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Fabio Venuda

LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA
NEI PERCORSI DI RICERCA

Dalla galassia Gutenberg


alla rivoluzione digitale

EDIZIONI UNICOPLI
Il primo capitolo e il terzo paragrafo del secondo sono apparsi come contributo nel
volume Studi in memoria di Violetta de Angelis, Pisa, E.T.S., 2012.

In copertina: © Angelo Ruta, Verso nuovi approdi (www.angeloruta.com)

Prima edizione: febbraio 2012

Copyright © 2012 by Edizioni Unicopli,


via Andreoli, 20 - 20158 Milano - tel. 02/42299666

http://www.edizioniunicopli.it

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei
limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla Siae del com-
penso previsto dall’art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941, n. 633,
ovvero dall’accordo stipulato fra Siae, Aie, Sns e Cna, Confartigianato,
Casa, Claai, Confcommercio, Confesercenti il 18 dicembre 2000.
INDICE

p. 9 Premessa

11 I. LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NELLA


COMUNICAZIONE SCIENTIFICA MODERNA
12 1. Galileo e il Sidereus Nuncius

16 2. Eugene Garfield e la misurazione della scienza


Il Journal Impact Factor e l’oligopolio editoriale;
Criticità dell’Impact Factor e indicatori bibliometrici
alternativi.

31 3. Il movimento Open Access


Gli archivi aperti, la Green road; Le riviste ad accesso
libero, la Gold road.

49 II. DARE A CIASCUNO IL SUO

49 1. Le ragioni del citare


La proprietà intellettuale dai privilegi librari al
copyright; Il plagio, una scala di grigi tra imitazione e
appropriazione indebita; I valori fondanti della scienza
moderna; Il plagio nella ricerca.

63 2. Piccole attenzioni nel citare


Le risorse disponibili in Rete; Le informazioni
considerate di Pubblico dominio; Citare in modo
eccessivo (overciting); I software per rilevare il grado
di similitudine.
6 Indice

p. 69 III. LE MODALITÀ E I SISTEMI DI CITAZIONE


BIBLIOGRAFICA

70 1. Le modalità di citazione
La citazione diretta; La citazione indiretta; Creare i
riferimenti bibliografici.

75 2. I sistemi di citazione: il sistema Numerico e l’Autore-data


Il Sistema Numerico o Standard; Il sistema Autore-data;
Punti di forza e criticità dei due sistemi.

85 3. Elementi descrittivi della citazione bibliografica


Elementi descrittivi di base; Elementi descrittivi
specifici delle risorse in Rete: Identificatori e data di
ultimo accesso.

102 4. La punteggiatura e la grafia

105 IV. MODELLI CITAZIONALI PER I DIVERSI TIPI DI


RISORSE INFORMATIVE SECONDO I DUE SISTEMI,
NUMERICO E AUTORE-DATA

106 1. Citare Libri


Pubblicazioni in più volumi; E-books; Capitoli o parti di
libri dotate di un proprio titolo; Voci da enciclopedie o
dizionari od opere di reference.

115 2. Citare Articoli da un periodico


Articoli da un quotidiano.

120 3. Citare risorse elettroniche disponibili in Rete


Un sito web, personale o di un’organizzazione,
istituzione o azienda; Pagine e documenti da un sito web.

125 4. Citare comunicazioni fra persone


Lettere, e-mail, conversazioni; Interviste non pubblicate
e interviste pubblicate.

129 5. Citare fonti manoscritte e documenti d’archivio


Fonti manoscritte; Documenti d’archivio.

139 6. Citare la letteratura grigia

142 7. Citare altri tipi di fonti


Le immagini e le fotografie; Gli audiovisivi; Gli standard;
Le recensioni; Pubblicazioni dell’Unione Europea.
Indice 7

p. 157 8. Citare leggi e sentenze italiane e dell’Unione europea


Fonti legislative italiane; Fonti giurisprudenziali
italiane; Fonti legislative dell’Unione Europea; Fonti di
diritto complementare dell’Unione europea
(giurisprudenza).

171 9. Citazione da fonti secondarie

173 10. Citazioni ripetute e forme abbreviate


Citazioni consecutive; Citazioni successive.

177 11. La Bibliografia e la Lista dei riferimenti

183 V. LA RICERCA BIBLIOGRAFICA

190 1. I Reference Management Software

192 2. EndNote
Organizzare le notizie bibliografiche: le libraries, gli
stili citazionali e gli import filters; Derivare i dati
bibliografici: il client Z39.50 e i connections file;
Interoperare con i word processors: il plugin Cite
While You Write.

197 3. Zotero
Organizzare le notizie bibliografiche: le libraries;
Derivare i dati bibliografici: gli identificatori delle
risorse in Rete, i metadati dei file .pdf e le site
translations; Interoperare con i word processor: il
plugin Cite While You Write e gli stili citazionali.

203 4. Mendeley
Organizzare le notizie bibliografiche: le libraries;
Derivare i dati bibliografici: i metadati dei file .pdf, gli
identificatori delle risorse in Rete e il web importer;
Interoperare con i word processor: il plugin Cite While
You Write e gli stili citazionali.

209 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA COMPENDIO

210 SISTEMA NUMERICO O STANDARD

231 SISTEMA AUTORE-DATA

247 BIBLIOGRAFIA
PREMESSA

La mia tesi di partenza è questa: che tutto è citazione


(Edoardo Sanguineti)

“Tutto è citazione”, così il poeta e scrittore Edoardo Sanguineti


esordisce nel suo intervento al convegno sulle forme della citazione
nel Novecento che si tenne a Firenze nel 2001. In letteratura, ma an-
che nel lavoro scientifico e nella vita di tutti i giorni si cita continua-
mente: tutto è citazione, non solo nelle parole, ogni parola che pro-
nunciamo è una citazione, le frasi che vengono dette, cucite insieme
a comporre un testo, ma anche, in una visione antropologica, i com-
portamenti, le espressioni, il movimento e la postura del corpo, tut-
to risponde ad un codice, un “ipercodice, un sistema di codificazione
generale che offre dei modelli entro i quali io mi muovo e non posso
non muovermi”.1
Questa codifica comportamentale determina anche le modalità at-
traverso le quali viene formandosi nel corso del tempo la conoscen-
za umana, fatta non soltanto delle domande via via crescenti che sor-
gono dai cambiamenti socioculturali e dalle evoluzioni che interes-
sano i diversi campi del sapere, ma anche dall’adozione di concrete
modalità operative e dal richiamarsi al sapere costruito nel passato,
che assieme concorrono alla formazione di un paradigma scientifico
che richiama i criteri propri della scienza quali la delimitatezza del
proprio campo di ricerca, il criterio di rigore e credibilità, la non fal-
sificabilità e la verificabilità delle ipotesi elaborate, l’operatività dei
suoi concetti, la validità intersoggettiva delle sue conclusioni: criteri
che concorrono a definire il valore scientifico e obiettivo di una co-
noscenza.

1
Edoardo Sanguineti, “Per una teoria della citazione”, in Il libro invisibile.
Forme della citazione nel Novecento. Atti del convegno di studi, Firenze, 25-26
ottobre 2001, Roma, Bulzoni, 2008, p. 11-12.
10 PREMESSA

La citazione attiva una conversazione fra il passato e il presente,


uno scambio fra scritti e letture, “un continuo movimento di riman-
di, di scambievoli domande e risposte nella cui inesauribile proble-
maticità viene posta in essere tutta la potenza veritativa della com-
prensione”,2 che non è semplice aggiunta di contenuti e richiami, ma
integrazione fra aspetti diversi frutto della comunicazione scientifi-
ca e di quell’opera di attenzione e di rielaborazione compiuta dagli
studiosi attingendo agli studi elaborati da altri, riconoscendone la
proprietà.

Ringraziamenti
Desidero ricordare con gratitudine gli amici e i colleghi che mi
hanno confortato con i loro suggerimenti. Un ringraziamento parti-
colare a Giuliana Sapori, per le lunghe ed interessanti conversazioni
e per la paziente e critica lettura di questo lavoro.

