapore;
iii) iii) la potenza nominale della sezione, come definita alla precedente lettera h), negli altri casi;
⋅ k) potere calorifico inferiore di un combustibile, a pressione costante, è la quantità di calore che si libera
nella combustione completa dell'unità di peso o di volume del combustibile, con l’acqua
contenuta nei fumi allo stato di vapore, ovvero con il calore latente del vapor d'acqua contenuto
nei fumi della combustione non utilizzato a fini energetici;
⋅ l) energia primaria dei combustibili utilizzati da una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore
Ec è il contenuto energetico dei combustibili utilizzati, pari al prodotto del peso o del volume di
ciascun tipo di combustibile utilizzato nel corso dell'anno solare per il rispettivo potere calorifico
inferiore, come definito alla precedente lettera k). Nel caso di sezioni a ciclo combinato con post-
combustione, l’energia primaria del combustibile utilizzato comprende anche il contenuto
energetico del combustibile che alimenta il post-combustore. Nel caso di sezioni alimentate da
gas di sintesi, l’energia primaria del combustibile utilizzato comprende il contenuto energetico di
tutti i combustibili utilizzati, inclusi quelli che alimentano un eventuale sistema di gassificazione;
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 102
⋅ m) produzione di energia elettrica lorda di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la
quantità di energia elettrica prodotta nell’anno solare, misurata dai contatori sigillati dall’UTF
situati ai morsetti di uscita dei generatori elettrici;
⋅ n) produzione di energia elettrica netta di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Ee è la
quantità di energia elettrica lorda prodotta dalla sezione nell'anno solare, diminuita dell'energia
elettrica destinata ai servizi ausiliari della sezione e delle perdite nei trasformatori principali. I
servizi ausiliari includono i servizi posti sui circuiti che presiedono alla produzione di energia
elettrica e di calore, inclusi quelli di un eventuale sistema di gassificazione, ed escludono i servizi
ausiliari relativi alla rete di trasporto e distribuzione del calore, come le pompe di circolazione
dell'acqua calda. Nel caso in cui i servizi ausiliari siano in comune tra più sezioni, i loro consumi
sono da attribuire ad ogni sezione in misura proporzionale alla rispettiva quota parte di
produzione di energia elettrica lorda. Nel caso di produzione combinata di energia meccanica e
calore, l’energia meccanica viene moltiplicata per un fattore pari a 1,05 per convertirla in una
quantità equivalente di energia elettrica netta;
⋅ o) produzione di energia termica utile di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore Et è la
quantità di energia termica utile prodotta dalla sezione nell'anno solare effettivamente ed
utilmente utilizzata a scopi civili o industriali, pari alla differenza tra il contenuto entalpico del
fluido vettore in uscita ed in ingresso misurato alla sezione di separazione tra la sezione di
produzione e la rete di distribuzione del calore, al netto dell’energia termica eventualmente
dissipata in situazioni transitorie o di emergenza (scarichi di calore). Qualora non esista
fisicamente una rete di utilizzazione del calore, la produzione di energia termica utile può essere
calcolata con metodi indiretti. I consumi specifici di calore utile risultanti dalle utilizzazioni a
scopo civile o industriale devono risultare confrontabili a quelli utilizzati in campo nazionale per
analoghe applicazioni con produzione separata di calore. La produzione di energia termica di
eventuali caldaie di integrazione dedicate esclusivamente alla produzione di energia termica non
rientra nella determinazione della produzione di energia termica utile Et. L’eventuale utilizzo di
vapore per iniezione nelle turbine a gas non è energia termica utile. Et è somma delle due
componenti Etciv e Etind definite come:
⋅ energia termica utile per usi civili Etciv è la parte di produzione di energia termica utile di una
sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore destinata alle utilizzazioni di
tipo civile a fini di climatizzazione, riscaldamento, raffrescamento, raffreddamento,
condizionamento di ambienti residenziali, commerciali e industriali e per uso igienico-
sanitario, con esclusione delle utilizzazioni in processi industriali;
⋅ energia termica utile per usi industriali Etind è la parte di produzione di energia termica utile di
una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore destinata ad
utilizzazioni diverse da quelle previste per Etciv ;
⋅ p) rendimento elettrico netto medio annuo hes di un impianto destinato alla sola produzione di energia
elettrica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia elettrica e l'energia primaria del
combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all’anno solare;
⋅ q) rendimento termico netto medio annuo hts di un impianto destinato alla sola produzione di energia
termica è il rapporto tra la produzione annua netta di energia termica e l'energia primaria del
combustibile immessa annualmente nell'impianto, entrambe riferite all’anno solare;
⋅ r) energia elettrica autoconsumata Eeautocons è la parte di energia elettrica prodotta, definita alla
precedente lettera n), che non viene immessa nella rete di trasmissione o di distribuzione
dell’energia elettrica in quanto direttamente utilizzata e autoconsumata nel luogo di produzione;
⋅ s) energia elettrica immessa in rete Eeimmessa è la parte di energia elettrica netta prodotta che non rientra
nella definizione di cui alla precedente lettera r);
⋅ t) indice di risparmio di energia IRE è il rapporto tra il risparmio di energia primaria conseguito dalla
sezione di cogenerazione rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica
e termica e l’energia primaria richiesta dalla produzione separata definito dalla formula:
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 103
Ec
IRE = 1 −
Ee Etcv Etind
+ +
ηes p ηts ,civ ηts ,ind
dove:
⋅ - Ec, Ee, Etciv e Etind sono definite, rispettivamente, alle precedenti lettere l), n) e o), espresse in
MWh ed arrotondate con criterio commerciale alla terza cifra decimale;
⋅ - ηes è il rendimento elettrico medio netto, come definito alla precedente lettera p), della modalità
di riferimento per la produzione di sola energia elettrica;
⋅ - ηts,civ è il rendimento termico netto medio annuo, come definito alla precedente lettera q), della
modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi civili Etciv;
⋅ - ηts,ind è il rendimento termico netto medio annuo, come definito alla precedente lettera q), della
modalità di riferimento per la produzione di sola energia termica per usi industriali Etind ;
⋅ - p è un coefficiente che rappresenta le minori perdite di trasporto e di trasformazione
dell’energia elettrica che gli impianti cogenerativi comportano quando autoconsumano l’energia
elettrica autoprodotta, evitando le perdite associate al trasporto di energia elettrica fino al livello
di tensione cui gli impianti stessi sono allacciati o quando immettono energia elettrica nelle reti di
bassa o media tensione, evitando le perdite sulle reti, rispettivamente, di media e alta tensione. Il
coefficiente p è calcolato come media ponderata dei due valori di perdite evitate pimmessa e pautocons
rispetto alle quantità di energia elettrica autoconsumata Eeautocons ed immessa in rete
⋅ Eeimmessa, come definite rispettivamente alle precedenti lettere r) e s), secondo la seguente
formula:
p ⋅ Eeimmessa + pautocons ⋅ Eeautocons
p = immessa
Eeimmessa + Eeautocons
I valori di pimmessa e pautocons dipendono dal livello di tensione cui è allacciata la sezione di
produzione combinata di energia elettrica e calore e sono riportati nella seguente tabella:
⋅ u) limite termico LT è il rapporto tra l’energia termica utile annualmente prodotta Et e l’effetto utile
complessivamente generato su base annua dalla sezione di produzione combinata di energia
elettrica e calore, pari alla somma dell’energia elettrica netta e dell’energia termica utile prodotte
(Ee + Et), riferiti all’anno solare, secondo la seguente formula:
Et
LT =
Ee + Et
con il significato dei simboli definito alla precedente lettera t);
⋅ v) data di entrata in esercizio di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la data in cui
è stato effettuato il primo funzionamento in parallelo con il sistema elettrico nazionale della
sezione, come risulta dalla denuncia dell’UTF di attivazione di officina elettrica;
⋅ w) data di entrata in esercizio commerciale di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è la
data di entrata in esercizio commerciale della sezione fissata dal produttore, considerando come
periodo di collaudo e avviamento un periodo massimo di 12 (dodici) mesi consecutivi a partire
dalla data in cui è stato effettuato il primo funzionamento della sezione in parallelo con il sistema
elettrico nazionale, come risulta dalla denuncia dell’UTF di attivazione di officina elettrica;
⋅ x) sezione esistente è la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore che, alla data di
entrata in vigore del presente provvedimento, era già entrata in esercizio o per la quale, alla
medesima data, erano state assunte obbligazioni contrattuali relativamente alla maggior parte, in
valore, dei costi di costruzione;
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 104
⋅ y) rifacimento di una sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore è l’intervento su una
sezione dell’impianto che sia in esercizio, esistente da almeno venti (20) anni, finalizzato a
migliorare le prestazioni energetiche ed ambientali attraverso la sostituzione, il ripotenziamento o
la totale ricostruzione di componenti che nel loro insieme rappresentano la maggior parte dei
costi di investimento sostenuti per la realizzazione della sezione;
⋅ z) sezione di nuova realizzazione è la sezione di produzione combinata di energia elettrica e calore
con data di entrata in esercizio commerciale successiva alla data di entrata in vigore del presente
provvedimento.
Articolo 2
Definizione di cogenerazione ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e
dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00
2.1 Si definisce cogenerazione, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del decreto legislativo n. 79/99 e
dell'articolo 2, lettera g), del decreto legislativo n. 164/00 ed ai fini dei benefici di cui al precedente
articolo 1, lettera f), un sistema integrato di produzione combinata di energia elettrica o meccanica e di
energia termica, entrambe considerate energie utili, realizzato dalla sezione di un impianto per la
produzione combinata di energia elettrica e calore, come definita al precedente articolo 1, lettera e), che,
a partire da una qualsivoglia combinazione di fonti primarie di energia e con riferimento a ciascun anno
solare, soddisfi entrambe le condizioni concernenti il risparmio di energia primaria e il limite termico di
cui ai successivi commi 2.2 e 2.3.
2.2 Ai fini del riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come
cogenerazione, di cui al precedente comma 2.1, l'indice di risparmio di energia IRE della sezione, come
definito al precedente articolo 1, lettera t), non deve essere inferiore al valore minimo IREmin che, fino
al 31 dicembre 2005, viene fissato pari a 0,050 (5,0%) per le sezioni esistenti, come definite al
precedente articolo 1, lettera x), pari a 0,080 (8,0%) per i rifacimenti di sezioni, come definiti al
precedente articolo 1, lettera y), e pari a 0,100 (10,0%) per le sezioni di nuova realizzazione, come
definite al precedente articolo 1, lettera z), assumendo:
⋅ a) per il parametro ηes il rendimento elettrico netto medio annuo delle modalità di riferimento per
la produzione separata di sola energia elettrica, differenziato per ciascuna fascia di taglia di
riferimento, come definita al precedente articolo 1, lettera j), e per ciascun tipo di combustibile
utilizzato, secondo i valori riportati nella seguente tabella:
Nel caso di utilizzo di combustibili solidi fossili di produzione nazionale in misura non inferiore
al 20% dell’energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione combinata di energia
elettrica e calore, i valori del parametro ηes riportati in tabella sono ridotti del 5%. A tale fine, non
rientrano tra i combustibili fossili di produzione nazionale il carbone di tipo coke, prodotto
in Italia a partire da carbone di importazione, e il petrocoke o coke di petrolio.
Nel caso di utilizzo di combustibili di processo e residui, biogas, gas naturale da giacimenti minori
isolati il parametro ηes è pari a 0,35 per tutte le taglie di riferimento.
Nel caso di sezioni di produzione combinata di energia elettrica e calore che utilizzino più
combustibili di diverso tipo C1, C2,…,Cn, il parametro ηes viene calcolato come media ponderata dei
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 105
parametri di cui alla precedente tabella rispetto all’energia primaria EcC1, EcC2, …,EcCn, dei combustibili
annualmente immessi nella sezione, secondo la seguente formula:
η ⋅ EcC1 + ηes ,C 2 ⋅ EcC 2 + ..... + ηes ,Cn ⋅ EcCn
ηes = es ,C1
EcC1 + EcC 2 + ..... + EcCn
Nel caso di utilizzo di combustibili diversi da quelli sopra richiamati, ai fini della determinazione
del parametro ηes si assume il gas naturale come combustibile di riferimento. I valori del parametro ηes
riportati nella tabella per i rifiuti solidi, organici e inorganici, e per le biomasse si applicano nei soli casi
di co-combustione, definita come la combustione contemporanea di combustibili da fonti rinnovabili,
come definite dall’articolo 2, comma 15, del decreto legislativo n. 79/99, e di combustibili da altre fonti
di energia. Ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare di quelli previsti
dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, l’indice di risparmio di energia IRE per gli
impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore a 10
MVA è riferito all’intero impianto.
Nel caso di sezioni di impianto aventi n taglie di riferimento T1, T2,...,Tn, che individuano n
rendimenti elettrici di riferimento ηes,1, ηes,2, …, ηes,n, ed una potenza nominale della sezione pari a P, il
parametro ηes da utilizzare per il calcolo dell’indice IRE della sezione viene determinato con la seguente
formula:
n η ⋅T
ηes = ∑ es , j j
j =1 P
b) per il parametro ts,civ un valore pari a 0,8 e per il parametro ts,ind un valore pari a 0,9. Nel
caso di utilizzo di combustibili solidi fossili di produzione nazionale in misura non inferiore al 20%
dell’energia primaria annualmente immessa nella sezione di produzione combinata di energia elettrica e
calore, i valori dei parametri ts,civ e ts,ind sono ridotti del 5%. A tale fine, non rientrano tra i
combustibili fossili di produzione nazionale il carbone di tipo coke, prodotto in Italia a partire da
carbone di importazione, e il petrocoke o coke di petrolio.
2.3 Il limite termico LT, come definito al precedente articolo 1, lettera u), per il processo di cui al
comma 2.1 non deve essere inferiore al valore minimo LTmin che, fino al 31 dicembre 2005, viene
fissato pari a 0,150 (15,0%). Nel caso di sezioni di nuova realizzazione che soddisfino la condizione di
IREmin di cui al comma 2.2, ma non soddisfano la condizione per il limite termico LT è ammessa, ai soli
fini dell’esenzione dall'obbligo previsto dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo n. 79/99,
l’esenzione dal predetto obbligo per la quota di energia elettrica che soddisfa il limite termico di 0,150
(15,0%). Ai fini dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), e in particolare di quelli previsti
dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 79/99, si assume che nel calcolo del limite termico
LT per gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore con potenza nominale inferiore
a 10 MVA la sezione coincide con l’impianto.
Articolo 3
Aggiornamento e periodo di validità dei parametri di riferimento
3.1 I valori di riferimento dei parametri ηes, ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin, come riportati al
precedente articolo 2, sono in vigore fino al 31 dicembre 2005 e vengono aggiornati dall’Autorità
con periodicità triennale.
3.2 Per ciascuna sezione esistente i valori di riferimento dei parametri ηes, , ηts,civ, ηts,ind, LTmin e
IREmin, di cui al precedente articolo 2, rimangono fissi, ai fini del riconoscimento della condizione
tecnica di cogenerazione, per un periodo di dieci (10) anni a partire dalla data di entrata in vigore del
presente provvedimento. A partire dall’anno solare successivo a quello in cui vengono completati i dieci
(10) anni di esercizio si applicano i valori di riferimento dei parametri aggiornati dall’Autorità su base
triennale, di cui al comma 3.1, in vigore per quel triennio.
3.3 Per ciascuna sezione di nuova realizzazione e per i rifacimenti i valori di riferimento dei
parametri ηes, ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin in vigore alla data di entrata in esercizio rimangono fissi, ai
fini del riconoscimento della condizione tecnica di cogenerazione, per un periodo di quindici (15) anni.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 106
A partire dall’anno solare successivo a quello in cui vengono completati i quindici (15) anni di esercizio
si applicano i valori di riferimento dei parametri aggiornati dall’Autorità su base triennale, di cui al
comma 3.1, in vigore per quel triennio.
3.4 Nel caso di sezioni dotate di reti di teleriscaldamento per la distribuzione del calore utile
prodotto i periodi di cui ai commi 3.2 e 3.3 vengono estesi di 5 (cinque) anni.
3.5 Durante il periodo di collaudo e avviamento, e limitatamente al periodo massimo di 12
(dodici) mesi consecutivi di cui al precedente punto 1, lettera w), si applica per il parametro IREmin un
valore pari a 0,050 (5,0%) e per il parametro LTmin un valore pari a 0,100 (10,0%). Per l’anno solare in
cui termina il periodo di collaudo e avviamento, i valori dei parametri IREmin e LTmin sono calcolati
come media ponderata sui due periodi.
3.6 Agli impianti di nuova realizzazione per i quali, alla fine di un triennio di vigenza dei valori di
riferimento dei parametri ηes, , ηts,civ, ηts,ind, LTmin e IREmin di cui al precedente articolo 2, sono state
assunte obbligazioni contrattuali in valore relativamente alla maggior parte dei costi di costruzione, si
applicano i valori di riferimento previsti per il triennio precedente .
Articolo 4
Attestazione delle condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia
elettrica e calore come cogenerazione
4.1 I soggetti produttori con sezioni di produzione combinata di energia elettrica e calore che
intendono avvalersi dei benefici di cui al precedente articolo 1, lettera f), comunicano, separatamente
per ciascuna sezione, mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà firmata dal legale
rappresentante ai sensi degli articoli 21, 38 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445, il valore dell'indice di risparmio di energia IRE e del limite termico LT, calcolati con
riferimento ai valori dei parametri ηes, ηts,civ e ηts,ind fissati nel precedente articolo 2, relativi all’anno
solare precedente.
4.2 La dichiarazione di cui al comma 4.1 deve essere inviata alla società Gestore della rete di
trasmissione nazionale Spa entro il 31 marzo di ogni anno. La società Gestore della rete di trasmissione
nazionale Spa, entro il 30 giugno di ogni anno, trasmette all’Autorità un prospetto riepilogativo delle
dichiarazioni pervenute ed un piano annuale di verifiche sulle sezioni ai sensi dell’articolo 5 del presente
provvedimento. Tale dichiarazione deve contenere le seguenti informazioni:
⋅ a) identificazione del soggetto produttore, in particolare: ragione sociale, natura giuridica, sede
legale, codice fiscale o partita Iva;
⋅ b) identificazione della sezione e dell’impianto, in particolare: localizzazione geografica,
eventuale denominazione, data di entrata in esercizio e data di entrata in esercizio
commerciale, come definite, rispettivamente, al precedente articolo 1, lettere v) e w);
c) energia elettrica utile prodotta nell’anno solare precedente dalla sezione al netto dell’energia
assorbita dai servizi ausiliari (Ee), come definita al precedente articolo 1, lettera n); energia termica utile
(Et), incluse le due componenti per usi civili Etciv e industriali Etind prodotte nell’anno solare precedente
dalla sezione, come definite al precedente articolo 1, lettera o); tipologia e quantità dei combustibili
utilizzati (C1, C2, …, Cn) e energia primaria immessa nell’anno solare precedente nella sezione per
ciascuna tipologia di combustibile (EcC1, EcC2, …,EcCn), come definita al precedente articolo 1, lettera
l). Tutti i dati della presente lettera c) devono essere espressi in MWh e arrotondati con criterio
commerciale alla terza cifra decimale;
⋅ d) metodi di misura e criteri utilizzati per la determinazione dei valori delle grandezze di cui alla
precedente lettera c);
⋅ e) programma annuale di utilizzo della sezione, in particolare: capacità di produzione combinata
di energia elettrica e calore, rendimenti e combustibili utilizzati (inclusi i combustibili di processo,
residui o recuperi di energia, combustibili non commerciali), finalità della produzione (usi propri,
distribuzione, vendita ad altri soggetti, riportando le quantità annue di produzione dei prodotti
nel cui processo di lavorazione viene utilizzato il calore, il consumo specifico di calore per le
diverse fasi del ciclo produttivo, nel caso di usi propri, e le quantità di calore vendute a terzi, con
indicazione dei soggetti acquirenti e delle rispettive quote, nel caso di vendita a terzi);
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 107
Articolo 5
Verifiche sulla sezione
5.1 Le verifiche sulla sezione atte a controllare il rispetto delle condizioni per il riconoscimento
della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione ai fini dei benefici di cui al
precedente articolo 1, lettera f), sono effettuate dalla società Gestore della rete di trasmissione nazionale
Spa e svolte, ove necessario, attraverso sopralluoghi al fine di accertare la veridicità delle
informazioni e dei dati trasmessi, avvalendosi eventualmente anche della collaborazione di altri enti
o istituti di certificazione.
Articolo 6
Disposizioni finali
6.1 La presente deliberazione viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e
nel sito internet dell’Autorità ed entra in vigore il giorno successivo alla data della sua pubblicazione.
Si è più volte detto che il clima condiziona l’evoluzione termica di un edificio e pertanto è
necessario conoscerne le caratteristiche che lo determinano. Una classificazione già indicata nel
paragrafo Regioni Climatiche è la seguente:
⋅ Caldo umido: caratterizzate da surriscaldamenti dell’atmosfera con temperatura media
superiore a 20°C e con umidità relativa24 intorno all’80%.
⋅ Caldo secco: caratterizzate da surriscaldamenti dell’atmosfera con temperatura media
superiore a 25°C e con umidità relativa bassa.
⋅ Clima temperato: caratterizzato da dispersioni termiche notevoli in inverno e insufficienti
in estate e con temperatura media variabile con la stagione fra –15÷25 °C e con umidità che
raramente raggiungono il valore medio dell’80%.
⋅ Clima freddo: caratterizzato da temperature che variano in inverno fra –15 ÷ (-40) °C e
con umidità relativa invernale solitamente elevata.
In figura 74 si ha una classificazione del clima a scala terrestre con le indicazioni delle quattro
zone climatiche sopra indicate.
24 L’Umidità relativa, indicata con ϕ , è il rapporto fra la pressione del vapore d’acqua nelle condizioni attuali rispetto
alla pressione massima di saturazione cioè alla pressione di passaggio di stato (condensazione) alla temperatura dell’aria. Se
ϕ=1 allora il vapore d’acqua contenuto nell’aria è anche nella quantità massima possibile per la temperatura e pressione data.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 109
Assorbimento atmosferico
La radiazione solare subisce diversi fenomeni di assorbimento nell’attraversare l’atmosfera (vedi
figura seguente) a causa delle interazioni con i gas presenti. L’assorbimento è dovuto in modo
preponderante all’ozono nel campo dell’ultravioletto (λ<0,38 µm) e al vapore d’acqua e il biossido di
carbonio nell’infrarosso (λ>0,78 µm). In particolare l’ozono assorbe quasi del tutto la radiazione per
λ<0,29 µm
Influenza della massa d’aria
Gli effetti della massa d’aria sono illustrati dalla figura 59. Al crescere della massa d’aria da 0
(radiazione extraterrestre) fino al valore 5 (atmosfera con bassa turbidità) si ha una progressiva
attenuazione della radiazione al suolo. Si osservi anche il progressivo spostamento verso lunghezze
d’onda maggiore, ciò che provoca il caratteristico colore rossastro all’alba e al tramonto.
Secondo questo modello si può dire che lo scambio radiativo netto, in assenza di radiazione
solare tra la superficie terrestre e l’atmosfera, è rappresentato dalle curve di figura 60 ove si sono
rappresentate due curva: la curva b) è relativa ad un corpo nero alla stessa temperatura dell’atmosfera
mentre la curva a) e la curva di emissione atmosferica nella quale risulta evidente la finestra radiativa.
Oggetto dello studio è, dunque, l'analisi della curva di distribuzione della frequenza percentuale
delle trasparenze dei dati storici, ovvero della funzione di densità di probabilità. L'indagine è stata poi
estesa alla distribuzione puntuale e cumulativa delle frequenze di soglia, cioè alla classificazione della
probabilità del verificarsi di una data classe di irraggiamento e della corrispondente probabilità di
irraggiamenti superiori o uguali a quella stessa classe.
Si è, infine, ricostruito l'anno storico nelle sue varie determinazioni temporali con passo
rispettivamente giornaliero. settimanale, quindicinale e mensile
Procedure operative
I calcoli sono stati condotti tramite elaboratore elettronico che ha tracciato anche i diagrammi
relativi. Nel calcolo dello scarto quadratico medio si è utilizzata la formula riferita alla popolazione
estesa, ritenendo il complesso dei dati sufficiente per giustificarne l'uso.
I dati o le sequenze di dati mancanti sono stati sostituiti inizialmente da valori nulli e ripristinati
in un secondo momento con valori generati col metodo Montecarlo25 onde assicurare una realistica
ricostruzione della situazione sperimentale.
I dati registrati, disponibili sotto forma di tracciati continui sulle strisce eliofanografiche, sono
stati letti senza l'ausilio di mezzi digitali e memorizzati nel calcolatore con un passo temporale di 15'.
Analisi dei risultati: Curva PDF della frequenza di insolazione
Dai risultati ottenuti e dai diagrammi riportati, la funzione densità di probabilità (ovvero la
frequenza percentuale) dei dati di insolazione mensili risulta del tipo bimodale centrata attorno ai valori
0,25 ÷ 0,35 e 0,70 ÷ 0.80 (fig. 78).
Dal diagramma consuntivo delle frequenze annuali discende un utile confronto con le
distribuzioni ottenute in altre località rispettivamente del centro e del nord Italia (fig. 79). Il valore
medio delle frequenze oscilla attorno ai valori 0,56 ÷ 0,60 leggermente più alti di quelli della media
nazionale, come risulta particolarmente dai mesi della stagione estiva, ma non eccezionali se confrontati
con quelli di altre località dell'isola.
