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Padre Paisio

Monaco del Monte Athos

IL BEATO GIORGIO
Chazi Ghiorghis
Monaco del Monte Athos
1809 – 1886

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INTRODUZIONE

I posteri hanno, sempre, il sacro dovere di raccontare per iscritto le divine gesta dei Santi Padri della
loro epoca ed il combattimento spirituale che condussero con filotimo1 per avvicinarsi a Dio.
Naturalmente, scrivere sui nostri santi è anche vantaggioso poiché, in tal modo, ci ricordiamo di
loro e ci entusiasmiamo nel volerli imitare. I santi, allora, si commuovono maggiormente e ci
vengono in aiuto per giungere anche noi là dove si trovano loro.
Se dobbiamo, dunque, parlare delle virtù delle anime giuste (i nostri Santi Padri), e scrivere su di
loro, a maggior ragione non dobbiamo dimenticare o far passare sotto silenzio quelle anime giuste,
ma anche molto ingiuriate, i Padri nostri, che, poveri uomini che siamo, abbiamo afflitto con
persecuzioni e deportazioni per le nostre debolezze umane, gelosie ed invidie!
Se gli ingiusti si pentono sinceramente, saranno salvati anche loro. Mentre coloro che hanno subito
l’ingiustizia non solamente sono salvati, ma sono anche ricompensati. Essi sono i figli più amati da
Dio! “Il Signore ama i giusti”2. La Sacra Scrittura loda continuamente le anime dei giusti ed afferma
che le loro preghiere sono esaudite. “ La supplica fervente del giusto è molto efficace”3.
Tra i Padri della nostra Chiesa che hanno subito ingiustizie si trova anche il beatissimo monaco 4
Giorgio, Chazi Ghiorghis, un nuovo santo della nostra epoca, del quale possiamo affermare che è,
per i nostri tempi, un gran santo!
Il Gheron5 si è fatto monaco! “Grande asceta e grande digiunatore” così di lui si sente dire. Ha
lasciato il suo nome a chi pratica il digiuno intenso. Infatti di questi si dice: “ Costui è un Chazi
Ghiorghis”.
Arrivato alla Santa Montagna, mi sono messo a percorrere il giardino della Panaghia
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(Π ε ρ ι β ο λ ι τ hς Π α ν α γ ι α ς ) , come fanno abitualmente i principianti, per
trovare quei fiori pieni di fragranza della Panaghia7, quei santi Gheron, ed estrarre da loro un poco
di polline spirituale. Li ho sentiti tutti parlare di Chazi Ghiorghis con grande rispetto e profonda
ammirazione.
Tutto ciò che ho inteso me lo ha fatto ammirare ancora di più e mi sono maggiormente interessato a
lui. Sono allora entrato in contatto con i suoi “discendenti” (cioè i discepoli dei suoi discepoli), così
come con i suoi compatrioti della Capadocia, come il Padre Stefano del santo Monastero di
Esfigmenu, il Gheron Basilio di Karakalu, Padre Serafim l’iconografo, ed altri provenienti dai
villaggi vicini alla sua terra natale.

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Annotavo nella mia memoria ciò che allora appresi, con il fine di ricavarne un profitto spirituale.
Ora però è necessario scriverle in un quaderno affinché altre anime ne possano approfittare anche
esse. Alcuni russi devoti mi hanno fornito moltissimo materiale, poiché avevano scritto non
solamente su Chazi Ghiorghis ma anche sul suo Gheron e perfino sul suo “nonno” spirituale, il
Gheron Auxenio. L’esicasta russo, il Padre Antonio di Karoulia, mi ha donato, anche lui, molti altri
numerosissimi elementi.
Tutto ciò che si potrà scrivere su di lui sarà certamente ben poco per questo grande monaco che fu
Chazi Ghiorghis! Che la sua benedizione scenda su di noi!

Monaco Paisio

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VITA DEL NOSTRO BEATO PADRE GIORGIO
CHAZI GHIORGHIS

Il nostro beato Padre Giorgio è nato a Kermira o Kermil di Cesarea di Cappadocia nel 1809. I
suoi genitori erano ricchi, non solamente in virtù, ma anche d’ogni ben di Dio, che distribuivano ai
poveri con tutto il loro cuore. Suo padre si chiamava Giordano ed apparteneva a Kermira. Sua
madre Maria, proveniva da Guelvéri (in greco Karvali, patria di San Gregorio di Nazianzio).
Dopo aver avuto due figli, Gabriele (Chazi Ghiorghis) ed Anastasio, vissero in condotta spirituale,
come fratello e sorella, nella castità. Sua madre Maria, era sin dalla sua infanzia di spirito ascetico
poiché aveva una sorella monaca, eremita, che continuò a visitare anche in seguito con i suoi figli.
In tal modo si svegliava nel cuore di bambino del piccolo Gabriele, che ascoltava da sua zia racconti
sugli asceti, il desiderio di diventare monaco! Cercava di imitare gli asceti con digiuni austeri e
preghiere.
Anche suo padre era pio. Si occupava di commercio, era molto spesso in viaggio e questa era
l’occasione per Maria di vivere con semplicità, senza “inquietarsi ed agitarsi per le molte cose” (Lc
10,41). Prendeva allora Gabriele con lei, poiché era di molto più religioso del fratello, ed andava a
vegliare con altre donne nelle grotte o in cappelle. Si potrebbe dire che anche il latte che questa
madre beata diede a suo figlio fosse ascetico!
Quando Gabriele fu un po’ più grande, iniziò ad andare a scuola. Sebbene fosse molto intelligente,
non riusciva ad imparare a leggere, e ciò, sembra, per disegno divino, affinché questo bambino
santificato apprendesse a leggere in maniera divina! Per quattro anni il piccolo Gabriele penava a
scuola senza però riuscire ugualmente a pronunciare una sola lettera. Poiché i suoi genitori e la
maestra di scuola lo rimproveravano, trovò un pretesto e fuggì nascondendosi nelle grotte. A
Kermina, in una grotta, c’erano le impronte del Megalomartire san Giorgio ed era là che si rifugiava
spesso il piccolo Gabriele. Digiunava spesso e pregava facendo numerose metanie, e quando si
sentiva senza forze mangiava le erbe che crescevano sulla montagna. Una volta che si assentò da
casa per un mese intero fu perché era entrato in contatto con alcuni asceti che abitavano delle grotte
lì intorno ed era vissuto anche lui in ascesi vicino a loro. Quando i suoi genitori lo trovarono non lo
rimproverarono più perché non riusciva a leggere.
Un giorno sua madre gli disse con bontà:
- Gabriele, figlio mio, va in chiesa e prega la Madre di Dio di aiutarti ad imparare a
leggere.

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Nella chiesa della loro parrocchia c’era un’icona miracolosa della Madre di Dio. Dopo aver
digiunato tre giorni e fatto grandi metanie8 per ore, il piccolo Gabriele partì di notte per la chiesa,
per pregare senza essere visto dagli uomini.
Giunto al Nartece, si prostra dinanzi alle porte e venera dal di fuori, poiché la chiesa era chiusa, con
lacrime e devozione la Madre di Dio. Mentre supplicava la Madre di Dio dicendo: “Accordami,
Regina del Cielo, d’apprendere a leggere” le porte della chiesa si aprirono improvvisamente e la
Madre di Dio apparve, prese il piccolo per la mano e lo condusse dinanzi all’icona di Cristo e disse:
“ Figlio mio, accorda al piccolo Gabriele di apprendere a leggere” e come lui ebbe a raccontare più
tardi: “A queste parole mi ha benedetto con la Sua mano, mi ha abbracciato e mi ha detto: “Da
questo momento tu sai leggere”. Poi essa entrò nel Vima9 dalla porta nord. Vedendo che essa non
usciva più, anche Gabriele entrò nel Vima. Ugualmente la cercò in tutta la chiesa, ma non poté
trovarla!
Arrivò l’ora dell’Akolutia ed il sacrestano arrivò per suonare le campane. Quando vide le porte
aperte e Gabriele all’interno della chiesa, si turbò e con meraviglia gli domandò:
- Come mai tu ti trovi qua?
Gabriele gli raccontò con tutti i dettagli ciò che era accaduto. Per controllare, allora, la verità di ciò
che il ragazzo diceva, il sacrestano gli diede un libro da leggere. Gabriele si mette a leggere, e
leggeva benissimo e con chiarezza! Il sacrestano allora gli disse:
- Veramente questa donna era la Madre di Dio!

Dopo questo intervento divino, grazie al quale il bambino imparò miracolosamente a leggere, i suoi
genitori e vicini ebbero per lui un grande rispetto. Gabriele continuò ad andare nelle grotte e viveva
in ascesi. Riunì anche i suoi amici e costruirono un piccolo monastero, una chiesa e alcune celle, ed
avevano come Igumeno Gabriele.
Quando ebbe quattordici anni, Gabriele partì con la sua famiglia per Costantinopoli. Erano venuti a
sapere che il loro zio, che abitava lì, si era fatto Turco. Mentre attraversavano un area desertica,
Gabriele pensò che là avrebbe potuto trovare degli eremiti e avrebbe chiesto anche a loro di pregare
per suo zio. Abbandonò, quindi, i suoi compagni di viaggio e partì per la foresta alla ricerca
d’asceti, ma non ne trovò nessuno! Afflitto per aver perso i suoi compagni, si mise a supplicare san
Giorgio di venire in suo aiuto! Improvvisamente il santo gli apparve vestito da ufficiale, con il volto
luminoso, e gli disse:
- È vero che ti sei perso?
- Si, mi sono perso, rispose il giovane.

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- Vieni con me, gli rispose san Giorgio. Lo fece salire sul suo cavallo e ben presto raggiunse i
compagni di Gabriele, che si meravigliarono e glorificarono Dio!

Arrivati a Costantinopoli, Gabriele ed i suoi genitori, profondamente afflitti, visitarono lo zio.


