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Zona PROMISE – 2011/2012

Percorso metodologico sull’Autonomia e la Vita di Squadriglia

lunedì 5 marzo 2012

Introduzione – Racconto:
“Al termine del mio Campo Scuola, il Capo campo ci disse «Ricordate che tutte le aberrazioni metodologiche saranno perdonate
tranne quelle contro la Squadriglia».
A pensarci bene «In principio fu la Squadriglia...»; questa è l’intuizione più originale di B.-P. tanto è vero che al quartier generale
degli Scouts Americani l’immensa statua di B.-P., nota per la collana regalatagli dal capo indiano e composta (meraviglia!) di ben
8.329 zoccolette, sta sul piedistallo su cui è scritto semplicemente «B.-P. inventore della Squadriglia».
Alcuni denigratori del fondatore sostengono che l’idea gli venne per pigrizia in quanto era troppo difficile e faticoso seguire perso-
nalmente tutti i ragazzi e perciò inventò il modo per farli essere ognuno responsabile dell’altro. Costoro che io chiamo i CapiPiovra
sono acerrimi nemici della Squadriglia, hanno un tentacolo per ogni ragazzo e tante ventosine su ogni tentacolo per quanti sono gli
obiettivi della progressione personale, spesso amano farsi chiamare educatori piuttosto che Capi e sono molto meticolosi e precisi
ma si scoprono facilmente, chiedendo loro a bruciapelo cosa vedono nel praticello di fronte la sede: mai una volta che ti dicessero «I
bufali della prateria».
Questa pericolosa setta tende a giustificare la progressiva invasione del Reparto, l'esproprio che ne fa a danno dei ragazzi proprio
con la presunta incapacità dei ragazze a gestirsi responsabilmente ma non si avvede che tale incapacità non è la causa ma l’effetto
dell’aver minato alla base il sistema della Squadriglia.
Non è corretto togliere il carburatore e poi dire che la macchina non funziona”
(Roberto Lorenzini)

