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TECNOLOGIE E TECNICHE DI

RIPRESA E REGISTRAZIONE AUDIO


PARTE I
Architettura di uno studio di registrazione
Versione Provvisoria
Francesca Ortolani

1 Il percorso del segnale


Nella prossima sezione (Par. 1.1) si classificano i segnali secondo la loro intensità.
Questa distinzione è importante per riuscire a cablare correttamente tutti gli
apparati presenti in uno studio di registrazione o in una situazione su palco.

1.1 Classificazione dei segnali secondo la loro intensità


Spesso si indicano i segnali a seconda delle loro tensioni di uscita tipiche:

• Segnali microfonici: da pochi mV a 100 mV circa.


• Segnali di linea: da poche centinaia di mV a qualche V.
• Segnali di potenza: oltre 5-10 V e trasportano potenza sufficiente ad op-
erare un altoparlante.

Nota: secondo alcune scuole i segnali in uscita agli amplificatori per cuffia
sono segnali di linea. In realtà i segnali per le cuffie devono lavorare con gli
altoparlanti delle cuffie e quindi gli amplificatori per cuffie devono essere in
grado di produrre potenza.

1.2 Studio di registrazione


In Fig. 2 è rappresentato un possibile schema di connessioni per uno studio
di registrazione (per segnali analogici) [2]. Uno studio di registrazione è tipi-
camente suddiviso in una REGIA (o CONTROL ROOM) e una o più SALE
DI REGISTRAZIONE. Si hanno poi altri ambienti, come SALE MACCHINE,
usate per isolare dispositivi rumorosi. Nella SALA DI RIPRESA possono lavo-
rare una o più sorgenti alla volta o grandi orchestre a seconda della tipologia di

1
studio di registrazione. La registrazione può avvenire in più sessioni. Esistono
anche delle situazioni chiamate "live in studio" dove viene registrato un concerto
live in uno studio di registrazione.

Figure 1: Piantina di uno studio di registrazione [J. Sayers]

In uno studio di registrazione tranne che per gli ingressi microfonici si hanno
quasi tutti segnali di linea. Per quanto riguarda l’uscita dell’amplificatore per
le cuffie si è già discusso al Par. 1.1. Le uscite verso le casse possono essere di
linea (casse attive) oppure di potenza (casse passive)1 .
La STAGE BOX è una scatola a cui collego molti ingressi e/o molte us-
cite. Si può trovare in una sala di ripresa o su un palcoscenico. I segnali dalla
CONTROL ROOM vengono tipicamente inviati alla stage box attraverso un
MULTICORE (cavo a molti poli/molti canali).

Altri blocchi rappresentati in Fig. 2 verranno descritti di seguito.

1 Casse attive: contengono al loro interno l’amplificatore finale; casse passive:


l’amplificatore finale è esterno alle casse

2
Figure 2: Possibile schema di connessioni di uno studio di registrazione.

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1.3 Live
Una configurazione live è molto diversa rispetto allo studio di registrazione. Un
esempio è rappresentato in Fig. 3. In una situazione live si hanno un fonico di
fronte al palco (Front of House - FOH) e un fonico sul palco. Il fonico FOH regola
il mix per l’ascolto da parte del pubblico, mentre il fonico sul palco con mixer
e attrezzature a parte si preoccupa di regolare il mix in-ear o da monitor per i
musicisti. In una configurazione live la STAGE BOX contiene al suo interno uno
splitter per inviare tutte le sorgenti sia al fonico FOH che al fonico sul palco.

Figure 3: Possibile configurazione di connessioni live.

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2 Cavi e connessioni
I segnali audio che stiamo trattando sono segnali elettrici, quindi viaggiano su
conduttori elettrici. Un conduttore favorisce un flusso di elettroni. I migliori
conduttori sono i materiali metallici (es. rame) che hanno una conduttività
elettrica maggiore rispetto ad altri materiali.
In un cavo un segnale è sottoposto ad interferenze elettromagneticheè. Per
diminuire le interferenze un cavo include uno SCHERMO. Lo schermo funziona
come una Gabbia di Faraday, ovvero isola l’ambiente interno (si intende dalla
superficie interna dello schermo alla superficie esterna del conduttore interno)
da qualunque campo elettrostatico esterno. In un conduttore cavo le cariche,
relative ai campi interferenti esterni, si concentrano sulla superficie esterna e
non hanno alcuna influenza sull’interno. Quindi internamente allo schermo il
campo elettrostatico è nullo e non produce interferenza. Lo schermo si comporta
come una superficie equipotenziale. Il potenziale dello schermo viene quindi
bloccato collegandolo a terra, altrimenti questo si metterebbe ad un potenziale
che dipende dal campo esterno (flottante).
Un campo elettromagnetico può indurre una corrente nello schermo, quindi
lo schermo si collega a massa da una parte sola per impedire che la corrente
possa circolare in un loop (GROUND LOOP). Circolando corrente, lo schermo
non sarebbe più equipotenziale. In altre parole, se lo schermo fosse collegato
ad entrambi i lati, costituirebbe una spira il cui campo elettromagnetico si può
concatenare con il conduttore interno inducendo un disturbo dipendente dal
campo esterno sul conduttore che trasporta il segnale utile.
Un ulteriore azione per eliminare i disturbi è quella di utilizzare connessioni
bilanciate.

Figure 4: Accoppiamento dei disturbi su cavo sbilanciato e cavo bilanciato.

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LINEA BILANCIATA
Es. cavo a coppia schermata. Una linea bilanciata è una linea simmetrica. Sim-
metrica significa che i due conduttori che portano il segnale sono nelle medesime
condizioni elettriche rispetto alla terra e non hanno funzione di schermo. Si uti-
lizzano con connettori Jack TRS, XLR.

LINEA SBILANCIATA
Es. cavo coassiale. Una linea sbilanciata è una linea asimmetrica. Si utilizzano
con connettori Jack TS, TRS (R collegato a S), XLR (3 collegato a 1), RCA.
In una connessione bilanciata i due conduttori trasportano lo stesso segnale
in controfase. Eventuali disturbi, accoppiati durante il percorso, risulteranno
invece in fase tra loro sui due conduttori e al lato ricevitore, prendendo il segnale
in modo differenziale, si cancelleranno.

Figure 5: Cancellazione dei disturbi nelle connessioni bilanciate.