Questo zio occupava un posto elevato alla corte del sultano Mahmud II (1808 – 1839). Avendo
ordinato alcuni lavori pubblici nella sua patria10, divenne oggetto di gelosia da parte degli Armeni
che lo calunniarono dinanzi ai Turchi. Per fuggire alla morte che gli sarebbe spettata, egli si fece
malauguratamente Turco. Era naturale che il sultano gli accordasse in seguito i favori della sua
confidenza. Dopo aver consigliato allo zio di pentirsi, i genitori di Gabriele ripartirono per la loro
patria. Ma lui rimase a Costantinopoli presso suo zio e pregava molto. Si era consegnato a duri
combattimenti ascetici, affinché lo zio ritornasse alla fede cristiana, e non solamente suo zio ma
anche un sacerdote e qualche altro che, per paura, si erano fatti turchi. Le preghiere ardenti di
Gabriele accompagnate da digiuni e numerose prostrazioni, favorirono l’intervento divino. Costoro
tornarono dapprima cristiani segreti e più tardi partirono per Smirne. Suo zio divenuto sacrestano,
conduceva il combattimento cristiano con filotimo e profondo pentimento. Morì il giorno luminoso
della festa della Risurrezione. Il sacerdote e gli altri condussero anche loro una vita di
combattimento spirituale con filotimo e con cuore contrito. Morirono a Smirne nel pentimento e
cristiani!
Per quattro anni Gabriele rimase alla corte del sultano, il quale si rese conto della vita ascetica del
giovane Gabriele, e lo ammirava! Un giovane uomo che non si lasciava scuotere dalle glorie umane
ed i divertimenti mondani! Che trova riposo in un’oscura cantina e mangia una volta al giorno un
pugno d’orzo tostato! Che passa tutta la notte in preghiera e a fare metanie per ore! Il sultano si
meravigliava di tutto ciò e disse ai suoi cortigiani: “ Chi ha insegnato a questo ragazzo a digiunare e
pregare così?” La santa vita di Gabriele aveva trasformato anche il sultano, che si era fatto cristiano
segreto!
Gabriele, che in seguito sarà chiamato Chazi Ghiorghis, dirà più tardi: “il sultano Mahmud amava i
cristiani. Costoro prima non potevano né far riparare una chiesa diroccata né costruire una nuova!
Questo sultano, al contrario, promulgò quasi duemila decreti per edificare nuove chiese, ecc.
Offerse inoltre ai Cristiani due grandi icone, una di san Giovanni il Precursore, per il quale aveva
una grande devozione, ed una del profeta Zaccaria (padre del precursore), come anche un
poliéleos11 in argento. Costui manifestò, inoltre, una grande benevolenza verso il Patriarca di
Gerusalemme, che doveva trentaseimila libbre doro ai Giudei! Il sultano si fece portare tutti i
documenti concernenti questo debito, li distrusse ed ordinò severamente ai giudei di non esigere più
dal patriarcato il pagamento di questo debito. Cambiò numerose consuetudini turche e favorì

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moltissimo i cristiani. Comportandosi così era naturale che i turchi lo assassinassero dicendo in
seguito che era “deceduto”.
Durante il suo soggiorno di quattro anni a Costantinopoli e la conversione di suo zio e degli altri
che avevano apostatato Cristo, Gabriele, che aveva allora 18 anni, si preoccupava della sua
salvezza, e supplicava giorno e notte con lacrime la Madre di Dio di farlo uscire dalla corte del
sultano e di indicargli la via della salvezza. Assisteva tutti i giorni alla Divina Liturgia nelle chiese
del Patriarcato e se ne stava innanzi all’icona in mosaico della Madre di Dio che si trovava dietro la
cattedra del Patriarca, pregando con lacrime la Madre di Dio di guidarlo. Terminata la Divina
Liturgia Gabriele non usciva insieme con gli altri, ma continuava a supplicare la Madre di Dio, con
grande fede e semplicità infantile, di fargli sapere ciò che doveva fare. Improvvisamente, come lui
stesso raccontò in seguito, vide la Regina dei Cieli vestita di un bianco abbagliante, uscire
dall’icona, andare vicino a lui e chiedergli:
- Cosa desideri?
- Desidero fare qualcosa per salvarmi, rispose Gabriele. La Madre di Dio gli disse allora:
- Vai alla porta esterna del Fanar12 sul molo e la vedrai un monaco. Va con lui alla Santa
Montagna!
Dopo aver detto ciò la Madre di Dio rientrò nella sua icona.
Gabriele pieno di gioia, corse al molo e vide un rispettabile monaco, con una lunga barba. Era il
padre Gregorio, Igumeno del monastero di Grigoriu13 della Santa Montagna. Gabriele cadde ai suoi
piedi supplicandolo di condurlo con lui all’Athos. Ma l’Igumeno Athonita gli disse:
- I Santi Padri ed i decreti dei Patriarchi proibiscono di prendere al Monte Athos non solo dei
bambini come te, ma anche coloro che sono ancora imberbi. Così non insistere, al Monte
Athos non puoi venire per ora!
Avendo ascoltato il rifiuto del monaco, Gabriele cadde in una grande pena. Si sentì allora obbligato
a raccontargli come gli era apparsa la Santa Vergine e che era stata lei ad avergli ordinato di dire
all’Igumeno di prenderlo all’Athos. Sfortunatamente, il Gheron non volle assolutamente accettare di
condurlo all’Athos e non prestò alcuna attenzione a questa grazia della Madre di Dio, che può agire
contro le disposizioni umane, per quando eccellenti essi possano essere.
Tutto ciò avvenne alla presenza del capitano della nave che avendo visto come il giovane era
rimasto amareggiato disse a Gabriele:
- Figlio mio, imbarcati di nascosto e presentati al Gheron quando saremo arrivati all’Athos!
Gabriele partì da Costantinopoli nel 1828 e, qualche giorno più tardi, la nave approdò al monastero
di Grigoriu. Gabriele uscì dal battello e cadde ai piedi dell’Igumeno e disse: “La Madre di Dio mi
ha condotto alla Santa Montagna!” mentre le lacrime colavano dai suoi occhi. Ma l’Igumeno non

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voleva ancora condurlo al monastero ed evitava anche di guardarlo! Tuttavia i Padri del monastero
convinsero l’Igumeno che finì per accoglierlo!
Immediatamente l’Igumeno gli diede l’obbedienza d’aiuto cuciniere che Gabriele compiva con
sollecitudine conducendo il combattimento spirituale con filotimo.
Era ancora postulante quando arrivò la festa di San Nicola, festa patronale del monastero. I monaci
non avevano potuto pescare a causa del cattivo tempo, ed i padri erano afflitti perché non avevano
niente da offrire a coloro che sarebbero venuti alla festa. Gabriele non si affliggeva per niente,
poiché pensava che sarebbe stato molto semplice per san Nicola procurare loro del pesce! Si mise
dunque a pregare san Nicola e, la vigilia della festa, dei grandi e grossi pesci balzarono
miracolosamente dalla profondità del mare e saltarono sull’imbarcadero del monastero. I monaci li
prepararono e resero grazia a Dio. Dopo questi avvenimenti miracolosi Gabriele partì per
Kapsokalives, così da fuggire alla venerazione dei Padri. Rimase nel monastero di Grigoriu circa
due mesi. Aveva appreso che in una skiti di Kapsokalives c’era un padre spirituale ricolmo
d’esperienza, il Padre Neofito Caramanlis, suo compatriota, e grande “lottatore”(spirituale) poiché
aveva in abbondanza la grazia di Dio. Partì per Kapsokalives e trovò il Padre nella sua Kellion di
san Giorgio. Nel momento in cui vide il giovane Gabriele, il Padre Neofito lo accolse con gioia,
poiché vedeva la grazia di Dio come fosse dipinta sul suo viso. In quel periodo c’erano anche molti
soldati turchi al monte Athos a causa della rivoluzione del 1821- 1830, tanto che il Padre Neofito
lasciò Gabriele nella grotta di san Niphon, dove egli stesso si era dato all’ascesi, allo scopo di
proteggerlo dalla barbarie dei turchi. In questa grotta, Gabriele condusse un rude combattimento
spirituale con filotimo e rimase quattro anni senza vedere nessuno eccetto il suo Gheron che lo
visitava e lo comunicava ai Purissimi Doni14. Divenuto Gabriele maggiorenne, l’armata turca
accampata sul monte Athos era meno numerosa, e quindi poté tornare dal suo Gheron, il padre
Neofito, alla Kaliva15 di san Giorgio dove vivevano nove altri fratelli.
Sebbene ancora novizio, Gabriele, manifestava le caratteristiche di un monaco avanzato nella vita
spirituale. Era, si potrebbe dire, il radiotelegrafista di Dio. Una volta, mentre pregava, sentì la voce
del Gheron dire loro: “ Figli miei salvatemi”, Gabriele, si precipitò a dirlo al fratello più anziano,
ma purtroppo quello lo scherniva:
- Povero smarrito, vai a compiere la tua regola di preghiera in cella!
Appena Gabriele ricominciò a pregare sentì nuovamente e con più insistenza il Gheron dire con una
voce straziante: “figli miei salvatemi! Mi trovo vicino la Croce, che è a Zigos, dinanzi a Kerassia, e
sono in pericolo! Venite a salvarmi!” Gabriele ritorna dal monaco e gli dice:
- Il nostro Gheron è in pericolo e si trova in alto alla Croce!
Il monaco, questa volta, lo sgrida ancora di più:

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- Sei forse completamente uscito di senno? Tu senti la voce del Gheron sin dalla Croce? ( cioè
a due ore di cammino in tempo buono). Gabriele allora soffrendo molto lo supplicava:
- O Padre, recita un komboschini16 facendoti il segno della croce con attenzione, e vedrai!
Dal che il monaco iniziò facendo il segno della croce recitando la preghiera di Gesù, e intese la
voce straziante del loro Gheron.
I fratelli si strinsero subito dei bastoni sui piedi con le corde, per non affondare sulla neve, e si
misero in cammino. Ci volle circa mezza giornata per arrivare nel posto dove si trovava il loro
Gheron, perché c’era molta neve. Giacché la neve era qualche metro più bassa a Kavsokalivies e
molto più alta alla Croce !
Il Padre Neofito, rientrando da un viaggio e salendo dalla Skiti di sant’Anna verso Kerassia (si era
in inverno e c’era un pessimo tempo) era già sfinito quando arrivò vicino la Croce. A causa
dell’abbondanza della neve, sprofondò e non poté più andare oltre. Quando arrivarono i suoi
discepoli, lo trovarono seppellito sotto la neve, quasi morto! Poiché era gelato, lo presero e lo
portarono senza indugio a Kerassia, perché potesse rinvenire. Tuttavia, ciò che salvò l’Anziano,
secondo me, non furono i soccorsi umani che gli furono prodigati, il caldo e le bevande calde, ma la
preghiera ardente di Gabriele!
Quando il Padre Neofito fu guarito, ritornarono a Kapsokalivies, al Kellion di san Giorgio. Poco
tempo dopo, Gabriele fu tonsurato monaco nella loro Kaliva e ricevette il nome di Giorgio. Più
tardi, a causa del suo pellegrinaggio ai luoghi santi, prese il nome di “Chazi Ghiorghis”.
Poichè la comunità del padre Neofito a Kapsokalivies era divenuta numerosa, i fratelli salirono a
Kerassia per avere più hesychìa17. Rimasero quattro anni nel Kellion dei santi Apostoli, il tempo di
preparare il grande Kellion di san Demetrio e san Mema. Là c’erano abbastanza posti per tutta la
comunità. A Kerassia il Padre Neofito, in seguito ad una visione, stabilì la regola austera di un
digiuno perpetuo e della preghiera continua. In seguito, nel 1848, lasciò il Padre Giorgio (Chazi
Ghiorghis) alla guida della comunità, come Gheron. Questo si stabilì a Karies nel Kellion di san
Nicola (dipendente dal monastero di Simonos Petras18). Questo posto era più comodo per i
pellegrini e gli permetteva, in quando padre spirituale dotato di carismi, di aiutare molte più anime
sofferenti.
I fratelli della comunità (di Kerassia) avevano molta fiducia in Chazi Ghiorghis, poiché lui stesso
dapprima aveva vinto come discepolo ed ora poteva, dunque, comprendere gli altri discepoli. Egli
era solito sopprimere la volontà, secondo lo Spirito dei Padri, cioè sopprimere l’orgoglio infantile
dei discepoli e frenare perfino il loro entusiasmo. In altre parole, umiliava con discernimento e non
si muoveva mai senza discernimento. Poiché il Gheron emanava santità, i suoi discepoli si
sottomettevano a lui per amore e rispetto e non per timore. Era, del resto, verso se stesso molto

