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Prima edizione 2009, Librogame’s Land
www.librogame.net
http://nuke.levity‐rpg.net/
Il testo è stato raccolto dal pbf (“play by forum”) giocato sul forum di
Librogame’s Land da dicembre 2006 a marzo 2007
Meyroan è un’ambientazione fantasy di Roberto Grassi
Impaginazione e grafica di Alberto Orsini
Il presente libro è da intendersi ad uso esclusivamente personale, ne è
vietata qualsiasi tipo di vendita e la modifica anche parziale.
VERSO
HEBERENUM
LGL PLAY BY FORUM
www.librogame.net
ANTEFATTO
I Guerrieri Neri
La città di Eeren è stata attaccata dal Sacerdote Nero
Nekhret, al comando di un piccolo esercito di Guerrieri
Neri. La difesa è senza speranza. Le antiche mura,
vestigia di un antico potere, crollano subito sotto
l’attacco, troppo potente per essere fronteggiato da
quello che non è nient’altro che un villaggio di
pescatori. L’attacco è stato determinato dal fatto che in
quella città, apparentemente insignificante è conservato
l’Occhio di Theoroth, uno dei più potenti artefatti da
utilizzare nella guerra di Tywhe.
Durante l’attacco notturno, un giovane
pescatore che si trovava al largo per una pesca
notturna, Seyr, è richiamato dai rumori e dai fuochi
dell’assalto al suo villaggio. Risalendo lungo la strada
che porta dalla spiaggia, dove vengono ancorate le
barche, fino al bosco dedicato a Sethrel, decide di andare
a spiare cosa sta accadendo dalle spalle dei nemici.
Nekhret, tuttavia, percepisce la sua presenza e lancia al
suo inseguimento un Guerriero Nero.
Il ragazzo non avrebbe alcuna speranza,
tuttavia all’improvviso scorge con la coda dell’occhio
quello che sembra essere un cancello con l’entrata di
una caverna. Senza esitazioni, si dirige verso quella che
sembra essere la sua salvezza. Il Guerriero Nero in
effetti passa oltre, senza vedere l’entrata. Seyr è salvo e
si dirige dentro la caverna dove trova, dopo un piccolo
corridoio, un muro perfettamente levigato di ossidiana
nera con un foro centrale perfettamente cilindrico.
Dopo aver sbirciato attraverso il buco, Seyr prova a
toccare la parete ricavando un leggero suono. Dopo
averla toccata di nuovo, tuttavia, le sue mani restano
attaccate alla parete ed un suono lancinante si propaga
nella caverna. Seyr perde conoscenza.
Nel frattempo, i giovani Ihrean e Thren cercano
scampo verso il tempio di Theoroth situato al centro
della città. Thren avverte uno strano presentimento,
come se stesse per compiersi un destino. Quando
giungono al tempio Ihrean cade in uno stato di trance.
Ihrit, il sacerdote di Theoroth, gli rivela che Tywhe sta
iniziando e che Ihrean è uno dei Prescelti e cercano di
fuggire nei labirinti sotterranei scavati nelle gallerie
sotto il tempio. Thren prende Ihrean sulle spalle e segue
il sacerdote. In quello stesso istante, Nekhret lancia alla
caccia di Yhrit il suo Guerriero Nero più fidato, Kethar.
È una gara contro il tempo. Dopo un lungo ed
interminabile cammino nelle profonde gallerie
sotterranee, Yhrit invita Thren ad andare in
avanscoperta per esaminare una delle stanze
abbandonate.
Purtroppo per Thren, tuttavia, è la mossa falsa
che Yhrit attendeva per prenderlo di sorpresa. Yhrit
uccide Thren e poi trascina Ihrean, ancora in trance, su
un tavolo sacrificale su cui è poggiata una sfera verde.
Yhrit, dopo aver elevato una preghiera a Theoroth,
uccide Ihrean e la sfera si illumina debolmente
“staccandosi” dal tavolo. Yhrit, a questo punto, sente
forte la “chiamata” del suo dio e, portatosi sull’orlo di
un profondo pozzo di cui non si vede la fine, si tuffa
stringendo con forza l’Occhio, dirigendosi verso
Kythale, gli abissi della Terra.
Kethar giunge in ritardo e riesce solo a trovare
il coltello sacrificale di Yhrit. Dopo aver imprecato per
questo insuccesso ritorna da Nekhret, che gli ordina di
andare subito a Neferya e di riportare la notizia del loro
insuccesso.
Negli abissi di Kythale
Yhrit, con l’Occhio, sta lentamente discendendo a
Kythale attraverso un lungo tunnel di cui non si vede
la fine. Durante la discesa sente alcuni suoni ma non si
fa distrarre da essi e, dopo aver tenuto stretto l’Occhio,
continua a cadere, lentamente, nel vuoto. Il suono
tuttavia, si fa sempre più forte sino a diventare
insostenibile e Yhrit perde conoscenza, risvegliandosi,
poco dopo, in un luogo circondato dall’oscurità e si
accorge di non avere con più l’Occhio con sé.
Inizia, nel buio, a cercarlo, ma si rende conto
che nella stessa stanza si trova un altra presenza,
gelatinosa e tentacolare che gli chiede chi sia e perché si
trovi lì. Dopo alcuni momenti di diffidenza Yhrit gli
dice la verità, ossia che ha ucciso qualcuno e che sta
cercando l’Occhio, confidando nell’aiuto da parte
dell’essere. La creatura, a questo punto, grida “Luce!” e
finalmente Yhrit può vedere dove si trova. I suoi piedi
stanno lentamente affondando in una vasca piena di
cadaveri, di cui però non riesce a sentire l’odore di
decomposizione. Di fronte a lui, non c’e’ più la creatura
gelatinosa, ma una meravigliosa donna nuda con
lunghi capelli che le coprono il seno. Yhrit, turbato da
quella visione, immagina che si tratti di Ehrat, la
rappresentazione divina della terra.
