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L’INFERNO

Soggetto:
Andrea “Microbino” Nicoli
Luca “Microbone” Nicoli
Sceneggiatura:
Andrea “Microbino” Nicoli
Luca “Microbone” Nicoli
Raffaele “Rappo” Poli
Ringraziamenti:
Adriano “Pluto” Bompani
I Master
I Giocatori
Tutti quelli che hanno collaborato.

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IL VILLAGGIO DELL’OBLIO
“Siete ormai al villaggio da abbastanza tempo da averne apprese le caratteristiche principali.
L’atmosfera è cupa e opprimente, tutto è grigio, malandato e fatiscente. Una continua brezza sottile
spira da una direzione imprecisata per le strade. Quattro di esse, più grandi delle altre, si dipartono,
seguendo tortuosi percorsi, dalla piazza principale. Al centro di questo modesto spiazzo si trova un
imponente portale di pietra scura. L’intero Villaggio è costantemente e pesantemente sorvegliato dai
Guardiani, spettri senza volto, il cui lugubre lamento vi rammenta di continuo la vostra triste
condizione.
Dal portale entrano ed escono le anime dei defunti. I Partenti, come chiamano quaggiù chi lascia il
Villaggio, sono anime appiattite a ombre, larve del loro antico aspetto. I Sepolti, i nuovi arrivati, sono
invece ancora dotati di molte delle loro fattezze di vivi.
Tutti comunque trascinano dietro di loro una grossa e pesante statua di argilla, a eterna memoria della
vita passata e della sua fragilità. Questo fardello è opprimente quanto prezioso, unico appiglio per la
memoria e perenne rimpianto per l’esistenza perduta.
Tutto è silenzioso nel villaggio. Nessuna anima è in grado di toccare o afferrare o colpire alcunché,
frustrando così ogni tentativo di condurre una vita normale; le statue sembrano essere gli unici oggetti
maneggiabili, seppure con la difficoltà dovuta al loro peso e ingombro. Gli unici rumori che potete
udire sono i lamenti dei Guardiani e i sussurri delle altre anime. A nessuna risata, né grido o canzone
è consentito lasciare la gola di un defunto senza essere distorta e ridotta a bisbiglio.”
Il Villaggio è una specie di campo base per il viaggio nel Regno della Morte. Le anime che vi dimorano
perdono inesorabilmente i loro ricordi e le loro fattezze per diventare gradualmente ombre ed essere
condotte nell’inferno vero e proprio. Qualunque strada si percorra porta inevitabilmente alla Piazza o a
una delle quattro strade principali. E’ come se i PG camminassero sulla superficie interna di una sfera
(come del resto è…). Ingaggiare combattimento con i Guardiani è sconsigliato e quanto mai stupido. I
PG non hanno infatti nessun equipaggiamento eccetto la statua e il loro sudario. I Guardiani assorbono
un livello per ogni colpo andato a segno. Se un PG muore a causa di questi attacchi la sua memoria
viene definitivamente cancellata ed egli si trasforma in un’ombra senza ricordi né volontà (E’ da
considerarsi “morto” a tutti gli effetti…).
Guardiani (Wraith): ALL LE, AC 4, MOV 12, HD 5+3 (30pf), ThAC0 15, ATT risucchio, SIZ M.

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I PG sono liberi di esplorare il villaggio a loro piacimento senza poter però attraversare il portale,
custodito dai Guardiani. Peraltro essi sono incorporei a tutti gli effetti e possono quindi attraversare i
muri. Comunque le case sono quasi tutte fatiscenti e in stato di completo abbandono, eccetto pochi
edifici di nota. In nessun modo è possibile avvicinarsi ai confini del Villaggio, anzi, lo stesso concetto
di “confine del villaggio” non ha alcun senso per i PG (Cioè: non dovrebbero nemmeno essere in grado
di pensarlo, il villaggio è tutto, non può avere confini).
Qualunque anima che si aggira per il villaggio ignora semplicemente i PG senza rispondere alle loro
domande.

1. LA LOCANDA
La locanda è identificabile da un’insegna penzolante che raffigura un boccale. Una delle catene che lo
reggeva è rotta.
“Quella che in vita aveva rappresentato per molti uno svago è ora un luogo di completa frustrazione.
Uno spoglio e sporco bancone è messo per traverso lungo la stanza, visibilmente spostato dalla
posizione che gli compete. Alcuni tavoli sono sparsi per il locale. Diversi di questi sono rovesciati a
terra o mutilati dai tarli. Le sedie sono in condizioni leggermente migliori, ma non certo con
maggiore utilità. Alcuni avventori appena Sepolti cercano invano di sedersi e riposare le loro stanche
membra soltanto per cadere inesorabilmente attraverso il sedile. Altri “clienti” stanno in piedi presso
il bancone, più per abitudine che per un reale scopo. Nessun’anima sembra essersi assunta il compito
inutile di stare dietro il bancone.”
Se i PG trascorrono alcuni istanti all’interno del locale noteranno un’anima particolarmente affranta.
Solleva al cielo la sua statua e la getta a terra, china il capo e scoppia in un pianto sommesso. Poco
dopo gli si avvicina quello che sembra essere una specie di vecchio saltimbanco che scambia qualche
parola con lui. A meno che i PG non si avvicinino rapidamente non coglieranno che la fine della
conversazione che si conclude con l’accettazione da parte dell’affranto della sua condizione e il
saltimbanco che esclama “Ricorda: tutto ciò che ti resta è la memoria, ed essa è incarnata in quella
statua che tanto disprezzi”. L’affranto poi si trascina verso il luogo dove ha gettato la statua, la solleva e
se ne va ignorando qualunque PG che cerchi di fermarlo. La cosa importante di questo incontro è che i
PG si rendano conto che la statua è più che un semplice simulacro e che è l’unica cosa che li tiene
legati alla vita. Il saltimbanco, se i PG si sono interessati all’accaduto, si avvicinerà loro. Dice di
chiamarsi Sileus il Matto e si comporta evidentemente come un pazzo. Parla soprattutto per indovinelli

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e parecchie delle sue frasi non hanno senso. Se interpellato sulla via per uscire dal villaggio dirà di non
conoscere altro che il Portale, ma li indirizzerà verso il vecchio Retìsia con questa filastrocca:
Se desideri di uscire
tosto getta una moneta
dove sta l’anacoreta
che ti dice come ire
Quando i PG decideranno di andarsene Sileus li lascerà ripetendo incessantemente questo scioglilingua:
“Porta aperta per chi porta,
chi non porta parta pur,
non importa aprir la porta.
N.B.: Lo scioglilingua in realtà è una chiave per capire come si esce dal villaggio. I primi due versi si
riferiscono al fatto che per uscire è necessario avere con sé la statua. Il terzo è un indizio del fatto che la
via giusta non è il portale.