2
Marco Ravera, “Introduzione”, in Il pensiero ermeneutico,a cura di Marco
Ravera, Genova, Marietti, 1986, p. 4.
I.

LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA
NELLA COMUNICAZIONE SCIENTIFICA MODERNA

Il 13 marzo 1610 viene stampato a Venezia il Sidereus Nuncius di


Galileo, le 550 copie vengono rapidamente inviate dallo stesso Gali-
leo ai signori di diversi stati e agli studiosi, agli altri filosofi naturali
a cui vuole sottoporre la propria scoperta. Lo stile conciso, la stampa
e l’invio tempestivo del lavoro e la scelta dei destinatari preludono,
in forma embrionale, a quella che sarà la comunicazione scientifica
moderna e andranno a costituire quei criteri di pubblicità, di origi-
nalità e di verificabilità della ricerca scientifica che risulteranno di-
stintivi della scienza moderna.
Più di trecento anni dopo, nel luglio del 1955, viene pubblicato sul
n. 122 della rivista Science, un articolo di Eugene Garfield dal titolo
Citation Indexes for Science. A new dimension in documentation th-
rough association of ideas, nel quale l’autore descrive un metodo per
fornire agli studiosi un nuovo strumento di lavoro basato sul colle-
gamento fra le citazioni bibliografiche inserite negli articoli di perio-
dico. Tale strumento si presterà invece ad essere male interpretato e
usato con finalità diverse che avranno un impatto fortissimo sulla co-
municazione scientifica, limitando e filtrando l’accesso alle informa-
zioni, inimmaginabile per il suo ideatore.
A circa cinquant’anni di distanza dall’articolo di Garfield, il 14 feb-
braio 2002, prende avvio a Budapest la Open Access Initiative.1 Que-
sta iniziativa segna la nascita ufficiale di un movimento su scala mon-
diale, il movimento Open Access, che si propone di rendere la lette-
ratura scientifica liberamente accessibile agli studiosi e di rimuove-
re le limitazioni di accesso alla comunicazione scientifica di qualità.
Avvicinare questi momenti diversi, apparentemente dissimili fra

1
Il meeting in cui venne discussa ed elaborata l’inizativa aveva avuto luogo sem-
pre a Budapest l’1 e il 2 dicembre 2001, cfr. Open Society Foundations, Budapest
Open Access Initiative, [online], 2011, <http://www.soros.org/openaccess>, (ul-
timo accesso: settembre 2011).
12 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

loro e cronologicamente distanti, permette di fissare un percorso che


mette in evidenza il ruolo e l’importanza della citazione bibliografica
nello svolgersi di avvenimenti che, dal momento della nascita della
moderna comunicazione scientifica, hanno avuto, e stanno avendo
tutt’ora, un ruolo fondamentale nella circolazione, disponibilità e so-
prattutto accessibilità ai risultati della ricerca scientifica.
Al di là di un semplice accostamento metodologico o di carattere
tecnico-didattico, la citazione rivela infatti la sua rilevanza fondante
sul piano dei processi che sottostanno alla formazione della cono-
scenza, della sua trasmissibilità e condivisione.
Libero accesso, trasmissione e condivisione, pubblicità e coo-
perazione sono termini che esprimono alcuni dei principali criteri
distintivi e costitutivi della scienza. I risultati della ricerca scienti-
fica devono essere resi pubblici, devono venir condivisi con gli al-
tri scienziati, la scienza deve essere comunicata, deve diventare pa-
trimonio comune dell’umanità e della comunità scientifica inter-
nazionale e un’eredità culturale per le generazioni di studiosi che
seguiranno.

1. Galileo e il Sidereus Nuncius

Il 30 gennaio 1610 Galileo Galilei si trova a Venezia e scrive a Be-


lisario Vinta primo ministro del Granduca di Toscana Cosimo II, di
cui Galileo fu precettore. Nella lettera Galileo gli annuncia le osser-
vazioni astronomiche che ha avuto modo di fare con il cannocchiale
da lui perfezionato, la scoperta dei quattro pianeti di Giove e la sua
intenzione di mandare alle stampe il resoconto della sua ricerca: “Io
mi trovo al presente in Venezia per far stampare alcune osservazio-
ni, le quali col mezo d’un mio occhiale ho fatte nei corpi celesti”.2 Nel-
la stessa lettera Galileo comunica la sua intenzione di inviare una co-
pia dell’opera al Granduca assieme ad un “occhiale eccellente” e la
volontà di dare la massima diffusione alla sua scoperta scrivendo
“Stampato che sia questo trattato, che in forma d’avviso mando a tut-
ti i filosofi e i matematici”;3 volontà che è ribadita negli stessi termi-
ni in una successiva lettera inviata ancora al Vinta da Padova, il 13
febbraio 1610, per chiedere consiglio sul nome da dare ai quattro nuo-
vi pianeti scoperti, incerto se dedicarli al solo Cosimo, chiamandoli
Cosmici, oppure se dedicarli all’intera famiglia, composta all’epoca
da Cosimo e da tre fratelli, col nome Medicea Syderea.4

2
Galileo Galilei, Le opere di Galileo Galilei, ristampa della edizione naziona-
le, a cura di Antonio Favaro, vol. 10., Firenze, Barbera, 1934, p. 280.
3
Ivi, p. 280-281.
4
Ivi, p. 281.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 13

Il 13 marzo 1610 il Sidereus Nuncius viene stampato in 550 copie


a Venezia dalla tipografia di Tommaso Baglioni, e pochi giorni dopo,
il 19 marzo, Galileo spedisce al Granduca una copia del Sidereus e un
cannocchiale per permettergli di verificare le sue osservazioni. Ac-
compagna l’invio una lettera indirizzata a Belisario Vinta nella quale
Galileo si scusa per la stringatezza dell’opera, stampata in velocità e
scritta mentre era in corso la stampa, per la preoccupazione che altri
facessero la stessa scoperta e la pubblicassero prima di lui.

Sarà necessario che V.S. Illustriss. Faccia mie scuse appresso le Loro
Altezze se l’opera non viene fuori stampata con quella magnificenza
e decoro, che alla grandezza del soggetto saria stato necessario; per-
ché l’angustia del tempo non l’ha permesso, né io ho voluto punto pro-
lungare la publicazione per non correr risico che qualche altro non
avesse incontrato l’istesso e preoccupatomi, e perciò l’ho mandata fuo-
ri in forma di avviso, scritto la maggior parte mentre si stampavano
le cose precedenti5

Nella stessa lunga lettera Galileo ricorda poi, per la terza volta, in
modo più articolato la sua volontà di diffondere la conoscenza che era
stata registrata sul Nuncius, ossia i risultati della sua ricerca, la sua
scoperta, il metodo da lui seguito e il funzionamento del cannocchiale,
“a più persone che sia possibile”.

Parmi necessario, oltre alle altre circuspezioni, per mantenere e ar-


gumentare il grido di questi scoprimenti, il fare che con l’effetto stes-
so sia veduta e riconosciuta la verità da più persone che sia possibile:
il che ho fatto e vo facendo in Venezia e in Padova.6

Quindi non vuole comunicare la sua scoperta solo agli studiosi e ai


governanti, a cui manda il suo lavoro accompagnato in molti casi dal
cannocchiale, costruito in più di 60 esemplari perché i fatti descritti
nel suo lavoro possano essere verificati, ma anche “al pubblico dei non
esperti” tramite conferenze e lezioni tenute a Padova e a Venezia.7
Galileo è considerato uno dei padri fondatori della scienza mo-
derna, ma si può anche andare oltre e “fissare la data di nascita del-
la scienza moderna a quel 1610 e attribuirne il merito proprio all’i-
niziativa di diffondere il Sidereus Nuncius”.8 Nelle intenzioni e nel

5
G. Galilei, Le opere di Galileo Galilei, vol. 10., cit., p. 300.
6
Ivi, p. 301.
7
Pietro Greco, “Il Sidereus nuncius e l’origine della comunicazione pubblica
della scienza”, S&F. Scienza e Filosofia, [online], n. 3 (2010), p. 167,
<http://www.scienzaefilosofia.it/archivio_2328861.html#sf3>, (ultimo accesso:
agosto 2011).
8
Daniele Gouthier e Elena Ioli, Le parole di Einstein. Comunicare scienza fra
rigore e poesia, Bari, Dedalo, 2006, p. 173.
14 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

comportamento di Galileo si riscontrano infatti i germogli dei va-


lori e dei criteri distintivi della scienza moderna: il rigore nel me-
todo, la verificabilità e riproducibilità dei dati e dei risultati da par-
te degli altri scienziati, ottenuta grazie alla pubblicità, alla stampa
e alla diffusione del metodo, degli strumenti e della conoscenza, e
infine la priorità della scoperta come unica ricompensa dello scien-
ziato.
Il metodo di indagine seguito è rigoroso e Galileo desidera che la
verità venga verificata e riconosciuta dagli altri studiosi e per questo,
intuendo il valore della stampa nella comunicazione scientifica, fa
stampare il suo lavoro in una tiratura iniziale di ben 550 copie, inu-
suale per l’epoca, da distribuire fra gli scienziati assieme al cannoc-
chiale, perché possano vedere e riconoscere la verità.
Scrive il suo lavoro in un linguaggio asciutto ed essenziale, usan-
do il latino, ossia la “lingua franca” dell’epoca attraverso cui gli stu-
diosi comunicavano, e in 24 fogli, poco più delle dimensioni di un ar-
ticolo in una rivista scientifica di oggi, raccoglie tutte le sue osserva-
zioni e dimostrazioni, corredate anche di disegni.
Fino ad allora la comunicazione scientifica avveniva attraverso la
stesura di ponderosi tomi, o in modo diretto fra studiosi per via epi-
stolare. Galileo stampa ed invia in fretta il Sidereus perché teme che
altri possano arrivare prima, fare la stessa ricerca e togliergli di con-
seguenza la soddisfazione, il riconoscimento della scoperta e la stima
degli altri studiosi, che gli verrà attribuita per l’essere stato il primo.
L’invio repentino del Sidereus, nella forma stringata e rigorosa del
“rendiconto scientifico”9 trasforma loro malgrado gli altri scienziati
da possibili concorrenti a testimoni della scoperta.10
Le informazioni vanno registrate velocemente e diffuse alla co-
munità scientifica. La scienza è un bene comune e come tale non va
tenuto segreto, e Galileo capovolge ancora una volta le consuetudini
scientifiche dell’epoca, contribuisce a far uscire la scienza dalla logi-
ca delle “cerchie ristrette di studiosi che si parlano solo nelle segrete
stanze o che non scrivono le dimostrazioni dei propri teoremi”.11 La
scienza esce dal segreto, viene registrata e diffusa con facilità grazie
alla stampa; la nuova forma di comunicazione e circolazione della
scienza contribuisce a rafforzare l’esistenza di una comunità scienti-
fica costituita da studiosi che si parlano, conversano fra loro attra-
verso i loro lavori a stampa, attraverso i libri.
9
Galileo Galilei, Sidereus Nuncius, a cura di Andrea Battistini, trad. di Maria
Timpanaro Cardini, Venezia, Marsilio, 1993, p. 19.
10
Jean-Claude Guédon, Per la pubblicità del sapere. I bibliotecari, i ricerca-
tori, gli editori e il controllo dell’editoria scientifica, [online], Pisa, Plus-Pisa uni-
versity press, 2004, p. 19, <http://bfp.sp.unipi.it/ebooks/guedon.html>, (ultimo
accesso: agosto 2011).
11
D. Gouthier e E. Ioli, Le parole di Einstein, cit., p. 174.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 15