Analisi delle frequenze
Con questa indagine si è inteso studiare la distribuzione dei valori dell'irraggiamento appartenenti
all'intervallo 0 ÷ 1000 W/m2, e suddiviso in passi da 50 W/m2, nonché la distribuzione cumulativa di
particolare interesse applicativo nel campo dei dispositivi di misura e conversione dell'energia solare.
Di ogni stagione è riportato il grafico delle frequenze puntuali e cumulative (fig. 80).
È immediato notare come l'area coperta dal diagramma si sposta verso le soglie più alte al
progredire dei mesi verso le stagioni calde, mentre la curva delle distribuzioni annuali (fig. 81)
approssima ottimamente una gaussiana.
La generazione delle sequenze simulate: Metodi di previsione stocastica delle sequenze di
insolazione. I metodi per la previsione teorica della radiazione solare globale vengono classificati come
deterministici e probabilistici. I primi sono costruiti da sequenze di valori medi desunti da analisi statistica
dell’insolazione in lunghi periodi (generalmente un ventennio). L'anno solare così costruito viene detto
"anno di riferimento" (Reference Year) per quella località o territorio e determinato con diversi passi
temporali (mensili, settimanali, giornalieri, orari).
Per quanto, però, di grande affidabilità e significatività dal punto di vista statistico, le sequenze di
insolazione restano definite una volta per tutte e fissate in forma rigidamente deterministica senza
25 Il metodo Montecarlo è nato durante lo sviluppo del progetto Manhattan a Chicago durante l’ultimo conflitto
mondiale. Esso è un metodo statistico che associa alla densità di probabilità uniforme di numeri casuali le storie di vita che si
intendono simulare, determinando a posteriori le frequenze dei casi favorevoli. Questo metodo richiede notevoli risorse di
calcolo poiché per fornire risultati accettabili deve elaborare migliaia di casi in modo che, per la Legge del Caso, la frequenza di
calcolo a posteriori tenda alla probabilità matematica definita, invece, a priori.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 121
alcuna informazione sulla casualità del fenomeno attinometrico che ne costituisce, invece, un aspetto
caratteristico.
fondamentali del periodo da simulare: la media m e lo scarto quadratico medio s utilizzati nella relazione
I = m + x s, dove x è una variabile casuale normale compresa, di solito, nell'intervallo - 0,2 ÷ + 0,2. Le
sequenze così generate riproducono le fluttuazioni statistiche che si potrebbero osservare
sperimentalmente, potendosi con uguale probabilità verificare periodi di alto come di basso
soleggiamento.
Il limite tuttavia insito in questo metodo risiede nella mancanza di correlazione tra un dato ed i
precedenti, quando l'osservazione sperimentale dichiara invece la forte dipendenza delle condizioni del
cielo, in un certo istante, dalle vicende meteorologiche precedenti.
Per superare questo limite e per esprimere il grado di correlazione tra dati successivi di
insolazione è stato studiato il modello ARMA (m, n) (Auto Regressive Moving Average) che consente di
predire la trasparenza del cielo in un istante t tramite una combinazione lineare di m precedenti valori di
T e degli n precedenti valori della variabile random V, secondo una relazione del tipo:
n m
Ti = ∑ aiTt −i + ∑ b jVt − j + Vt
i =1 j =1
dove ai e bj sono costanti definite in funzione del coefficiente di correlazione, mentre il numero
dei termini m ed n viene scelto in base ad altre grandezze statistiche.
Il metodo, ottimo per la previsione di distribuzioni normali, non ha, tuttavia, dato risultati
soddisfacenti in quanto quella delle trasparenze sperimentali non è una distribuzione normale26 ma, come
già visto, bimodale.
È stato quindi elaborato il metodo della matrice autoregressiva o matrice di Markoff col quale ci
si limita a correlare un dato con quello immediatamente precedente, mediante un procedimento che fa
dipendere la variabile random Vt dalla trasparenza Tt-1.
Il risultato è la costruzione di una matrice quadrata sulla base dei dati sperimentali di insolazione
e tale che i suoi elementi pij esprimono la probabilità di transizione della trasparenza del cielo dallo stato
i allo stato j.
Si è infine tentato di generalizzare questo modello in modo da includere, nella determinazione
della trasparenza del cielo in un certo istante, n stati precedenti: il risultato è stato il metodo TTT
(Transmìttance, Transition, Tensor) che definisce una matrice tridimensionale il cui tensore pijk esprime la
probabilità che ha il cielo di passare allo stato k, essendo al presente allo stato j e, nell'istante
precedente, allo stato i.
È stato dimostrato che una tale generalizzazione non apporta essenziali miglioramenti al
modello di Markoff, che resta pertanto il più semplice e rappresentativo modello di previsione
stocastica applicato alle condizioni attinometriche.
La statistica insita nella matrice di Markoff consente, pertanto, di generare un numero
qualsivoglia di anni casuali e di riprodurre ancora il grado di correlazione tra diverse sequenze di
insolazione.
Di particolare rilievo risulta poi questa proprietà, essendo fondamentale la conoscenza del
succedersi delle sequenze di basso ed alto soleggiamento, per esempio nelle applicazioni connesse con
l'accumulo dell'energia solare a breve e medio termine ed in generale con tutti i processi caratterizzati da
un funzionamento “a soglia”.
Descriviamo qui il metodo seguito per la compilazione della matrice di Markoff, sulla base dei
dati raccolti di soleggiamento nel territorio di Catania, per la generazione di un anno medio (risultato
dalla media statistica di 10 anni di simulazioni) nonché lo studio delle principali proprietà statistiche
quali la funzione densità di probabilità, frequenza cumulativa, valori medi e deviazioni standard della
trasparenza del cielo dell'anno così ricostruito.
26 Una distribuzione dicesi normale quando segue la distribuzione gaussiana e quindi con un solo massimo (modo).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 123
Figura 80: Analisi delle frequenze di soglia nelle varie stagioni a Catania
due trasparenze successive; ad ogni ciclo l'indice riga è posto uguale all'indice colonna precedente e tale
procedura è ripetuta fino all'esaurimento dei valori disponibili. La matrice così ottenuta viene
normalizzata e sottoposta alla verifica di ergodicità (o convergenza), che consiste nel verificare se,
moltiplicando n volte la matrice per sé stessa, risulta:
aijm − aijm−1 < ε
per qualunque coppia (i,j) e per ε comunque piccolo.
Figura 83: Analisi dei dati simulati - Frequenze di soglia nelle varie stagioni a Catania.
Dopo tale verifica la matrice (normalizzata) è definita "Matrice di Transizione Autoregressiva" e può
essere utilizzata per la generazione delle sequenze casuali. L'algoritmo utilizzato a questo scopo prevede
l'estrazione di un numero random, che, moltiplicato per il passo di classificazione delle trasparenze, viene
assunto come indice riga.
La trasparenza simulata viene assunta come l'indice colonna di quell'elemento della riga, prima
individuata, tale che la somma degli elementi precedenti risulti non minore di un secondo numero
random estratto. Ad ogni ciclo successivo verrà poi posto l'indice riga eguale all'indice colonna. La serie
delle trasparenze simulate viene così a costituire una banca dati, i cui elementi, moltiplicati per
l'irraggiamento extra-atmosferico, riproducono l'anno casuale, la cui statistica simula con ottima
approssimazione l'anno storico originario.
L'analisi statistica dell'anno casuale
Sull'anno casuale generato automaticamente sono state condotte le stesse indagini statistiche
eseguite sui dati storici. Sono state in particolare studiate le curve di distribuzione delle trasparenze,
classificate in 25 categorie di passo 0,04, e mostrate per tutte le stagioni dell'anno nelle figure 79, 80 e
81, nonché la curva di distribuzione complessiva dell'intero anno (fig. 82). Quest'ultima mostra un
andamento quasi costante attorno ai valori medi e con larghi massimi attorno ai valori 0,25÷ 0,35 e
0,7÷0,80 che ne rappresentano i picchi modali.
La differenza tra l'andamento medio annuale dei dati storici e quello delle sequenze simulate è
dovuta essenzialmente al fatto che trattasi di due situazioni non del tutto congruenti, risultando la prima
dalla media di 10 anni e la seconda da un solo anno e particolarmente soleggiato. D’altra parte analoghe
differenze sono visibili anche dal confronto di anni storici e simulati presso altre località da altri
ricercatori, come risulta dalla figure 79 e 84.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 125
6.2.5 NUVOLOSITÀ
La nuvolosità influisce notevolmente sul clima poiché modifica il rapporto tra la radiazione
diretta e la radiazione diffusa per effetto dell’assorbimento e della diffusione delle molecole d’acqua
costituenti le nubi. Durante le giornate nuvolose la radiazione globale ricevuta su una superficie
comunque inclinata è quasi esclusivamente diffusa e pari al 5 ÷ 20 % di quella diretta. Pertanto
l’irraggiamento totale si riduce notevolmente. Anche la limpidità atmosferica influisce sulle condizioni di
soleggiamento. Questa è data dall’assenza di polveri o altri fattori inquinanti che assorbono la
radiazione solare o che la modificano (ad esempio per scattering e per diffusione). Questo fattore è
comunque legato molto alle condizioni locali, cioè alla presenza di ciminiere industriali, cave, vulcani,
…. Nella Sicilia, ad esempio, la presenza di polveri vulcaniche o di sabbia sahariana riduce spesso la
limpidità atmosferica e quindi l’irraggiamento solare.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 126
causa, principalmente, dell’aumento della trasparenza atmosferica. L’orografia del terreno influenza la
situazione dei venti e quindi anche delle precipitazioni del sito. Inoltre i profili degli strati limiti
vengono modificati, come visualizzato nella figura seguente.
L’azione delle colline e dei monti è quindi fondamentale per il controllo delle piogge e
dell’umidità del luogo anche per effetto di decompressioni e compressioni adiabatiche delle correnti
d’aria ascensionali o discendenti dai fianchi delle colline e dei monti.
27 Lo strato limite dinamico rappresenta l’altezza a partire dalla parete entro la quale il fluido risente della presenza della
parete e quindi la velocità varia da 0 al 99% della velocità massima non disturbata.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 128
Se le masse d’acqua sono notevoli (mare o lago) si ha anche la formazione di brezze: durante il
giorno, quando la terra è più calda, si ha un venticello verso la riva che di notte inverte di direzione
essendo l’acqua più calda della terra.
28 Ricerche effettuate da Oke dimostrano un 66% del raffrescamento teoricamente possibile ricoprendo di verde la
superficie urbana per un terzo della sua estensione e ciò solo ai processi di evapotraspirazione. Sono stati misurati riduzioni
di 5.5 °C in una notte estiva e 1÷2 °C di giorno in vicinanze di zone di verde urbano.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 129
29 La scienza che si occupa di questo fenomeno è detta Climatologia urbana che esula dal contesto di questo corso.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 130
⋅ Nelle regioni temperate si possono avere edifici allungati e in genere di forma più libera: il
rapporto ottimale è 1:1.6 e quindi di forma rettangolare allungata lungo l’asse est-ovest.
⋅ Nelle regioni con caldo secco si potrebbe pensare di avere una pianta allungata in inverno ma le
condizioni estive consigliano una forma più compatta con rapporti di forma ottimali pari a 1:1.3.
⋅ Nelle regioni caldo umide è opportuno avere un edificio di forma allungata, sempre lungo l’asse
est-ovest, con rapporti di forma ottimali pari a 1:1.7. Si possono avere pilotis per favorire la
ventilazione. L’uso di piante libere è possibile ma occorre prevedere ripari ombreggianti e
schermanti.
Inoltre occorre tener presente alcune regole pratiche che così possiamo sintetizzare:
⋅ E’ sempre opportuno orientare l’asse principale lungo la direttrice est-ovest per avere una
maggiore efficienza energetica.
⋅ La pianta a base quadrata non sempre risulta vantaggiosa e conviene avere un allungamento lungo
la direttrice est-ovest.
Il rapporto superficie-volume è fondamentale nelle regioni fredde30 al fine di ridurre le perdite di
calore verso l’esterno. E in questo senso la L. 10/91 ne limita i valori massimi in funzione delle zone
climatiche e della destinazione d’uso.
Un rapporto basso comporta un edificio chiusi e quindi poco comunicante con l’esterno mentre,
al contrario, un rapporto più elevato consente un maggior movimento delle forme e pertanto anche una
maggiore penetrazione e comunicazione con l’ambiente esterno.
Molta importanza riveste la superficie vetrata nelle pareti esterne. Un uso smodato di questa (e
con vetri di elevata trasmittanza) può portare contraccolpi notevoli sul rapporto di forma S/V poiché le
perdite di calore tendono a crescere notevolmente31 e pertanto per compensare questo effetto occorre
agire sull’isolamento delle pareti, sul rapporto S/V e quindi sull’architettura dell’edificio stesso.
Va tenuto presente che l’effetto del volume degli edifici si riflette spesso sui carichi termici (sia
estivi che invernali). L’ASHRAE pubblica sul suo Fundamentals Handbook alcuni dati sui carichi di
edifici monofamiliari e multipiano. Il risultato è che gli edifici monofamiliari hanno carichi termici
molto più elevati rispetto a quelli multipiano, con percentuali variabili fra il 60 e il 90%. Pertanto si può
anche dire che un maggior volume, a parità di condizioni esterne, porta spesso ad avere più
compattezza dell’edificio ed una migliore risposta alle sollecitazioni termiche esterne.
6.3.6 INFLUENZA DEL CLIMA SULLA DENSITÀ URBANA
Quanto detto per il singolo edificio vale anche, con le opportune considerazioni, per il tessuto
urbano. Le condizioni climatiche esterne condizionano fortemente la struttura urbana delle città o degli
agglomerati in genere.
I climi freddi favoriscono spazi relativamente ampi per consentire una migliore cattura della
radiazione solare mentre, al contrario, un clima caldo torrido favorisce la formazione di celle chiuse che
portino ad una riduzione degli effetti del soleggiamento e quindi ad una maggiore ombreggiatura. In
figura 88 si ha un esempio di città algerina che riassume il concetto sopra espresso: le strade sono strette
e spezzate o curve e gli edifici sono addossati per favorire la formazione dell’ombra.
In genere nelle zone fredde il tessuto urbano è favorevole ad insediamenti isolati e riparati, nelle zone
temperate si favorisce un insediamento aperto che si fonde con l’ambiente esterno, in zone caldo secche si
hanno tessuti densi e chiusi per meglio difendersi dall’irraggiamento solare e nelle zone caldo umide si
hanno edifici allungati per favorire la ventilazione e quindi il tessuto urbano diviene piuttosto articolato.
30 Vedasi l’igloo degli esquimesi che ha il miglior rapporto superficie-volume per ridurre al massimo le perdite di calore
verso l’esterno.
31 Se consideriamo una parete isolata avente una trasmittanza K=0.35 W/(m²K) ed una parete vetrata con K=7
W/(m²K) si vede che 1 m² di vetrata equivale a 20 m² di parete isolata. L’uso di vetri doppi porta la trasmittanza del vetro a
valori variabili, a secondo dello spessore delle lastre vetrate e dell’intercapedine d’aria, fra 3.5÷5 W/(m²K) e quindi 1 m² di
vetrata equivale a 10÷15 m² di parete esterna. Si intuisce quindi il peso grandissimo che le vetrate hanno ai fini della
riduzione del bilancio energetico degli edifici.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 131
Figura 87: Influenza dei rapporti di superficie e volume sui disperdimenti termici
Anche l’Architettura, per che riguarda in particolare la risposta termica dell’edificio ovvero il
comportamento energetico degli stessi, è legata fortemente alle condizioni climatiche. Pertanto per
eseguire una corretta previsione del clima occorre caratterizzarlo.
Ciò si attua, come già detto, individuando le grandezze fisiche di interesse capaci di descriverne
compiutamente l’evoluzione temporale e la dipendenza spaziale. In pratica si utilizzano le seguenti
variabili: velocità del vento, umidità relativa, temperatura esterna, radiazione solare.
Vediamo adesso l’influenza di ciascuna di queste variabili sulla caratterizzazione del clima.
⋅ i coefficienti convettivi sulle pareti esterne: essi dipendono dalla velocità del vento V secondo
relazioni (in parte già indicate nel paragrafo 2.3.9 (Metodi di calcolo del coefficiente di
convezione termica) del tipo:
- pareti scabre: he = 10.75 + 12 . V con V in [m/s] ed h in [W/(m²K)];
- pareti vetrate: he = 8.21 + 0.08 V − 0.0024 V 2 con V in [m/s] ed h in [W/(m²K)].
Figura 88: Effetti del clima caldo torrido sulla densità urbana
Il regime di vento modifica fortemente il comportamento termico degli edifici. Ad esempio in
figura 87 possiamo vedere la formazione degli strati limiti di velocità in una zona edificata. Si osservi
come procedendo da sinistra verso destra (cioè dalle zone periferiche rurali verso il centro città) si
abbiano gradi di protezione dal vento crescenti.
L’azione di schermatura degli edifici (vedi dopo) si amplifica man mano che il vento si addentra
nella città. La presenza di un edificio alto in una zona edificata con edifici bassi provoca una turbativa
del microclima fino ad una distanza pari all’altezza dell’edificio, vedi figura 90. La distribuzione degli
edifici può creare effetti di turbolenza o di accelerazione (effetto Venturi). Ad esempio, in figura 91
sono visibili sia gli effetti dei pilotis che quello di accelerazione provocato dal restringimento della
sezione di passaggio dell’aria per effetto di edifici posti in restringimento della sede stradale.
Nella stessa figura si può osservare l’effetto di canalizzazione dell’aria provocato dalla formazione
degli allineamenti stradali degli edifici. Questo effetto esalta la velocità dell’aria rispetto al movimento
che si avrebbe in zone libere.
Nella figura 92 si mostra come la presenza di edifici (abitazioni in centri urbani) modifica il
microclima per effetto di riflessioni ridotte, alti assorbimenti e bassa vaporizzazione per la presenza di
poca umidità rispetto alle zone rurali.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 134
Inoltre sempre in figura 92 si ha l’evidenziazione della formazione della cosiddetta isola di calore
caratteristica delle grandi città e che in pratica risulta dovuta alla scarsa capacità di disperdere il calore
prodotto per radiazione e convezione negli strati alti dell’atmosfera, per mancanza di correnti d’aria.
Anche la stratificazione termica nelle vallate può essere spiegata come l’azione di inversione
termica prodotta dall’aria fredda che stagna in alto rispetto a quella calda che ristagna in basso.
Nella figura 93 si evidenziano i regimi di vento che si hanno nelle masse continentali (a Nord e a
Sud), nella vallate e in vicinanza del mare.
Nelle figure 94 e 95 si possono osservare gli effetti provocati dal vento sugli edifici: la zona
frontale è sottoposta ad una sovrapressione mentre quella sottovento ad una depressione. Gli edifici ad
L causano formazioni di larghe zone d’ombra e di turbolenza nelle zone di depressione.
Inoltre la disposizione degli edifici in schiere può essere utilizzata per creare zone di depressione
più ridotte.
L’azione di schermatura degli edifici viene illustrata nella figura 95 dove si hanno sequenze di
effetti provocati da edifici bassi verso edifici alti e viceversa.
Azioni per la riduzione degli effetti di convezione termica indotti dal vento.
Poiché il vento produce una migliore convezione termica nelle pareti esterne degli edifici si ha
anche un maggiore disperdimento termico, nella stagione invernale.
Per ridurre questi effetti indesiderati si possono adottare alcune azioni precauzionali.
⋅ Limitare al massimo l’altezza degli edifici: gli edifici più bassi si comportano meglio di quelli alti
anche per effetto della minore velocità del vento per effetto dello strato limite.
⋅ Creare, ove possibile, barriere artificiali (edifici per deposito, magazzini, parcheggi, edifici
industriali,…) attorno all’edificio da schermare.
⋅ Schermare gli edifici con barriere (anche arboree) per ridurre gli effetti del vento.
⋅ Limitare le forme con tagli acuti: queste facilitano la vorticosità e quindi lo scambio convettivo
esterno. Usare, quindi, forme arrotondate e senza spigoli vivi per ridurre i disperdimenti termici.
⋅ Le balconate agiscono come le alette e quindi facilitano lo scambio termico convettivo, pertanto
in zone ventose è bene limitare le superfici aggettanti.
Un tessuto urbano compatto e denso agisce come trappola per il vento e quindi favorisce la
schermatura degli edifici.
Per contro rimane il problema di smaltire l’inquinamento atmosferico che, al contrario, il vento
porta via diluendolo negli strati alti dell’atmosfera.
6.5 CALCOLO DELLA RADIAZIONE SOLARE MEDIA
Se si considera la Terra come una grande sfera nello spazio in movimento attorno al sole e si
applicano le regole della geografia astronomica allora si può calcolare con grande precisione
l’irraggiamento solare33 che risulta dato da:
Io = Icsr cos ϑ [60]
ove si ha:
⋅ Ics costante solare pari a 1353 W/m²;
⋅ R correzione per variazione della distanza terra-sole;
⋅ cosθ angolo di inclinazione rispetto alla normale alla superficie terrestre.
La correzione per distanza terra-sole è data da:
r = 1 + 0.033 cos
360 n FG IJ
365 H K
[61]
33 L’irraggiamento solare è dato dall’energia che incide nell’unità di tempo sull’unità di superficie. Le unità di misura
sono [W/m²].
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 135
Figura 89: Profili di velocità in zone urbane. Effetti provocati dagli edifici.
34 Si ricorda che il giorno giulianeo è dato dal numero progressivo del giorno a partire dal 1° gennaio, pari a n=1, fino al
31 dicembre pari a n=365. In questo modo i giorni dell’anno seguono una numerazione progressiva da 1 a 365.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 136
Figura 90: Effetti sul microclima provocati da edifici alti rispetto al tessuto urbano circostante
Ho =
ωs
z24
ω
FG IJ
−ω s
Io d
2π H [62]
K
35 L’alba e il tramonto sono detti sun rise e sun set e indicati con ωs nella letteratura internazionale.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 141
Pertanto si dimostra che la radiazione media giornaliera extra-atmosferica è data dalla relazione:
Ho =
24
z ωs
b g
cos ϕ cos δ cos ω + sin ϕ sin δ dω =
24 FG
rIcs cos ϕ cos δ sin ω s +
π IJ
ω s sin ϕ sin δ [64]
2π
rIcs
−ω s 2π H 180 K
Per una superficie generica è necessario calcolare l’angolo di inclinazione solare θ che, mediante
considerazioni di trigonometria sferica, dati la latitudine φ la declinazione δ e l’angolo solare ω, è dato
dalla relazione:
cos ϑ = cos ϕ cos β cos ω + sin ϕ sin β cos γ cos δ cos ω + sin β sin γ cos δ sin ω +
[65]
+ sin ϕ cos β sin δ − cos ϕ sin β cos γ sin δ
ove si ha il seguente simbolismo, vedi Figura 71:
Sun
θ
Ovest
Nord
n
β
γ
Est
Sud
Hoβ =
24 LM b g
rIcs cos ϕ − β cos δ sin ω 's +
π
sin ϕ − β sin δb g OPQ
π N 180
[69]
Viene definito il rapporto fra i valori medi giornalieri delle due irradiazioni:
π
b g
cos ϕ − β cos δ sin ω 's +
180
b g
sin ϕ − β sin δ
Rb = [70]
π
cos ϕ cos δ sin ω s + ω s sin ϕ sin δ
180
Con Rb si indica il valore medio mensile.
Su una superficie inclinata arriva, oltre alla radiazione diretta, anche la radiazione diffusa dal cielo
e quella riflessa. Ciascuna di queste due ultime componenti risulta in genere di difficile valutazione.
Possiamo, però, supporre che il cielo abbia un comportamento isotropico e pertanto queste
valutazioni risultano semplificate. In particolare la radiazione riflessa non ha una formulazione unica
potendo questa variare, ad esempio, per effetto di edifici o corpi riflettenti viciniori alla superficie
considerata.
Possiamo in genere scrivere la relazione:
Ac IT = Ib Rb Ac + I d ,isotropica As Fs−c + ∑i Ii ρ i Ai Fi− c [71]
ove il primo termine a secondo membro rappresenta la radiazione diretta sulla superficie Ac , il
secondo termine la radiazione diffusa isotropica e l’ultimo termine la radiazione diffusa dalle superfici
circostanti a quella considerata. Con Fs-c e Fi-c si sono indicati i fattori di forma superficie-cielo e
superficie-corpi vicini.
Il modello di radiazione diffusa isotropica è stato proposto da Liu e Jordan (1963): la radiazione
totale su una superficie inclinata è composta ancora da tre termini: diretta, diffusa isotropica e diffusa
dal terreno. Il termine relativo alla riflessione va calcolato caso per caso in funzione delle geometrie di
scambio radiativo con le superfici vicine utilizzando i fattori di forma visti in precedenza. Per una
superficie inclinata β il fattore di forma Fs-c è facilmente calcolabile e risulta pari a:
1 + cos β
Fc − s = [72]
2
e, nell’ipotesi di cielo isotropo, si può anche dire che esso è anche il rapporto Rd fra la radiazione
diffusa sul piano inclinato e quella sul piano orizzontale.
Il fattore di vista superficie-terreno è pari a:
1 − cos β
Fs− t = [73]
2
Pertanto la radiazione totale sulla superficie inclinata risulta data dalla relazione:
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 143
1 + cos β 1 − cos β
IT = Ib Rb + I d Rd + It Rt = Ib Rb + I d + Iρ t [74]
2 2
ove si è definito, analogamente a quanto fatto per Rd il rapporto Rt fra la radiazione diffusa dal
terreno sulla superficie inclinata rispetto a quella sul piano orizzontale e pari a Fs-t.. Ancora in analogia
alle precedenti definizioni, possiamo indicare con R il rapporto fra la radiazione totale sulla superficie
inclinata β rispetto a quella sul piano orizzontale che risulta data da:
I I 1 + cos β 1 − cos β
R = b Rb + d + ρt [75]
I I 2 2
Ai fini del calcolo della radiazione totale nelle applicazioni pratiche (collettori solari, edifici
solarizzati, edifici bioclimatici) occorre calcolare la radiazione solare media giornaliera mensile HT.
