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1. L’opera (genere principe della musica) deve avere per fine non solo
la musica, e nemmeno solo il dramma, ma il progresso e
l’emancipazione umana, ossia un alto intento sociale
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2. L’artista deve essere guidato da un’ispirazione religiosa, sia nel
senso di un’attitudine religiosa da artisti consci di una propria
missione nel mondo, sia nel senso di un’ispirazione che
effettivamente non prescinda dalla dimensione religiosa
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La esamino, insieme a tutte le altre opere di Verdi in rapporto ai temi
della filosofia politica, in un mio libro del 2013, segnatamente in un
capitolo della Parte I (1839-1861, «Verso l’unità») intitolato
significativamente «La morte per la patria». Da qui attingerò
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Titolo significativo perché dà subito il segno di come il discorso che
abbiamo visto in Mazzini, ossia un’opera d’arte dall’alto intento
sociale, qui miri al bersaglio più alto, e più scomodo: il sacrificio della
propria vita, per dare un contributo all’ottenimento di quell’obiettivo,
sia esso l’unificazione della patria o la difesa della patria
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È in questa conseguenza estrema del ragionamento mazziniano che si
colloca l’opera di Verdi che andremo ad analizzare
Storia e Storiografia II, prof. Alberto
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Verdi fa sua, già per l’impianto, la proposta n. 4 di Mazzini: il tempo
storico, qui, non è più quello fantasticheggiante di masnadieri e
corsari (come nelle opere immediatamente precedenti, ci tornerò
nella lezione successiva), ma un decisivo momento di battaglia per la
libertà – e per estensione l’indipendenza – da un oppressore straniero
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La vicenda si riferisce infatti alla vittoria, presso Legnano, della lega
dei Comuni italiani contro Federico Barbarossa e i suoi alleati (tra cui
gli «infami» comaschi); ma fu scritta a immediato ridosso di eventi
cruciali nelle Guerre d’indipendenza per l’unificazione italiana,
andando in scena in quella Roma che sarebbe diventata di lì a poco (e
per poco), Repubblica Romana (9 febbraio – 4 luglio 1849, con
triumviri Aurelio Saffi, Carlo Armellini, e Giuseppe Mazzini: suffragio
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Il procedimento adottato è quello comune a tutti gli artisti, delle varie
arti (anche figurative), che seguono il cosiddetto «canone
risorgimentale» (Alberto Banti): l’idea era di compenetrare in una
grande opera d’arte seria, da una parte una tragedia di personaggi
(cioè la dimensione individuale con vicende d’amore personalissime),
e dall’altra l’affresco di popolo (cioè la dimensione pubblica, con i
portati collettivi delle scelte individuali): in questo modo, presentando
una vicenda con cui chiunque potesse immedesimarsi, sarebbe stata
possibile l’immedesimazione anche con questioni altissime, e di minor
vicinanza con l’uomo qualunque, come quelle della patria
Una summa della «filosofia politica» verdiana
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Tale è la costruzione edificata in ogni aspetto de La battaglia di
Legnano, secondo il canone risorgimentale visto, ma acquista la
caratura di una summa per la compresenza di tutte le possibili
posizioni nella loro complessità:
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- da un lato, v’è la vicenda bellica di difesa della patria, talmente
importante da poter richiedere il prezzo della vita, ma è posto a
contrasto con le ragioni dell’amore (non ci si ama più, da morti – o sì?)
e con le ragioni di una madre (Lida teme ad esempio che i suoi figli,
nella battaglia, perdano il padre)
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- dall’altro lato, per l’appunto, v’è la vicenda d’amore tra Lida e
Rolando, suo marito, e Arrigo, l’uomo da lei precedentemente amato
e creduto morto (per questo ha sposato Rolando): Arrigo è tutt’altro
che morto, e torna a Milano in occasione della battaglia che si sta
preparando contro il Barbarossa. I due uomini, a complicare le cose,
I, Dati dell’opera
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La battaglia di Legnano, tragedia lirica in quattro parti su libretto di
Salvadore Cammarano, che utilizza e riadatta un dramma (con
triangolo amoroso) del francese Joseph Méry del 1828, La bataille de
Toulouse, su cui Cammarano e Verdi innestano l’elemento politico
italiano
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Prima rappresentazione: Roma, Teatro Argentina, 27 gennaio 1849,
con Verdi «maestro al cembalo» nelle prime tre recite (dopo Il
corsaro, insuccesso anche per via dell’aver delegato, Verdi torna ad
occuparsi in prima persona della messa in scena)
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Personaggi principali: Federico Barbarossa (basso), primo Console di
Milano (basso), secondo Console di Milano (basso), il podestà di
Como (basso), Rolando, duce milanese (baritono), Lida sua moglie
(soprano), Arrigo guerriero veronese (tenore)…, cori: Cavalieri della
Morte, magistrati e duci comaschi, popolo milanese, senatori di
II, Dati storici della vicenda
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Come era successo già con I Lombardi alla prima Crociata (dove però
l’azione si spostava poi in un’orientaleggiante Gerusalemme), Verdi
ambienta questa vicenda nella sua Milano
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Il riferimento è alla epocale battaglia di Legnano del 29 maggio 1176,
quando, nelle vicinanze di Legnano, a nord-ovest di Milano, avvenne
uno scontro decisivo tra gli uomini della Lega lombarda, che
reclamavano diritti, e le truppe di Federico I Barbarossa, l’imperatore
presente alla battaglia (uscito egli stesso disarcionato e malconcio).