La dea, tuttavia, si comporta in maniera strana
e schizofrenica e sembra non volere aiutare Yhrit nel
tentare di uscire dalla pozza in cui continua ad
affondare. Yhrit non riesce a capire il suo
comportamento. Ella dapprima lo bacia, ma Yhrit non
avverte nulla, poi gli parla ma le sue parole non
vengono percepite. Quando, infine, gli offre una mela,
Yhrit si rende conto, prima che sia troppo tardi, che si
tratta di un’illusione e che deve riprendere il controllo
della sua mente. Grida e prega Theoroth, la dea torna
ad essere il mostro gelatinoso e tentacolare e lui,
finalmente, si risveglia in una caverna debolmente
illuminata dalla luce dell’Occhio, che è sempre stato
vicino a lui. Nelle vicinanze si trova l’artefice della sua
illusione, un Neblar, dotato di enormi poteri psichici
che sebbene dormiente aveva tentato di soggiogare la
sua mente. Yhrit era stato fortunato. Se il Neblar fosse
stato sveglio e se lui non avesse avuto la protezione
dell’Occhio, non avrebbe avuto scampo. Così, Yhrit
prende coraggio, recupera l’Occhio ed inizia a cercare la
strada per trovare le stanze di Theoroth, negli abissi di
Kythale.
Nel frattempo, in superficie, Nekhret sta per
prendere possesso di Eeren ma mentre sta per farlo
giunge il Guerriero Nero che egli aveva lanciato
all’inseguimento del ragazzo, circostanza che aveva
dimenticato. Il Guerriero gli rivela che il ragazzo è
letteralmente scomparso davanti ai suoi occhi. La cosa
turba Nekhret, che sospetta ci sia un cancello di accesso
a luoghi dedicati a Theoroth, invisibili a chi segue le
strade di Karnath. Per questo motivo si porta nei luoghi
della improvvisa sparizione e tenta un incantesimo di
Percezione. Mentre sta per penetrare mentalmente
il luogo avverte una presenza molto forte, che lo
respinge provocandogli un forte danno. Ne è certo, in
quel luogo si trova un portale di accesso a stanze
dedicate a Theoroth. Ansimante, dopo aver dato ordine
di presidiare il luogo, ritorna in città e prende possesso
del tempio precedentemente abitato da Yhrit. Mentre
sta decidendo di riposarsi, Thorg, un Gehen che ha
prestato sino ad allora servizio per i sacerdoti di
Theoroth, gli rivela di voler passare dalla parte di
Karnath, il lato Oscuro, di conoscere molte cose sui
Prescelti e di possedere informazioni che potranno
tornare utili.
Nekhret non si fida di lui, ma mentre stanno
iniziando a parlare uno dei Guerrieri Neri giunge e
sussurra qualcosa di terribile nell’orecchio di Nekhret. I
Guerrieri che erano di guardia sono stati trucidati da
qualcuno con una enorme forza. Nekhret rabbrividisce.
Herien si è risvegliato. Preso dal panico, decide di
fuggire a Neferya per avvisare i Sacerdoti Neri, ma,
mentre sta per partire, Seyr, il ragazzo che era
scomparso nel “portale” durante l’inseguimento,
ricompare in fin di vita. Thorg rivela che si tratta
proprio di uno dei due prescelti che si trovavano ad
Eeren. Nekhret, a questo punto, sebbene preoccupato
dalla presenza di Herien nelle vicinanze, decide di
rimanere ad Eeren e prendersi cura di Seyr per potergli
leggere nel pensiero e capire cosa gli è successo
esattamente quando era nel portale di Theoroth con
Herien.
Nel frattempo, Kethar è giunto ai piedi della
grande foresta di Uhl, che dovrà attraversare per
giungere ad Heberenum, uno degli accessi a Neferya.
Capitolo 1
Kethar iniziò a salire il sentiero verso la foresta di
Uhl. Il suo cavallo, Heleg, un fiero stallone nero,
sbuffò, come se volesse evitarla. Ci sarebbe voluto
tutto il giorno per attraversarla, ma era la strada
più corta. Dopo aver passato la foresta, un altro
giorno al galoppo lo avrebbe portato ad
Heberenum. Alle pendici del bosco, le ultime case
dei contadini comparivano qua e là, debolmente
illuminate dal sole, il cui percorso stava per
raggiungere il suo apice. Toccò la Spada Nera, al
suo fianco, e la preoccupazione per quello che lo
attendeva svanì, come se Eodeth in persona gli
stesse infondendo nuovo vigore.
“Signore!”. Una voce di una bambina lo
chiamò. Kethar sussultò. Non si aspettava
quell’incontro. Era una bambina che era salita
sulla staccionata e lo stava salutando. Doveva
essere la figlia del contadino che viveva in quella
casa. Alle sue spalle, una piccola casa in mattoni e
alcune mucche e galline che razzolavano. Si trovò
a salutarla, quasi senza volerlo. Un Guerriero
Nero come lui, la guardia scelta di Nekhret, che
aveva appena ucciso e mutilato... Si muoveva a
compassione. Forse perché le ricordava... Telya.
Scosse il capo e scrollò Heleg, per dirigerlo verso
la foresta. Ma proprio in quell’istante sentì un
grido di orrore provenire da una casa. Volse lo
sguardo in quella direzione. Vide uscire, di corsa,
una creatura deforme, dal pelo nero, che
trascinava qualcosa in bocca, ma non riusciva a
capirlo. Era troppo distante. La bambina gridò
qualcosa di indefinito e corse in casa.
