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DIDATTICA DELLE SCIENZE ECOLOGICHE

IPOTETICHE DOMANDE PER LA PROVA SCRITTA:


I. Qual è la definizione di ecologia:
L’ecologia è una scienza, un ramo della biologia, che si occupa di
studiare l’insieme dei fattori ecologici che influenzano e regolano la vita
di una determinata specie o di una certa comunità biotica. Tali fattori
ecologici comprendono sia fattori biotici che fattori abiotici, ma l’ecologia
non si limita solamente a studiare gli uni o gli altri, in quanto essi sono
strettamente legati tra loro. Studia dunque la relazione tra vivente e non
vivente, tra organismo e ambiente che lo circonda (e quindi anche le
forme di adattamento dell’organismo all’ambiente) e tende inoltre a
studiare la biodiversità e le forme di biodiversità e le fondi di biodiversità
nella biosfera. In quanto scienza (i cui fondatori possono essere
considerati Haeckel ed Elton), l’ecologia mira ad arrivare alla
formulazione di assiomi o postulati attraverso l’utilizzo del metodo
deduttivo e del metodo scientifico sperimentale. Caratteristica peculiare
di questa disciplina è infine la possibilità di indagare la realtà da punti di
vista diversi: può infatti lavorare a livello globale, di ecosistema, di
paesaggio, di comunità, di popolazione o di singolo organismo.

Quali sono i fattori ambientali che limitano la diffusione di una specie?:


Per quanto riguarda i fattori ambientali che limitano la diffusione di una
specie si possono distinguere dunque:
 Fattori abiotici: condizioni legate alla presenza di luce, acqua,
vento, suolo o temperatura (e quindi anche clima). La loro presenza
o assenza influisce notevolmente sulla diffusione di una specie e
sui possibili adattamenti fisiologici o comportamentali che essa può
adottare;
 Fattori biotici: legati ai rapporti con le altre specie ed
estremamente importanti in quanto due specie diverse possono
essere legate da rapporti di predazione, competere per la
sopravvivenza o per la presenza in un dato habitat, possono avere
rapporti di parassitismo, occupare la stessa nicchia ecologica in
modo pacifico oppure essere strettamente legate tra loro.

II. Cosa si intende con il termine specie esotiche?:


Per “specie esotiche” si intende tutte quelle specie, chiamate anche
aliene o alloctone, che si trovano al di fuori del loro normale areale di
distribuzione e che sono per questo contrapposte alle specie autoctone
(native, indigene, che da sempre hanno occupato un certo habitat). Il
fatto di definirle tali dipende tuttavia dal punto di vista adottato ed è
quindi abbastanza relativo: generalmente queste sono specie che si
spostano a causa dell’uomo attraverso trasporto accidentale,
colonizzazione, agricoltura, ma può anche accadere che si spostino
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autonomamente senza contare che una specie oggi definita aliena, un
domani potrebbe essere considerata normale. La diffusione di una specie
passa per tre stadi: arrivo (la specie inizia a diffondersi nell’area
ricevente), stabilizzazione (la specie trova il modo di sopravvivere e si
riproduce, mentre se ciò non avviene si verifica una regressione che
porta al soccombere della specie stessa) e integrazione (stadio in cui la
specie instaura relazioni significative con altre specie autoctone e si va
quindi incontro a processi evolutivi alla luce del nuovo regime selettivo).
Possiamo ragionare con i bambini su come si adattano alcune specie in
un ambiente diverso. Ad esempio: la nutria non è dei nostri territori ma si
è riuscita adlon adattare al freddo grazie alla pelliccia. Ad ogni modo, se
una specie esotica diventa fortemente impattante sulla biocenesi
autoctone, si può parlare di specie invasiva. In questi casi gli interventi
possibili sono quattro:
 Prevenire il suo arrivo tramite educazione e creazione di atti
legislativi adeguati;
 Controllare la specie nell’area ricevente;
 Studiarla e valutare soprattutto il suo grado di invasività e
pericolosità nei confronti della biocenesi autoctona;
 Intervenire nel senso vero e proprio, sradicandola (nel caso ci sia
un elevato livello di pericolo).
Alcuni esempi in Italia sono: pesce siluro, rana toro, oca del Canada,
usignolo del Giappone, visone, tamia, nutria, gambero rosso della
Louisiana.
Quali metodologie utilizzeresti per introdurre questo argomento in
classe?:
Posso far notare ai bambini che nel nostro territorio ci sono delle specie
esotiche che si sono adattate perfettamente come il mais o la nutria e
altre invece che non si sono adattate e hanno invece attaccato le specie
autoctone come il gambero rosso.

III. Quali sono i principali biomi terrestri?:


Il bioma è un complesso di ecosistemi di un’area geografica
caratterizzato da una vegetazione dominante. I biomi sono acquatici e
terrestri. I principali biomi terrestri sono le zone di alta montagna, quelle
polari (nelle zone polari e d’alta montagna la vegetazione è praticamente
assente e le specie animali come orsi polari, pinguini, foche si nutrono
soprattutto di organismi marini), la tundra (caratterizzata da uno strato di
suolo permanentemente gelato, chiamato “permafrost”; è formata
soprattutto da piante erbacee, bassi cespugli, muschi e licheni), le
foreste di conifere (sono caratterizzate da alberi sempreverdi le cui foglie
sono trasformate in aghi, come abeti e pini), le foreste decidue (sono
nelle zone temperate e sono formate da alberi a foglia larga, le cui foglie
cadono durante la stagione fredda), le praterie delle zone temperate
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(sono formate da piante erbacee. Oggi molte praterie naturali hanno
lasciato il posto ad aree agricole intensamente coltivate), la macchia
mediterranea (è formata principalmente da arbusti spinosi con foglie
coriacee e sempreverdi), la savana (in essa predominano le piante
erbacee e gli alberi sparsi e si trovano molti animali liberi e i loro
predatori), il deserto (si trovano specie vegetali e animali che presentano
adattamenti per trattenere l’acqua data la scarsità di piogge), le foreste
tropicali (le precipitazioni sono variabili e determinano il tipo di
vegetazione: piante spinose o succulenti dove le precipitazioni sono
meno abbondanti, latifoglie sempreverdi dove le precipitazioni sono
abbondanti).

IV. Che cos’è la selezione naturale?:


La selezione naturale è l'interazione tra i singoli individui e il loro
ambiente e nel corso di parecchie generazioni fornisce una direzione
all'evoluzione.
Essa agisce sui fenotipi, adattando indirettamente una popolazione al suo
ambiente tramite l’aumento o il mantenimento nel pool genico dei
genotipi favorevoli.
La selezione naturale è un processo alla base dell’evoluzione, intesa
come cambiamento delle caratteristiche genetiche di una certa specie e
quindi come diversità che si può manifestare sia a livello genetico
(genotipo) che a livello morfologico (fenotipico). La selezione naturale fa
quindi leva sul diverso successo riproduttivo di membri appartenenti ad
una stessa popolazione ma differenti per alcuni caratteri. Essa
“seleziona” quindi (spesso anche in modo casuale) solo gli organismi più
adatti a vivere in un certo ambiente e i più idonei alla riproduzione e
perciò al proseguo della specie (tanto che essa può essere misurata
come “fitness”, ovvero come probabilità di successo riproduttivo di un
dato genotipo rispetto ad un altro). È dunque una forza di tipo adattativo,
nel senso che accumula e mantiene nel pool genetico degli individui tutti
i genotipi più favorevoli. Il substrato sul quale agisce tale processo è
dunque la variabilità genetica e il risultato della selezione naturale è
l’adattamento.
Le modalità con cui si compie la selezione naturale possono essere
diverse:
 Selezione stabilizzante (che mira appunto a stabilizzare una
popolazione eliminando i casi estremi; ad esempio il numero delle
uova negli uccelli);
 Selezione direzionale (che favorisce un estremo a scapito dell’altro
e delle caratteristiche intermedie; ad esempio la resistenza agli
insetticidi);
 Selezione divergente (che favorisce entrambi gli estremi ed è
quindi alla base del fenomeno della speciazione, dato che da una
specie se ne possono formare due);

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 Selezione frequenza-dipendente;
 Sezione sessuale (quella attuata dalle femmine, più raramente dai
maschi e che può portare a dimorfismi sessuali).

V. Cosa si intende per adattamento? Fai alcuni esempi:


L’adattamento è il risultato della selezione naturale, un processo che
porta un organismo ad andare incontri a delle modificazioni (spesso a
seguito di un cambiamento ambientale), atte a renderlo adatto a un
certo ambiente, a garantirgli il successo riproduttivo e la sopravvivenza e
a renderlo integrato con l’ambiente che lo circonda. L’adattamento
riguarda il rapporto forma-funzione: non a caso in natura sono comparse
certe forme e vengono mantenute, se vengono infatti conservate nel
tempo questo è dovuto al fatto che per l’organismo rivestono
un’importanza fondamentale. Allo stesso modo, anche gli organi interni
di un organismo e i suoi apparati sono strutturati in modo tale da
assolvere alle funzioni vitali. Una determinata forma può quindi essere il
risultato di un lungo processo di adattamento che si è svolto nel tempo e
che ha comportato anche un maggior grado di specializzazione. In
sintesi, le funzioni dell’adattamento sono dunque il fatto di aumentare la
capacità di utilizzare o procurarsi delle risorse (biotiche o abiotiche, come
aria, luce, acqua, cibo), aumentare il successo riproduttivo e la
sopportazione di condizioni ambientali difficili (temperature alte o basse,
assenza di luce) e migliorare la capacità di difesa dai predatori. Ad ogni
modo, esistono tre principali forme di adattamento:
 Adattamento morfologico (che riguarda la forma, la struttura
anatomica. La forma e la robustezza del becco del picchio, adatto
per forare la corteccia degli alberi, sono un valido esempio di
adattamento morfologico);
 Adattamento fisiologico (che riguarda processi biochimici e quindi
molecole ed è relativo dunque al metabolismo. Un esempio di
questo tipo di adattamento è la presenza nel sangue dei pesci che
vivono nei mari polari di particolari proteine “antigelo” che
abbassano la temperatura di congelamento);
 Adattamento comportamentale (che riguarda appunto determinati
comportamenti adottati proprio per sopravvivere e/o sfuggire a un
predatore. La fedeltà all’uomo del cane è un adattamento dettato
dalla necessità di procurarsi cibo e rifugio.).
Per esaminare alcuni esempi di adattamento, basta considerare le
caratteristiche di un certo organismo e vedere come queste rispondano
all’ambiente in cui vive o al suo stile di vita. Si può quindi notare come ad
esempio il cavallo abbia una struttura e una muscolatura molto
sviluppata, tale da renderlo adatto per la corsa, come il delfino abbia una
forma affusolata e una pelle liscia che gli permettono di muoversi
agilmente in acqua e di eliminare l’attrito, come il grillo talpa abbia delle
zampe anteriori estremamente sviluppate e adatte a scavare, come
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anche la talpa stessa, o come il ditisco abbia delle zampe simili a pinne in
qualità di insetto acquatico. Un altro esempio di adattamento può poi
essere individuato degli uccelli, i quali hanno sviluppato delle
caratteristiche che li rendono adatti al volo (ossa cave, assenza di denti,
muscoli sviluppati per il movimento delle li, ali ricoperte da penne,
anch’esse cave) e anche delle forme di adattamento comportamentale
(volo in formazione, riconoscimento del polo magnetico, sfruttamento
delle correnti ascensionali calde). Un’altra forma di adattamento è poi il
mimetismo, volto a sfuggire ai predatori e quindi alla sopravvivenza
stessa, oppure gli adattamenti comportamentali adottati dagli organismi
ectotermi per regolare la propria temperatura (la quale varia in
dipendenza di quella ambientale) o quelli fisiologici adottati dagli
organismi endotermi (che regolano la propria temperatura
autonomamente mediante dispendio energetico e sono in grado di
mantenerla elevata anche in ambiente variabile).
L'adattamento può aumentare la capacità di procurarsi o utilizzare le
risorse, quali:

