Sei sulla pagina 1di 1

Coli: un paradiso perduto, a pochi passi dal caos.

Da Bobbio ci vogliono dieci chilometri per arrivare a Coli, e a uno spazio che somiglia a
un tesoro perduto, un braccialetto di gemme caduto in mare, vicino alla riva. Basta
guardare meglio sotto la spuma per scorgere qualcosa che luccica. Il braccialetto. Il
comune di Coli.
Oltrepassando il ponte sul Trebbia, salendo verso il monte Armelio, si raggiunge il
capoluogo del comune omonimo, Coli. La prima cosa che colpisce, una volta arrivati in
cima, è lo spettacolo della natura. La vallata scoscesa si interrompe per cedere il
passo alla vegetazione che, d’estate, si tinge di verde, e in autunno diventa la
tavolozza multicolore di un pittore estroso. Non serve un grande intervento da parte
dell’uomo, c’è già tutto per vivere l’esperienza dell’oasi. Perché è questo ciò che
provano gli abitanti del deserto quando raggiungono un’oasi: pace e meraviglia.
È salendo, però, che si resta senza fiato. Le chiamano le Grotte di San Michele ed è il
più antico centro religioso della zona; voluto dal santo irlandese Colombano, quando vi
arriva, intorno al 570, per predicare il Verbo di Cristo. È da qui che il santo parlava al
popolo, mentre a valle, a Bobbio, stava sorgendo il Monastero, nel 613, e, sul comune
di Coli, gli Oratori di Rosso e il Porcile, verso la metà del 600.
La storia della sua costruzione è avvolta nel mistero, ma la presenza di un muro di
pietrame fa pensare a un cimitero adiacente alle Grotte, mentre di grande interesse è
un ponticello, a una sola arcata, sul Curiasca di Faraneto, forse di origine romana: un
collegamento tra il luogo sacro e la parte alta del comune di Coli.
Di Faraneto, invece, ne parla anche il Vocabolario Topografico dei Ducati di Parma,
Piacenza e Guastalla, che raccontano delle origini di Coli, e cita una cava di marmo
verde, nota sotto il nome di «marmo di Faraneto». Se questa gemma si è persa sotto
la frana, poco distante dalle Grotte, si erge ancora il castello di cui lo stesso
Vocabolario spiega: «l’antico e solitario palazzo di Faraneto, nome che scuote tuttavia
il cuore di molti di quei rozzi montanari, e desta paurose immagini nelle menti loro». E
non solo. Tutt’oggi, qualcuno sostiene che lì, in quel castello, ci sia ancora il fantasma.
Senza spostarsi molto, raggiungendo Peli, si può sperimentare il sublime di cui parlano
i filosofi. Il mondo brulica sotto, ammorbidito dalla distanza, dal calore del sole, mentre
l’osservatore si trova in alto, a dominare la valle con lo sguardo. Alle spalle
dell’incantato osservatore, si erge la chiesa dedicata a San Medardo, risalente al 1600,
accogliente e misteriosa come solo una piccola e antica chiesa di montagna sa essere.
La tipologia di impianto, però, fa pensare a un tempio risalente intorno al 1100-1200.
Sull’altare, tre affreschi sono un varco sul passato e completano l’arredo un
tabernacolo di legno marmorizzato e una statua lignea di antica fattura,
probabilmente del 1400. Peli, però, non è solo storia antica. Infatti, la statua sul
sagrato della chiesa, che sovrasta come un guardiano la valle, è dedicata a Emilio
Canzi, il partigiano le cui spoglie riposano nel piccolo cimiero attiguo.
Coli sembra un tesoro perduto, una gemma sul fondale del mare, in riva, sotto la
schiuma, e il bello di essere un tesoro perduto è la possibilità di essere (ri)scoperto,
disvelato, ritrovato suscitando sorpresa e meraviglia in chi ci si imbatte.

Irina Turcanu

Potrebbero piacerti anche