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3.

I conti Guidi da Porciano

TEGRIMO o Teudegrimo, figlio di Guido Guerra IV e della “buona” Gualdrada di Bellincione


Berti, divenne capostipite del ramo dei conti Guidi di Porciano in seguito alla suddivisione del
patrimonio della prestigiosa famiglia, avvenuta nel 1229, fra i quattro fratelli, nei rami di
Modigliana e Porciano, Dovadola, Battifolle, Romena. Tegrimo ottenne dunque la contea di
Porciano in Casentino, quella di San Bavello e di San Godenzo in Val di Sieve, il viscontado di Val
d’Ambra nel Valdarno superiore e altri luoghi in Toscana e in Romagna. A questi antichi possessi
Tegrimo aggiunge la Castellina e Verghereto, che aveva acquistato nel 1225, la rocca e gli uomini
di Castel delle Alpi, acquistato nel 1231. Nel 1212, si scontra a Montale con i Pistoiesi, con esito
incerto, come alleato del comune di Bologna. Devoto seguace di Federico II di Svevia, in cambio
dei suoi servigi ottiene illustri nozze con la principessa normanna Albiera, figlia di Tancredi ex re
di Sicilia. Nel 1252, ormai vecchio, chiede al papa Innocenzo IV di essere assolto dalle scomuniche
che si era attirato per la sua lunga fedeltà all’imperatore. Durante la sua esistenza, ricopre spesso la
carica di podestà: a Pistoia (1209, 1210), a Pisa (1236-1239), ad Arezzo (1248). Non conosciamo la
data esatta della sua morte, avvenuta certamente prima del 1270, in tempo per vedere la vittoria dei
suoi ghibellini, dopo la battaglia di Montaperti.

GUIDO, figlio di Tegrimo e di Albiera, nasce poco dopo il 1220: nel 1254 cedette al Comune di
Firenze la sua quarta parte dei castelli e distretti di Montemurlo e di Montevarchi; tale cessione
viene ratificata nel castello di Porciano il 15 aprile 1259 dallo stesso conte Guido, dalla contessa
Adelasia sua moglie, da Corrado suo figlio e da Bartolommea, moglie di quest’ultimo. Allarga i
propri confini territoriali in Val d’Ambra con l’acquisto dei castelli di Soci, Bucine e Tentennano
(1270), dove invia come suo podestà Orlando degli Albergotti di Arezzo (1273) ed in seguito
Ciampolo di Arezzo (1279). Con il padre, segue l’imperatore Federico II anche in guerra, come
contro i Faentini ed i ribelli di Modigliana, che viene riconosciuta ai Guidi dal papa Martino IV in
cambio della restituzione delle terre di Forlì, Forlimpopoli, Cesena, Cervia, Bertinoro, Meldola,
Castrocaro. Nel 1282 è condannato dal Podestà di Firenze a pagare L. 5000 per violenze commesse
dai suoi fedeli a Caposelvi in Val d’Ambra. Podestà ad Arezzo (1247), quando fortificò il castello
di Chiusi, a Siena (1287), Guido muore il 29 maggio 1293.

TANCREDI, figlio di Guido, è protagonista in tutti i contrasti che agitarono la Romagna negli anni
1275-1299. Nel 1288 circa rinuncia alla sua parte dei castelli e terre di Dovadola, di Monteacuto, a
favore dei conti Guido Novello e Guido Selvatico di Dovadola. Segue l’imperatore Arrigo VII a
Roma, all’assedio di Firenze; questa sua fedeltà gli procura un diploma, datato 30 marzo 1313, in
base al quale riceve tutti i feudi del fratello Bandino, morto senza eredi e di altri Guidi di parte
guelfa. Ciò naturalmente gli causa l’ostilità dei parenti che sfocia in una guerra durata tre anni, fino
alla pace stipulata il 5 ottobre 1316 in Castel S. Niccolò, mediatore Guglielmo Novello conte di
Bagno.

RUGGERO, figlio di Guido, nel 1275 partecipa alla battaglia di S. Procolo; nei primi sei mesi del
1277, come podestà di Faenza, fortifica le mura di Cotignola. Il conte Ruggero, [33] non avendo
mantenuto gli aiuti promessi agli ambasciatori di Arrigo VII in San Godenzo, si vede confiscati
tutti i suoi beni ed assegnati al fratello Tancredi, con il quale quindi entra in guerra fino alla sua
morte (1318). I suoi beni andranno a Guido Alberto e agli altri nipoti.

BANDINO, figlio di Guido, acceso ghibellino, di tutta la famiglia fu il solo colpito dal bando di
proscrizione emesso in Firenze nel 1268 contro i seguaci imperiali. Ricopre spesso la carica di
podestà: nel 1282 a Forlì; per tre anni, fino al 1289 e nel 1306 a Faenza, quando cacciò dalla città il
fratello Tancredi, capitano del popolo, perchè si mostrava propenso ad una conciliazione con la
parte guelfa; riunì poi le due cariche e le tenne saldamente.