Una delle più geniali intuizioni di Baden Powell nel fondare lo scautismo è stata quella di ideare il "Sistema delle
Pattuglie" o squadriglie, come si chiamano nello scautismo italiano. L'idea di Baden Powell - al solito - è stata quella di
sfruttare una naturale disposizione dei ragazzi per soddisfare la loro esperienza di crescita.
Il Sistema delle Squadriglie è qualcosa di unico e specifico dello scautismo.
E’ certamente vero che le dinamiche di relazione (il modo di stare insieme) dei preadolescenti sono oggi molto diverse
da quelle individuate da B.P. all’inizio del 900. I ragazzi (e le ragazze non sono molto diverse) a 11/12 anni non si
ritrovano più spontaneamente in gruppi, e meno che mai questi gruppi sono verticali dagli 11 ai 15 anni.
Certamente non c’è più l’abitudine (se non nei paesi molto piccoli) di ritrovarsi liberamente il pomeriggio in strada, in
cortile, nel parco o nell’oratorio “a passare insieme le ore libere”.
Il tempo libero è diventato una preziosa rarità: l’iscrizione a corsi sportivi, musicali o di altro tipo è un vero ostacolo al
formarsi di un nucleo di amici “stabile nel tempo e che vive insieme per un periodo consistente della giornata”.
Inoltre è certamente forte la sollecitazione ad un individualismo egoistico che, come gli adulti, anche i ragazzi vivono
nella società (per loro la scuola, i rapporti con gli adulti, le relazioni tra coetanei, ecc).
Tutto questo è certamente motivo vero per riflettere sulla validità oggi della Squadriglia quale modello di
aggregazione per gli adolescenti. E’ certo che, spontaneamente, oggi la Sq da sola non si forma, non funziona, risulta
uno strumento che non va!
Per esperienza diretta, più e più volte sperimentata, è però importante sapere che i meccanismi, le dinamiche di
relazione del piccolo gruppo verticale che richiede a tutti responsabilità individuali e protagonismo attivo non sono
assenti dall’indole di ragazze e ragazzi degli anni 2000: sono latenti, risultano assopiti, quasi attutiti, sepolti per le
prevalenti e più massicce sollecitazioni comportamentali di senso opposto subìte fin dall’infanzia.
Però…. quando un ragazzo, una ragazza di 11/12 anni riesce a sperimentare realmente ed in modo corretto “la
dinamica della Sq” è come se recuperasse interessi e motivazioni interiori che non sapeva di possedere (perché prima
mai sollecitato a sperimentarli) e gradualmente “rinascono” motivazione personale, spirito d’iniziativa, senso
dell’avventura, gusto per la sfida e per il coinvolgimento con altri coetanei su obiettivi comuni.
Ugualmente per i 15/16enni (i CSq, le CSq) : non è per loro spontaneo, naturalmente non trovano motivo di interesse
di farsi carico, prendersi cura di ragazzi/ragazze più piccoli (12/13enni): quando, però, avendo sperimentato una
“positiva dinamica di Sq” tra i 12 e i 14 anni sono sostenuti e motivati (dai capi) ad affrontare la sfida di responsabilità
e di guida della Sq … il sistema funziona anche oggi !!!!
Ovviamente con la Sq devono poi funzionare correttamente tutti gli altri strumenti del metodo E/G (co-gestione, Alta
SQ, Con.Ca., rapporto capo-ragazzo, avventura, impresa, ecc).
Il ruolo del capo oggi è più importante di ieri nel sostenere, motivare, perché tutto si metta in moto e cominci a
funzionare. Certamente ieri (15/20 anni fa) era più semplice: la Sq era un modo più spontaneo di fare per ragazzi e
ragazze ed anche il ruolo dei capi era meno faticoso ed impegnativo.
Oggi questa è la sfida educativa più importante: saper dare agli 11/12enni una ragione credibile e convincente per
giocarsi in modo impegnativo in Sq, per osare il proprio futuro in modo non banale ma avvincente.
PREMESSA
Preadolescenza (10-14 anni) e adolescenza (14-18 anni) sono età rispetto alle quali occorre fare alcune considerazioni.
E’ importante studiare le caratteristiche generali dei ragazzi e il contesto nel quale vivono perché facciamo
educazione, e per fare educazione la prima cosa che dobbiamo e possiamo fare è di osservarli con atteggiamento di
simpatia, per poter individuare tutti gli aspetti del loro carattere, positivi e negativi che siano.
Ci si domanda fino a quale età si possa parlare di adolescenza, 12-20 anni? Biologicamente l’adolescenza inizia anche
prima, socialmente è posticipata fino ad un’età indefinita (purtroppo) dal momento in cui nella società attuale è
difficile poter progettare la propria vita.
Gli adolescenti “canonici” sono caratterizzati da:
- Modificazioni del corpo (fisico e pensiero)
- Ruolo sociale, propria identità
- Relazioni con i pari
- Disagio, rischio, sballo
Bisogna guardare i ragazzi con atteggiamento positivo, senza porre in loro la nostra invidia perché “noi non
avevamo/non potevamo, quando eravamo ragazzi noi…” NO! E’ un’età positiva, passaggio indispensabile per la vita e
ricco di cambiamenti.
1. MODIFICAZIONI DEL CORPO
L’altezza aumenta di 6-15 cm circa; aumenta il peso corporeo (anche il tessuto adiposo, il che per le donne è un grosso