Questa forma di registrazione e comunicazione della conoscenza


si presta a far circolare all’interno, ma anche all’esterno, della comu-
nità scientifica il sapere, che verrà utilizzato da altri studiosi, con-
temporanei o futuri, per creare altra conoscenza.
Pochi decenni dopo, nel 1665, la rivista Philosophical Transac-
tions of the Royal Society of London esprimerà tutta la potenzialità
della stampa e dei saggi brevi per la divulgazione delle idee e delle
scoperte scientifiche; la rivista diventa uno strumento attraverso cui
gli studiosi, i filosofi naturali, i cittadini della Repubblica delle scien-
ze comunicano agli altri studiosi i risultati delle loro ricerche, con uno
stile rigoroso e asciutto come quello inaugurato da Galileo, per sot-
toporlo alla valutazione dei propri pari e rivendicarne la paternità in-
tellettuale, ma soprattutto la priorità. La rivista nasce e si sviluppa
come “un registro pubblico delle innovazioni scientifiche [... e] della
proprietà intellettuale”,12 viene distribuita in molte copie, contribui-
sce a creare una comunità di scienziati che verifica e accetta i lavori
di altri studiosi e li ammette a far parte della comunità scientifica, op-
pure li esclude, ma registra e diffonde, in un modo che sarà sempre
più capillare, il sapere.
Il progresso della scienza infatti si fonda sul lavoro degli studiosi
del passato e sulla collaborazione fra studiosi: gli scienziati collabo-
rano con coloro che li hanno preceduti studiando e sviluppandone i
lavori, che si sono sovrapposti e stratificati nel tempo, e collaborano
con i contemporanei, ponendo così altre basi, altri strati di cono-
scenza, che si sovrappongono alle precedenti, ad accumulare sapere
per quelli che verranno.
L’utilizzo e la citazione dei lavori degli autori precedenti, hanno
la funzione di commemorare gli studiosi del passato ed esprimere il
riconoscimento, il debito che la scienza ha nei loro confronti;13 per es-
sere diffusa la conoscenza deve essere registrata e la stampa a carat-
teri mobili è lo strumento che ha consentito di registrarla facilmente
e altrettanto facilmente diffonderla. La citazione bibliografica è lo
strumento attraverso cui uno studioso comunica le proprie fonti, i da-
ti utilizzati nella propria ricerca, verificati e validati, al fine di rende-
re il proprio lavoro riproducibile e verificabile dai suoi pari.
Il fatto che il sapere, i risultati delle ricerche scientifiche e le sco-
perte, siano registrati su un supporto, a stampa o elettronico, e ab-
biano grande diffusione, ha stimolato la nascita e lo sviluppo di si-
stemi per misurare e valutare l’attività scientifica e lo sviluppo della
scienza.

12
J.-C. Guédon, Per la pubblicità del sapere, [online], cit., p. 19-20.
13
Robert K. Merton, La sociologia della scienza. Indagini teoriche ed empi-
riche, a cura di Norman W. Storer, ed. italiana a cura di M. Protti, Milano, F. An-
geli, 1981.
16 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

La valutazione dal punto di vista qualitativo della validità di una


ricerca da parte della comunità scientifica è strettamente legata alla
pratica del peer reviewing. Si tratta di un processo che viene fatto ri-
salire alla nascita delle prime riviste scientifiche, nello specifico alle
Philosophical Transactions fondate nel 1665 da Henry Oldenburg, e
ha la funzione di validare e riconoscere il valore scientifico di un la-
voro di ricerca tramite la sua valutazione e revisione effettuata da al-
tri studiosi, al cui giudizio esso viene sottoposto. Tale processo di re-
visione viene di norma richiesto ed effettuato, anche se con metodi
diversi che variano a seconda dell’ambito disciplinare, dalla maggior
parte delle riviste per tutti gli articoli ricevuti. L’esito positivo del peer
reviewing è condizione necessaria per l’accettazione e la pubblica-
zione di un lavoro di ricerca, che verrà quindi accreditato come sa-
pere scientifico presso la comunità di studiosi distinguendolo dalla
semplice opinione.14

2. Eugene Garfield e la misurazione della scienza

Già nell’antichità, per motivi legati perlopiù alla gestione ma


anche per valutare l’importanza delle raccolte o per qualsiasi altro
scopo, era pratica diffusa tenere sotto controllo e contare con liste
ed elenchi il materiale, rotoli, codici o libri, conservato dalle bi-
blioteche. Nell’800 con la diffusione delle riviste scientifiche e la
loro specializzazione nei diversi ambiti disciplinari e la disponibi-
lità di bibliografie sempre più estese e specializzate, l’applicazione
di metodi matematici e statistici alla valutazione quantitativa del-
la comunicazione scientifica ha portato allo sviluppo di discipline
come la bibliografia statistica che diede vita alle prime analisi quan-
titative, ad esempio per rappresentare lo sviluppo della produzio-
ne scientifica nell’ambito dell’anatomia comparata, oppure per de-
terminare la distribuzione degli scienzati nei diversi ambiti disci-
plinari.15
Successivamente, la maggiore disponibilità di sistemi di calcolo
meccanizzato, accompagnata poi dalla crescente registrazione e dif-
fusione delle informazioni bibliografiche su supporto elettronico, ha

14
Francesca Di Donato, “Come si valuta la qualità nella Repubblica della Scien-
za? Una riflessione sul concetto di peer review”, Bollettino telematico di filosofia
politica, [pdf, online], vol. Luglio (2007), p. 1, <http://eprints.adm.unipi.it/573/>,
(ultimo accesso: agosto 2011).
15
Nicola De Bellis, La citazione bibliografica nell’era della sua riproducibi-
lità tecnica. Bibliometria e analisi delle citazioni dallo Science Citation Index al-
la Cybermetrica, [pdf, online], Modena, Università degli Studi di Modena, BU
Area Medica, 2005, p. 25, <http://www.bibliotecheoggi.it/content/CITAZIONE.
pdf>, (ultimo accesso: agosto 2011).
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 17

permesso di applicare i metodi e matematici e statistici in modo più


rapido ed efficace ad una più ampia base informativa, dando vita ai
primi esperimenti di analisi citazionale compiuti da Eugene Garfield
nella seconda metà degli anni Cinquanta del ‘900 e allo sviluppo de-
gli studi per l’analisi quantitativa dello sviluppo, diffusione e impat-
to della produzione scientifica, che verranno definiti da Alan Prit-
chard nel 1969, con il termine bibliometria.16
La bibliometria rientra fra i metodi di valutazione utilizzati dalla
più ampia scientometria, ossia la disciplina che ha fra i suoi padri De-
rek J. De Solla Price e lo stesso Eugene Garfield,17 e che si occupa del-
la misurazione, analisi e valutazione della scienza. La scientometria
si avvale sia di metodi che permettono di effettuare delle misurazio-
ni di tipo quantitativo, come l’analisi bibliometrica appunto, sia di
metodi che cercano di valutare la scienza dal punto di vista qualita-
tivo, come ad esempio il peer reviewing, che come si è visto consiste
nella valutazione del lavoro di uno studioso effettuata da altri studiosi
di pari o maggior valore all’interno dello stesso settore disciplinare;
il panel, molto diffuso in area angloamericana che prevede la valuta-
zione di strutture, istituzioni e personale coinvolto nella ricerca da
parte di commissioni di valutatori; la valutazione dei prodotti della
ricerca rapportati agli investimenti effettuati e dei risultati che pos-
sono avere in termini di ritorno economico e applicabilità nell’ambi-
to industriale e sociale, e infine il livello di pubblicità internazionale
dei risultati della ricerca, ossia di pubblicazione su riviste di valore in
ambito internazionale.18
L’applicazione infine delle tecniche di rilevazione, misurazione e
valutazione matematiche e statistiche a settori di ricerca più ambìti
o recenti, ha portato allo sviluppo di discipline come l’informetrica e
la webmetrica (o cybermetrica), che estendono gli studi quantitati-
vi rispettivamente all’informazione in qualunque forma e in qualun-
que ambito, non necessariamente scientifico, sia resa, diffusa e regi-
strata, e alla valutazione della sterminata presenza di risorse elettro-
niche disponibili in Rete.19