Ebbe un attimo di indecisione... Stava
accadendo tutto così di fretta. Poi, decise di
correre verso la casa. Poteva esserci ancora
qualcuno vivo. Ancora non riusciva a capire
perché lo stesse facendo. Doveva andare a
Neferya al più presto... Eppure... C’era qualcosa
che lo spingeva ad andare a guardare cos’era
successo. E quella specie di creatura nera che era
fuggita via. Sembrava una di quegli abomini che i
sacerdoti di Neferya custodiscono nelle loro
caverne sotterranee. Ma cosa ci faceva lì, in pieno
giorno. Giunse velocemente al galoppo in
prossimità della casa. La porta anteriore era
aperta, ma non spalancata... Scese da cavallo, e
sguainò la Spada Nera. Sussurrò un’implorazione
a Eodeth e fece per entrare. All’improvviso, dal
retro, giunse un rumore improvviso e strano.
Dal retro non proveniva alcun rumore ora.
Solo silenzio. Se c’era qualcuno, o qualcosa,
sembrava essere in silenzio. Il suo respiro iniziò a
farsi più pesante. Era la sensazione che provava
quando stava per prepararsi a combattere. Intorno
a lui, i rumori della campagna sembravano
surreali... Il suo corpo era pronto a colpire.
Capitolo 2
Raccolse un sasso e lo lanciò in direzione del retro.
Nessun rumore. Se c’era qualcosa che lo
aspettava, sapeva il fatto suo e non lo temeva. Tra
le labbra sussurrò il nome di Eodeth e si diresse
verso il retro, pronto ad uccidere. Nessuno.
Intorno a lui c’era ovunque sangue. Dall’interno,
sentì qualcuno che si lamentava. Quella bestia
aveva fatto, presumibilmente, una carneficina.
Entrò nella casa. Tutto era sottosopra. Due corpi
di donna giacevano per terra, uno di essi era
decapitato. Accanto al camino, un uomo stava
rantolando.
Si avvicinò verso il corpo, i sensi all’erta.
Non sembravano esserci pericoli. Con la coda
dell’occhio vide la testa della donna decapitata,
poco più avanti del corpo. Doveva essere stato un
colpo unico. Quella bestia doveva avere una forza
spaventosa. “Il... Bambino...”, sussurrò l’uomo.
Kethar gli si avvicinò, tenendogli il capo. Gli
mancava poco, ormai. “Chi e’ stato?”, chiese. “Il...
Bambino...”, disse l’uomo, indicando una piccola
culla vuota, spirando.
Si alzò di scatto. Non aveva il coraggio di
vedere. La culla era vuota. Ecco cosa aveva in
bocca quella bestia immonda.
“Stirpe maledetta di Nygrath”, una voce
profonda lo colse quasi di sorpresa. Si voltò di
scatto, la lama della sua spada si fermò ad un
soffio dal volto di un uomo dai lineamenti marcati
dal sole. Indossava una leggera veste corta con
una cintura, una lunga spada e comodi sandali.
Doveva essere un buon combattente. Non aveva
paura di lui. “Chi sei”, chiese Kethar, con voce
ferma. “Ti ho chiesto chi sei!”, ripetè con voce più
minacciosa. “Mettila via straniero ‐ fu la risposta ‐
Non ti serve quella con me. Non ho intenzione di
farti del male. Ho visto che ti sei imbattuto per
caso in quel maledetto mostro, a cui sto dando la
caccia già da parecchio tempo, ma è sempre
riuscito a scappare. E pure qui mi pare sia già
troppo tardi”. “Non mi hai detto ancora chi sei. E
come hai fatto a comparire così all’improvviso?”.
Kethar non aveva intenzione di abbassare la
guardia.
“Vivendo a lungo in questi boschi ‐ rispose
lo sconosciuto ‐ e non avendo le tue capacità di
guerriero si devono per forza affinare altre qualità.
Si impara a vedere quello che altri non vedono, a
sentire quello che non sentono, e a non farsi
vedere né sentire quando è il caso. Sono Seyran il
ranger cacciatore, la foresta è la mia casa e ne
conosco ogni spanna”. Kethar abbassò la guardia,
ma rimase all’erta. Non poteva fidarsi di Seyran. E
doveva andare a Neferya. Non aveva tempo da
perdere per queste cose.
Al di fuori della casa, nel frattempo,
iniziavano a sentirsi i primi rumori delle voci dei
contadini. Si stavano dirigendo verso la casa.
“Arrivano ‐ disse il ranger ‐ Cavaliere, seguimi!
Non abbiamo un attimo da perdere!”. Il rumore
della folla che si stava dirigendo verso la casa
convinse Kethar a seguire l’invito di Seyran. Il
Guerriero Nero salì di corsa a cavallo e si diresse
dietro indicazione di Seyran, che sedeva dietro di
lui, verso una piccola radura all’inizio della
foresta, a poca distanza dalla casa. Seyran era
giunto da lì e il suo cavallo stazionava in quel
punto. Scesero entrambi dal cavallo. Kethar diede
un’occhiata alla foresta. Grandi alberi che
coprivano il sole. Già da quelle prime propaggini,
la foresta gli appariva ostile.
Capitolo 3
“Cavaliere ‐ lo apostrofò il ranger ‐ ora che siamo
al sicuro che ne dici di fare conoscenza? Ho un po’
di domande da farti, soprattutto su quel mostro”.
Kethar sembrava non voler rispondere. Nel
frattempo, una leggera brezza si stava alzando da
Sud, dal mare. I cavalli mangiavano l’erba del
prato, alzando talvolta la testa quando sentivano
qualche odore particolare, per identificare qualche
pericolo in agguato. Ma erano tranquilli, non c’era
nulla di pericoloso in quel punto della foresta. La
bestia, inoltre, non sembrava essere passata di lì.