2. IL PORTALE
“Un arco di pietra scura sorge nel mezzo della piccola piazza. Eccettuato per la chiave di volta, che
raffigura un viso privo di lineamenti, è spoglio e levigato. Nei dintorni stanno vigili e all’erta una
doz-
zina di Guardiani. Alcuni di loro si assicurano che il passaggio dentro e fuori dal portale si svolga
senza incidenti, gli altri ruotano le loro teste nere sulla folla, scrutandola con occhi invisibili.
L’intera zona attorno al Portale sembra dire: “State alla larga!!”.”
Avvicinarsi al portale senza essere notati è impossibile. Chiunque si avvicini troppo verrà
inevitabilmente scorto da un Guardiano che gli sibilerà suoni inarticolati ma molto minacciosi. I
Guardiani cercheranno di impedire ai PG di avvicinarsi. Per il resto il luogo è privo di interesse.

3. IL POZZO
“Una stretta e tortuosa strada laterale conduce ad un cortile quasi interamente occupato da un vecchio
pozzo limaccioso. Il suo bordo è incrostato da sudice alghe umidicce che stillano fetide gocce nel
cavo del pozzo. Nonostante il ribrezzo che suscita questa vista, il suono argentino dell’acqua
sull’acqua rinfranca i vostri cuori.”

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Il cortile è individuabile SOLO se i PG hanno visitato la locanda e parlato con il Matto o se perdono
molto tempo nel setacciare la città. In quest’ultimo caso comunque il cortile sarà deserto. Altrimenti,
seduto accanto al pozzo si troverà il vecchio Retìsia. Il vecchio ha lo sguardo vacuo e fisso nel vuoto e
sembra assorto in qualche pensiero. A giudicare dalla statua, in piedi accanto a lui è ancora piuttosto
“sano”. Nonostante sia morto da molto tempo la sua forza d’animo lo ha tenuto quanto mai attaccato ai
suoi ricordi e alla vita, rendendolo più resistente all’oblìo. Parlerà solo se avvicinato e affermerà di
essere intento nell’ascolto dell’acqua che cade (unica fonte di rumore piacevole del villaggio). Se
interpellato riguardo al sistema per fuggire chiederà un compenso per i suoi servigi. Questa richiesta è
in realtà una prova. Non accetterà in NESSUN MODO una statua come compenso, anzi ammonirà
l’offerente per la sua frettolosità nel consegnare ad uno sconosciuto tutto ciò che gli rimane della sua
vita. Quello che si aspetta è una storia, un brano della loro vita che i PG possano raccontargli.
Una volta convinto a parlare il vecchio dirà: “La strada più comoda e visibile spesso porta al luogo
sbagliato, e altrettanto spesso il pensiero è mendace. Allora bisogna affidarsi ai sensi e guardare oltre la
vera essenza delle cose. Io stesso, che pure non posso vedere, sento l’odore dell’erba, e di certo sotto i
miei piedi erba non v’è…”
Prima che se ne vadano il vecchio ammonirà i PG così:
“Una volta cominciato il viaggio non voltatevi indietro e non pentitevi dei passi che calcate.”
E con questo non risponderà più a nessuna domanda.

4. LA BOTTEGA DEL FABBRO


La bottega è in stato di completo abbandono. Si possono trovare diversi manufatti, nessuno dei quali
maneggiabile in alcun modo.

5. LA BOTTEGA DEL CERUSICO


File e file di barattoli impolverati contengono piante avvizzite o composti ammuffiti. Sul retro un
tavolo contiene strumenti di lavoro erboristici come alambicchi, vasi di vetro, piccoli forni, essiccatoi,
ecc…

USCIRE DAL VILLAGGIO


Dopo aver visitato Retìsia i PG possono cercare di uscire dal Villaggio. In realtà esso non è che una
dimensione a sé. Una volta noto o intuito questo fatto (attraverso l’incontro con il vecchio) è possibile
cercare una via di fuga. I PG devono comunque dichiarare esplicitamente di cercare dell’erba al di
fuori o ai limiti del Villaggio. I PG devono guardare al di là del villaggio lacerando il velo di questa
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realtà e per farlo devono superare l’ostacolo razionale che proibisce loro di concepire il “fuori”
affidandosi soltanto ai sensi.
Una volta compiuta quest’azione i PG noteranno il limitare del villaggio e una sconfinata distesa di
erba al di là. Se i PG dichiarano di correre verso il prato riusciranno a fuggire, se dovessero tergiversare
con domande inutili sulla natura dell’erba o attendere senza agire, e se i PG non dichiarano di essere
attenti a non essere scoperti un gruppo di 3 Guardiani si accorgerà della breccia creata e si dirigerà
verso di loro per fermarli. In questo caso se il tiro di sorpresa è negativo i PG hanno l’opportunità di
vincere l’iniziativa e fuggire indenni, altrimenti i tre li affronteranno. Poiché i Guardiani non possono
lasciare la dimensione del Villaggio, la fuga è il più facile sistema per sottrarsi ad ulteriori round di
combattimento.