 Aria
 Acqua
 Luce
 Cibo
Può accrescere il successo riproduttivo, può permettere di sopportare
condizioni ambientali difficili:

 Basse o elevate temperature


 Assenza di luce
Lo studio della relazione tra forma e funzione negli organismi vegetali e
animali fornisce un importante strumento per avvicinare i bambini
all’analisi dei processi evoluzionistici. Una determinata forma è infatti
spesso il risultato di un processo di adattamento, che nel corso delle
generazioni può portare a un grado maggiore di specializzazione.

VI. Definisci l’ecosistema e i principi sui quali si basa la sua regolazione:


L’ ecosistema è il successivo livello di organizzazione di una popolazione,
formato da una comunità di organismi viventi in un determinato habitat e
dal suo specifico ambiente fisico.
I principi che regolano gli ecosistemi sono:
 L’ energia fluisce attraverso gli ecosistemi in una direzione;
 I nutrienti sono presenti in una quantità fissa sul pianeta: essi
vengono costantemente riciclati in flussi circolari interni (cicli
biogeochimici) agli ecosistemi.
Un ecosistema comprende tutti gli organismi che vivono in un particolare
luogo, più l’ambiente abiotico nel quale essi vivono e con il quale
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interagiscono in quel luogo. Gli ecosistemi sono sistemi dinamici per
quanto riguarda l’uso della materia e dell’energia. Nelle trasformazioni
biologiche della materia gli atomi di cui è costituita mantengono la loro
integrità anche se sono assemblati in nuovi composti e questi vengono in
seguito demoliti. Si dice che gli atomi dei vari elementi si spostano
attraverso gli ecosistemi in cicli biogeochimici.
L’ecosistema è influenzato in particolare dal clima. Gli ecosistemi, sia
naturali che quelli condizionati dall’uomo, sono molto complessi e difficili
da monitorare nei vari fattori.

VII. Cosa si intende per produttività primaria lorda e netta:


Produttività primaria lorda: quantitativo di energia luminosa convertita in
composti organici dalla fotosintesi per unità di tempo. Produttività
primaria netta: produttività primaria lorda meno l’energia usata dai
produttori primari per la respirazione; corrisponde all’energia disponibile
per i consumatori all’interno dell’ecosistema. (J/m2 x anno).

Quali fattori limitano la produttività primaria in un ecosistema?


Nell’ecosistema terrestre la produttività primaria è influenzata dal clima
specialmente la temperatura e dalle precipitazioni. La temperatura
influenza la velocità di fotosintesi, mentre la quantità di acqua disponibile
limita il processo fotosintetico. L’evapotraspirazione combina i due
fattori: riflette sia la richiesta di acqua (dipendente dalla radiazione
solare) sia l’apporto idrico (funzione delle precipitazioni). Anche la
disponibilità di nutrienti influenza la produttività primaria di un
ecosistema.
Nell’ecosistema acquatico invece la luce è uno dei fattori limitanti la
produttività. In particolare, l’azoto e il fosforo sono quelli che
maggiormente limitano la produzione negli oceani.

VIII. Cos’è la biodiversità e perché è importante preservarla:


Il termine biodiversità è l’abbreviazione utilizzata per definire la diversità
biologica. La biodiversità può essere valutata a tre livelli principali:

 Diversità genetica: interna alla specie. Comprende la variabilità


genetica individuale all’interno della popolazione e la variabilità tra
popolazioni (due topi geneticamente diversi, ma sempre due topi);
 Diversità specifica: diversità delle specie (un topo e un uomo).
L’estinzione determina una diminuzione della diversità specifica. In
relazione a questa si possono distinguere: specie in pericolo di
estinzione le quali rischiano fortemente l’estinzione; specie
minacciate, ovvero quelle che in un futuro imminente rischiano
l’estinzione;

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 Diversità di ecosistema: (praterie diverse dalle paludi) l’estinzione
di una specie può avere un impatto negativo sulla ricchezza di
specie dell’intera comunità e un impatto pesante anche
sull’ecosistema dell’attività antropica.
La principale causa di perdita di diversità biologica è la distruzione degli
habitat conseguente all’espansione della popolazione umana e alle
attività antropiche a essa collegate. In passato la causa più importate è
stata l’espansione dei terreni coltivati per far fronte alla crescita della
popolazione umana. Nei Paesi tropicali c’è un’alta biodiversità ma anche
forte incremento demografico e sviluppo economico. Anche l’introduzione
in un habitat di specie alloctone o aliene da parte dell’uomo è un fattore
che può determinare l’estinzione di una specie.
La suscettibilità delle specie all’estinzione è funzione di diversi aspetti del
ciclo vitale. In base alla distribuzione geografica, possiamo definire una
specie come:

 Ubiquitaria: una specie con una distribuzione geografica estesa;


 Endemica: una specie esclusiva di un’area ben definita. Questa è
particolarmente suscettibile all’estinzione.
L’Unione Nazionale per la conservazione della natura (IUCN) ha
sviluppato la seguente classificazione:

 Specie gravemente minacciate: hanno una probabilità maggiore o


uguale al 50 % di estinguersi entro 10 anni o 3 generazioni;
 Specie minacciate: hanno una probabilità del 20 % di estinguersi
entro 20 anni;
 Specie vulnerabili: hanno una probabilità maggiore o uguale al 10
% di estinguersi entro 100 anni.
L’attribuzione di una specie a una determinata categoria richiede la
conoscenza di alcune informazioni:

 Declino verificabile nel numero di individui;


 Area geografica occupata dalla specie e numero di popolazioni;
 Numero totale di individui e individui riproduttivi;
 Declino atteso del numero individui se permane fattore negativo;
 Probabilità di estinzione della specie entro un certo numero di anni.
L’elenco delle specie minacciate, vulnerabili, rare, prende il nome di lista
rossa. Le liste rosse possono essere a livello planetario, nazionale o
locale.
L’ex primo ministro norvegese disse:” dovremmo considerare il nostro
pianeta come un prestito ricevuto dai nostri figli, piuttosto che come un
dono ricevuto dai nostri predecessori”. Con questa affermazione egli
voleva sottolineare l’importanza di tutelare il nostro pianeta.

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La perdita di specie comporta una potenziale perdita di cibo, medicine
oltre che una perdita di geni unici e quindi proteine utili.
Le funzioni degli ecosistemi sono l’insieme di tutti quei processi che
contribuiscono a sostenere la vita umana sulla Terra:

 Purificazione acqua, aria;


 Decomposizione rifiuti;
 Riduzione impatto delle condizioni climatiche estreme e degli
allagamenti etc...... Mancato riconoscimento o percezione di un
valore economico ai servizi resi dagli ecosistemi: esempio, nel
1996 la città di New York investì oltre un miliardo di dollari
nell’acquisto di terre e recupero habitat risparmiando 8 miliardi di
dollari che sarebbero stati necessari per allestire impianti di
filtrazione dell’acqua.
Essa ha valore:

 economico diretto: fonti di cibo, medicine, abbigliamento, biomassa


e difesa
 economico indiretto: con la distruzione della biodiversità si creano
condizioni di instabilità, ridotta produttività
 etico ed estetico: la nostra coscienza e consapevolezza ci
permettono di percepire tali valori
Le attività umane minacciano la biodiversità su scala locale, regionale e
globale operando su tre livelli:

 Perdita habitat: può determinare l’estinzione di una specie. Anche


la sua frammentazione è causa di estinzione. Si verifica a causa di
attività umane come l’agricoltura, lo sviluppo di centri urbani, le
attività minerarie e l’inquinamento; inoltre il riscaldamento globale
del pianeta opera un’alterazione costante degli habitat;
 Introduzione di specie: le specie introdotte sono dette alloctone e
sono quelle che intenzionalmente o accidentalmente vengono
trasferite dalla loro regione geografica nativa ad altre regioni,
dall’attività dell’uomo. Alcune di queste specie alloctone possono
destabilizzare le comunità, nel caso ci fossero dei predatori di
specie autoctone o dei competitori per le risorse (risorse non ce ne
sono per tutti);
 Sfruttamento eccessivo: con tale espressione si fa riferimento alla
cattura di organismi selvatici ad un ritmo più elevato di quello che
le popolazioni di tali specie possano sostenere per ricostituirsi.

IX. Cos’è e come si può attuare la conservazione del germoplasma (illustra e


descrivi le diverse tecniche)?:
Il germoplasma è qualsiasi materiale vegetale (semi, organi vegetativi,
cellule, frammenti di tessuti) da cui sia possibili ottenere una pianta
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intera. La conservazione del germoplasma è una strategia volta a
preservare la biodiversità e coinvolge in particolare il concetto di
biodiversità genetica. Ci si è infatti accorti che circa un terzo degli
organismi vegetali sono soggetti a erosione genetica e che sono spesso a
rischio di estinzione. La conservazione del germoplasma mira dunque a
conservare parti di organismi che possono rigenerare l’organismo intero
(come semi, calle, plantule, ecc…). La conservazione di questo è dunque
una conservazione “ex situ”, che avviene cioè in strutture attrezzate e
specializzate e che rispetto alla conservazione in “situ” presenta il
vantaggio di poter conservare un gran numero di specie in uno spazio
ridotto e non vincolato a una precisa area geografica, il tutto a un costo
contenuto e a migliori condizioni sanitarie. Ha però lo svantaggio di
richiedere personale qualificato e di conservare l’organismo al di fuori del
proprio ambiente naturale. La conservazione “in situ” presenta i seguenti
svantaggi:
 Rischio di malattie;
 Esposizione ad agenti atmosferici;
 Alti costi di mantenimento;
 Sono necessari grandi spazi in adeguate aree geografiche.