Seyran lo aveva capito subito. Il cavallo era troppo
tranquillo e non c’erano segni di passaggio.
“Ascoltami bene, guerriero ‐ parlò di
nuovo Seyran, questa volta rabbiosamente ‐ Ti ho
salvato dal linciaggio dei contadini! Non credi che
dovresti essere riconoscente nei miei confronti?
Potrei darti qualche risposta su quel mostro, ma se
non ti interessa va pure per la tua strada
maledetta! Ci penserò io a trovarlo! A ucciderlo! E
a recuperare il neonato! Capito? O forse sei troppo
codardo oltre che ottuso? Rispondi se sei un
uomo!”.
Kethar alzò la spada in segno di sfida:
’’Senti, stupido ranger ‐ ringhiò ‐ Non ho bisogno
del tuo aiuto, e non vedo come tu possa servire
per la mia missione. Non ho tempo da perdere con
neonati scomparsi e mostri rapitori.’’
Le parole di Kethar colpirono
profondamente Seyran. Non voleva, non poteva,
fidarsi completamente di lui. Aveva riconosciuto
in lui un Guerriero Nero, uno della terribile
armata dei guerrieri di Karnath. L’armatura nera,
con la mano bianca, era inconfondibile. Aveva
visto, talvolta, alcuni drappelli di Guerrieri Neri
percorrere le lande dell’Ethelia meridionale e poi
sparire nel nulla, nei loro covi sotterranei.
Tuttavia, era solo. Questo non era mai capitato.
Non doveva essere un guerriero come gli altri.
Forse era un disertore. E poteva aiutarlo a
catturare la bestia e scoprire dove si celavano gli
adepti di Nygrath.
“Ascoltami, guerriero ‐ disse ancora il
ranger ‐ Appianiamo le nostre inutili divergenze:
ho bisogno del tuo aiuto come tu avrai bisogno del
mio. Aiutami a stanare quel mostro infernale
prima che sparga il sangue di altre vittime
innocenti ed io offrirò le mie abilità per aiutarti ad
affrontare il tuo viaggio, anche se non ho idea del
perché un guerriero come te si trovi da solo in
questo luogo e anche se non hai voluto essere
completamente sincero con me”.
Aveva appena finito di parlare, quando...
da lontano... Tamburi. Il loro suono era flebile,
appena percettibile, ma le orecchie allenate di
Seyran lo avevano captato. “Guerriero ‐ continuò ‐
dobbiamo subito lasciare questo posto, non è più
sicuro. Accamparsi qui significherebbe morte
certa. Dobbiamo muoverci con cautela,
anticipando le mosse del nemico. Seguiamo le
tracce del mostro. Scegli in fretta, non c’è un
attimo da perdere: o resti con me oppure va per la
tua strada”.
Il suono dei tamburi si era ora interrotto ed
era sceso un innaturale silenzio. Il silenzio di
Kethar rendeva tutto questo ancora più
innaturale. Forse Seyran stava rischiando troppo
nel coinvolgere un Guerriero Nero. Forse era un
disertore: questo era quello che aveva pensato. Ma
la sua reticenza gli stava facendo cambiare idea.
Iniziava a non fidarsi di lui. I cavalli erano
tranquilli e Seyran non avvertiva nulla di
particolare. Diede un’occhiata intorno per
scorgere tracce del passaggio della bestia o di
qualcun altro. Nulla.
Capitolo 4
Il silenzio di Kethar aveva molte giustificazioni.
Dopotutto, perché doveva fidarsi di questo
ranger? Certo, la foresta di Uhl era certamente il
percorso più breve, altrimenti avrebbe dovuto
deviare verso Sud e poi passare intorno ai bordi
della foresta, ma ci avrebbe messo troppo tempo.
Il percorso più breve verso Neferya era senza
dubbio quello. Scosse leggermente la testa...
Poteva servirsi di lui. Ma ogni decisione aveva i
suoi pro e i suoi contro.
“D’accordo, ranger ‐ disse alla fine ‐ le tue
parole mi hanno convinto. Come ti ho detto ho
visto qualcosa dentro di te e so che senza il mio
aiuto non riuscirai facilmente nella tua missione.
Ho deciso di seguirti e tentare di ritrovare la bestia
al tuo fianco. Andiamo, ti starò dietro. Ti offro la
mia lama, tu mi assicuri che sarai altrettanto leale
con me?”. Kethar e Seyran risalirono a cavallo.
Kethar, cortesemente, fece segno di passare
davanti e Seyran acconsentì, sebbene non si
fidasse completamente di lui. Iniziarono ad
andare al passo nella foresta. Seyran aveva
intenzione di muoversi verso il rumore dei
tamburi. Seguiva quella catena di omicidi da
alcuni giorni ed era certo che si trattasse dei
seguaci di Nygrath. Le ultime piste lo avevano
condotto qui, ai margini della foresta di Uhl, dove
per pochissimo non era riuscito ad intercettare la
bestia.
Kethar era impressionato dal ranger. Lo
osservava in azione. I suoi sensi erano sempre
all’erta, ad ogni minimo rumore. Alcune volte,
sembrava tendere i sensi verso qualcosa che lui
non riusciva nemmeno a percepire. Passarono
alcuni minuti, seguendo i sentieri, ancora visibili,
sebbene la foresta non venisse più usata da alcune
decine di anni. La domanda di Seyran giunse
improvvisa. “Cosa ci fa un Guerriero Nero, solo?”.
Kethar stava per rispondere, ma Seyran alzò
improvvisamente una mano, per zittirlo. Aveva
udito un suono molto flebile, peraltro coperto dal
suono di una piccola cascata. Sembrava un grido
di donna, o qualcosa di simile. “Di qua!”, disse,
correndo al galoppo.