SENZA IDEE
Se i PG dovessero evidentemente brancolare nel buio senza trovare Retisìa, o se decidessero di
attaccare il portale o infine se dovessero tornare in locanda dopo una ricerca infruttuosa, incontreranno
di nuovo Sileus che si avvicinerà per dire:
Se la moneta non sai dove gettare
un valido indizio io ti posso dare;
Ma per avere un aiuto diverso
Che finisca con “pizzo” dimmi un bel verso!
Se i PG riescono a rispondere a questa richiesta il saltimbanco reciterà il suo “indizio”:
Sono pazzo già da un pezzo,
sento il puzzo che vien dal pozzo
…(Verso fornito dai PG)

LA PIANA
“Per un attimo tutto si fa grigio e avete la sensazione di una molle membrana che vi si appoggia
addosso resistendo al vostro passaggio, poi d’un tratto cede e la attraversate come un velo di nebbia.
Lasciate alle spalle la tremenda esperienza del villaggio per ritrovarvi in una sconfinata pianura
grigia. I colori sembrano essere stati strappati da tutto ciò che vi circonda, e anche la fioca luce che
rischiara il
cielo plumbeo è pallida e malsana. Tutto intorno a voi fluttuano numerose bolle traslucide simili a
bolle di sapone. Il resto è uno sconfinato mare di erba grigia.”

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Le bolle saranno poco più di una cinquantina. Chiunque osservi da vicino le bolle noterà che
contengono una specie di versione distorta e rimpicciolita del Villaggio dell’Oblio.
Spellcraft: sembrano essere bolle di realtà. Separano questa dimensione da un’altra.
Se i PG dovessero toccare una delle bolle verranno immediatamente risucchiati in un Villaggio simile
al precedente ed intrappolati per sempre (Retìsia l’aveva detto…).
Qualunque cosa i PG facciano, e in qualunque direzione si dirigano, dopo due minuti di tempo reale di
gioco vedranno un fioco lampo azzurrognolo all’orizzonte. Poco dopo ne seguirà un altro e un altro
ancora (I lampi si susseguono ad intervalli regolari di due minuti). E’ importante insistere sulla carenza
di riferimenti visuali, per cui a meno che qualcuno non chieda espressamente se i lampi provengono
dalla stessa direzione, questa informazione non verrà data. Una volta incamminati in questa direzione i
PG raggiungeranno presto un grosso macchinario che sorge dalla radura.

IL MACCHINARIO
“ Davanti a voi si trova un imponente macchinario. Sbuffi e sibili provengono da alcune caldaie in
ottone e da tubi fumanti. Diverse cinghie, pulegge, ingranaggi e stantuffi ruotano e pompano
incessantemente. Ad intervalli regolari la macchina emette un sibilo sordo e profondo e un secco e
intenso lampo di luce azzurra. Due bracci metallici fuoriescono dal ventre della macchina e terminano
con due piatti circolari del diametro di una trentina di centimetri. Sono posti l’uno sopra l’altro a circa
un metro di distanza. Sul piatto inferiore è incisa un’iscrizione.”
(Vedi disegno) L’unico in grado di decifrare l’iscrizione è il mago. Essa è scritta in una lingua che solo
lui nel gruppo conosce, il meriliano.
La conoscenza apre qualsiasi porta; l’età è la conoscenza.
Il macchinario è magico. L’uso di detect magic rivela un’alone di alterazione oltre alla presenza del
wizard mark del mago. In realtà il macchinario è stato costruito da lui prima di intraprendere il viaggio
che lo ha condotto alla morte. Ha voluto tenere aperta la strada della fuga per sé e i suoi compagni. Il
macchinario è in grado di aprire un portale sulla dimensione dell’inferno vero e proprio. Per funzionare
è necessario che il mago ponga la sua statua tra i due piatti. Se viene usata un’altra statua l’elettricità
causerà la perdita di un livello di esperienza da parte del PG corrispondente. Se viene usata quella
giusta il lampo produrrà una scarica attraverso la statua e si stabilizzerà in un disco ovoidale di circa
due metri di altezza e uno di larghezza. A quel punto apparirà un’immagine del mago che parlerà.
“Dunque quello che temevo si è avverato. Il mio piano è fallito. Forse sei già a conoscenza di ciò che
sto per dirti, oppure l’oblio della morte già attanaglia la tua mente. Avevo vagliato la remota

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possibilità di una sconfitta, nella mia sfida alla morte, per questo ho costruito questo portale. Ho
dovuto dissimularlo nel rozzo macchinario che vedi per non destare sospetti. L’intera piana è
disseminata di questi congegni, anche se gli altri non emettono luce. Servono a dare energia a questo
piano traendola dall’inferno stesso. Modificando questo sono riuscito a far sì che il tuo simulacro
aprisse un varco. Temo purtroppo che questo sia l’unico aiuto che il passato può ancora darti. D’ora
in avanti dovrai cavartela da solo. Buona fortuna.”
Se qualcuno che non è il mago mette la sua statua sul piedistallo il lampo brucerà il PG facendogli
perdere un livello di esperienza.

IL PALAZZO DI DITE
L’ARRIVO
“Di ciò che è accaduto dopo aver attraversato il portale non ricordate più niente, anche se concludete
rapidamente che ciò sia stato un bene. Dopo che i vostri occhi si sono assuefatti all’oscurità che regna
nel luogo dove siete stati scaraventati, iniziate a guardarvi intorno.
Vi trovate in uno stretto e alto corridoio costruito con solidi muri di pietra scura. Il corridoio sembra
condurre verso una diramazione principale, dalla quale sentite provenire un ticchettare continuo e
som-
messo. Dalla stessa direzione giunge anche un fioco bagliore. L’altro lato del corridoio prosegue
nell’oscurità.”
Questo è il Palazzo di Dite, il signore del regno dei morti. I PG si trovano ora in un corridoio
secondario. Esso conduce verso una stanza spoglia da un lato e ad un corridoio principale, altissimo e
largo una decina di metri, dall’altro. Su questo piano dimensionale i PG acquisiscono una sorta di
fisicità. Possono infatti interagire con la materia grazie al loro status di non-ancora-ombre. Il ticchettio
è prodotto dai passi dei Custodi, le guardie del palazzo. Queste creature orrende sembrano scolpite
nell’ossidiana, hanno torsi umani muscolosi e volti privi di lineamenti. La parte inferiore dei loro corpi
è quella di grossi scorpioni glabri e lisci. Hanno otto zampe appuntite che emettono il rumore sordo
descritto poch’anzi e una coda acuminata pronta a colpire. Sono armati di spade e mazze di lucido
metallo nero e indossano dei carapace ossei anch’essi neri. Se rimosso il carapace (che in realtà fa parte
della creatura) cola un viscido icore trasparente che funge da collante, ma per il resto si comporta come
un’armatura di maglia.
Il bagliore proviene invece dalla stanza principale del Palazzo, una sorta di centro di smistamento.