Presenta però anche un vantaggio ovvero l’interazione con il proprio


ambiente naturale e fisiologico.

Le banche del germoplasma sono quindi delle strutture specializzate


nella conservazione di tale materiale genetico e le collezioni che si
possono trovare in esse sono essenzialmente di due tipologie:

 Collezioni di semi, per quanto riguarda le piante a propagazione


gemica (che vengono principalmente disidratati e stoccati ad una
temperatura di -20°, con la precisazione però che non tutte le
piante producono semi e che esistono anche semi non ortodossi
che non tollerano la disidratazione);
 Collezioni clonali (per le specie a propagazione vegetativa).
Un’altra tecnica di conservazione è poi la crioconservazione che consiste
nel conservare il germoplasma ad una temperatura ultra-bassa (-196°),
propria dell’azoto liquido. Essa permette di conservare molto materiale
genetico in uno spazio estremamente ridotto, senza compromettere il
materiale stesso che entra in uno stato di “quiescienza assoluta” e che,
se conservato correttamente, può poi tornare alla sua vitalità iniziale.
Nello stato di “quiescienza assoluta” le trasformazioni fisiche e le
relazioni biochimiche sono arrestate. Questa tecnica presenta alcuni
vantaggi importanti:

 Spazi relativamente contenuti per la conservazione;


 Bassi costi di conservazione;
 Possibilità di porre in conservazione un ampio range di organi e
tessuti provenienti da coltura in vitro;
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 Il mantenimento del materiale vegetale in assoluta sicurezza
genetico-sanitaria;
 Possibilità di operare una conservazione a tempo illimitato;

X. Che cos’è una comunità?:


Una comunità è costituita dall’insieme degli organismi che vivono in una
data area ed è caratterizzata da una determinata composizione specifica,
dalla presenza di interrelazioni intraspecifiche e interspecifiche
(competizione, predazione, simbiosi, erbivoria), di fenomeni di
dipendenza reciproca e dall’adattamento degli organismi alle
caratteristiche di quel preciso ambiente. Non è formata per forza da
organismi della stessa specie ma comprende organismi appartenenti a
specie diverse la cui caratteristica comune è appunto l’habitat. L’insieme
della comunità e dell’habitat in cui essa vive costituisce un ecosistema.
Specie strettamente correlate le cui popolazioni sono alle volte separate
geograficamente (allopatriche) e a volte sovrapposte (simpatriche)
forniscono una prova molto importante della competizione nell’ambito
della struttura di una comunità.

XI. Quali sono i diversi livelli trofici all’interno di una catena alimentare?:
La struttura trofica rappresenta i rapporti alimentari all’interno di una
comunità, si tratta di un fattore chiave nella dinamica della comunità.
I livelli trofici principali di una catena alimentare sono: produttori primari,
consumatori primari (erbivori), consumatori secondari, terziari e
quaternari (super predatori). Il cerchio si chiude poi con i decompositori.
La catena alimentare è il trasferimento di energia e cibo tra i diversi livelli
trofici. Essa rappresenta tuttavia una semplificazione di quella più
complessa e più veritiera, in quanto ogni organismo ha relazioni con più
organismi diversi, sia dei livelli tropici superiori che di quelli inferiori. La
qualità di energia convertita in materia organica è tuttavia
progressivamente minore all’aumentare del livello trofico.
Una catena alimentare è in realtà una reta alimentare con ramificazioni e
con interazioni trofiche complesse. Le catene alimentari possono essere
classificate:
 Raggruppamento di specie con simili relazioni trofiche in gruppi
funzionali;
 Isolando una porzione di una rete che interagisce pochissimo con il
resto della comunità.

XII. Descrivi l’agroecosistema e spiega quali sono le principali differenze


dall’ecosistema:
L'agroecosistema o agrosistema, in ecologia, è un ecosistema terrestre
fortemente antropizzato, creato cioè dall’uomo, in cui vengono fatte

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sviluppare una o poche specie (vegetali e animali) che, a seguito di
interventi agronomici sul terreno, sul clima e sui fattori biologici, fornisce
una produzione valutabile in termini economici. Nonostante il continuo
intervento dell'uomo, l'agroecosistema è soggetto alle immutabili leggi
degli ecosistemi naturali che sono quelle che regolano il flusso
dell'energia e la circolazione della materia.
In scienze agrarie è un’ecosistema secondario caratterizzato
dall’intervento umano finalizzato alla produzione agricola e zootecnica.
Caratteristiche fondamentali di un agrosistema sono quindi l’elevata
specializzazione e la riduzione della diversità biologica.
Il concetto di agroecologia si basa sul principio base, secondo il quale, la
stabilità di un sistema dipenderebbe direttamente dalla sua complessità
o, per meglio dire, dalla sua biodiversità sia faunistica che floristica. Tale
fondamento governerebbe la dinamica e l’evoluzione degli
agroecosistemi.
La differenza fondamentale tra un ecosistema naturale e un
agroecosistema è l'asportazione di biomasse vegetali ed animali come
prodotto agricolo. Questa differenza costituisce la causa che può
determinare l'incapacità dell'agroecosistema di autosostenersi, per le
gravi perdite di energia ausilaria.
Rispetto all’ecosistema naturale, nell’agrosistema i flussi di energia e di
materia sono modificati attraverso l’apporto di fattori produttivi esterni
(fertilizzanti, macchine, irrigazione ecc.), con l’obiettivo di esaltare la
produttività delle specie agrarie vegetali coltivate dall’uomo, eliminando
quei fattori naturali (altre specie vegetali, insetti, microrganismi) che
possono risultare dannosi o entrare in competizione con la coltura
agricola a scapito della sua.
L'asportazione dei prodotti e dei sottoprodotti delle colture è uno dei
principali elementi di distinzione fra l'agrosistema e l'ecosistema
naturale.
L'agrosistema si configura perciò come un ecosistema aperto, dotato di
un grado di biodiversità molto basso e privo di quella connotazione
propria degli ecosistemi maturi. Dal punto di vista ecologico è un
ecosistema mantenuto forzatamente al primo stadio di evoluzione. Il
ruolo dell'intervento antropico è quello di mantenere una situazione di
forte squilibrio, fondamentale per ottenere una produzione economica
significativa, e si configura con l'applicazione di una tecnica agronomica,
della difesa dei vegetali, di investimenti economici finalizzati a
incrementare la produttività del biotopo e, infine, con la sistematica
asportazione dei prodotti delle colture o degli allevamenti.
L'ecosistema naturale e agrosistema differiscono in modo marcato. Gli
elementi ecologici che caratterizzano un agrosistema si riassumono in
alcuni aspetti fondamentali. Il più evidente è il grado di interferenza del
fattore antropico con le dinamiche interne dell'agrosistema. Questa
interferenza si manifesta con il controllo della composizione della
biocenosi, dei fattori fisici ambientali, del flusso di energia e materia, e si
concretizza con la tecnica agricola in senso lato. L'obiettivo
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dell'intervento antropico è quello di massimizzare la produzione di
energia e materia da parte dell'ecosistema realizzando un surplus che
non si esaurisca all'interno della cenosi agraria, bensì possa essere
asportato sotto forma di produzione economica. L'esistenza di un surplus
energetico in un ecosistema è causa di una successione ecologica,
ovvero, una serie di adattamenti che si manifestano con un'alterazione
della biocenosi. Il nuovo ecosistema presenta, in caso di successione
evolutiva, i seguenti caratteri:
 aumento della biodiversità, ovvero del numero di specie;
 riduzione delle popolazioni delle singole specie;
 incremento del rapporto fra specie a strategia K e quelle a strategia
r;
 incremento della capacità di reazione omeostatica dell'ecosistema;
 instaurazione di una rete alimentare più complessa;
 riduzione del surplus energetico.
In definitiva, in un qualsiasi ecosistema aperto, l'esistenza di un surplus
energetico rappresenta una situazione di squilibrio che porta
all'insediamento di una nuova cenosi, in grado di sfruttare meglio le
risorse energetiche ed ambientali e di resistere meglio alle cause di
squilibrio. L'agrosistema si configura perciò come un ecosistema aperto,
dotato di un grado di biodiversità molto basso e privo di quella
connotazione propria degli ecosistemi maturi. Dal punto di vista
ecologico è un ecosistema mantenuto forzatamente al primo stadio di
evoluzione. Il ruolo dell'intervento antropico è quello di mantenere una
situazione di forte squilibrio, fondamentale per ottenere una produzione
economica significativa, e si configura con l'applicazione di una tecnica
agronomica, della difesa dei vegetali, di investimenti economici finalizzati
ad incrementare la produttività del biotopo e, infine, con la sistematica
asportazione dei prodotti delle colture o degli allevamenti .Una
particolare "anomalia" dell'agrosistema, sotto l'aspetto ecologico, è
l'esistenza di continui scambi di materia con l'esterno, che si configurano
da un lato con l'asportazione di una parte della biomassa prodotta e da
un altro con un flusso in ingresso di materia, prevalentemente in forma
inorganica, finalizzato quest'ultimo ad impedire o rallentare il progressivo
depauperamento del suolo. Questo fa sì che i cicli biogeochimici siano più
complessi e comprendono una fase che si svolge all'esterno
dell'agrosistema.

XIII. Quali sono i principi su cui si basa l’agricoltura biologica?:


Esistono sostanzialmente tre modalità di fare agricoltura: agricoltura
convenzionale, agricoltura coltivata e infine agricoltura biologica.
L’agricoltura biologica nasce all’inizio del XX secolo; infatti in Svizzera,
negli Stati Uniti e in Inghilterra alcuni studiosi e agricoltori si opposero
allo sfruttamento intensivo del terreno e degli allevamenti.
Nell’agricoltura biologica si tende per l’appunto a preservare di più
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l’ambiente e il paesaggio naturale e a non sfruttare il terreno e gli
animali elevati al di sopra di quello che possono offrire. In Europa è
regolamentata attualmente dal Reg. CE n. 834/2007 che è relativo alla
produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici sia di origine
vegetale che animale.
L’agricoltura biologica segue alcuni principi:
 Rispetto della “fertilità del suolo” attraverso:
o Rotazioni con introduzione di leguminose le quali aumentano
il contenuto di azoto nel terreno e fanno diminuire la crescita
di erbe infestanti;
o L’uso di concimi organici e il conseguente divieto di utilizzare
concimi chimici industriali;
o Lavorazioni leggere del terreno che rispettano gli abitanti del
terreno e conservano la sostanza organica superficiale del
suolo;
 Rispetto delle forme di vita e degli organismi utili attraverso:
o L’impianto e la conservazione delle siepi, dei boschetti e dei
luoghi dove gli uccelli nidificano;
 Controllo dei parassiti tramite:
o Lotta ai parassiti delle piante con prodotti naturali;
o Utilizzo di insetti predatori, batteri e virus;
o Utilizzo di varietà di piante resistenti alle malattie;
 Controllo delle erbe infestanti attraverso:
o Il divieto di utilizzare diserbanti;
o Uso di mezzi meccanici.