Esempio:
In un microfono, es. SM 58, che prevede un collegamento bilanciato, lo chassis
può essere di metallo, perché anche prendendolo in mano e in pratica trasportando
la 50 Hz (perché noi siamo delle antenne!), lo chassis è collegato allo schermo e
quindi la 50 Hz introdotta attraverso il contatto con lo chassis non influisce sul
segnale.
Nota: lo schermo funziona da ritorno per il segnale nel caso sbilanciato, per
cui la 50 Hz circolerebbe insieme al segnale nonostante per i campi elettromag-
netici esterni abbiamo bloccato il potenziale a massa.

2.1 Connettori
XLR
Un connettore XLR ha tre terminali. In Fig. 7 è riportato il pinout del connet-
tore XLR per audio bilanciato.

Jack TRS (Tip Ring Sleeve)


Un Jack TRS (Tip Ring Sleeve) ha tre terminali come il connettore XLR. La
corrispondenza tra TRS e XLR è indicata in Fig. 8.

Jack TS (Tip Sleeve)


Il Jack TS ha solo TIP e SLEEVE che si collegano rispettivamente al segnale e
alla massa. Per collegare un XLR ad un TS si deve seguire lo scheda di Fig. 9.

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MIC AMP
SEGNALE +
50 Hz
CHASSIS
(a)

MIC AMP

SEGNALE
CHASSIS

(b)

Figure 6: Ritorno per il segnale in una connessione sbilanciata (a) e in una


connessione bilanciata (b).

Figure 7: XLR pinout [picture by Tonebone]

Figure 8: TRS to XLR.

7
Figure 9: XLR to TS.

8
3 Patchbay
La patchbay è il centro di smistamento in uno studio di registrazione ed ac-
coglie tutti gli ingressi e le uscite (mic/line) utilizzate nello studio. Le patchbay
servono per cambiare i collegamenti nello studio al volo.
Per ragioni storiche gli ingressi delle patchbay si collegano con patchcords
aventi tipicamente connettori di tipo Bantam (tipo le vecchie centraline tele-
foniche), tuttavia non è difficile trovare patchbay con Jack TRS. Oggi si trovano
anche patchbay interamente digitali.
Le patchbay hanno solitamente 2 serie di buchi (due file) e sono di tipo:
• STANDARD: non hanno collegamenti interni.
• NORMALIZZATA: collegata internamente in modo che attaccando un
pathcord a qualsiasi buco interrompo il collegamento interno.
• SEMI-NORMALIZZATA: permette di interrompere il collegamento in-
terno inserendo il patchcord in uno dei due buchi, mentre si può replicare
il segnale dal buco simmetrico. La seminormalizzazione può essere su-
periore o inferiore, a seconda che la replica sia dal connettore della fila
superiore o da quello inferiore.

4 Connessioni digitali
Esistono diversi standard per le connessioni digitali. Tra questi:
• S/PDIF (Sony Philips Digital Interface Format): 2 canali
• AES/EBU (Audio Engineering Society/European Broadcasting Union): 2
canali
• ADAT (Analof Digital Audio Tape): 8 canali
• TDIF (Tascam Digital Interface Format): 8 canali
L’S/PDIF esiste in due versioni: una versione elettrica (connettori RCA,
cavo 75 Ω) e una versione ottica (Toslink, fibra ottica). L’AES/EBU utilizza
connettori XLR con cavi a 110 Ω. ADAT utilizza fibre ottiche e connettori
Toslink, mentre TDIF utilizza cavi con connettori 25-pin D-sub.

5 Il Mixer
Il mixer è un dispositivo a più ingressi e più uscite che ci permette di miscelare
diversi segnali. Esistono diverse tipologie di mixer: mixer live, mixer da studio,
etc. Un mixer è formato da vari moduli e ciò che contraddistingue un tipo di
mixer da un altro è essenzialmente la composizione dei moduli sulla macchina.
Ad esempio, un mixer live non ha le uscite per la control room, non ha i ritorni
macchina, etc.

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5.1 VU Meter/ Peak Meter

Figure 10: VU Meter.

Un VU Meter è un indicatore della potenza media di un segnale [4]. La


potenza media per un segnale periodico (con periodo T ) si definisce come:
ZT
1
PAV = p (t) dt (1)
T
0

dove p(t) la potenza istantanea: p(t) = v(t)i(t). Per un carico puramente


resistivo la potenza media si può esprimere come:
2
VRM S
PAV = VRM S IRM S = (2)
RL
dove RL rappresenta il carico. L’orecchio integra la potenza acustica nel tempo,
quindi leggere un VU meter è un metodo di monitoraggio che risulta di naturale
e intuitiva interpretazione.
Il Peak Power Meter (PPM) monitora i picchi della potenza di un segnale.
In questo modo, pur non rappresentando nel miglior modo l’informazione rel-
ativa alla loudness, questa misura risulta più accurata e ci permette con più
sicurezza di evitare il clipping. Dato l’ampio range di livelli che può assumere
il segnale e i picchi fortemente variabili, il range dinamico di un segnale su un
PPM è tipicamente compresso attraverso un amplificatore logaritmico prima
della visualizzazione, in modo che l’ago del meter o l’accensione dei LED siano
più leggibili.

Le scale dei VU Meter e dei Peak Meter sono per lo più espresse in dB, dato
che la loudness del segnale percepita varia logaritmicamente con la potenza del
segnale. Quindi, aumentare la potenza di 3 dB si traduce in raddoppiare la
potenza, etc.

La strumentazione deve essere calibrata accuratamente secondo un partico-


lare standard. Tre importanti livelli standard sono elencati di seguito:

10
• PPM4 = 0 dBu = 0.775 V RMS (UK broadcasters)
• 0 VU = +4 dBu = 1.23 V RMS (commercial equipm.)
• 0 VU = −10 dBV = 316 mV RMS (consumer/prosumer equipm.)

Due esempi di line-up analogico e digitale sono riportati di seguito:


0 VU = +4 dBu = −20 dBFS (SMPTE RP155)
PPM4 = 0 dBu = −18 dBFS (EBU R64-1992)
La Fig. 11 compara tutti i livelli standard.

Figure 11: Standard Operating Levels [4].

Si riportano alcune utili definizioni.


 
VRM S
dBV → 20log10 (3)
1 VRM S
indipendentemente dall’impedenza del carico.
   
PRM S VRM S
dBu → 10log10 = 20log10 (4)
1 mWRM S 0.775 VRM S
indipendentemente dall’impedenza del carico (u = unloaded).
   
