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LA RAGIONE DEGLI EDIFICI di Antonio Monestiroli

Una prima parte fra complessità e semplificazione ricercando la ragione di tutte le cose, degli edifici.
Una seconda parte con il lavoro di Albini, Gardella, Rogers, Asnago e Vender, Grassi, Rossi, Libera ( l’unico
romano), la Scuola di Milano.
Una terza parte con nozione di realtà come spettacolo da conoscere, da mettere in scena con le forme
dell’architettura.

Relazione tra complessità del reale e ricerca delle sue qualità essenziali. Le Corbusier, “ordine fatale” che le
cose assumono quando si legano alla nostra vita. Si capisce il motivo per cui una cosa è costruita. Loos e Le
Corbusier, termini della costruzione delle forme a partire dal loro fine ultimo, al di là di riferimenti a modelli
formali. Van der Rohe, “l’ordine è la disposizione delle cose secondo la loro natura”. Si predilige un
procedimento di tipo razionale.
Non una ragione funzionalista, ma impegnata a svelare i significati propri della nostra esistenza e che si
rendono riconoscibili attraverso le forme. Emozione come fine della costruzione, come ragione ultima
dell’architettura.
Per Venturi il funzionalismo porta all’impoverimento della realtà, alla negazione di ogni sua complessità.
Distinzione fra razionalismo convenzionale e razionalismo esaltato, fra la ragione che costruisce manufatti
che rispondono alla sola funzione e la ragione che conosce e rappresenta il “nucleo emozionale” dell’opera.
Gli architetti del Movimento Moderno non intendono la semplificazione come perdita di complessità, ma
come un modo per conoscerla, come conoscenza delle qualità essenziali della natura. L’architettura è stata
ridotta a pura immagine, riprodotta simultaneamente in tutto il mondo, la realtà viene letta attraverso le
immagini che produce. Il progetto è un modo di riprodurre la realtà così come si da nella sua apparenza
immediata, il motivo del progetto diventa la riproduzione di ciò che già c’è. L’architettura privata di ogni
idealità perde il suo primo motivo di costruzione. L’architettura si costruisce guardando alla natura, alla
tecnica, alla storia come tre mondi di riferimento uniti e necessari: prende spunto dalla natura, prende
corpo con la costruzione e si confronta con la storia. La realtà deve essere sottoposta a critica.
Parlando della realtà urbana L’architettura della città di Aldo Rossi intende la forma urbana come risultato
di un processo storico, come deposito dei valori civili di una collettività. Il territorio dell’architettura di
Vittorio Gregotti affronta il rapporto architettura-territorio, nozione di paesaggio come figura.
In Learning from Las Vegas di Robert Venturi la citta è ridotta alla sua sola apparenza.
Architettura come conoscenza della realtà, posizione dell’architettura razionale; seconda posizione crede
nella necessità di aderire alla realtà nel suo continuo divenire, nella sua mutevole complessità, particolarità
fenomenica. La prima posizione esercita una critica alla realtà stessa per estrarre gli aspetti essenziali.
Conflitto tra fenomeno ed essenza, fra particolare e generale. Da una parte astrazione come distacco dal
reale, dall’altra adesione acritica alla realtà.
L’architettura è conoscenza della ragione degli edifici, quella ragione che la lega alla nostra vita reale, che
va rappresentata in forme chiare e intellegibili.
FRANCO ALBINI
A Milano è sempre stato vivo uno spirito razionalista che ha consentito di credere che la ragione sia il
tramite della felicità e il mezzo per dare senso ai nostri sentimenti. Il punto di partenza è la conoscenza del
tema, della destinazione di ciò che si progetta, del suo significato, del suo valore; questo innesca il processo
conoscitivo che conduce alla forma. Il tema è il tramite fra l’architettura e la realtà, è posto dalla realtà
esterna. Riflettere su un tema per conoscerlo significa conoscere un aspetto della realtà.
Gli architetti razionalisti non credono ad una lezione tipologica, non credono che il tipo vada assunto così
come si dà, è una selezione nel tempo dei caratteri essenziali e quelli secondari degli edifici. Albini è
importante per il tema della costruzione in particolare degli spazi interni. Nel suo soggiorno c’era una
costruzione in legno e vetro per contenere i libri. Era una straordinaria costruzione costituita da tiranti
d’acciaio che facevano sembrare i libri sospesi: attenzione prima ai libri sospesi e poi al modo di
sospenderli. È messo in luce il motivo per cui viene realizzata. La costruzione si impegna a far si che siano i
libri l’oggetto dell’attenzione e la struttura vada in secondo piano.
Il fine dell’architettura non è l’architettura stessa ma la conoscenza e la rappresentazione del motivo per
cui viene costruita. Ogni costruzione era fatta in un certo modo per un certo motivo che apparteneva al
tema di progetto, al modo in cui si voleva raccontare il significato di quel tema. Nobile scopo dell’arte che è
la conoscenza della cosa in sè, della cosa che si costruisce. Il carattere di un edificio è il risultato della
conoscenza del tema.