disagio); modificazioni dei caratteri sessuali primari e secondari (ci si sente in un corpo diverso e forse, per alcuni versi,
poco accettato); sviluppo sessuale (per le donne: difficoltà e impaccio nella gestione del ciclo se si è via con gli amici o
se si sta male); modificazione della voce (l’uomo passa repentinamente da una voce infantile a quella di un “orco”);
crescita di barba e peli
Il corpo è quindi cambiato, cresciuto, mentre lo sviluppo sociale non c’è ancora stato.
Vi è la modifica del pensiero: da concreto a ipotetico-deduttivo (prima dei 12 anni non si riesce a parlare di cose
astratte…pensate anche ai programmi scolastici, alle difficoltà che si incontrano a parlare di cose “ipotetiche” con i
lupetti/coccinelle). Da qui nasce la possibilità nuova di porsi delle domande e di fare dei ragionamenti anche
complessi.
Il ragazzo sente la necessità di sperimentare questo nuovo modo di pensare. Da qui nascono i conflitti, si mette tutto
in discussione, si criticano le regole. Questo avviene perché il ragazzo vuole rendersi consapevole di ciò che fa e per
esserne consapevole lo deve analizzare, distruggere e ricreare.
2. IL RAGAZZO CERCA DI CAPIRSI
In questo momento il giudizio degli altri, il giudizio che gli altri hanno su di sé diventano fondamentali. Il ragazzo vuole
sentire che ha successo e quindi cerca il giudizio positivo delle altre persone, soprattutto delle persone care,
fondamentale per creare e accrescer la propria autostima. Questo lo si sperimenta mostrando il proprio fisico,
puntando a dei buoni risultati a scuola e nello sport e mostrando una buona condotta.
Bisogna anche ricordarsi che prima si voleva diventare grandi per poter essere autonomi. Oggi non serve crescere per
sperimentare la genialità e non si ha fretta di crescere perché regna l’incertezza sociale. Il problema più grosso per un
adolescente è dunque solo quello di essere accettato dal gruppo e di avere un’immagine esterna positiva. Il ragazzo
adolescente ha paura dell’inadeguatezza. Per questo motivo gli sembra quasi indispensabile dover soddisfare a tutti i
costi le sue pulsioni e soddisfare il piacere, fino ad arrivare a mettere in secondo piano la realtà e la propria sicurezza
(=uso di sostanze e comportamenti a rischio). Si è alla ricerca di conferme e di essere apprezzati ed amati. Ma noi
viviamo in un’epoca in cui la persona è considerata non per quello che è ma per quello che sembra, per il personaggio
che rappresenta. Si perde dunque la sicurezza di se (io non valgo nulla se non assomiglio al tale attore, cantante,
velina,…).In questo contesto (sono il personaggio che recito) è però difficile creare delle relazioni e delle relazioni
d’amore vere. Prende dunque spazio l’amore superficiale, basato solo sull’esteriorità e sul piacere, come un antidoto
alla solitudine. Del resto, anche la pubblicità sponsorizza questi atteggiamenti e ci fa credere che il mondo è tutto
attorno a noi… non dentro di noi!
E’ da molto tempo che la società ci abitua a “rimanere al riparo dal dolore e dalla sensazione di avere bisogno”,
facendoci evitare ogni sofferenza, facendoci credere che noi non sbagliamo mai, non dobbiamo correre rischi e quindi
dobbiamo anche evitare le responsabilità eccessive (che ci espongono al rischio e al dolore del fallimento, alla
preoccupazione e alla possibilità di dover avere bisogno di altri). Forse è anche epr questo motivo che i ragazzi iniziano
delle relazioni affettive che poi, quando cominciano a sentire la paura del coinvolgimento vero, le abbandonano
improvvisamente e senza alcuna spiegazione.
3. IL RAPPORTO CON I COETANEI
Nell’età adolescenziale si formano i gruppi di amicizie, basati su delle relazioni selettive (non siamo tutti amici, io gli
amici me li scelgo), all’interno del quale costruisce il proprio “sé”.
Il ragazzo ha bisogno di capire chi è lui, se è accettato, se è simpatico,… ponendosi milioni di interrogativi. Creando la
propria identità, vuole cercare di essere diverso dai propri genitori, cercando il proprio sé nell’individualità e nella
diversità.
Si formano dei gruppi di amicizie preferibilmente monosessuati, ove però gruppi di maschi e di femmine si
confrontano fra di loro, si prendono in giro e si “studiano” a vicenda. All’interno del gruppo c’è un rapporto di fiducia
molto bello e positivo, generoso.
4. RELAZIONI CON I GENITORI
Il ragazzo adolescente è alla ricerca della propria autonomia perché vuole staccarsi dai suoi genitori. E’ per questo
motivo che cerca con loro delle rotture, entra in conflitto e critica il modello di adulto che ha (prof, genitori). Se infatti
il ragazzo non si ponesse in un atteggiamento di critica e di conflitto, farebbe più fatica a distaccarsi da queste persone
(a cui vuole comunque bene). I genitori inoltre proiettano molte aspettative sui ragazzi (spesso sono quelle a cui loro,