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rigoroso ed aumentava sempre più la sua ascesi. Il Gheron diceva: ”Quando ci si dedica ai digiuni,
alle agripnie19 e alla preghiera, le forze del corpo si estenuano, la carne geme e ci si compiace delle
difficoltà e delle pene della vita ascetica. Si deve essere allora molto attenti nel combattere contro i
pensieri – poiché in quei momenti ci si ricorda della vita passata nel mondo- per paura d’essere
ostacolato nei binari della salvezza e di perdere la propria anima”.
A seguito di numerosi anni di tali combattimenti ascetici era normale che fosse esausto, ma anche
che potesse sfuggirgli sempre più il controllo della materia. Quando soffriva di male alle gambe, a
causa di lunghi tempi trascorsi in piedi durante la preghiera, e soprattutto di male alle ginocchia per
le sue numerose metanie, e quando tutto il suo corpo utilizzato per l’ascesi lo faceva soffrire, il
Gheron, perseguiva il suo Tipikon austero e non prendeva mai medicine. Diceva ai suoi discepoli e
visitatori: “La migliore medicina è la comunione frequente ai Purissimi Misteri di Cristo. La
confessione frequente e la divina Comunione sono le condizioni fondamentali ed indispensabili per
ottenere sulla terra la gioia e nel Cielo la felicità”, e raccontava loro questa storia.
“Un eremita domandò al diavolo:
- Quali sono le cose che voi temete di più?”
Il Diavolo rispose:
- Le cose da noi temute e percepite come insopportabili sono: i Misteri del battesimo, per i
quali perdiamo tutti i poteri ed ogni diritto su voi, la Croce, che ci tormenta, ci mette in fuga
e ci annienta e, soprattutto, la Comunione. La Comunione, continuò il diavolo, è per noi più
temuta del fuoco della Geenna. Non solamente non possiamo accostarci a colui che si è
comunicato degnamente, ma abbiamo perfino paura di guardarlo in faccia. Ma, sebbene
tutto ciò sia mortale per noi, noi siamo riconoscenti agli uomini poiché, per le loro
disattenzioni e le loro abitudini peccaminose, essi allontanano da loro le energie dei Misteri.
Sono solamente loro che ci danno il potere di impadronirci del loro cuore!”.
Tramite questo racconto, Chazi Ghiorghis voleva far comprendere, in maniera viva, ai suoi
discepoli l’importanza dei santi Misteri per i Cristiani.
Al fine di sopportare con gioia i lavori e le sofferenze dell’ascesi che praticavano per la salvezza
delle loro anime, il Gheron richiamava alla loro attenzione questa storia che il suo Gheron, il Padre
Neofito gli aveva raccontato:
“ Un ammalato aveva perso la pazienza e gridava al Signore, Lo supplicava di liberarlo da quelle
terribili sofferenze. Un angelo gli apparve e gli disse:
- Il Dio d’ogni Bontà ha ascoltato la tua preghiera a condizione, però, che tu accetti di passare
tre ore all’Inferno, anzichè vivere un anno sulla terra nelle sofferenze, tramite le quali, come
l’oro al fuoco, ogni uomo si purifica dal peccato. La tua anima doveva essere purificata con

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la prova della malattia, da sopportare ancora per un anno. Tutto ciò ti sembrerà difficile ma
pensa ciò che significa l’Inferno, dove vanno tutti i peccatori! Se invece vuoi farne
l’esperienza per tre ore solamente, e per le preghiere della Santa Chiesa, tu sarai salvato!”
Il malato pensò: “Un anno di sofferenze sulla terra è molto lungo! È sicuramente meglio soffrire tre
ore che un anno!”
- Sono d’accordo per le tre ore all’inferno! Disse all’angelo. L’angelo allora prese
delicatamente la sua anima, la lasciò all’Inferno e disse:
- Ritornerò fra tre ore.
L’oscurità perpetua che regnava in quel luogo; l’oppressione, le grida dei dannati raggiungevano le
sue orecchie ed i loro volti inferociti causavano allo sciagurato un terrore ed una tristezza
spaventosa. Da ogni parte non vedeva e non sentiva altro che tormenti. Nell’abisso infinito
dell’Inferno non c’era un solo grido di gioia! Solamente gli occhi infuocati dei dannati, pronti allo
strazio, luccicavano nell’oscurità.
Lo sciagurato si mise a tremare e a gridare, ma solamente l’abisso rispondeva alle sue urla! Gli
sembrava che fossero passati dei secoli in questi tormenti e, ad ogni istante, aspettava che l’angelo
venisse a cercarlo, ma invano!
Finalmente disperato al pensiero di non poter vedere mai più il Paradiso, si mise a gemere e a
piangere, ma nessuno si curava di lui. I peccatori all’inferno non pensavano che a se stessi, ed i
demoni gioivano dei loro tormenti!
Ma ecco che la dolce luce dell’angelo apparve dall’abisso. Con un sorriso paradisiaco se ne stava
sopra il povero tormentato e gli chiese:
- Uomo come stai?
- Non credevo che le bugie potessero esistere anche per gli stessi angeli! Mormorò il
tormentato con la voce spenta.
- Cosa vorresti dire ? chiese l’angelo.
- Cosa vuol dire ciò? Soggiunse il poveretto. Mi avevi promesso di venirmi a cercare alla fine
di tre ore, ed ho l’impressione che siano passati degli anni, dei secoli sono trascorsi in questi
tormenti insopportabili!
- Quali anni, benedetto da Dio, quali secoli? Disse l’angelo, stupito, è appena passata un’ora
da quando sono andato via da te, e tu devi rimanere qua ancora due ore.
- Cosa? Due ore? Oh! Non potrei sopportarlo, non ne ho la forza! Se è possibile e se è la
volontà di Dio, ti supplico, portami via subito da qui! Meglio che io soffra sulla terra ancora
degli anni, fino al giorno del Giudizio stesso, ma farmi uscire dall’Inferno! Abbi pietà di
me! Gemette il tormentato, tendendo le sue mani verso l’Angelo.

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- Bene, rispose l’angelo. Il buon Dio e Padre misericordioso, ha avuto pietà di te!
A queste parole il malato aprì gli occhi e vide che si trovava come prima nel suo letto da
infermo”.
Con tali pensieri il Gheron si sforzava di mortificare i suoi sensi. Tramite la preoccupazione
della salvezza dell’anima sottometteva il corpo e mortificava le passioni.
A seguito di una tale ascesi sovrumana, della sua pazienza, della sua rassegnazione con la quale
grandemente affrontava i dolori più terribili, e dei suoi umili pensieri, - giustamente è stato
santificato dal seno di sua madre, si considerava un gran peccatore e pensava che la sua anima
dovesse essere purificata per i dolori delle malattie -, è naturale che la grazia di Dio gli fosse
accordata in abbondanza e che non si sia mai ammalato durante la sua vita.
Il padre Giorgio si affliggeva molto quando nei primi passi della vita monastica, all’inizio del
combattimento per la salvezza dell’anima, alcuni perdevano il coraggio e vacillavano. Non
sopportando più la lotta soccombevano alla tentazione ed abbandonavano la loro professione di
vita monastica e la montagna santificata dell’Athos, senza alcuna coscienza della gravità delle
promesse fatte a Dio. Il Gheron diceva che noi dobbiamo accettare tutte le prove con pazienza
ed umiltà, al fine che la nostra anima sia purificata totalmente dai peccati commessi
coscientemente ed incoscientemente. Consolava molto coloro che erano tormentati dall’accidia
e li consigliava spiritualmente. A coloro che si rifiutavano di portare la croce della vita
monastica e volevano abbandonare la Santa Montagna, raccontava la seguente storia:
“Un monaco Aghiorita aveva il dono della chiaroveggenza, vedeva tutte le orde di demoni, una
più detestabile dell’altra. Una di queste, tuttavia, sembrava così tanto ripugnante che alla sola
vista si era presi da sconcerto. L’asceta li guardava e si chiedeva da dove potesse provenire una
così ripugnante bruttezza!
- Perché ci guardi in modo tanto strano? Gli chiede un demonio con ironia satanica. Tutto ciò
che vedi sono i demoni che tentano i monaci cercando di impedire loro che lavorino per la
propria salvezza. Li fanno cadere nell’accidia affinché si ricordino della loro famiglia e della
loro patria, gli suggeriscono di abbandonare la Santa Montagna e di ritornare nel mondo. A
coloro che lasciano la Santa Montagna ed abbandonano l’Abito, mi occupo io stesso di
portarli sulle mie spalle fino al battello, e sono loro che mi hanno consumato il collo ed il
dorso, e dopo averli trasportati fino al battello li accompagno nel mondo. Il Gheron fece il
segno della croce e tutto svanì”.
Chazi Ghiorghis consigliava ciascuno in maniera appropriata, con discernimento. Consolava le
anime e le aiutava con le preghiere che gli scaturivano dal cuore. Per la sua vita condotta in
santità, il suo viso risplendeva e spandeva la Grazia divina sulle anime sofferenti. La fama del