Pertanto possiamo parafrasare quanto detto sopra per il calcolo di IT sommando i contributi della
radiazione diretta e di quella diffusa dal cielo e dal terreno. Le equazioni divengono le seguenti:
FG H
HT = H 1 − d Rb + H d
IJ
1 + cos β
+ Hρ t
1 − cos β
H H K 2 2
[76]
Il rapporto fra la radiazione media diretta sulla superficie inclinata e quella su superficie
orizzontale è indicato con Rb = HbT Hb ed è funzione della trasparenza atmosferica. Liu e Jordan
propongono di calcolare questo rapporto supponendo che l’atmosfera sia assente e pertanto, per una
superficie nell’emisfero boreale e rivolta verso l’equatore, cioè con γ=0° si ha:
π
b g
cos ϕ − β cos δ sin ω 's +
180
b g
sin ϕ − β sin δ
Rb = [78]
π
cos ϕ cos δ sin ω s + ω s sin ϕ sin δ
180
ove ω’ è l’angolo solare per l’alba e il tramonto calcolato nel giorno medio del mese e dato dalla
relazione:
Lcos b− tan φ tan δ g OP
ω ′ = min M
−1
[79]
s
MNcos b− tan(φ − β g tan δ PQ
−1
Ove con min si intende il minore dei due valori in parentesi quadra.
Il rapporto H d / H può essere calcolato nota che sia la trasparenza atmosferica data da:
H
KT = [80]
Ho
La trasparenza dipende dal sito, dalla torbidità atmosferica (presenza di industrie, smog, …), presenza
di vapore (per nebbia, per presenza di laghi o del mare) e pertanto non si può fornire una correlazione
universale per il suo calcolo.
Hottel (1976) ha presentato un metodo semplificato per il calcolo della radiazione solare diretta
trasmessa attraverso un’atmosfera chiara e che prende in esame l’angolo zenitale, l’altitudine e tipologie
climatiche. La trasmittanza solare diretta atmosferica è definita dalla relazione:
H −k
τ b = d = ao + a1e cos ϑ z [81]
Ho
ove le costanti ao, a1, k per atmosfera standard (con 23 km di visibilità) sono determinate dalla
costanti (valide per altitudini inferiori a 2500 m s.l.m.):
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 144
36 Per i vari siti si possono disegnare le frequenze dei giorni aventi vari valori di KT in funzione di KT . Queste
curve sono dette curve distributive e, normalmente, presentano un picco (curve modali) o due (curve bimodali). Da queste curve
distributive si possono disegnare (integrandole) le curve cumulative che rappresentano la frazione f dei giorni che sono meno
chiari di KT in funzione della stessa KT . Queste curve cumulative sono dette curve ( KT ,f), secondo il simbolismo
proposto da Whillier.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 145
KT =
H T ,min
γK
γK
H γK
γK
e T ,min − e T ,max
Risolvendo l’equazione trascendentale per la variabile γ si può calcolate la funzione cumulativa
f(KT) .
Herzog (1985) fornisce una via semplificata per calcolare γ mediane la semplice relazione:
. ξ − 27182
1184 . e −1.5ξ
γ = −1498
. +
KT ,max − KT ,min
ove si è posto:
KT ,max − KT ,min
ξ=
KT ,max − KT
Infine Hollands e Huget (1983) propongono la seguente correlazione per il calcolo di KT,max :
KT ,max = 0.6313 + 0.267 KT − 119
. KT − 0.75 c h8
Gli andamenti delle trasparenze orarie e giornaliere sono simili, secondo Whillier, a quelle delle
trasparenze medie mensili.
Il valore istantaneo del rapporto H d / H può essere calcolato mediante molteplici relazioni
fornite da numerosi ricercatori in questi ultimi decenni. Ad esempio una buona relazione è data da
Collares-Pereira e Rabl:
R|
0.99 per K T ≤ 017
.
Hd
=S
|1188
. − 2.272 K + 9.473K − 21865
T . K + 14.648 K
2
T
3
T
4
T per 0.17 ≤ K T ≤ 0.75
H ||−0.54 K + 0.632 per 0.75 ≤ K ≤ 0.80
T T
Qualora si desideri introdurre una dipendenza stagionale (tramite l’angolo orario ωs per l’alba o
per il tramonto) occorre usare le seguenti correlazioni:
Per ωs < 81.4°
Hd
=
10RS
. − 0.2727 KT + 2.4495K 2T − 119514
. K 3T + 9.3879 K 4T per KT < 0.715
H T
0143
. per KT ≥ 0.715
Per ωs > 81.4°
Hd
=
RS
. − 0.2832 KT − 2.5557 K 2T + 0.8448 K 3T
10 per KT < 0.715
H T
0175
. per KT ≥ 0.715
Per stimare la radiazione oraria su una superficie orizzontale usando i valori medi mensili occorre
utilizzare opportune correlazioni statistiche mediate su numerose osservazioni.
Queste presentano il rapporto rt = I H fra la radiazione oraria totale e quella giornaliera totale in
funzione della lunghezza del giorno e dell’ora in esame. Una correlazione molto buona, data da
Collares-Pereira Rabl, è la seguente:
π cos ω − cos ω s
rt =
I
=
H 24
b
a + b cos ω
πω s
g
sin ω s − cos ω s
180
ove i coefficienti a e b sono dati dalle relazioni:
a = 0.409 + 0.5016 sin ω s − 60 b g
b = 0.6609 − 0.4767 sin ω s − 60 b g
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 146
Naturalmente in queste equazioni ω è l’angolo orario in gradi per il tempo in esame (ad esempio
il punto centrale dell’ora per la quale si effettua il calcolo) ed ωs è l’angolo orario dell’alba.
Per gli andamenti orari si può utilizzare la correlazione proposta da Orgill e Hollands:
R| . − 0.249 kT
10 per k T < 0
Id
I
S|
= 1557
. − 1884
. kT per 0.35 < k T < 0.75
T
0177
. per k T > 0.75
Molto utilizzata è anche la correlazione di Erbs seguente:
R|. − 0.09 kT
10 per kT ≤ 0.22
Id
I
S|
= 0.9511 − 01604
. kT + 4.388 k T − 16.638 k T + 12.336 k T
2 3 4
per 0.22 < kT ≤ 0.8
T
0165
. per kT > 0.8
In genere per valori di kT >0.8 si hanno pochissimi dati e questi mostrano un incremento della
frazione diffusa rispetto a quella diretta.
6.6 SIMULAZIONE DEI CIRCUITI SOLARI CON L’ANNO TIPO
Per la simulazione degli impianti solari oggi si può utilizzare anche un foglio elettronico per
simulare circuiti complessi con sufficiente precisione. Va tenuto presente che in tutti i bilanci energetici
sopra indicati si ha sempre una notevole indeterminazione nel calcolo o nella previsione
dell’irraggiamento solare disponibile per un dato sito. Purtroppo l’utilizzo dell’energia solare in modo
massiccio è relativamente recente e i dati attinometrico e climatologici disponibili sono pochi e limitati
alle località monitorate dall’Aeronautica Militare Italiana (che si occupa della Meteorologia ufficiale) o
che in questi ultimi due decenni hanno trovato interesse del CNR o di alti enti pubblici.
Malgrado le numerose campagne di misure effettuate in questi ultimi anni i dati disponibili sono
ancora pochi e la statistica che da questi si può derivare non sempre presenta indici di affidabilità
elevati. In questo ultimo decennio si è fatta strada, anche a livello dell’Unione Europea, l’idea di
costruire un anno tipo (Reference Year) tale da presentare una statistica affidabile con i dati degli ultimi 20
anni. In effetti quest’anno di riferimento dovrebbe potere fornire dati di simulazione tali da ricreare non
solo l’anno medio ma anche l’anno con la minore o la maggiore insolazione. In alcuni casi, infatti, il
progetto dell’impianto solare richiede un impianto ausiliare che deve essere dimensionato per far fronte
non solo al valore medio dell’energia richiesta ma anche al valore massimo.
L’anno tipo dipende dalla storia delle sequenze di registrazione dei dati di insolazione e in genere
climatologici di ogni sito. E’ necessario conoscere la trasparenza dell’atmosfera in ogni sito per potere
calcolare la radiazione solare diretta e diffusa con affidabilità.
La trasparenza atmosferica varia in funzione dell’orografia (presenza di monti, di pianure, ..) della
presenza o non di industrie con scarichi industriali in atmosfera, di vulcani, del mare, ….
Pertanto non si può calcolare con affidabilità l’irraggiamento solare partendo solamente dai dati
geografici (latitudine, longitudine, …) perché si ottengono quasi sempre dati non rispondenti alla realtà
dei luoghi reali. Così, ad esempio, la presenza del vulcano Etna a Catania o della zona industriale a
Priolo rendono il calcolo teorico dell’energia solare molto aleatorio potendosi avere scostamenti
sensibili dai valori reali.
208
W/m2
304
W/m2
⋅ Rimozione alcalina - Usano generalmente carbonato di sodio (Na2CO3) come reagente alcalino per
la rimozione della CO2 rilasciando prodotti solidi (CaCO3)
Assorbimento chimico
⋅ L’assorbimento della CO2 coinvolge una o più reazioni chimiche reversibili fra questo composto
e altre sostanze come mono-, di-, tri- etanolammina, isopropanolammina, idrossido di sodio,
carbonato di sodio, carbonato di potassio. In queste reazioni si formano dei composti solidi o
liquidi, che tramite riscaldamento si dissociano liberando l’anidride carbonica e rigenerando il
solvente.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 151
Figura 76: : Layout per la rimozione della CO2 con membrane ad assorbimento
⋅ non è necessario che la membrana sia selettiva, infatti deve servire unicamente come area di
contatto, impedendo che il gas ed il liquido si mischino fisicamente
⋅ non è necessario che vi sia un gradiente di pressione
⋅ la rimozione di CO2 e di SO2 viene ottenuta utilizzando membrane porose idrorepellenti in
combinazione con un apposito liquido assorbente, che può essere costituito da una soluzione
amminica, da solfato o da carbonato
⋅ più compatta rispetto al caso delle membrane a separazione
⋅ più bassi costi energetici (dovuti soprattutto alla compressione)
⋅ trattamento del liquido assorbente carico di CO2
Rimozione della CO2 con membrane a trasporto facilitato
Queste membrane sfruttano il processo di assorbimento
⋅ hanno la struttura impregnata di un liquido in grado di assorbire le specie chimiche al suo interno,
in maniera selettiva
⋅ la CO2 viene assorbita nel lato superiore della membrana, poi reagisce con i vettori formando un
composto instabile e viene trasportata attraverso la membrana liquida fino alla parte inferiore
della stessa dove poi viene rilasciata
⋅ problemi in termini di stabilità nel tempo e di bassa permeabilità
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 154
Figura 77: Layout per la rimozione della CO2 con membrane a trasporto facilitato
Rimozione della CO2 con sistemi misti
Sono processi che accoppiano impianti a membrane e ad assorbimento:
⋅ le unità ad ammine utilizzano un’energia crescente all’aumentare della concentrazione di CO2; le
membrane a separazione invece sfruttano le differenze di pressione fra lato di alimentazione e
lato permeato per il processo e risultano più efficaci per alte concentrazioni di anidride carbonica
⋅ in un sistema misto il reattore a membrane (monostadio) posto a monte rimuove la maggior parte
della CO2, mentre le ammine vengono utilizzate per la pulizia finale dell’effluente gassoso, in
modo da ottenere il rendimento depurativo richiesto
⋅ Il pregio di questo metodo e costituito dal fatto che la rimozione della maggior parte della CO2
da parte del dispositivo a membrane riduce i costi di capitale e operativi in maniera consistente,
rispetto ai convenzionali processi.
Stoccaggio, smaltimento e riutilizzo della CO2
Sono stati proposti diversi schemi possibili:
⋅ negli oceani
⋅ in giacimenti di petrolio o gas naturale esauriti
⋅ sul fondo di falde acquifere saline
⋅ trasformazione in carbonati solidi e disposizione sulla terra
⋅ utilizzo per favorire l’accrescimento delle foreste e di alghe (circa 2000 km2 sono necessari per
assorbire la CO2 prodotta durante la vita di un impianto da 500 MW alimentato a carbone)
⋅ Utilizzi commerciali: può essere usata come materia prima in sostituzione di altre per produrre
composti chimici (es. per incrementare la produzione di petrolio grezzo, EOI (Enhanced Oil
Recovery)
⋅ Utilizzo in processi alimentari ma il fissaggio non è permanente e torna in atmosfera
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 155
Il ciclo SCGT/RE
Il ciclo recupera calore dai gas di scarico per la rigenerazione delle ammine, a valle del
rigeneratore del turbogas. Elimina il ciclo combinato ed adotta uno schema di TG rigenerativa con
inter/post refrigerazione d iniezione d’acqua
Amine
Regeneration
Heat load Scrubbing
Amine/H2O Tower
solution
water inj. to CC
Natural
Gas/Gas Gas
IC AC
Regenerator
CC Stack
By-Pass
water inj. from IC or AC Louver
Gas to
C1 C2 T
Scrubbing
CO2 (gas)
Gas
Recycle
Air
Il CO2 è compresso tramite una serie di stadi di compressione interrefrigerati fino a raggiungere
le condizioni di temperatura e pressione corrispondenti allo stato liquido. A questo punto, parte della
CO2 liquida (esattamente quella prodotta dalla combustione con O2) è estratta per mantenerne il
bilancio di massa ed inviata allo stoccaggio; la parte restante è ricircolata, dopo pompaggio in fase
liquida, all’interno del ciclo, che lavora così con CO2.
Cicli con decarbonizzazione del combustibile: Rimozione CO2 in cicli combinati con
Gassificatori di carbone
La rimozione separata di CO2 ed H2S consente di ottenere due correnti separate quasi pure (CO2
ed H2S)
⋅ La CO2 viene compressa, liquefatta e trasportata per lo stoccaggio
⋅ H2S viene utilizzato per la produzione di zolfo (processo CLAUS)
⋅ Un reattore di shift catalitico consente arrivare alla camera di combustione della TG con solo
idrogeno + gas inerti
Quarzo
τ
Vetro
comune
0.5
Vetro
antisolare
Visibile
0
0.2 1.0 2.0 3.0 µm
Figura 85: Fattore di trasmissione di alcuni tipi di vetro
Possono essere di diverse tipologie: piani, parabolici, a vetri, a tubi di calore, …, ma qui
prenderemo in esame solamente i collettori solari piani.
7.1 ANALISI DEL FUNZIONAMENTO
Consideriamo il collettore indicato in sezione in Figura 86: esso è formato essenzialmente da un
contenitore (detto carter) nel quale sono inseriti una piastra captatrice solitamente in materiale metallico
annerito (lamiera di acciaio o di rame o di alluminio), da una o più lastre di vetro poste al di sopra della
piastra captatrice ad una distanza variabile fra 1 e 2 cm e infine dal coibente posto fra carter e piastra
captatrice.
In questa equazione si è indicata con HT l’irraggiamento solare, con (ατ)e il prodotto fra fattore di
assorbimento α della piastra e della trasmissività del vetro τ. In realtà la relazione tiene conto anche
delle infinite riflessioni ed assorbimenti residuali della radiazione solare fra piastra di captazione e vetro
di copertura. Ac è l’area della superficie del collettore.
Le perdite a secondo membro possono essere espresse nei modi consueti della Trasmissione del
Calore e cioè, per la convezione fra vetro ed aria esterna:
Qconvettivo = hv Av ( tv − te ) [84]
con hv coefficiente di convezione fra vetro ed aria esterna. Per l’irraggiamento fra vetro ed aria
esterna:
Qirraggiamento = εσ 0 F12 Av ( Tv4 − Te4 ) [85]
ove F12 è il fattore di vista fra la superficie della piastra vetrata e l’ambiente esterno37, ε l’emissività
del vetro, σ0 la costante di Stefan Boltzmann, Av l’area della superficie vetrata, Tv e Te le temperature
assolute del vetro e dell’aria esterna. Si fa osservare che il bilancio energetico sopra detto è riferito solo
alla piastra vetrata perché, in equilibrio termico, il flusso uscente dalla piastra captatrice verso quella
vetrata deve eguagliare quello che dalla piastra vetrata va verso l’aria esterna.
Ben più complesse sono le equazioni di bilancio termico per la piastra captatrice perché la
distribuzione di temperatura in essa non è uniforme ma variabile fra un massimo al centro delle strisce
37 Per il calcolo della radiazione solare media giornaliera su una superficie inclinata di un angolo β rispetto
all’orizzontale si può assumere F12 pari al fattore di vista per radiazione solare diretta, cioè F12 =
(1 + cos β ) .
2
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 162
ove non sono presenti i tubi ed un minimo al centro delle strisce ove sono presenti i tubi. Questa
disuniformità è più elevata quando si ha circolazione di acqua.
Data la brevità del presente corso si rimanda ai testi specializzati l’approfondimento di queste
tematiche. Se si fa circolare l’acqua all’interno, vedi ad esempio il circuito di Figura 96, allora il bilancio
indicato nella [83] cambia perché occorre tenere conto anche del calore trasportato dal flusso di acqua
di refrigerazione. In pratica l’acqua che circola all’interno dei tubi porta via una quantità di energia
termica pari a:
Qu = mc ɺ a ( t fu − t fi ) [86]
ɺ a ( t fu − t fi )
H T Ac (ατ ) e = Qconvezione + Qirraggiamento + mc
[87]
Energia solare assorbita Energia termica perduta EnergiaUtileQu
Di solito si suole esprimere questo bilancio in funzione di grandezze di facile accesso nella pratica
impiantistica. Ad esempio le perdite radiative e convettive sono espresse in funzione della differenza di
temperatura fra il fluido in ingresso, di solito nota da considerazioni impiantistiche (ad esempio è la
temperatura del serbatoio di accumulo o la temperatura di ritorno di uno scambiatore di calore di un dispositivo di
utilizzazione dell’energia), e la temperatura dell’aria esterna (di solito nota per ogni sito di applicazione).
FR =
Raccolta reale di energia utile
ossia, in termini analitici: FR =
ɺ P
mC
1− e
− LM AcU L F '
ɺ P
mC
OP .
Raccolta di energia utile con Tfi = Tfu ACU L MN PQ
Valori correnti di FR variano nell’intervallo 0.8÷0.85 con le ipotesi di portata di massa nel
collettore di 50÷60 kg/h.m² e con tipologia di saldatura dei tubi alla piastra sufficientemente
efficiente (in particolare la conduttanza CB deve essere sufficientemente elevata in modo da non
incrementare il coefficiente globale di perdita del collettore. Semplificando la precedente
relazione mediante sviluppo in serie al secondo termine, si può scrivere una espressione
semplificata del fattore di rimozione termica FR molto utile nelle applicazioni perché prescinde dal
calcolo di F’ (fattore di efficienza): FR = 1 con Mɺ portata totale del circuito e
U L Ac
1 + 0.5 ɺ
Mc p
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 163
con il solito simbolismo degli altri termini. Se ci si riferisce alla portata specifica per unità di
superficie di piastra assorbitrice si può ancora scrivere la relazione in forma semplificata:
FR = 1 ;
UL
1 + 0.5
ɺ p
mc
⋅ F’ detto fattore di efficienza del collettore tiene conto delle disunformità di distribuzione orizzontale
1
della temperatura ed è definito dalla relazione: F ' =
LM PPO
U L
1 1 1
+ +
W
MNU L b
D+ W −D F g
Cb πDi h fi Q
ove D è il diametro dei tubi, W è la larghezza della striscia elementare di raccolta dell’energia
solare (distanza fra due diametri consecutivi), Cb la conduttanza della saldatura fra tubo e piastra,
Di il diametro interno del tubo, hfi il coefficiente di convezione termica del fluido di
raffreddamento all’interno dei tubi, UL il coefficiente globale di perdita fra piastra e aria dato dalla
relazione di Klein:
R| U| −1
|| 1 || d
σ Tpm + Ta Tpm
2
+ Ta2 id i
=S + V +
N
UL
|| C LM dT − T i OP
pm a
e
h |
w
|| dε p + 0.00591 ⋅ Nhw i −1
+
. εp
2 N + f − 1 + 0133
εg
[89]
|T T MN N + f PQ
pm
W
ove si ha:
N numero di lastre di vetro;
d
f = 1 + 0.089hw − 0.1166hwε p 1 + 0.07866 N ib g
C c h
= 520 ⋅ 1 − 0.000051β 2 per 0° < β < 70° , per β > 70° usare β = 70°
FG
= 0.430 ⋅ 1 − 100 T
IJ
E
H pm K
β inclinazione del collettore solare (in gradi)
εg emissività del vetro (=0.88 per vetro normale)
εp emissività della piastra di assorbimento
Ta temperatura assoluta dell’aria ambiente, K
Tpm temperatura media assoluta della piastra assorbente, K
hw coefficiente di convezione vetro-aria, W/m²K
⋅ ΗT è la radiazione solare incidente sulla piastra captatrice, W/m²
⋅ (ατ)e prodotto del fattore di assorbimento medio effettivo e del fattore di trasmissione medio
della piastra captatrice;
⋅ Tfi temperatura del fluido in ingresso nel collettore solare, °C
⋅ Te temperatura dell’aria ambiente, °C
I tre parametri FR, (ατ) e UL sono fondamentali per la scelta e il funzionamento dei collettori
solari piani. Nelle seguenti tabelle si hanno alcuni valori per le tipologie più ricorrenti. Per (ατ) la tabella
seguente vale per angoli di incidenza compresi fra 0° e 60° e per fattore di estinzione dei raggi solari nel
vetro pari a KL = 0.0524.
NUMERO DI LASTRE VETRATE
N 1 2 3 4
(ατ) 0.86 0.73 0.65 0.55
Tabella 13: Fattore di assorbimento al variare dl numero di lastre
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 164
Per il coefficiente globale di scambio termico UL vale la seguente tabella riassuntiva valida per
TP=60 °C e velocità del vento di 5 m/s.
TIPO DI VETRO
Tipo di collettore SINGOLO DOPPIO TRIPLO
Dipinto di nero (εp =0.95) 6.5 3.6 2.4
Dipinto con vernice selettiva (εp =0.1) 3.5 2.4 1.7
Tabella 14: Coefficienti globali di perdita al variare del numero di vetri
In Figura 88 si ha una rappresentazione schematica degli scambi energetici per un collettore
piano. Si può osservare che l’energia utile raccolta (quella che viene quindi trasformata in calore) varia
dal 15 al 40% a seconda delle condizioni operative. In particolare si hanno percentuali di raccolta
(meglio definite come rendimenti di raccolta) maggiori, apri condizioni esterne di temperatura dell’aria
Ta e di velocità del vento, quanto più è maggiore la radiazione solare, HT, e quanto più è bassa la
temperatura di ingresso del fluido nel collettore, Tfi. Nella Figura 95 sono riportate alcune tipologie di
saldature e di attacco delle tubazioni alla piastra captatrice.
Se la tipologia di attacco dei tubi alla piastra captatrice non è buona allora le conseguenze sul
fattore di rimozione termica sono pesanti e il suo valore scende vistosamente.
Figura 88: Illustrazione schematica della distribuzione dell’energia nei collettori solari piani
Pertanto l’efficienza di un collettore piano si può diagrammare come una retta, vedi Figura 89, e
l’ordinata all’origine vale (ατ)FR mentre l’ascissa di intersezione con l’asse ∆T/I vale FRUL.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 165
(ατ) Fr
800,00
700,00
600,00
500,00
400,00
Wh
300,00
200,00
100,00
0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00
-100,00
Ore
800,00
700,00
600,00
500,00
400,00
Wh
300,00
200,00
100,00
0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00
-100,00
Ore
I valori dell’efficienza reale sono di solito inferiori a quelli calcolatati per effetto delle variazioni
climatiche esterne (velocità del vento, sopra supposta < 6 m/s, torbidità dell’atmosfera, sopra supposta
pari alla media estiva per Catania), all’influenza della variazione della temperatura del fluido in ingresso
ai collettori per effetto della variazione della temperatura del serbatoi di accumulo in funzione del carico
termico ad esso collegato.
Inoltre si è considerata l’energia solare come tutta diretta trascurando la radiazione diffusa che
nella realtà è circa il 20% della totale e fornisce un suo contributo quando la radiazione solare diretta
manca (ad esempio per la presenza delle nuvole).
Non è considerato, inoltre, l’effetto di riflessione totale della radiazione solare diretta quando
l’angolo di incidenza sulla piastra vetrata supera l’angolo limite (legge di Snell).
Le variazioni possono anche essere significative (oltre il 50%) soprattutto nel periodo invernale.
Abbassando ulteriormente la temperatura del fluido a 30 °C, ad esempio per un utilizzo
dell’energia solare a bassa temperatura per la produzione di acqua calda per le docce di un campeggio, si
ha la situazione di Figura 92 con una efficienza teorica di raccolta del 78.4 % e quindi molto elevata.
Se il circuito si suppone chiuso e quindi si ha l’effetto della presenza dell’accumulatore sulla
temperatura di ritorno del fluido, allora le cose cambiano un po’, come si può osservare dalla seguente
figura nella quale si suppone che la temperatura di alimentazione dell’acqua del serbatoio sia di 30 °C,
che l’acqua accumulata sia inizialmente alla temperatura di 25 °C.
