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L’appartenenza al gruppo famigliare crea il dovere della reciproca assistenza e della solidarietà in
relazione ai bisogni essenziali per la vita (art. 437 c.c.). Questo istituto ha come suo fondamento lo
stato di bisogno del creditore (art. 438 c.c.). Il diritto agli alimenti è condizionato all’obbligo del
lavoro ed è quindi legato alla prova, da parte di chi chiede gli alimenti (alimentando),
dell’impossibilità di provvedere al proprio mantenimento: la misura degli alimenti è proporzionata
al bisogno e alle condizioni economiche di chi deve soddisfarlo, ma in ogni caso non deve superare
il limite posto dalle esigenze della vita dell’alimentando -> criterio relativo (art. 438 c.c.).
Il soggetto può aver ricevuto da colui che versa nello stato di bisogno in precedenza delle
donazioni (art. 437 c.c.): l’obbligato non è tenuto oltre il valore della donazione ricevuta.
L’obbligazione non ha una durata prestabilita e una misura determinata: la sentenza determinativa
degli alimenti, sebbene passata in giudicato, non è d’ostacolo alla modificazione.
L’obbligazione alimentare ha carattere strettamente personale: cessa con la morte di uno dei due
soggetti (art. 448 c.c.); il creditore non può cedere ad altri il proprio credito (art. 447 c.c.) né
questo può formare oggetto di pignoramento (art. 545 c.c.).
Questa opera soltanto per il futuro: gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o
dalla costituzione in mora dell’obbligato (art. 445 c.c.).
L’obbligato ha la facoltà di scelta circa le modalità delle prestazioni alimentari: o può pagare
l’assegno o può accogliere e mantenere in casa sua l’alimentando (scelta non assoluta in quanto il
giudice può anche stabilire diversamente).
La L. n. 76/2016 ha esteso questa disciplina anche alle unioni civili fra persone dello stesso sesso
ed ha introdotto un obbligo alimentare speciale in caso di cessazione della convivenza.