Dopo pochi istanti si trovarono in una
piccola radura con una cascata. Tuttavia, quello
che si parò davanti ai loro occhi era uno spettacolo
abbastanza inquietante. Una donna guerriero di
Ethelia, nelle sue splendide vesti bianche, era alla
mercé di cinque creature che la attaccavano.
Seyran non aveva mai visto quelle creature prima.
Basse e tozze, impugnavano semplici aste
appuntite e pericolose. La donna, sebbene esperta
nell’arte della guerra, sembrava non avere
speranza. I suoi attacchi non riuscivano ad andare
a segno perché gli attaccanti si tenevano a debita
distanza. Inoltre, era già stata ferita. Kethar e
Seyran si lanciano contro i mostri con le spade
sguainate. Seyran urlò: “Maledetti mostri!
Assaggerete il metallo delle nostre spade!”; Kethar
pensava: “...Ma per piacere...”. L’attacco fu
improvviso ed efficace. Il ranger ed il Guerriero
Nero attaccarono senza problemi. Quattro delle
creature morirono quasi senza accorgersene, tanto
era stata veloce l’azione. Il quinto, resosi conto del
pericolo, corse ed entrò nella cascata,
nascondendosi al di là della lama di acqua. La
Guerriera si accasciò al suolo, ferita.
Scesero da cavallo. Seyran corse verso la
donna con la spada in mano. Era ancora
preoccupato della minaccia dei mostri, ma il suo
primo istinto era quello di soccorrerla. Arrivato da
lei vide che era una fanciulla bellissima. ma ferita
in maniera rilevante. Non appena vide Seyran
muoversi, Kethar gli fu dietro. Si avvicinò
anch’egli alla bella guerriera e notò con la coda
dell’occhio che la ferita era piuttosto seria. In
condizioni normali la donna avrebbe avuto poche
speranze, ma il ranger si muoveva con perizia e
sembrava sapere esattamente come curarla.
Kethar non perse di vista nemmeno per un
momento l’ingresso della caverna dietro la
cascata, con la spada in pugno, pronto a
respingere ogni eventuale nuovo attacco delle
creature.
Capitolo 5
La guerriera era ferita abbastanza seriamente, ma
Seyran aveva fortunatamente a disposizione
alcune erbe che potevano guarirla. Ripulì le ferite
con l’acqua del piccolo laghetto della cascata. Poi,
cercò nella borsa legata al suo cavallo e trovò
alcune foglie di Verelan che masticò e pose sulla
ferita della guerriera, dopo averle ripulite.
Tuttavia, non potevano rimanere lì. Bisognava
trovare una zona più adatta a curarla. Forse
bisognava tornare nel villaggio. Nel frattempo
Kethar teneva d’occhio la cascata pronto a
verificare se uscisse qualcuno.
Il Guerriero Nero si fece largo
avvicinandosi alla donna. La osservò: il suo corpo
proporzionato e i bei lineamenti non fecero alcun
effetto su di lui. L’unica cosa che aveva in mente
era che forse la sconosciuta avrebbe potuto
fornirgli informazioni utili per la sua missione.
Era impaziente ma si dominò e cercò di addolcire
per quanto possibile il suo tono di voce. “Come ti
senti guerriera? Puoi parlare? Come ti chiami?”,
disse d’un fiato. Una pausa. Poi sempre con
timbro pacato aggiunse: “Perché quelle creature ti
inseguivano? Cosa c’è oltre la cascata?”. Seyran
cercò di fermarlo: “Ehi, Guerriero Nero ‐ disse ‐
una domanda per volta! È ancora debole.
Ascoltami giovane guerriera puoi dirci che cosa è
successo?”.
La guerriera aveva bisogno di cure e stava
iniziando lentamente a perdere conoscenza. Reagì
alle richieste di Kethar e Seyran tentando di
rimanere cosciente ma tutto quello che riuscì a
dire fu: “Eeren è caduta... Bisogna andare a Myria
ad avvisare il governatore. L’attacco è stato
improvviso...”. Poi perse conoscenza. Nel
frattempo, nessun rumore sembrava provenire
dalla cascata. Molto in lontananza, i tamburi
ricominciarono a suonare. “Guerriero ‐ propose
Seyran ‐ Dobbiamo andare subito in un posto
sicuro per poter prestare le cure adeguate alla
fanciulla! Prendila in spalla e seguimi! Presto!”.
Kethar salì a cavallo portando con sé la guerriera.
Si diressero verso la lama d’acqua della
cascata. I cavalli non avevano intenzione di
attraversarla, così li legarono all’esterno. Kethar
prese la guerriera ed attraverso il fronte
dell’acqua. Seyran lo seguì. Si trovarono in una
grotta di ingresso semicircolare con due tunnel
che procedevano verso il basso. Kethar posò la
donna a terra. “Kethar ‐ gli disse il ranger ‐ benda
i cavalli e cerca di farli entrare nella caverna,
sennò fuori li vedranno tutti!”. Non c’era dubbio.
Quegli ambienti erano utilizzati da quelle strane
creature che avevano appena combattuto.
Sicuramente, l’unico sopravvissuto era corso in
uno di quei due tunnel. Nel frattempo Seyran
iniziava a dedicarsi alla guerriera. Non era messa
affatto bene. Aveva una profonda ferita, dovuta
ad una di quelle lunghe aste puntute, che le aveva
perforato le maglie della cotta leggera che
indossava. Doveva fare qualcosa.
Kethar uscì dalla grotta e dopo aver preso
un pezzo di stoffa dalla sua sacca si avvicinò ai
cavalli per bendarli, tentando di portarli nella
caverna. Erano estremamente nervosi e non
volevano muoversi. Kethar non riuscì a farcela.