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Il Palazzo ha la pianta di un grosso simbolo del caos, ovvero otto corridoi che si dipartono da una
stanza centrale a pianta circolare (vedi plastico).
Se i PG seguono il corridoio principale verso la fonte della luce incroceranno lungo la strada alcuni
gruppi di ombre che procedono in direzione opposta, scortati da gruppi di tre Custodi.
Custodi: ALL LE, AC 4, MOV 18, HD 5 (30pf), ThAC0 16, ATT 2, DMG 1d8/1d4 (coda), SIZ L.

IL CENTRO DI SMISTAMENTO
“Di fronte a voi si apre una enorme salone. Una cupola ad un centinaio di metri sopra di voi sovrasta
un’enorme macchinario di rame e bronzo. Una fitta rete di tubi e cavi si diparte dal soffitto e dai muri
innestandosi nel corpo della macchina. Il metallo forma un cranio orrendamente deformato in un
ghigno malefico posto sopra un torso scarnificato. Nel suo ventre metallico si aprono quattro archi dai
quali escono flussi di anime. Queste si separano in diverse file sotto lo sguardo vigile di creature
sferi-
formi che fluttuano nella stanza. Esse sono ricoperte da una pelle squamosa, nel mezzo del loro volto
si trovano un enorme occhio e fauci acuminate e il loro capo è sormontato da corone di escrescenze
carnose.
Ognuna delle file di anime che si diparte dal macchinario confluisce in un portale simile a quello del
villaggio che avete lasciato all’inizio del vostro viaggio. Differisce soltanto per il bronzo di cui è fatto
e per una grande runa incisa sul pavimento davanti all’ingresso. Dall’altro lato dei portali escono
invece le ombre che si dirigono lungo sette degli otto corridoi principali che si diramano dalla stanza.
L’ottavo è occupato quasi interamente da un grosso tubo di carne pulsante che si contrae in ritmici
spasmi con-
nettendosi al macchinario. Ognuna delle arcate che uniscono i corridoi alla stanza è coronata da rune
simili a quelle dei portali.
Tutto il salone echeggia del ticchettio dei passi delle pattuglie degli uomini-scorpione e rimbomba di
sbuffi di caldaie, ronzii di ingranaggi e di un sordo tuono continuo.”
Le creature sferiformi sono beholder.
Beholder (14): ALL LE, AC 0/2/7, MOV Vo 3, HD 65pf: 2/3 corpo, 1/3 occhio centrale + 1d8+4 ogni
peduncolo, ThAC0 7, ATT 1, DMG 2d4, SIZ M Magie: charme, charme monster (charme mostri),
sleep (sonno), telekinesis (telecinesi), flesh to stone (carne in pietra), disintegrate (disintegrazione),
fear (paura), slow (lentezza), cause serious wounds (causa ferite gravi), energy drain (risucchio di
energia). N.B.: Quest’ultimo sostituisce il raggio della morte per ovvi motivi.

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Ogni beholder sorveglia un portale. I 14 portali sono cancelli di accesso ai villaggi dell’oblio. La runa
raffigura un numero progressivo.
Le rune sui corridoi sono uguali a quelle sotto i portali. Il numero uno contrassegna il corridoio con il
tubo e la numerazione procede in senso antiorario.
Diverse pattuglie di uomini-scorpione scortano gruppi di ombre lungo i corridoi. E’ inutile dire che un
combattimento è decisamente fuori luogo.

I CORRIDOI DELLA DANNAZIONE


(I sette corridoi percorsi dalle anime sono
simili)
I corridoi sono sostanzialmente spogli e
lunghi. Essi terminano in vaste stanze
romboidali. Sul lato opposto a quello del
corridoio si trova scolpito nella roccia una
arco murato. Le ombre escono all’esterno
attraversandolo. I PG non ne sono
ovviamente capaci. L’unica via di uscita
percorribile è quella costituita dalle due
stanze laterali ricavate nelle mura della
fortezza. Infatti in ognuna di esse si trova una porta che conduce all’esterno. La stanza è sorvegliata da
tre Custodi. Inoltre ogni stanza funge da “nido” per i Generatori. Queste creature nere hanno la forma
di grosse larve di insetti con un gonfio, flaccido ventre traslucido. Esso partorisce ad intervalli regolari
piccoli uomini-scorpione che vengono portati via dai Custodi. E’ quindi possibile, durante il cambio tra
due pattuglie avvantaggiarsi per alcuni di round della presenza del solo Generatore. Tuttavia per aprire
la porta i PG dovranno risolvere un piccolo enigma, quindi sarà opportuna una buona scelta dei tempi,
pena un’allarme generale.
Il Generatore partorisce una nidiata di larve ogni 10 round. I Custodi impiegano 15 round per andare e
tornare. Quindi, partito il gruppo i PG hanno 4 round prima dell’arrivo della prima pattuglia e altri 14
prima dell’arrivo della seconda (1 round viene perso attendendo che i soldati siano furi vista). In questo
tempo devono sbarazzarsi del Generatore e aprire la porta.
Generatore: ALL LE, AC 5, MOV 3, HD 8 (40pf), ThAC0 13, ATT 1, DMG 2d4+2, SIZ L

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L’ottavo corridoio è quasi interamente occupato dal tubo, per il resto è vuoto. La stanza romboidale in
fondo a questo è priva di porte.

L’ENIGMA DELLA PORTA


Al centro di ogni stanza piccola si trova una specie di altare con una pulsantiera:
sull’intestazione è scritto: “meccanismo per aprire
la porta” (L’ultimo simbolo rappresenta appunto
una porta). I 14 simboli al centro rappresentano le
stesse rune poste sotto i portali della stanza
centrale (ovvero i numeri progressivi 1-14), gli
ultimi due indicano la destra e la sinistra. Se i PG
premono il numero corrispondente alla porta voluta e “destra” o “sinistra” a seconda della posizione
della porta rispetto al corridoio, la porta si aprirà.