da ragazzi, non hanno saputo dare risposta) e questo crea tensione su di loro e queste tensioni “istigano” ancora di più
il conflitto.
Questo si traduce anche nel “riempire smisuratamente il tempo libero” di attività extrascolastiche, per fare in modo
che il figlio abbia maggiori possibilità di successo, togliendolo dalle attività in cui non va bene o non è molto portato,
senza fargli sperimentare la fatica per il raggiungimento del successo o l’esperienza dell’insuccesso. Questo però non
permette ai ragazzi di sperimentare alcuni sentimenti e dunque di avere anche paura di affrontare, ad esempio, la vita
a due, incapaci di creare delle relazioni vere anche se poi magari sono persone brillanti dal lato delle prestazioni
tecniche.
Le conseguenze sono che i ragazzi sfuggono il conflitto diretto, il confronto con gli adulti su tematiche vitali-profonde
e serie, rifugiandosi invece nei social network, chat e posta elettronica (non controllati dai genitori) o ritrovandosi tra
amici.
Bisogna inoltre ricordare che si è i un contesto sociale nel quale si è perso il ruolo autorevole del genitore, spesso non
si sa chi è il padre e/o la madre, i loro ruoli e il senso delle norme da loro proposte.
Si è di fronte ad un aumento di tolleranza nell’uso di sostanze quali alcool, cannabis, cocaina nei giovani e una
diminuzione della percezione del rischio. Inoltre si è diffusa l’abitudine al “farsi male”da soli: piercing, tatuaggi,piccoli
tagli sui polsi e filosofie che fanno della morte e del dolore un fine, come gli “Emo”. Come se fossero di riti da
passaggio condivisi per passare all’età adulta.
CONCLUSIONI
Guardare con atteggiamento positivo i ragazzi preadolescenti e adolescenti perché ci sono fin troppe persone che
creano disagio, tensione e con cui sono in disaccordo. Hanno la necessità di sentirsi sostenuti ed apprezzati. Il capo
reparto in questo senso è un “adulto che sta dalla loro parte”, rileggendo in chiave positiva tutte le loro potenzialità,
dandogli sempre la possibilità di riprovarci, di non molare e di fare emergere le sue caratteristiche positive, anche
sperimentando la fatica , lo sbaglio e la necessità di “sapersela cavare”.
I ragazzi sono grandi e vanno trattati come tali, stimolando in loro il confronto, mettendo in discussione le certezze.
Possiamo far capire loro che per avere successo nelle cose e nella vita occorre tempo e gradualità (non “tutto subito”).
Bisogna far vivere ai ragazzi esperienze vere, reali che lasciano il segno, allontanandoli da quelle virtuali. La vita di sq è
fondamentale per poter fare esperienza di condivisione, collaborazione, confronto e correzione fraterna.
Compito del capo è quello di camminare accanto al ragazzo, proporre un confronto (che non vuol dire “raccontargli
fatti propri”), essere persone di riferimento essendo semplicemente se stessi con atteggiamento positivo (ma non il
capo-superman), riconoscendo i propri limiti ed essendo per loro un esempio anche nel vivere la propria fede.
Gli adolescenti sono l’immagine di un progresso evolutivo o di un disturbo evolutivo? Anche qui la risposta determina
il tipo di attività educativa.
Se è un progresso evolutivo, si sta attenti a sfruttare tutti i passi che l’adolescente mette uno accanto all’altro,
misurando l’efficacia dell'intervento educativo con la maturazione progressiva.
Mentre si vede che dalla prima alla seconda e terza media i preadolescenti maturano, negli adolescenti questo non si
vede più, non c’è più un progresso di maturazione lineare.
L'adolescenza infatti è un disturbo evolutivo: è il famoso momento "dei salti", degli alti e dei bassi, quella età in cui
non si riesce a dare uno sviluppo lineare alla crescita.
Se allora questo è vero, diventano preziose tante osservazioni: non è giusto scoraggiarsi al primo insuccesso perchè è
ancora da decidere se questi salti in alto e in basso siano successi o insuccessi, così come non è giusto esaltarsi per
certi comportamenti emotivi particolarmente positivi.
Queste due premesse permettono di guardare dentro queste età con fiducia e senza drammi, con creatività e con
passione educativa.
Le Tipologie di AGGREGAZIONE di preadolescenti e adolescenti
1) L'aggregazione più diffusa è la compagnia
I ragazzi fanno volentieri compagnia. La compagnia è una aggregazione che ha una struttura debole: si differenzia
dalla banda perché non c'è nessun capo.
Nella compagnia le relazioni tra le persone sono soprattutto volte alla ricerca della somiglianza (tendenza
all’appiattimento).
La dinamica è quella del rinforzo: si va alla compagnia per darsi ragione gli uni gli altri, non c'è grande consapevolezza
di dove si vuole arrivare. I preadolescenti la compagnia se la fanno possibilmente lontano dagli sguardi degli adulti.
Gli adolescenti -al contrario- fanno compagnia in luoghi più centrali di incontro, spesso seduti sui motorini, ai Mc
Donald’s, nei bar, alle sale gioco, davanti ai negozi casual o in luoghi di ritrovo caratteristici.