Si osserva dalla Figura 93 che il cut-off per circuiti chiusi non è simmetrico, come si intuisce anche
dall’esame delle curve di temperatura della figura successiva.
L’andamento delle temperature nei fluidi e di quella ambiente sono riportate nella seguente figura.
800,00
700,00
600,00
500,00
400,00
Wh
300,00
200,00
100,00
0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00
-100,00
Ore
Figura 92: Esempio di cut-off con utilizzatore a bassa temperatura per docce
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 168
800,00
700,00
600,00
500,00
400,00
I
W/m²
Qu
300,00
200,00
100,00
0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00
-100,00
Ore
Figura 93: Andamento del cut-off per circuito chiuso a bassa temperatura
Temperature
70,00
60,00
50,00
40,00 Te
Ti
°C
30,00 Ta
20,00
10,00
0,00
0,00 5,00 10,00 15,00 20,00 25,00 30,00
Ore
38Si definisce pay-back il tempo necessario a recuperare il capitale investito tenendo conto della svalutazione del
denaro nel tempo (costo attualizzato del denaro).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 170
Figura 96: Schema di un sistema locale per produzione di acqua calda sanitaria
Nella Figura 96 è data una rappresentazione schematica di un sistema per la produzione
localizzata dell’acqua calda. In esso si riconoscono i seguenti elementi fondamentali:
⋅ Coppia di collettori solari piani;
⋅ Boiler per l’accumulo dell’acqua calda sanitaria
⋅ Pompa di circolazione dell’acqua calda dal collettore al boiler
⋅ Resistenza elettrica ausiliaria
Anche se non è indicata, è opportuno prevedere una centralina di regolazione e controllo che
impedisca, dopo il tramonto del sole, la circolazione parassitaria dell’acqua dal collettore solare al boiler.
Infatti quando il collettore non raccoglie energia solare si trasforma in un radiatore verso l’atmosfera e
pertanto l’acqua che è in circolazione all’interno dei tubi si raffredda.
La centralina impedisce alla pompa di alimentare il boiler di notte e quindi consente di mantenere
la temperatura dell’acqua calda all’interno del serbatoio di accumulo. Il serbatoio di accumulo ha di
solito due tipi di scambiatore, come rappresentato in Figura 101:
⋅ Scambiatore del tipo tube and tube (tubo e tubo);
⋅ Scambiatore del tipo shell and tube (mantello e tubo).
Quest’ultimo tipo risulta più efficiente raggiungendo efficienze superiori di 1÷3% rispetto agli
scambiatori tube and tube.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 171
Tabella 15: Schema circuitale di un impianto solare con integrazione termica per riscaldamento
7.3 CRITERI DI PROGETTO PER I SISTEMI LOCALIZZATI
Si elencano alcune regole pratiche utili per il dimensionamento rapido di sistemi localizzati per la
produzione dell’acqua calda sanitaria.
⋅ La superficie dei collettori solari può essere calcolata considerando almeno 1 m² per persona
avendo cura di formare una superficie di raccolta di almeno due collettori.
⋅ L’orientamento dei collettori è a SUD con deviazioni massime tollerate di 10° verso EST o
OVEST.
⋅ L’angolo di inclinazione dei collettori è pari alla latitudine L del luogo per un funzionamento
continuo annuale mentre è consigliato L-15° per un funzionamento principalmente invernale ed
L+10° per un funzionamento prevalentemente estivo.
⋅ La scelta del tipo di collettore solare dipende anche dal valore di insolazione disponibile sul
posto. In generale si può dire, per le nostre latitudini, che un collettore a piastra dipinta di nero e
con una sola copertura di vetro semplice va bene per un funzionamento annuale. Qualora si
desideri avere un miglior funzionamento prevalentemente invernale allora è consigliabile un
collettore con vetro doppio. L’uso di piastre con vernice selettiva è necessario solo per
applicazioni che richiedono elevate temperature (>50 °C).
⋅ La capacità termica del serbatoio può essere dimensionata prevedendo 50÷70 kg per collettore
ovvero anche 30÷50 kg/m² di collettore. E’ opportuno ricordare che i valori più elevati di
volume di accumulo portano ad avere efficienze di raccolta maggiori ma anche temperature di
accumulo inferiori.
⋅ Per i sistemi di produzione di acqua calda localizzati è opportuno prevedere una resistenza
elettrica ausiliaria di almeno 2 kW.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 174
Figura 101: Boiler per sistemi localizzati con scambiatore del tipo tube and tube e a shell and tube
⋅ La portata del fluido refrigerante può essere calcolata prevedendo un valore di 100÷120 kg/h per
collettore (di superficie di 1.5 m²).
⋅ Il vaso di espansione ha una capacità di 15÷20 litri.
⋅ E’ necessario prevedere, come già segnalato, una centralina di regolazione e controllo collegata ai
collettori e al boiler per impedire la circolazione inversa parassita.
⋅ Per evitare il pericolo del congelamento invernale si può svuotare l’impianto, se questo non è
attivo, oppure aggiungere 10÷20% di glicole etilenico per uso organico in modo da abbassare il
punto di congelamento del fluido refrigerante.
7.4 SISTEMI CENTRALIZZATI PER L’ACQUA CALDA SANITARIA
I sistemi con più di quattro collettori solari sono tipicamente utilizzati per la produzione
dell’acqua sanitaria centralizzata. Si tratta, quindi, di impianti di grandi dimensioni adatti per la
produzione di acqua sanitaria per condomini, alberghi, scuole , campeggi,….. Essi sono strutturati in
modo più complesso, come indicato in figura seguente.
La superficie dei collettori solari è realizzata con un numero elevato di collettori solari e tale da
potere effettuare un collegamento serie-parallelo degli stessi.
Quando due collettori solari sono collegati in serie allora la temperatura di uscita dell’acqua calda
è maggiore rispetto al caso di un collettore singolo, per contro si ha una diminuzione del rendimento di
trasformazione dell’energia solare poiché crescendo la temperatura di uscita aumenta la temperatura
media dei collettori e quindi aumentano le perdite per convezione e radiazione (cresce, quindi, UL).
Il collegamento in parallelo dei collettori solari mantiene la temperatura di uscita del singolo
collettore, cresce la portata del fluido refrigerante e quindi l’energia raccolta e il rendimento di
trasformazione dell’energia solare è più elevato rispetto al collegamento in serie.
In figura 6 si può osservare come i collettori sono collegati in batterie da tre collettori serie e poi
le batterie sono collegati in parallelo.
Il fluido refrigerante viene inviato in un primo boiler dove si riscalda l’acqua mediante uno
scambiatore a shell and tube molto efficiente.
Da questo primo accumulatore l’acqua calda viene mandata in un secondo scambiatore di
miscelazione con l’acqua calda fornita da una caldaia ausiliaria in modo da raggiungere la temperatura
desiderata per l’utenza.
La centralina di regolazione provvede a bloccare la pompa primaria del circuito solare per evitare
la circolazione inversa.
7.4.1 CRITERI DI PROGETTO DI UN IMPIANTO CENTRALIZZATO
Molti dei criteri già evidenziati per i sistemi localizzati possono ancora ritenersi validi per i sistemi
centralizzati. Si forniscono qui altri criteri più indicati per i sistemi centralizzati.
⋅ Per bilanciare i circuiti di collegamento delle batterie solari è opportuno utilizzare l’anello di
Tickelman. Esso consiste in un collegamento a ritorno inverso in modo da realizzare per tutti i
circuiti un percorso di eguale lunghezza.
⋅ I collegamenti dei collettori in serie nelle singole batterie debbono essere realizzati in modo da
evitare eccessive perdite localizzate.
⋅ Non eccedere nel collegamento in serie dei collettori solari per non penalizzare eccessivamente il
rendimento di trasformazione solare. Di solito si limita il collegamento a 2÷3 collettori.
⋅ L’orientamento e l’inclinazione dei collettori solari segue le stesse indicazioni viste per i sistemi
localizzati: l’angolo di inclinazione dei collettori è pari alla latitudine L del luogo per un
funzionamento continuo annuale mentre è consigliato L-15° per un funzionamento
principalmente invernale ed L+10° per un funzionamento prevalentemente estivo.
⋅ Limitare al massimo le perdite di pressione nei circuiti in modo da ridurre la potenza di
pompaggio. La velocità del fluido refrigerante non dovrebbe mai superare 1 m/s.
⋅ L’alimentazione dell’acqua fredda dovrebbe anche avere una valvola di drenaggio e filtraggio.
⋅ La centralina elettronica deve avere un termostato differenziale per il controllo della pompa
principale di circolazione.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 177
⋅ I tubi, il boiler primario e quello di miscelazione debbono essere generosamente coibentati per
limitare perdite di energia nel circuito.
con:
m = 100÷120 kg/h/collettore (portata di massa specifica per collettore);
T = numero di collettori solari del sistema.
⋅ La capacità del vaso di espansione, E, è data dalla relazione:
E = e⋅T
ove:
e = 5 L/collettore (espansione specifica per collettore);
T = numero di collettori solari del sistema.
7.4.2 METODO F - CHART
I criteri sopra enunciati sono di larga massima e non debbono essere considerati di validità
generalizzata.
Per il dimensionamento corretto degli impianti solari occorre fare riferimento a codici di calcolo
specializzati (ad esempio TRNSYS) o a criteri di maggiore affidamento, quale l’f-Chart.
Questo metodo si basa su alcune correlazioni ottenute da simulazioni numeriche dettagliate per
impianti solari in diverse configurazioni e con condizioni di insolazione variabile.
Le simulazioni hanno consentito di calcolare la frazione mensile dell’energia utilizzata, f, definita dal
rapporto fra l’energia solare fornita dall’impianto, ES, e quella totale necessaria per il riscaldamento
dell’acqua sanitaria, ER, nell’arco di un mese:
E
f = S [92]
ER
Nota la quantità di acqua calda da produrre, M, si può calcolare l’energia ER necessaria:
ER = Mgc p ( te − t A ) [93]
ove si ha:
⋅ g numero di giorni del mese considerato,
⋅ tA temperatura dell’acqua di rete, °C,
⋅ te temperatura di erogazione dell’acqua sanitaria, °C.
Se si conosce f allora si può conoscere l’energia complementare necessaria da fornire mediante
caldaia, oltre quella fornita dall’impianto solare:
EC = (1 − f ) ER [94]
Le simulazioni numeriche hanno consentito di calcolare la frazione f fornita dall’impianto solare:
f = 1.029 Y − 0.065 X − 0.245Y 2 + 0.0018 X 2 + 0.0215 [95]
ove X ed Y hanno le seguenti espressioni:
FR KS (100 − tm' ) gD 11.6 + 1.18t + 3.86t − 2.32t '
X = e A m
− '
E R 100 t m
e ancora:
ξ FR' (ατ )e gH T
Y=
ER
ove si ha il simbolismo:
⋅ F’R(ατ)e prodotto del fattore di rimozione termica per il l’assorbimento-trasmissione effettivo del
collettore solare utilizzato;
⋅ ξ fattore correttivo per tenere conto dell’angolo di incidenza della radiazione solare sul collettore
rispetto alla direzione normale. Si può assumere ξ=0.90 per collettori ad un vetro e ξ=0.88 per
collettori a due vetri;
⋅ D durata del giorno, in ore;
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 179
In questo capitolo si descrive la possibilità di integrare una sezione dedicata all’energia solare
termica ad alta temperatura alle già esistenti centrali a ciclo combinato. In particolare si esamina la
possibilità di integrare una sezione di potenza con la tecnologia del Solare Termico alla esistente
centrale Archimede di Priolo Gargallo (SR).
Il progetto del Solare Termico “Archimede” con tecnologia basata su specchi parabolici con fluido
termovettore costituito da sali fusi prende forma in seguito ad un accordo tra Enea ed Enel avvenuto il
25 settembre 2003.
Il sistema composto della parte solare termodinamica e la parte relativa al ciclo combinato si
definisce ibrido. La potenza della parte solare sarà di 20 MW. In Figura 104 si può osservare lo schema
semplificato di integrazione tra un impianto a ciclo combinato e un impianto solare.
Figura 104: Schema di integrazione del vapore solare in un impianto termoelettrico a ciclo combinato (fonte Enel)
Le principali innovazioni nel campo dell’energia solare riguardano essenzialmente tre aspetti:
• l'utilizzo di un accumulo termico di grandi dimensioni, mediante il quale l'impianto può erogare
una potenza elettrica costante nell'arco delle 24 ore, indipendentemente dalla variabilità della
fonte solare;
• l’incremento della temperatura di funzionamento dell'impianto (fluido termovettore ed
accumulo). Questa innovazione richiede, da un lato, l'uso di un fluido termovettore (miscela di
nitrati di sodio e di potassio) diverso dall’olio sintetico impiegato negli impianti attualmente in
esercizio e, dall’altro lato, un sostanziale miglioramento delle proprietà ottiche del rivestimento
del tubo ricevitore dei collettori che permetta un migliore assorbimento del calore;
• la progettazione di un nuovo tipo di concentratore, basato sull'impiego di specchi più sottili
sostenuti da una struttura, in grado di assicurare una significativa riduzione dei costi di
costruzione e posa in opera.
Il sistema dovrebbe avere costi inferiori a quelli previsti dagli impianti a torre ed essere, rispetto
ad essi, più flessibile per quanto riguarda le condizioni del sito e la disponibilità energetica.
Il collettore parabolico lineare rappresenta il modulo base del sistema. Il raggiungimento della
potenza richiesta è ottenuto mediante l’utilizzo di più moduli.
Tale configurazione è facilmente adattabile alle caratteristiche di siti reperibili nell’Italia
Meridionale.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 181
Serbatoio
caldo
Generatore Impianto
Sistema di accumulo di vapore Archimede
Serbatoio
freddo
sali fusi
Campo solare
Nonostante l’idea base dei cicli combinati sia nota da lungo tempo, la realizzazione industriale di
tali impianti, essendo ovviamente subordinata allo sviluppo tecnologico della turbina a gas, è molto
recente. Le prime applicazioni dei cicli combinati risalgono agli anni ’60, ma non ebbero grande
diffusione perché i rendimenti delle turbine a gas di quell’ epoca erano inferiori allo 0,25 e di
conseguenza il rendimento dei cicli combinati non raggiungeva lo 0,40: essi erano quindi poco
competitivi rispetto alle tradizionali centrali a vapore. Inoltre la tecnologia della turbina a gas era poco
sviluppata e la macchina era ritenuta scarsamente affidabile. La situazione è radicalmente cambiata solo
con il recente avvento (anni ’80) delle turbine a gas industriali di seconda generazione con rendimenti
superiori a 0,3: tutte le centrali a ciclo combinato installate negli anni ’80 presentano così rendimenti
netti compresi fra 0,44 e 0,50, ben superiori a quelli delle centrali convenzionali a vapore.
Le moderne centrali a ciclo combinato, come la centrale Archimede di Priolo Gargallo, Figura
109 e Figura 110, ha un rendimento di 57,75%, impensabile sino a qualche tempo fà.
Ma oltre ai pregi dell’ elevato rendimento gli impianti combinati hanno altri vantaggi di carattere
economico e funzionale, in particolare:
a) Rendimenti elettrici elevati anche ai carichi parziali;
b) Alta flessibilità di esercizio, consentendo:
1. Il funzionamento di “base”
2. Il funzionamento con “modulazione di carico”
3. Il funzionamento di “punta”
4. Avviamenti giornalieri
5. Ridotto impatto ambientale
6. Bassi costi di installazione, esercizio e manutenzione
7. Possibilità di utilizzare diversi combustibili
8. Elevata affidabilità e disponibilità
9. Tempi brevi di costruzione e di installazione
La turbina il cui combustore è alimentato a gas naturale è il tipo di macchina meno inquinante tra
quelle esistenti perché, all’assenza di emissioni a base di zolfo, unisce una concentrazione di pochi ppm
di CO e di idrocarburi incombusti e al massimo di 70 ppm di NOx essendo provvista di sistema di
abbattimento con iniezione di acqua o vapore in camera di combustione.
Una ulteriore riduzione a 10-15 ppm di NOx , può essere ottenuta con l’installazione di un
sistema catalitico inserito nella caldaia a recupero, oppure di camere di combustione “a secco” a
premiscelazione.
Riferimenti
Temperatura ambiente 15° C
Pressione ambiente 1013,25 mbar
Umidità Relativa 60%
Sezione di AP
Portata vapore 72,7 kg/s uscita GVR
Pressione vapore uscita GVR 101,17 bar
Temperatura vapore uscita GVR 540° C
Portata desurriscaldamento SH 105,5 bar
Pressione cc 0
Sezione di MP
Portata vapore 16,8 kg/s
Pressione vapore uscita GVR 15,5 bar
Temperatura vapore uscita GVR 294° C
Pressione cc 16,5 bar
Sezione di BP
Portata vapore 8,1 kg/s
Pressione vapore uscita GVR 3,82 bar
Temperatura vapore uscita GVR 300° C
Pressione cc 4,5 bar
Portata ricircolo ECO 39,16 kg/s
Temperatura ingresso ECO 60° C
Sezione di RH
Portata vapore da turbina
Portata vapore uscita GVR
Temperatura monte miscelazione SHMP
Pressione vapore ingresso GVR
Pressione vapore uscita GVR
Temperatura vapore uscita GVR
65,63 kg/s
82,44 kg/s
292,6° C
15,47 bar
13,97 bar
540° C
RINGRAZIAMENTI E DEDICA 187
La larghezza del GVR, intesa quella di alloggiamento di tutti i fasci tubieri (arpe) è di 10 m. L’
altezza del GVR interessata all’ attraversamento dei fumi è 21 m, mentre l’altezza massima del GVR
rispetto al pianori riferimento è di 36m: a tale quota sono installati i silenziatori degli sfiati ed il
serbatoio per la conservazione del GVR in azoto. La mezzeria dei tre corpi cilindrici si trova a quota
31,3m dal piano di riferimento, e la loro lunghezza è di 12m.
la lunghezza del convogliatore del gas verso il GVR, compreso il giunto dilatatore, è di 14m. la
mezzeria del condotto di scarico gas dalla TG si trova a 4,58m da terra. La ciminiera è alta circa 90m.I
quantitativi di acqua richiesta per il riempimento di tutto il GVR sono di circa 271m3 di acqua.
Ogni banco di riscaldamento è costituito da tre banchi verticali detti appunto arpe. Ogni arpa è
costituita da più gruppi di 1, 2, 3, 4 tubi alettati, in parallelo per quanto riguarda il percorso dei fumi.
Un certo numero di arpe costituiscono i vari banchi ECO, tubi vaporizzatori, e di
surriscaldamento dei vari livelli di pressione.
Dal punto di vista del percorso dei fumi, tutti i banchi sono disposti in serie. In Figura 111 è
riportato uno schema di principio del GVR e delle sue interconnessioni con il turbogas e la turbina a
vapore. L’impianto di Priolo possiede due impianti simili a quello di figura, esercibili in maniera
indipendente, per una potenza complessiva di circa 2 x 385 MW elettrici.
CND1
S23
S29
Ingr. Acqua mare
PUMP2
HPST
S30
Usc. Acqua mare
S41
IPST S19
S32
ADMMIX CNDPMP
USCUTA S33
S14
S25
CONDST
S44
S22
GVR
S48
PUMP1 S3
RHTMIX S39
HPPUMP
S2
S24 PMPSPL
S21 S28
S42
S38 S50
S5 S6 S7 S8 S9 S10 S11 S12 S15 S16 S17 S18 S20 S13 S4 Fumi
DUCT
SH2AP SH1AP EVAAP SHMP SHBP ECO3AP EVAMP ECO2AP ECOMP ECO1AP EVABP WHTR
RH2MP RH1MP
S1
TURBOGAS
Metano
S40
Aria
S37
EX1
S47
• sfiato motorizzato C.C. al serbatoio spurghi intermittente; su questa linea s'immette l'attacco per
la conservazione in azoto.
L'acqua satura dal corpo cilindrico di MP è inviata al circuito evaporante, costituito da tubi di
caduta (downcomers), evaporatore, in cui avviene lo scambio termico acqua/fumi equicorrente rispetto
al flusso dei fumi, dai tubi di ritorno (risers) che convogliano la miscela liquido - vapore all'interno del
CC; la circolazione nel circuito evaporante avviene in modo naturale.
La miscela acqua/vapore prodotta viene fatta passare entro "cicloni".
A valle valvola stop troviamo la valvola pneumatica di regolazione con relativa non ritorno, per
immissione vapore di MP sulla linea dell'RHF.
Attraverso questa linea, opportunamente dotata di valvola di sicurezza, il vapore SH di MP
insieme a quello proveniente dallo scarico turbina di AP perviene nei primi due banchi dell'RH,
nell'attemperatore per controllarne, tramite immissione di acqua mandata pompe alimento, la
temperatura finale e, successivamente, nell'ultimo banco dell'RH.
Figura 112: Turbina prima della modifica per il funzionamento a ciclo combinato
Figura 115: Vista in scala dei supporti per i pannelli (fonte Enel)
8.8 PERDITE
Nei periodi di insufficiente radiazione solare (notte, giornate nuvolose), all’interno del campo
solare e nella rete di distribuzione, è necessario mantenere i sali fusi in movimento allo scopo di
evitarne la cristallizzazione. Nel campo solare si hanno quindi perdite dal campo specchi e dalla rete di
distribuzione in condizioni di scarsa irradiazione e perdite di energie, essenzialmente dalla rete di
distribuzione, in condizioni di produzione di energia.
Le ore di funzionamento annue del campo specchi con produzione di energia termica sono 2393,
le ore di non funzionamento 6367. Le perdite termiche annuali del campo specchi e della rete di
distribuzione in condizioni di mancanza di produzione termica da fonte solare ammontano a 23,7
GWh. Le perdite termiche annuali della rete di distribuzione in condizione di produzione termica da
fonte solare sono di circa 5,2 GWh.
0.8
Frazione
0.6
0.4
0.2
0.0
0 500 1,000 1,500 2,000 2,500
Capacità accumulo [ MWh ]
Figura 120: Fattore di utilizzo e fattore di carico, in funzione della capacità di accumulo
L’energia solare che arriva annualmente sul campo specchi è pari a 253,4 GWht e l’energia
termica prodotta (assorbita dal fluido) è pari a 156,6 GWht. Le perdite di rete annuali sono, durante la
produzione, pari a 5,2 GWht e dunque l’energia accumulabile a tali condizioni è 151,3 GWht.
Assumendo che il generatore di vapore solare GVS utilizzi 120,3 GWht si determina una potenza
termica media annua di 19,4 MW; appena il 30,12 % del carico massimo ammissibile dal GVS.
L’energia termica accumulabile è dunque di 151,3 GWht, che depurata dell’energia spesa nel
ricircolo notturno determina l’energia termia consegnabile al GVS a meno di quantità scartate o
reintegrate, ed è pari a 127,6 GWht. Ma allora ci si aspetta che complessivamente la somma algebrica
degli scarti (-) e dei reintegri (+) sia uguale a 127,6 – 120,3 = 7,3 GWht. Inoltre l’energia scartata è di
13,1 GWht mentre la reintegrata è di 5,7 GWht.
L’energia effettivamente accumulata nel serbatoio sarà allora pari a 138,2 GWht, in quanto
differenza tra l’ accumulabile e la scartata. Dunque la centrale solare riesce ad accumulare l’ 88,3 %
dell’energia solare trasferita al fluido ed a utilizzare nel GVS l’ 87 % dell’energia accumulata (fattore di
utilizzo). Alla potenza termica entrante nel GVS corrisponde un rendimento di conversione termico
elettrico del 38,1 %. L’energia elettrica prodotta dalla centrale solare è quindi pari a 0,381*120,3=45,83
GWht,con un rendimento annuo solare elettrico del 18,09 %. La potenza elettrica prodotta mediata
sulle 6200 ore di funzionamento è pari a 7,4 MW.
Rifacendo lo stesso ragionamento possiamo poi effettuare il bilancio nell’ipotesi in cui la centrale
sia in funzione tra le 7 e le 21, ovvero per 14 ore al giorno, per un totale annuo di 5.110 ore (il 58 %
delle ore) osserviamo che:
• L’energia solare che arriva annualmente sul campo specchi è pari a 253,4 GWht e l’ energia
termica prodotta annualmente dai paraboloidi (assorbita cioè dal fluido) è pari a 156,5 GWht
con un rendimento medio annuo del sistema solare pari al 61,8%.
• Durante la produzione, essendo le perdite di rete 5,2 GWht, l’energia accumulabile è di 151,3
GWht.
• L’energia termica scartata scende a 1,4 GWht (contro i 13,1 di energia scartata nel caso di
funzionamento continuo); ciò dimostra come in tale modalità si massimizzi l’energia l’utilizzo
dell’energia termica prodotta dal campo specchi.
• Evidentemente l’energia effettivamente accumulata nel serbatoio caldo sarà pari a 149,9 GWht .
• Il GVS in tal modo utilizza 130,6 GWht che determinano una potenza termica media di 47,1 MW
• La centrale riesce ad accumulare dunque il 99,1% dell’energia solare accumulabile e ad utilizzare
nel GVS l’87% dell’energia accumulata (fattore di utilizzo): alla potenza termica entrante nel
GVS si ha un rendimento di conversione termico elettrico pari al 42,% per cui annualmente si
ha una potenza elettrica media di 20,1 MW e una produzione di energia elettrica lorda da fonte
RINGRAZIAMENTI E DEDICA 197
solare di 55,9 GWht. L’energia elettrica netta viene ottenuta dalla lorda sottraendo da questa un
3% necessario al funzionamento degli ausiliari relativi alla parte solare.
• Rispetto al funzionamento continuo l’aver ridotto il numero il numero di ore di produzione ha
notevolmente aumentato potenza termica media e potenza elettrica media dell’impianto.