Diede una occhiata distratta a quelle quattro
creature uccise, poco più in là. Bassi e pallidi, con
una leggera peluria su tutto il corpo. Con
disprezzo si voltò dall’altra parte e rientrò nella
caverna. “I cavalli non vogliono entrare”, disse.
Quasi come per confermare quella affermazione
uno di essi nitrì con forza, poi torno a brucare
l’erba in prossimità del piccolo laghetto alla base
della cascata.
I sensi di Seyran stavano iniziando ad
affinarsi ed abituarsi... La grotta non aveva odori
particolari... Ma dai tunnel arrivava un odore di
stantio e di marcio. Il suono dei tamburi
proseguiva, sebbene molto attutito dal suono della
cascata. Sembravano molto lontani. Nel frattempo
la guerriera iniziava a delirare, priva di
coscienza... “Eeren è caduta. Caduta... Myria...”,
biascicava. “La ferita ‐ disse Seyran ‐ è seria e
profonda. Dubito che ce la faccia. Può morire nel
giro di poco”. Seyran provò e riprovò a cercare di
fermare la fuoriuscita di sangue. Non ci fu nulla
da fare. La ferita era troppo grave. Stava iniziando
a raffreddarsi. La stavano perdendo. Seyran le
tolse la spada ed il corpetto di maglia e si legò
l’arma ad un fianco. Poi continuò ad accarezzarle
la fronte. Non voleva farla morire da sola.
Kethar invece ispezionava la caverna
rimanendo all’erta per sentire se arrivavano
rumori. Ed i rumori arrivarono. Molto lontani, ma
dai tunnel si sentivano alcune voci concitate che
provenivano nella loro direzione. Kethar si
concentrò. Non provenivano più rumori o voci
dalla caverna. Solo silenzio. Un silenzio
inquietante. “Guerriero ‐ disse Seyran rompendo
il silenzio ‐ Non so cosa ci sia, ma secondo me è
meglio uscire di fretta dalla caverna! Ho un piano
in mente! Se sono altre creature siamo solo in due
ad affrontarle e per giunta in uno spazio
ristretto!”. Kethar seguì il ranger fuori dalla
caverna, abbandonando la guerriera in un angolo,
ormai priva di conoscenza. Non sapeva cosa
avesse in mente Seyran ma in quella caverna
avevano perso fin troppo tempo e per la donna
non c’era più nulla da fare.
Istinto... Istinto... Kethar ne era dotato. Non
lo possedeva ai massimi livelli ma lo possedeva.
Sentiva quando stava per capitare qualcosa di
negativo e reagiva di conseguenza. Uscirono dalla
caverna, lasciando la guerriera agonizzante al suo
interno. Ma Kethar ripensò al silenzio improvviso.
Istinto... Istinto... Stava arrivando qualcosa. Stava
arrivando qualcosa.
Capitolo 6
Avevano fatto appena in tempo. Dalla caverna
uscì un grande scarabeo carnivoro gigante che
subito attaccò Seyran. Kethar spostò Seyran di lato
evitando che fosse colpito e si preparò a
difendersi. Anche Seyran si rialzò. I cavalli
iniziarono a nitrire e a cercare di liberarsi.
Kethar si avvicinò all’animale: raccolse una
grossa pietra da terra e la scagliò con tutte le sue
forze verso la testa dell’insetto. Poi tenendosi a
una distanza che gli consentisse di sottrarsi
rapidamente agli attacchi dello scarabeo in caso di
pericolo comincio a roteare la spada con maestria
e lanciare urli tentando di attirarne l’attenzione,
pronto a menare un poderoso fendente verso il
capo della bestia alla prima occasione. Seyran
cercava invece di portarsi alle spalle dello
Scarabeo. La bestia non aspettò troppo ed attaccò
subito Kethar. Forse si fece sorprendere, ma il
Guerriero non si aspettava certo un attacco così
veemente. Quella bestia sembrava essere troppo
forte. Le sue tenaglie lo afferrarono ad una gamba
provocandogli una brutta ferita.
Si divincolò e lo colpì con la sua spada, ma
non c’era niente da fare. Non lo mollava. Seyran,
fortunatamente, lo stava attaccando alle spalle, e
riuscì a tagliargli due zampe. Il dolore costrinse lo
scarabeo ad aprire le tenaglie e Kethar ricadde al
suolo. Lo scarabeo infuriato si girò dalla parte di
Seyran spalancando di nuovo le tenaglie, rosse per
il sangue di Kethar, ed emettendo un grido
agghiacciante. I cavalli sembravano impazziti alla
vista di quel mostro orribile. Uno di loro strattonò
così forte la corda che lo legava all’albero che
cadde sullo slancio, poi si rialzò e fuggì di scatto.
L’altro continuava ad impennarsi e a tirare la
corda, gli occhi spalancati in preda al terrore.
Kethar si lanciò all’attacco lanciando un
urlo di incitamento a Seyran che stava facendo lo
stesso. Mirò alle zampe dello scarabeo con la
ferma intenzione di reciderle. Si mossero
all’unisono. Dovevano attaccare e recidere almeno
una zampa di lato, per poter impedire allo
scarabeo di muoversi con facilità. Una sola... E poi
sarebbe stato in loro potere. Ma la bestia non
mollava facilmente. Attaccò Seyran con rabbia,
sorprendendolo proprio mentre compiva l’attacco
laterale. Aveva il fianco scoperto e le tenaglie dello
Scarabeo lo ferirono seriamente. Kethar, tuttavia,
pur ferito, riuscì a spostarsi di lato e tagliare di
netto un’altra zampa. Lo scarabeo iniziò a
muoversi in maniera sbilanciata. Dovevano
finirlo, era il momento giusto.