16
Robert N. Broadus, “Early approaches to Bibliometrics”, Journal of the Ame-
rican Society for Information Science, vol. 38, n. 2 (1987), p. 127.
17
Cfr. a questo riguardo i lavori di Garfield e de Solla Price: Eugene Garfield,
“Citation indexes for science. A new dimension in documentation through asso-
ciation of ideas”, Science, [pdf, online], vol. 122 (1955), <http://www.garfield.
library.upenn.edu/essays/v6p468y1983.pdf>; Derek John de Solla Price, Little
science, big science, New York, Columbia University Press, 1963.
18
Antonella De Robbio, “Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel mo-
dello Open Access”, [online], disponibile in E-LIS. E-prints in Library and Infor-
mation Science, 2007, p. 7, ultimo aggiornamento 23 gennaio 2008,
<http://hdl.handle.net/10760/10686>, (ultimo accesso: agosto 2011).
19
N. De Bellis, La citazione bibliografica nell’era della sua riproducibilità tec-
nica, [pdf, online], cit., p. 23.
18 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

L’informatica e la digitalizzazione delle risorse informative, han-


no negli ultimi decenni amplificato enormemente la potenza media-
tica introdotta dalla stampa, la comunicazione scientifica, ossia la re-
gistrazione e la circolazione delle idee e dei risultati della ricerca al-
l’interno della comunità scientifica è ancora più rapida, quasi istan-
tanea. Non si contano le basi dati bibliografiche che permettono di
conoscere immediatamente chi ha scritto cosa in un particolare am-
bito scientifico, con le riviste elettroniche i contributi degli studiosi
sono istantaneamente pubblici e immediatamente accessibili, anche
se spesso richiedono la sottoscrizione di costose licenze di accesso che
solo le istituzioni accademiche possono sostenere.
All’interno di queste tecniche di valutazione quantitative della
produzione e, di conseguenza, dello sviluppo e del progresso scien-
tifico, si colloca l’intuizione di Eugene Garfield, ossia la creazione di
un sistema di indicizzazione e conteggio delle citazioni bibliografi-
che inserite negli articoli e nei saggi scientifici a supporto del lavoro
degli studiosi che avrà delle ripercussioni, all’epoca inimmaginabi-
li, sulla produzione, sulla trasmissione e sull’accessibilità del sapere
scientifico.
La vicenda si colloca negli Stati Uniti alla metà degli anni 50 del
‘900, è appena finita la seconda guerra mondiale e la ricerca scien-
tifica è in rapida evoluzione: studiosi e documentalisti devono ana-
lizzare e gestire la grande massa di documenti scientifici prodotti
durante la guerra e quelli provenienti dagli archivi delle nazioni scon-
fitte. Inoltre l’industria chimica sta nel contempo vivendo un mo-
mento di grande sviluppo proprio a seguito delle ricerche effettua-
te nel periodo bellico, aumentando la produzione e la pubblicazio-
ne di rapporti e ricerche; anche nell’ambito biomedico lo sviluppo
della ricerca è molto forte e il bisogno dei ricercatori di essere co-
stantemente e rapidamente aggiornati sulle ultime scoperte è gran-
de. Gli strumenti e i sistemi fino a quel tempo utilizzati per diffon-
dere e rendere reperibili le informazioni scientifiche iniziano a di-
ventare insufficienti, è indicativo citare gli abstract di articoli e ri-
cerche prodotti dal settore chimico e diffusi dai Chemical abstracts
che in dieci anni, dal 1945 al 1955, sono quasi triplicati, da 33mila a
oltre 86mila.
Questa massa di informazioni richiedeva nuovi sistemi di codifi-
ca e nuove strategie di ricerca, i sistemi tradizionali di indicizzazione
delle informazioni per soggetto e classificazione cominciarono a ri-
velare i loro limiti: si tratta infatti di sistemi che richiedono una gran-
de e sempre maggiore quantità di tempo e di professionalità per ef-
fettuare una corretta analisi concettuale, gli indicizzatori devono ca-
pire di cosa tratta il testo e trovare i descrittori necessari nel tentati-
vo di “anticipare l’infinito numero di possibili approcci di cui gli scien-
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 19

ziati possono aver bisogno”20 nella ricerca di informazioni. L’utilizzo


di schemi di classificazione invece, pur dipendendo dall’analisi con-
cettuale, può “al massimo, offrirci una migliore coerenza di indiciz-
zazione piuttosto che un maggiore specificità o molteplicità nell’ap-
proccio per soggetti”.21 A fronte della grande spinta impressa alla ri-
cerca e al conseguente grande aumento della produzione scientifica
vennero quindi avviate sperimentazioni di nuovi sistemi di informa-
tion retrieval e nuovi sistemi di indicizzazione.
Eugene Garfield è consapevole di questi limiti ed elabora un si-
stema di indicizzazione con cui si propone di mettere gli scienziati in
condizione di conoscere con facilità quali lavori sono stati pubblica-
ti e quali colleghi stanno effettuando ricerche inerenti al loro stesso
ambito di ricerca, e il valore e l’autorevolezza di questi lavori, in altre
parole l’impatto che uno scienziato e il suo lavoro ha sulla letteratu-
ra e sul pensiero scientifico dei vari settori disciplinari.
Il funzionamento del sistema si fonda sull’indicizzazione e sul con-
teggio dei riferimenti bibliografici inseriti dagli studiosi nei lavori
scientifici pubblicati in varie riviste in un determinato periodo, che
si riferiscono ad articoli e lavori pubblicati in un periodo precedente.
In sostanza, quante volte un articolo, e il suo autore, sono stati citati
negli anni, in genere due, successivi alla sua pubblicazione. Mecca-
nismo molto simile al PageRank, l’algoritmo usato da Google per de-
finire l’importanza di una risorsa web che, ad esclusione di quelle che
pagano per essere poste in evidenza, in sintesi calcola il numero di
link che da altri siti web portano alla risorsa considerata. Un citation
index che, capovolgendo la prospettiva, viene creato usando gli au-
tori come se fossero un esercito di indicizzatori, in quanto “ogni vol-
ta che un autore fa un riferimento [bibliografico] egli in effetti sta in-
dicizzando quel lavoro dal suo punto di vista”.22
Il Citation index di Eugene Garfield in origine prese in conside-
razione ogni articolo pubblicato in un numero ristretto di riviste con-
siderate significative per la disciplina, in particolare all’inizio dell’e-
sperienza, visto il grande impulso dato alla ricerca in questi ambiti,
vennero utilizzate quelle in ambito biomedico e chimico per poi esten-
dere nel tempo la selezione alle riviste di altri settori disciplinari. Ogni
articolo venne identificato con un codice numerico formato da due
parti: la prima costituita da un numero che identificava la rivista, si-

20
Traduzione di “that can anticipate the infinite number of possible approa-
ches the scientist may require”, cfr. E. Garfield, “Citation indexes for science”, cit.,
p. 108.
21
Traduzione di “at best, offer us better consistency of indexing rather than
greater specificity or multiplicity in the subject approach”, ibidem.
22
Traduzione di “for every time an author makes a reference he is in effect in-
dexing that work from his point of view”, ivi, p. 110.
20 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