PRM S VRM S
dBm → 10log10 = 20log10 (5)
1 mWRM S 0.775 VRM S
si considera
 l’impedenza
 di carico pari a 600 Ω(In applicazioni radio: 50 Ω→
VRM S
20log10 0.224 VRM S ).

11
Nota: il dB si riferisce ad una grandezza adimensionale, ad esempio:
POU T 8mW
G= =
PIN 4mW
(6)
GdB = 10log10 (8) − 10log10 (4)

= 9dBm − 6dBm = 3dB

Il dBFS (dB relativo al fondo scala) è un’ unità relativa di ampiezza nei
sistemi digitali. 0 dBFS si riferisce al livello digitale massimo possibile (tutti i
segnali che superano questo limite verranno clippati). La visualizzazione sarà
quindi per soli numeri negativi.

5.2 Il canale
Un mixer è composto da un certo numero di canali, tipicamente un numero
potenza di 2 (es. 4,8,16,24,32). Il numero dei canali ci suggerisce quanti segnali
possiamo gestire contemporaneamente. Tutti i canali all’interno di un mixer
sono generalmente identici. Si possono avere dei canali leggermente diversi per
applicazioni specifiche (es. canali stereo, che sono in pratica canali doppi, i cui
parametri si possono regolare contemporaneamente per entrambi i sottocanali).

Il percorso del segnale audio nel canale attraversa diversi blocchi:


• INGRESSI (MIC/LINE)

• PREAMPLIFICAZIONE
• EQUALIZZAZIONE
• AUX
• FADER

Il fader è l’ultimo blocco del canale da cui il suono verrà indirizzato verso la
sezione MASTER del mixer.

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5.2.1 Preamplificazione
Il blocco di preamplificazione contiene il
preamplificatore, che ha un guadagno differ-
ente nel caso il segnale di ingresso sia MIC
o LINE, un selettore(switch) per selezionare
MIC/LINE, lo switch per la phantom power
48V, un filtro passa-alto (tipicamente con fre-
quenza di taglio compresa tra 65 ÷ 100 Hz),
un inverter di fase che inverte la polarità
dell’input, un selettore di MIX (vedremo in
seguito, su alcuni mixer è possibile indirizzare
il segnale del canale, MIX A, verso un modulo
Figure 12: Sezione di pre- alternativo, MIX B, e viceversa).
amplificazione. Per quanto riguarda il pre-amplificatore,
possiamo avere un potenziometro GAIN (o
INPUT SENS) che si usa appunto per regolare il guadagno del pre-amplificatore.
Sulla serigrafia troviamo spesso l’indicazione del guadagno in termini di dBu
come in Fig. 12 (in Fig. 13 invece il guadagno è espresso in dB). In realtà
questo non mi dice di quanto viene amplificato il segnale, ma ad esempio, posto
il potenziometro su -8 dBu, questo mi indica che un segnale di -8dBu produce
un output di 0 VU.
Spesso si trova anche un potenziometro
chiamato comunemente TAPE TRIM che re-
gola un altra sezione di pre-amplificazione che
permette anche di attenuare il segnale in in-
gresso (si usa per regolare l’ingresso del MIX
B).
Il pre-amplificatore serve ad amplificare
il segnale in ingresso rispetto al rumore
dei circuiti successivi, quindi ci permette di
non perdere dB nel rapporto segnale-rumore
(SNR) rispetto all’SNR in ingresso.
A 0 dB ho corrispondenza con lo Stan-
dard Operating Level. Tra l’estremo supe-
riore della regione di funzionamento lineare
dell’amplificatore e il valore PEAK ho la re-
gione dell’HEADROOM in cui comincio ad
avere una compressione del segnale che es-
Figure 13: Sezione di pre-
plode in distorsione armonica al di sopra del
amplificazione.
PEAK.

Standard Operating Level (S.O.L):


Il segnale percorre diversi stadi di una catena. Può capitare che all’uscita di
uno di questi si trovi un segnale con voltaggio troppo grande rispetto a quello
sostenuto dallo stadio successivo introducendo così una distorsione sul segnale

13
finale di uscita. Il TAPE TRIM regola semplicemente un partitore di tensione
che ci permette di interfacciare bene il mixer con un dispositivo in ingresso.

5.2.2 Equalizzazione
Un equalizzatore (EQ) ci permette di mod-
ificare lo spettro del segnale amplificando o
attenuando uno o più range di frequenze.
Equalizzatore parametrico: include i poten-
ziometri di selezione della frequenza centrale
fc , TRIM/GAIN (attenuazione/guadagno) e
Q (fattore di forma o di merito dell’EQ). Si di-
cono equalizzatori semi-parametrici gli equal-
izzatori sprovvisti del potenziometro Q.
Esistono 2 tipi di equalizzatori para-
metrici:
• SHELVING
• PEAKING
Il filtro SHELVING ha la forma di
uno scaffale. Su un filtro di questo
tipo si può regolare il TRIM/GAIN, la
frequenza di taglio può essere regolabile
o fissata. Su alcuni equalizzatori di
questo tipo si può regolare anche la pen-
denza del filtro. Tipicamente su un
mixer sono presenti due filtri shelving,
Figure 14: Sezione di EQ. uno per le basse frequenze e uno per le
alte.

Il filtro PEAKING ha una forma a cam-


pana e il potenziometro Q regola proprio la larghezza della campana. Si possono
regolare tipicamente due frequenze centrali per due campane FcHM F e FcLM F
ovvero per una banda di frequenze medio-alte e medio-basse.

Parametri:
FREQUENZA CENTRALE fc : è la frequenza che ha guadagno massimo
(o attenuazione massima), mentre le altre frequenze della campana saranno am-
plificate (o attenuate) di meno.
GAIN/TRIM: ci permette di selezionare quanto vogliamo esaltare o attenuare
certe frequenze e agisce sull’altezza della campana.
FATTORE DI MERITO Q: determina la larghezza della campana, cioè la
fc
banda delle frequenze interessate dal filtro e si definisce come: Q = W , dove W
è la banda relativa del filtro. Nota che a parità di Q, la campana si stringe alle
alte frequenze.

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EQ a più bande Avendo un EQ a più bande (tipo Fig. 15), agendo su
più potenziometri contemporaneamente posso intervenire più volte su certe fre-
quenze, perché le bande di frequenza si possono sovrapporre.

Figure 15: Equalizzatore software multibanda.

La sezione di equalizzazione è tipicamente attivata/disattivata attraverso


uno switch EQ IN.