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Gheron si era sparsa un po’ dappertutto e da ogni parte la gente ricorreva a lui allo scopo di
ottenere un profitto spirituale per le loro anime. Dall’alba fino a sera raccoglieva il dolore di
coloro che soffrivano e riscaldava il loro cuore con il suo amore spirituale, simile al sole della
primavera.
“Un buon inizio è già una buona fine”. Partì dalla sua patria quando ancora era bambino.
Abbandonò i suoi genitori per amore di Cristo. Aveva “fatto uscire” il suo amore dal cerchio
della sua famiglia e lo aveva sparso per il mondo. Aveva acquisito, inoltre, l’amore divino, tanto
che considerava ogni uomo suo fratello. Era divenuto figlio della gran famiglia d’Adamo, di
Dio!
Non aveva progetti personali, così che Dio lo ha posto nel suo divino progetto: lo ha fatto Padre
Spirituale! Avendo compreso la gran dignità dell’Abito Angelico, non desiderava altra dignità.
Molti volevano diventare suoi discepoli, e specialmente ragazzini ancora minorenni che non
accettava in monastero. Chazi Ghiorghis aveva compassione di loro e li custodiva se avevano
compiuto i quindici anni. Li metteva sotto la sua protezione, così come fa un padre affettuoso,
ma anche come fa una tenera madre. Per far loro credere che anch’essi avevano una specie di
barba e ne gioissero, egli imbrattava le loro guance di fuliggine. Pur avendo un buon numero di
ragazzi nella sua comunità, non gli causavano alcun problema riguardo all’osservanza del
Tipikon austero di Chazi Ghiorghis, ma, al contrario, questi ragazzi superavano i più
sperimentati nell’ascesi! Essi erano trenta fratelli in tutto. Al Kellion di san Demetrio e di san
Minas avevano raggiunto il numero di cinquanta. Nella sua comunità aveva sempre da sei a
sette “piccoli”, provenienti dal monastero o da altre comunità, e che restavano presso il santo
Gheron fino a quando non cresceva loro la barba e non fossero loro spuntate le ali spirituali.
Intorno a Chazi Ghiorghis l’atmosfera spirituale era molto viva e la grazia di Dio si diffondeva
in abbondanza. Anche i Padri si riscaldavano spiritualmente! Ed era normale che non avessero
bisogno d’alimenti che dessero loro nutrimento! Il loro cibo abituale era composto di frutta
secca e miele. Non mangiavano mai cibi grassi nè olio. E a Pasqua, a posto delle uova, facevano
bollire patate e le tingevano di rosso! I discepoli di Chazi Ghiorghis celebravano i giorni di festa
spiritualmente e non con squisite pietanze! La grazia di Dio dava loro le forze ed erano sempre
in buona salute.
Se qualche fratello prendeva freddo il Gheron scaldava un poco il forno; quando la temperatura
si abbassava la testava con la sua mano, ed il fratello che aveva preso freddo entrava nel forno e
guariva! Se un fratello soffriva d’altre cose, il Gheron gli metteva dinanzi un proschinitario20, il
fratello pregava tutta la notte, supplicando la Madre di Dio, ed alla fine della Divina Liturgia il
fratello ammalato riceveva la Santa Comunione al posto delle medicine e guariva! Ma se si

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trattava di un vecchietto vicino alla sua fine sofferente, Cristo lo prendeva con sé affinché
riposasse per l’eternità. Il santo Gheron e i fratelli della sua comunità avevano una grande
fiducia in Dio poiché erano divenuti come angeli. D’altronde la maggioranza di loro erano
divenuti piccoli angeli già prima, e tanti lo diventarono di più in seguito, considerata l’ascesi
oltre natura che essi praticavano! Si mantenevano, per così dire, liberi dalla materia e
“volavano” nelle altezze. Il loro spirito si trovava sempre con Dio.
Il Gheron aveva anche altri discepoli più anziani, circa cento, che non potevano adattarsi alla
sua regola austera, i quali abitavano in kellion attorno. Lui stesso provvedeva al necessario,
affinché, liberi da ogni preoccupazione, pregassero per la loro salvezza e quella del mondo
intero. La maggior parte proveniva dalla Russia. Gli ultimi anni, tre o quattro monaci, abituati
alle mollezze, avevano per orgoglio abbracciato la vita comunitaria presso Chazi Ghiorghis,
perché fossero considerati anche loro come suoi autentici discepoli. A poco a poco,
influenzarono qualche altro monaco della comunità, come anche un monaco intellettuale,
d’origine moldava, chiamato Theofane. Costoro si andarono a lamentare presso il monastero
della Grande Lavra21 affinché Chazi Ghiorghis modificasse il suo Tipikon austero, poiché non vi
si potevano adattare! Il santo Gheron obbedì subito all’ingiunzione del monastero e a partire da
quel momento si mangiò con olio il sabato e la domenica, e si mettevano a bollire dei legumi.
Poiché, alcune volte, un grande cinghiale era entrato nel loro giardino e aveva distrutto i legumi,
i fratelli erano andati a riferirlo al Gheron. Questi disse loro di vigilare e di andarlo ad avvertire
quando il cinghiale sarebbe arrivato. Una sera, dunque, nel momento in cui l’animale stava
sciupando la coltura per entrare nell’orto, i fratelli andarono ad avvertire il Gheron. Quando vide
l’animale Chazi Ghiorghis fece il segno della croce su di lui, e quello rimase immobile. Il
Gheron lo acchiappò per le orecchie ed il cinghiale lo seguì come un agnello fino alla stalla,
dove lo trattenne per tre ore lasciandolo a digiuno, affinché facesse penitenza! Trascorse le tre
ore, aprì la stalla e lo liberò dicendo: “Bestia amata da Dio, l’Athos intero non ti è, dunque,
sufficiente per venire sempre qui a devastare questi pochi legumi, che così tanto alcune anime
aspettano per nutrirsi? Vattene subito in pace e non ritornare più, se no ti sottometterò ad
un’altra penitenza!”. E il cinghiale non ritornò più!
Visto lo stato di maturità spirituale del Gheron, questo avvenimento non aveva nulla di
straordinario, poiché aveva compiuto cose ancora più grandi sin dalla sua giovinezza, e quando
era ancora il novizio Gabriele!
Un fatto analogo era avvenuto a Kapsokalivia22 dove, anche là, un cinghiale era entrato nell’orto
e aveva causato dei danni. Il Padre Neofito aveva mandato Gabriele ad acchiapparlo, che lo legò
con la sua cinghia e glielo portò. Ed avvenne così! Il Gheron gli ordinò allora di dargli da

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mangiare delle radici e delle erbe, di preparare una rastrelliera sulla tavola, e disse al cinghiale:
“ Quando hai fame, vieni qua, così che i fratelli ti possano nutrire, e non devastare più l’orto dei
Padri del luogo!” Da allora il cinghiale fu loro convittore e quando aveva fame andava al
Kellion dei fratelli per avere il suo pasto! Un’altra volta il Gheron era andato con il suo
discepolo Abraham da Kérassia fino in alto sulla montagna dell’Athos per cercare legna.
Quando ne ebbero tagliata molta, il Gheron tese una corda, mise la legna ammucchiata e disse al
Padre Abraham di caricarla sul suo dorso. Costui fu sorpreso, poiché ce n’era molta – quattro
animali non avrebbero potuto trasportarla! Ma credendo alla santità del suo Gheron, iniziò a
caricare la legna sulle sue spalle. Chazi Ghiorghis fece il segno della Croce sul fardello e aiutò il
Padre Abraham ad alzarsi. Padre Abraham raccontò più tardi: “Si sarebbe detto che avessi un
leggero piumone sulle spalle!”
Il Gheron aveva anche il dono della chiaroveggenza, cioè della “visione” spirituale. Spesso
smetteva bruscamente il suo lavoro e, uscito sul viottolo, avvicinava gente che era caduta nella
disperazione e andava loro incontro a salutarli. Gli uomini vedevano il viso di Chazi Ghiorghis
raggiante di luce divina come un sole! Essi gli aprivano facilmente il cuore sofferente e
guarivano. Tutti parlavano del Gheron con ammirazione e bontà. Era riconosciuto dagli
Aghioriti greci e slavi per la santità che emanava sull’Athos.
I suoi consigli erano illuminati da Dio e la sua ospitalità era come quella di Abramo! Offriva
così un doppio cibo ai suoi visitatori!
Nella sua comunità, egli aveva due Padri spirituali, il Padre Isacco ed il Padre Antonio, per
confessare i pellegrini. Il lavoro manuale della comunità era l’iconografia. Uno dei migliori
iconografi era il molto pio padre Menas. Essi compivano in ugual modo tutti i lavori manuali,
senza smettere di dedicarsi mentalmente alla preghiera. I fratelli che lo Gheron vedeva amare,
più degli altri, le metanie e la preghiera, li scioglieva della loro obbedienza di lavoro e diceva
loro di pregare senza interruzioni e di fare delle metanie per la salvezza del mondo intero. Il
Gheron si preoccupava della salvezza di tutti.
Si sforzava ugualmente di far battezzare dei Turchi, che egli battezzava con la grazia di Dio. Fra
loro c’era un capo di sezione, l’Agha (governatore turco) della Santa Montagna, che fece
battezzare dopo aver molto pregato e digiunato, poiché l’Agha esitava. Il Gheron praticava
permanentemente una dura ascesi, era in buona salute e camminava così lievemente che si
potrebbe dire che volasse. I suoi occhi erano luminosi e sempre aperti. Il suo volto era
splendente e di un dolce colore sul rosso. Il suo collo e la sua testa si inchinavano come fa una
spiga matura. Era sottile e di taglia media, e il suo corpo si ridusse quasi alle ossa, ai nervi ed
alla pelle poiché, per la sua ascesi praticata con filotimo, aveva sacrificato la sua carne a Dio. Si

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rallegrava delle agripnie e se ne nutriva spiritualmente. Tutti si riposano su un letto, Chazi
Ghiorghis si riposava alzato nel suo stallio! Non vedeva quasi la sua cella poiché di notte era in
chiesa e di giorno c’erano gli uomini sofferenti che lui incontrava! I suoi discepoli non lo
affaticavano: infatti, sebbene giovani, avevano una maturità spirituale. Prima che questi gli
rivelassero i loro pensieri, ad un solo colpo d’occhio il Gheron, grazie ai suoi carismi di
chiaroveggenza, leggeva nel loro cuore i loro pensieri.
Una volta aveva previsto un incidente che doveva capitare alla famiglia dello Zar, e gli aveva
scritto che non avrebbe dovuto passare un tal giorno con la sua carrozza attraverso un certo
ponte. Dopo aver letto la lettera del Gheron, lo Zar sorrise e disse: “ Il Padre vuole una
consolazione, inviagli qualche rublo”. Ma sei mesi più tardi, passando il giorno predetto nel
posto indicato dal Gheron, la sua carrozza si capovolse. Lo Zar e la sua famiglia non subirono
malgrado ciò nessun male: tutti furono salvati miracolosamente! Lo Zar allora si ricordò delle
parole profetiche di Chazi Ghiorghis e capì che era stato salvato dalle sue preghiere.
Da allora lo zar nutrì per lui un grande rispetto e gli inviò alcune personalità del palazzo per
consultarlo. Fu ovvio che ciò provocò la gelosia di certi monaci russi. I Russi vanno da Chazi
Ghiorghis, che è greco, e non vanno a prendere consigli dai russi!
Numerosi altri russi, che erano stati guariti per le sue preghiere, inviarono anche loro delle
consolazioni al Gheron. Ma lui viveva con la sua comunità in maniera troppo ascetica, perciò
donò in abbondanza le consolazioni ad altri asceti o ai poveri. In tal modo si prese l’abitudine di
dire nei riguardi di colui che distribuisce dei doni con larghezza: “Quello dona come Chazi
Ghiorghis!”
Il Gheron non aveva che un solo abito: una veste ed un pantalone. Andava sempre a piedi nudi,
e solamente in chiesa portava delle grandi calze. Poiché il Suo servo praticava l’ascesi con
filotimo per l’amore di Cristo, il Buon Dio lo riscaldava del suo amore! Altrimenti non si spiega
umanamente! Vivere nelle alture, a Kérissa, luogo molto freddo del monte Athos, e trascorrere
l’inverno quasi nudo e con un cibo molto frugale! Tutti coloro che conoscevano il Gheron lo
veneravano come un santo, e lo fu effettivamente! Numerosi pellegrini pii, russi soprattutto,
prendevano foto di Chazi Ghiorghis e le portavano in Russia a malati che le abbracciavano con
fede ed erano guariti. Queste foto si trovavano sulle iconostasi dei russi fra le icone dei santi.
Coloro che soffrivano lo invocavano nelle loro preghiere ed il Gheron, come fanno i santi, li
soccorreva con la grazia di Dio sebbene egli fosse ancora a Kérassa e non in Cielo!
Tutti questi segni miracolosi, così come la venerazione degli uomini e quella stessa dello Zar nei
confronti della persona di Chazi Ghiorghis, avevano provocato molte gelosie e invidie presso
qualche Aghiorita russo, che lo calunniò anche presso i greci affermando che Chazi Ghiorghis