Figura 121: Schema a blocchi che riassume il bilancio energetico annuale con funzionamento “parzializzato” di 14 h/d .I pedici
“s”, “t” ed “e” indicano rispettivamente potenza solare, termica ed elettrica
entrambi i due gruppi dell’attuale ciclo combinato. Dall’analisi delle varie modalità di spillamento
dell’acqua dal GVR risulta che la soluzione più efficiente è quella che prevede lo spillamento dell’acqua
in uscita dall’ ECO2 AP. I benefici legati a tale configurazione sono i seguenti:
• Acqua prelevata a valle del degasatore, non richiede dunque specifici trattamenti di degasaggio.
• La pressione di spillamento è superiore a quella a cui avviene l’immissione di vapore nella turbina
di alta temperatura; ciò consente di utilizzare la pompa attualmente presente a valle
dell’economizzatore di media pressione, previa verifica funzionale.
45 0,450
40 0,400
M W e totali
30 0,300
25 0,250
20 0,200
15 0,150
10 0,100
5 0,050
0 0,000
0 10 20 30 40 50 60 70 80
Potenza el. Solare netta (MW) Rendimento netto fra sali ed en.el.
Figura 123: Integrazione potenza termica e solare su due cicli combinati (fonte Enel)
Figura 125: Profilo di scambio termico in condizioni nominali di esercizio del GVS (calcolo preliminare).
Il dimensionamento dei tre scambiatori costituenti il GVS (economizzatore, evaporatore e
surriscaldatore) richiede preliminarmente le seguenti scelte progettuali:
• configurazione geometrica del fascio tubiero e del mantello;
• orientamento dei tubi e del mantello rispetto al piano orizzontale;
• tipologia di circolazione all’interno dell’evaporatore: naturale, assistita o del tipo a “piscina”
(evaporatore kettle).
A seguito di studi effettuati sulle varie possibilità, si sono scelti gli elementi così costituiti:
• L’economizzatore è costituito da uno scambiatore con tubi ad U e mantello rettilineo con due
passaggi sia lato tubi che lato mantello e fluido scaldante lato mantello.
• L’evaporatore è uno scambiatore di tipo kettle con sale fuso all’interno di un fascio di tubi ad U e
acqua lato mantello.
RINGRAZIAMENTI E DEDICA 201
E’ proprio allo scopo di evitare tale eventualità che si preferisce mantenere costante il valore della
portata di prima della comparsa delle nubi. Il secondo caso è quello in cui vi sia una leggera velatura del
cielo o una bassa insolazione, prime ore del mattino, o ore preservali.
tecnologia. Prima dell’adozione della miscela di sali fusi, gli impianti solari termici a specchi parabolici
erano ad olio diatermico (miscela di ossido di Difenile e Bifenile) e seguivano lo schema di Figura 130.
2000
1950
Densità [kg/m 3]
1900
1850
1800
1750
1700
1650
1600
1550
210
235
260
285
310
335
360
385
410
435
460
485
510
535
560
585
610
Temperatura [°C]
1560
1540
Calore Specifico
1520
1500
1480
1460
1440
238
260
282
304
326
348
370
392
414
436
458
480
502
524
546
568
590
Temperatura [°C]
35
30
Viscosità assoluta
25
20
15
10
5
0
238
259
280
301
322
343
364
385
406
427
448
469
490
511
532
553
574
595
Temperatura [°C]
0,58
Conducibilità termica
0,56
0,54
0,52
0,5
0,48
0,46
0,44
238
259
280
301
322
343
364
385
406
427
448
469
490
511
532
553
574
595
Temperatura [°C]
U.M.
Orientamento collettori NS
Radiazione diretta normale kWh/(m2 a) 1.748
Radiazione media annua sui collettori 39 kWh/(m2 a) 1.415
Numero di collettori 318
Superficie collettori 104 m2 17,91
40
Potenza di picco del campo solare MWt 136,1
Temperatura serbatoio caldo °C 550
Temperatura serbatoio freddo °C 290
Portata sali fusi nel campo solare alla potenza di kg/s
345,6
picco
Energia solare massima (DNI) GWht/a 313,1
Energia solare sul piano dei collettori GWht/a 253,4
Energia solare trasferita al fluido GWht/a 156.5
Rendimento medio annuo di raccolta 41 % 61,8
Energia solare massima accumulabile GWht/a 151.3
Capacità accumulo MWh 500
Potenza termica massima del GV MWt 64,4
Energia termica accumulata GWht/a 149.9
Energia termica utilizzata GWht/a 130,6
Frazione rispetto alla accumulata % 87,2
Frazione rispetto a quella sul piano dei collettori % 51,6
Potenza elettrica nominale MWe 28,08
Efficienza alla potenza nominale % 43,6
42
Energia elettrica lorda prodotta GWhe/a 55,9
Ore annue di funzionamento previste h/a 5.110
Ore effettive di funzionamento h/a 2.774
43
Fattore di utilizzazione dell’impianto % 38,9
Rendimento medio annuo elettrico netto sul DNI % 17,3
44
Risparmio di energia primaria TEP 11.835
Emissione CO2 evitata 44 103kg 36.306
Tabella 19: Parametri riassuntivi dell’applicazione all’impianto di Priolo Gargallo
prodotta.
43 Rapporto tra l’energia prodotta e quella producibile se l’impianto lavorasse alla potenza nominale per tutte le ore di
funzionamento previste.
44 Si è considerato un consumo specifico termico medio di 2.184 kcal/kWh e un’emissione specifica di 670 g CO2/kWh, dati
Figura 137: Legge di Planck per l’emissione radiativa del corpo nero
Tutti i corpi a temperatura T > 0 K emettono radiazioni elettromagnetiche che in genere non
vediamo perché al di fuori dell’intervallo di visibilità. Alcuni corpi, ad esempio i filamenti delle lampade,
a temperatura elevata (in genere al di sopra 1000 K) emettono radiazioni visibili, come si può osservare in
Figura 140 ove si riporta anche la radiazione solare per confronto. In base alla teoria quantistica ad ogni
radiazione è associata una energia data dalla relazione:
h
E = hν =
λ
Con h costante di Planck, ν la frequenza e λ la lunghezza d’onda della radiazione considerata.
Si tratta comunque di corrente continua che deve poi essere convertita in corrente alternata
mediante particolari dispositivi detti inverter prima di essere inviata ad una utenza domestica.
Figura 144: Curva caratteristica tensione – corrente per una cella solare
Il rendimento massimo teorico della trasformazione di energia solare in energia elettrica è del
32%. Le celle fotovoltaiche attualmente disponibili hanno un rendimento dal 10% al 28 % circa, ma
sono allo studio celle avanzate con rendimenti molto maggiori. Ad esempio il rendimento delle celle
fotovoltaiche ad arseniuro di gallio-antimoniuro di gallio raggiunge una efficienza del 35%, con un
costo di produzione dell’energia elettrica cinque volte maggiore di quello con celle tradizionali.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 214
In Figura 146 si ha uno schema elettrico semplificato per un utilizzo domestico dei sistemi
fotovoltaici.
In definitiva perché si possa avere un sistema fotovoltaico occorre avere almeno tre componenti: il
generatore fotovoltaico, il sistema di accumulo e il sistema meccanico di supporto delle celle
fotovoltaiche (vedi Figura 147).
Ove ηR è il prodotto dell’efficienza di riferimento della cella per il fattore di riempimento del
modulo mentre TR è la temperatura di riferimento per l’efficienza precedente. β è il coefficiente di
efficienza di temperatura della cella.
Un bilancio energetico del modulo fotovoltaico fornisce la potenza elettrica utile prodotta:
E = AI βτη = AI βτα − AU L (Tc − Ta )
Ove Iβ è l’intensità dell’energia solare incidente sul piano del modulo;
UL è il coefficiente di dispersione termica del modulo;
τ la trasmissività solare della copertura protettiva;
α il fattore di assorbimento della cella
Tenendo conto che UL è almeno un ordine di grandezza maggiore del gruppo si ottiene
la seguente espressione approssimata per il rendimento (sottostimata al 5%):
βτα I β
η = η R − β ( Ta − TR ) −
UL
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 226
La media mensile dell’energia elettrica giornaliera prodotta dalla cella si ottiene integrando sul
mese il valore istantaneo e dividendo per il numero N di giorni del mese:
1
E = ∫ Edt = ∫ AI βταη dt = Aτ H bη
N mese mese
Dove è la media mensile della radiazione solare giornaliera incidente sul piano del modulo, τ è
il valore medio mensile della trasmissività.
Il valore medio mensile dell’efficienza del modulo è dato da:
∫ η I β dt ηR β
I β dt − b ∫ (Ta − TR ) I β dt −
2
η= τα I β dt
NH β ∫mese ∫
mese
=
∫ mese
I β dt mese UL mese
Il primo integrale è la radiazione solare mensile sulla superficie del modulo, il secondo integrale è
la differenza fra la temperatura ambiente media mensile pesata con l’intensità della radiazione T’a e la
temperatura di riferimento mentre il terzo integrale va valutato in termini del prodotto medio mensile
trasmissività - assorbimento ed una variabile adimensionale V definita come:
n∫ I β 2 dt
V= mese
NH 2 β
Con n numero di ore o di secondi nel giorno.
La variabile di riferimento viene espressa nella forma:
V = aX 2 + bX + c
Con i seguenti valori:
R
Rn
X=
(ω '
s (
1,548K h ) + (1 − 1,548K h ) ωs )
Ove si hanno:
a = 12,16 K h 2 − 9,88K h + 0,80
b = −1,90 K h 2 − 9, 79 K h + 10,15
c = 2, 04 K h 2 + 1, 23 − 0,58
Con K h indice di trasparenza atmosferica e con il simbolismo già visto per il calcolo della
radiazione solare.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 227
10 ENERGIA EOLICA
Figura 167: Mulini ad assi verticali e primo impianto con turbine da 630 kW
Nel 1940 negli Stati Uniti fu costruita una macchina da 1250 kW bipala (installata a 610 m di
altitudine, sul Grandpa's Knob, in Vermont), con una torre di 34 m; un rotore di 55 m di diametro, a 28
giri/min nominali.
Il rotore si ruppe nel 1945 per fatica ed in seguito il progetto venne abbandonato in quanto allora
l'energia eolica non poteva economicamente competere con la produzione di energia elettrica da
centrali a combustibile fossile e idroelettriche.
Indirettamente l’energia eolica è figlia dell’energia solare poiché si tratta di spostamenti di massa
d’aria innescati da surriscaldamenti locali dovuti alla radiazione solare. Tutta la meteorologia è figlia
della distribuzione dell’energia solare sulla Terra.
Questi impianti sono concettualmente semplici: l’energia dinamica dell’aria in movimento mette
in azione un mulino a pale opportunamente sagomate che a sua volta aziona un generatore elettrico per
la produzione di energia elettrica.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 229
Oggi sono disponibili pale che possono entrare in azione con velocità di 2-4 m/s. La fattibilità
economica di questi impianti è assicurata in zone particolarmente ventose durante tutto l’anno.
L'Italia meridionale e le isole sono caratterizzate in genere da buone velocità del vento, che
pongono queste regioni tra le più interessanti dal punto di vista dello sfruttamento dell'energia eolica
nel nostro paese.
Per quanto riguarda l'andamento stagionale si ha una certa prevalenza del periodo inverno-
primavera al sud e nelle isole, nonché alle alte quote alpine e appenniniche e nelle regioni costiere. Le
zone interne del nord e del centro (alle basse quote) presentano invece una ventosità maggiore nel
periodo primavera-estate.
Studi sulle prospettive eoliche in Europa attribuiscono alla fonte eolica la possibilità di coprire
l'1% del fabbisogno energetico italiano.
10.2 PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO DELLE MACCHINE EOLICHE
Potenza totale disponibile
La potenza totale disponibile in una corrente di vento è pari al flusso di energia cinetica KEi,
ovvero
• •
V2
Ptot = m KEi = m i
2
Nella quale,
Ptot = potenza totale, W
•
m = portata in massa, kg/s
Vi = velocità del flusso incidente, m/s
La portata in massa è data dalla equazione di continuità
•
m = ρ AVi
Nella quale,
ρ = densità dell'aria, kg/m3
A = sezione normale alla corrente, m2
Dunque,
1
Ptot = ρ AVi 3
2
Risulta quindi che la potenza totale disponibile nella corrente è proporzionale al cubo della sua
velocità, all'area intercettata e alla densità dell'aria incidente.
10.3 LA RISORSA EOLICA
Per la progettazione di una Wind Farm è necessario conoscere la disponibilità della risorsa eolica.
L’informazione sul potenziale eolico deve essere riferita a periodi significativi (anno, stagione, anni), e
non semplicemente a dati puntuali.
La scelta del tipo di generatore, e della disposizione dei generatori all’interno del parco dipende
fortemente da questa analisi. Lo studio è di tipo prettamente statistico: esso dipende dalla probabilità di
occorrenza di una certa intensità di vento nell’arco di un tempo definito.
Anche la probabilità di occorrenza di eventi straordinari dovrebbe essere presa in considerazione
2 uI η η η
η η η
uR
Questo è riferito al caso ideale. L’integrale deve essere risolto con metodi numerici.
β −1
uO
β u u β
AF = P ( uI ≤ u < uO ) = ∫ η exp − du
uI
η η
AF aumenta al diminuire della velocità di Cut-in e al crescere di quella di Cut-out e di quella media.
Considerare separatamente rendimento η e coefficienti CF ed AF porterebbe a considerazioni erronee:
è possibile avere un elevato AF ma con basso rendimento elettrico della macchina e viceversa.
Il giusto approccio consiste quindi nel valutare nel loro complesso i parametri, così da ottimizzare
il più possibile lo sfruttamento delle risorse con il minor costo.
La maggiore energia nel vento si trova a velocità superiori a quella media, vedi Figura 174 per la
quale si hanno i valori:
⋅ Media (7 m/s)
⋅ Mediana (linea nera, 6.6 m/s)
⋅ Moda (5.5 m/s)
Si consideri ora il sistema globale delimitato dalle sezioni i ed e. Le variazioni di energia potenziale
sono, come prima, nulle, così come le variazioni di energia interna (Ti = Te) e l'energia di pulsione
(Pi/ρ = Pe/ρ); non c'è calore aggiunto od estratto dal sistema. La conservazione della energia fornisce
allora il lavoro W
Vi 2 − Ve2
W = KEi − KEe =
2
La potenza P si calcola poi come flusso di lavoro
• V 2 −V 2 1
P=m i e
= ρ AVt (Vi 2 − Ve2 )
2 2
Dalla equazione della Vt si ottiene:
1
P= ρ A(Vi + Ve )(Vi 2 − Ve2 )
4
1
L'equazione precedente si semplifica nella equazione Ptot = ρ AVi 3 per P = Ptot, quando Vt =
2
Vi e Ve sono eguali a 0; cioè quando il vento si arresta completamente a valle della turbina. Ciò,
ovviamente, è impossibile poiché il vento non si può accumulare all'uscita dalla turbina. Esiste un
valore ottimale della velocità di uscita Ve,opt in corrispondenza della quale si ha una massima potenza
Pmax, ottenibile differenziando P nella equazione precedente rispetto a Ve per un dato Vi ed
eguagliando a zero la derivata.
3Ve2 + 2VV
i e − Vi = 0
2
Per l'aerogeneratore viene considerata la potenza elettrica resa ai morsetti. Si definisce come
velocità del vento di "avviamento" ("iniziale", o di "start-up") la minima velocità alla quale la macchina
inizia a ruotare (valore tipico: 5 m/s).
Si definisce invece velocità del vento di "inserimento" o di generazione ("cut-in") la minima
velocità per cui l'aerogeneratore inizia ad erogare energia elettrica. Corrisponde di solito all'inserzione
della macchina in rete.
La velocità del vento "nominale" ("rated") è in genere la minima velocità del vento che da la
potenza resa corrispondente al massimo rendimento aerodinamico del rotore (potenza nominale)
(valore tipico: 9-12 m/s).
La velocità del vento di "fuori servizio" (o di "stacco" o di "cut-out") è la velocità alla quale la
macchina viene staccata dalla rete, provocando l'intervento delle protezioni contro le sovra-velocità
Infine la velocità del vento al limite della resistenza è la massima velocità che una macchina può
sopportare senza danno.
Per un aerogeneratore ideale la curva potenza-velocità del vento mostra una potenza che cresce
dalla velocità di "cut-in" a quella nominale e poi si mantiene costante fino alla velocità di "cut-out".
Quest'ultimo fatto è dovuto alla necessità di evitare che la macchina elettrica venga sovraccaricata
oppure che si scelga un generatore sovradimensionato, le cui possibilità verrebbero poi sfruttate per un
tempo assai ridotto.
Nelle macchine reali questa curva è realizzata mediante la regolazione continua (meccanica) del
passo ("pitch regulation"), che consente, una volta raggiunta la potenza massima, di 'sfiorare' la potenza in
eccesso fornita dal vento. Quando la velocità del vento raggiunge il valore di "stacco" le pale entrano in
stallo.
10.7 CARATTERISTICHE DEL VENTO
La potenza del vento è proporzionale al cubo della sua velocità ed è quindi essenziale conoscerne
con precisione le caratteristiche se si vuole realisticamente prevedere le prestazioni di un aeromotore.
Le più elevate velocità del vento si incontrano sulle creste montuose, sulle coste e nel mare aperto (o in
vicinanza dei grandi laghi). I parametri del vento che servono per un corretto dimensionamento di una
turbina eolica sono: le velocità medie, le variazioni istantanee (raffiche), giornaliere ed annuali, la
variazione con l'altitudine e le direzioni prevalenti: caratteristiche strettamente dipendenti dal sito che si
considera e che possono venire raccolte solo dopo anni di indagini statistiche e misure.
Di solito la velocità locale manifesta notevoli fluttuazioni nel tempo (v. per esempio la Figure 1.2)
e la velocità istantanea V può essere descritta sommando ad un valore medio Vm una componete
fluttuante nel tempo v:
V = Vm + v
La velocità media Vm tipicamente viene determinata su prefissati intervalli temporali (10 minuti,
per esempio).
2
1 1 2
T
v2
Vm Vm T ∫0
Tu = = v dt
La fluttuazione del flusso viene solitamente espressa con riferimento alla radice quadrata della
media del quadrato delle componenti turbolente della velocità istantanea:
Per terreni ad elevata rugosità (con alberi ed edifici) l'intensità della turbolenza solitamente varia
fra 0.15-0.2; per terreni lisci tipicamente 0.1.
La velocità del vento sulla superficie del terreno è nulla (a causa dell'attrito fra aria e terreno);
cresce poi rapidamente con l'altezza, tipicamente sino a circa 2 km, dopo di che il gradiente verticale di
velocità praticamente si annulla.
La variazione verticale della velocità del vento viene di solito descritta con funzioni esponenziali
del tipo
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 242
α
z
V ( z ) = Vr
zr
Nella quale z rappresenta l'altezza dal suolo, Vr la velocità del vento alla quota di riferimento zr,
V(z) la velocità media alla quota z. Il parametro α dipende dalla rugosità locale (un valore tipico può
essere 0.1). Si veda in proposito la Tabella seguente.
Tipo del terreno Classe di Esponent
rugosità eα
Grandi superfici acquatiche 0 0.01
Terreni aperti con pochi ostacoli 1 0.12
Terreni agricoli con edifici e barriere (di protezione, siepi, ecc.) 2 0.16
Aree agricole con molti alberi, boschi e paesi 3 0.28
Figura 182: Parametro α
L'istogramma da la probabilità (calcolata sulle rilevazioni in diversi anni) che si presenti una
determinata velocità compresa fra V e V+∆V (nel caso di Figura ∆V=1 m/s). Ad esempio, la
probabilità che il vento abbia velocità compresa fra 4.5 e 5.5 m/s è 0.104 ovvero (0.104 × 8760)=910
ore/anno.
Diagrammi simili (della "distribuzione di frequenza") sono disponibili a livello annuale, stagionale
o mensile e presentano tutti una caratteristica forma a campana con asimmetria a sinistra (tipica
distribuzione di Weibull e Rayleigh).
La "distribuzione cumulata della frequenza", detta anche "curva di durata", viene poi ottenuta dalla
precedente distribuzione in modo da poter valutare (ad esempio in termini di ore/anno) il numero delle
ore nelle quali una determinata velocità viene ecceduta.
10.8 AERODINAMICA DEL PROFILO
Si definiscono due coefficienti
⋅ Lift Coeff. CL: CL = L / [ 0.5 ρ V∞2 c]
⋅ Drag Coeff. CD: CD = D / [ 0.5 ρ V∞2 c]
c è la corda del profilo, ρ la densità.
In modo analogo a quanto fatto in precedenza, si trova CPmax per v/vw = 1/3
CPmax = (4/27) CD
Se la separazione avviene sul leading edge, l’intero SL può separarsi istantaneamente con perdita
immediata di portanza.
I mulini a vento raggiungevano CP ≈ 0.3 ed erano basati essenzialmente sul concetto di Drag.
I moderni generatori raggiungono CP ≈ 0.5. Si assiste alla superiorità del concetto di Lift rispetto
a quello di Drag.
Relativamente a CP, i rotori a più alto tip-speed ratio sono preferibili. Rispetto a CQ, i rotori lenti
multi-pala hanno la coppia più alta.
Possibili problemi di avvio si possono avere per rotori mono e bi-pala. Il Rotore tripala
rappresenta il miglior compromesso. Si hanno i seguenti coefficienti:
Power coefficient: CP = P / [0.5 ρ vw3 A]
Torque coefficient: CQ = M / [0.5 ρ vw2 A R]
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 247
Gli attuali motori endotermici sembrano aver quasi raggiunto i loro limiti tecnologici e pertanto il
rapporto fra il ciclo reale e quello ideale, ηR/ηI, tende al valore massimo consentito dai materiali
utilizzati. Si ricorda, infatti, che il limite tecnologico è imposto oggi quasi esclusivamente dalla
temperatura massima raggiungibile in condizioni stazionarie nel ciclo termodinamico: per i motori a
scoppio questa è data dalla fase di scoppio seguita da altre fasi di raffreddamento mentre per i motori a
gas (turbine a gas con ciclo Joule) la temperatura massima si ha in uscita dalla camera di combustione e in
ingresso al distributore del primo anello della turbina ed infine per i cicli a vapore la temperatura
massima si ha all’uscita dal generatore di vapore.
In tutti i precedenti casi i limiti tecnologici sembrano ormai raggiunti e sono stabili da decenni e
non si vedono altri miglioramenti a meno di cambiare i materiali utilizzati. In ogni caso il miglioramento
sul rendimento termodinamico è ormai marginale.
Le celle a combustibile sono generatori elettrochimici dove l’energia chimica dei combustibili è
trasformata direttamente in energia elettrica senza combustione45.
11.1 FUNZIONAMENTO BASILARE DELLE CELLE A COMBUSTIBILE
L’idea di utilizzare processi elettrolitici per produrre energia elettrica non è nuova e risale già alla
seconda metà dell’ottocento. Tuttavia gli sviluppi più importanti si sono avuti a partire dalla seconda
metà del novecento sia con l’esigenza, prima, di avere generatori compatti per applicazioni spaziali e,
poi, di sostituire le tecnologie basate sugli idrocarburi nei normali cicli a combustione con altre di tipo
alternativo meno inquinanti e maggiormente performanti46, come indicato in un confronto con gli
attuali cicli in Figura 191.
Celle a combustibile con elettrolita acido
Il meccanismo di base del funzionamento di una cella a combustibile è indicato in Figura 193 e
può essere descritto nelle seguenti fasi:
⋅ Nelle celle con elettrolita di tipo acido, vedi Figura 193, si invia combustibile (H2) che a
contatto con il catalizzatore si dissocia in protoni ed elettroni secondo la reazione:
H2 → 2H+ + 2e- E0= 0.000 V
⋅ In corrispondenza dell’anodo si invia il comburente (O2) che riceve gli elettroni liberati
dall’idrogeno e provenienti esternamente attraverso il circuito esterno e si dissocia in
ione ossigeno che combinandosi con gli ioni idrogeno proveniente attraverso l’elettrolita
forma acqua secondo la relazione:
O2 + 4 H+ + 4 e- → 2H2O- E0= 1.229 V
Figura 193: Schema base delle celle a combustibile con elettrolita acido
45 Si ricorderà dal Corso di Fisica Tecnica che il processo di combustione è responsabile di una perdita di exergia di
circa il 30% (vedi Diagramma di Sunkey delle centrali a ciclo Rankine) a causa delle perdite insite nel processo chimico-fisico
della combustione e del generatore termico. Nelle celle a combustibile si ha un processo di ossido-riduzione non termico ma
elettrochimico che evita le perdite termodinamiche suddette.
46 In realtà si sta assistendo ad uno sviluppo accelerato nell’ultimo decennio per motivi anche geo-politici legati al
costo e alla disponibilità del petrolio oltre che ad una accettata necessità di ridurre le emissioni inquinanti per ridurre l’effetto
serra (Protocollo di Kyoto).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 250
In definitiva si forniscono alla cella da un lato idrogeno e dall’altro lato ossigeno ottenendo
formazione di acqua e di energia elettrica secondo la reazione (non più di combustione):
2H2 + O2 → H2O E0= 1.229 V
Il prodotto finale è assolutamente non inquinante e la cella fornisce direttamente energia elettrica
senza passare attraverso il rendimento di Carnot. Si osservi che la trasformazione inversa consente di
separare dall’acqua idrogeno ed ossigeno ricostituendo i componenti fondamentali di ingresso della
cella. In questo senso si avrebbe, qualora si raggiungesse l’effettiva reversibilità, un ciclo ideale
reversibile con rendimento di trasformazione unitario.