LIBERI!
FUORI DALLA CITTADELLA
“Uscite dalla porta e vi trovate all’esterno della cittadella in uno sconfinato paesaggio piatto, grigio e
deserto. Il cielo è innaturalmente basso e opprimente. Non esiste il sole, solo un pallido chiarore
indefinito. All’altezza delle vostre caviglie una densa nebbia lattiginosa impedisce di vedere il suolo
di una consistenza farinosa e friabile.
Da ognuno dei sette bracci una colonna interminabile di ombre si snoda fino all’orizzonte, dall’ottavo
esce invece un esofago carnoso pulsante adagiato al suolo. Ha un diametro di circa 10 metri ed essuda
un vischioso muco trasparente e procede in linea approssimativamente retta sparendo anch’esso dalla
vista.”
L’unica strada percorribile dai PG è quella di seguire il tubo. Il tubo è della consistenza del cuoio e se
colpito sanguina e si torce, iniziando subito a rimarginarsi. E’ troppo spesso e si rimargina troppo in
fretta perché possa essere squarciato. Ovviamente è lo stesso che si connette al macchinario all’interno,
dal quale fuoriescono le anime appena morte. Ciò significa che all’imboccatura del tubo si trova
presumibilmente la strada giusta.

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Se i PG invece seguono una delle file di ombre si ritroveranno presto a perdere gradualmente il contatto
con la realtà e ogni riferimento visuale. Se non si affrettano a ritornare sui propri passi si ritroveranno
persi e costretti a seguire in eterno il filare di anime.
Se i PG seguiranno il dotto, dopo un tempo apparentemente interminabile incontreranno il Cancello.

IL CANCELLO
“Dopo un’interminabile viaggio, notate che qualcosa prende forma dal piatto e monotono orizzonte:
una lingua scura ne taglia tutta la linea. Avvicinandovi vi rendete conto che si tratta di una
lunghissima cancellata, dietro la quale sorge una foresta di alberi morti e pietrificati. Per tutta la sua
lunghezza, che si estende a perdita d’occhio, su ogni punta della cancellata è infissa una testa umana.
Questi volti sono torti dal dolore, dalle cicatrici e dalla tortura. Alcuni sono mummificati, altri
marcescenti, alcuni sono i volti di graziose fanciulle decapitate, altri di bambini sfregiati.
Dove il tubo oltrepassa la cortina si trova un cancello vero e proprio sulle cui punte sono infisse teste
particolarmente malconce. Ad un tratto una di esse con un fremito si muove, apre gli occhi e vi
scruta.
-Benvenuti - esclama con un ghigno.”
Questa è la Cancellata dei Fuggitivi. Tutte le teste sono in realtà vive e se interpellate sono pronte a
raccontare la loro storia. In ogni caso essa comprende la fuga da un luogo dove essi avevano meritato
una “giusta” punizione. La maggior parte sono evasi, anche se non mancano donne che hanno infranto
il vincolo del matrimonio fuggendo da mariti violenti e ragazzini scappati di casa. Tutti sono comunque
stati messi qui come guardiani del cancello, come monito per chiunque cerchi di lasciare il Regno dei
Morti. La punta infitta nella loro gola è estremamente dolorosa, e a volte stormi di arpie ed altri uccelli
della morte si posano sul cancello per far strazio dei loro volti. Come se non bastasse sono costretti ad
ostacolare e mordere chiunque cerchi di oltrepassare la cortina (NON riveleranno comunque questa
informazione!).
Le teste sul cancello vero e proprio sono le teste di chi ha cercato di fuggire la morte con i più vari
stratagemmi: chi con filtri di giovinezza, chi inseguendo l’immortalità, chi conquistatala diventando
non-morto è stato poi distrutto. La testa sul palo centrale è quella più interessante. Dice di chiamarsi
Orféo e, una volta morto, di aver tentato la fuga proprio come i PG. Fallì però nel suo intento quando fu
catturato proprio a un passo dalla meta. Spiegherà che i PG devono cercare e percorrere la Strada
Lastricata di Buone Intenzioni, la via che porta all’Inferno. La testa racconterà anche che la foresta alle
sue spalle è la Foresta dei Profeti, il luogo dove i messia, veri o presunti, sono costretti a vagare per

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l’eternità pronunciando proverbi stupidi e motti popolari in continuazione (una specie di contrappasso
dantesco).
Chiunque tenti di oltrepassare il cancello sarà ostacolato e morso dalle teste. Per scavalcare la
cancellata occorre passare un test di destrezza con una penalità di –2 per ogni testa attiva nel tratto che
si cerca di scavalcare (massimo 2 teste). Ogni tentativo richiede 2 round. Qualunque testa rigenera 2 pf
a round, e se “uccisa” ritornerà attiva appena avrà almeno 1 pf. Se un PG cerca di scavalcare la
cancellata le teste eventualmente attive cercheranno di morderlo con un tiro per colpire senza
considerare eventuali armature e bonus di destrezza (Le teste possono essere ingaggiate in corpo a
corpo, nel qual caso il combattimento viene svolto con le regole consuete).
Testa: ALL N, AC 4, MOV 0, HD 2 (8pf), ThAC0 19, ATT 1, DMG 1d4, SIZ S
Se colpite, le teste emetteranno un lamento straziante appropriato a seconda delle loro fattezze (se è un
bambino piange, se una donna urla, ecc…) dolendosi di essere obbligate a questo ingrato compito loro
malgrado.
N.B.: Chiunque tenti di sfilare una testa dal palo, oltre a riceverne i morsi (che colpiscono
automaticamente) sarà assordato da urla strazianti (e presumibilmente interromperà l’azione). Se il
giocatore fosse sufficientemente senza cuore, con un check di forza a –4 e due round di lavoro, riuscirà
nel suo intento. In questo caso la testa sfilata striscerà con la mascella (movimento 1) e morderà le sue
caviglie (quindi senza armatura!).