TEGRIMO, figlio di Guido, fu eletto podestà di Arezzo nel 1288. Terminata la carica, rimase nella
città per combattere contro i Fiorentini, anche se la guerra si concluse ben presto per la sconfitta dei
ghibellini a Campaldino. Si rifugiò allora nel suo castello di Porciano, da dove si dà al brigantaggio
e nel 1291, per sentenza del podestà di Firenze, Bartoletto da Spoleto, viene condannato a pagare
10.000 fiorini d’oro, per aver aggredito e derubato un mercante. Nel 1299 è podestà di Faenza.
Cercò anche di allargare i suoi possessi comprando molti castelli e ville da Aghinolfo di Romena
nel 1306 ed inoltre altre terre in Casentino. Fu tra i Guidi presenti in San Godenzo, quando fu
promesso aiuto agli ambasciatori di Arrigo VII; ma presto si alleò con i Fiorentini. Muore nel
giugno del 1315 e ai figli lascia in eredità la guerra iniziata contro il fratello Tancredi al quale
Arrigo VII aveva già assegnato i beni confiscati a Bandino.

CORRADO, figlio di Guido, è nominato in un documento del 10 settembre 1262, redatto nel
castello di Porciano dove, in sua presenza, si menziona un mulino posto sul fiume Arno, nel
distretto del castello, in località chiamata fin d’allora alle Mulina, dove esisteva un ponte ora
distrutto.

AMERIGO, figlio di Corrado, fu condannato nel 1291 dal podestà di Firenze alla multa di 10.000
fiorini d’oro per aver aggredito e derubato presso Porciano un mercante di Ancona; muore il 10
ottobre 1300 nel castello di San Bavello.

GUIDO DOMESTICO, figlio di Tegrimo, nel 1366 vende al comune di Firenze le ville di Castagno
e Serignana, rinunciando a qualunque diritto sulle contee di San Bavello e San Godenzo.

LUIGI, FIORE, ENRICO, SMERALDO, figli di Tegrimo, continuano la guerra iniziata dal padre,
finchè nel 1316 e poi nel 1325 vengono stipulati trattati di pace. Con la morte del padre però non
sanno mantenere tutti i loro beni terrieri: vendono a Piero e Tarlatino Tarlati alcuni territori in Val
d’Ambra, tra cui la loro parte dei castelli e ville di Poci, Caposelvoli e Bucine.

FIORE, figlio di Guido Domestico, il 14 giugno 1362, fa atto di accomandigia con la Repubblica
fiorentina per la terra di Corniolo nel distretto di Premilcuore. Muore nel 1363. [34]

GUIDO ALBERTO, primogenito di Tancredi, per molti anni si trova coinvolto in guerre con i
cugini a causa del diploma di Arrigo VII che assegnava a suo padre i beni dello zio Bandino e degli
altri parenti, ribelli all’impero perchè guelfi. Nel 1337, insieme ai fratelli e ai nipoti Giovanni e
Guido Francesco, è costretto a cedere al comune di Firenze tutto ciò che possiede in Bucine,
Galatrona e in Val d’Ambra. Nel 1340 prende parte ad una congiura contro la Repubblica
fiorentina, promettendo uomini a piedi e a cavallo per il giorno stabilito per la rivolta, che però non
avviene perchè uno dei congiurati rivela tutto alla Signoria. A San Bavello Guido Alberto fa
ingoiare lettera e suggello al messo comunale che lo cita a comparire in giudizio a Firenze,
diffidando lui od altri a presentarsi nuovamente; tale affronto alla Signoria gli costa la condanna
alla forca con taglia di 1.000 fiorini d’oro, i suoi beni distrutti e gravi pene a chiunque gli dia
ricovero e aiuto. Nel 1342, il 9 ottobre, grazie al Duca di Atene in quegli anni signore di Firenze, i
Guidi vengono liberati dai bandi che li gravavano e riottengono i loro beni. Guido Alberto, dal più
importante dei suoi castelli, fu detto conte di Porciano e trasmise questo titolo ai suoi discendenti.

GUIDO FRANCESCO, figlio di Bandino, portò il titolo di conte del Palagio. Combattè a fianco dei
fiorentini contro Pisa. Alla sua morte pose i figli sotto la tutela della Signoria di Firenze.
GIOVANNI, figlio di Bandino, fu, con il fratello Guido Francesco, tra i nove conti Guidi
condannati (7 agosto 1341) per la congiura dell’anno precedente contro la Repubblica fiorentina. Il
12 agosto 1350 giurarono fedeltà alla Repubblica, con atto di sottomissione della contea di
Modigliana al suo protettorato.