mile a quelli usati nella World List of Scienfic Periodicals o al più co-
nosciuto ISSN (International Standard Serial Number), la seconda
costituita invece da un numero progressivo assegnato arbitrariamente
agli articoli pubblicati in quella data rivista. Un esempio di codifica
preso come campione dall’articolo originale di Eugene Garfield è co-
stituito dalla sequenza numerica 11123a-687, dove 11123a è il codice
identificativo della rivista The Journal of Clinical Endocrinology and
Metabolism tratto dalla World List, mentre 687 è il codice assegna-
to per identificare l’articolo di Hans Selye “General adaptation syn-
drome”.23 Venivano poi create delle schede, in ognuna delle quali era-
no registrati il codice dell’articolo preso in considerazione, ad esem-
pio 11123s-687 per l’articolo di Selye, seguito dal codice di uno degli
articoli citati da Selye ad esempio 869-3366, una scheda per ogni ar-
ticolo citato, e l’indicazione se l’articolo citato fosse un contributo ori-
ginale (O), una rassegna (R) oppure un abstract (A). Da questa codi-
fica erano escluse le citazioni ad articoli pubblicati su riviste che non
rientravano fra quelle selezionate e autorevoli per la creazione del-
l’indice e i libri. La procedura più significativa era quella che, a se-
guire, operava l’ordinamento e la selezione delle schede: esse veni-
vano prima ordinate in base ai codici degli articoli citati, ottenendo
così dei pacchi di schede che indicavano quante volte un dato artico-
lo fosse stato citato, successivamente ogni pacco ottenuto veniva or-
dinato per i codici degli articoli nei quali era stata fatta la citazione,
ottenendo l’informazione ordinata di quali articoli e quali autori aves-
sero citato un particolare lavoro scientifico. Infine il tutto veniva pre-
parato per la stampa dell’indice delle citazioni in forma di volume.
Considerata la mole di dati che dovevano essere trattati, le informa-
zioni per la creazione del Citation Index vennero elaborate avvalen-
dosi dei primi sistemi elettromeccanici che all’epoca avevano comin-
ciato a diffondersi anche nelle biblioteche per la gestione e il controllo
dei dati bibliografici, e codificate su schede perforate. Dopo cinque
anni dalla pubblicazione dell’articolo su Science, la collaborazione
con il National Institutes of Health portò nel 1961 alla produzione e
alla pubblicazione in via sperimentale del Genetics Citation Index.
La realizzazione del Citation Index e i principi che lo resero possi-
bile, rappresentarono senz’altro per l’epoca un risultato estremamen-
te utile ed esportabile in altri campi della ricerca, in grado di fornire
agli studiosi numerose informazioni fondamentali per la loro attività:
quante volte un lavoro era stato citato negli anni successivi alla sua
pubblicazione e quindi l’impatto che un particolare articolo, assieme
all’autore che lo aveva scritto, aveva avuto sulla letteratura e sulla co-
munità scientifica di riferimento, quali studiosi si stavano occupando

23
Ibidem.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 21

di tematiche simili a quelle trattate nel lavoro preso in esame, e infi-


ne, ma non di minore importanza, una bibliografia aggiornata degli
studi più significativi e autorevoli effettuati su tali tematiche.
Uno dei principali problemi che Eugene Garfield e i suoi collabo-
ratori si trovarono in seguito a dover affrontare, fu la selezione delle
riviste ritenute significative per la disciplina. Dopo la pubblicazione
del Genetics Citation Index, si trovarono nella condizione di dover au-
mentare il numero delle riviste considerate, per ampliare la copertu-
ra disciplinare onde evitare l’esclusione di articoli rilevanti; lo stesso
problema si sarebbe poi posto per individuare le riviste da considera-
re fondamentali per la creazione di citation index in altre discipline.
Si pose quindi il problema di quali criteri adottare per individuare
le riviste maggiormente rilevanti, problema che venne risolto sem-
plicemente applicando gli stessi criteri utilizzati per la creazione del
Citation index: il numero di citazioni effettuate in un determinato
periodo, considerando però non più le citazioni agli articoli e agli au-
tori, ma alla rivista stessa. Per Garfield fu sufficiente quindi dare un
diverso ordinamento alle schede e considerare ai fini del conteggio
solo la parte di codice relativo alla rivista, invece del codice intero
che era riferito all’articolo citato, ottenendo così il numero di volte
in cui gli articoli di una rivista venivano citati: l’author citation in-
dex venne trasformato in un journal citation index, e il valore che
indicava l’impatto di un articolo, e del suo autore, sulla letteratura
scientifica, venne trasformato nel valore che indicava l’impatto del-
la rivista.24

Il Journal Impact Factor e l’oligopolio editoriale

In realtà, il solo conteggio delle citazioni risultò non essere suffi-


ciente per definire correttamente le riviste da includere nella sele-
zione, fra le riviste fondamentali comparivano solo quelle più grandi
e maggiormente citate, mentre quelle più piccole, che pubblicavano
meno articoli pur essendo altrettanto, se non più, importanti, ne ri-
sultavano escluse. Fu necessario quindi apportare dei correttivi, de-
finire gli anni di pubblicazione che dovevano essere presi in conside-
razione, e integrare il calcolo, dividendo il totale delle citazioni rice-
vute dagli articoli di una rivista, pubblicati negli anni stabiliti, per il
numero degli articoli pubblicati nello stesso periodo di tempo, arri-
vando così alla determinazione di un valore che costituiva il fattore
d’impatto della rivista, il Journal Impact Factor (JIF).

24
Cfr. Eugene Garfield, “The history and meaning of the Journal Impact Fac-
tor”, The Journal of the American Medical Association, [online], vol. 295, n. 1
(2006), p. 90, <http://jama.ama-assn.org/content/295/1/90.full?sid=383d09e4-
b822-4c8e-867b-1f8c850d7630>, (ultimo accesso: agosto 2011).
22 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

Per queste ragioni il calcolo del Journal Impact Factor viene ela-
borato in questo modo: prima viene rilevato e calcolato il numero to-
tale delle citazioni presenti in un determinato anno negli articoli di
tutte le riviste ritenute fondamentali per la disciplina, citazioni che si
riferiscono agli articoli pubblicati nella rivista per la quale si vuole
calcolare il JIF nei due anni precedenti a quello della rilevazione; suc-
cessivamente tale numero viene diviso per il numero totale degli ar-
ticoli pubblicati dalla rivista negli stessi due anni. Ad esempio, se nel
2010, in tutte le riviste considerate rilevanti ai fini dell’elaborazione,
sono stati citati 3654 volte i 72 articoli pubblicati da una particolare
rivista nel biennio 2008-2009, il JIF 2010 di questa rivista sarà cal-
colato nel modo seguente: 3654 / 72 = 50,75.
Attualmente i dati relativi al JIF sono pubblicati nel Journal Ci-
tation Report (JCR), disponibile in due edizioni, la Science Edition
per le riviste relative alle scienze matematiche, fisiche e naturali, bio-
mediche e tecnologiche, ambito scientifico indicato normalmente con
la sigla STM (Science, Technology and Medicine), e la Social Scien-
ce Edition per le riviste relative alle scienze sociali e umanistiche, in-
dicate con la sigla SSH (Social Sciences and Humanities). Il JCR fa
parte delle risorse informative disponibili nel portale Web of Know-
ledge, accessibile con la sottoscrizione di un abbonamento, realizza-
to dall’azienda Thomson Reuters, erede della ISI (Insititute for Scien-
tific Information), la storica azienda fondata dallo stesso Eugene Gar-
field.
Il processo di valutazione e selezione delle riviste da includere nel
calcolo del JIF, oggi tiene conto anche di altre variabili, ad esempio:
il rispetto degli standard minimi di pubblicazione, ossia la regolarità
di pubblicazione dei fascicoli, la struttura degli articoli conforme al-
le convenzioni editoriali per favorire il recupero delle informazioni
sull’articolo, la preferenza per la lingua inglese e che gli articoli sia-
no sottoposti al peer review come garanzia di qualità; la copertura di
nuovi ambiti disciplinari; l’internazionalità degli autori, dei curatori
e del comitato scientifico e infine la valutazione dei dati citazionali in
un contesto disciplinare omogeneo, riferita sia alla rivista, sia agli au-
tori dei lavori che vi vengono pubblicati.25
L’aspetto rilevante e inquietante del ruolo che l’Impact Factor ha
rivestito in questi ultimi decenni è come un’intuizione geniale, pen-
sata al servizio della scienza e degli studiosi, sia stata modificata e
quindi interpretata ed applicata in modo strumentale da coloro che
nutrivano interessi economici nell’ambito dell’editoria scientifica.
Tale intuizione, basata sull’indicizzazione delle citazioni rivolte ad

25
Thomson Reuters, The Thomson Reuters journal selection process, [onli-
ne], 2011, <http://thomsonreuters.com/products_services/science/free/essays/
journal_selection_process/>, (ultimo accesso: agosto 2011).
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 23

