Sei sulla pagina 1di 4

Civile

EMERGENZA CORONAVIRUS

Coronavirus: gli obblighi dell’amministratore


di condominio
giovedì 02 aprile 2020di Tortorici Gian Vincenzo Avvocato in Pisa

L’emergenza epidemiologica da Covid-19 ha imposto a tutti di rivisitare il proprio


comportamento quotidiano, soprattutto in relazione agli adempimenti che la legge
dispone di effettuare, a volte entro termini tassativi. Il legale rappresentante della
collettività condominiale è vincolato da numerosi obblighi legislativamente disposti,
la violazione dei quali può comportare sia la revoca del suo incarico sia una
sanzione amministrativa o addirittura penale a suo esclusivo carico. Non sempre la
normativa dettata al fine di superare positivamente l’attuale situazione di crisi prende
nella dovuta considerazione le esigenze di coloro che vivono in un condominio.

Gli artt. 2 e 32 Cost. garantiscono i diritti inderogabili della solidarietà sociale e della
salute, intesa questa anche quale interesse della collettività.

La Corte di Cassazione con la sentenza 13 febbraio 2020, n. 3691 ha da ultimo


precisato che la garanzia della dignità personale deve ricomprendere anche la
salute psichica della persona oltre a quella fisica. Questo concetto si interseca
inequivocabilmente con quello della privacy; il Comitato europeo per la protezione
dei dati con nota del 19 marzo 2020 ha precisato che le norme del RGPD del 2016
non ostacolano l’adozione di misure per il contrasto della pandemia.

Del resto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, seppur con riferimento all’art. 7
della Direttiva 95/46, sostanzialmente non modificato dalla successiva disposizione
citata, ha autorizzato la comunicazione dei dati personali se si persegue la necessità
di un legittimo interesse dei terzi e sempre che la libertà del singolo alla protezione
dei suoi dati non prevalga sul legittimo interesse perseguito dedotto (Corte Giustizia
UE 11 dicembre 2019 n. 708 e Corte Giustizia UE 16 gennaio 2019, n. 496).

Inoltre la nota del Comitato precisa che il datore di lavoro può legittimamente trattare
i dati del dipendente per garantire la sicurezza sul luogo di lavoro e/o il
perseguimento dell’interesse pubblico inerente al controllo della malattia e ad altra
minaccia di natura sanitaria, notiziando preventivamente il lavoratore dell’iniziativa
che intende adottare.
D’altronde la lettera c) del secondo comma dell’art. 9 del precitato Regolamento
consente il trattamento dei dati personali quando è necessario tutelare un interesse
vitale dell’interessato o di altra persona fisica, qualora l’interessato versi
nell’incapacità fisica di prestare il proprio consenso.

Ne deriva che il trattamento dei dati deve essere conforme ai principi di trasparenza,
proporzionalità e coerenza [si veda l’intervista al Garante dr. Soro del 19 marzo
2020], bilanciando la limitazione alla privacy del soggetto “coinvolto” con l’interesse
alla salute della collettività garantito, come dedotto, dalla Costituzione.

Considero che evitare il contagio e, quindi, la diffusione del virus, sia un interesse
legittimo della popolazione italiana in qualsiasi sua manifestazione; la tutela della
salute deve essere garantita in ogni comunità, anche piccola, dalla famiglia, e,
infatti, vengono posti in quarantena i familiari delle persone colpite dal virus, al
condominio. Non solo, se la tutela alla salute si estende ai turbamenti psichici delle
persone, anche la paura del contagio può incidere sulla salute di costoro.

Recependo il dettato giurisprudenziale in tema di danni da cose in custodia e di


incidenti sul lavoro, reputo che si possa prevedere una responsabilità, a carico di chi
ne ha il potere, per non aver attuato tutte le misure di cautela, pur non
espressamente imposte dalla legge, richieste dall’esistenza di condizioni pericolose
per l’ambiente e per chi lo frequenta, soprattutto se il pericolo sia superabile con
l’adozione di comportamenti tali da evitare l’evento dannoso in ottemperanza al
principio di solidarietà individuato dall’art. 2 Cost..

Ritengo, conseguentemente, che l’amministratore:

1) nella sua qualità di datore di lavoro, debba segnalare ai condomini e ai titolari di diritti
personali di godimento, iscritti nel Registro dell’anagrafe condominiale, che il prestatore di
lavoro del Condominio è affetto da Covid-19, preavvertendolo, purché ufficialmente
accertato, preavvertendolo, affinché possano adottare tutte le cautele necessarie ad evitare
il contagio e, contemporaneamente, debba provvedere a sanificare tutte le parti comuni
dell’edificio.2) possa segnalare ai residenti nello stabile da una parte che si è/sono verificati
dei casi di persone accertate positive al virus Covid-19, senza indicarne i nominativi, sempre
che i primi non ne siano già a conoscenza per altra via, e che immediatamente provvede
alla sanificazione di tutte le cose condominiali.

Premesso quanto sopra dedotto inerente alla tematica della privacy, numerose altre
sono le questioni che riguardano l’attività dell’amministratore di condominio, che ai
sensi della L. 14 gennaio 2013, n. 4 è un professionista intellettuale; peraltro è
necessario che possegga tutti i requisiti di moralità e di professionalità prescritti
dall’art. 71 bis disp. att. cod. civ. e in particolare l’attestato di superamento
dell’esame per l’aggiornamento annuale disposto dal D. M. 13 agosto 2014, n. 140,
che, da ultimo, è riferito all’annualità 2018/2019.