In merito all’allevamento degli animali l’agricoltura biologica promuove:

 Una bassa densità dell’allevamento;


 L’utilizzo di razze rustiche;
 L’allevamento a terra e l’accesso all’esterno obbligatorio per tutte
le specie;
 L’obbligo del pascolo per gli erbivori;
 L’uso di alimenti biologici;
 L’allattamento naturale.
I controlli vengono effettuati almeno una volta all’anno a tutte le aziende.
Tutto il processo produttivo deve essere controllato, quindi ogni
passaggio (produzione, macinazione, trasformazione) deve essere
verificato. I prodotti derivati dall’agricoltura biologica sono contrassegnati
da un’apposita etichetta.
L’agricoltura presenta alcuni aspetti positivi:

 Il processo produttivo è controllato da un Ente indipendente;


 La frutta e la verdura sono quasi sempre di stagione;
 Il beneficio ambientale ricade su tutta la società.
13
Ne possiede però anche alcuni negativi:

 Il prezzo di acquisto in Italia è ancora eccessivamente alto;


 Non sempre è facile reperire i prodotti biologici;
 Difficoltà nella gestione;
 Documentale.

XIV. Cosa sono e quali sono le relazioni interspecifiche?:


Gli ecologi chiamano interazioni interspecifiche le relazioni tra le specie
in una comunità. Le interazioni interspecifiche possono influenzare la
sopravvivenza e la riproduzione di ogni specie e gli effetti possono essere
sintetizzati come positivo (+), negativo (-) o nessun effetto (0).
Alcuni esempi sono:
 Competizione: la competizione interspecifica è di tipo -/- quando
individui di specie diverse competono per una risorsa che limita la
loro crescita e sopravvivenza. La forte concorrenza per una risorsa
limitata può portare a esclusione competitiva, ovvero
all’eliminazione di una specie in competizione. Il principio di
esclusione competitiva afferma che due specie in competizione per
le stesse risorse limitanti non possono coesistere nello stesso
luogo;
 Predazione: la predazione si riferisce a una relazione del tipo +/-.
Una sola specie, il predatore, uccide e mangia l’altro, la preda.
Mangiare o evitare di essere mangiati sono prerequisiti per il
successo produttivo. Gli animali per difendersi mettono in atto
adattamenti morfologici e fisiologici di difesa come la colorazione
criptica oppure si nascondono o si organizzano in gruppi per potersi
proteggere maggiormente;
 Dieta erbivora: è un’interazione del tipo +/- in cui un erbivoro
mangia parti di una pianta o di un’alga. Come i predatori anche gli
erbivori hanno sviluppato alcuni adattamenti che gli permettono di
individuare ad esempio se una specie è tossica o meno o di
difendersi come per esempio facendo crescere delle spine.
Contrariamente a ciò che si pensa la maggior parte degli erbivori
sono piccoli invertebrati come coleotteri e cavallette. Negli
ambienti acquatici l’erbivoria coinvolge lumache di mare, ricci,
pesci tropicali e certi mammiferi come il lamantino. Questo tipo di
interazione ha portato all’evoluzione nelle piante di difesa e
adattamenti meccanici e chimici;
 Simbiosi: la simbiosi è una relazione in cui due o più specie vivono
in diretto e intimo contatto reciproco. Esistono tre forme diverse di
simbiosi:
o Parassitismo: è una relazione del tipo +/-. Un organismo, il
parassito, trae nutrimento da un altro organismo, l’ospite,
che viene così danneggiato. I parassiti che vivono all’interno

14
del corpo del loro ospite sono chiamati endoparassiti; i
parassiti invece che vivono sulla superficie esterna di un
ospite sono detti ectoparassiti. Molti dei parassiti hanno un
ciclo vitale complesso che coinvolge quindi più di un ospite.
Alcuni invece modificano il comportamento dell’ospite per
aumentare la propria vitalità;
o Mutualismo: il mutualismo, detto anche simbiosi mutualistica,
è una relazione del tipo +/+ perché porta vantaggia a
entrambe le specie coinvolte. Un esempio sono i batteri
azoto-fissatori prese ti nella soia. Un mutualismo può essere:
 Obbligato, quando una specie non può vivere senza
l’altra;
 Facoltativo, quando entrambe le specie possono
sopravvivere anche da sole.
o Commensalismo: è una relazione del tipo +/0; in questo caso
una specie riceve dei benefici mentre l’altra non trae né
danno né beneficio. Le interazioni commensali sono difficili da
documentare in natura perché qualsiasi associazione tra
specie diverse probabilmente influenza sia l’una che l’altra
anche se in modo limitato. Un esempio è il carapace della
tartaruga.

Quali metodologie utilizzeresti per introdurre questo argomento in


classe?
Per spiegare l’interazione tra specie in classe posso far fare loro delle ricerche
a casa o vedere un filmato in aula- in particolare per introdurre la predazione
posso fare con loro un semplice esperimento in classe. Pongo una pianta di
pomodoro in un vaso e la faccio crescere all’aria. Dopo un po’ giungono sulle
foglie gli afidi. Gli afidi sono insetti conosciuti come pidocchi delle piante che
infestano quasi tutte le piante ornamentali, sia da interno che da esterno, oltre
che le colture di interesse agrario. Successivamente devo coprire la pianta con
una rete a maglie sottili e introduco delle coccinelle. Queste ultime sono delle
voraci predatrici e per questo attaccano gli afidi permettendo così alla pianta di
pomodoro di ricrescere.

XV. Il trasporto negli esseri viventi. Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio formafunzione:
Il trasporto è il processo che negli organismi pluricellulari porta nutrienti, aria,
sostanze di rifiuto e ormoni da una cellula all’altra, da un tessuto all’altro e da
un organo all’altro. Ci sono diversi tipi di trasporto:

 Trasporto nelle piante: il trasporto riguarda i nutrienti assorbiti dal


terreno (azoto, fosforo, zolfo, ecc.); i fotosintetati prodotti dalla pianta
(zuccheri, amminoacidi, vitamine) e ormoni. La pianta trasporta linfa

15
grezza (acqua e soluti), assorbita dalle radici al resto della pianta e linfa
elaborata (fotosintetati) dalle foglie agli altri organi. La linfa grezza
utilizza per il suo movimento un tessuto conduttore detto xilema (legno),
costituito da cellule morte (quindi prive di citoplasma) dette trachee. La
linfa elaborata è trasportata da un tessuto detto floema (libro), costituito
da cellule vive. Questo tessuto è adiacente allo xilema e le cellule si
chiamano cellule cribrose.
 Trasporto negli animali: l’apparato di conduzione negli animali è legato
alle tipologie di respirazione e di nutrizione. Nei tessuti animali, il
trasporto a breve distanza (fra cellula e cellula) avviene attraverso un
liquido interstiziale che si trova tra le cellule. Per il trasporto da tessuto a
tessuto e da organo ad organo, è necessario un sistema di conduzione.
Un sistema di trasporto necessita di diverse strutture: un organo
propulsore, muscolare, che crea la spinta dei liquidi (cuore); un sistema
di tubi (vasi) e valvole per impedire il reflusso dei liquidi. I sistemi di
trasporto si dividono in: aperti, sono sistemi in cui scorre emolinfa
(sangue e linfa) negli spazi interstiziali, che rifornisce gli organi che vi
sono immersi e chiusi con sistemi a vasi comunicanti che riportano il
sangue al cuore.
Gli animali vertebrati posseggono tutti un sistema chiuso con cuore e
vasi sanguigni di tipo arterioso (sangue ossigenato) e venoso (sangue
con anidride carbonica).
o Sistemi di trasporto aperti:
 I molluschi gasteropodi e bivalvi: nei molluschi il
sistema circolatorio è formato da un cuore con delle
arterie principali. Il cuore riceve l’emolinfa arricchita in
ossigeno dalla branchia o dal polmone. L’emolinfa
viene quindi pompata in zone definite seni che
circondano tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore
per aspirazione;
 Gli artropodi: negli insetti il sistema circolatorio è
formato da un vaso dorsale, diviso in cuore e aorta. Il
cuore è un tubo a fondo cieco suddiviso da una serie di
restringimenti detti ostioli che impediscono il reflusso.
L’emolinfa viene pompata nell’emocele una cavità che
circonda tessuti e organi. L’emolinfa rientra al cuore
per aspirazione. Nei crostacei, il sistema è simile,
tuttavia, essendo dotati di branchie, l’emolinfa contiene
l’emocianina.
o Sistemi di trasporto chiusi:
 I molluschi cefalpodi: Nei polpi, seppie e calamari,
l’apparato circolatorie è costituto da un cuore (formato
da un ventricolo e 2‐4 atri a seconda della specie). Il
sangue attraverso due arterie (aorta cefalica e
viscerale) raggiunge il resto del corpo. Il sistema
venoso confluisce nel sistema renale e poi in due cuori

16
venosi che sono dilatazioni delle vene branchiali, dai
quali il sangue torna al cuore ossigenato;
 Anellidi: dalla pelle. Il sistema circolatorio di tipo chiuso
à composto da due lunghi vasi, uno dorsale e uno
ventrale che percorrono tutto il corpo. Ogni metamero
è poi dotato di due vasi metamerici collegati ai vasi
principali, che si vascolarizzano sottopelle per ricevere
l’ossigeno e attorno all’intestino per assorbire i
nutrienti. Cinque vasi metamerici sono irrobustiti e
fungono da centrale di pompaggio. Il pigmento
respiratorio principale è l’emoglobina.

Gli animali vertebrati posseggono tutti un sistema chiuso con cuore e


vasi sanguigni di tipo arterioso (sangue ossigenato) e venoso (sangue
con anidride carbonica).
o Sistemi di trasporto chiusi:
 Il sistema circolatorio dei pesci: i pesci hanno un
sistema circolatorio chiuso semplice (un anello). Il
cuore spinge il sangue alle branchie dove si ossigena,
da qui, attraverso l’aorta dorsale viene distribuito in
tutto il corpo, poi rientra per la vena intestinale che
raccoglie i nutrienti, raggiunge il fegato e da qui di
nuovo al cuore;
 Il sistema circolatorio di anfibi e rettili: anfibi e rettili
hanno un sistema chiuso a circolazione doppia
incompleta (due anelli un solo ventricolo). Il cuore
riceve il sangue arterioso dai polmoni in un atrio e
venoso, proveniente dal corpo atrio, poi il sangue si
mescola nell’unico ventricolo che lo invia nel resto del
corpo. Tale sistema è poco efficace. Nelle diverse
specie ha modificazioni sino a renderlo quasi completo
(con due ventricoli nei coccodrilli);
 Il sistema circolatorio di uccelli e mammiferi: uccelli e
mammiferi hanno un sistema chiuso a circolazione
doppia completa (due anelli, due ventricoli).