Seyran prese l’altra spada e gridò in
direzione dello scarabeo, tuttavia la sua ferita era
profonda e avvertì un’acuta fitta di dolore. Era
riuscito, tuttavia, a distrarre lo scarabeo per un
attimo. Kethar, con rapidità gli tagliò ancora
un’altra zampa. Ora lo scarabeo non riusciva
praticamente a muoversi. Seyran si spostò
rapidamente di lato, fuori dalla portata delle
poderose mandibole dell’enorme insetto, oramai
impossibilitato a muoversi. Kethar gli tagliò le
ultime due zampe e poi, gridando selvaggiamente
“Per Karnath!”, con un unico possente colpo recise
di netto la testa dello scarabeo, che rotolò qualche
metro più in là. Aveva le mani ed il volto sporchi
del sangue blu‐viola del mostro, un abominio
venuto chissà da dove. Si voltò verso la lama
d’acqua della cascata, dietro la quale vi era la
piccola grotta‐ingresso al rifugio di quelle
creature. Erano usciti appena in tempo: se lo
scarabeo li avesse sorpresi in quello spazio
angusto non avrebbero avuto scampo.
Capitolo 7
Poi rimase sorpreso. Dalla grotta iniziarono ad
uscire gli uomini di prima, ma non sembravano
avere intenzioni bellicose. Avevano il capo chino e
le loro aste abbassate. Si erano disposti a
semicerchio davanti alla cascata. Kethar pensò di
potersi fidare di loro. Probabilmente avevano
ucciso una loro divinità e questo li metteva in una
posizione di dominio. Sputò per terra e si pulì la
faccia con la mano, ancora ansimante.
Seyran si alzò da terra, tenendosi il fianco.
La ferita sanguinava, bisognava trovare qualcosa
per curarsi. Kethar si diresse zoppicante verso di
loro. Si era stancato, ed aveva bisogno di
mangiare. Appena i due si avvicinarono al
gruppo, le creature si inginocchiarono,
abbassando il capo sino al suolo. In quel
momento, i tamburi ricominciarono a suonare, ma
questa volta il ritmo era diverso. Le creature si
alzarono, impaurite, e tornarono dentro la
caverna, invitando Kethar e Seyran a fare
altrettanto. Poi presero il corpo della povera
guerriera, ormai morta, e lo lasciarono fuori dalla
caverna, in prossimità del grande scarabeo ucciso.
Kethar e Seyran seguirono le strane creature nella
grotta ed imboccarono il tunnel di destra.
Dovettero abbassarsi un po’, perché il tunnel era
basso e non era semplice, per loro, passare.
Kethar si chiese se lo scarabeo non avesse
utilizzato l’altro tunnel, perché altrimenti per quel
bestione sarebbe stato impossibile raggiungerli. Il
percorso in discesa sembrava interminabile ma
infine arrivarono in una grande caverna
sotterranea. Era molto vasta ed alta quasi una
trentina di metri. La luce penetrava debolmente
da alcune aperture, in alto. L’acqua percolava da
alcune zone della volta e formava piccoli laghetti.
Ecco come vivevano quelle creature, si disse
Kethar. Seyran ebbe una smorfia di dolore. Le
creature si fermarono davanti a quello che
sembrava il capo. Aveva uno strano mantello di
colore verde ed alzò la mano, in segno di saluto.
In lontananza, Kethar vide con la coda dell’occhio
un grande recinto. Probabilmente ospitava lo
scarabeo.
Sorrise, senza farsi accorgere. Quelle
creature potevano tornargli utili. E lui doveva
arrivare ad Heberenum. Magari conoscevano una
scorciatoia sotterranea. I due improvvisati
compagni di viaggio erano, allo stesso tempo,
calmi ma guardinghi. Avevano ucciso lo scarabeo,
e le creature sembravano essere intimorite da loro.
Ma, dopotutto, non potevano fidarsi
completamente. Seyran iniziò a cercare qualcosa
per curarsi ed allo stesso tempo cominciò a
memorizzare il percorso che avevano fatto e a
prendere una maggiore conoscenza dell’ambiente.
Erano in una grande ed alta caverna. Dall’alto
giungevano alcuni raggi di luce e si vedevano, in
alcune crepe più grandi, le radici degli alberi.
Probabilmente si poteva uscire anche dall’alto, ma
avrebbe richiesto una scalata abbastanza
pericolosa delle pareti della caverna. I suoi occhi,
tuttavia, iniziavano ad abituarsi all’oscurità ed
iniziò a vedere alcuni tunnel che partivano dalla
caverna centrale per perdersi all’interno della
roccia. Quella in cui si trovavano, sembrava
comunque, l’ambiente in cui tutta la tribù si
trovava quotidianamente. Erano circa settanta,
massimo ottanta individui. Non si vedevano
bambini. Tutti avevano una pelle biancastra
coperta da una leggera peluria. E tutti erano
armati di lunghe aste.
Seyran indicò con un movimento del capo i
tunnel a Kethar che annuì, avendo capito il
messaggio. “Non sembrano esserci altre uscite ‐
pensò il Guerriero Nero ‐ Una è la strada che porta
all’esterno, dove abbiamo ucciso lo Scarabeo. Gli
altri tunnel portano nel cuore della montagna,
chissà dove”. Mentre pensavano in questo modo,
le creature portarono a Seyran e Kethar una
ciotola d’acqua con immerse alcune alghe. Il capo
parlò loro in una lingua assolutamente
sconosciuta, indicando la ciotola. Queste creature
sembravano essere fuori dal mondo. Il capo li
invitò nuovamente a prendere la ciotola con le
alghe. Prese un alga e se la passò sul corpo, per
farne capire l’uso. Seyran riconobbe l’alga.
Rilasciava una sostanza lenitiva che poteva servire
per disinfettare e lenire il dolore. Non sarebbe
stata sufficiente tuttavia per suturare la ferita.