LA FORESTA DEI PROFETI


“Il sentiero di inoltra all’interno di una foresta che più che altro sembra essere un cimitero di alberi. I
tronchi sono grigi e avvizziti oppure anneriti dal fuoco, mentre i rami che li coronano sono spogli e
scheletrici o cortine di resti di foglie appesi come sudari.”
All’interno della foresta i PG incontreranno alcuni profeti (pazzi) che popolano il bosco:

IL PENSATORE
“Seduto su una pietra appena fuori dal sentiero notate un uomo. Sembra assorto in qualche
meditazione. Il suo mento è posato sul palmo della mano, e i suoi occhi sono fissi su un punto di
fronte a sé. Sembra non fare alcun caso al vostro passaggio.”
L’uomo è il primo dei profeti. Se avvicinato e distolto dai suoi pensieri esclamerà: “Chi rompe paga! E
i cocci sono suoi!” e poi ritornerà impassibile. Se interrotto nuovamente esclamerà: “Chi troppo vuole,
nulla stringe!”. Continuerà alternando le due frasi ad ogni tentativo di instaurare un dalogo. Dopo aver

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parlato chiunque lo osservi noterà una grande tristezza nel suo volto e lacrime che gli rigano le guance.
Questa reazione è dovuta al fatto che è condannato a non poter dire altro, e neppure a potersi spostare
da quella posizione. Se qualcuno cerca di farlo alzare noterà che è bloccato in quella posa e che una
serie di chiodi fissa la sua carne alla pietra su cui è seduto.

IL VECCHIO EREMITA
“Prcedendo per il sentiero notate poi che poco innanzi a voi arranca un vecchio avvizzito. E’ curvo
sotto il peso di una lapide che porta inchiodata alla schiena lacera. Avanza a fatica ansimando e
gemendo. Sulla lapide è incisa un’iscrizione.”
Sulla lapide è scritto: ”La virtù sta nel mezzo”. Se interpellato il vecchio spiegherà con un filo di voce
di aver passato tutta la vita a diffondere la verità e che ora è costretto a trasportarla inchiodata alla sua
schiena. Se i PG gli rivelano l’incisione non crederà alle loro parole e li supplicherà di non prendersi
gioco di lui.

IL VENTO
“Ad un tratto, mentre avanzate tra alberi morti e fronde cadaveriche e nodose udite una brezza che
sembra quasi portare parole di dolore con sé. In effetti in essa echeggia una voce.”
Il vento sibila le parole “L’uomo non è la risposta a tutte le domande”. Se interpellato il vento
racconterà di essere stato in vita un ciarlatano che con trucchi e un po’ di furbizia fingeva di essere in
grado di prevedere il futuro. La sua maledizione ora è il risuonare continuo della frase succitata nella
sua mente senza corpo. Una verità tanto lampante quanto banale.

IL PAZZO
“Ormai abituati agli strani abitanti della foresta notate, oltre una curva del sentiero un uomo sulla
quarantina dall’aspetto severo e austero. Indossa ricche vesti aruspicine e porta una folta barba.
Tuttavia corre a quattro zampe ridacchiando e fingendo di cogliere fiori. A volte si rizza sulle gambe
soltanto per balzerellare qua e là senza una precisa meta. Ripete incessantemente, con i toni più vari
dall’isterico all’iroso all’ilare “La curiosità uccise il gatto” e non sembra in grado di proferire
alcun’altra parola.
Il pazzo si comporta come un gatto o un’altra bestia simile e non è di alcuna utilità per i PG, anzi, si
comporta come se non ci fossero. Se i PG gli sbarrano la strada o tentano di fermarlo si limiterà a
passar loro attraverso.

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Dopo aver incontrato quest’ultimo “profeta” i PG possono procedere per il sentiero incontrando
soltanto 5 cartelli che indicano direzioni secondarie e recano le iscrizioni seguenti.
(E’ probabile che inizialmente i PG non vorranno incasinarsi la vita nel cercare di risolvere questi
enigmi, ma più avanti scopriranno di non avere scelta).

L’OSTERIA DELL’GREMLIN CUOCO


“Vi trovate in una radura all’interno del bosco scheletrico. Il prato è stato addobbato a mo’ di cucina.
Ci sono piatti, tegami, padelle sporchi sparsi qua e là. Un enorme fornello è ingombro di ogni sorta di
stoviglia e utensile. Nel mezzo della stanza un’interminabile pila di piatti si innalza precaria posata
su un grosso sacco di monete. Ai fornelli si trova una piccola creatura grigiastra con e grinzosa con
due larghe orecchie pelose e appuntite. Queste spuntano da un cappello da cuoco evidentemente
troppo grosso. L’essere indossa un sudicio grembiule unto, che mette in mostra il suo sconcio
deretano. Appena entrate nella cucina si volta, vi guarda ed esclama: - Finalmente i camerieri che
avevo chiamato, venite! - “.
La creatura è un gremlin. Se i PG gli raccontano di aver bisogno di una moneta lui dirà che possono
prenderla, ma di stare attenti a non far cadere i piatti. Se intraprendono questa missione, il gremlin si
arrampicherà in cima alla pila per ostacolarli, in particolare bersagliandoli con piatti e altre stoviglie. I
PG devono stare attenti a non rompere nessun piatto (nemmeno quelli che li colpiscono), infatti dai
cocci di qualunque piatto rotto (anche con la testa!) nascerà un ulteriore gremlin. Un piatto che cade si
rompe una volta su due, uno che colpisce un PG si rompe automaticamente. Ogni gremlin aggiuntivo si
metterà a gettare piatti anche lui. Se i PG cercano di afferrarli al volo ci riusciranno se riescono in un
check di Destrezza.
Smuovere la pila senza farla cadere è impossibile. Se uno dei PG cerca di scalarla si accorgerà che
questo è estremamente difficile (in realtà è impossibile, ma i PG non devono saperlo) ed ogni tentativo
farà cadere 1d6 di piatti. Se i PG seguiranno l’indizio “chi rompe paga e i cocci sono suoi”
frantumando volontariamente l’intera pila non dovrà far altro che risarcire l’orda di gremlin che si verrà
a creare. Così facendo del sacco rimarrà una sola moneta.
Gremlin: ALL N, AC , MOV , HD (pf), ThAC0 , ATT 1, DMG 1d2, SIZ S.