XVI. Che cos'è il mimetismo mülleriano? Descrivilo e fanne alcuni esempi:


Il mimetismo è un particolare esempio di adattamento all'ambiente. Ci sono
vari tipi di mimetismo, tra cui quello mülleriano. Il mimetismo mülleriano (in
onore dello zoologo Müller che per primo, nel 1878, ne ipotizzò la spiegazione)
è caratterizzato dal fatto che generalmente le specie non commestibili
presentano livree dai colori accesi e vistosi. I colori vistosi sono un modo di
ricordare ai possibili predatori le conseguenze dell'ingestione. La colorazione
ha quindi il vantaggio di allontanare il predatore ancora prima che incominci il
suo attacco, con evidente beneficio della preda per la quale, a volte, anche un
17
semplice morso potrebbe essere fatale. Si è osservato che i colori aposematici
utilizzati dalle varie specie sono pochi: i colori principali sono il giallo, il rosso,
l'arancio e l'azzurro, in genere collocati su uno sfondo tale da esaltare il
contrasto come nero o bianco. Un esempio è quello delle zigene (genere
Zygaena) che, capaci di liberare sostanze tossiche, segnalano il pericolo con la
sgargiante colorazione rossa e nera delle ali. In questo modo salvaguardano la
loro vita, poiché i predatori “sanno” che la livrea di alcuni colori vistosi
determina la tossicità della preda stessa. Anche la colorazione di api, vespe,
coccinelle, calabroni, scorfani, pesci chirurghi, rane tropicali, salamandre,
serpente corallo e la muffetta rientra in questo fenomeno.

XVII. Quali sono i fattori abiotici capaci di regolare la diffusione di un


organismo in un determinato ambiente? Descrivili brevemente:
Componenti abiotici sono componenti di un ecosistema che non hanno vita. I
fattori abiotici che regolano la diffusione di un organismo sono:

 Temperatura: fondamentale nella distribuzione degli organismi a causa


del suo effetto sui processi biologici. (Esperimento: prendi una pianta da
vaso e senza danneggiarla richiudi la sua chioma dentro un sacchetto di
plastica trasparente, come quelli che si usano per congelare i cibi.
Dopo qualche ora la superficie interna del sacchetto si coprirà di minusco
le gocce di acqua che la pianta haeliminato attraverso dei fori (stomi) pre
senti soprattutto sulla pagina inferiore delle foglie. Questo
fenomeno si chiama traspirazione e consente alla pianta un ricambio cont
inuo dell'acqua assorbita dalle 
radici);
 Acqua: uno dei fattori più importanti nella distribuzione delle specie;
 Luce: la sua intensità e qualità può influenzare tantissimo la diffusione
degli organismi, soprattutto quelli fotosintetici. La durata della fase
luminosa durante il giorno indica il fotoperiodo e, di conseguenza, le
piante possono venire divise in due categorie: longidiurine e brevidiurne
(Esperimento: se si fanno germogliare più semi di fagiolo o di un’altra
pianta ci si accorge che tutte le piantine crescono verso l’alto. In realtà
non cercano una direzione specifica ma solo di prendere più luce
possibile. Se si sposta una piantina o la si copre lasciando solo una
fessura per la luce si potrà vedere come la piantina inizia a svilupparsi
verso la fonte di luce. Questo fenomeno è noto come fototropismo
positivo, per distinguerlo da quello delle radici le quali cercano il buio. Si
può osservare questo fenomeno nelle piante da appartamento e nelle
chiome degli alberi nei boschi o nei parchi);
 Vento: è capace di modificare l’effetto della temperatura e aumentare le
perdite per evapotraspirazione, modifica anche la morfologia delle piante
(Posso mostrare le immagini di piante che sono state piegate dal vento;
es: Longarone quest’anno);
 Suolo e rocce: molte caratteristiche del suolo determinano lo sviluppo
18
delle piante su di esso e, di conseguenza, quello degli animali che vi
abitano: struttura fisica, pH e composizione minerale.

I 4 principali fattori abiotici ovvero temperatura, acqua, luce e vento


caratterizzano il clima.

XVIII. Il movimento degli esseri viventi. Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio forma-funzione:
Il movimento è la prerogativa di batteri, protisti e animali. Serve a
procacciarsi il cibo, cercare il partner, fuggire dai predatori e situazioni di
pericolo o disagio, cercare l’ambiente adatto alla vita.
Vi sono diversi tipi di movimento:
 Movimento degli organismi unicellulari: batteri e protisti unicellulari
si muovono nel substrato (liquido) per mezzo di flagelli e ciglia
(formati da actine e tubuline) e o pseudopodi. Ciglia e flagelli
imprimono il movimento tramite una rotazione sull’asse che si
trasmettono un colpo a onda sulla struttura. Nel flagello sono delle
frustrate che conferiscono la spinta; nelle ciglia invece il
movimento è coordinato e ne risulta un’onda che spinge la cellula.
Gli pseudopodi sono estroflessioni cellulari dovuti al
riarrangiamento del citoscheletro che passa da una fase liquida a
una più solida. La cellula si muove nella direzione occupata dallo
pseudopodio (movimenti ameboidi).
 Movimento degli animali: nel movimento avviene una
trasformazione dell’energia chimica in energia meccanica.
L’energia meccanica viene così trasmessa dai muscoli allo
scheletro. I movimenti sono dei più vari, del tutto adattati
all’ambiente, al tipo di alimentazione e ad altre cause ecologiche.
Gli animali possono muoversi in molteplice modalità:
o Strisciamento o reptazione nei gasteropodi: le lumache
aderiscono perfettamente al substrato e attraverso
contrazioni e rilassamenti del piede; da dietro in avanti si
creano delle onde che muovono l’animale;
o Strisciamento o reptazione nei serpenti: i serpenti strisciano
contraendo i muscoli, in modo alternato, da un alto all’altro
del corpo. A seconda dell’ampiezza del movimento il
serpente si sposta in avanti o di lato;
o Progressione nel substrato: i lombrichi contraggono i muscoli
circolari che, per effetto dell’idroscheletro, allungano il corpo
dell’animale; a questo punto avvengono l’ancoraggio per
mezzo di setole e la contrazione dei muscoli longitudinali che
accorciano e ingrossano il corpo;
o Movimento a compasso: le sanguisughe (anellidi), che vivono
in ambiente acquatico, si possono muovere a compasso

19
utilizzando le ventose anteriore e posteriore che staccano e
riattaccano alternativamente;
o Espulsione di acqua: nelle meduse la propulsione avviene per
mezzo di un anello muscolare che espelle l’acqua dalla cavità
gastrovascolare. Nei molluschi esiste un organo a tubo, il
sifone, la cui funzione è quella di convogliare acqua e aria
alle branchie;
o Il nuoto dei pesci e cetacei: i pesci e i cetacei si muovono in
acqua utilizzando movimenti ondulatori del corpo
principalmente assecondati dalla pinna caudale che imprime
la spinta. Le pinne laterali e dorsali conferiscono stabilità nel
mezzo liquido;
o Il volo degli uccelli: per mantenere il corpo sospeso in un
fluido è necessaria una spinta dal basso. Nel caso del volo
tale spinta è garantita dalla portanza, cioè dalla pressione
causata dal flusso d’aria che scorre con diversa velocità tra il
sopra e il sotto del corpo. Questa differenza si tramuta in una
spinta verso l’alto. Il volo degli uccelli è garantito da una
serie di adattamenti morfofisiologici. Oltre a questi
adattamenti gli uccelli hanno anche sviluppato
comportamenti atti a migliorare il loro volo in relazione agli
adattamenti evolutivi ed ecologici.
 Movimento degli uomini: avviene per effetto dei muscoli scheletrici
che si contraggono e si distendono facendo lavorare le ossa come
leve. Spesso il movimento scheletrico è dovuto a muscoli
antagonisti per garantire il movimento contrapposto. Il movimento
al muscolo è garantito da cellule (miociti) e fibre muscolari. Il
tessuto muscolare è diviso in due tipi: muscolatura liscia e striata. Il
muscolo liscio è caratteristico degli organi interni ed è composto da
fibrocellule mononucleate e garantisce i movimenti spontanei. Il
muscolo striato scheletrico è caratteristico dei muscoli scheletrici
ed è formato da fibre muscolari (miofibrille) che sono riunite in
unità contrattili detti sarcolemmi. Il movimento del muscolo è
garantito da due proteine filamentose strutturali: miosine ed actine
che scorrono reciprocamente le une sulle altre stabilendo dei ponti.

XIX. L'ecosistema è caratterizzato da un flusso di materia e di energia. Parla


delle dinamiche energetiche capaci di sostenere la vita facendo
riferimento ai livelli trofici e alle reti alimentari.
L’energia non segue gli stessi principi della materia; l’energia non è mai
riciclata. La Terra per quanto riguarda l’energia è un sistema aperto, riceve
energia continuamente dal sole. Perché l’energia si comporta in modo diverso
dalla materia?

20
 Perchè l’energia esiste in diverse forme (luce, legami chimici, moto
e calore). Non viene nè creata nè distrutta ma cambia forma.
 Gli organismi non possono convertire il calore in un’altra qualsiasi
forma di energia. Quando l’energia viene trasferita o trasformata
una parte di essa assume una forma non più utilizzabile (aumento
di entropia)
Le piante devono ricevere energia in forma di luce. Gli animali per vivere
devono avere energia (sotto forma di legami chimici) che ottengono dal cibo.
Gli organismi ogniqualvolta utilizzano l’energia (luce o legami chimici), una
parte di essa viene convertita in calore. Visto che la Terra funziona come un
sistema aperto rispetto all’energia, la luce arriva ogni giorno dal Sole. Le piante
e gli organismi fotosintetici convertono l’energia solare in energia chimica e la
quantità totale di energia non cambia (prima legge della termodinamica).
Quindi gli animali mangiano gli organismi fotosintetizzanti utilizzando l’energia
dei legami chimici dei loro composti organici per rimanere vivi. Perchè la vita
permanga è richiesta sempre nuova energia luminosa. Il flusso in ingresso ed
in uscita dell’energia radiante della terra deve essere uguale perchè la
temperatura globale resti costante. Le attività umane stanno modificando la
composizione dell’atmosfera in un modo che impedisce il flusso in uscita, il
cosiddetto effetto serra. Secondo il secondo principio della termodinamica
quando l’energia viene trasferita o trasformata, una parte di essa assume una
forma che non può più essere utilizzata (entropia). Lo stesso accade negli
ecosistemi naturali: l’energia trasferita da un organismo ad un altro sotto forma
di cibo viene in parte accumulata nei tessuti viventi e in parte dissipata sotto
forma di calore, con conseguente aumento di entropia. Gli ecosistemi naturali
sono sistemi aperti in cui la radiazione solare fornisce costantemente apporti
energetici in grado di contrastare l’aumento di entropia.
Il flusso di energia attraverso gli ecosistemi terrestri inizia con l’assorbimento
delle radiazioni solari da parte degli organismi autotrofi. La velocità con cui
l’energia radiante viene convertita in materia organica attraverso la fotosintesi
è detta: produttività primaria. Si differenzia dalla biomassa in quanto indica la
velocità di produzione della materia organica durante la fotosintesi. In merito
all’energia si parla così di produttività prima netta e produttività primaria lorda.