Bisognava in qualche modo richiuderla. Prese
comunque l’alga e dopo averla intinta nell’acqua
iniziò a disinfettare la ferita. Lo stesso fece Kethar,
curando la sua gamba. Dovevano trovare un
modo per cauterizzare e richiudere la ferita.
Nel frattempo, il capo aveva chiamato
attorno a sé alcune delle creature e sembrava
impartire loro alcuni ordini. Iniziò a disegnare
qualcosa sul pavimento argilloso della caverna. Il
disegno era molto semplice e rappresentava una
luna, la montagna con la cascata e la grotta in cui
si trovavano loro. All’esterno della montagna
compariva un animale feroce, non si faceva fatica
a credere che rappresentasse la belva che avevano
visto rapire il bambino, nell’atto di entrare nella
caverna, e due uomini che la combattevano.
Capitolo 8
Kethar rabbrividì. Pensavano di usarli contro la
belva per difenderli. Forse lo scarabeo gigante
serviva a quello. Il fatto che comparisse la luna nel
disegno tranquillizzò Kethar, per un attimo.
Probabilmente si aspettavano l’attacco durante la
notte. Il Guerriero si riscosse: avvicino la spada al
fuoco arroventandola e poi la portò sulle ferite
cauterizzandole. In bocca si era messo un pezzo di
cuoio per evitare di mordersi la lingua per il
dolore
Così si cauterizzarono le ferite. Le strane
creature portarono loro qualcosa da mangiare. Il
capo indicò il disegno che aveva fatto sull’argilla e
li guardò con aria interrogativa. “Kethar ‐ disse
improvvisamente il ranger ‐ Devo parlarti!”. Si
spostarono in un angolo tranquillo, dopodiché
Seyran continuò. “La creatura disegnata è la stessa
a cui sto dando la caccia da mesi! È un Oigon,
appartenente a una razza malvagia che aumenta
la sua potenza tramite esseri puri di cuore. Da vari
mesi innocenti neonati e bambini vengono presi
da questa creatura in vari paesi. Ha ucciso
moltissima gente pur di raggiungere i suoi scopi.
Da solo non ce la farò mai a fermarla, ma con il
tuo aiuto e quello di queste creature forse sì. Ti
prego aiutami a sconfiggerla per riportare la pace
e vendicare le sue vittime. Se lo farai ti farò
arrivare il più velocemente possibile alla tua
destinazione. Da solo ci metteresti il triplo del
tempo”.
Kethar rifletteva pensieroso. Sapeva che
aveva già perso troppo tempo con quel ranger, e
che doveva riuscire ad arrivare ad Heberenum
senza perdere ulteriore tempo. Ma sapeva anche
che la distanza che lo separava dalla sua metà era
notevole, e che senza l’aiuto di Seyran sarebbe
stato difficile superare l’enorme foresta. Doveva
pensare in fretta. “Calmati, ranger ‐ disse,
prendendo tempo ‐ Sto riflettendo su cosa è
meglio fare per entrambi... La fretta a volte
consiglia male”. Ma Seyran non mollò la presa:
“Anche il prode Keyless ‐ disse in tono sarcastico‐
rifletteva sulle sue decisioni, ma sapeva prendere
anche strade difficile per arrivare allo scopo. Sei o
non sei un Guerriero Nero? Allora decidi in fretta!
Non abbiamo tempo!”.
“Frena la lingua ranger ‐ rispose
repentinamente Kethar ‐ Proprio perché sono un
Guerriero Nero dovresti capire che non è il caso di
usare l’ironia a sproposito con me. O passare tanto
tempo in mezzo ai boschi ti ha fatto dimenticare
come ci si comporta con gli uomini?”. Il capo di
quelle creature intanto li guardava da lontano, con
aria apparentemente indifferente. “D’accordo
Seyran ‐ aggiunse Kethar ‐ credo che il tuo
discorso sia sensato. Muoviamoci da questa
caverna e liquidiamo la creatura il più
rapidamente possibile. Andiamo!”. Ma Seyran lo
fermò. “Aspetta ‐ disse ‐ Uscire dalla caverna ora
non avrebbe senso! Non sappiamo dove sia
l’Oigon e forse sarebbe meglio tendergli una
trappola, servendoci dell’aiuto di queste
creature”.
Due delle creature della caverna intanto
stavano facendo un gioco primitivo con alcuni
pezzetti di legno, urlando “Ga! Ga! Ga!”. “Vieni ‐
continuò il ranger ‐ andiamo a parlare lontano
dalle creature, ho un piano in mente che potrebbe
funzionare”. Kethar e Seyran si appartarono in
una zona laterale. I rumori della caverna si
attutirono un po’. Kethar ebbe un moto di
disprezzo. “Feccia ‐ disse ‐ Non so neanche
perché continuo a stare qui. Allora, ranger,
parlami di questa tua ide...”.
Non terminò la frase. Seyran lo aveva
colpito con un profondo stiletto acuminato.
Probabilmente imbevuto di qualche sostanza
soporifera, perché stava iniziando subito a fare
effetto. Lo aveva sorpreso. Non doveva fidarsi di
quel maledetto ranger. Non doveva. Avrebbe
dovuto abbandonarlo al suo destino.
Destino...
Destino...
Le immagini si fecero confuse. E Kethar
d’improvviso svenne.
Seyran guardò il corpo di Kethar farsi
molle e poi pallido. Aveva un piano in mente.
Pericoloso. E Kethar poteva tornargli utile. Sollevò
gli occhi e si diresse di nuovo verso il capo di
quelle strane creature.
Fuori dalla caverna, intanto, nella Foresta
risuonava alto un cupo rumore di tamburi, la cui
frequenza iniziava a diventare ossessiva.