Attenzione: dopo l’equalizzazione ripristinare il segnale a 0 dB sul VU meter.

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5.2.3 Mandate ausiliarie, AUX, SENDS
Le mandate ausiliare sono uscite che servono
per inviare i segnali dal mixer alle cuffie o
all’outboard (alcuni mixer, ad esempio quelli
che hanno a bordo degli effetti, re-indirizzano
internamente alcune mandate). È proprio la
particolare configurazione della sezione delle
mandate che caratterizza il tipo di mixer.
Dalle AUX escono segnali di linea (tipica-
mente jack TRS). Se un mixer contiene n
mandate, avrà n potenziometri, uno per cias-
cuna mandata. Il potenziometro della man-
data permette di stabilire quanto segnale in-
vio all’uscita AUX.
Nella sezione MASTER del mixer si avrà
un blocco dedicato al master delle mandate
(MASTER AUX + SOLO AFL), che vedremo
in seguito.
Si distinguono le mandate in:

• Mandate PRE-FADER (PRE): per


l’ascolto del musicista, monitoring
• Mandate POST-FADER (POST): per
l’outboard

PRE e POST indicano che il segnale


è prelevato prima del fader o dopo il
fader.

Ulteriori opzioni di routing delle AUX vari-


ano da mixer a mixer. Si consiglia sempre di
leggere il manuale d’uso del mixer prima di
usarlo.
Figure 16: Sezione AUX.

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5.2.4 MIX B - Ritorni macchina
I ritorni macchina hanno un ingresso a parte
e si utilizzano soprattutto per ricevere segnale
da una scheda audio o un registratore multi-
traccia (MTK). Ne abbiamo uno per canale.
Il modulo MIX B funziona come una sezione
fader "in miniatura". Si ha un potenziometro
per regolare il guadagno/attenuazione, un
PANPOT per regolare la posizione panoram-
ica del segnale, e spesso trovo uno switch
SOLO PFL (Pre Fader Listening) e un CUT
(Mute).
Oltre all’utilizzo per il ritorno macchina,
possiamo utilizzare la sezione MIX B per fare
in modo che due segnali condividano la stessa
striscia (strip) di canale ma con percorsi dif-
Figure 17: Sezione MIX B ferenti, così che verranno manipolati in modo
diverso.

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5.2.5 Fader
La sezione FADER comprende il cursore
FADER che controlla il volume del segnale
in uscita al canale e che vogliamo inviare alla
sezione MASTER. Una sezione FADER tipi-
camente contiene il tasto SOLO che perme-
tte di sentire solo il canale selezionato. Il
METER visualizzerà in questo modo solo il
canale selezionato.
Il SOLO può essere PFL (Pre Fader Lis-
tening) ovvero non influenzato dall’azione del
FADER, quindi in uscita il segnale sarà udi-
bile anche con il FADER posto a −∞. Nel
caso il SOLO possa operare anche AFL (Af-
ter Fader Listening) dovrò portare il FADER
a 0 dB.
Il tasto CUT mette in muto il segnale.
Nella sezione FADER inoltre è presente
il PANPOT ovvero il potenziometro che ri-
partisce il segnale tra i bus MASTER LEFT
OUT e MASTER RIGHT OUT o tra i gruppi
di assegnazione.
Per indirizzare il segnale in uscita si us-
ano i TASTI DI ASSEGNAZIONE (MA-
TRICE DI ASSEGNAZIONE, ROUTING
MATRIX). Attraverso questi selettori indi-
Figure 18: Sezione FADER. rizziamo l’uscita del canale ai BUS secondo
la regola:
• PANPOT L → ODD (dispari)

• PANPOT R → EVEN (pari)


Nella sezione FADER tipicamente troviamo dei LED indicatori che ci co-
municano la presenza di un segnale in ingresso (SIGNAL) o il raggiungimento
del picco (PEAK). La sensibilità del SIGNAL e il valore del PEAK variano a
seconda del mixer (il manuale di un mixer fornisce informazioni a riguardo).

5.2.6 Direct OUT


Le direct out sono delle uscite dirette da ciascun canale e non sono sempre
presenti sui mixer. Le direct OUT sono post fader e possono essere utilizzate
per inviare direttamente ad una scheda audio o ad un registratore multitraccia
i canali del mixer. Possono essere utilizzate alternativamente ai BUS (Gruppi)
quando questi non mi bastano in numero.

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Figure 19: Sezione GRUPPI - BUS.

5.3 Sezione MASTER


La sezione MASTER può contenere diversi elementi a seconda dell’utilizzo per
cui il mixer è stato destinato. In questa sezione possono esserci FX return,
Sezione CONTROL ROOM, Studio Foldback, Oscillatore di calibrazione, Talk-
back.

5.3.1 Gruppi - BUS


Per inviare i canali in uscita verso un registratore o una scheda audio possiamo
assegnarli a uno o più GRUPPI. La sezione dei GRUPPI ha dei FADER che
controllano il livello del segnale in uscita a ciascun gruppo. Nella sezione dei
gruppi si trovano spesso altri tasti che indirizzano le uscite dei gruppi al MAIN
MIX. Anche la sezione dei gruppi può avere degli switch SOLO per ascoltare in
solo il gruppo.

5.3.2 Main mix output


Questa sezione comprende un MASTER FADER STEREO. In un mixer da
studio si collegano le uscite (left/right) di questa sezione ad uno strumento
che possa registrare 2 tracce per il mixdown. In un mixer live tipicamente si

19
collegano le casse.

5.3.3 Mix B output


Questa sezione opera in modo del tutto equivalente a quella del Main MIX. Si
può avere uno switch MIX B TO MIX che indirizza il MIX B verso i MAIN
MIX L/R bus.

5.3.4 Auxiliary outputs


Questa sezione comprende tanti poten-
ziometri MASTER AUX quante solo le AUX
del mixer. Nella sezione possono essere
presenti anche degli switch per il SOLO
(AFL/PFL) per ciascuna AUX. Questi switch
indirizzano il segnale AUX ai bus PFL/AFL
L-R attivando l’override della CONTROL
ROOM per il monitoring delle AUX.

5.3.5 FX Returns
Solitamente le uscite degli effetti sono con-
nesse a questi input. Si può usare questa
sezione per collegare anche degli input di
linea di vario tipo. Si possono avere PAN-
POT, Potenziometri di Livello, Tasti di as-
segnazione e switch per il SOLO.