Celle a combustibile con elettrolita basico
Si possono avere celle a combustibile con elettrolita basico il cui funzionamento è schematizzato
nella seguente sequenza di reazioni per l’anodo e per il catodo:
H2 + 2 OH-- - → 2H2O + 2e-- E0=- 0.828 V
O2 + 2 H2O + 4 e- → 4 OH-- E0= 0.401 V
In definitiva ancora una volta si ha la reazione complessiva:
2H2 + O2 → H2O E0= 1.229 V
47 La costante di Faraday è la quantità di carica elettrica (detta anche faraday, simbolo F) che libera agli elettrodi di
una cella elettrolitica un equivalente chimico di sostanza; è uguale a 96.487 Coulomb, valore che viene generalmente
arrotondato a 96.500 Coulomb. Per evitare confusioni con il farad è stato proposto di chiamare tale costante Davy, dal nome
del chimico H. Davy.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 252
∆G = ∆H - T∆S
con ∆S variazione di entropia all’interno della cella e con T∆S calore prodotto (o assorbito) dalla
cella. Possiamo esprimere il rendimento della cella mediante il rapporto:
∆G T ∆S
η= = 1−
∆H ∆H
Questa relazione ci dice che il rendimento di trasformazione della cella è minore di uno48 per celle
a bassa temperatura. Per celle ad alta temperatura la variazione di entropia per la formazione dell’acqua
è positiva e pertanto, essendo ∆H negativa, si ha un rendimento maggiore di uno49.
Un’altra osservazione da fare è la variazione dell’efficienza di una cella a combustibile con la
temperatura. In genere l’aumento della temperatura porta ad un decremento delle prestazioni: ad
esempio un tipo di celle passa da rendimento 83% a 25 °C a rendimento 78 % a 100 °C. In definitiva
rispetto a cicli termodinamici tradizionali si ha un andamento opposto, come illustrato nella Figura 196.
∆G = ∆G 0
+ RT ln
[ A] [ B ]
a b
ove in parentesi quadra si hanno le attività delle specie chimiche coinvolte nella reazione tipo
sopra indicata. Tale attività coincidono, nel caso di miscele di gas ideali, con le pressioni parziali.
48 Si dimostra che ∆H è negativo e che anche ∆S è negativo per la formazione di acqua con T< 100 °C.
49 Questa apparente contraddizione si giustifica con il fatto che si è preso come riferimento il ptere calorifico
inferiore anziché quello superiore. In effetti qualcosa di analogo succede per il rendimento delle caldaie a condensazione
nelle quali si recupera anche il calore latente di condensazione del vapore liberato nella reazione di combustione.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 253
Erev =E +
0
ln
nF [C ]c [ D ]d
con E0 potenziale della reazione in condizioni standard. Per una miscela di gas ideali,
generalizzando la relazione, si ottiene:
m
RT ∐p i
vi
Erev = E0 + ln i =1
p
nF vj
∐p
j =1
j
con m numero dei reagenti nella reazione e con p numero dei prodotti, e con pi e pj pressione
parziali dei reagenti e dei prodotti e con vi e vj i coefficienti stechiometrici.
Per una cella funzionante con idrogeno ed ossigeno si ha:
RT pH 2 ⋅ pO2
Erev = E 0 + ln
nF pH 2 O
Quest’ultima relazione dice che un aumento delle pressione porta ad un aumento del potenziale
di cella e quindi anche ad aumento di rendimento. Si ha anche un aumento della densità di energia e
quindi un minor peso e ingombro (oltre che minor costo) della cella a combustibile.
Quanto detto vale per condizioni di reversibilità dei processi esaminati e cioè quando la cella
funziona a vuoto, cioè non si ha carico elettrico. In presenza di un carico elettrico vale la legge di Ohm
per cui i potenziali elettrici misurabili differiscono da quelli ideali. La quota di energia libera di Gibbs,
pari a T∆S, viene trasformata in calore e quindi si ha irreversibilità termica. Si hanno altre cause di
irreversibilità dette polarizzazioni.
11.4.1 POLARIZZAZIONE OHMICA
Le perdite ohmiche si hanno nelle resistenze agli elettrodi per gli elettroni e alle resistenze degli
ioni nell’elettrolita, oltre alle perdite di contatto agli elettrodo e ai separatori. La caduta di tensione è
pari, com’è noto dalla legge di Ohm, da:
∆V = R i
In base a quanto sopra detto, per ridurre queste perdite occorre diminuire la distanza fra gli
elettrodi, lo spessore di elettrolita attraversato dagli ioni, aumentare la superficie di contatto tra
elettrolita ed elettrodi e migliorare la conducibilità di entrambi (ionica ed elettronica).
11.4.2 POLARIZZAZIONE PER CONCENTRAZIONE
La rapidità del consumo dei reagenti porta ad avere un gradiente di concentrazione che
contribuisce ad una lenta diffusione gassosa nei pori degli elettrodi e dei reagenti attraverso l’elettrolita
fino alla zona in cui avvengono le reazioni chimiche. Si ha, pertanto, un effetto di diminuzione della
tensione della cella inversamente proporzionale alla concentrazione dei reagenti. La velocità di trasporto
della massa alla superficie di un elettrodo è esprimibile con la legge della diffusione di Fick:
nFD ( Cb − Cs )
i=
δ
ove si hanno i simboli:
⋅ D coefficienti di diffusione dei reagenti;
⋅ Cb la concentrazione media;
⋅ Cs la concentrazione superficiale;
⋅ δ spessore dello strato di diffusione;
⋅ F costante di Faraday.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 254
La concentrazione dei reagenti non può scendere al di sotto di certi limiti per evitare forti perdite
per polarizzazione per concentrazione.
11.4.3 POLARIZZAZIONE PER ATTIVAZIONE
Le reazioni elettrochimiche avvengono solamente quando si supera la barriera di attivazione
(analogamente a quanto avviene per le reazioni chimiche). Ne consegue una diminuzione del potenziale
di cella valutabile con la legge di Tafel:
RT i
∆Vatt = ln
α n F i0
ove si ha:
⋅ α coefficiente di trasporto;
⋅ i0 densità di corrente di scambio.
Di solito si usa la forma semplificata:
∆V = a + b log i
ove a è una costante e b la pendenza di Tafel.
Le perdite per attivazione inducono a ricercare elettrocatalizzatori che portino ad una riduzione
del coefficiente b.
11.5 DIFFERENZA DI POTENZIALE REALE DELLA CELLA
Possiamo ora riassumere le perdite di tensione in un unico termine dato dalla relazione:
∆V pot = ∆VOhm + ∆Vconc + ∆Vatt
Ne consegue che la riduzione complessiva del potenziale della cella sotto carico è data da:
E = Erev − ∆V pot
L’andamento della tensione effettiva della cella in funzione della densità di corrente è data in
Figura 197 ove sono anche evidenziate le singole perdite di tensione sopra descritte. Si osservi che al
crescere della corrente decresce la tensione di cella e quindi le celle a combustibile funzionano meglio a
carico ridotto.
⋅
Aumentare la temperatura di cella: quest’azione da un lato fa diminuire il rendimento
elettrochimico della cella e dall’altro fa diminuire le polarizzazioni elettroniche ed
aumenta la conducibilità dell’elettrolita.
Si osservi che entrambi gli interventi portano ad avere condizioni di esercizio più severi dei
componenti della cella e di conseguenza anche una vita media inferiore.
Altri interventi utili alla riduzione delle perdite sono:
⋅ lo sviluppo di elettrocatalizzatori migliori;
⋅ scelta di migliori materiali per gli elettrodi, gli elettroliti e le connessioni tra i vari
elementi;
⋅ utilizzo di gas con minori impurezze.
11.6 ELETTRODI A DIFFUSIONE DI GAS
Sia il combustibile che il comburente sono gassosi e le reazioni di ossidoriduzione avvengono in
corrispondenza degli elettrodi. Ne segue che questi ultimi debbono essere di tipo poroso a diffusione di
gas che hanno la caratteristica di presentare una grande superficie di reazione50 e di consentire sia il
passaggio dei reagenti che la raccolta dei prodotti finali.
Definiamo superficie geometrica quella microscopicamente misurabile sull’elettrodo mentre
definiamo superficie di reazione o anche superficie elettrochimica la superficie interessata effettivamente dalle
reazioni elettrochimiche.
Nel caso si elettrodi porosi (polveri metalliche sinterizzate) si hanno superfici di reazione molto
maggiori delle superfici geometriche raggiungendo valore dell’ordine di 100 m²/g di polveri metalliche e
dell’ordine di 1000 m²/g per elettrodi di grafite.
La tipologia degli elettrodi dipende dal metodo di fabbricazione.
Figura 198: Elettrodi idrofobici: a) gas, b) grafite, c) agente impermeabile, d) elettrolita liquido
L’idrofobicità dell’elettrodo impedisce all’elettrolita liquido di penetrare a fondo nell’elettrodo
stesso lasciando i pori liberi per la diffusione dei gas di reazione.
50 Si consideri, ad esempio, che un elettrodo di platino con superficie liscia consente di generare densità di correnti
dell’ordine di µA/cm² mentre con superficie porosa si hanno densità di corrente dell’ordine di A/cm².
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 256
Figura 199: Elettrodi idrofilici: a) gas, b) particelle metalliche, c) elettrolita, θ angolo di contatto
Gli elettrodi idrofilici sono pesanti rispetto agli elettrodi idrofobici ma hanno il vantaggio di una
grande conducibilità elettrica. Uno dei sistemi costruttivi più utilizzati è il sistema51 Raney® che evitano
l’utilizzo del platino come catalizzatore.
11.7 CELLE A COMBUSTIBILE AD ELETTROLITA POLIMERICO (PEMFC)
Si tratta di una tipologia di fuel cella con elettrolita polimerico e si presentano molto promettenti
per l’utilizzo nella trazione su veicoli elettrici grazie anche alla possibilità di produzione di idrogeno a
bordo mediante un sistema che utilizza metanolo.
51 Si tratta di un sistema di catalizzatore al NiSn utilizzato per la produzione di idrogeno per fuel cells mediante
reforming di idrocarburi derivati da biomasse.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 257
52La NASA le ha scelte ed utilizzate fin dalla metà del novecento nelle applicazioni spaziali. Questo tipo di celle sono
attualmente le più conosciute.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 262
Tabella 24: Confronto fra le diverse tipologie di celle a combustibile (Fonte ENEA)
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 266
12 PRODUZIONE DELL’IDROGENO
Prima di parlare delle produzione dell’idrogeno occorre fare alcune precisazioni anche concettuali
anche per prevenire certe deformazioni mentali causate dalla diffusione di notizie di scarso valore
scientifico. L’idrogeno, insieme all’energia elettrica, è un vettore di energia in grado di garantire la
minimizzazione delle emissioni. L’idrogeno, inoltre, permette lo stoccaggio (ancora meglio dell’energia
elettrica) ed offre una maggiore flessibilità nella gestione della domanda energetica. Infine va ancora
sottolineato il fatto che l’idrogeno è molto flessibile negli utilizzi in una vasta gamma di applicazioni (ad
esempio stazionarie, trasporti, portatili).
Il sistema energetico italiano è caratterizzato da una efficienza non elevata ed è fondato
sull’utilizzo di risorse non rinnovabili, soprattutto fossili.
In Figura 215 si ha una quadro sinottico del sistema di conversione energetico sia per le fonti
rinnovabili che per le fonti non rinnovabili (o anche esauribili).
In Figura 216 si ha l’andamento della tendenza all’utilizzo delle varie fonti di energia ed è
possibile osservare immediatamente come le uniche fonti in prevedibile crescita sono quelle derivanti
dall’energia nucleare, dalla fusione nucleare, dall’energia solare e, soprattutto, dall’idrogeno. Le fonti
petrolifero sono date in decrescita nella seconda parte del 2000.
54 Una riduzione drastica dell’utilizzo delle fonti energetiche tradizionali basate si combustibili fossili potrebbe avere
contraccolpi politici ed economici notevoli. Ciò consiglia una certa prudenza nel prevederne l’eliminazione. Va inoltre
considerato che una qualunque forma di energia si volesse sostituire a quella derivata dal petrolio dovrebbe avere una catena
di distribuzione capillare che risulterebbe costosa e difficile da creare. Per questo motivo un utilizzo razionale e congruente
delle fonti petrolifere mediante produzione e distribuzione di idrogeno sembra la via più adeguata per risolvere i problemi
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 271
Anche per trasporto collettivo si hanno studi di bus alimentati con fuel cells. Nella figura
seguente si hanno le caratteristiche di un bus . Si osservi il numero di serbatoi per l’idrogeno, ben 9 a
250 bar. Le prestazioni sono del tutto confrontabili con quelli tradizionali. Gli ingombri dei propulsori
sono in questo caso meno penalizzanti.
Questa tecnologia appare conveniente se adottata in congiunzione con celle a combustibile per
autotrazione o per applicazioni a scala ridotta.
Oggi si tende a modificare il processo SMR con un nuovo processo denominato Sorbtion Enhanced
Reforming (SER) che porta a produrre idrogeno a bassa temperatura ed elimina la CO2 prodotta durante
il reforming. In definitiva con la tecnologia SER si ottengono due flussi separati ed altamente puri: uno di
idrogeno e l’altro di biossido di carbonio. Quest’ultima possibilità può essere utile sia per avere
idrogeno puro che per convogliare il biossido di carbonio in pozzi di assorbimento per ridurre l’effetto
serra. I costi di produzione sono notevolmente ridotti rispetto al tradizionale SMR e molto competitivi
con gli altri processi.
Tecnologie fotobiologiche
Queste tecnologie tendono a produrre idrogeno da sistemi biologici utilizzando generalmente
luce solare. Ad esempio alcune alghe o batteri sono in grado di produrre idrogeno sotto specifiche
condizioni: i pigmenti delle alghe assorbono energia solare e gli enzimi nella cellula agiscono da
catalizzatori per scindere l’acqua nei suoi componenti di idrogeno ed ossigeno.
Si tratta di sistemi ancora in fase iniziale di studio e con efficienze produttive ancora basse (circa il
5%). Sono stati identificati circa 400 batteri che possono produrre idrogeno combinando monossido di
carbonio ed acqua.
Tecnologie fotoelettrochimiche
I sistemi fotoelettrochimica usano degli elettrodi semiconduttori in una cella fotoelettrochimica
per convertire energia ottica in energia chimica. Si hanno due tipologie di questi sistemi: una utilizza
semiconduttori e l’altro usa metalli complessi dissolti.
Nel primo caso un materiale semiconduttore è usato sia per assorbire l’energia solare sia per agire
da elettrodo per la scissione dell’acqua. Il secondo tipo di sistemi fotoelettrochimica utilizza materiali
complessi dissolti come catalizzatori. Il materiale complesso solubile assorbe energia e crea una
separazione tramite carica elettrica che conduce alla reazione di scissione dell’acqua.
12.4 STOCCAGGIO DELL’IDROGENO
L’idrogeno è un gas leggerissimo ed ha una bassissima energia di attivazione in presenza di
comburente. Pertanto esso ha una elevata probabilità di rischio qualora non si attuino tutte le procedure
necessarie per la sicurezza. L’idrogeno già a contatto con l’aria forma miscele esplosive che possono
facilmente scoppiare. Tuttavia grazie alla sua leggerezza l’idrogeno si disperde facilmente diminuendo il
rischio della concentrazione critica.
Abbiamo diversi sistemi di stoccaggio dell’idrogeno che qui si discuteranno più in dettaglio.
In genere i contenitori per idrogeno liquido hanno forma sferica perché questa ha il rapporto di
forma (S/V55) migliore rispetto a qualsiasi altra geometria e garantisce le minori trasmissioni termiche
attraverso la superficie esterna. Tuttavia i contenitori cilindrici sono più semplici da costruire e quindi
più economici. L’idrogeno evaporato viene mantenuto in parte all’interno del recipiente per aumentare
la pressione interna, parte viene espulso per raffreddare il recipiente e parte viene espulso in aria
attraverso opportune valvole.
Per quanto riguarda il rifornimento dei veicoli l’utilizzo dell’idrogeno liquefatto è una soluzione
possibile ed oggi utilizzata. Tuttavia permangono notevoli problemi di sicurezza legati alle fughe di gas
soprattutto in ambienti chiusi e/o a bordo dei veicoli.
In questo caso si usano serbatoi a più strati cilindrici congiunti con un reticolato rinforzato
all’interno. In questo modo si realizza un contenitore multi-cella il cui numero è ottimizzato in funzione
del volume di liquido fa immagazzinare.
55 Si ricorderà dalla Trasmissione del Calore che, supponendo che la resistenza interna sia trascurabile, il transitorio di
θ = θ 0 1 − e
(
− hS )
ρ cV τ
riscaldamento è dato dalla relazione . Per avere un raffreddamento il più lento possibile occorre
avere, a parità di h, ρ e di c, un rapporto S/V grande. La sfera è la forma geometrica che il massimo volume e la minima
superficie esterna e pertanto questa garantisce, ceteris paribus, il riscaldamento più lento.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 283
Figura 232: Struttura del fullerene C60 e della cupola geodetica di R. Buckminster-Fuller
La quantità di poligoni presenti e la loro relativa proporzione determinano la forma e le
dimensioni del fullerene. Il primo fullerene scoperto è il C60 che ha la stessa forma di un pallone da
calcio, ed è per questo conosciuto anche col nome di "buckyball".
Questa famiglia di composti ha preso il nome di "fullereni" in onore dell'architetto Richard
Buckminster-Fuller, le cui creazioni chiamate "cupole geodesiche" ricordano la struttura dei fullereni.
I fullereni vengono prodotti artificialmente con un sistema di vaporizzazione del carbonio ad alta
temperatura ma sono stati ritrovati in minime percentuali anche in nella miniera di carbone di
Yinpinglang, in Cina.
Nanofibre
Le nanofibre, o nanofilamenti, sono delle strutture fibrose il cui diametro è compreso tra qualche
decina e qualche centinaio di nanometri. Queste fibre possono avere strutture molto differenti,
spaziando dai "graphite wiskers", costituiti da uno strato di grafite arrotolato più volte su se stesso, fino
alle fibre "platelet", costituite da strati di grafite perpendicolari all'asse della fibra.
In generale è possibile dividere i nanofilamenti in tre grandi famiglie, a seconda dell'angolo
esistente tra l'asse del filamento e il piano degli strati di grafite.
Si possono quindi distinguere le fibre "platelet" (angolo = 0°, grafite perpendicolare all'asse),
"herringbone", o a "spina di pesce" ( 0° <angolo <90° ) oppure tubolari (angolo = 90°)
tubo in carbonio formato da uno strato di grafite arrotolato su se stesso a formare un cilindro, chiuso
alle due estremità da due calotte emisferiche. Il corpo del nanotubo è formato da soli esagoni, mentre le
strutture di chiusura (le sue semisfere) sono formate da esagoni e pentagoni, come i normali fullereni.
Per questa ragione i SWNT possono essere considerati come una sorta di "fullereni giganti", e sono per
questo motivo chiamati anche "buckytubes".
Nella realtà i nanotubi presentano spesso dei difetti strutturali o delle imperfezioni nella struttura
geometrica (ad esempio la presenza di strutture pentagonali o ettagonali nel corpo del tubo) che
deformano il cilindro. Il diametro di un SWNT è compreso tra un minimo di 0,7 nm (corrispondente al
doppio della distanza interplanare della grafite) e un massimo di 10 nm, ma nella stragrande
maggioranza dei casi il diametro è inferiore ai 2 nm. L’area superficiale dei nanotubi arriva fino a 1000
m²/g. L'elevatissimo rapporto (104 – 105) tra lunghezza e diametro dei SWNT consente di considerarli
come delle nanostrutture virtualmente monodimensionali, e conferisce a queste molecole delle
proprietà peculiari, che vedremo in seguito.
Ogni SWNT è caratterizzato dal suo diametro e dal suo "vettore chirale" (n,n) o "elicità", cioè dalla
direzione di arrotolamento della grafite in rapporto all'asse del tubo. I SWNT (10,10) e (9,0) prendono i
nomi di "armchair" e "zig-zag".
Figura 234: SWNT ideale chiuso alle due estremità da due fullereni
Figura 239: Immagini virtuali di DWNT (Double Wall Nano Tube) con e senza interazioni tra le pareti
In questo tipo di misurazione vi sono due principali difficoltà: la prima è quella di isolare un
nanotubo per poterlo sottoporre ai test, la seconda è l'enorme difficoltà di manipolare degli oggetti di
taglia nanometrica. Per questa ragione è spesso necessario ricorrere a delle simulazioni a computer, che
però risentono fortemente delle approssimazioni e dai modelli teorici utilizzati nella simulazione.
I nanotubi non sono solo estremamente resistenti alla rottura per trazione, ma anche molto
flessibili, e possono essere piegati ripetutamente fino a circa 90° senza rompersi o danneggiarsi.
L'estrema resistenza dei nanotubi, unita alla loro flessibilità, li renderebbe ideali per l'uso come
fibre di rinforzo nei materiali compositi ad alte prestazioni, in sostituzione delle normali fibre in
carbonio, del kevlar o delle fibre di vetro. A queste enormi potenzialità fa però da contraltare il
problema tecnologico della costruzione di tali fibre, dato che al momento non e' possibile costruire
delle fibre macroscopiche costituite da nanotubi.
Conduttività
La struttura elettronica dei nanotubi è molto simile a quella della grafite, dotata di buone capacità
di conduzione in direzione planare, e sarebbe quindi lecito aspettarsi un comportamento simile da parte
dei nanotubi. I nanotubi hanno invece mostrato delle sorprendenti proprietà di conduttività che
cambiano secondo la loro geometria: i SWNT "armchair" mostrano un comportamento metallico, gli
altri un comportamento da metallo o da semiconduttore a seconda dei casi.
Figura 247: Confronto fra le capacità di stoccaggio dell’idrogeno nelle varie tecnologie
Per i sistemi di costruzione dei nanotubi si rinvia alle pubblicazioni specializzate.
Una tecnica innovativa per il trasporto dell’idrogeno liquido consiste in un gasdotto contenente
un materiale superconduttore: l’idrogeno liquido agirebbe da refrigerante per il superconduttore e
consentirebbe il trasporto dell’elettricità attraverso lunghe distanze senza le grosse perdite di corrente
delle linee convenzionali. Naturalmente questo sistema richiederebbe l’uso di materiali isolanti
particolari ed il raffreddamento continuo dell’idrogeno durante il trasporto.
Ma, come sempre, ogni veicolo pone il problema del proprio combustibile e, tra le opzioni BEV
e FCV, sembra ormai consolidata l'idea che le FCV avranno maggiori chances, così come viene
riportato anche nel recente Piano Generale dei Trasporti.
In pratica, il problema di quale motore equipaggerà il veicolo a zero emissioni si sta
progressivamente focalizzando su un punto un po' diverso, anche se strettamente correlato: la
produzione e la logistica di un nuovo e adeguato combustibile in grado di alimentare tale veicolo.
Non a caso, della intera catena relativa allo sviluppo commerciale di veicoli FCV, un anello critico
è rappresentato dalle infrastrutture per la produzione e il rifornimento del fuel specifico, cioè
l’idrogeno, sia in termini di investimento sia di prezzo al consumo.
Di fatto, uno degli elementi portanti per il successo di una nuova mobilità pienamente accettabile
per l'ambiente potrebbe risiedere proprio in una realistica e praticabile logistica dell'idrogeno su scala
diffusa.
In Figura 248, è riportato l'albero tecnologico delle opzioni in sviluppo in grado di dare una
risposta al problema del veicolo a emissioni nulle e si può osservare come - a partire da diverse
tecnologie di propulsori - un importante elemento chiave sia la disponibilità di idrogeno.
Ma rispetto al dove e come produrlo, come distribuirlo e come stoccarlo si presentano svariate
soluzioni tecnologiche variamente interdipendenti. In questo quadro, in Italia, quale opzione di
produzione idrogeno potrà offrire i maggiori vantaggi economici e rappresentare delle nuove
opportunità di business?
Per cominciare a rispondere a questa domanda sono state condotte valutazioni economiche sul
costo finale dell’idrogeno "alla pompa" nell'ipotesi di soluzioni che ne prevedano uno stoccaggio a
bordo, mettendo a confronto alcune possibili opzioni di produzione.
capacità (tipico di una raffineria) e la relativa distribuzione alle stazioni di servizio di un'area, con la
produzione localizzata nella stazione di servizio stessa (on site).
Quali tecnologie di produzione sono state considerate lo steam reforming del metano (SMR) per
la produzione centralizzata e on site, e il processo di elettrolisi dell’acqua per la produzione on site.
La valutazione è stata effettuata sulla base delle seguenti ulteriori assunzioni:
⋅ tecnologia veicolare di riferimento: FCV;
⋅ auto FCV caratterizzata da un consumo di H2 pari a 0.01 kg H2 /km e da un serbatoio
che contiene 3 kg H2 (rifornimento settimanale). Bus FCV caratterizzato da un consumo
di 0.056 kg H2/km con un serbatoio di circa 17 kg di capacità (rifornimento giornaliero
per una percorrenza di 300 km/giorno);
⋅ impianto di produzione con capacità pari a 900 kg H2 /giorno (rifornimento di circa 300
auto o 45 bus al giorno). Tale dimensione è compatibile sia con la politica di accentrare i
siti di rifornimento, sia considerando il rifornimento di una flotta di autobus presso un
deposito. E’ stato anche studiato il caso di una stazione con capacità pari a 180 kg H2
/giorno per meglio valutare le opportunità che possono sorgere nel periodo iniziale
dello sviluppo commerciale;
⋅ tipologia di rifornimento: idrogeno in forma di gas compresso. Questa soluzione è
attualmente adottata per il rifornimento degli autobus. L’H2 in forma gassosa resta
comunque la modalità più diffusa per eseguire lo stoccaggio on board mediante idruri,
bombole e, possibilmente nel futuro, anche tramite nanostrutture di carbonio;
⋅ nel caso di produzione centralizzata, è previsto il trasporto dell’idrogeno in forma
liquida dal sito di produzione alla stazione di servizio;
⋅ per il prezzo dell’energia elettrica e del gas naturale, sono stati presi, come riferimento e
a titolo conservativo, quelli pubblicati nel report annuale dell’Autorità per l’Energia, che
rappresentano il prezzo (comprensivo delle fiscalità) che potrebbe pagare, in assenza di
contratti particolari, un operatore, esterno al business elettrico e/o del gas, che volesse
investire nella produzione di idrogeno.
