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TYPE :Web Grand Public
"In una fase prolungata di confinamento domestico come questa, giocare anche per alcune ore ai
videogiochi è un fenomeno piuttosto diffuso nei bambini e nei ragazzi, perché è un modo per non
annoiarsi ma anche per mantenere alcune relazioni sociali. La dipendenza non si instaura in così
poco tempo ma se c’è già un pregresso atteggiamento problematico al gioco occorre vigilare sulla
presenza di alcuni sintomi che sono in comune anche con la dipendenza da sostanze quali:
astinenza (il giocatore è molto nervoso e irritabile se non gioca), tolleranza (aumento progressivo
del tempo di gioco e dell’intensità/complessità dei giochi), craving (desiderio incontrollabile),
impatto sulla qualità della vita (minore capacità o interesse verso il lavoro, lo studio, le relazioni
sociali) e pensiero costante sul gioco".
"Nei manuali diagnostici si parla di gaming in generale quando gli studi ci dicono che possono
indurre maggiore dipendenza soprattutto alcune categorie di giochi chiamati MMO (Massively
Multiplayer Online) che sono giochi multigiocatore di massa online (come il noto World of
Warcraft, che apparterrebbe al tipo role play) o giochi del genere battle royal come il notissimo
Fortnite. Un aspetto additivo (che favorisce la dipendenza) è la possibilità nei giochi gratuiti (free
to play) di evolvere più velocemente pagando piccole somme (microtransazioni) che poi possono
diventare consistenti. Sebbene la casistica sia rara alcune condotte di abuso possono indurre in
soggetti particolarmente vulnerabili fenomeni dissociativi preoccupanti come la trance
dissociativa da videoterminale, indurre deficit nell’attenzione e nell’autocontrollo e un isolamento
progressivo che per porta a sentire come identità principale quella adottata nel mondo virtuale
(identificazione del giocatore con gli avatar) con un calo delle capacità empatiche e relazionali".
"D’altro canto un uso intenso dei videogiochi può essere semplicemente una grande passione,
come per altri la lettura, lo sport o la musica. Ci sono tanti motivi non patologici per giocare. Si
può giocare per noia, per svago, per curiosità, per passione, per bisogno di affiliazione, per
socializzare, per sentirsi più competenti in un campo e migliorare l’autostima, per scaricare la
tensione, per distrarsi dalle tensioni familiari. I videogiochi nella maggior parte dei bambini e
degli adolescenti non fanno male. Se il minore mantiene altri interessi offline e una buona qualità
della vita i videogiochi possono essere un accettabile passatempo. Anche alcune sporadiche
reazioni intense di rabbia durante le partite non devono allarmare, sono solo segnali di
frustrazione. La questione non è la rabbia, ma come il minore gestisce quella rabbia (spaccare
oggetti, imprecare, essere distruttivi e non sapersi calmare può essere il segnale di problema
sottostante). I videogiochi rendono più aggressivi e più impulsivi solo i bambini che hanno già
alcune vulnerabilità, problemi di impulsività o aspetti psicopatologici. Ma se compaiono segnali
quali un aumento di isolamento sociale, bugie, apatia, irritabilità, distraibilità, problemi scolastici,
problemi fisici (emicrania, mal di schiena, affaticamento della vista), un rifugiarsi sempre di più
nei videogiochi allora potrebbero essere indicatori di un disagio che va accolto e compreso, anche
con l’aiuto di uno specialista".
"I videogiochi possono essere considerati anche come stimoli positivi. Possono potenziare gli
aspetti attentivi e percettivi (visuo-spaziali), cognitivi e di soluzione dei problemi, possono essere
considerati strumenti riabilitativi nei disturbi dell’apprendimento, ma anche strumenti di
aggregazione che migliorano gli aspetti emotivi e relazionali (cooperazione e tolleranza della
frustrazione)".
con lui questo mondo, avvicinarci perlomeno, non necessariamente diventare un player. Questo
accompagnamento non vale solo per i videogiochi ma per l’utilizzo di internet in generale. Dato
che i filtri di parental control per bloccare l’accesso a contenuti non adatti ai minori non è
sufficiente, occorre affiancare i bambini nelle prime navigazioni, fornire loro delle linee guida.
Stando con loro sarà anche più facile capire le loro reazioni, capire ad esempio se quella richiesta
di tempo in più per giocare è un capriccio o un’esigenza motivata magari da un record importante.
Questa condivisione aiuterà anche a verificare se l’utilizzo del videogioco sta diventando
problematico e se il minore sta usando il videogioco come rifugio per qualcos’altro che lo
spaventa o lo fa soffrire (il problema può essere anche in famiglia). Lo scopo non è il controllo,
ma la condivisione".
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"E’ meglio concordare con il minore, più che imporre, delle regole chiare sul tempo di
esposizione (non superare le due ore al giorno, dicono molti esperti) ed eventuali periodi in
assenza dei videogiochi se non vengono rispettate le regole già concordate. Poi bisogna essere
coerenti. Il dialogo costante, l’attenzione e la presenza sono strumenti più efficaci delle punizioni,
che se utilizzate vanno sempre spiegate bene. Evitare in preda alla frustrazione di staccare
all’improvviso il videogioco, perché il minore potrebbe veder svanire gli sforzi di tante ore ed
essere molto frustrato. Evitare di far giocare mentre si mangia (anche al ristorante). I videogiochi
non vanno usati al posto della babysitter, come distrattore o come educatore. Controllare che il
minore non giochi dopocena, perché questo interferisce con il sonno, finendo per penalizzare il
rendimento scolastico (fenomeno del vamping, gli studenti che stanno svegli di notte come i
vampiri e poi dormono a scuola). A volte si consiglia di tenere le consolle da gioco o il computer
in una stanza comune e non nella camera del minore, per favorire una condivisione e limitarne gli
usi impropri. Molti adolescenti passano ore al cellulare di notte sul letto, è una abitudine da
disincentivare. In una fase di confinamento come questa è più facile che il minore faccia dei binge
watching, cioè delle abbuffate di televisione, serie tv, filmati su youtube e videogiochi. E’
compito del genitore vigilare su questo atteggiamento. Se diamo delle regole occorre poi anche
dare l’esempio evitando di stare noi per primi troppo al cellulare o davanti alla tv. E se mettiamo
dei limiti dobbiamo saper proporre delle attività alternative, stimolare altri interessi, che esulino
dalle tecnologie, magari riscoprendo alcune attività da fare a casa insieme come il cucinare in
modo creativo e divertente, fare altre attività ludiche insieme o condividere altri hobbies".
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