ANTONIO, figlio di Guido Francesco, dopo aver perduto Modigliana, che si era ribellata e
sottomessa alla repubblica fiorentina intorno al 1370 circa, assume e mantiene in seguito solo il
titolo di conte del Palagio, che già portava il padre Guido Francesco. Sempre Antonio, dimostrando
una certa sia pure interessata magnanimità, il 27 marzo 1381 libera da ogni vincolo di servitù e
vassallaggio i suoi sudditi di Stia e del Palagio, estendendo tali privilegi anche a coloro che
vengano ad abitare nei suoi territori. Nel novembre 1389, combatte a fianco di Firenze contro Gian
Galeazzo Visconti: in seguito, dopo la pace di Genova (1392), quando riprendono le ostilità, si
schiera apertamente a fianco di Gian Galeazzo Visconti contro Firenze. Alla morte del Visconti il
castello del Palagio viene assediato dai Fiorentini aiutati da Piero di Porciano. Colto di sorpresa, il
conte Antonio è costretto alla resa (5 ottobre 1402): tutti i suoi possedimenti e cioè Stia,
Montemezzano, Palagio, Papiano e Lonnano, vengono così a formare la cosiddetta Comunità del
Palagio Fiorentino. Vive miseramente gli ultimi anni della sua vita a Città di Castello, dove aveva
cercato rifugio.

PIERO, figlio di Guido Alberto, almeno fino al 1390 è alleato della Repubblica Fiorentina, quando
viene assediato con il figlio Deo nel castello di Porciano dai nipoti e fatto prigioniero. Viene
liberato grazie alla mediazione dei conti di Battifolle; il trattato di pace, ratificato in Firenze,
stabilisce che alla sua morte Porciano apparterrà ai figli del fratello Tancredi e precisamente al
nipote Neri. Nel 1402 partecipa all’assedio del Palagio. In data[36] 26 marzo 1406, stipula con la
Repubblica Fiorentina un trattato di estradizione dai rispettivi territori dei rei di omicidio. Non
conosciamo l’anno della sua morte, ucciso probabilmente dai suoi vassalli che assediarono e
presero il castello di Urbech.

TANCREDI, figlio di Guido Alberto, giunto alla maggiore età, il 18 marzo 1359 ratificò l’atto di
accomandigia alla Repubblica Fiorentina per tutti i suoi beni, già presentato nel 1349 dal nonno
materno Deo Tolomei, illustre senese che aveva in tutela i nipoti dopo la morte del loro padre
Guido Alberto.

DEO, figlio di Guido Alberto, nell’aprile 1355 ottiene un diploma con cui Carlo IV gli rinnovava
l’investitura imperiale per Porciano e gli altri territori soggetti. Fu ucciso durante l’assedio di
Bibbiena, al servizio della Repubblica Fiorentina, il 30 agosto 1359.

NERI, figlio di Tancredi, nel 1390 assedia il castello di Porciano e alla morte dello zio ne prende
possesso. Dal 1391 al 1425 combatte al soldo della Signoria in Lunigiana, contro Ladislao re di
Napoli e Gian Galeazzo Visconti; muore prima del 1435. Il suo ricordo è legato alla preziosa tavola
dell’Annunciazione dipinta per la chiesa di Porciano a tempera su fondo d’oro da Bicci di Lorenzo,
che oggi si trova nella Pieve di Stia. In basso, la tavola riporta lo stemma dei Guidi di Porciano e
questa iscrizione in lettere gotiche: “Hoc opus fecit fieri Comes Nerius de Mutiliana ad honorem
B.V. Mariae et Raphaelis Arcangelis A. D. MCCCCXIIII”.

LODOVICO, figlio di Neri, vestì l’abito camaldolese in S. Maria degli Angeli in Firenze nel 1442
e fu ordinato sacerdote qualche anno dopo. Il castello di Porciano ed i territori dipendenti nel 1444
passarono alla Repubblica Fiorentina.

GIOVANNI FORTUNA, figlio del conte Piero, per primo assume il titolo di conte di Urbech e lo
trasmette ai suoi discendenti.
GIOVANNI ANTONIO, figlio di Guidalberto. Con lui, privo di eredi maschi, si estingue la linea
diretta maschile dei conti di Urbech.

COSTANZA, figlia di Giovanni Fortuna, nel 1532, il 23 agosto, ottiene l’investitura della contea di
Urbech per sè e per i suoi discendenti. I conti Mazzoni di Urbech si estingueranno definitivamente
nel 1747, con la morte della sorella dell’ultimo conte, Maddalena Mazzoni nei Nardi.[37]

ROSELLA ALBERTONI

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