Per conseguenza della vittoria, con la Pace di Costanza ai comuni
italiani verrà concessa l’autonomia, e il Barbarossa sposterà le sue
mire altrove (est Europa)
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Un riferimento come questo ha quindi significato storico-simbolico
formidabile in tempi in cui si andava preparando la guerra
d’indipendenza dell’Italia dai dominatori stranieri
III, Dati storici coevi alla composizione e
messa in scena
A seguire, reagisce il nord. Carlo Alberto di Savoia concede lo Statuto,
che prevede Camera dei Deputati eletta. Venezia è particolarmente
calda: il 17 marzo si raduna una manifestazione per imporre la
liberazione dei prigionieri politici, tra cui Daniele Manin, che diverrà
capo della lotta contro gli Austriaci e guida della Repubblica Veneta. A
Milano la miccia esplode il 18 marzo, dando vita alle famose 5
giornate: il popolo (popolani + borghesi) mette sotto assedio il palazzo
del governo (austriaco). Gli austriaci, sotto il comando di Radetzky, si
ritirano nel quadrilatero delimitato dalle fortezze di Mantova,
Peschiera, Verona, Legnago.
III, Dati storici coevi alla composizione e
messa in scena
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La pressione di quegli anni era ormai prossima ad esplodere, sull’onda
dei moti parigini. Primo sbotto in Sicilia, dove il 12 gennaio 1848 un
piccolo gruppo di giovani democratici (siamo nella fase «mazziniana»
dei moti) attacca le truppe borboniche e risulta vittorioso. Su questa
insperata vittoria il resto d’Italia prende coraggio. Seconda ribellione
ancora al sud, Napoli: Ferdinando II per fronteggiare la rivolta chiede
l’intervento degli Austriaci, ma papa Pio IX non li lascia passare
attraverso il suo territorio, e per questo Ferdinando dovrà concedere i
diritti sanciti dalla Costituzione del Regno delle Due Sicilie (29 gennaio
1848)
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III, Dati storici coevi alla composizione e
messa in scena
Tutto è maturo perché, il 23 marzo, il Regno di Sardegna dichiari
guerra all’Austria (che inizialmente si perda, conta poco). È nel
subbuglio di questi eventi che Verdi scrive l’opera, andata in scena
poco prima della costituzione della nuova Repubblica romana (che
capitolerà dopo un lungo assedio francese, in cui verrà ferito a morte
Goffredo Mameli, e con Mazzini che si rifiuterà di arrendersi durante
un mese di bombardamenti: alla fine tratta l’uscita dalla città di
Garibaldi con i suoi volontari, e ritorna prima in carcere, poi
nuovamente esule)
Esamineremo oggi il I atto. La versione è quella di Lamberto
Gardelli, con Carreras e Manuguerra, la Ricciarelli e
un’orchestra e un coro di «Austri»
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Sinfonia di apertura: non inizia con toni peroranti come altre opere
incentrate invece sui personaggi, ma in mf, su tema militaresco nel
suono degli ottoni, montando da lontano
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Le parole: «Viva Italia! Sacro un patto tutti stringe i figli suoi: esso alfin
di tanti ha fatto un sol popolo d’eroi!». A siglare il patto è la Lega
lombarda, entro cui si sono unite fazione prima divise, pronta
all’eroismo – «forte ed una colla spada e col pensier» – per
fronteggiare il «feroce Barbarossa»
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Qui, in un duetto magnifico dall’introduzione di sestine a clarinetto e
flauto fino all’arpa finale, troviamo un ordine, una gerarchia di
autorità e obbligazioni morali: verso Dio, in primis, e poi verso la
Patria, dal sangue del padre al sangue del figlio, di fronte a una
madre, che dovrebbe restare «insegnatrice di virtude a lui»… e che
invece è voce critica rispetto a questo patriottismo. Lida comprende
bene l’importanza del patriottismo, ma nutre delle preoccupazioni
concrete («Che il dì novello un orfano potrebbe in lui trovar…» in
‘scrigno’ sul testo del baritono)