XX. Cosa si intende per sviluppo sostenibile e quali sono i fattori che lo
compongono?
Si tratta di un ossimoro (come realtà virtuale, qualità totale...), intrinsecamente
ambiguo. Il termine “sviluppo” è legato concettualmente alla crescita
quantitativa ed economica, mentre “sostenibile” fa riferimento al fatto che
l’ambiente è una riserva di risorse che non possiamo permetterci di esaurire.
La definizione più famosa è quella del Rapporto Bruntland (1987) (documento
rilasciato dalla Commissione mondiale sull'ambiente e lo sviluppo (WCED):
"sviluppo che risponde alle necessità del presente, senza compromettere la

21
capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie necessità”. Un’altra
definizione “storica” è quella formulata nel 1991 in “Caring for the Earth: A
Strategy for Sustainable Living”: “il soddisfacimento della qualità della vita,
mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi che ci
sostengono”.
I concetti fondamentali dello sviluppo sostenibile sono:

 Sostenibilità: deriva dall’ambito scientifico e naturalistico, in cui si


definisce “gestione sostenibile” di una risorsa quella che prevede di
utilizzare o prelevare la risorsa (es. il legname tagliato in un bosco, il
pesce pescato in una certa area...) senza intaccare la sua naturale
capacità di rigenerarsi;
 Sviluppo: è stato sempre associato alla crescita del prodotto interno lordo
(PIL) di uno stato, che misura la produzione di beni e servizi valutati ai
prezzi di mercato. Da qui anche la consueta distinzione fra paesi
‘sviluppati’ e paesi ‘in via di sviluppo’ o ‘sottosviluppati’.
Da una prima visione puramente economica, che poneva l’accento unicamente
sul benessere materiale dell’uomo, si è passati ad una seconda fase nella quale
lo sviluppo viene valutato anche in base ad una serie di variabili sociali
(istruzione, sanità, diritti civili e politici, tutela delle minoranze…) considerate
fondamentali nel processo. Il World Summit on Sustainable Development
(WSSD) di Johannesburg (2002) ha riconosciuto nel concetto di sviluppo
sostenibile tre componenti, strettamente collegate tra loro: la sostenibilità
economica, la sostenibilità sociale e la sostenibilità ecologica.
Lo sviluppo sostenibile nasce intorno agli anni ‘70-’80: consapevolezza che il
modello di produzione e consumo delle società industrializzate non poteva
essere considerato compatibile con l’ambiente (causa l’eccessivo sfruttamento
delle risorse naturali). I principi della Conferenza di Stoccolma del 1972 sono:
 Proteggere e migliorare l'ambiente a favore delle generazioni presenti e
future;
 Le risorse naturali devono essere preservate attraverso;
 Un'adeguata pianificazione e gestione;
 Bisogna mantenere la capacità della Terra di produrre risorse rinnovabili
essenziali;
 La conservazione della natura deve avere un ruolo importante all'interno
dei processi legislativi ed economici degli Stati;
 Lo sviluppo economico e sociale è indispensabile;
 Bisogna arrestare le forme di inquinamento che possano danneggiare gli
ecosistemi in modo grave o irreversibile;
 E’ necessario tenere presente le situazioni ed i bisogni particolari dei
paesi in via di sviluppo;
 Cooperazione da parte di tutti gli Stati nell’affrontare i problemi
ambientali

22
Tra i risultati della Conferenza, nasce l’UNEP (United Nations Environmental
Programme) ovvero il programma delle Nazioni Unite sui problemi ambientali
con lo scopo di coordinare e promuovere le iniziative ONU relative alle
questioni ambientali. problemi dello sviluppo sociale ed economico.
A Rio si discussero i problemi ambientali del pianeta e i loro legami con i
problemi dello sviluppo sociale ed economico. Oltre 150 paesi firmarono due
Convenzioni Internazionali: una sui mutamenti climatici, l'altra sulla protezione
della diversità biologica. Gli obiettivi della convenzione sulla diversità biologica
si spostano dalla conservazione delle specie alla conservazione della diversità
biologica.
Particolare importante del Summit, tenutosi a Johannesburg nel 2002, è
l’integrazione delle tre dimensioni, strettamente collegate tra loro, dello
sviluppo sostenibile:

 Lo sviluppo economico;
 Lo sviluppo sociale;
 La protezione ambientale.
Il MIUR con il Programma Operativo Nazionale Per la scuola – competenze e
ambienti per l'apprendimento 2014-2020 ha accolto le indicazioni europee con
il contributo a “fornire ad una crescita sostenibile, ovvero alla promozione di
un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più
competitiva.”.

XXI. Cosa si intende con il termine nicchia ecologica?


La nicchia ecologica è la somma dell’utilizzo delle risorse biotiche e
abiotiche da parte di una specie. Essa può anche essere pensata come il
ruolo ecologico di un organismo, Il biologo americano Eugene Odum
afferma: “se l’habitat di un organismo è il suo indirizzo allora la nicchia è
la sua professione”. Specie ecologicamente simili possono coesistere in
una comunità se ci sono una o più differenze significative nelle loro
nicchie. Si verifica un problema nel momento in cui una specie aliena
occupa la stessa nicchia di una specie autoctona.

XXII. Trovandoti ad operare in una scuola primaria circondata da campi di mais


quali attività potresti proporre agli alunni sfruttando tale risorsa?:
Ai bambini posso far cogliere una pannocchia e sbucciarla togliendo così le
foglie che la circondano al fine di creare con queste un fiore. Queste foglie,
dette brattee, sono elastiche e permettono di essere uste come una sorta di
carta crespa. Vengono colorate dai bambini oppure lasciate così come sono
per un effetto più rustico. Per ottenere i petali si arrotolano le foglie colorate
su loro stesse. Si prende un legnetto (della dimensione preferita e che
meglio si adatta a realizzare il fiore che desideriamo) e intorno al suo apice
raccogliamo 5 petali (realizzati come sopra). Leghiamo tutto con filo verde
23
da giardinaggio, oppure con spago o elastico. Per rendere più realistico il
fiore ricopriamo con altre foglie di pannocchia colorate di verde e leghiamo.
Le pannocchie possono essere anche intinte nella tempera e usate,
facendole rotolare, per fare delle decorazioni.
Si può inoltre prendere una bacinella d’acqua e vedere come i popcorn
(spiegare come si formano) stanno in superficie e i chicchi di mais
affondano.

XXIII. Descrivi la luce quale fattore trofico di notevole importanza capace di


limitare la diffusione di una specie.
La sua intensità e qualità può influenzare tantissimo la diffusione degli
organismi, soprattutto quelli fotosintetici. La durata della fase luminosa
durante il giorno indica il fotoperiodo e, di conseguenza, le piante possono
venire divise in due categorie: longidiurine e brevidiurne. Le brevidiurne per
fiorire richiedono un periodo di buio giornaliero più lungo rispetto a quello
generalmente richiesto (4 ore di buio in più rispetto alle altre specie e meno
di 12 ore di luce. Esempi: mais), Le longidiurne (hanno bisogno di almeno 24
ore di luce) fioriscono solo se ricevono luce per più tempo rispetto alle altre
specie, in primavera, estate (esempi: fava, pomodoro, frumento, erba
medica).
Quali metodologie utilizzeresti per introdurre questo argomento in
classe?
Posso far fare loro il seguente esperimento: se si fanno germogliare più semi
di fagiolo o di un’altra pianta ci si accorge che tutte le piantine crescono
verso l’alto. In realtà non cercano una direzione specifica ma solo di
prendere più luce possibile. Se si sposta una piantina o la si copre lasciando
solo una fessura per la luce si potrà vedere come la piantina inizia a
svilupparsi verso la fonte di luce. Questo fenomeno è noto come
fototropismo positivo, per distinguerlo da quello delle radici le quali cercano
il buio. Si può osservare questo fenomeno nelle piante da appartamento e
nelle chiome degli alberi nei boschi o nei parchi.

XXIV. Il sostegno degli esseri viventi. Traccia una descrizione sintetica in


riferimento all' equilibrio formafunzione.
I tessuti dei viventi, essendo composti da soluzioni liquide e membrane
fosfolipidiche, sono di per sé molli, quindi non in grado di mantenere la forma
adatta allo stile di vita. Per gli animali sono necessarie delle “scatole” a
protezione degli organi vitali e degli elementi rigidi per dare appoggio alle
strutture deputate al movimento. Per tali motivi, gli organismi viventi si sono

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dotati di strutture rigide atte al sostegno dei tessuti. Il sostegno è diverso a
seconda della tipologia dell’essere vivente:

 Sostegno nelle piante: innanzitutto la pianta è dotata a livello cellulare di


una parete rigida esterna e di un vacuolo. Queste due strutture sono in
grado da sole di conferire sostegno a tessuti di piccole dimensioni. Le
pareti creano una specie di scheletro esterno alla cellula e il vacuolo
(mantenendo la pressione liquida) fungendo da scheletro idrostatico. A
seconda del tipo di habitus si distinguono diversi tessuti meccanici che
conferiscono il sostegno. Secondo l’habitus le piante si dividono in
legnose ed erbacee. Le prime sono piante perenni che sviluppano il fusto
e la radice sia in lunghezza che larghezza: alberi e cespugli (anche di
piccole dimensioni); le seconde sono piante perenni o annuali che
tuttavia non hanno sviluppo solo apicale. Alberi e cespugli si sostengono
anche grazie ai tessuti di condizione le cui cellule, con pareti inspessite e
arricchite in lignina. La crescita delle piante verso l’alto o verso il basso
non è volontaria. I movimenti possono essere definiti: fototropismi se
sono verso l’alto e geotropismi se sono verso il basso.
 Sostegno negli animali: negli animali i sistemi che conferiscono rigidità
sono di tre tipi a seconda dell’ambiente e stile di vita: scheletro
idrostatico o idroscheletro, esosheletro e endoscheletro. L’idroscheletro è
più funzionale in animali acquatici (nei clinari: meduse, composto da due
soli tessuti esoderma e endoderma che formano una cavità
gastrovascolare; polipi; negli anellidi: lombrichi, sanguisughe, è costituito
dalle cavità celomatiche ); l’esoscheletro è più funzionale in animali di
piccole dimensioni perché resiste meglio alla flessione su piccole sezioni
(nei molluschi, può essere presente un esoscheletro calcareo detto
conchiglia; negli artropodi come insetti, aracnidi, crostacei, miriapodi, in
questo caso la crescita non è continua ma discontinua, l’animale deve
quindi operare delle mute); l’endoscheletro è preferibile in animali veloci
e di grosse dimensioni che necessitano di leve efficienti, ne sono dotati i
poriferi (gli elementi di supporto sono le spicole) e i vertebrati (gli
elementi di supporto sono la cartilagine e le ossa).