Figure 20: MASTER AUX. 5.3.6 CONTROL ROOM


In un mixer da studio le casse si collegano
tipicamente alle uscite CONTROL ROOM.
In una sezione CONTROL ROOM oltre ad
un potenziometro per il volume di uscita pos-
siamo trovare dei tasti per selezionare le sorgenti da inviare in uscita alla CON-
TROL ROOM: queste possono essere il MIX A, il MIX B, uno o più registratori
esterni (2TK).
Alcune sezioni CONTROL ROOM hanno uscite alternative per coppie di
monitor diverse e uno switch per selezionare l’uscita desiderata.
Su alcuni mixer è presente un selettore che permette l’ascolto dei canali
LEFT e RIGHT sommati in MONO.

5.3.7 Note sui tipi di SOLO


Abbiamo già parlato di SOLO PFL e AFL. Su alcuni mixer esiste l’opzione Solo
in Place (SIP) che permette di sentire i segnali in stereo e con tutti i loro effetti.
Se il SIP è attivo, questo rende i SOLO distruttivi.

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5.3.8 Studio foldback
Questa sezione permette di gestire le uscite verso lo studio di registratore e
l’amplificatore per le cuffie. Non è presente in tutti i mixer. Queste uscite sono
elettricamente equivalenti alle AUX.

5.3.9 Talkback
Questa sezione è presente tipicamente nei mixer da studio e comprende un
microfono per comunicare con la sala di ripresa e uno switch per l’attivazione
del microfono. Nei mixer più sofisticati possono esserci dei tasti di assegnazione
verso AUX o altre uscite e un potenziometro per la regolazione del microfono
di talkback.

5.4 Schemi a blocchi


Si riportano di seguito gli schemi elettrici semplificati del CANALE e della
SEZIONE MASTER di un mixer.

Figure 21: Schema a blocchi del canale.

21
Figure 22: Schema a blocchi della sezione master.

6 Outboard
6.1 Processori di dinamica
I processori di dinamica sono dispositivi hardware (analogici o digitali) o soft-
ware (plugin) che modificano la DINAMICA del segnale. Appartengono a questa
categoria compressori, limiter, expander, gate e de-esser.
Si definisce DINAMICA DEL SEGNALE la differenza tra il picco minimo
e il picco massimo del segnale. Non si deve confondere la dinamica del segnale
con la dinamica di un dispositivo elettronico (Fig. 23), ovvero la differenza tra
il livello del rumore dei circuiti (es. rumore termico, rumore flicker) e livello di
distorsione. In altre parole, la dinamica di un dispositivo elettronico è il range
entro cui si può muovere il segnale senza essere distorto o coperto dal rumore.
dB
MAX
Dinamica
Dinamica del
del dispositivo
segnale elettronico
NOISE
t

Figure 23: Differenza tra dinamica del segnale e dinamica di un dispositivo


elettronico

22
KEY IN
Δ
IN

OUT
VCA G

METER

Figure 24: Schema a blocchi semplificato di un compressore

6.1.1 COMPRESSORE
Il compressore riduce la dinamica del segnale, ovvero lo "schiaccia" in ampiezza.
Si può usare per vari scopi:
1. L’estensione dinamica di un brano può essere superiore all’estensione del
supporto su cui deve essere registratto. Ad esempio, si necessita di ridurre
una dinamica di 120 dB per farla rientrare in una dinamica di 90 dB.
2. In un brano può essere necessario non perdere dei passaggi a volume molto
basso (si intende basso rispetto al livello del rumore) oppure non rendere
insopportabili passaggi a volume molto alto.
3. Allo stadio si vuole esaltare la voce dello speaker sui cori dei tifosi. Com-
primiamo quindi la voce dello speaker e alziamo il GAIN. La dinamica del
segnale vocale diminuisce, ma il segnale risulterà più forte essendo il suo
livello medio più alto perché amplificato tramite GAIN.
4. Occorre uniformare la dinamica di voci poco stabili.
Uno schema a blocchi molto semplificato di un compressore è mostrato in
Fig. 24. In Fig. 24 il blocco ∆ (Detector) comprende un rilevatore di livello,
i comandi per il VCA secondo una threshold (soglia) e un rapporto di com-
pressione impostati. Il VCA è un amplificatore pilotato in tensione, mentre G
è un semplice amplificatore con guadagno regolabile tramite un potenziometro
(ad esempio). Il GAIN in un compressore si può chiamare anche COMPEN-
SAZIONE. Si può impostare per ill METER la lettura del segnale in ingresso
al compressore o in uscita allo stesso.

Paramtri di un compressore
Il compressore entra in azione quando il segnale in ingresso supera una certa

23
soglia, chiamata THRESHOLD, VT H . Per valori inferiori alla threshold il seg-
nale passa attraverso il compressore senza subire la compressione. I segnali
che superano la soglia vengono compressi in base al RAPPORTO DI COM-
PRESSIONE (Ratio) che rappresenta il rapporto tra la variazione del livello
del segnale in ingresso e la variazione del livello del segnale in uscita (dopo la
compressione). Questi parametri sono espressi graficamente in Fig. 25.

Esempio 1: Ratio = 4 : 1 significa che una variazione in ingresso di 16 dB


si traduce in una variazione in uscita di 4 dB.

Esempio 2: Ratio = 4 : 1, VT H = −10 dB. Supponendo di avere una


variazione del segnale in ingresso di 4 dB, si avrà una variazione del segnale di
uscita di 1 dB. Considerata la soglia, avremo: VIN = −6 dB, VOU T = −9 dB.

VOUT
1:1
2:1
4:1
∞:1

VTH VIN

Figure 25: Curva di compressione

Il punto cerchiato in Fig. 25 si chiama GINOCCHIO (KNEE) della curva.