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amava i russi e lo Zar più della Grecia. Disgraziatamente, si trovò qualche greco diffidente che
vi credette. In quell’epoca vi erano risentimenti umani fra greci e russi per certa propaganda. Le
relazioni del santo Gheron con i russi erano tuttavia puramente spirituali. Inoltre una tensione
tra greci e russi del monastero di san Pantaleimon era sorta e la discordia era grande. Si erano
appellati al Gheron Chazi Ghiorghis perché li riconciliasse e, per due mesi, costui fece
andirivieni e viaggi tra la sua Kalivia ed il monastero. In seguito ebbe una visione della
Theotokos23 che distribuiva benedizioni in parti uguali sia ai greci sia ai russi. Capì, allora, che
greci e russi dovevano rimanere insieme al monastero di san Panteleimon ed amarsi!
Ciononostante, per coloro che provocarono scandali, e nei due gruppi ce ne erano, la pace e
l’amore non furono di alcun vantaggio. Non solamente non obbedirono in alcun modo ai
consigli del Gheron, la qual cosa era il desiderio della Madre di Dio, ma si misero d’accordo per
farlo espellere dal monastero per continuare le loro accuse. E fu così!
Il Gheron ritornò a Kerassià ma anche là russi e greci non cessavano di fargli la guerra. I russi
erano gelosi perché alcuni dei loro ufficiali andavano a prendere consigli da Chazi Ghiorghis
che era greco, lo calunniavano dinanzi ai greci e dicevano che il Gheron era filorusso! Certi
greci diffidenti (la situazione allora era tesa) credettero a ciò e dispersero la fraternità angelica
di Chazi Ghiorghis. Non lasciarono nel Kellion di san Demetrio che un solo ieromonaco,
Menas, e tre altri monaci greci, Gabriele, Vincenzo e Simeone.
I Padri si dispersero a gruppi di due e o a tre per la Santa Montagna. Alla Skiti di Kutlumusio 24,
vennero tre Padri della comunità di Chazi Ghiorghis: il Padre Abraham, Isaak e Ghiorghio.
Quest’ultimo andò nella sua patria, a Rahoba, nell’Epiro del nord, e condusse i suoi due fratelli
carnali, Pericle (il Padre Luca) e Gherasimo, che diverranno monaci nella loro Kaliva, a san
Gerasimo. Più tardi anche Gherasimo Stoyas, originario di Plikati di Konitsa, un villaggio
vicino al loro, si unì a loro. Quest’ultimo mi ha raccontato molte cose sulla vita del suo “Grande
Padre” Chazi Ghiorghis. Sopra Karies, là dove inizia la regione di Kapsala, nel Kellion di San
Giorgio Faneromeno abitavano altri sei discepoli di Chazi Ghiorghis, ed avevano come
Igumeno il più avanzato dei fratelli, il molto pio padre Euloghio. Altri due fratelli abitavano il
Kellion dedicato a san Teodoro, vicino al monastero di Kutlumussi. Il Gheron Chazi Ghiorghis
aveva anche la responsabilità dei “piccoli” fratelli. Andò al monastero di Grigoriu, suo primo
monastero, e vi fece costruire in alto nella foresta un Kellion dedicato a Santo Stefano. Là aveva
riunito tutti i piccoli fratelli della sua comunità. Era per loro contemporaneamente un buon
padre ed una tenera madre, e li proteggeva. Poiché vi erano molti operai non religiosi che
tagliavano legna nella foresta, il Gheron diceva ai “piccoli”, non solo di non parlare con i non
religiosi, ma anche di evitarli! Anche quando, nel compiere la loro obbedienza intorno a Kaliva,

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i piccoli fratelli vedevano dei non religiosi, si nascondevano fra i rami e recitavano la preghiera
di Gesù, fino a quando i laici si fossero allontanati.
Sfortunatamente alcuni ne approfittarono per calunniare ancora il santo Gheron presso il
monastero di Gregoriu e dissero: “Chazi Ghiorghis ed ancora molti altri monaci si sono nascosti
nella montagna e non sono iscritti al monastero. Così nasconde i suoi progetti!” Era prevedibile
che i monaci del monastero di Gregoriu finissero per inquietarsi e lo espulsero dalla loro
regione. Il Gheron allora fu obbligato a rifugiarsi dai suoi discepoli, e il Padre Eulogio al kellion
di san Giorgio Faneromeno. In seguito si stabilì nel Kellio di santo Stefano a Kapsala
(dipendenza del monastero russo di san Pantaleimon).
Ma purtroppo le persone, che erano gelose e lo invidiavano, non smisero nemmeno là di
suscitare scandali, fino al punto di persuadere la Santa Comunità della Santa Montagna di
stabilire l’esilio di Chazi Ghiorghis, cioè il decreto d’espulsione dalla Santa Montagna!
“Tramite il suo atto del 27 ottobre 1882, la Santa Comunità, durante il suo cinquantaduesimo
Concilio, senza tener conto dei Concili precedenti decide, in seguito alla domanda del
monastero russo, l’espulsione del greco Chazi Ghiorghis dal Kellion di Santo Stefano,
dipendenza del monastero di San Pantaleimon, poiché non si conforma alle regole ed alla
tradizione del nostro luogo”.
Il Padre Ghiorghios, uomo di Dio, arriva dunque al luogo del suo esilio, a Marmara di
Costantinopoli, ferito e separato dai suoi figli spirituali come anche dal Giardino della Panaghia,
dalla Santa Montagna! Chazi Ghiorghis volava in alto come l’agile aquila reale dell’Athos.
Sventuratamente alcuni uomini turbolenti, non della sua comunità, ma estranei, cercarono
continuamente di tagliargli le ali e di distruggere il suo nido fino al punto di averlo cacciato! Ma
“poco importa dove è gettato un blocco di pietra, un blocco di pietra sarà sempre utilizzato!”
A Marmaras, presso Costantinopoli Chazi Ghiorghis aveva trovato un monastero dedicato ai
santi Ermolao e Pantaleimon e la perseguì la sua vita ascetica.
La presenza di Chazi Ghiorghis a Costantinopoli a quell’epoca fu un balsamo divino per le
anime afflitte dei cristiani, che soffrivano molto a causa del crudele sultano Abd-ul-Hamit (1883
circa). Non solamente il santo Gheron dispensava la consolazione divina sulle anime afflitte,
ma, per la Grazia di Dio che dimorava in lui, guariva anche i corpi sofferenti: compiva dei
miracoli! Perfino la sua cintura era miracolosa! Dei malati la portavano ed erano guariti! Le
donne in gravidanza al momento di partorire chiedevano la cintura del santo Gheron e, quelle
che la portavano partorivano subito. Persino gli indemoniati erano liberati dai demoni!
Il suo discepolo, il Padre Simeone, gli aveva fatto visita a Marmaras, ed il Gheron gli diede
dell’argento per far riparare il kellion di San Demetrio e di san Menas. Questa era la regola di

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Chazi Ghiorghis: dare in benedizione le benedizioni che gli sono state date e restare lui stesso
sempre il più povero fra poveri! In tal modo si è arricchito ed è diventato principe cioé figlio di
Dio! Naturalmente l’ascesi praticata con filotimo, che egli seguì fino agli ultimi anni della sua
vita, trascorsi a letto, ci ha aiutati. Tutto il suo corpo lo faceva soffrire, soprattutto i suoi piedi,
tanto che non poteva più camminare. Ma sebbene le sue forze corporali lo avessero
abbandonato, anche dal suo letto non abbandonava la sua ascesi! Gli uomini sofferenti non lo
abbandonavano, poiché avevano bisogno di lui, e ricorrevano a lui per ricevere aiuti e consigli
spirituali. Perfino nel suo letto di sofferenza il santo Gheron si occupava della sofferenza degli
altri!
Poichè lo ieromonaco russo Partenio di Kerassia era stato salvato da morte certa da Chazi
Ghiorghis, esso era divenuto suo discepolo e lo rispettava moltissimo. Assisteva continuamente
il Gheron. L’attività generale di padre Partenio, tuttavia, contribuì molto a deteriorare la
situazione e favorì l’esilio di Padre Chazi Ghiorghis. Amava un poco la gloria e desiderava farsi
avanti. Questo ieromonaco utilizzava il nome di Chazi Ghiorghis in tutto ciò che faceva,
approfittando della santità del Gheron, e in tal modo creò dei problemi! Malgrado ciò lo amava
e restò con lui fino alla fine della sua vita.
Fino al suo ultimo respiro, il santo Gheron conservava uno spirito lucido e consigliava con
divina chiarezza. Oltre a coloro che si recavano da lui in cerca di un aiuto spirituale, altri vi si
recavano perché avevano bisogno di denaro pensando quest’ultimi che dovesse avere molto
denaro in banca! Dal suo letto Chazi Ghiorghis anche a loro mostrava il cielo con la sua mano e
diceva “Là in alto si trova la mia banca! Là non ho del denaro, ho soltanto ancora un debito!”
Voleva dire che doveva rimettere la sua anima nelle mani di Dio.
Chiese di essere comunicato ed entrò nel riposo del Signore il 17 dicembre 1886 (vecchio
calendario, corrispondente al 4 dicembre 1886 secondo il calendario gregoriano). Fu sepolto a
Balouklì nella Chiesa della Zoodochos Pighì della Theotokos, nella stessa tomba dove era stato
sepolto suo fratello Anastasio tre anni prima.
In quel giorno, il Padre Neofito (tonsurato monaco dal padre neofito Caramallis), fratello
spirituale di Chazi Ghiorghis che abitava la Kalivia della Dormizione della madre di Dio a
Katounakia, era anche lui malato. Mentre il Gheron era a letto e guardava verso l’alto, entrò
improvvisamente in estasi e perse conoscenza! Dopo un poco tornò in se e disse:
- Sono di ritorno da Costantinopoli, da Chazi Ghiorghis.
- E che cosa ci porti da laggiù? Gli chiese il suo discepolo, il Padre Ignazio.
- Vedi, sono venuto a recarvi dei Koliva25.
- Ma cosa stai dicendo? Continuò il Padre Ignazio.