XXV. Cosa si intende con il termine rifiuto?:


Il Decreto Legislativo 152/06 dell’articolo 183 afferma che” il “rifiuto” è
qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione
o abbia l’obbligo di disfarsi “. Per rifiuto si intende “qualsiasi sostanza od
oggetto derivante da attività umane o da cicli naturali, abbandonato o
destinato all’abbandono”. Essere rifiuto non è quindi una caratteristica
intrinseca di un oggetto. Un prodotto può essere ancora funzionante,
utile o riparabile, ma essere abbandonato ad esempio perché è fuori
moda o perché non soddisfa più le richieste originarie. Quello dei rifiuti è
diventato un problema ambientale molto grave, sotto diversi punti di
vista. Dagli anni sessanta in poi, infatti, si è avuto:

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 L’aumento vertiginoso della produzione di rifiuti, dovuto in
particolare alle abitudini legate alla società consumistica;
 L’aumento della tossicità per l’ambiente, dovuto al passaggio dalla
società agricola a quella industriale;
 La diminuzione delle possibili aree per il tradizionale smaltimento
(la discarica).

In quali e quante categorie sapresti classificarli?:


I rifiuti si possono classificare in 4 diversi gruppi:
 RSU (Rifiuti Solidi Urbani): sono quelli provenienti dalle abitazioni,
da altri insediamenti civili (scuole, uffici, ecc) e dal piccolo
commercio. Sono rifiuti putrescibili provenienti da preparazione,
elaborazione e conservazione di alimenti vari; rifiuti non
ingombranti provenienti da fabbricati e da altri insediamenti civili in
genere; rifiuti ingombranti (beni di consumo durevoli, di
arredamento, ecc…); di qualunque natura o provenienza giacenti
su strade ed aree pubbliche, spiagge ecc…
Gli scarti animali e vegetali dei rifiuti hanno un alto tenore di
umidità: questa parte è chiamata “frazione umida” dei RSU. Per la
sua natura biologica questa “frazione umida” è quella più
direttamente indicata per un riciclaggio che si avvicini
maggiormente ai cicli naturali.
Vi sono poi anche i Rifiuti Urbani Pericolosi sono: pile, farmaci
scaduti, contenitori di fitofarmaci, erbicidi, bombolette spray e
contenitori di oli minerali. Dal 1997 al 2007 la produzione dei Rifiuti
Urbani in Italia è aumentata progressivamente da circa 26.500
tonnellate a 32.500 tonnellate all’anno (Fonte ISPRA). Il Centro
Italia è l’area geografica che produce la minor quantità di Rifiuti
Solidi Urbani. per decenni questi rifiuti venivano, e spesso vengono,
smaltiti in discariche controllate (autorizzate). Quasi il 70% degli
RSU in Italia viene smaltito utilizzando le discariche che in molti
casi sono quasi “esaurite” e la realizzazione di nuove discariche sul
territorio nazionale non viene praticamente autorizzata; mentre il
13% viene riciclato. In Italia ogni cittadino produce circa 1.5 kg di
RSU al giorno.
Il recupero energetico, che consiste nello sfruttamento dell’alto
potere calorifico delle materie plastiche, sembra al momento una
delle vie più facilmente percorribili nella gestione integrata dei
RSU.
 RS (Rifiuti Speciali): sono rifiuti urbani derivati da lavorazioni
industriali; da attività agricole, commerciali e artigianali; da
demolizioni, ostruzioni e scavi; dalla depurazione delle acque; da
veicoli a motore fuori uso, rimorchi e loro parti; residui di attività di
trattamento dei rifiuti e da depurazioni di fanghi. Sono Rifiuti
Speciali anche i rifiuti ospedalieri.

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 RTS (Rifiuti Tossici e Nocivi): si tratta di rifiuti speciali che
contengono o sono contaminati da particolari sostanze, in
concentrazione così elevata da costituire pericolo per la nostra
salute (Es. arsenico, mercurio, piombo, cc)
 RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche): sono i
rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
(elettrodomestici in generale e pc, ecc) e sono considerati
pericolosi per il loro contenuto di elementi tossici e persistenti che
rappresentano un rischio per l’ambiente e la salute umana, nelle
varie fasi del trattamento, riciclaggio e smaltimento.
Rappresentano una tipologia di rifiuti pericolosi in più rapida
crescita a livello globale.

XXVI. I RAEE rappresentano dei rifiuti molto importanti per la nostra società.
Traccia una breve descrizione di questi rifiuti e contestualizza il problema
derivante dal loro accumulo:
Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche: sono i rifiuti
derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (elettrodomestici
in generale, pc, ecc) e sono considerati pericolosi per il loro contenuto di
elementi tossici e persistenti che rappresentano un rischio per l’ambiente
e la salute umana, nelle varie fasi del trattamento, riciclaggio e
smaltimento. Rappresentano una tipologia di rifiuti pericolosi in più
rapida crescita a livello globale. Mentre la qualità di questi rifiuti cresce in
modo molto rapido, il loro riutilizzo, riciclaggio e recupero non sta
procedendo con la stessa velocità. Non ci sono dati precisi su cosa
avviene a questi rifiuti, se vengono stoccati, smaltiti in altro modo nell’UE
oppure se vengono esportati per essere riusati, riciclati oppure smaltiti in
Asia, in paesi come Cina, India, o in Africa.
Per “trattamento non appropriato” s’intende la cannibalizzazione dei
beni, la macinazione delle carcasse frigo in ambiente aperto, la non
completa rimozione delle componenti utili e/o nocive e in generale
qualsiasi operazione che venga condotta in difformità ai criteri tecnici e
alle procedure stabilite a livello internazionale. Per “smaltimento non
corretto” si intende la messa in discarica o la termodistruzione dei RAEE
tal quali o comunque di loro parti che contengano ancora “sostanze” utili
o nocive.
Un trattamento non appropriato e lo smaltimento non corretto dei RAEE
comporta:
 La diffusione nell’ambiente di sostanze pericolose per la salute
pubblica;
 La distruzione o comunque lo spreco di materiali che possono
essere reimpiegati nel ciclo produttivo, con conseguente
impoverimento di risorse presenti in quantità limitata sul nostro
pianeta.