Si parla di HARD o SOFT KNEE a seconda di quanto questo sia arrotondato.
Nel caso di SOFT KNEE il rapporto di compressione non è costante e la com-
pressione inizia poco prima il superamento della soglia. Il risultato è un effetto
meno drastico sulla compressione.
Altri parametri sono:

ATTACK TIME: tempo di entrata in compressione dopo il supera-


mento della soglia (tempo in cui il GAIN viene ri-
dotto)
RELEASE TIME: tempo di uscita dalla compressione dopo che il seg-
nale è sceso al di sotto della soglia (tempo in cui il
GAIN è ripristinato al valore originario)

Tempi di attacco e rilascio più lunghi danno in uscita un suono più omoge-
neo, ma il compressore non reagirà prontamente a cambi di livello molti rapidi

24
VOUT
1:1

VTH VIN

Figure 26: Soft Knee

(es. strumenti percussivi). Alcuni compressori (soprattutto quelli che lavorano


in modalità RMS) permettono anche di regolare automaticamente ATTACK e
RELEASE TIME.
I compressori possono dunque lavorare in due modalità:
• PEAK MODE
• RMS MODE (Root Mean Square)
Esempio: con una RATIO alta il PEAK MODE impedisce al segnale di
superare un certo livello anche per brevissimi istanti. L’RMS MODE invece
corrisponde meglio al modo di percepire il volume per le nostre orecchie e quindi
questa modalità può restituire un suono più naturale.
Infine abbiamo il parametro di GAIN (o COMPENSAZIONE). Il processo di
riduzione della dinamica porta ad un abbassamento del livello medio del segnale.
Per compensare questa perdita si piò agire con il GAIN in uscita al compressore.

Il compressore può avere un KEY INPUT a cui si applica un segnale di


controllo. Uno switch collega il detector al KEY IN oppure all’IN. Il detector
comprimerà il segnale in ingresso IN quando il segnale di controllo inserito su-
pererà la soglia.

Esempio: Alla radio uno speaker parla sulla musica. Si collega il segnale
vocale al KEY IN e la musica all’IN. In questo modo quando lo speaker parla,
la musica viene compressa.
Il KEY INPUT viene chiamato spesso anche con il nome di SIDE CHAIN.
Il SIDE CHAIN tuttavia funziona in modo leggermente diverso, in quanto viene
posto in INSERT al compressore (Fig. 27).
Un tipo speciale di compressore è il DE-ESSER, che utilizza il KEY IN
per eliminare i sibili, le "s" della voce o in generale certe frequenze attorno
allo stesso range. L’equalizzatore enfatizza le frequenze tipiche dei sibili e il
segnale in uscita all’EQ va a controllare il detector ∆ attraverso il KEY IN. In

25
SIDE CHAIN

OUT
IN VCA G

METER

Figure 27: Compressore con Side Chain.

presenza di un sibilo, quindi, il segnale in IN viene compresso. Alcuni De-Esser


permettono di selezionare tra sibili maschili e femminili (le frequenze cambiano
leggermente).

6.1.2 LIMITER
Dal punto di vista circuitale LIMITER e COMPRESSORE sono la stessa cosa.
È l’utilizzo che se ne fa dei due che ne determina la differenza. Un compressore
con elevata ratio (10:1, 20:1) già si comporta come un limiter. Il limiter, inteso
come CLIPPER, ha una ratio ∞ : 1, ovvero si comporta come un "muro" che
non permette al segnale di superare la soglia impostata.
Parametri del limiter
Anche per un limiter avremo THRESHOLD, RATIO (∞ : 1), ATTACK e RE-
LEASE TIME (rapidissimi). A seconda di come si regolano i tempi di attacco
e rilascio si potrà parlare di SOFT/HARD CLIPPING. Non ci sarà un GAIN
sul limiter, in quanto la soglia impostata non può essere superata.

I limiter funzionano tipicament basandosi sul calcolo del picco. Alcuni lavo-
rano RMS e utilizzano spesso un look-ahead time, ovvero considerano un attimo
prima nel segnale quando attaccare e introducono una certa latenza.

I limiter si possono usare a protezione di circuiti che possono rompersi con


segnali troppo ampi in ingresso.

6.1.3 EXPANDER (Downward expander)


L’expander lavora in senso inverso rispetto al compressore. Quando il segnale
scende al di sotto della soglia di espansione (THRESHOLD),l’expander comin-
cia ad agire proporzionalmente al rapporto di espansione (RATIO). Per valori

26
superiori alla soglia il segnale passa nell’expander senza subirne l’azione (Fig.
28).
dB

BEFORE AFTER
TH EXP EXP

Figure 28: Effetto dell’espansione sul segnale.

I parametri dell’espansore sono rappresentati graficamente in Fig. 29 per il


Downward Expander e in Fig. 30 per l’Upward Expander.

VOUT

1:1
1:2 1:∞
VTH VIN

Figure 29: Curva di espansione per downward expander.

Come per il compressore, si avranno per l’espansore (di tipo downward) i tempi
di attacco e rilascio:

ATTACK TIME: tempo di ripristino del rapporto 1:1 dopo che il seg-
nale ha superato la soglia.
RELEASE TIME: tempo di entrata in espansione dopo il superamento
della soglia verso il basso.

Il compressore upward funziona al contrario rispetto al downward.

6.1.4 NOISE GATE (o GATE)


Dal punto di vista circuitale il noise gate è del tutto simile all’expander. Con
una ratio 1 : ∞, al di sotto della soglia il segnale verrà soppresso del tutto
(CLOSED), mentre al di sopra della soglia il segnale passerà (OPEN).

Il NOISE GATE si utilizza per eliminare i rumori di fondo tra le pause


del segnale utile (il rumore è sovrapposto al segnale). È utile soprattutto per

27
1:∞
VOUT 1:2
1:1

VTH VIN

Figure 30: Curva di espansione per upward expander

eliminare i respiri, i rientri, i rimbombi e può in una certa misura contenere


anche l’effetto Larsen. Se l’effetto del NOISE GATE è troppo drastico, si può
operare semplicemente con un EXPANDER.
Parametri del noise gate
Anche per il noise gate abbiamo i tempi di attacco e rilascio da intendersi come:

ATTACK TIME: tempo di apertura totale del gate dopo che il segnale
ha superato la soglia.
RELEASE TIME: tempo di chiusura totale del gate dopo il supera-
mento della soglia verso il basso.

Alcuni GATE hanno anche l’HOLD che permette di stabilire quanto tempo
il gate debba rimanere aperto dopo che il segnale sia sceso al di sotto della
soglia, dopo di che si attiva il rilascio. L’HOLD si utilizza ad esempio per non
perdere il decadimento della batteria.

NOTE SUI PROCESSORI DI DINAMICA


Il processamento della dinamica non è un proceso lineare: questo vuol dire che
l’ordine in cascata nell’utilizzo di compressori, expander, etc. determinerà un
risultato diverso in uscita a seconda di come è configurata la cascata dei pro-
cessori.