In questa fattispecie l’amministratore di condominio può svolgere la propria attività


anche recandosi al proprio studio, seppur ubicato in altro Comune, soltanto per le
attività che non riesca a svolgere correttamente nella propria abitazione, per
esempio contattare un manutentore, come precisato nella Faq del Governo del 15
marzo 2020. Se sia indispensabile, l’amministratore può chiedere che alcuni suoi
collaboratori si rechino in ufficio, purché tra le loro postazioni di lavoro sussista
almeno la distanza di un metro.

Ma l’amministratore potrebbe avere la necessità di recarsi presso gli edifici


amministrati, per esempio per verificare un guasto ad un impianto; in questo caso
deve indicare nell’autodichiarazione, che può essere richiesta dalle Forze
dell’Ordine durante il suo spostamento, l’indirizzo dei condominii interessati al suo
sopralluogo. Del resto l’amministratore effettua un utile servizio a tutela dei suoi
amministrati, che sono consumatori e cittadini dello Stato.

Tra gli obblighi dell’amministratore vi sono quelli di predisporre i rendiconti


consuntivo e preventivo e di farli approvare dall’assemblea, nonché di mantenere lo
stabile, latu sensu inteso, in buone condizioni di conservazione.

Per quanto concerne la redazione dei rendiconti, l’amministratore può provvedervi e


inviarli, riservandosi di convocare l’assemblea appena sarà legalmente possibile;
può anche richiedere un acconto per fare fronte alle spese necessarie, per esempio
saldare il premio della polizza di assicurazione o pagare lo stipendio del portiere.

Le assemblee non possono essere convocate per evitare gli assembramenti di


persone e, anche, perché potrebbe esservi un impedito alla partecipazione di un
condomino, per esempio perché residente in un Comune differente da quello in cui
si dovrebbe tenere l’adunanza o perché posto in quarantena presso la propria
abitazione; si potrebbe ipotizzare l’adozione degli strumenti tecnologici che
consentano di programmare assemblee svolte in remoto, ma sarebbe obbligatorio,
per evitare successive impugnazioni, che tutti i condomini, neanche uno escluso,
abbiano la possibilità di collegarsi in videoconferenza e che il presidente
dell’assemblea abbia la potenzialità di accertare costantemente che tutti siano
sempre collegati e che, quindi, nessuno si allontani dal proprio computer, condizioni
queste che è molto improbabile si possano verificare.

D’altronde la stessa Faq sopra citata esclude la possibilità che l’amministratore


convochi le assemblee.

A proposito di assembramenti, l’amministratore può consigliare ai condomini un uso


limitato e alternato dell’ascensore.

Per quanto inerisce alle manutenzioni dell’immobile, qualora queste siano urgenti e
indifferibili, può disporne l’esecuzione ai sensi dell’art.1135, II comma, cod. civ.; in
caso contrario deve rimettere la decisione alla prima assemblea utile, come ut supra
osservato.

Considerata la pericolosità del virus del quale si tratta, è opportuno trascrivere


l’articolo uno del D. M. 7 luglio 1997, n. 274, per quanto qui occorra:

a) sono attività di pulizia quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti
a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti
confinati ed aree di pertinenza; b) sono attività di disinfezione quelle che riguardano il
complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e
aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni; c) sono
attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni
atti a distruggere piccoli animali, in particolare artropodi, sia perché parassiti, vettori o
riserve di agenti infettivi sia perché molesti e specie vegetali non desiderate; Omissise) sono
attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti
a rendere sani determinati ambienti mediante l'attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di
disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del
microclima per quanto riguarda la temperatura, l'umidità e la ventilazione ovvero per quanto
riguarda l'illuminazione e il rumore.

La sanificazione è, conseguentemente, una attività da effettuare per ultima allo


scopo di rendere un ambiente ancora più sicuro per la presenza umana.

Il Ministero della Salute ha recentemente precisato che i virus possono persistere


sulle superfici inanimate allorché si verificano le condizioni di cui alla precitata lettera
e), ma possono essere efficacemente inattivati con adeguate procedure di
sanificazione; ha consigliato di prestare particolare attenzione alle superfici toccate
di frequente dalle persone, quali muri, porte e finestre e di controllare che tutte le
relative operazioni siano condotte da addetti che indossino adeguati dispositivi di
protezione Individuali (DPI) e utilizzino prodotti certificati.

L’amministratore deve preoccuparsi, pertanto, di far effettuare scrupolosamente la


pulizia delle parti comuni dell’edificio e degli impianti in esso installati,
specificatamente l’ascensore, e ricorrere alla sanificazione, nel caso la ritenga
opportuna a maggior garanzia degli abitanti, con le ditte specializzate che
posseggano i requisiti prescritti dall’articolo due del summenzionato D. M. 274/1997.

Le imprese e i loro dipendenti sono terzi rispetto ai condomini e, coerentemente a


quanto prescritto dalla normativa sulla privacy, l’amministratore non può riferire loro
se all’interno dello stabile si siano o non si siano verificati contagi, senza
l’autorizzazione scritta di tutti gli abitanti che sono i diretti interessati di tale
informazione.

Copyright © - Riproduzione riservata

Copyright Wolters Kluwer Italia


Riproduzione riservata

Potrebbero piacerti anche