uno specifico articolo di rivista in un determinato periodo, nasce e si


sviluppa con il fine di creare un repertorio che permetta ai ricercato-
ri di conoscere quali altri studiosi si stiano occupando dello stesso
soggetto, magari anche in altri ambiti disciplinari, di fornire ad ogni
scienziato l’equivalente esteso di una personale raccolta di ritagli e
citazioni relative al suo campo di ricerca,26 di rilevare e misurare quan-
to un lavoro di ricerca abbia influenzato e stimolato lo sviluppo del-
le ricerche e della conoscenza in un determinato ambito disciplina-
re. Al contrario, la semplice operazione di riordinare l’originale indi-
ce delle citazioni degli autori nell’indice delle citazioni alle riviste, per
individuare quali di queste fossero da considerare rilevanti ai fini del-
la creazione del Citation Index, comportò la creazione del fattore che
indicava l’impatto non più degli autori o degli articoli, ma delle rivi-
ste. Questo fattore d’impatto contribuì a creare un gruppo ristretto di
riviste prestigiose, che pubblicavano principalmente in lingua ingle-
se, concentrate negli Stati Uniti, circoscritte all’ambito delle scienze
biomediche, chimiche e tecnologiche, che erano, o finirono per esse-
re, controllate da un numero ristretto di potenti editori. Agendo se-
condo quanto richiesto dal loro mestiere di commercianti, questi edi-
tori videro nella creazione di un folto nucleo di riviste fondamentali,
che non potevano mancare nelle collezioni delle biblioteche e delle
istituzioni di ricerca di tutto il mondo, una prospettiva di larghi pro-
fitti economici, sicuri e garantiti nel tempo. Venne così a crearsi una
sorta di oligopolio della conoscenza, che ebbe l’effetto di frenare e fil-
trare la diffusione e l’accesso alla letteratura scientifica e determinò
di fatto quel knowledge divide che divide ancor oggi chi può accede-
re alla scienza principale da chi invece transita e opera nella scienza
periferica.
Infatti “diventando il metro per stabilire il ‘grado’ di qualità di una
rivista, le citazioni costruiscono canali preferenziali per l’accesso ai
testi”, le riviste migliori sono quelle che ricevono più citazioni agli ar-
ticoli pubblicati, e quelle più citate sono quelle presentate e conside-
rate come più rilevanti e fondamentali; le riviste fondamentali non
possono quindi mancare nelle biblioteche delle istituzioni scientifi-
che, che per far fronte alla cronica e galoppante carenza di fondi ta-
gliano qualsiasi altro costo, ma non le riviste sulle quali transita la
scienza centrale (core science o scienza mainstream).27
Le riviste individuate come fondamentali dall’Impact Factor, co-
stituiscono in modo artificiale quella che è definita scienza centrale,
mentre tutte le altre riviste, in particolare quelle pubblicate in lingue

26
E. Garfield, “Citation indexes for science”, cit., p. 109.
27
Francesca Di Donato, “Le sfide dell’Open Access al sistema di comunica-
zione della scienza”, disponibile in SIFP. Società Italiana di Filosofia Politica, [on-
line, OA repository] (2010), p. 5, <http://eprints.sifp.it/245/>.
24 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

diverse dall’inglese, in paesi esterni all’area angloamericana e negli


ambiti disciplinari delle scienze sociali e umane, che non rientrano
nel pacchetto definito per la creazione dello Science Citation Index,
creato e gestito da una azienda privata, vanno a costituire la scienza
periferica.
Le riviste fondamentali non sono più solo il mezzo attraverso cui
l’informazione scientifica viene diffusa, ma, interpretando tale indi-
catore in un’ottica distorta,28 diventano dei brand, dei marchi di qua-
lità, su cui gli studiosi tendono a pubblicare maggiormente, per ave-
re maggiore visibilità e riconoscimento da parte della comunità scien-
tifica di riferimento. I ricercatori, pubblicando su queste riviste non
inseguono solo la visibilità e il riconoscimento, ma anche e soprat-
tutto i fondi necessari per la ricerca e la progressione nella carriera
accademica, come sostiene Francesca Di Donato: “le pubblicazioni,
valutate sia ex ante nei comitati editoriali di riviste e collane [con il
peer review n.d.a.], sia ex post, in fase di attribuzione dei fondi di ri-
cerca o di reclutamento o avanzamento di carriera, sono diventate le
banconote della scienza in un sistema che ha portato ad alcune di-
storsioni, prima tra tutte la nascita di un oligopolio editoriale, e che
con l’avvento di Internet è entrato in crisi”29.
Nei fatti, pubblicare nelle riviste con maggior Impact Factor di-
venta uno dei criteri principali per la valutazione della ricerca e de-
termina la produttività degli studiosi, mentre il fatto di non pubbli-
care su tali riviste etichetta in molti casi i ricercatori come “inattivi”,
escludendoli dai canali di finanziamento e riducendo di molto le lo-
ro prospettive di carriera. Questo è vero in particolare nelle scienze
naturali e tecnologiche, mentre in quelle umanistiche finanziamento
e carriera accademica vedono come elemento principale di valuta-
zione la pubblicazione di monografie, fatto che motiva anche la scar-
sa presenza di riviste umanistiche fra quelle considerate fondamen-
tali ai fini del calcolo dell’Impact Factor. A questo proposito è da sot-
tolineare anche la miopia di alcuni sistemi nazionali di valutazione
della ricerca, che, ai fini della progressione di carriera e della riparti-
zione dei fondi, considerano in modo preferenziale la pubblicazione
di articoli su riviste dotate di Impact Factor anche nell’ambito delle
scienze sociali e umane, e la conseguente continua petizione a Thom-
son Reuters da parte degli studiosi di questi settori disciplinari di far
includere questa o quella rivista, rilevante in un dato settore scienti-

28
Tessa Piazzini, “Gli indicatori bibliometrici: riflessioni sparse per un uso at-
tento e consapevole”, Jlis.it. Italian Journal of Library and Information Science,
[online], vol. 1, n. 1 (2010), p. 69, <http://dx.medra.org/10.4403/jlis.it-24>, (ul-
timo accesso: agosto 2011).
29
F. Di Donato, “Le sfide dell’Open Access”, cit., p. 4-5.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 25

fico, nei core journals, affinché i loro articoli vengano considerati ai


fini della valutazione.
All’interno di questo panorama, è anche da considerare che le ri-
viste con maggior fattore di impatto, e quindi più appetibili e rilevanti
per la ricerca, finiscono per essere anche quelle più costose e quindi
meno accessibili alle istituzioni di ricerca e alle nazioni con minore
disponibilità economica.
Il meccanismo che si è venuto ad instaurare, e che permane an-
cora oggi, è relativamente semplice anche se composito: gli scienzia-
ti attraverso le proprie ricerche, per lo più finanziate con fondi pub-
blici, producono la conoscenza scientifica di alto livello e poi la cedo-
no gratuitamente agli editori, che provvedono a farla valutare dai co-
mitati scientifici delle riviste conferendole autorevolezza ed ammet-
tendola nel circuito comunicativo della scienza. Infatti la pubblica-
zione, in particolare su riviste prestigiose e quindi dotate di Impact
Factor, è, specie per le scienze naturali, lo strumento sulla base del
quale vengono determinate la fama e la carriera degli accademici.
Avuta in questo modo gratuitamente la conoscenza scientifica di al-
to livello, gli editori la pubblicano nelle loro riviste e la rivendono a
caro, a volte carissimo prezzo, alle stesse università e istituzioni scien-
tifiche che l’hanno prodotta.
L’Impact Factor è stato gestito e nei fatti ha avuto il ruolo di con-
dizionare gli acquisti di periodici scientifici nelle biblioteche delle isti-
tuzioni di ricerca. Secondo Alessandro Figà-Talamanca, le riviste con
un basso Impact Factor, o che sono escluse dalla banca dati della
Thomson Reuters, non vengono più acquistate dalle biblioteche del-
le principali istituzioni di ricerca statunitensi o anglofone, vengono
chiuse o assumono un ruolo marginale nella comunicazione scienti-
fica e le riviste fondamentali diventano le uniche che vale la pena ac-
quistare. “Il risultato finale di questa evoluzione [...] è stato quello di
favorire i grandi editori commerciali, a scapito delle pubblicazioni le-
gate ad istituzioni scientifiche, specialmente quelle dei paesi europei
non di lingua inglese, di far lievitare i costi delle pubblicazioni, e di
far aumentare [...] il numero delle riviste di ‘alto prestigio scientifi-
co’ e degli articoli pubblicati su riviste di alto prestigio”.30
Avendo di fatto il monopolio della comunicazione scientifica cen-
trale, i pochi editori che possiedono le riviste fondamentali e la qua-
si totalità degli altri periodici scientifici, hanno nel tempo attuato una
politica dei prezzi che ha visto un aumento del costo dei periodici tra

30
Alessandro Figà-Talamanca, “L’Impact Factor nella valutazione della ricer-
ca e nello sviluppo dell’editoria scientifica”, [online], in SINM 2000: un modello
di sistema informativo nazionale per aree disciplinari, Lecce, 2-4 ottobre, 2000,
<http://siba2.unile.it/sinm/programma4sinm.htm>, (ultimo accesso: agosto
2011).
26 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

il 1975 e il 1995 del 300% non considerando l’inflazione31 e, conside-


rando gli anni a noi più vicini, il trend di crescita non si è rallentato,
infatti le ultime indagini effettuate indicano un aumento medio an-
nuo del costo dei periodici tra il 2005 e il 2011 pari a circa l’8,5%.32
In sostanza, secondo Jean Claude Guédon, la mancanza di concor-
renza nell’editoria scientifica, il moltiplicarsi delle università nel se-
condo dopoguerra e la necessità delle istituzioni di ricerca di accede-
re all’informazione scientifica di qualità hanno finito per creare un
mercato in cui il prezzo in continua ascesa dei periodici non ha in-
fluenzato se non in forma marginale la sottoscrizione degli abbona-
menti da parte delle biblioteche; infatti “ciò che i bibliotecari consi-
deravano quali cruciali riviste fondamentali, veniva trasformato da-
gli editori in elemento costitutivo di un ‘mercato anelastico’, ovvero,
di un mercato in cui la domanda era poco influenzata dai prezzi”.33
L’analisi delle citazioni bibliografiche, è stata applicata per scopi
diversi da quelli di strumento a supporto della ricerca scientifica per
i quali era stata in origine sperimentata: attraverso l’Impact Factor e
la conseguente artificiale creazione di un numero ristretto di riviste
fondamentali, con il controllo del mercato della conoscenza scienti-
fica, l’aumento incontrollato dei prezzi dei periodici e la limitazione
o esclusione dell’accesso a tale conoscenza per le istituzioni e i Paesi
che non ne hanno i mezzi, ha di fatto fortemente incrinato uno dei pi-
lastri fondamentali, forse il più importante tra i criteri distintivi, del-
la scienza moderna, quello che Robert K. Merton ha definito come il
comunismo della scienza.
I risultati della ricerca scientifica sono un bene della comunità e
come tali devono essere resi pubblici e resi accessibili a tutti coloro
che ne abbiano interesse, studiosi o semplici cittadini, e questo, a cau-
sa degli effetti a cascata provocati dall’utilizzo a fini commerciali del-
l’Impact Factor e, se vogliamo, da “l’ottica distorta con cui viene let-
to tale indicatore”34 non era più vero, o almeno non lo era più com-
pletamente. Si era, in realtà si è, venuta a creare in ambito scientifi-
co una condizione molto simile alle enclosure nell’agricoltura ingle-