I processori di dinamica si collegano solitamente in INSERT ai mixer. Si


parla di compressione parallela quando questi processori vengono utilizzati con
le AUX. Per collegare i processori in INSERT al mixer si adoperano cavi a Y
come in Fig. 31 (b). L’INSERT in un mixer preleva e restituisce il segnale subito
dopo la sezione di preamplificazione o subito dopo la sezione di equalizzazione
(Fig. 32). La porta insert è normalizzata: quando nessun processore è collegato,
il SEND e il RETURN sono cortocircuitati tra loro.

28
Figure 31: Y-Cord usato come splitter (a), come send-return (b) [picture by
GLS audio]

INSERT
PORT
PRE-AMP
INSERT S
option 1 PROCESSORE
R
EQ
INSERT
option 2
AUX

Figure 32: Porta INSERT del mixer.

6.2 Processori spettrali


Appartengono a questa categoria gli equalizzatori e gli exciter. In merito agli
equalizzatori, esistono vari tipi di EQ. Questi strumenti permettono di modifi-
care lo spettro di un segnale controllandone l’ampiezza per range di frequenze in
esso contenute. Si possono utilizzare per correggere errori alla registrazione, per
scopi creativi, per amalgamare i suoni in un mix o per separarli, per correggere
il feedback causato dall’effetto Larsen, etc.

Tutti questi processori spettrali si collegano in INSERT al mixer.

29
6.2.1 EQUALIZZATORE PEAKING - PARAMETRICO - SEMI-
PARAMETRICO
Gli EQ dotati di controlli di FREQUENZA CENTRALE del filtro e larghezza
della campana o FATTORE DI MERITO Q 2 , GAIN/ATTENUAZIONE at-
torno a fc si dicono EQUALIZZATORI PARAMETRICI.
fc
Il fattore di merito Q si definisce come Q = BW , dove BW è la banda su
cui agisce il filtro.

Gli equalizzatori dotati solo di controlli su fc e GAIN sono detti SEMI-


PARAMETRICI. Gli equalizzatori che permettono di regolare solo il GAIN
sono detti PEAKING (Fig. 33).

Figure 33: Filtro peaking - campana [1].

6.2.2 EQUALIZZATORE GRAFICO


L’EQ GRAFICO è formato da tanti filtri PEAKING in serie. Si ricorda che
un filtro peaking è in grado di amplificare/attenuare una determinata banda di
frequenze attorno ad una frequenza centrale. Nell’EQ GRAFICO la campana
di ogni filtro ha il FATTORE DI MERITO Q fissato e questo valore è uguale
per ogni filtro. Nell’EQ GRAFICO si può quindi modificare il GAIN di ciascun
filtro.
Un equalizzatore è detto a terzi di ottava se prevede la presenza di 3 peaking
per ottava (ogni 3 peaking raddoppia la frequenza centrale del filtro). Avendo
circa 10 ottave nello spettro udibile, questi equalizzatori avranno circa 30 filtri
peaking (Fig. 34).
2 maggiore è Q, più stretta è la campana

30
Figure 34: Equalizzatore grafico a 31 bande, 2 canali.

Figure 35: Equalizzatore grafico.

Il nome "grafico" fa riferimento al fatto che guardando tutti i fader sull’EQ


questi formano una curva (detta anche CURVA di EQUALIZZAZIONE appli-
cata al segnale).
Sugli equalizzatori grafici si trovano spesso anche un filtro LPF, un HPF, un
GAIN di compensazione e uno switch di BYPASS.

6.2.3 EQUALIZZATORE SHELVING


L’EQ SHELVING ha una particolare forma "a scaffale". Questi dispositivi
hanno un potenziometro per regolare la frequenza di taglio fT e il GAIN. Es-
istono EQ SHELVING per le basse e le alte frequenze e si parla di LOW SHELV-
ING e HIGH SHELVING (Fig. 36).

6.2.4 EXCITER (o ENHANCER)


Questo processore permette di selezionare una frequenza, di esaltarla e generare
tutte le sue armoniche superiori o inferiori arricchendo il segnale in ingresso con
armoniche che prima non esistevano. Un exciter storico è stato l’Aphex Aural
Exciter.

Parametri di un exciter
L’exciter si può utilizzare per migliorare il timbro di uno strumento o una
voce e per creare sensazioni innaturali.

31
Figure 36: Low Shelving EQ [1].

FREQUENCY: seleziona la frequenza di partenza


GAIN/DRIVE: seleziona quante armoniche aggiungere
HARMONICS: seleziona quali armoniche aggiungere (pari, dispari,
tutte)
MIX: regola la quantità di segnale di partenza e quanto
segnale "eccitato".

6.3 Effetti
Gli effetti ricevono un segnale in ingresso (DRY) e forniscono in uscita un nuovo
segnale "effetto" (WET). Gli effetti si utilizzano con le AUX POST FADER
(influenzate quindi dal livello del fader sul mixer). La quantità di segnale invi-
ata all’effetto si regola proprio tramite il potenziometro AUX facendo sempre
attenzione a non saturare il segnale in ingresso all’effetto.

Si possono distinguere tre famiglie di effetti:


• RIVERBERI
• DELAY/ECHO
• MODULULAZIONI (Basate su COMB, Non-basate su COMB)

6.3.1 RIVERBERO
Il riverbero è un fenomeno strettamente legato alla fisica del suono e alle carat-
taristiche ambientali. Il riverbero permette al nostro sistema percettivo di ri-
costruire un’immagine audio tridimensionale del luogo che ci circonda e della
posizione di una sorgente sonora rispetto all’ascoltatore.
È bene quindi, quando lo si riproduce artificialmente, creare un riverbero
sensato e realistico per dare una verosimile idea di ambiente o allo stesso modo
si può stravolgere la natura e la fisica creando effetti del tutto innaturali.

32
In Fig. 37 è rappresentata una tipica risposta impulsiva di una stanza.

Figure 37: Tipica risposta impulsiva di una stanza [3].

Figure 38: Un ascoltatore riceve il suono diretto e molteplici sue riflessioni [3].