19
- Mi ha detto: “ Fra tre giorni verrò a cercarti!”, rispose il Gheron, e smise di parlare.
- “Noi, diceva il Padre Ignazio, non avevamo dato importanza alle parole del Gheron”.
Ma nello stupore dei suoi discepoli, e mentre non soffriva d’alcun male, se non degli acciacchi
dovuti alla vecchiaia, il Padre Niceforo rese la sua anima a Dio tre giorni più tardi e cioè il 20
dicembre 1886. Chazi Ghiorghis era andato in cielo il 17 dicembre 1886, nel giorno e nell’istante
preciso che il padre Niceforo aveva avuto la sua visione.
Per ordine del Santissimo Patriarca Joakim III, Bessarione, vescovo di Dyrrachio, circondato da
tutto il clero, si celebrò l’ufficio funebre con solennità, ed una commovente orazione funebre fu
pronunciata. Il popolo in massa, fra gli altri studenti, ragazzi e ragazze che il Gheron aveva molto
aiutato durante la sua vita, accompagnarono il santo Gheron, Chazi Ghiorghis. Tutti erano
addolorati per aver perso colui che li proteggeva, perfino i Turchi, poiché a molti fra loro aveva
fatto del bene e li aveva guariti da diverse malattie, e anche loro dunque lo rispettavano.
Chiamavano Chazi Ghiorghis Bizìm Babà cioè “Nostro Padre”.
Chazi Ghiorghis amava tutti gli uomini di un amore vero. Egli era sempre sereno, non si
meravigliava di nulla e perdonava a tutti. Aveva un grande cuore, accoglieva tutti e tutto e li
sosteneva. Egli in qualche modo si era liberato della materia e conduceva una vita angelica. Era
divenuto come un angelo e se ne è volato in Cielo, poiché non aveva più né passioni dell’anima né
interessi materiali. Donava tutto! Ed ora eccolo cosi in alto!
Poiché il santo Gheron ebbe a soffrire ingiustamente da parte degli uomini, credo che Cristo lo
abbia giudicato degno della doppia corona, di santo monaco e di martire! E in questo caso, essendo
stato tormentato da cristiani, la sofferenza è più dolorosa, poiché gli uomini di Dio soffrono molto
di più per il comportamento rigido dei loro fratelli, comportamento che si adatta male ai cristiani!
Da queste poche pagine si può percepire la santità del monaco Giorgio, Chazi Ghiorghis! Il santo
Gheron si sforzava naturalmente di vivere nell’ombra, come sono soliti fare per abitudine i Santi
Padri della nostra Chiesa. Anche per il poco che conosco, ciò che ho scritto di lui non gli rende
pienamente giustizia.
Non ha importanza se la nostra Chiesa non lo ha ancora proclamato santo, per accordargli l’aureola.
L’importante è la vita luminosa del Gheron, il suo semplice esempio, silenzioso e benevolo. Era
ricolmo di virtù e di forze divine che egli offriva con tutto il suo essere al servizio del suo prossimo.
Ha compiuto dei miracoli, aveva delle visioni divine e possedeva i carismi di chiaroveggenza.
Aveva la grazia di Dio in abbondanza, e questa lo colmò. Durante l’esumazione delle sue Sante
Reliquie, esse emanavano un profumo indicibile.
Lo Ieromonaco Partenio donò qualche reliquia come evloghia26 ad alcuni russi devoti e conservò il
resto a Karies, nel suo Kellion, dipendenza di Chilandari27, dedicato all’annunciazione della Madre

20
di Dio. Oggi ignoriamo dove si trovino! Preghiamo perché si trovino le sue Sante Reliquie, affinché
riceviamo anche noi, una piccola evloghia, poiché non l’abbiamo incontrato durante la sua epoca,
per essere benedetti da lui.

Santo di Dio, Giorgio, abbi uno sguardo di compassione anche per me, il miserabile Paisio.

Axion estin, l’11 giugno 1983


Kellion di Kutlomusio, Panagouda,
Santa Montagna.

GLORIA A DIO

21
Il santo Gheron aveva anche alcuni figli spirituali nel mondo, che guidava e proteggeva
spiritualmente, come possiamo vedere nella lettera al metropolita di Chios.
Sebbene vivessero “nel mondo”, vivevano tuttavia “fuori del mondo”, seguendo il Tipikon austero
di Chazi Ghiorghis. Aiutavano i cristiani con il loro buon esempio, il loro zelo per il combattimento
spirituale, custodendo le sante tradizioni della nostra Chiesa.
In quel periodo, così sembra, gli uomini avevano iniziato a rilassarsi spiritualmente e Chazi
Ghiorghis lottava per preservare lo spirito ortodosso, pieno di zelo per il combattimento spirituale,
caratteristico della nostra Chiesa.
Noi dobbiamo essere ancora più vigili, poiché, oltre al grande rilassamento che si può ben
osservare, gli uomini di oggi sono, malauguratamente, riusciti a produrre delle leggi lassiste e le
impongono anche a coloro che praticano il combattimento spirituale. Se noi ci confronteremo con i
santi, vedremo le nostre passioni, ci umilieremo e condurremo il combattimento spirituale con
filotimo per essere così salvati.

22
LETTERA DI CHAZI GHIORGHIS
AL METROPOLITA DI CHIO

Al Reverendissimo e Santissimo Metropolita di Chio,


Monsignore Gregorio, cui mi prosterno.

Reverendissimo e Santo Monsignore, bacio umilmente la vostra mano.


Vi assicuro con forti suppliche che i Gheronta Ieroteo e Macario, che conducono vita esicasta in una
Kaliva della vostra Eparchia, hanno amato e scelto la parte buona. Piaccia a Dio che essi possano
perseverare in una tale vita! Poiché essi lo hanno giurato a se stessi e ciò è orgoglio! A partire da
oggi, giorno che fissarono con la vostra benedizione, che essi abbiano come regola di non fare la
dispensa d’olio28. In effetti chi digiuna umilmente, nel considerarsi peccatore, o ancora per ascesi o
per amore di Dio, non è legato dalle regole dei santi Padri. Ne abbiamo testimonianze provenienti
da diverse parti. Molti santi come san Giovanni Crisostomo hanno trascorso tutta la loro vita
nutrendosi solo di verdure, altri di legumi secchi. San Giacomo il fratello del Signore non ha mai
mangiato durante la sua vita dei grassi né si è nutrito d’animali. Numerosi eremiti hanno fatto lo
stesso, ed io anche, il più piccolo di tutti! Siamo circa trenta fratelli in un Kellion e tutti noi
conduciamo una vita simile (io da quaranta anni): noi non mangiamo mai grassi nemmeno per
Pasqua, né i giorni in cui la dispensa d’olio è permessa.
Altri asceti conducano la vita esicasta, certi in due, altri in tre, ed anch’essi trascorrano tutta la vita
nel digiuno. Se si digiuna in maniera cieca e dogmatica, si è legati dalle regole, ma per coloro che
“lottano” è stato scritto: per il giusto non ci sono regole, (1Tm 1,9) e Chi lotta si astiene in
permanenza (1Cor 9, 25). Che essi possano ora compiere il loro digiuno con la benedizione di
Vostra Santità, affinché la loro coscienza non li accusi di disobbedienza. Il monaco deve essere un
buon esempio per il popolo. Che la vostra luce brilli dinanzi agli uomini (Mt 5, 16). Tanto più che
oggi vi è indispensabile, in quando pastore, d’avere la preoccupazione di combattere coloro che
sono contro il digiuno, poiché i cristiani hanno fortemente deviato dal retto cammino. Sia con
minacce sia con consigli, insegnate loro a non disprezzare le leggi dei Santi Padri e dei Santi Sinodi
della nostra Chiesa. È infatti scritto che chiunque non osserva il digiuno dei mercoledì e venerdì
della grande Quaresima, e gli altri digiuni prescritti, deve essere scomunicato. Così non dobbiamo

23
anche noi, fin dove ci è possibile, aver timore di presentare agli uomini delle cose difficili per
impedirgli di trasgredire le leggi di Dio e di fare delle azioni insensate. Di tali trasgressori, voi
dovete mettervi alla caccia! Ma non disviate i fratelli che vogliono digiunare senza cattive
intenzioni. Gioite, al contrario, di coloro che vogliono praticare l’ascesi! Gioite d’avere tali uomini
nella vostra Eparchia, e che sono i vostri fratelli! Se ne hanno bisogno, aiutateli! Spero che la vostra
ricompensa sia grande, per esservi preso cura di tali uomini. Badate, Monsignore! La morte e il
giorno del giudizio ci aspettano e Dio giudicherà allora ciascuno secondo l’ordine cui appartiene29.
Mi perdoni Monsignore che sono il più piccolo di tutti, che non sono degno di aprire la bocca per
dirvi una sola parola. Che le vostre sante preghiere siano sempre con noi! Amen!

Monaco Chazi Ghiorghis


Santa Montagna dell’Athos, Kerassia
Lì 15 Aprile 1872

24
ANTENATI SPIRITUALI DI CHAZI GHIORGHIS

Sì, tutti abbiamo il santo dovere di commemorare i nostri antenati e d’essere loro riconoscenti,
poiché siamo loro grandemente debitori, quanto di più ne dobbiamo avere nei confronti dei nostri
santi antenati spirituali che ci aiutano per la certezza che hanno presso Cristo! Per ciò è cosa buona
parlare un poco del Padre spirituale di Chazi Ghiorghis, il Padre Neofito, e di suo “nonno”
spirituale, il Gheron Auxéntio.
Ancora bambino a Cesarea il Padre Neofito Caramallis sentì parlare della Santa Montagna e, nella
sua semplicità infantile, pensava che i monaci eremiti mangiassero solamente quando sentivano
suonare la campana in Cielo! Allora decise di imitarli! Aspettava anche lui di poter sentire la
campana, ed infatti l’ascoltava, e solamente allora si metteva a tavola! Continuò a seguire tale
regola per molto tempo, fino a quando arrivò alla Santa Montagna all’età di 18 anni e fu tonsurato
monaco dal Gheron Auxéntio, a Kapsokalivia, dove lui generalmente praticò l’ascesi per 88 anni!
Il reverendo padre Porfirio Ouspenskji, che allora era agora Archimandrita, aveva visitato il Padre
Neofito. Ecco ciò che scrive:

Il Padre Neofito è nato e fu allevato in Oriente. Da molto


tempo, pratica qui l’ascesi per la sua salvezza e quella degli
altri. È Padre Spirituale, e da lui si confessano i monaci di
cinque monasteri ed i Vescovi che dimorano al Monte Athos.
I monaci dei cenobi, dice, comunicano spesso ai Santi Misteri,
ma senza osservare un digiuno austero. Questo spirito non piace
al padre Neofito. Quest’ultimo è severo. Impressionato per aver
letto in San Giovanni Crisostomo che coloro che comunicano al
corpo ed al sangue di Cristo, sarebbero dovuti essere più puri di
un raggio di sole, chiesi al mio interlocutore di dirmi, per il mio
profitto spirituale, qualche parola su questo tema. Mi guardò
con il suo sguardo chiaroveggente e mi disse:
_ Abbi timore di Dio e sarai astinente in tutto.
_ Amìn, gli risposi. Poi gli chiesi di parlarmi della sua vita.
_ Ho dieci discepoli mi disse. Non vanno da nessuna parte. Di
giorno coltivano il giardino e la vigna e, la notte, ciascuno di
loro fa numerose metanie. Si accontentano di un cibo non cotto.
Si comunicano una volta la settimana dopo la confessione dei
pensieri e la preghiera d’assoluzione”.