31
F. Di Donato, “Le sfide dell’Open Access”, cit., p. 5.
32
Per un maggiore approfondimento sul tema dell’aumento del costo dei pe-
riodici vedi le indagini effettuate annualmente nel settore e pubblicate nella rivi-
sta Library Journal: Stephen Bosch, Kittie Henderson et al., “Periodicals Price
Survey 2011. Under Pressure, Times Are Changing”, Library Journal, [online] (2011),
(e-pub 14 aprile 2011), <http://www.libraryjournal.com/lj/ljinprintcurrentissue/
890009-403/periodicals_price_survey_2011_.html.csp>, (ultimo accesso: set-
tembre 2011); Lee C. Van Orsdel e Kathleen Born, “Reality Bites. Periodicals Pri-
ce Survey 2009”, Library Journal, [online] (2009), (e-pub 15 aprile 2009),
<http://www.libraryjournal.com/article/CA6651248.html>, (ultimo accesso: set-
tembre 2011).
33
J.-C. Guédon, Per la pubblicità del sapere, [online], cit., p. 40.
34
T. Piazzini, “Gli indicatori bibliometrici”, cit., p. 69.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 27

se, che tra il XVII e la prima metà del XIX secolo recintarono e parcel-
lizzarono gli open field, i terreni comuni, a favore dei singoli pro-
prietari terrieri, concentrarono la proprietà terriera nelle mani del-
l’aristocrazia inglese, provocando “la sparizione parziale o completa
dei campi aperti e l’emancipazione dell’agricoltore singolo dal con-
trollo della comunità”.35
La comunità scientifica internazionale ha sopportato questi vin-
coli alla circolazione delle informazioni scientifiche fino a quando,
complice anche lo sviluppo della Rete e dei mezzi di comunicazione
basati su di essa, e la crescente disponibilità di basi dati bibliografi-
che e di strumenti che consentono la ricerca e l’elaborazione delle ci-
tazioni, sul finire del secolo scorso, sono cominciate a sorgere diver-
se iniziative per contrastare il circolo non virtuoso in cui la comuni-
cazione scientifica era, ed in parte è ancora, imprigionata.
La reazione della comunità scientifica si è sviluppata in due dire-
zioni ben precise: l’elaborazione di indicatori alternativi basati su
principi diversi da quelli dell’Impact Factor per la misurazione ex-po-
st della ricerca scientifica, e lo sviluppo di sistemi di comunicazione,
diffusione e accessibilità dei risultati della ricerca aperti, esterni ed
estranei all’oligopolio commerciale dell’editoria scientifica.

Criticità dell’Impact Factor e indicatori bibliometrici alternativi

Benché i sostenitori dell’Impact Factor lo sostengano da sempre


in svariati modi e con diverse motivazioni, l’argomento principale a
sostegno di questo indicatore è l’obiettività: un calcolo matematico
che prescinde da valutazioni soggettive; anche se questo non è del tut-
to vero perché si tratta di un calcolo che può essere soggetto a diver-
se manipolazioni.
L’obiettività dell’Impact Factor è considerata un elemento deter-
minante per una valutazione burocratica della ricerca, ad esempio,
da parte di chi ha il compito di assegnare i finanziamenti per dei pro-
getti scientifici senza che gli sia richiesta una competenza specifica
nelle diverse discipline o una conoscenza delle riviste di riferimento
per ogni ambito disciplinare; affidarsi all’indicatore di impatto risul-
ta comunque utile all’interno di quelle comunità scientifiche che non
hanno, per motivi diversi, la possibilità di effettuare autonomamen-
te una valutazione dei prodotti della ricerca.36
35
Bernard Hendrik Slicher van Bath, Storia agraria dell’Europa occidentale
(500-1850), Torino, Einaudi, 1972, p. 230-234 e 300-301. Vedi anche la voce “En-
closures”, in Wikipedia. L’enciclopedia libera, [online], 24 luglio 2011,
<http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Enclosures&oldid=42233914>, (ul-
timo accesso: settembre 2011).
36
A. De Robbio, “Analisi citazionale e indicatori bibliometrici nel modello Open
Access”, cit., p. 12.
28 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

Le manipolazioni a cui può essere soggetto il calcolo dell’Impact


Factor sono diverse e, fra queste, emerge in primo luogo il fatto che
un ricercatore scelga a priori di pubblicare su riviste comprese fra
quelle definite fondamentali, magari dotate di fattore d’impatto più
alto, creando un circolo non virtuoso che continua ad escludere le ri-
viste estranee alla base dati di Thomson Reuters. I ricercatori che pub-
blicano su una di queste riviste possono anche, volontariamente o in-
dotti dalle indicazioni editoriali magari camuffate da suggerimenti
dei revisori, citare preferibilmente i lavori pubblicati sulla stessa ri-
vista, contribuendo a mantenere o ad alzare ulteriormente il suo Im-
pact Factor; con le stesse finalità i ricercatori appartenenti a comu-
nità scientifiche o a gruppi di ricerca ristretti possono citarsi reci-
procamente, aumentando artificialmente il numero delle citazioni in-
dirizzate ad articoli pubblicati dalle stesse persone del gruppo nelle
stesse riviste.
Fra le criticità imputate dalla comunità scientifica al calcolo del-
l’Impact Factor, è da considerare il gruppo ristretto delle riviste in-
cluse nella base dati di Thomson Reuters, che esclude in questo mo-
do riviste comunque significative solo per il fatto che non pubblica-
no in lingua inglese o vengono pubblicate con una periodicità irre-
golare. Non vengono calcolate inoltre ai fini dell’Impact Factor, le ci-
tazioni di lavori molto significativi che vengono resi pubblici in for-
ma non convenzionale, ad esempio come preprint, prima di essere
pubblicati a stampa spesso con ritardi anche significativi; allo stesso
modo il calcolo non considera le differenze citazionali fra i diversi
campi disciplinari nei quali le citazioni vengono utilizzate in modi e
quantità che variano da disciplina a disciplina, falsando ad esempio
il fattore d’impatto di una rivista di matematica rispetto ad una di chi-
mica. Anche il conteggio delle citazioni effettuato dalla Thomson Reu-
ters sembra essere approssimativo, in quanto non fa distinzione fra
citazioni effettive, autocitazioni e citazioni reciproche, considera al-
lo stesso modo le citazioni utilizzate in senso positivo a supporto di
una tesi e quelle invece negative, rivolte a lavori che vengono messi
in discussione nel corso del lavoro di ricerca.
Per questi motivi, e grazie anche alla diffusione e alla facilità di
accesso alle informazioni consentita dalla Rete, la comunità scienti-
fica ha elaborato nel tempo degli indicatori d’impatto in grado di cor-
reggere le criticità intrinseche dell’Impact Factor e di limitare le pos-
sibilità di manipolazione dei dati da utilizzare nel computo dell’indi-
catore.
Fra i molti, è opportuno ricordare l’Eigenfactor, il portale SCI-
mago, l’H-index e EERQI che sono stati ideati e messi a punto da stu-
diosi e istituzioni scientifiche distanti dalle logiche commerciali e svin-
colate dagli ambiti editoriali, che sono liberamente accessibili in Re-
te e utilizzabili in forma gratuita.
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 29