Inoltre, nel caso di bus, i depositi centralizzati di rifornimento assicurano un consumo costante
ed elevato di carburante. Tali condizioni potrebbero avvantaggiare, soprattutto nella fase iniziale,
l’utilizzo dell’idrogeno per l’autotrazione pubblica rispetto a quella privata.
La produzione dell’idrogeno tramite impianti di steam reforming del metano, installati presso la
stazione di rifornimento, è l’opzione tecnologica economicamente vincente rispetto alla produzione
centralizzata o tramite elettrolisi on site.
Il vantaggio competitivo è elevato per le stazioni di rifornimento caratterizzate da una domanda
costante ed elevata (depositi di FC-autobus nella fase iniziale e, una volta raggiunta una domanda
costante, anche per le stazioni di rifornimento delle auto private).
Le altre opzioni considerate, produzione centralizzata tramite SMR ed elettrolisi, potrebbero
diventare forti competitors se l’idrogeno fosse prodotto da aziende coinvolte nel business elettrico o del
gas, per le quali i costi delle “materie prime” sono sensibilmente minori dei valori utilizzati
nell’elaborazione economica.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 299
Una categoria di generatori termici che si sta affermando in questi ultimi anni è quella degli
inceneritori detti anche termovalorizzatori dei rifiuti solidi. Questa tecnologia, fino a pochissimi anni fa
relegata in una fase da laboratorio e implementata solo in paesi più sensibili al rispetto dell’ambiente,
oggi trova applicazione anche in Italia a seguito di alcune direttive europee e del noto Decreto Ronchi,
pur con notevole ritardo rispetto ad altre nazioni europee. Si fa strada, quindi, la cultura della
valorizzazione termica dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) e in genere di tutte le tipologie di rifiuti che le leggi
vigenti propongono.
Alla base di questa filosofia vi è il concetto di recupero energetico oltre che materiale di alcune
frazioni riciclabili quale la plastica, i materiali ferrosi, la carta .... I RSU o loro assimilabili sono, infatti,
prodotti organici capace di fornire energia se opportunamente combusti con un potere calorifico
inferiore (pci) che varia da 1800 ÷ 4500 kcal/kg a seconda della tipologia di prodotto.
Considerando una produzione realistica di RSU di 1.5 kg/p/g (kg di RSU per persona al giorno)
e la popolazione residente nel nostro paese ci si rende conto della enorme quantità di RSU disponibili
giornalmente, senza considerare le altre produzioni quali quelle industriali e ospedaliere.
Per dare un valore concreto nella sola provincia di Catania si hanno circa 1.200 t/g di RSU tal
quale che potrebbe fornire (supponendo un valor medio del pci=2000 kcal/kg) circa 2.790.000 kWh e cioè
una quantità di energia corrispondente al consumo energetico familiare medio di circa 30.000 famiglie.
Negli ultimi due decenni si sono affermate alcune tecnologie per la termovalorizzazione e in
particolare si ricorda: la combustione a griglia, la combustione a letto fluido, la pirolisi a bassa
temperatura e, di recente, la pirolisi ad alta temperatura mediante reattori al plasma. Si tratta di
tecnologie, vecchie e nuove, che presentano una serie di problematiche sia impiantistiche che operative.
Gli impianti di termovalorizzazione con forni a griglia sono probabilmente quelli più conosciuti e
in Italia se ne hanno alcune realizzazioni (anche recenti, come a Brescia e Ferrara) perfettamente
funzionanti. Gli impianti a letto fluido possono considerarsi una evoluzione dei precedenti poiché
utilizzano per la combustione il metodo delle caldaie circolanti a pressione atmosferica (ACFB) con
sensibile riduzione della temperatura di combustione e maggior controllo delle emissioni atmosferiche.
Entrambe le tipologie sopra indicate utilizzano quale prodotto di combustione il CDR
(Combustibile Da Rifiuto) ottenuto dai RSU mediante pretrattamento di essiccazione per eliminare
l’umidità e le frazioni riciclabili. Gli impianti a pirolisi a bassa temperatura, sia endotermica che
esotermica, si basano su conoscenze ormai secolari della scissione pirolitica dei legami molecolari delle
sostanze organiche. Nei forni rotanti pirolitici si raggiungono temperature dell’ordine di 500÷600 °C e,
in atmosfera ridotta di ossigeno, avviene la scissione pirolitica dei rifiuti formando, in genere, gas
pirolitico con residuo di coke detto di pirolisi.
Il gas così prodotto ha un pci di circa 4000÷5000 kcal/kg e può essere utilizzato, previo
trattamenti di depolverizzazione, lavaggio e desulfurazione (in alcuni casi anche in relazione al tipo di
rifiuto utilizzato) per far marciare una turbina a vapore ovvero anche, per gli impianti di piccola taglia
(di solito al di sotto di 100.000 t/anno), motori endotermici con produzione diretta di energia elettrica.
Il coke di pirolisi può essere utilizzato per alimentare forni, come carbonella o per alimentare un
impianto di craking per produrre altro gas di sintesi. In quest’ultimo caso si producono residui vetrosi
non lisciviabili che possono facilmente essere portati a discarica.
Gli impianti a pirolisi ad alta temperatura sono i più recenti e rappresentano un salto tecnologico
nella termovalorizzazione dei RSU. Essi possono trattare praticamente tutte le tipologie di rifiuti (solidi
o liquidi) e producono syngas e residui solidi basaltici.
La pirolisi è attivata ad alta temperatura (3000÷4000 °C in atmosfera povera di ossigeno)
mediante plasma prodotto da elementi ad arco con scarica in aria.
Questa tecnologia di derivazione aerospaziale (dove viene utilizzata per produrre materiali ad
altissime temperature) è stata proficuamente utilizzata principalmente per lo smaltimento di residui
industriali tossici o per terreni con residui radioattivi. Oggi se ne prevede anche l’utilizzo come sistema
principale di gassificazione in impianti di produzione sia di energia elettrica che di prodotti di
trasformazione del syngas (metanolo, ...).
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 300
Oltre a potere trattare qualunque tipologia di rifiuti, questi impianti presentano interessanti
caratteristiche quali il ridotto volume dei prodotti di scarico sotto forma di basalto (circa il 12%) che
può essere riciclato come pietrame da costruzione (pietrisco o anche ballast) o per formare mattonelle
basaltiche per pavimentazione stradale. In pratica dal rifiuto utilizzato all’ingresso del reattore si
ottengono prodotti tutti riutilizzabili: gas e basalto.
Anche la qualità dei prodotti di scarico è eccellente poiché, per effetto della elevata temperatura
nel reattore, le reazioni stabili sono quelle che portano alla produzione di H2, CO e CO2 che, mediante
craking attivato con getti di vapore d’acqua, viene ridotto a CO per aumentare il pci del syngas e pertanto
i prodotti pericolosi (diossine, furani,....) non sono praticamente presenti. L’attivazione della pirolisi ad
alta temperatura avviene mediante arco elettrico e quindi con apporto di energia esterna.
Ne segue che questo sistema può funzionare sia con prodotti organici (che producono gas
riutilizzabile) che inorganici per i quali non si ha formazione di gas ma solo di slag fuso alla base del
reattore. Questo sistema, infatti, è stato prevalentemente utilizzato per fondere materiali metallici
(alluminio, ferro, ....) da oltre 25 anni con funzionamento continuo.
Proprio per questa caratteristica gli impianti al plasma sono anche utilizzati a valle degli impianti
tradizionali per vetrificare le ceneri provenienti dai forni a griglia. Impianti di questo genere sono presenti
già in Europa (a Cenon in Francia si ha un impianto al plasma per vetrificare 70.000 t/anno di ceneri di
un impianto a griglia da 350.000 t/anno) e in Italia si stanno studiando applicazioni simili per gli
impianti a griglia esistenti. Impianti di termovalorizzazione al plasma sono sia in fase di progettazione
avanzata che di inizio costruzione in Europa e in Giappone.
La relazione sviluppa le succitate tematiche fornendo un quadro di riferimento ed un confronto
critico delle tecnologie oggi utilizzate. Vediamo nel prosieguo brevemente le peculiarità delle tipologie
di impianti sopra elencate, anche alla luce del citato Decreto Ronchi. In particolare si descriveranno con
maggior dettaglio i cicli termodinamici, le implicazioni impiantistiche e termotecniche, le caratteristiche
di funzionamento, le tipologie di scarichi ambientali al fine della Valutazione di Impatto Ambientale.
Data la natura e la limitatezza del corso si forniranno solamente gli accenni tecnici necessari alla
caratterizzazioni tecniche delle diverse tipologie impiantistiche lasciando i necessari approfondimenti ai
manuali tecnici e alla Letteratura tecnica disponibile.
13.1 SISTEMI A PIROLISI A BASSA TEMPERATURA
La pirolisi è un processo chimico di scissione dei legami delle molecole organiche in atmosfera priva (o
scarsamente presente) di ossigeno in modo da ottenere gas (detto gas di sintesi o syngas) e prodotti
residuali solidi.
La pirolisi e la gassificazione conseguente ottengono principalmente i seguenti risultati:
⋅ -Riduzione dei problemi di deposito degli RSU in discarica attraverso la riduzione dei volumi in
gioco e la scomposizione termica definitiva di prodotti potenzialmente pericolosi
⋅ -Trattamento specifico dei materiali (RSU) in entrata.
⋅ -trattamento decentralizzato degli RSU con minori contaminazioni ambientali.
⋅ -Conversione di materiali - per i quali non sarebbe possibile alcun riutilizzo - in materiali
utilizzabili (residui carboniosi, metalli) ed energia.
⋅ -Un notevole contributo alla riduzione di emissioni di anidride carbonica in quanto tale processo
è sostitutivo della abituale della abituale produzione di energia mediante combustibili fossili.
⋅ -Un composto carbonioso residuo della pirolisi. Nei processi industriali esistenti i metalli, ferrosi
e non, in esso ancora presenti vengono estratti e lo stesso può, in seguito, essere utilizzato come
carbone attivo negli impianti di filtrazione, come sostanza porosa per la produzione di mattoni o
come combustibile nelle centrali termoelettriche. Lo si può inoltre sottoporre al processo di
gassificazione.
⋅ -Attraverso la gassificazione il residuo carbonioso della pirolisi viene convertito in granuli vetrosi
completamente inerti dal punto di vista chimico-fisico che possono essere offerti quali prodotti
per l’industria edile o inviati in discarica senza restrizioni ambientali di sorta.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 301
⋅ Grazie alla sua stabilità chimica intrinseca tale materiale può essere immagazzinato dovunque per
periodi illimitati senza che si renda necessaria alcuna precauzione.
Questo materiale è in grado di trasportare un elevato carico di zolfo e al raggiungimento della sua
saturazione lo zolfo elementare può essere estratto ed avviato alla rigenerazione presso la casa
fornitrice.
La sequenza del filtraggio è completata da un filtro a carboni attivi per ridurre al minimo i
composti di carbonio organico a molecole complesse. Detto filtro ha comunque una funzione di
sicurezza in modo da garantire una buona qualità dei gas anche nel caso in cui le altri parti del sistema
di lavaggio gas non dovessero funzionare in modo ottimale.
qualche millimetro) iniziano una specie di galleggiamento che fa assumere alla massa un
comportamento tipico dei fluidi.
Se allora si utilizza una volume di controllo nel quale si manda aria dal basso e particelle di
materiale (coke di carbone o di CDR) immesse lateralmente si ha, per opportune portate dell’aria, la
formazione del letto fluido. In queste condizioni.
In Figura 254 si ha lo schema di funzionamento di un combustore a letto fluido del tipo circolante In
un cilindro (riser) si insuffla aria dal basso e si alimenta (con CDR ridotto in piccole particelle mediante
apposito frantumatore) lateralmente. L’aria di insufflaggio è in quantità sufficiente alla combustione e
pertanto si ha, all’interno del combustore, una combustione continua ad una temperatura che va dai 900
°C a 850°C.
Nei sistemi a letto fluido circolante il trasporto del materiale di combustione è sensibile e tale da
innescare una circolazione che viene controllata da un condotto discendente (downcomer) che riporta le
particelle elutriate all’ingresso del combustore principale. La combustione a letto fluido presenta notevoli
vantaggi rispetto alla combustione normale a griglia.
La temperatura di combustione è in genere più bassa (circa 900 °C rispetto a circa 1200 °C dei
forni a griglia tradizionale) e questo consente di avere una minore quantità di diossina prodotta. Inoltre
alla base del reattore principale si possono aggiungere additivi chimici (di solito CaCO3 o solfati) che
abbattono gli ossidi COx ed NOx nei fumi.
Si ha anche una minore dimensione (circa il 40% in meno) della caldaia e quindi un minor costo
dei materiali (acciai) necessari per costruire questi impianti. Per contro si ha un maggior dispendio di
energia per l’insufflamento dell’aria e il mantenimento delle condizioni di innesco del letto fluido circolante.
Anche il controllo di questi impianti è notevole dovendo assicurare sempre le condizioni sia
termodinamiche di combustione che fluidodinamiche di circolazione a letto fluido.
Oggi si possono avere caldaia a letto fluido (FB) sia di tipo atmosferico (ACFB) che in pressione
(PCFB). Quest’ultima tipologia di impianto (di derivazione svedese) presenta dimensioni ancora più
ridotte e sembra essere la naturale evoluzione degli impianti a pressione atmosferica che, però, sono
oggi più diffusi e conosciuti.
Le centrali a letto fluido necessitano di un pretrattamento dei RSU così come visto per quelle a
griglia. Da questa sezione di preparazione viene prodotto il CDR (Combustibile da Rifiuti) che viene poi
ridotto in minutissime particelle mediante un mulino.
Rispetto alle centrali a griglia sono più ridotte le sezioni di filtraggio dei fumi per la minore
pericolosità dei prodotti di combustione proveniente dalla combustione controllata a letto fluido. Anche
la produzione di ceneri appare più ridotta rispetto alle caldaie a griglia (10% rispetto al 30%) e quindi i
costi di gestione e di trasporto a discarica sono sensibilmente minori.
Dp
B Letto fluido
Letto fisso
umf u
CFB
Steam generator Stack
Venturi reactor
RDF
Cyclone
Ciclone
Bag filter
Furnacee
r
Water
Intrex
Steam
Prim. air Slag Sec. air Fly ash
Figura 257: Schema della sezione caldaia a letto fluido e trattamento fumi di Lomellina
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 312
Figura 258: Vista assonometrica di una caldaia a letto fluido e del generatore a recupero
Un sistema oggi proposto ed utilizzato in alcune grandi centrali di termovalorizzazione europee
(vedi Cenon in Francia ove si ha una centrale da 400.000 t/anno di RSU con produzione di 120.000
t/anno di ceneri) è quello di vetrificarle mediante trattamento al plasma ad altissima temperatura.
Mediante le torce al plasma (vedi nel prosieguo) si raggiungono temperatura variabili fra 4000 e
7000 °C e quindi tali da fondere le ceneri in uno slag (una specie di lava basaltica) che viene poi
raffreddato per formare mattonelle, portacenere e prodotti vari da riutilizzare.
In Francia è addirittura nato il consorzio VIVALDI che ha lo scopo di trovare sistemi di
sfruttamento dello slag prodotto dalle torce per fini commerciali. Lo slag è un materiale vetroso e non
lisciviabile e pertanto, oltre all’uso come materiale da costruzione o di abbellimento, può essere portato a
discarica tranquillamente con grande vantaggio anche per la notevole riduzione di peso e volume (da
330 kg iniziali per tonnellata di RSU bruciata a 20 kg di slag prodotta dalla torcia). La problematica
dell’utilizzo dello slag è comune agli impianti di termovalorizzazione al plasma che sono trattati nel
successivo capitolo.
13.5 IMPIANTI AL PLASMA
Le prime torce al plasma sono state sviluppate ed utilizzate nell’industria metallurgica e chimica e in
particolare per:
⋅ fusione dei rottami
⋅ recupero dell’alluminio, nell’industria chimica
⋅ produzione di Acetilene dal gas naturale
⋅ produzione di materiali speciali
L’idea di base degli impianti al plasma è di utilizzare le torce al plasma per gassificare (cioè
produrre syngas mediante pirolisi ad alta temperatura) i RSU secondo la metafora di Figura 259.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 313
L’elemento innovativo di questa tecnologia è la torcia al plasma che, come si vedrà fra poco, è
capace di produrre del plasma a temperature elevatissime (le maggiori raggiunte in processi industriali
controllati) e tali da provocare una dissociazione termochimica di tutto ciò che viene investito. Se il
materiale dissociato è di tipo organico allora si produrrà gas di sintesi e quindi energia altrimenti si
provocherà solamente la fusione del materiale metallico o di qualunque altra natura.
Similmente a quanto detto per le torce trasferite, quelle non trasferite operano in polarità inversa
quando l’elettrodo posteriore funge da anodo e quello anteriore da catodo, viceversa quando il catodo è
costituito dall’elettrodo anteriore e l’anodo da quello posteriore esse funzionano in polarità diretta.
Ci sono delle notevoli differenze di comportamento tra le torce ad arco trasferito e non trasferito
riguardo al trattamento dei rifiuti. Poiché le torce ad arco trasferito lasciano passare corrente attraverso
il materiale fuso che deve essere trattato, si può determinare una considerabile componente di
riscaldamento per effetto joule nell’energia che viene trasferita al rifiuto.
Elettrodo
posteriore
- Elettrodo
posteriore +
Plasma
Aria
Aria Plasma
Aria
Aria
Elettrodo
Elettrodo anteriore
Fiamma anteriore
+ Fiamma -
11.000 11.000
9.000 9.000
3.000 3.000
0 5 10 15 20 25 30
Z(mm)
Figura 262: temperature massime raggiungibili con le torce al plasma
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 315
Tutte queste esigenze possono essere ampiamente soddisfatte attraverso l’utilizzo della torcia ad
arco non trasferito a polarità diretta il cui schema è mostrato nella seguente figura.
In funzione della polarizzazione si possono raggiungere le temperature indicate nella Figura 262
ove in ascisse si ha la distanza fra gli elettrodi.
Frazione Mole, X l
CO+ H2O + E CO2 + H2 H2O
0.5
CO2
0.1
Figura 264: Termocinetica e digrammi di equilibrio nelle torce al plasma per RSU
ENERGIA
Re agenti
Caric. &
Rifiuti
Compatt. Sistema di Recupero Energia Residua
Rifiuti Vapore
ENERGIA
PUÒ TRATTARE
Ceneri SI NO
Rif. Osped. SI SI, se specifico
Rif. Industr. SI SI, se specifico
Tossici & Nocivi SI SI, solo in qualche caso
Discariche Speciali NO SI
Ceneri di fondo NO SI
I fanghi di scarico industriali e da espurgo di pozzi possono ancora essere smaltiti da queste
tipologie di impianto e vengono utilizzate diverse tecniche per alimentare i forni. Ad esempio si
possono mescolare i fanghi in percentuale con i RSU in modo da formare un impasto non
eccessivamente molle. Nei forni rotanti a pirolisi si può avere una bocca di alimentazione separata che
alimenta, a cicli alterni, i forni stessi.
Per i rifiuti tossici e radioattivi (terre contaminate, prodotti di scarto dell’industria nucleare, …) i
mezzi di smaltimento non sono molti. Per decenni si è utilizzata la torcia al plasma per vetrificarli e
renderli quindi non lisciviabili. Pertanto gli impianti al plasma per RSU possono, con una alimentazione
separata e controllata, smaltire qualsivoglia tipologia di prodotti.
13.7 SMALTIMENTO DELLE FRAZIONI DIFFERENZIATE
Il Decreto Ronchi prevede la raccolta differenziata obbligatoria dei RSU. Attualmente esiste un
notevole divario fra le regioni del nord e quelle del sud. Nelle prime si sono raggiunte percentuali di
differenziazione che hanno raggiunto il 36% a Brescia e percentuali di poco inferiori in altre grandi
città. Nel Sud d’Italia la raccolta differenziata è ancora da inventare e in alcuni casi si raggiungono
percentuali dell’ordine del 5%, ancora basse.
Le frazioni differenziate dovrebbero essere conferite ai consorzi predisposti per legge al riuso di
questi materiali ma spesso le frazioni differenziate vengono egualmente smaltite in discarica. In pratica
si ha una sorta di soddisfacimento della legge per la raccolta differenziata ma non per il riuso. In pratica
è come trasportare a discarica la frazione umida mediante autocompattatrici e con altri camion le
frazioni differenziate.
Gli impianti di termovalorizzazione possono certamente utilizzare con profitto alcune frazioni
differenziate, escluse quelle vetrose e metalliche. La carta e la plastica, infatti, elevano il potere calorifico
dei rifiuti e migliorano il CDR prodotto dal pretrattamento. Un discorso diverso si potrebbe fare sulla
convenienza energetica del riuso delle frazioni differenziate rispetto all’utilizzo negli impianti di
termovalorizzazione. Il riuso richiede, infatti, una ulteriore quantità di energia di lavorazione che risulta
essere maggiore di quella che se ne potrebbe ottenere negli impianti di termovalorizzazione.
Questo tipo di analisi viene detta Life Cicle Analysis e si avvale di considerazioni di tipo
termodinamico ed exergonomico oggi molto importanti.
Probabilmente l’impostazione delle leggi attualmente in vigore risulta già vecchia rispetto alle
nuove concezioni exergonomiche attuali. Il riutilizzo dei materiali aveva certamente un significato
(anche morale) se confrontato con il consumismo e con la discarica dei RSU tal quali.
Oggi con gli impianti di termovalorizzazione possiamo ottenere di più, in senso termodinamico e
sinergico, mediante trasformazione dei rifiuti in energia primaria che mediante il riuso delle frazioni
differenziate energetiche. La raccolta differenziata dei materiali metallici (ferrosi e alluminosi in
particolare) può consentire un riuso proficuo degli stessi perché possono essere riportati in fonderia e
quindi utilizzati quale materia prima. Anche il vetro può essere riciclato nelle vetrerie anche se non con
la stessa efficacia dei materiali metallici.
La carta può essere riciclata per ottenere carta di minore pregio ma che, in ogni caso, riduce il
consumo di nuova cellulosa.
La plastica può essere riciclata per ottenere prodotti definiti utili (sistemi di imballaggio, utensili
per giardinaggio, ….) ma che spesso stentano a trovare una collocazione di mercato.
La domanda di fondo è allora questa: se per riciclare questi prodotti debbo consumare energia
primaria in quantità maggiore di quella che gli stessi materiali produrrebbero negli impianti di
termovalorizzazione è ancora conveniente riciclare?
L’energia primaria è ottenuta mediante fonti prevalentemente non rinnovabili e quindi si ha sia un
impoverimento energetico che un maggiore inquinamento dovuto all’emissione di gas serra in atmosfera.
Un bilancio sull’emissione di CO2 mediante termovalorizzazione con forni a griglia porta ai
seguenti risultati (fonte ASM di Brescia):
⋅ contributo netto di CO2 per conferimento di RSU a discarica: 690 kg/tRSU
⋅ contributo netto di CO2 per conferimento a termovalorizzatore -550 kg/tRSU
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 323
Pertanto per ogni tonnellata di RSU conferita al termovalorizzatore si ha una differenza di 1240
kg di CO2 scaricata in atmosfera.
Se confrontiamo questo dato con la maggiore produzione di CO2 per la maggiore quantità di
energia necessaria al riciclo si intuisce come tutta l’attuale legislazione debba essere rivista.
Gli accordi di Kyoto impongono agli stati europei una riduzione non indifferente della
produzione di CO2 e per l’Italia si dovrebbe avere una riduzione del 6.5% rispetto al 1990.
Se non si rivede in senso anche energetico la legislazione italiana ed europea questo obiettivo
diviene difficile da realizzare.
Un calcolo effettuato dalla ASM di Brescia mostra come con 40 impianti aventi la potenziali
equivalente del termovalorizzatore di Brescia (240.000 t/anno di CDR) si potrebbe avere una riduzione
di 20.000 di tonnellate di CO2 entro 2012, rispettando pienamente gli impegni di Kyoto.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 324
Nella decisione e progettazione di un’opera vengono coinvolti diversi e molteplici aspetti, alcuni
dei quali sono in rapporto conflittuale tra loro. La stessa decisione di realizzare opere di ingegneria
comporta intrinsecamente la possibilità di alterare equilibri esistenti. L’opera realizzata determinerà un
impatto complessivo sull’ambiente la cui qualità ed entità sarà in funzione dei criteri adottati in fase di
progettazione e gestione.
Negli ultimi anni si è quindi affermata in modo sempre più netto l’esigenza di una valutazione
sistematica preventiva degli effetti che possono derivare da opere, di rilevante portata, sull’ambiente. Il
concetto di ambiente in questo contesto comprende il complesso di fattori, sociali, culturali ed estetici che
riguardano gli individui e le comunità e che, in definitiva, ne determinano, il carattere, le relazioni e lo sviluppo.