Secondo l’opinione dei suoi contemporanei, il vecchio Padre spirituale Neofito era un uomo santo
agli occhi di Dio. Quaranta giorni prima di morire predisse il giorno della sua morte. Lesse allora il
Vangelo ed il salterio, si scavò da se stesso la tomba, comunicò ai Santi Misteri, donò la sua

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benedizione ai suoi discepoli, si segnò e rimise in pace la sua anima al Signore. Si addormentò nel
1860 all’età di 106, dei quali 88 passati all’Athos!

Riguardo al “nonno” spirituale di Chazi Ghiorghis, il Gheron Auxenzio, il Padre Germano Chaïr,
racconta i seguenti fatti:

Una volta, alla Skiti di Kapsokalivia, c’erano dei


Gheronta degni di rispetto, rassomigliavano ai celebri
padri dei tempi antichi. Noi e tutta la fraternità,
passavamo dinanzi a loro con gran rispetto e timore di
Dio. Come colonne incrollabili essi stavano in piedi
durante le agripnie, dalla sera al mattino, lo sguardo
fisso sulle lastre del pavimento della chiesa, che era
pieno di tali Gheronta. Tutti erano uomini di silenzio:
non erano in nessun modo in loro parole vane.
Parlavano poco, anche per le cose necessarie, e
solamente quando era il momento necessario.
Conducevano la vita spirituale con rigore. Per la sua
vita luminosa il vecchio monaco Auxentio risplendeva
in maniera del tutto speciale. Fra tutti questi Gheronta
praticanti l’ascesi, egli era come una stella. Abitava la
cella del Megalomartire san Giorgio. Aveva una brocca
per terra, nella quale faceva bollire delle erbe raccolte
nel deserto, e questa era il suo solo cibo! Alcune volte
mangiava anche del pane, ma niente d’altro! Il Gheron
Auxentio visse moltissimi anni alla Skiti, circa sessanta
anni. Dopo la sua morte restò come suo discepolo
Neofito Caramallis, che morì nel 1860 ultra
centenario”!

Dopo il Padre Neofito Caramallis, come suo discepolo vi fu Chazi Ghiorghis, che brillò a Kerassia
dell’Athos! Questo grande asceta e digiunatore si è fatto un nome. Ed il suo nome è dato come
appellativo a coloro che digiunano molto! “ Costui è un Chazi Ghiorghis” si dice. Che la sua santa
benedizione e le sue preghiere siano su di noi! Amen!

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LEGGI SPIRITUALI

Forse alcuni si domanderanno perché Dio permette che dei giusti subiscano delle prove, delle
calunnie, etc., come per esempio, l’uomo di Dio Chazi Ghiorghis, del quale l’anima era purificata
dall’infanzia. Così ho pensato bene di scrivere ciò che penso.
I disegni di Dio sono, certamente, un abisso. Ma, forse, si riscontrano, a mio avviso, i seguenti casi.
Se Dio non permettesse che i giusti venissero calunniati come i colpevoli, potrebbero essere
dissimulati, loro che, nel loro orgoglio, non possono sopportare il loro errore? La terra non può
contenerli e i demoni cercherebbero, inoltre, un’occasione per condurli alla disperazione, affinché si
facciano del male e vadano all’Inferno.
L’immenso amore di Dio, che non vuole che una sola anima debole si perda, permette che dei giusti
siano accusati e calunniati ingiustamente. Ma alla fine, la verità si manifesta! In tal modo, ciò aiuta
anche noi, ad avere sempre dei buoni pensieri dinanzi al male che noi udiamo dire riguardo al
nostro prossimo e a domandarci: “ si tratta forse di calunnie”? All’evidenza anche i colpevoli
provano un certo guadagno, prendono, a poco a poco, coscienza della loro colpevolezza e, se
posseggono una buona volontà, si sentono accusati dalla loro coscienza e si correggono. In breve,
Dio alleggerisce il fardello dei colpevoli nel permettere ai giusti, forti spiritualmente, d’essere
calunniati.
Coloro che subiscono l’ingiustizia sono sicuramente i figli prediletti di Dio. E, tuttavia, non
possiedono tali pensieri. Credono al contrario che, se la Grazia di Dio li dovesse abbandonare,
potrebbero essere essi stessi colpevoli, anzi trovarsi in prigione, quei tali fra i colpevoli divorati dal
vero rimprovero della loro coscienza. Quando soffrono l’ingiustizia, hanno nel cuore Cristo che ha
sofferto l’ingiustizia e si rallegrano in esilio ed in prigione come se fossero in Paradiso! Poiché là
dove c’è Cristo c’è il Paradiso!
Nel loro amore pieno di nobiltà i giusti non cercano la ricompensa celeste per le azioni buone che
fanno nei confronti del loro prossimo. Essi sono figli di Dio e lavorano nella loro casa, la Chiesa di
Cristo! Se l’uomo considera bene il profitto spirituale e la gioia interiore che riceve in questa vita
per la più piccola opera buona fatta al suo prossimo, lo supplicherebbe d’accettare e lui stesso gli
sarebbe riconoscente. Poiché il cambiamento si produrrebbe nell’anima e la gioia provata tramite il
cuore dell’uomo caritatevole, quando offre una fetta di pane ad un orfano, il più grande cardiologo
del mondo non potrebbe accordargliela; è più che ricevere per stipendio una sacca di dollari!

27
Ugualmente, la gioia provata per le anime dei cristiani che conducono un “buon combattimento”,
vegliando, pregando e digiunando non potrà essere immaginata da coloro che mangiano tutto ciò
che vogliono e quando lo vogliono, bevendo del vino e bevande rinfrescanti.
Come ho già detto, i figli di Dio non lavorano né per la ricompensa celeste né per la gioia spirituale
di questa vita. Poiché appartiene loro tutta l’eredità del loro Padre, essi non sono pagati dal loro
Padre! Poiché Dio, in quando Padre amorevole, darà loro in questa vita ed in quella eterna i Suoi
doni divini. Ciò è però un'altra cosa!
Coloro che lavorano per una ricompensa sono operai; e coloro che evitano il peccato per non essere
poi condannati, lo fanno anche per interesse. Da un lato ciò va bene, ma dall’altro, non c’è in queste
cose nobiltà spirituale. Tuttavia, dopo il così grande sacrificio di Cristo che ci ha liberati dal
peccato, non ci vorrebbero lo stesso se noi non andassimo per “nobiltà” all’Inferno, per paura di
affliggerlo!
I santi Padri della nostra Chiesa avevano quest’amore per Cristo, ma molti fra noi, purtroppo, hanno
un amore poco costoso: l’amore che va fin e non oltre un limite, fin dove si può senza essere
condannato! Un tale amore è inerente alla miscredenza. Si gioca delle cose di questo mondo fino al
limite dove non si può andare senza essere condannati in questa vita nè essere privati del Paradiso
nell’altra vita!
Se Cristo ci dicesse: “ Figli miei, il Paradiso è già pieno, non ho più posto per voi”, alcuni fra noi
gli direbbero con insolenza: “ perché non lo hai detto prima?”, altri si getterebbero non perdendo
più altro tempo e ruberebbero non so quale istante al divertimento, e non vorrebbero più sentir
parlare di Cristo.
I Figli di Dio al contrario, pieni di amore e di generosità, direbbero a Cristo con pietà: “Non ti
affliggere più per noi! Ci è sufficiente che il Paradiso sia completo. Ciò ci riempie di gioia, come se
ci fossimo anche noi”! E continuerebbero a condurre il loro combattimento spirituale con gioia e
filotimo, per Colui che hanno amato di un amore puro. Il Cristo che è Amore, farebbe la sua dimora
nei loro cuori puri, come fece la Sua dimora nel santo corpo della Vergine Tutta Pura.
I casi come quello di Chazi Ghiorghis, dove Dio permette che uomini giusti e forti spiritualmente,
prendano il fardello delle colpe di coloro che sono spiritualmente deboli ed aiutino così il loro
prossimo sono dunque, molto rari. Noi possiamo dire che ciò arriva “per concessione di Dio”, e non
quando cediamo noi stessi alla tentazione, poiché allora daremmo presa al Maligno. In queste
occasioni, le leggi spirituali funzionano: “Chiunque in effetti si eleva sarà abbassato” (Lc 18, 14-
15). Le leggi spirituali così funzionano secondo me: tanto più in alto si lancia un oggetto, con tanta
più forza, attirato dalla gravità terrestre, cadrà giù (legge naturale). Tanto più qualcuno si innalza,
molto più grande anche sarà la sua caduta spirituale, e cadrà in proporzione al suo orgoglio, ad