2) L'aggregazione più praticata è la classe


La classe è quella specie di gruppo in cui le persone vanno non perché si sono scelte, come avviene per la compagnia,
ma perché devono arrivare ad un obiettivo: andare a scuola o fare catechismo o giocare in squadre sportive.
La classe determina molto l’adolescente nella sua vita, ma la struttura di questa aggregazione, in cui solitamente
vengono distribuiti una serie di incarichi, non è molto forte perché non ci sono grossi leaders al suo interno e le
relazioni sono in genere superficiali. La dinamica di questo tipo di aggregazione è quella del mantenimento: ognuno
mantiene le sue posizioni, si deve difendere dagli altri perché non ci sono relazioni forti.

3) L'aggregazione più gratificante è la massa


La massa, cioè lo stare insieme dove ci sono tante persone, tanta roba, ecc. Per preadolescenti e adolescenti il fatto di
essere in tanti è una componente aggregativa molto forte, anche se le relazioni all’interno della massa sono soltanto
legate a un contagio emotivo. La dinamica è quella dello scatenare il più possibile delle energie o di servire a qualche
coreografia.

Oltre a queste tre tipologie di aggregazione (la più diffusa: compagnia, la più praticata: classe, la più gratificante:
massa ve ne è una quarta che si può definire aggregazione proposta: il gruppo

4) Il gruppo: caratteristiche
Il gruppo primario ha una elevata strutturazione e al suo interno vi sono “ruoli” e non incarichi. E’ importante
sottolineare questa differenza perché il ruolo è un punto di maturazione a cui uno arriva quando ha valorizzato le
proprie capacità e la scoperta di quelle degli altri, ha letto le necessità che ci sono nella realtà e decide di assumersi un
determinato compito e ruolo.
Nella classe non nasce un ruolo, nasce un incarico; nel gruppo invece un ragazzo/una ragazza possono maturare
seriamente una propria "vocazione", un proprio ruolo che è il risultato di una serie di valutazioni della realtà, di sé e
degli altri.
Il gruppo allora può essere definito come una aggregazione in cui ci sono relazioni profonde, stima reciproca,
significatività delle persone.
La crescita dell'individuo è ritmata sulla presenza degli altri, a differenza della classe dove non si sta assieme agli altri
per cambiare ma ci si "sopporta" per sopravvivere.
Nel gruppo la dinamica è quella del cambiamento, della crescita, e vi è una conoscenza dell'obiettivo specifica e
precisa.
C’è un posto e un ruolo per l’animatore che ha una sua responsabilità di fronte al fatto educativo e vi sono ruoli
diversificati e intercambiabili, distribuiti il più ampiamente possibile.
Fare gruppo vuol dire ampliare il più possibile le relazioni e la comunicazione. La comunicazione è infatti molto
importante: per questo l'animatore deve diventare, in un certo senso, il "mago della comunicazione", che non vuol
solo dire far parlare i ragazzi, ma aiutarli ad approfondire le cose ed a creare relazioni significative.
Così pure attuare dinamiche di gruppo significa aiutare le persone a far sì che gestiscano in prima persona la propria
crescita ed assumano le proprie responsabilità.
Una delle norme fondamentali per la crescita del gruppo è poi la conoscenza da parte dei ragazzi dell’obiettivo da
raggiungere, il significato di ciò che si fa e non solo cosa si deve fare.
Un altro elemento importante rispetto all'aggregazione è la pluralità dei gruppi.
Ad una associazione compete di proporre un tipo di vita di gruppo, però ogni educatore deve sentirsi educatore
dentro una comunità più ampia, anche se fa parte di un gruppo preciso.
Bisogna poi garantire ai ragazzi una pluralità ampia di accessi ed una aggregazione educativa per dare più risposte
possibili adatte ad ogni tipo di sensibilità.
Tra gruppi diversi è utile, pur mantenendo ognuno il proprio specifico, che ci sia occasione di incontro e di lavoro su
progetti comuni.
Ma quali sono le CARATTERISTICHE distintive del “gruppo” SQUADRIGLIA?
Abbiamo provato ad individuarle insieme quali sono le caratteristiche del sistema Squadriglia, i pezzi essenziali perché
il motore (la Squadriglia) funzioni:

Cos’è (le caratteristiche intrinseche) Cosa fa Come (in un Clima di…)

• Verticalità (età eterogenea) • Imprese • di Avventura


• vive la Progettualità • Specialità di Squadriglia • di Autogestione
• Autonomia (decisionale, di materiali) • Cura proprio materiale • in cui il Grande aiuta il piccolo
• Monosessuata • Consiglio di Sq (verifica, nuovi (trapasso nozioni: tecnico e valoriale)
• un gruppo limitato obiettivi) • che favorisce la Scoperta di limiti e
• Ruoli, Incarichi diversi per • Autofinanziamento capacità personali (e collettive)
Responsabilità (CSq, VCSq) ed • Missioni • di Partecipazione alle attività di
incombenze pratiche (Incarichi, Posti • Riunioni di Sq Reparto con il proprio contributo
d’azione) • Uscite di Sq • Divisione dei compiti (incarichi, ruoli,
• il gruppo non è scelto dai componenti • Hikes posti d’azione)
• i componenti cambiano ma non • Vive l’Autonomia
cambiano le caratteristiche del • Cooperazione
gruppo (tradizioni, urlo, guidone, • Corresponsabilità
nome, etc.) • Creatività
• con Obiettivi precisi
• con Strumenti strutturati
• Democraticamente (equilibrio fra
collaborazione e leadership)
• Competizione (sana)
• Vive positivamente l’insuccesso

Verticalità
Nella realtà dell'adolescenza e della preadolescenza di oggi le aggregazioni verticali spontanee si presentano poco
diffuse. Le strutture della compagnia, della classe, della massa (pur essendo quelle più comunemente offerte
dall’ambiente) hanno caratteristiche marcate di:
- tendenza all’appiattimento (compagnia)
- relazioni, in genere, superficiali (classe)
- senso di strumentalizzazione e superficialità (massa)
Queste connotazioni, anche se in maniera non del tutto consapevole e chiara, sono avvertite e in un certo
senso"subìte" da ragazzi e ragazze, quando non sia offerta, proposta e fatta sperimentare un’occasione di
aggregazione verticale con le caratteristiche di gruppo
• continuo nel tempo
• continuo negli interessi
• continuo nelle dinamiche di relazione.
Una squadriglia (di guide o di scout) deve comunque essere verticale nell'età e nell’esperienza, anche se spesso si
presenta come situazione alternativa alla più diffusa aggregazione spontanea.
La squadriglia è un gruppo verticale per tre ragioni:
a) consentire ai "piccoli" di fare esperienze che altrimenti non potrebbero fare
b) abituare i "grandi" ad assumersi responsabilità di persone oltre che di cose
c) scoprire il dialogo tra persone di età ed esperienze diverse; questo però funziona solo se ognuno ha il suo ruolo
Anche per questo è importante che la squadriglia non sia troppo numerosa: perché la situazione di verticalità nel
“gruppo-squadriglia” sia efficace è necessario che essa non sia mai numerosa (6/8 persone). Se si è in troppi
difficilmente ognuno ha il suo ruolo, qualcuno inevitabilmente si ritroverà "di peso" agli altri e non riuscirà a
costruirsi il proprio autonomo spazio di crescita.
Solo così i più piccoli hanno l’opportunità di vivere avventure reali che in una Squadriglia di loro pari non potrebbero
avere ed hanno dei modelli nei più grandi che sono a loro portata molto più del Capo Reparto. Solo così i grandi
iniziano a sperimentare la gioia e la fatica di preoccuparsi di altri e la responsabilità di essere d’esempio.
La verticalità della squadriglia è elemento basilare al fine della costruzione di questa, perché presuppone una
gerarchia (capo sq, vice, terzo,…) e presuppone una varietà di età all’interno della squadriglia, infatti sono presenti
ragazzi dai 12 ai 16 anni.
La verticalità consente ai più piccoli di fare esperienze e vivere avventure reali impossibili da realizzare tra coetanei, e
ai più grandi di diventare modelli alla loro portata. Inoltre abitua i più grandi ad assumere responsabilità di persone
oltre che di cose sperimentando così la gioia e la fatica di preoccuparsi di altri e la responsabilità di essere d’esempio.
Infine la verticalità favorisce il dialogo tra persone di età ed esperienze diverse.
Monosessualità
La squadriglia è un gruppo monosessuato perché ciò risponde al modo spontaneo di aggregarsi dei ragazzi di questa
età (tale realtà tende a favorire la costruzione dell’identità maschile e femminile per poi realizzare l’incontro con
l'altro sesso come confronto, collaborazione e non come competizione).
Noi proponiamo obiettivi e apprendimenti uguali per maschi e femmine: la differenza sta nella concretizzazione tra
persona e persona.
Già a lungo si è scritto su questo tema per sottolineare il valore di un gruppo in cui il ragazzo e la ragazza che stanno
scoprendo la sessualità possano liberamente confrontarsi con chi è più avanti in questo cammino senza misurarsi con
le tensioni che l’incontro con l’altro sesso comporta.