Con il termine Impatto Ambientale si definisce l’insieme delle alterazioni dei fattori e sistemi ambientali
prodotto dall’attività collegata alla realizzazione di un’opera data.
Lo studio di impatto ambientale risponde ai contenuti richiesti dal D.M. n. 559 del 28 dicembre
1987 in relazione alle analisi della compatibilità ambientale degli impianti di interesse ambientale, per
quello che riguarda, in particolare, la valutazione degli impatti fisici sia positivi che negativi sulle
componenti ambientali potenzialmente soggette a subire gli effetti del progetto.
Per la valutazione dei sopraccitati impatti si utilizzate le metodologie già elaborate e consolidate
sul contesto della problematica attinente la valutazione di impatto ambientale (V.I.A.) così come
definite dalle direttive CEE del 27/6/1985, a cui fa riferimento, per la definizione delle procedure di
valutazione, la recente normativa emanata dal Ministero Ambiente (DPCM 377/88 e DPCM del
27/12/88).
L’elaborato finale dello Studio di Impatto Ambientale (SIA) si propone di affrontare il problema
ambientale evidenziando e misurando solamente gli impatti fisici, sia positivi che negativi.
14.1 DEFINIZIONE DI VALUTAZIONE DI MPATTO AMBIENTALE
La V.I.A. (Valutazione Impatto Ambientale) rappresenta una procedura di analisi predisposta per
individuare preventivamente tutte le ripercussioni che la realizzazione di una nuova opera può avere sull’ecosistema;
valutandone gli effetti già in fase di programmazione dell’intervento.
In base a tali indicazioni è possibile:
⋅ - formulare un giudizio motivato sulla “compatibilità ambientale dell’opera progettata”;
⋅ - disporre gli adeguamenti infrastrutturali eventualmente ritenuti necessari o, nei casi estremi,
non autorizzarne la realizzazione.
La V.I.A. costituisce una procedura tecnico-amministrativa volta alla formulazione di un giudizio
di ammissibilità sugli effetti che una determinata azione avrà sull’ambiente. Si tratta cioè di pervenire
alle più corrette valutazioni sulla pubblica accettazione dei futuri cambiamenti ambientali, dovuti ad una
azione proposta, e del probabile effetto sulla futura qualità della vita delle popolazioni.
Si intende cioè assicurare la prevenzione dell’ambiente da inquinamenti e da altre perturbazioni
già nella fase della progettazione, individuando i rischi associati e valutandone l’entità, intervenendo per
ridurli e/o eliminarli in fase progettuale anziché intervenire successivamente all’accadimento
dell’alterazione ecosistema. Si configura, quindi, come uno studio per procedere e, per quanto possibile,
quantificare gli effetti provocati sui sistemi ambientali dalle costruzioni e dall’esercizio di determinate
opere ed attività.
La V.I.A. costituisce, quindi, l’elemento di raccordo fra la fase di programmazione e quella
tecnico-esecutiva dell’opera in progetto, ed è costituita da due componenti differenti ed essenziali:
⋅ 1) una procedura d’impatto ambientale costituita dal complesso degli atti amministrativi che
permettono di arrivare (o non) ad una decisione di accettabilità ambientale dell’opera;
⋅ 2) uno studio di impatto ambientale (S.I.A.) realizzato dal proponente l’opera, mediante il
quale, tramite tecniche, il più possibile oggettive, si determinano i futuri assetti
sull’ambiente in relazione all’opera o alla attività proposta.
In termini estremamente semplificati lo Studio di Impatto Ambientale (S.I.A.) si articola in tre
momenti metodologicamente interconnessi:
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 325
Storicamente si è preferito ricorrere per la descrizione di tali processi a metodi di analisi che in
realtà erano stati sviluppati per processi il cui comportamento segue le leggi della meccanica,
dell'elettromagnetismo e della termodinamica; il successo dell'applicazione di tali metodi di analisi nei
campi originali ha suggerito, infatti, l'idea che essi fossero di validità generale.
Le difficoltà incontrate nell'applicare tale strategia nei campi sopra indicati hanno invece suggerito
il dubbio che le tecniche di analisi quantitative siano inadatte allo studio dei processi in cui sia coinvolta
la componente umana o comunque dei sistemi di notevole complessità.
Tale incapacità può essere espressa informalmente introducendo un principio di incompatibilità;
questo principio può essere formulato asserendo che la nostra capacità di esprimere delle asserzioni precise e
significative sulle caratteristiche di un sistema diminuisce all'aumentare della complessità di questo.
Partendo da tale spunto Zadeh introdusse nel 1965 una nuova logica, detta fuzzy; tale approccio
all'analisi della realtà si basa sulla premessa che gli elementi chiave nell'attività del pensare umano non
sono numeri ma, piuttosto, identificatori di insiemi sfocati. Ovvero indicatori di classi di oggetti in cui la
proprietà di appartenenza è data da una funzione continua anziché da una funzione booleana del tipo si o
no; cade quindi il principio di non contraddizione: uno stesso elemento può contemporaneamente
appartenere e non appartenere a un insieme.
In realtà la presenza costante di concetti imprecisi nel pensiero suggerisce, secondo Zadeh, l'idea che
il ragionamento umano sia impostato su una logica imprecisa, che utilizza degli insiemi, dei connettivi e
delle implicazioni fuzzy, piuttosto che sulla logica di tipo binaria. Sembra anzi che sia proprio questa
logica fuzzy a giocare un ruolo importante in una delle caratteristiche principali del pensiero umano: la
capacità di sintetizzare le informazioni per estrarre dall'insieme di dati che sollecitano i nostri sensi solo
quei sottoinsiemi che sono di una qualche utilità nel determinare la reazione corretta alle sollecitazioni
esterne.
In questo capitolo si intende descrivere alcune applicazioni della logica fuzzy a dei problemi di
elaborazione di segnali. Infatti tale strategia unisce alla potenza, tipica dei metodi di calcolo non lineari,
la possibilità di rappresentare la realtà utilizzando un linguaggio simile a quello umano. Essa si presenta
come una teoria stimolante per la rappresentazione di fenomeni più o meno complessi utilizzando un
certo numero di fuzzy set (insiemi del tipo fuzzy) elaborati attraverso degli opportuni connettivi e
descrivendo i legami causa-effetto che regolano il processo mediante delle implicazioni fuzzy.
14.6 IL CONCETTO DI FUZZY SET
Pur non volendo fornire nel seguito una trattazione completa della logica fuzzy si introdurranno
nel seguito alcuni concetti di tale logica, pur nell'ottica particolare utilizzata per l'elaborazione dei
segnali. L'introduzione della logica fuzzy permette di manipolare in maniera appropriata informazioni di
tipo qualitativo ed impreciso; l'elemento fondamentale di tale approccio è costituito dal fuzzy set che, come
suggerisce il nome stesso, rappresenta una generalizzazione del concetto classico di insieme. In maniera
formale si può affermare che:
Un insieme fuzzy A è una collezione di oggetti dell'universo del discorso U che hanno una qualche proprietà in
comune. L'insieme è caratterizzato da una funzione di appartenenza µ A : U → [0,1] che associa ad ogni elemento
y di U un numero reale µA(y) appartenente all'intervallo [0,1]; esso rappresenta il grado di appartenenza di y
all'insieme A.
In generale più grande è il valore della funzione di appartenenza dell'elemento y al fuzzy set A
maggiore è l'evidenza che l'oggetto y appartenga alla categoria descritta dall'insieme A.
L'insieme dei punti di U per cui la funzione di appartenenza ad un dato fuzzy set A è positiva
viene detto sostegno di A. Si definisce singleton un fuzzy set il cui sostegno è un solo punto di U.
Si supponga, ad esempio, di specificare in maniera linguistica una misura di temperatura che cada
nell'intervallo [100, 200] °C e identificata come temperatura di circa 150°C . Tale concetto può essere
espresso, utilizzando la logica tradizionale mediante una funzione di appartenenza binaria, ovvero che
possa assumere solo i valori 0 o 1: se µ(T)=0 la temperatura non appartiene all'insieme specificato,
altrimenti, se µ(T)=1 la misura rappresenta un elemento dell'insieme. Ciò può essere descritto
utilizzando una funzione rettangolare come riportato in Figura 272.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 329
D'altra parte un fuzzy set che rappresenta lo stesso concetto può utilizzare valori della funzione di
appartenenza che variano nell'intervallo [0,1]; ad esempio può essere specificato come riportato in
Figura 273.
µ(T)
Figura 272: Rappresentazione dell'insieme temperatura pari a circa 150 °C ottenuta utilizzando i concetti
dell'insiemistica classica.
Un fuzzy set, d'altro canto, permette di rappresentare l'imprecisione di un dato concetto attraverso
la gradualità della funzione di appartenenza.56)
µ(T)
56)
Si veda la nota di Tong - A control engineering review of fuzzy systems - Automatica, 13-1977
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 330
In altri casi la scelta della funzione di appartenenza può risultare più problematica e si preferisce
fare affidamento alle indicazioni di qualche esperto del settore che si sta considerando.
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
R/r
Figura 274: Esempio di funzione di appartenenza di un fuzzy set che descrive la facoltà della resistenza R
14.7 LE OPERAZIONI SUGLI INSIEMI FUZZY
Per introdurre le operazioni sugli insiemi fuzzy si può ricorrere alla relazione esistente tra la
funzione caratteristica (per insiemi tradizionali) e la funzione di appartenenza (per insiemi fuzzy).
Se si considerano le operazioni di unione, intersezione e negazione, nel caso degli insiemi ordinari
si ha, con ovvio significato dei simboli:
A ∪ B = {u ∈ U u ∈ Aor u ∈ B}
A ∩ B = {u ∈ U u ∈ Aand u ∈ B}
A = {u ∈ U u ∉ A }
µ (x)
x_media x_grande
Figura 275: Funzione di appartenenza dei due fuzzy set x is media AND x is grande
In Figura 276 é riportata la funzione di appartenenza dell'insieme x is media or x is grande:
µ(x)
x_media or x_grande
In Figura 277 é riportata la funzione di appartenenza per il set x is media and x is grande.
µ (x)
Figura 277: Funzione di appartenenza del fuzzy set, x is media and x is grande
In Figura 278 viene riportata, infine, la funzione di appartenenza per l'insieme x is not grande.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 332
µ (x)
x_is_not_grande
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande
if X is then Y is
Y
X
Figura 279: Rappresentazione grafica della regola fuzzy if x is media then y is grande
Supposto noto un vettore reale contenente le misure delle variabili fuzzy, si definisca l'algoritmo
fuzzy in modo tale che per ciascuna implicazione il valore calcolato sia dato da:
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 333
Il valore di verità di questo risultato può essere ottenuto mediante una generalizzazione del criterio
del Modus Ponens e cioè:
v la conseguenza di una regola fuzzy é tanto vera quanto é vera la sua antecedente
ovvero anche:
v la conseguenza di una regola fuzzy é non può essere più vera della sua antecedente
In questo caso ciascuna regola ha un valore di verità dato da:
(
y = yi = min A1i ( x10 ) , A2i ( x20 ) ,..., Aki ( xk0 ) )
ove |*| significa valore di verità della proposizione *.
Il risultato finale é calcolato mediante la relazione (vedi maggiori dettagli nel prosieguo):
y=
∑ y = yi yi
∑ y = yi
ove la somma é estesa a tutte le regole che costituiscono l'algoritmo fuzzy.
Si consideri a titolo d'esempio la Figura 279. In essa viene riportata le regola:
if x is media then y is grande.
Nasce il problema di determinare l'uscita di tale regola quando si misura un certo valore della
grandezza x che compare nell'antecedente. E' necessario, a tal fine, riportare sull'asse delle x il valore
numerico assunto da tale variabile.
Il valore assunto dalla funzione di appartenza in corrispondenza del punto che individua il valore di
x rappresenterà il grado di appartenza della grandezza misurata al fuzzy set indicato come x is media. Tale
operazione assume il nome di fuzzyficazione di un valore numerico.
Si è inoltre detto che l'uscita di un'implicazione non può avere, per il principio del modus ponens, un
grado di verità maggiore rispetto al proprio antecedente.
Ciò può essere ottenuto con vari metodi. Generalmente si adottano i metodi del troncamento e del
prodotto. Nel primo caso si tronca il valore della funzione di appartenenza dell'uscita al corrispondente
valore calcolato per l'antecedente, nel secondo si moltiplica la funzione di appartenenza del
conseguente per il grado di attivazione dell'antecedente.
Quanto detto è riportato con un esempio in Figura 280. In tale figura viene riportato il fuzzy set
associato all'implicazione precedente in corrispondenza di un valore numerico della grandezza x. Tale
fuzzy set è rappresentato utilizzando delle spezzate a tratto spesso.
Le definizioni introdotte possono essere estese al caso, molto comune nella pratica e in
particolare nell'elaborazione dei segnali, in cui il segnale scelto per rappresentare l'uscita di un
fenomeno dipenda da più variabili; si può pensare, infatti, che in tale caso il verificarsi del conseguente
dipenda da tutte le condizioni espresse dall'antecedente e che quindi queste siano connesse tra loro da
un'operazione di and fuzzy. L'implicazione assume, nella sua forma più generale, la seguente struttura:
if x is A and y is B ... and n is N then k is B
dove A, B,...,N e C sono dei fuzzy set, definiti in opportuni universi del discorso. Il termine:
if x is A and y is B ... and n is N
in analogia con quanto precedentemente definito, viene ancora detto antecedente, mentre il
costrutto:
then k is B
costituisce il conseguente dell'implicazione.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 334
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande
if X is then Y is
x Y
X
Figura 280: Esempi di calcolo del conseguente di una regola utilizzando il metodo del troncamento
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande
if X is then Y is
x Y
X
Figura 281: Esempi di calcolo del conseguente di una regola utilizzando il metodo del prodotto
Ricordando quanto detto a proposito del principio del modus ponens si deduce che se
nell'antecedente della regola si hanno più condizioni, ognuna attiva parzialmente, l'intero antecedente, e
quindi anche il conseguente, deve presentare un grado di attivazione uguale al fuzzy and di tutti gli
antecedenti.
Si consideri, ad esempio, la seguente regola:
if x is media and y is grande then k is grande
riportata graficamente in Figura 282.
In Figura 283 viene riportata l'uscita di tale regola, in corrispondenza di due valori numerici delle
grandezze x ed y e supponendo di utilizzare il metodo del troncamento.
Anche in questo caso il fuzzy set determinato viene rappresentato utilizzando una spezzata a
tratto spesso.
Quando si descrive un fenomeno complesso in termini linguistici, spesso è necessario utilizzare
più inferenze, ciascuna per descrivere un particolare aspetto dell'intero processo in esame.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 335
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande k_is_grande
if X is and Y is then K is
Y K
X
Figura 282- Rappresentazione grafica della regola: if x is media and y is grande then k is grande
Risulta, pertanto, evidente la necessità di combinare varie implicazioni fuzzy al fine di ottenere una
struttura più flessibile (l'algoritmo fuzzy) in grado di rappresentare fenomeni complessi.
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande k_is_grande
if X is and Y is then K is
x y Y K
X
Figura 283: Esempio del calcolo dell'uscita di un'implicazione fuzzy contenente due fuzzy set nell'antecedente
Formalmente si può definire un algoritmo fuzzy come una collezione di regole espresse nella forma
precedentemente indicata. Un algoritmo con m regole definite su n variabili assume allora la seguente
forma generale:
R1: if x1 is A11 and ... and xn is A1n then y is B1
R2 : if x1 is A21 and ... and xn is A2 n then y is B2
..........
..........
Rm: if x1 is Am1 and ... and xn is Amn then y is Bm
con ovvio significato dei simboli. Nasce così il problema di definire come vada calcolata l'uscita
di un tale algoritmo. Si osservi che le varie regole forniscono, sotto forma di fuzzy set, e ciascuna
indipendentemente dalle altre, un valore per l'uscita. Inoltre, ogni regola contribuisce a cumulare
certezza sul valore assunto dalla variabile di uscita. Quindi appare logico stabilire che l'uscita di un
algoritmo fuzzy vada determinata calcolando l'or fuzzy delle uscite associate alle singole regole. Si
consideri, ad esempio il seguente algoritmo costituito da due regole:
R1: if x is media and y is grande then k is grande
R2: if x is grande and y is grande then k is molto_grande
rappresentato in forma grafica in Figura 284. Supponendo di aver misurato due valori per le
grandezze X ed Y e di utilizzare il metodo d'inferenza del troncamento, si ottiene per l'uscita di tale
algoritmo un fuzzy set, come riportato graficamente in Figura 285, dove l'uscita dell'intero algoritmo è
rappresentata dalla spezzata a tratto spesso riportata in basso a destra.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 336
µ (X)
µ (Y)
x_is_media y_is_grande k_is_grande
if X is and Y is then K is
Y K
X
µ (X)
µ (Y)
x_is_grande y_is_grande k_is_molto_grande
if X is and Y is then K is
Y K
X
if X is and Y is then K is
X Y K
if X is and Y is then K is
X Y K
µ (K)
Figura 285: Determinazione dell'uscita di un algoritmo fuzzy con il metodo del troncamento
Poiché nei problemi pratici, e in particolar modo nell'analisi dei segnali, si è interessati a
descrivere una grandezza utilizzando un numero reale, è necessario introdurre un ulteriore operatore,
che associ a un fuzzy set un numero reale adatto a rappresentare, secondo un qualche criterio, il
contenuto informativo del fuzzy set stesso.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 337
kc =
∑ ubigµcubigh
∑ µcubigh
la sommatoria essendo estesa agli elementi del fuzzy set che hanno funzione di appartenenza non
nulla. Un altro metodo, detto delle altezze (usato quando si vuole defuzzyficare un insieme che proviene
dall'unione di più fuzzy set), fornisce un valore che é la media pesata dei valori corrispondenti ai centroidi
delle funzioni di appartenenza delle uscite associate alle varie regole.
I pesi corrispondono al grado di verità degli antecedenti delle varie regole. Si ha, quindi:
kc =
∑ u ( A ( i ) ) µ ( u ( Ai ) )
∑ µ ( u ( Ai ) )
14.9 L'ALGORITMO FUZZY CON CONSEGUENTE LINEARE
Nelle applicazioni descritte nel presente lavoro si è preferito ricorrere a una struttura delle
implicazioni fuzzy leggermente diversa rispetto a quanto suggerito da Zadeh. In particolare le regole
fuzzy considerate assumono la seguente forma, secondo quanto proposto da Sugeno57) in un lavoro
ritenuto fondamentale nel campo della logica fuzzy:
if x1i is A1i and x2i is A2i and ... and xni is Ani
d
then y i = g i x1i , x2i , ..., xni i
Il modello introdotto presenta una struttura che può essere considerata come un caso particolare
del modello generale, introdotto da Zadeh e in particolare esso presenta le peculiarità:
v le funzioni di appartenenza per i fuzzy set degli antecedenti sono tutte funzioni lineari a tratti, non
crescenti o non decrescenti;
v il conseguente è espresso da un numero reale; questo può essere considerato un particolare
fuzzy set avente funzione di appartenenza unitaria in un solo punto dell'universo del discorso,
ovvero un singleton.
Si assume, inoltre, che il conseguente sia ottenuto come funzione dei valori assunti da alcune,
eventualmente tutte, delle variabili che entrano in gioco nell'antecedente. Nella struttura proposta in
Sugeno (1985) si assume in particolare che la funzione gi() sia lineare.
Pertanto la i-ma implicazione assume la forma riportata graficamente in Figura 286. Se
l'algoritmo fuzzy contiene m regole, della forma precedentemente introdotta, applicando il metodo
defuzzyficazione del centroide si ricava che l'uscita y deve essere calcolata come media pesata, secondo
il grado di attivazione delle singole regole, delle rispettive uscite yi:
57)
Si veda S. Sugeno - Fuzzy Identification of Systems and its Applications to Modelling and Control - IEEE Trans. on
Systems, Man and Cybernetics, Vol. SMC-15, No. 1, 1985.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 338
∑ µb y g y
m
i i
kc = i =1
m
∑µ i
i =1
A1 A2 An
1 1 1
x1 is x2 is xn is
if 0 and 0 and, ... ,and 0
then y= p0+p1*x1+p2*x2+...+pn*xn
a- α a+ α b- β b b+ β
a
Figura 287- Grandezze fuzzy ad intervallo
La combinazione delle varianze nella fuzzy set theory tiene conto dell'effetto contemporaneo degli
estremi positivi e negativi producendo un allargamento della varianza. Tale effetto non può essere ottenuto
mediante la sola combinazione di effetti estremi (positivi e negativi) come si fa nell'analisi di sensitività
usualmente condotta sulle matrici di giudizio di tipo deterministico.
La regola fuzzy per la combinazione di proprietà di un insieme fuzzy é data dalle seguente
relazione:
a f
w u
c x* y = Sup(u,v) Inf c x , c y
v
e a f a fj
ove é: w = u*v
e χx e χy sono le funzioni di appartenenza fuzzy (membership function). In particolare, nel nostro caso,
tali funzioni dipendono dagli intervalli (cioè dalle varianze) presi in considerazione. Pertanto le varianze
entrano in gioco direttamente nella determinazione del valore centrale.
Le tre regole di combinazione per l'analisi degli intervalli (forma esplicita derivata dalla regola
generale precedente):
Somma : (a,α) + (b,β) = (a+b, α+β)
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 339
G Grande
PROBABILITÀ DELL'IMPATTO
C Certa
P Probabile
I Improbabile
S Indeterminata
DURATA DELL'IMPATTO
T Temporanea
P permanente
La descrizione di ciascun impatto risulta pienamente completata nelle tabelle derivate dalla
matrice di relazione. Il numero e le tipologie di giudizio possono essere diverse da quelle sopra indicate
che sono qui riportate solo quale riferimento esemplificativo.
E' anche opportuno osservare che l'uso di connotazioni linguistiche può facilitare la
formulazione del giudizio. La scala dei giudizi può essere anche più estesa di quella sopra indicata per i
diversi aspetti degli impatti ma l'esperienza dimostra che al crescere del numero dei valori si ha un
disperdimento del giudizio. Per la formulazione di ciascun giudizio occorre avere un gruppo di lavoro
polivalente, composto da diversi esperti (da tre a cinque) dei rispettivi settori interessati, che esprimano
i loro giudizi indipendentemente l'uno dall'altro e che ciascun giudizio sia determinato sulla base di un
criterio unico per tutte le alternative di progetto (prevalenza, surclassamento, media,..).
La verifica degli impatti é anche possibile sulla base di approcci culturali e metodologici diversi; in
questa sede si vuole privilegiare l'aspetto tecnico-analitico delle azioni e degli effetti e pertanto i giudizi
di impatto possono (là dove possibile) essere conseguenti a studi specifici.
Ad esempio per l'impatto geofisico il giudizio può derivare da studi mirati sul terreno di
intervento; così per la diffusione di inquinanti il giudizio può derivare dall'analisi dei risultati di un
opportuno modello matematico di simulazione, ...
Dall'esame della matrice di relazione deriverà un giudizio sull'impatto globale dell'opera per
ciascuna alternativa esaminata. Tale giudizio appare, però, influenzabile dai pesi attribuiti agli impatti
non deterministici e quindi soggettivi e pertanto nasce il problema di oggettivizzare il giudizio di impatto il
più possibile mediante analisi di tipo quantitativo, quando ciò é possibile.
La matrice di relazione finale ottenuta dal giudizio del gruppo di esperti prende il nome di
matrice di riferimento e si suppone che rappresenti il massimo nell'oggettivazione ed
omogeneizzazione dei giudizi e dei pesi.
L'analisi delle matrici di riferimento per ciascuna delle ipotesi di lavoro alternative può essere
effettuata, ad esempio, con una delle seguenti metodologie:
v analisi crisp
v analisi fuzzy con varianza fissa
v analisi fuzzy con varianza proporzionale
14.14 ANALISI CRISP : METODOLOGIA OPERATIVA
Le sottomatrici deterministiche (crisp) sono state ottenute assegnando ai giudizi presenti nelle
matrici di riferimento i seguenti valori :
IMPORTANZA PROBABILITÀ DURATA
G=1 C=1 P=1
M=0,5 P=0,6 T=0,1
S=0,1 I=0,2
Il rapporto fra il giudizio di permanenza e di temporaneità é stato fissato pari a quello della durata
presunta dell'opera e quella presunta del cantiere.
Il valore 0,1 per la temporaneità deve, quindi, intendersi in senso matematico come probabilità di
durata. Si vedrà nel prosieguo come la varianza di questo giudizio influenza le sottomatrici risultante.
COMPLEMENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI 342
Con l'analisi deterministica (crisp) i giudizi sono numericamente espressi da valori unici e la
valutazione delle matrici di riferimento porta a valori univoci delle sottomatrici e del vettore finale di
impatto. Viene valutata per ogni sottomatrice della matrice di azioni-effetti effettuando una
sommatoria dei prodotti dei valori di importanza per la probabilità per la durata ciascuno con il
segno dato dal tipo di impatto.
Per gli impatti indeterminati si effettua un calcolo separato per ciascuna sottomatrice. Ad esempio
per il progetto di una strada con tre alternative in esame si possono ottenere i risultati indicati nella
seguente tabella per gli impatti positivi e negativi:
RATING MATRIX PER LE TRE ALTERNATIVE
ALTERNATIVA IMPATTO IMPATTO SUL IMPATTO SUL IMPATTO SULLA IMPATTO
ECONOMICO E TRAFFICO NEL TRAFFICO FLORA E SULLA GEOFISICO
SOCIALE BACINO DI UTENZA NELLA STRADA FAUNA
A 7,63 8,63 -0,37 -3