L’Eigenfactor è stato sviluppato all’interno di un progetto di ri-


cerca accademica dal Bergstrom lab del Dipartimento di Biologia del-
l’Università di Washington, con lo scopo di valutare l’influenza delle
riviste scientifiche tenendo in considerazione la differenza dell’uso e
della frequenza delle citazioni nei diversi campi disciplinari. Per “pe-
sare” l’influenza delle riviste il progetto Eigenfactor utilizza la Teoria
delle Reti (Network Theory) allo stesso modo in cui Google basa il
proprio algoritmo di ranking per valutare l’influenza delle pagine
web. La base di dati utilizzata per i calcolo delle citazioni è però sem-
pre il Journal Citation Report di Thomson Reuters, per cui a parte gli
aspetti rilevanti di essere liberamente accessibile e di pesare l’indice
di impatto in base alle caratteristiche citazionali della disciplina, il
calcolo viene sempre effettuato su un gruppo circoscritto di riviste,
quelle ritenute fondamentali per il calcolo dell’Impact Factor, con tut-
ti i limiti che come si è visto questo comporta.37
Sempre in ambito accademico il portale SCImago viene sviluppa-
to dalla collaborazione fra tre università spagnole, quella di Grana-
da, la Carlos III di Madrid e l’università Alcalá di Henares, con lo sco-
po dichiarato di “ottenere una rappresentazione grafica della ricerca
scientifica in ambito IberoAmericano”.38 In realtà la copertura è di li-
vello internazionale visto che l’elaborazione dell’indicatore di impat-
to si basa sull’estesa base dati bibliografica Scopus,39 realizzata dal-
l’editore Elsevier con finalità commerciali per opporsi allo strapote-
re informativo del Web of Knowledge di Thomson Reuters. L’elabo-
razione dell’algoritmo per il calcolo dell’indicatore SCImago Journal
Rank indicator è derivata ancora una volta dal Google PageRank,
considera e pesa la differenza fra le caratteristiche citazionali delle
diverse aree scientifiche e valuta in modo separato le autocitazioni,
ma rispetto all’Eigenfactor consente di ottenere oltre al grado di in-
fluenza della rivista, anche quello delle diverse nazioni presentato in
modalità tabellare e grafica.40

37
Eigenfactor. Overview, [online], University of Washington, 2011,
<http://www.eigenfactor.org/methods.php>, (ultimo accesso: settembre 2011).
Per una più dettagliata trattazione dell’Eigenfactor e degli altri indicatori biblio-
metrici alternativi all’Impact Factor si vedano i già citati lavori di Tessa Piazzini e
di Antonella De Robbio: A. De Robbio, “Analisi citazionale e indicatori bibliome-
trici nel modello Open Access”, cit; T. Piazzini, “Gli indicatori bibliometrici”, cit.
38
Cfr. la sezione “About us” del portale SJR. SCImago Journal & Country
Rank, [online], Scimago Lab, 2011, <http://www.scimagojr.com/aboutus.php>,
(ultimo accesso: settembre 2011).
39
Il database Scopus mette a disposizione a pagamento la possibilità di effet-
tuare ricerce su oltre 45 milioni di records, il 70% dei quali relativi a pubblicazio-
ni internazionali. Per maggiori informazioni sulla copertura della base dati, cfr. la
sezione “About Scopus” del portale Scopus. Welcome to Scopus, [online], Elsevier,
2011, <http://www.scopus.com/home.url>, (ultimo accesso: settembre 2011).
40
Cfr. SJR. SCImago Journal & Country Rank, [online], cit.
30 LA CITAZIONE BIBLIOGRAFICA NEI PERCORSI DI RICERCA

Entrambi i sistemi, SCImago e Eigenfactor, basano il calcolo del-


l’indicatore sulle citazioni ricevute da una rivista nei 5 anni prece-
denti, invece dei due considerati per il calcolo dell’Impact Factor, in
quanto il tempo necessario ad un lavoro scientifico per venire meta-
bolizzato dalla comunità di riferimento e ricevere quindi delle cita-
zioni varia da disciplina a disciplina.
L’H-index o indice di Hirsch non è un portale che calcola l’impatto
di una rivista o di una nazione nella comunità scientifica internazio-
nale basandosi su basi dati bibliografiche, commerciali o meno. È in-
vece un algoritmo di calcolo della produttività e dell’impatto del la-
voro di uno scienziato, elaborato nel 2005 da Jorge E. Hirsch, pro-
fessore di fisica all’Università della California a San Diego, con lo sco-
po di misurare la distribuzione delle citazioni ricevute dalle pubbli-
cazioni di un ricercatore. L’indice di Hirsch viene calcolato conside-
rando il numero totale delle pubblicazioni prodotte da uno scienzia-
to e determinando il numero n delle sue pubblicazioni che hanno ri-
cevuto un numero di citazioni uguale o superiore a n, quindi un ri-
cercatore avrà come H-index 10, se almeno 10 delle sue pubblicazio-
ni hanno ricevuto 10 o più citazioni.41
Infine fra i molti indici e siti elaborati dalla comunità scientifi-
ca internazionale per calcolare in modo sempre più oggettivo e cor-
retto la produzione scientifica e l’influenza di una ricerca, di un ri-
cercatore, di una rivista o di una nazione, si ritiene significativo se-
gnalare il progetto EERQI (European Educational Research Quality
Indicators) avviato dalla Comunità Europea all’interno del VII pro-
gramma quadro. Il progetto EERQI nasce con lo scopo di migliora-
re la visibilità mondiale e la competitività della ricerca accademica
europea.42 In particolare fra gli obiettivi del progetto rientra quello
di sviluppare un prototipo in grado di misurare e rendere visibile la
ricerca scientifica europea superando i limiti intrinseci dell’Impact
Factor e in parte quelli degli altri indicatori; un sistema che consi-
deri le riviste pubblicate in area europea uscendo dalla selezione
centrata sulle case editrici statunitensi, che non limiti all’inglese la
lingua utilizzata per la pubblicazione e che, soprattutto, consideri
anche le riviste pubblicate nell’ambito delle scienze sociali e uma-
nistiche (SSH).

41
Jorge E. Hirsch, “An index to quantify an individual’s scientific research out-
put”, disponibile in ArXiv, [pdf, online], vol. 10, (e-pub 29 settembre 2005),
<http://dx.doi.org/10.1073/pnas.0507655102>, (ultimo accesso: settembre
2011).
42
About EERQI, [online], EERQI consortium, 2010, <http://www.eerqi.eu/
page/about-eerqi>, (ultimo accesso: settembre 2011).
I. La citazione bibliografica nella comunicazione 31

3. Il movimento Open Access

La risposta della comunità scientifica all’oligopolio instaurato dai


grandi editori americani, al conseguente aumento dei prezzi delle ri-
viste scientifiche e ai vincoli posti alla libera circolazione della co-
municazione scientifica, si è concretizzata anche nel movimento Open
Access che si propone, per mezzo della Rete, di promuovere e rende-
re l’accesso alla letteratura scientifica libero e illimitato.
Andando però a guardare la timeline, la cronologia, del movimento
Open Access pubblicata nella Open Access Directory della Simmons
University di Boston,43 risulta evidente che l’esigenza di rendere ac-
cessibile la letteratura scientifica non è un fenomeno degli ultimi an-
ni ma è sempre stata fortemente sentita dai ricercatori. Infatti, già nel
1966 la timeline registra la realizzazione di basi dati di notizie bi-
bliografiche liberamente accessibili come Medline per la medicina,
seguito da ERIC (Educational Resources Information Center) per la
letteratura in ambito pedagogico, realizzate con i primi elaboratori
elettronici allora disponibili. Nello stesso periodo gli studiosi statu-
nitensi in ambito biomedico, matematico e della fisica sperimentano
lo scambio di fotocopie di preprint,44 versioni dei lavori di ricerca di-
stribuite prima della pubblicazione a stampa su una rivista, ideal-
mente continuando la logica della comunicazione scientifica per via
epistolare già viva ai tempi di Galileo Galilei. Seguono progetti di ac-
cesso libero alla conoscenza non coperta dal diritto d’autore, come il
Progetto Gutenberg avviato nel 1971 da Michael S. Hurt inventore e
pioniere dell’e-book, o gli esperimenti per realizzare, sfruttando le
nuove possibilità offerte da Internet, le prime riviste consultabili li-
beramente online, come Psycoloquy rivista fondata nel 1989 da Ste-
van Harnad, uno dei padri del movimento Open Access.
In realtà la prima vera reazione accademica alla proprietà e al con-
trollo degli editori sulla letteratura scientifica, può essere ricondotta
al 1991 quando Paul Ginsparg, del Los Alamos National Laboratory
(USA) sviluppò e rese liberamente accessibile agli studiosi l’archivio
elettronico in cui i ricercatori di matematica e di fisica avevano de-
positato i preprint dei loro lavori. Il deposito di preprint era per gli
studiosi di questi settori disciplinari una prassi consolidata per ren-
dere immediatamente pubblici i propri lavori, per affermare la prio-
rità su una ricerca e sottoporla alla discussione nella propria comu-
nità scientifica, i lavori venivano rivisti e depositati anche in più ver-

43
Timeline of the open access movement, [wiki, online], ultimo aggiornamento
30 novembre 2010, <http://oad.simmons.edu/oadwiki/index.php?title=Timeline&
oldid=12047>, (ultimo accesso: settembre 2011).
44
Mauro Guerrini, Gli archivi istituzionali. Open access, valutazione della ri-
cerca e diritto d’autore, Milano, Bibliografica, 2010, p. 11.

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