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XXVII. Quali sono i principali tipi di inquinamento? Fanne una breve descrizione:
Ci sono diversi tipi di inquinamento:
 Atmosferico: secondo l’agenzia europea per l’ambiente un
inquinante dell’aria è una sostanza che, immessa direttamente o
indirettamente nell’aria, può avere effetti nocivi sulla salute umana
o sull’ambiente nel suo complesso. L’inquinamento dell’aria può
essere di origine naturale (ad esempio dovuto alle eruzioni
vulcaniche o agli incendi boschivi), oppure provocato dalle attività
umane (origine antropica). L’inquinamento atmosferico è
un’alterazione dell’atmosfera, cioè dello strato di gas che circonda
la Terra, causata dall’azione dell’uomo. I danni ambientali sono
legati prevalentemente dalle piogge acide. Due sono i gruppi di
sostanze che causano l’inquinamento atmosferico: il particolato e i
contaminanti gassosi. Le principali fonti di inquinamento sono
costituite dalle emissioni in atmosfera derivanti da:
o Processi produttivi (attività industriali e artigianali);
o Processi di combustione (motori di autoveicoli);
o Impianti fissi domestici (riscaldamento);
o Industriali (riscaldamento ed energia per processi vari);
o Servizi (inceneritori municipali, officine del gas, ecc).
I 5 principali agenti inquinanti responsabili del 98% circa
dell’inquinamento dell’aria sono:
o Monossido di carbonio (CO). E’ uno degli inquinanti
atmosferici più tossici e la sua presenza è legata ai processi
di combustione che utilizzano combustibili organici. In
presenza di elevate concentrazioni di CO, alcune fasce di
popolazioni quali neonati, cardiopatici, asmatici e più in
generale le persone anziane possono incorrere in alterazioni
delle funzioni polmonari, cardiache e nervose. Cefalea e
vertigini sono generalmente riconosciuti come i primi sintomi
di avvelenamento da tale composto chimico;
o Anidride solforosa o biossido di zolfo (SO2), E’ un gas incolore
e dall’odore pungente. Le principali emissioni di biossido di
zolfo derivano per esempio da: impianti fissi di combustione,
processi metallurgici, incenerimento di rifiuti, industrie della
carta;
o Idrocarburi, Il Benzene ad esempio fa parte della famiglia
degli Idrocarburi, più precisamente è il capostipite di una
famiglia di composti organici definiti “Aromatici”. Viene
liberato nell’aria principalmente dai gas di scarico dei veicoli
alimentati a benzina.
o Particelle;
o Biossido di azoto (NO2). Le emissioni naturali di NO2
comprendono i fulmini, gli incendi e le emissioni vulcaniche;
le emissioni antropiche sono principalmente derivate da
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processi di combustione (veicoli, riscaldamento domestico).
E’ ritenuto tra gli inquinanti atmosferici più pericolosi;
interviene infatti nella formazione delle piogge acide e
irritano il sistema respiratorio dell’uomo.
 Del suono: il suono è un sistema naturale dinamico, che si evolve
per azione della particolare combinazione dei fattori geologici,
climatici, ecologici ed antropici che caratterizzano una determinata
area, e conferiscono al suolo una specifica individualità. Di
conseguenza l’inquinamento del suolo è l’accumulo di rifiuti e in
particolare di sostanze pericolose nel suolo tale da determinare
alterazioni della composizione e delle proprietà chimico-fisiche e
biologiche del terreno in grado di mettere in pericolo la salute
umana e nuocere agli ecosistemi. Il suolo può essere contaminato
in seguito a discariche, attività industriali, insediamenti civili o
anche da isotopi radioattivi di origine naturale oppure in seguito a
rilasci deliberati o accidentali di materiale radioattivo. La
contaminazione del suolo può essere locale oppure diffusa. La
prima è dovuta a forme di inquinamento puntiforme (Es. siti
contaminati); la seconda interessa aree più ampie e ed è dovuta a
forme di inquinamento diffuso del territorio (Es. inadeguate
tecniche di riciclo dei rifiuti). Gli effetti di questo tipo di
inquinamento possono essere:
o Accumulo di sostanze tossiche per i vegetali e gli animali;
o Riduzione di fertilità del terreno;
o Contaminazione indiretta dell’acqua;
o Conseguenze negative per la catena alimentare.
Per prevenirlo si deve impedire il rilascio nel terreno di sostanze
inquinanti e si può ricorrere all’adozione di tecnologie che eliminino
o riducano la produzione di rifiuti inquinanti.
 Idrico: esso può essere diviso in:
o Biologico: deriva dagli scarichi domestici e da quelli degli
allevamenti zootecnici;
o Chimico: è invece associato ai detergenti domestici e
artigianali e agli scarichi industriali e agricoli.
 Fisico: è legato agli scarichi di fanghi depurati e agli scarichi di
inerti industriali.
Questo tipo di inquinamento può essere anche classificato in
relazione all’ambiente; si divide perciò in:
o Acque di falda: funzioni delle permeabilità, scarichi vari e
irrigazione;
o Acque superficiali: scarico delle fogne (bianche e nere),
scarichi industriali, fenomeni di eutrofizzazione lacustre;
o Acque marine: traffico navale, affondamento “carrette del
mare”, scarichi vari industriali.
 Radioattivo: la radioattività consiste nell’emissione di particelle e di
energia da parte di alcuni elementi instabili, detti radionuclidi,
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spontaneamente o in seguito ad attivazione. Alcuni di questi
elementi esistono in natura mentre altri possono essere prodotti
artificialmente. Per tutelare la qualità dell’ambiente e la salute
della popolazione l’ARPA FVG svolge attività di diversi tipi:
o Monitoraggio della radioattività ambientale;
o Attività di informazione; pubblicazioni sulle radiazioni
ionizzanti.
 Acustico: è l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o
nell’ambiente esterno tale da provocare:
o Fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane;
o Pericolo per la salute umana;
o Deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali,
dell’ambiente abitativo e di quello esterno.
 Luminoso: con l’espressione “inquinamento luminoso” si intende
ogni forma di irradiazione di luce artificiale che si disperda al di
fuori delle aree cui essa funzionalmente dedicata, e, in particolare,
oltre il piano dell’orizzonte. Tale forma di inquinamento, anche se
ritenuta meno rilevante rispetto altre, ha riflessi negativi su una
pluralità di ambiti. Studi recenti hanno chiarito che un eccesso di
luminosità notturna ha effetti sulla flora, sulla fauna e sull’uomo
inoltre l’inquinamento luminoso arreca disturbo all’attività degli
osservatori astronomici e costituisce uno spreco di energia
elettrica.
 Elettromagnetico: quando si parla di campi elettromagnetici si
riferisce generalmente alle radiazioni non ionizzanti. Le principali
fonti di radiazioni non ionizzanti prodotte dalle attività umane si
riscontrano:
o Nel settore delle telecomunicazioni;
o Nella rete di distribuzione dell’energia elettrica;
o Nel settore domestico;
o Nel settore industriale e medico.

XXVIII. Cosa si intende con il termine bioindicatore?


Una specie (animale o vegetale) dalla cui presenza o assenza è possibile
dedurre qualche caratteristica dell’ecosistema. Si preferisce limitare la
scelta dei bioindicatori ad alcuni gruppi la cui reattività ai fattori esterni è
conosciuta facilmente rilevabile. Alcuni esempi:
 Olivo per il clima mediterraneo;
 Trota per le acque ossigenate;
 Vite per il clima submediterraneo;
 Alghe per la qualità dell’acqua;
 Flora vascolare fornisce indicatori di degrado ambientale attraverso
la diffusione di specie ruderali o in genere nitrofile;
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 Licheni per la qualità ambientale.
Il monitoraggio dell'inquinamento mediante l'uso di organismi viventi
prende il nome di Biomonitoraggio.
Esso si basa sulle variazioni ecologiche indotte dall'inquinamento, che si
manifestano a tre livelli diversi:
 Accumulo degli inquinanti negli organismi;
 Modificazioni morfologiche o strutturali degli organismi;
 Modificazioni nella composizione delle comunità animali e vegetali.
Le tecniche di biomonitoraggio seguono due principali strategie:
 Bioindicazione: quando si correla il disturbo ambientale a variazioni
morfologiche, o a dati di biodiversità;
 Bioaccumulo: quando si sfrutta la capacità di certi organismi di
assorbire ed accumulare sostanze dall'atmosfera.
Si possono scegliere diverse aree di studio per esempio il centro cittadino, la
zona periferica e una o più aree di campagna. Il passo successivo consiste nella
scelta delle stazioni di rilevamento, ciascuna delle quali deve essere composta
da un massimo di 4 a un minimo di 2 alberi della stessa specie e ravvicinati tra
loro, scelti tra quelli che presentano la maggiore copertura lichenica. Non tutti
gli alberi, però, possono essere utilizzati per il biomonitoraggio lichenico. Non
vanno bene la betulla e l’ippocastano in quanto, con la crescita, perdono gli
strati superficiali della scorza; tutte le specie di conifere, poiché hanno una
scorza molto acida, inadatta alla crescita della maggior parte delle specie
licheniche di pianura.
Le caratteristiche per eseguire i biomonitoraggio devono essere le seguenti:

 Il tronco deve essere perfettamente verticale e deve avere una


circonferenza minima di 70-80 cm, in modo che la lettura con il reticolo
possa ritenersi corretta;
 Il tronco non deve presentare ferite, bitorzoli o scanalature;
 Non devono essere stati effettuati trattamenti antiparassitari o
verniciature del tronco;
 Non ci deve essere una forte presenza di muschio;
 Gli alberi devono essere il più possibile isolati.

Come utilizzeresti questa risorsa con gli alunni?


Ci sono in natura degli elementi che ci aiutano a capire se l’aria è inquinata e
quanto lo è? I licheni sono degli ottimi indicatori della qualità ambientale, cioè
dei bioindicatori.
Come si esegue il biomonitoraggio: il reticolo deve essere posizionato su ogni
albero della stazione a un’altezza di circa 100-120 cm dal suolo, sulla parte del
tronco che presenta la massima copertura di licheni; per ciascuna specie
lichenica, occorre rilevare la frequenza (in quanti rettangoli del reticolo
compare la specie, se una specie lichenica è presente con più individui
all’interno di uno stesso rettangolo, la si conta comunque una volta soltanto).
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La frequenza di ogni specie potrà quindi variare da 1 a 10. Si può cercare di
classificare i licheni aiutandosi con le immagini da internet oppure
semplicemente scattando una foto e dando un nome fittizio che ne descriva la
forma o il colore; inserendola comunque nella scheda con la relativa frequenza
e cercando di riportarla con lo stesso nome anche nelle schede degli altri alberi
sui quali viene eventualmente ritrovata.
Esempio: il primo albero considerato presenta 5 specie diverse di licheni

 La specie 1 è presente in 5 rettangoli, la sua frequenza è quindi 5;

 La specie 2 è presente in 1 rettangolo, la sua frequenza è quindi 1;

 La specie 3 è presente in 6 rettangoli, la sua frequenza è quindi 6;

 La specie 4 è presente in 3 rettangoli, la sua frequenza è quindi 3;

 La specie 5 è presente in 4 rettangoli, la sua frequenza è quindi 4;

 Si sommano le frequenze di tutte le specie licheniche individuate e si


ottiene la frequenza totale dell’albero considerato; in questo caso è 19.
È possibile costruire delle tabelle mettendo al posto del nome della specie un
simbolo che rappresenti quel lichene.
Alla fine dell’attività gli studenti avranno capito:

 Come la qualità dell'aria influenza gli organismi viventi;


 Come alcuni organismi viventi possono essere utilizzati per lo studio
della qualità dell'aria;
 Il modo di studiare l'inquinamento atmosferico;
 La diretta influenza delle attività umane sull'ambiente.

XXIX. Cosa sono le piogge acide?


Con il termine piogge acide si intende generalmente il processo di
ricaduta dall’atmosfera di particelle, gas e precipitazioni acide. Se questa
deposizione acida avviene sotto forma di precipitazioni (piogge, neve,
nebbie, rugiade, ecc.) si parla di deposizione umida, in caso contrario il
fenomeno consiste in una deposizione secca.
Le piogge acide sono causate essenzialmente dagli ossidi di zolfo (SOx)
e, in parte minore, dagli ossidi d'azoto (NOx), presenti in atmosfera sia
per cause naturali che per effetto delle attività umane.
Se non entrano in contatto con delle goccioline d’acqua, questi gas e
soprattutto i particolati acidi che da loro si formano pervengono al suolo
tramite deposizione secca. Nel caso in cui invece questi gas entrino in
contatto con l’acqua atmosferica allora si originano degli acidi prima
della deposizione.
Il fenomeno delle piogge acide si è generato a partire dalla metà del XVIII
secolo con l’inizio della rivoluzione industriale.
Le principali cause sono:
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 Il consumo di combustibili fossili;
 Il funzionamento di alcuni impianti industriali inquinanti;
 Gli incendi che scoppiano nelle foreste e nelle savane;
 Il funzionamento di centrali elettriche e autoveicoli.

Quali effetti provocano sull’ambiente?


È solo da circa una ventina d’anni che l’umanità si sta accorgendo delle
sue conseguenze.
Esse causano:
 Danni gravi alla vegetazione: nei terreni su cui cadono le piogge
acide difficilmente ricrescerà la vegetazione, qualora accadesse
sarebbe comunque malata;
 Alterazione negli ambienti acquatici;
 Danneggiamento di edifici e monumenti: questo perché la calcite di
cui sono fatti reagisce a contatto con il biossido di zolfo. Questo
elemento fa sì che il monumento va incontro a metamorfosi,
facendolo trasformare in gesso, un materiale facilmente
sgretolabile agli agenti atmosferici.
I danni ambientali sono legati prevalentemente alle piogge acide a causa
della formazione di acido solforico per reazione con l’umidità dell’aria. Il
PH di una pioggia acida è inferiore a 5 mentre di una pioggia non
inquinata è di circa 5,6. Le due specie acide che predominano nella
pioggia acida sono l’acido solforico (H2SO4) e l’acido nitrico (HNO3).

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