Autonomia
La squadriglia ha una sua autonomia di materiali:
a) sono materiali che costituiscono una proprietà che non viene dagli adulti ma è stata conquistata o è stata passata
da altri ragazzi
b) è una proprietà collettiva (né mia, né tua; anche mia, anche tua). E’ la prima esperienza concreta di gestione di un
bene in comune contro una realtà di privatizzazione e di individualismo
c) i materiali sono arricchiti dalla storia di chi li ha posseduti
d) i materiali della squadriglia non sono legati solo "al fare" (vedi attività sportive) ma anche "all’essere" (angolo, libro
d’oro, costumi per l’espressione, ecc.) e quindi contribuiscono alla costituzione di una entità di gruppo.
La squadriglia ha una sua autonomia di attività:
infatti essa fa le sue imprese e le sue uscite; la realizzazione dell’impresa di squadriglia è la concretizzazione più vera
dell’opportunità offerta ai ragazzi dallo scautismo di non fruire solo di una esperienza ma di sceglierla, progettarla,
gestirla. Ed è anche l’occasione in cui si verifica l’effetto di concreta esperienza dell’autorità ma con la competenza.
E’ indubbiamente la sfida più alta che lo scautismo pone non solo ai ragazzi ma anche a tutti noi adulti.

La Squadriglia:
• deve avere una sua base che i ragazzi costruiscono, mantengono pulita, che è loro punto di riferimento e di
identità.
• ha del materiale che compra, aggiusta, talvolta purtroppo perde. Scopo è educare alla laboriosità ed all’economia
• va in uscita da sola, senza che i Capi che la spiano, anche se i Capi chiedono loro il programma e poi conto del
lavoro svolto. A nulla vale che facciano bene le cose solo se ci sono i Capi, occorre rischiare che le facciano male
per poi scegliere di farle bene per loro stessi e non per il nostro giudizio.
L’autonomia di squadriglia è basilare al fine della responsabilizzazione dei ragazzi, infatti le squadriglie hanno del
materiale proprio, un angolo proprio, del denaro proprio e si finanziano autonomamente attraverso diverse tecniche
di autofinanziamento.
Progettualità
La Squadriglia vive intorno a dei progetti da realizzare, ad un cammino da percorrere. In esso si fondono le due
dimensioni del «Gruppo di amici» e del «Gruppo di lavoro» che spesso i ragazzi vivono invece in modo separato: con
gli amici ci si diverte e basta senza regole, quando ci si trova per lavorare invece i rapporti personali non contano.
Nella Squadriglia regole e amicizia convivono e si rinsaldano reciprocamente.
Per questo la Squadriglia vive di imprese che sono decise dai ragazzi stessi e che il Capo aiuta a rendere esperienze
educative attraverso sottolineature, consigli, riflessioni, verifiche, sfide che propone soprattutto attraverso il Con.Ca.
E’ il luogo dove si vive e si sperimenta l’impresa e il legame con il Sentiero; il luogo dello Scouting (osservo, deduco,
agisco e verifico  Mappa realizzazioni, Mappa opportunità, etc.)