Al tempo t0 si ha il segnale diretto di ampiezza massima. Di seguito in-


iziano ad arrivare all’ascoltatore le EARLY REFLECTIONS (prime riflessioni)
del riverbero, che sono le riflessioni più caratterizzanti della risposta impul-
siva e di intensità maggiore rispetto alle riflessioni successive. La tipica curva
smorzata suggerisce che ad ogni riflessione del suono si ha un fenomeno di dissi-
pazione dell’energia. Questa dissipazione è dovuta fondamentalmente alle pro-
prietà fonoassorbenti dei materiali di cui sono costituite le pareti della stanza.
Nello specifico, si ha un più veloce decadimento delle alte frequenze rispetto a
quelle basse. Il segnale diretto è soggetto al solo assorbimento da parte dell’aria.
L’intervallo che tra l’arrivo del primo fronte (segnale diretto) e la prima early re-
flection è detto PRE-DELAY. Allo scorrere del tempo la densità delle riflessioni
aumenta e si ha la CODA del riverbero (o LATE REFLECTIONS) di intensità
sempre minore.
Per quanto riguarda i riverberi digitali, per quanto sia importante distinguere
un riverbero da un delay, purtroppo dobbiamo cedere al fatto che i riverberi
digitali più comuni sono dei delay più evoluti (questo tuttavia non riguarda i
riverberi a convoluzione e il raytracing che si avvicinano maggiormente alla re-
altà). Gli ingegneri audio sfruttano filtri comb e filtri all-pass che combinati tra

33
loro creano un effetto tipo riverbero [5]. A questi fltri si aggiungono filtri LPF
per simulare l’assorbimento delle alte frequenze rispetto a quelle più basse.

Parametri dei riverberi


Infine, alcuni riverberi permettono di regolare l’RT60 a seconda della specifica

TYPE: tipo di riverbero (Room, Cathedral, Hall, Plate,


Spring). Possiamo avere anche il Reverse (riverbero
al contrario) e il Gate Reverb (decadimento non nat-
urale della coda che viene troncata al di sotto di una
soglia da un gate).
SIZE: dimensioni della stanza.
SHAPE: forma della stanza.
PRE-DELAY: intervallo di tempo tra l’arrivo del suono diretto e
l’arrivo della prima riflessione.
EARLY REFLECTIONS: ampiezza delle early reflections.
RT60: tempo di riverberazione3 .
BASS MULTIPLY: le frequenze basse decadono più lentamente rispetto
a quelle più alte. Questo tempo si può regolare.
BASS CROSSOVER: permette di selezionare la frequenza di taglio per iso-
lare la banda su cui applicare il BASS MULTIPLY
(LPF).
HI CUT: taglia le alte frequenze (frequenza di taglio fissa o
regolabile).
HI DUMP: permette si simulare il decadimento delle alte fre-
quenze, più veloce rispetto a quello delle basse fre-
quenze.
DIFFUSION: Permette di simulare una parete liscia o frastagli-
ata (DIFF = 0% → Parete liscia, singola riflessione;
DIFF = 100% → Parete frastagliata, si crea un alone
di riflessioni4 ).

banda di frequenze.

6.3.2 RIVERBERO A CONVOLUZIONE


Avendo a disposizione la risposta impulsiva di una stanza, posso effettuare la
convoluzione tra questa e il segnale da riverberare. Questo tipo di operazione
può rivelarsi molto onerosa per il costo computazionale.

6.3.3 DELAY
Il delay permette di riprodurre il fenomeno fisico chiamato ECO, ovvero la ripe-
tizione di un suono attenuata e ritardata rispetto al suono diretto. L’eco viene
percepita come un suono distinto. Artificialmente si può regolare il DELAY
TIME, ovvero la distanza temporare tra le riflessioni.

34
L’orecchio umano percepisce due suoni distinti se tra essi intercorrono più
di 60 ÷ 100 msec (il valore preciso dipende dalla persona).

In un delay si può regolare il FEEDBACK, ovvero la quantità di segnale


reazionato e re-immesso in ingresso al delay. Il feedback permette di stabilire
quante ripetizioni del segnale si avranno in uscita. Ovviamente questa quantità
dipende strettamente dall’ampiezza del segnale in ingresso: a parità di feedback
due segnali di ampiezze diverse produrranno in uscita un numero di ripetizioni
differente.

Il range del feedback può variare da 0% a 100% oppure da -100% a 100%.


Nel secondo caso per valori negativi il segnale viene re-immesso in controfase.
È importante controllare se il delay sia o meno a tempo con il brano. Nel
mondo digitale possiamo calcolare facilmente il tempo di delay riferito ad un
movimento di misura (1/4) come segue:
60000
D= [msec] . (7)
BP M
Altri tempi, es. 1/8, 1/16, etc., possono essere calcolati attraverso moltipli-
cazioni e divisioni.
In alcuni delay digitali è possibile immettere il delay time con un tasto
chiamato TAP DELAY, che premuto a tempo più volte fornisce al DSP i dati
per calcolare il delay time. Questo sistema è utile se non conosciamo il BPM
del brano (Beats Per Minute).

6.3.4 COMB MODULATIONS


Questi effetti sono basati su architetture con filtri comb e all-pass. Appartengono
a questa categoria:

• Phaser (creo un effetto turbolenza sul segnale)


• Flanger (rispetto al Phaser si aggiunge un controllo sul PITCH del segnale
in ingresso)
• Chorus (rispetto a Phaser e Flanger si aggiunge un ulteriore controllo
sull’AMPIEZZA del segnale in ingresso)
I parametri tipici per questi effetti sono LFO Rate, Depth (quantità di ef-
fetto), LFO Wave Form, Delay Time. Si precisa che la regolazione del delay
time in queste modulazioni è tale da non far percepire i suoni come due suoni
distinti. Si può riscontrare questo problema lavorando in bassa frequenza dove
il periodo è lungo.
Si utilizzano tipicamente secondo la tabella:

35
Phaser: delay time 0 ÷ 20 msec → alte frequenze
Flanger: delay time 15 ÷ 40 msec → medie frequenze
Chorus: delay time 30 ÷ 60 msec → basse frequenze

6.3.5 ALTRE MODULAZIONI


Appartengono a questa categoria:

• Tremolo (modulazione di ampiezza tramite un LFO)


• Vibrato (modulazione di frequenza tramite un LFO)
I parametri tipici per questi effetti sono LFO Rate, Depth (quantità di ef-
fetto), LFO Wave Form.

References
[1] Álvaro Doménech. Efectos de sonido - filtrado y ecualización.
[2] F. Angelini and S. Angelini. Lezioni di Fonia. Appunti presi a lezione.
[3] L. L. Beranek. Acoustics. Amer. Inst. of Physics.

[4] R. Brice. Recording Consoles. Newnes Elsevier.


[5] U. Zolzer. DAFX: Digital Audio Effects. Wiley.

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