LA RADURA DEL VIGILE DORMIENTE

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“Di fronte a voi si apre un’ampia radura. Lo spazio è quasi interamente occupato da un’enorme drago
rosso. La creatura dorme profondamente, accoccolata su un mucchio di tesori di ogni genere.”
Se i PG seguono il consiglio “chi troppo vuole nulla stringe”, accontentandosi di una sola moneta, il
drago non si sveglierà, altrimenti…

LA RADURA DELLA BELVA


“Il bosco si dirada fino a formare una piccola radura. Al centro di essa si trova una donna. E’ sdraiata
con aria lasciva su un pagliericcio. Avvicinandovi, notate che non è soltanto una donna. La sua pelle è
tigrata, ha una lunga coda sinuosa e il volto felino. I suoi lunghi capelli biondi sovrastano un muso da
tigre, che tuttavia conserva parecchi lineamenti femminili. I suoi occhi, completamente umani,
conferiscono all’intera figura un fascino irresistibile. Alle sue spalle si trova un piccolo scrigno di
legno.
Appena vi avvicinate l’animale alza il capo e vi scruta. – Chi siete? – domanda con voce suadente.”
La creatura è una tigre mannara. E’ stata messa qui a guardia dello scrigno e non sa cosa contiene
(anche se non lo rivelerà ai PG a meno che non lo chiedano). E’ una bestia curiosa e se spinta con
l’arguzia sarà rosa fino al punto da convincersi ad aprire la cassa. Questa contiene una moneta e un
basilisco, che pietrificherà il licantropo sull’istante (la curiosità uccise il gatto…) per poi fuggire nella
foresta. Se i PG non riescono a convincerla, la devono sconfiggere per poter aprire la cassa (e
ovviamente subire gli effetti dello sguardo del basilisco…).
Tigre Mannara: ALL NE, AC 3, MOV 12, HD 6+2 (40pf), ThAC0 15, ATT 3, DMG 1d4/1d4/1d12
SPECIAL 1d4+1/1d4+1 (graffio), SIZ M/G (dipende dalla forma)

LA RADURA DEGLI ENIGMI


“Il sentiero che state seguendo conduce dritto in un prato, nel cui centro si trova una bassa colonna.
Sul capitello è seduta una sfinge. Il suo possente corpo leonino contrasta con la bellezza dei
lineamenti del suo volto, che riflettono comunque la tristezza della morte.”
La sfinge racconterà che l’uomo che indovinò la risposta al suo quesito, non contento la uccise. Ora si
trova qui, a servire la Morte. Se i PG vogliono il tesoro che custodisce dovranno rispondere al seguente
indovinello:
“Una vergine cammina lungo il fianco di una collina coperta di fiori bianchi. Solleva un velo oscuro
per mostrare il suo volto, poi lo abbassa di nuovo. Chi è la fanciulla?” (LA LUNA)

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Se i PG non sono in grado di rispondere correttamente per ottenere la moneta, unico tesoro della sfinge,
dovranno ucciderla, o renderla inoffensiva in qualche altro modo.

LA RADURA DELLE FANCIULLE


“Sentite il suono di risa argentine provenire dalla curva del sentiero. Vi avvicinate e notate tre
bellissime fanciulle assise su troni di pietra. Appena vi vedono esclamano in coro – Una di noi
custodisce un tesoro, le altre la morte - .”
Se i PG ricordano l’indizio “la virtù sta nel mezzo” e scelgono la donna seduta sul trono centrale ella si
rivelerà come una povera fanciulla virtuosa, che, nonostante tutti i sacrifici fatti per mantenere un retto
comportamento, finì quaggiù a servire la Morte. Infine essa donerà ai PG un moneta.
Se scelgono una delle altre due questa si trasformerà in ciò che realmente è: una morte minore (minor
death). Il PG che avrà effettuato la scelta si troverà a fronteggiarla. Se gli altri cercano di aiutarlo
scopriranno di non essere in grado di avvicinarsi.
Minor Death: ALL N, AC 0, MOV 12, HD 4+4 (36pf), ATT 1, DMG 1d8, SIZ M (vince sempre
l’iniziativa e colpisce sempre)

L’ACHERONTE
“Vi lasciate alle spalle la foresta e ricominciate a seguire il tubo. Presto vi accorgete che poco lontano
esso finisce. La condotta termina con un paio di gigantesche mandibole scorticate e si interrompe nei
pressi di un baratro. Sotto di esso vortica l’abisso. Un gorgogliare di materia, energia dirompente,
galassie, vortici, polvere cosmica e buio assoluto.
Ma su questo, immobile, si erge una creatura. Sulla prua di una barca affusolata come un pruno, di un
legno scuro e lucente, sta un nocchiero. Il suo corpo scheletrico è alto e sottile. Una folta barba grigia
e stopposa pende dal suo mento grinzoso e i suoi occhi hanno il colore della brace ardente. Appena vi
avvicinate notate che in realtà le sue gambe sono tutt’uno con la barca, e che fino alla vita è fatto
dello stesso legno del vascello. Con lenti e misurati movimenti sospinge con una pertica il suo
traghetto verso di voi.”
La creatura è Caronte, il traghettatore dell’Inferno. Caronte è un demone dedito al suo lavoro. Traghetta
le anime per un obolo, non parla se non per fare la sua richiesta e non risponde a nessuna domanda.
Allunga una mano nodosa e traghetta chi vi posa una moneta.
Chiunque sia in grado di pagare l’obolo sarà traghettato. Caronte è immune a qualunque attacco.