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eccezione di che costui oltrepassi la misura umana e arrivi a quella dei demoni! Allora la legge
spirituale non agirà più su di lui in questa vita, ed in lui si compirà ciò che dissero gli Apostoli: “ I
malvagi e gli impostori si inoltreranno sempre più nel male, perderanno gli altri e se stessi” (2 Tm
3,13).
Tuttavia, se l’uomo comprende subito come il suo orgoglio è elevato e domanda umilmente
perdono a Dio, le mani compassionevoli di Dio lo accoglieranno con gioia e lo faranno discendere
dolcemente senza che la sua caduta sia resa percepibile. Dopo aver manifestato contrizione del
cuore e pentimento, non cadrà più!
Non è peggiore di chi “ha servito con la spada” (Mt 26, 52). Se si pente con sincerità e dolore, il
Buon Dio non permetterà che sia “ punito di spada” (cf. Mt 26, 52), poiché il cuore dell’uomo che si
pente è già trapassato dal rimprovero della coscienza, e soffre. A posto di servirsi della “spada”, Dio
dona un balsamo al suo cuore dolorante: la Sua divina consolazione!
Se l’uomo che ha peccato domanda a Dio, con insistenza, con filotimo, d’essere punito in questa
vita per ciò che ha fatto, certamente il Buon Dio gli concede la grazia e lo libera dalle leggi
spirituali. Costui esaudisce la sua generosa richiesta e gli prepara in più una corona incorruttibile in
Cielo.
Ugualmente, colui che ha compiuto i comandamenti di Dio e gli chiede, come una grazia, d’essere
punito per le azioni del suo prossimo, o meglio di prendere su di lui la malattia del suo prossimo,
assomiglia moltissimo a Cristo, e Cristo è profondamente commosso del nobile amore di suo Figlio.
E oltre alla grazia che Dio gli accorda, di fare grazia agli uomini delle loro azioni, gli permette
anche, secondo la sua insistente domanda, di avere durante la sua vita delle prove. Gli prepara la
corona di diamanti di martire, poiché molti uomini lo hanno giudicato prima del vero giudizio,
“secondo le apparenze” (Gv 7, 24), stimandolo punito da Dio a causa dei suoi peccati, lui che, come
un imitatore di Cristo, è diventato un “ parafulmine” d’oro per gli uomini! Negli abissi dei giudizi
di Dio, troviamo quei casi, dunque, che si raccontano nei Profeti e nei Santi, così come in altre mille
situazioni. La cosa più importante è che Dio cambia quando gli uomini cambiano!
Le leggi spirituali, dunque sono diverse dalle leggi naturali, poiché sono compassionevoli e, nelle
sue proprietà, l’uomo entra in relazione con il Suo Creatore, Dio molto compassionevole.
Quando un figlio disperso si pente, si riprende, ed è richiamato dalla sua coscienza, suo padre lo
accarezza con amore e lo consola. Il Nostro Padre celeste educa i suoi figli con amore, affinché si
riprendano e ritornino a Lui. Egli non li educa con cattiveria o secondo la giustizia delle leggi del
mondo ma con bontà divina e per il loro bene, affinché compiano la loro salvezza ed ereditino il
regno Celeste.

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Che il buon Dio agisca senza tener conto delle nostre mormorazioni, affinché tutti siano salvati!
Amen

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POSTFAZIONE

Che il Buon Dio accordi il riposo alle anime dei pii Gheronta che hanno conservato nella loro
memoria purificata dai numerosi avvenimenti riguardanti la vita ascetica del santo monaco Chazi
Ghiorghis, e i cui occhi si riempiono di lacrime d’emozione ogni volta che si evoca il suo nome.
Che Dio accordi anche il riposo alle anime dei pii pellegrini, greci e russi, che hanno raccolto delle
notizie sui Santi Padri, questi “Atleti” di Cristo, che hanno condotto “il buon combattimento” con
“filotimo” nel Giardino della Panaghia, e che hanno fatto pubblicare i loro "lavori” spirituali in varie
riviste cristiane dell’epoca per il profitto dei fedeli.
Che Cristo ricompensi inoltre tutte le anime pie che, in un modo o in un altro, mi hanno aiutato in
questo lavoro. In particolare il Padre Antonio di Karulia ed altri, che mi hanno dato molti elementi
in russo, tradotti con molto interesse dal diacono Filoteo del monastero di Grigoriu e dal signor
Giovanni Tarnadinis, aiutato dai suoi assistenti, il signor Apostolos Karoulias, come anche le suore
del monastero di san Giovanni l’evangelista a Suruti, che hanno corretto in questo libro i miei errori
di ortografia. Chiedo perdono a tutti i pii lettori delle imperfezioni del mio libro. Pregate affinché,
per le preghiere del santo monaco Georgis, possa correggere i “miei errori d’ortografia spirituale”,
così che possa essere salvato! Amen.
Non avevo una effettiva intenzione di pubblicare questo piccolo Sinassario. Volevo semplicemente
mettere in ordine tutti gli elementi che avevo raccolto, per farne un quaderno per le generazioni
future. Scrivere è un poco un’insolenza da parte mia poiché sono un ignorante! Ma l’arrivo del
centenario della dormizione del santo Gheron mi spingeva continuamente. Mi sono sentito in
dovere di pubblicare questo testo nel 1986, anno del centenario della morte del santo monaco
Giorgio (Chazi Ghiorghis).
Che le sue sante preghiere siano su noi! Amen!

31
1
Il testo dice: τόν φιλότιμο αγώνα. La parola filotimo, che significa letteralmente munifico, è caratteristica del
Gheron Paissios, la troveremo continuamente nei suoi scritti, con un colore ed una sfumatura spirituale propria.
Per tale motivo si è preferito non tradurre con l’espressione italiana “il generoso combattimento”. Filotimo, per
padre Paissios è l’aggettivo che distingue il comportamento del Cristiano autentico, è lo stile di vita stesso del
cristiano. Alla fine di questo libro il Gheron stesso spiega questa parola così: Se Cristo ci dicesse: “ Figli miei, il
Paradiso è già pieno non ho più posto per voi”, alcuni fra noi gli direbbero con insolenza: “ perché non lo hai
detto prima?”, altri si precipiterebbero per non perdere più tempo, e ruberebbero non so quale istante per
divertirsi, e non vorrebbero più sentir parlare di Cristo .I Figli di Dio al contrario, pieni di amore e di generosità,
direbbero a Cristo con pietà: “Non ti affliggere più per noi! A noi è sufficiente che il Paradiso sia completo. Ciò ci
riempie di gioia, come se ci fossimo anche noi”! E continuerebbero a condurre il loro combattimento spirituale
con gioia e filotimo, per Colui che hanno amato di un amore puro. Il Cristo, che è Amore, fa la sua dimora nei
loro cuori puri, come fece la Sua dimora nel santo corpo della Vergine Tutta-pura.”, (cifr. Più avanti).
Filotimo è dunque questa generosità totale ed amante nei confronti di Cristo, che fa agire il cristiano solo per
amore senza nulla aspettarsi in cambio, è un donarsi totale e pieno alla persona di Gesù e quindi alla causa del
Regno dei Cieli. Per padre Paissios, una azione cristiana è veramente tale solo se vissuta con filotimo, ed
acquistare questa dimensione spirituale è grazia divina e parte stessa dell’ascesi di ogni battezzato.
2
Sal. 148, 8.
3
Gc. 5, 16.
4
Il termine Όσιος, Osios, nella Chiesa di tradizione ortodossa designa i santi monaci e monache.
5
In greco “anziano”. Nel monachesimo: l’igoumeno, la guida, il padre spirituale.

6
Giardino della Panaghia (Περιβόλι της Παναγίας): è uno dei nomi della Santa Montagna dell’Athos.
7
Panaghia: letteralmente Tutta Santa
8
Metania: prostrazione.
9
Vima: il santuario, cioè la parte della chiesa dedicata al sacerdote.
10
Suo paese natale che si trova in Asia minore, occupata dai turchi.
11
Lampadario grande per la chiesa.
12
Il quartiere greco a Costantinopoli.
13
Il monastero, è situato al lato sud ovest del promontorio ed è costruito sul mare tra i monasteri di Dionisiu e
Simonopetra. La sua fondazione risale all’osio Gregorio. Il katolikòn del monastero è dedicato a S. Nicola.
Occupa la diciassettesima fila nell'ordine gerarchico dei venti monasteri di Athos.
Il suo katolikòn fu costruito nel 1768 e al suo interno si trova l'icona taumaturgica di san Nicola e l'icona della
Madonna Pandanassa. La chiesa fu decorata nel 1779 dai monaci santi Gabriele e Gregorio da Kastoria.

14
Cioè al Corpo ed al Sangue di Cristo.
15
Caliva: letteralmente piccola e molto modesta casa, capanna.
16
Il Komboskini è una sorta di rosario di lana intrecciata ed è composto da tanti nodi, dove per ogni nodo
corrisponde una preghiera.
17
ησυχία: hesychìa letteralmente: calma, pace, tranquillità, assenza di preoccupazione, il raggiungimento della
pace interiore.
18
Il monastero di Simonopetra fu fondato nel 13 secolo. Fondatore è san Simon. Dedicato alla nascita del nostro
Signore. Il monastero di Simonos Petra o Simonopetra si leva in piedi ad un'altezza di 330 m. su una montagna
rocciosa. È stato fondato dall'osio Simon nel 1257.
19
Nei grani festività nei monasteri si celebra cominciando dalle ore 18 fino alle 3 del mattino; da lì anche la
parola che letteralmente significa veglia.
20
Inginocchiatoio.
21
E' il più antico, il più grande e forse il più bello dei monasteri dell’Athos ed è considerato come la madre del
monachesimo a Monte Athos. Fondato il 963 dal monaco Atanasios l'Athonita, durante il regno degli imperatori
Romanòs II e Nikephoros Focàs. Il monaco Atanasios è considerato il fondatore del monachesimo di Athos. Il
monastero assomiglia a una fortezza, lungo sui 250 m. e largo 80m e trova a una altezza di 160 m. sul livello del
mare. Il katolikòn è dedicato all’Annunciazione della Vergine Maria ed è affrescato dall'agiografo Theofanis il
cretese.

22
Skiti che dipende dal monastero della Grande Lavra.
23
Letteralmente, colei che ha partorito Dio. Questo termine, attribuito dalla tradizione alla Tuttasanta e
riconosciuto e confermato dal terzo Concilio Ecumenico ( Efeso 431d.C.), in latino Deìpara,.In italiano é reso
come Madre-di-Dio, che però non rende pienamente la ricchezza teologica del greco.
24
Il monastero è situato a 10 minuti a piedi da Karies. Il nome deriva dal suo probabile fondatore Kutlumusio
figlio di un principe turco e di madre cristiana. Il Kutlumusio dopo la morte della madre si arruola nell’esercito
bizantino, durante il regno dell’imperatore Andronikòs, diventando successivamente cristiano e in seguito
monaco. Il monastero però è citato già nel 1169, cioè 100 anni prima del imperatore Adronico, per qui forse un
altro della famiglia Kutlumusio lo avrà costruito.

25
Quando si ricorda un defunto viene distribuita e mangiata la “koliva” (a base di frumento).
26
Benedizione.
27
Il monastero è situato lontano dal mare, nel lato nord-est della penisola e fondato da Giorgio Chilandario e
rifondato verso la fine del 14°sec. da san Savas e san Simeone. Il suo nome è da attribuire alle sue forme che lo
fanno assomigliare a una nave da guerra bizantina chiamata chelandria o secondo un' altra versione da
Gregorio Chelandari , che ha costruito nel 980 una chiesetta dove oggi sorge il monastero. Dal 1896 è abitato da
monaci serbi dopo una visita del re serbo Alessandro Ovrevovits ed è considerato il centro spirituale principale
dei Serbi a Monte Athos.

28
Fare la dispensa di olio significa poter mangiare olio nei giorni permessi dalla Chiesa.
29
Ciò significa che i monaci saranno giudicati con i santi monaci, i vescovi con i santi vescovi ecc.

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