IGNAZIO GARDELLA
Per lui e per gli altri architetti razionalisti il progetto doveva essere descrivibile a partire dal concetto su cui
si fondava; Kant diceva che l’arte è l’esibizione del concetto. C’è un rapporto bellezza-verità, e la verità non
si raggiunge solo razionalmente. Se cerchiamo la verità delle cose dobbiamo andare al di là della loro
funzione. Il carattere degli edifici ne rivela la natura, noi dobbiamo conoscere la natura delle cose e
rappresentarla. Gardella non si ripete mai, sempre alla ricerca delle forme della natura delle cose,
“eleganza viene da eligere, cioè scegliere, la soluzione più adatta allo scopo”. Era un architetto razionalista
che non appagava mai il suo desiderio di conoscenza, per lui uno stile personale impedisce di raggiungere
lo stile, ci si lega alle ragioni di quel progetto, via via prevale la natura che impone le forme giuste.
Consapevolezza dei limiti in cui muoversi insieme alla volontà di esplorare, entro quei limiti, tutte le
possibilità. Gardella trovava soluzioni nuove senza cercare il nuovo, cercando la verità delle cose, cercando
di decifrarne la natura.
Casa Borsalino ad Alessandria, Gardella parte dal rifiuto del blocco razionalista, troppo schematico e
intraprende la ricerca di una forma più espressiva, con la volontà di capire cosa è una casa d’appartamenti.
Argomento dopo argomento, scelta dopo scelta si affronta la questione del tema di progetto. Quattro
appartamenti per piano si distinguono con una semplice piegatura. Il fronte nord è diviso in tre parti dalle
fessure di due corpi scale. A sud profonda fenditura centrale dove affacciano le logge dei soggiorni. Il punto
di partenza è il rapporto con il luogo, scelto al limite della periferia, nord verso la città e sud verso la
campagna, e tutti i locali sono rivolti verso il sole, la campagna, ma i soggiorni hanno anche un doppio
affaccio che ha condizionato la pianta e anche la forma dell’edificio. Andamento verticale interrotto da un
tetto piano che sporge rimarcando il movimento delle facciate. Gardella non assume alcuna forma
convenzionale se non per piegarla al suo concetto di casa. Le finestre verticali nascono dal rapporto con il
luogo, sono a tutt’altezza per garantire la bella vista su tutto anche stando seduti. Tutto va al posto che gli
conviene, tutto spiega cosa deve essere la casa. Gardella vuole che si riconosca il rapporto tra le forme e la
vita.

ADALBERTO LIBERA
Il tempo dell’architettura è il presente, in grado di costruire il futuro, intento rifondativo che affida alla
ragione la costruzione di un’architettura in cui riconoscere la cultura del proprio tempo. La prima qualità
dell’architettura antica era la sua magnificenza alla quale non si poteva rinunciare, ma non si poteva
rinunciare neanche alla forma. L’architettura andava rifondata mettendo in evidenza il suo fine ultimo che
non è solo quello di costruire il mondo intorno a noi in modo meccanico, ma di farlo in forme
rappresentative dei suoi significati. Bisogna rifiutare ogni storicismo e ogni tecnicismo per rappresentare la
ragione per cui una cosa è costruita. Il tema che ossessiona Libera è quello dell’aula, un luogo centrale
destinato alla riunione di un gran numero di persone intente a svolgere un’attività comune. In questo tema
bisogna portare l’idea di magnificenza. Palazzo dei ricevimenti e dei congressi, organismo a pianta centrale,
con volume più basso come basamento e contiene le attività necessarie all’aula cubica che emerge dal
basamento, con la funzione di generale luogo di incontro.

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