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SPETTACOLI Venerdì
27/2/9
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CULTURA L'INTERVISTA
"Democrazia a rischio senza opposizione"
Nella quiete della sua bianca stanza di lavoro affacciata sul mare (alle pareti riproduzioni di Klimt e
Schiele; una scrivania di legno, libri, appunti, partiture) Abbado ha così ripercorso lo spartito della sua SPAZIO DEL LETTORE PUBBLICITA'
vita, dall’infanzia alla fortunata prova davanti a Toscanini, dai travagliati rapporti con Riccardo Muti BLOG! tutti i blog
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Educazione al talento. Nelle lunghe passeggiate sulle montagne valdostane con suo nonno materno, Bruxelles alleggerisce le mi... i mutui di 40 banche
Guglielmo Savagnone, un eclettico intellettuale siciliano, Abbado dice di aver imparato con
l’importanza del silenzio anche la capacità di saper ascoltare. A 15 anni (per 500 lire a concerto) già
suona l’organo nelle chiese milanesi: la sua passione è Bach. «Vai avanti, non ti scoraggiare mai», lo
sprona sua madre, una donna generosa che rischia assai nascondendo ebrei e partigiani; suo padre,
invece, è un uomo severo che affronta con angoscia ma senza mai perdere la dignità l’ombra nera della
povertà. «Aveva il culto dello studio, voleva che restassi sui libri anche fino alle 2 di notte... Non amavo
questa situazione, e invece, crescendo gli sono stato molto riconoscente. Mi ha trasmesso il senso della
disciplina e della ricerca. Con lui ho imparato a lavorare duramente: qualsiasi talento, per non
sprecarlo, ha bisogno innanzitutto di metodo». Dalle tante passioni, alla selezione delle attitudini:
«decisi di studiare direzione d’orchestra, pianoforte e composizione al Conservatorio Verdi». La prima
dura prova, a casa di Arturo Toscanini: il giovane Abbado suona Bach. «Con quegli occhi azzurri e
penetranti, mi fece i complimenti: “Avrai molto successo", mi sussurrò». Di quel giorno Abbado
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/spettacoli/200810articoli/37602girata.asp Pagina 1 di 2
Claudio Abbado: "E Toscanini mi disse: tu avrai successo" - LASTAMPA.it 27/2/09 12:21 AM
penetranti, mi fece i complimenti: “Avrai molto successo", mi sussurrò». Di quel giorno Abbado
ricorda il suo stupore davanti all’autoritarismo di Toscanini: «Urlava, insultava i musicisti che non
eseguivano al millimetro le sue indicazioni». «Non saprei mai guidare un’orchestra con questi
metodi», pensò. «Invece, durante quelle prove, colsi l’importanza, l’essenzialità dello sguardo. Il
direttore ha solo gli occhi e le mani per comunicare, e sono decisivi per realizzare il magnetismo con
l’orchestra».
Abbado narra ancora della sua lunga, straordinaria avventura tra teatri e orchestre e dei suoi vent’anni
al vertice della Scala, in una Milano vitale, accanto a un organizzatore culturale della competenza di
Paolo Grassi: «Aprimmo le porte e le finestre del teatro, senza preconcetti... Rinnovammo il repertorio
e portammo a Milano direttori, musicisti e artisti da tutto il mondo»: Karl Bohm e Herbert von
Karajan, Carlos Kleiber e Leonard Bernstein. Manca però il nome di Riccardo Muti. «È una telenovela
costruita sui giornali, c’erano stati Coppi e Bartali, la Callas e la Tebaldi, e dunque bisognava creare il
conflitto tra Abbado e Muti - sostiene Abbado -. La verità è un’altra e oggi posso dirla con la massima
serenità. Da direttore artistico invitai Riccardo a lavorare insieme, anche a dividere gli spazi. E invece
Muti voleva un suo teatro da dirigere. Compresi l’obiezione, e qualche anno dopo, quando accettai la
proposta che mi arrivò da Vienna, Riccardo prese il mio posto alla Scala».
Da Milano alla Staatsoper di Vienna fino alla guida, ai tempi della caduta del muro, dei Berliner. Tra
tanti trionfi e riconoscimenti nella vita del maestro, all’improvviso arriva una diagnosi terribile: cancro
allo stomaco. «Un colpo terribile», ricorda Abbado. E nel libro di Antonio Galdo svela: «Ho sempre
creduto di farcela, sono sempre stato convinto di iniziare una nuova vita, con nuove idee, anche
quando mi hanno portato via lo stomaco... Ha presente gli asceti? Per loro lo stomaco non conta nulla,
anzi è un ingombro che non aiuta a concentrarsi. Per me è stata la stessa cosa, ho cercato di
aggrapparmi ai lati positivi della mia malattia... Ho perso 17 chili e ho trovato le forze per andare
avanti». L’ultimo tempo non prevede più tournée o incarichi fissi ma è dedicato allo studio e alle
letture. Senza rimpianti: «La malattia mi ha fatto vedere con più chiarezza la gerarchia delle cose - dice
-. La mia voglia di ricercare nuove frontiere, aprire nuove vie, non si è esaurita. E così proseguo la mia
costante ricerca per scoprire e valorizzare il talento». Nell’Italia in declino si alza la voce di Claudio
Abbado: «Abbiamo i talenti, ma ci mancano l’organizzazione e la trasparenza, così non riusciamo
neanche a riconoscerli - è l’amaro j’accuse di Claudio Abbado - Non selezioniamo gli interventi
pubblici, non sosteniamo le cose veramente importanti, sprechiamo risorse e siamo soffocati da una
televisione che trascura troppo la cultura. Così rischiamo di diventare un enorme museo all’aperto,
ricco di tesori culturali unici al mondo e prosciugato nelle sue risorse umane».
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