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L’USCITA
LA STRADA LASTRICATA DI BUONE INTENZIONI
“Mettete piede di nuovo sulla terra ferma. Caronte volta la barca e si allontana in silenzio. Vi trovate
su una piattaforma di roccia vagamente circolare, che sembra essere appesa al nulla. Intorno e sotto di
essa il vorticare dell’abisso vi stordisce. L’unica strada percorribile è uno stretto sentiero di pietra che
si perde nel buio.
Dalla stessa direzione sentite provenire un coro di flebili lamenti. Tuttavia non scorgete nessuno.
Avvicinandovi notate che la strada è lastricata di sassi, che però non sono semplici pietre. Infatti esse
sembrano adagiate come una sottile pellicola su volti umani, e voi li state calpestando! Si contorcono
sotto i vostri piedi, continuando la loro nenia, mentre, ancora choccati, distinguete in alcuni dei
lamenti delle frasi compiute:
-Costruirò un grande tempio, costruirò un grande tempio, costruirò un grande tempio…
-Non ruberò più i biscotti, non ruberò più i biscotti, non ruberò più i biscotti…
-Non tradirò più mia moglie, non tradirò più mia moglie, non tradirò più mia moglie…”
Questa è la strada lastricata di buone intenzioni. Tuttavia percorrerla non è così semplice come sembra.
Infatti, se i PG la seguono, scoprono che essa si interrompe bruscamente. Inoltre se i PG dichiarano di
osservare attentamente le “pietre” si accorgeranno che, tra i volti lamentosi (le anime delle buone
intenzioni incompiute) se ne trovano altri che hanno la bocca cucita con filo di ferro (le anime che
hanno portato a termine le loro buone intenzioni). Se i PG calpestano solo queste al termine della strada
troveranno il sentiero che continua oltre.

LA PORTA DELL’INFERNO
“Il sentiero è ora poco più che una passerella di basalto vitreo sospesa nel vuoto. Si estende fino
all’orizzonte come un filo sottile appeso all’abisso.
Dopo un’interminabile camminata, costantemente all’erta per non precipitare in eterno nella voragine
sotto di voi, vi accorgete che la strada volge al termine. Essa culmina con uno spiazzo, anch’esso
sospeso, nel mezzo del quale si erge una mostruosa creatura. Il suo possente corpo canino, alto circa
quattro metri, è coperto da una folta e lustra pelliccia, nera come la morte stessa. Le sue tre teste
sono orlate da una criniera irta di aculei, e il suo muso è contorto in un ghigno di insaziabile fame. I
suoi latrati e il suo abbaiare risuonano nell’immensità che vi circonda, scuotendo quello che resta dei
vostri cuori, nel petto non più vivo. Digrigna i denti, lunghi come spade, con uno stridore assordante.
Tre pesanti guinzagli di ferro lo incatenano al suolo dietro di lui, ciò nonostante le sue forti zampe

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artigliate fremono, facendo scricchiolare gli anelli delle catene. Se pure tutta l’atmosfera tetra di
questo luogo
non vi aveva ancora intriso di terrore, ora a stento riuscite a muovervi. Il cane vi osserva, più come un
divertente giocattolo o un pezzo di carne che come una vera minaccia.
Alle sue spalle tuttavia, scorgete l’agognata meta del vostro viaggio: un cancello in ferro battuto…
aperto.”
L’ultimo ostacolo posto tra i PG e la libertà è Cerbero, il guardiano del Regno dei Morti. Il cane è
evidentemente un avversario troppo forte per essere sconfitto. Tuttavia, se almeno uno dei PG riesce a
passare dall’altra parte, lo scontro diverrà più equo. Infatti, chiunque varchi la soglia del cancello si
ritroverà in una specie di “regno di mezzo”, e riacquisterà il suo corpo vivo. Appena messo piede fuori,
con un boato l’essenza vitale del PG verrà risucchiata nella statua che ridiventerà di carne, e il fortunato
si ritroverà così come era stato sepolto e senza più essere indebolito dalla sua condizione di anima (in
sostanza il PG riceverà una seconda scheda del personaggio, nella quale figura tutto il suo antico potere
ed equipaggiamento).
Dunque, se i PG escogitano una strategia funzionale, con un diversivo o altro, uno dei PG riuscirà
probabilmente a passare vivo dall’altro lato. Una volta ottenuto il potere, egli potrà probabilmente
impegnare Cerbero a sufficienza per far passare anche gli altri.
Se i PG decidono invece di lanciarsi alla carica il cane avrà due round a disposizione per attaccare.
Ogni stratagemma sensato ridurrà questo tempo di un round.
Esempi possibili sono: incantesimi come cantrip, fireworks, o illusioni di vario tipo per distrarre
l’animale, altri possono essere l’uso del ladro e delle sue abilità di elusione.
Se i PG, una volta varcato il cancello dovessero decidere di infischiarsene del cane, esso si libererà dai
suoi ceppi e li inseguirà.
N.B.: Cerbero è legato; questo gli impedisce di oltrepassare all’incirca la metà della grotta. Questo da
ai PG una certa libertà di movimento e tempo a sufficienza per pensare.

LA VECCHIA CHIESA
“Un ultimo latrato straziante esce all’unisono dalle tre gole della belva immonda mentre si accascia al
suolo. Ben lungi dal preoccuparvi delle sue condizioni di salute vi allontanate in tutta fretta. Al di là
del
cancello vi ritrovate in una stanza buia. I vostri passi echeggiano sul pavimento di pietra. Vi inoltrate
nell’oscurità, raggiungete una scalinata e la salite.

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Davanti a voi si para uno spettacolo meraviglioso. I raggi del sole calante penetrano in parte dalla
volta, crollata in diversi punti, di quello che sembra essere un’antico tempio, e in parte da un grande
rosone nel centro della parete della chiesa. La luce si colora dei colori caldi dei vetri ancora
miracolosamente integri, disegnando arabeschi variopinti tutto attorno a voi. Due file di colonne
sembrano il picchetto d’onore che attende gli eroi di ritorno da una lunga guerra.
Improvvisamente l’idillio è rotto da una fragorosa e scomposta risata alle vostre spalle. Vi voltate di
scatto temendo di dover fronteggiare un’ultimo incubo, ma non vedete nessuno. Tuttavia una voce
risuona tra le pareti: - Per questa volta avete vinto. La battaglia è vostra, dobbiamo ammetterlo, ma
tornerete, oh si che tornerete. La morte sa aspettare, ma prima o poi arriva per tutti. Noi vi
aspetteremo a braccia aperte, e avremo tutta l’eternità per godere della nostra vendetta. Addio, o
meglio, arrivederci… - ”

FINE

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