Ruoli e incarichi, posti d’azione


Come ogni comunità che funziona, nella Squadriglia ogni ragazzo ha un ruolo preciso, stabilito in precedenza, cono-
sciuto da tutti: sono gli Incarichi (magazziniere, cassiere, logista, maestro giochi ecc.) e per questo il numero
complessivo dei ragazzi non deve essere superiore a 6/8: così si può essere tutti protagonisti, altrimenti iniziano ad
esserci gli spettatori!
Se gli incarichi sono fissi per tutto l’anno e stabiliti dal Consiglio di Squadriglia, i posti d’azione variano invece secondo
le necessità da una impresa ad un’altra, e nel distribuirli si terrà conto di quali sono le mete e il Sentiero di ciascun
ragazzo. Dunque i posti d’azione sono il modo privilegiato in cui i ragazzi stessi scelgono come tradurre le mete
concrete che ognuno di loro ha (Sentiero) in obiettivi legati a ciò che si sta facendo.
Gli incarichi di squadriglia sono dei ruoli all’interno della squadriglia che i ragazzi assumono a inizio anno e durano
tutto l’anno, è bene che gli incarichi cambino ogni anno in modo da sperimentare più incarichi e avere nuove
motivazioni ogni anno.
Avere un incarico di squadriglia non significa essere uno specialista, ma assumere un ruolo che valorizzi competenze
che già si possiedono o che si vogliono acquisire.
È un’esperienza di responsabilità vissuta in una dimensione comunitaria e deve durare abbastanza a lungo per far
fruttare appieno le capacità e far si che gli e/g siano utili alla squadriglia.
In particolare, la Squadriglia funziona se ha un buon manico, il Capo Squadriglia, ruolo che:
- educa alla responsabilità di persone e non solo di cose;
- invita all’ascolto e alla disponibilità nei confronti dei più piccoli, portatori di un’esperienza diversa e promotori di
stimoli e confronti;
- abitua all’autorità come servizio e attenzione agli altri;
- consente il trapasso di nozioni.
Dove impara ad esser Capo un ragazzo di 15 anni? Come fa a superare la tentazione del potere come prevaricazione
per scoprire la gioia del potere come servizio? Due sono i luoghi deputati a questo:
- L’Alta Squadriglia che è un “gruppo” il cui Capo è proprio il Capo Reparto che con il suo esempio fa vedere come si
è Capi al servizio di una piccola comunità.
- Il Consiglio Capi dove esplicitamente si discute dei problemi della Squadriglia, dell’essere Capi, della vita di tutto il
Reparto. Il Consiglio dei Capi va estremamente rivalutato in quanto è il vero organo di governo del Reparto non a
livello educativo (questo spetta ai Capi) ma a livello della vita di una comunità di ragazzi.
Il Vice Capo Squadriglia, è un ruolo che offre un’esperienza utile con il Capo sq. Questa collaborazione da luogo ad
una ripartizione di compiti e responsabilità ai fini dell’animazione di squadriglia. Il vice è elemento di continuità nella
vita di squadriglia che trova nel trapasso di nozioni lo stretto rapporto con il capo squadriglia e con il Consiglio Capi. Il
vice deve vivere nel segno di progressive responsabilità per poi diventare futuro capo squadriglia.

Cosa fa concretamente la Squadiglia


La Riunione di Squadriglia: un momento magico e fondamentale, perché è qui che cresce l’unione di squadriglia, i
ragazzi fanno ciò che serve più a loro, imparano ad autogestirsi, cercano di risolvere eventuali problemi sorti,
imparano nuove tecniche, etc.
I capi non vanno a riunione di squadriglia, né la verificano (perlomeno non ufficialmente), perché altrimenti cadrebbe
il principio di autogestione e di fiducia, fiducia che il capo concede ai ragazzi a priori, dal suo lato il ragazzo deve, però,
dimostrare continuamente di saperla mantenere. Un’occasione molto importante della vita di squadriglia per:
• conoscersi e diventare amici;
• confrontare e rispettare le idee degli altri;
• prendere decisioni;
• lavorare insieme e realizzare così progetti comuni;
• fare il punto sugli impegni da prendere e quelli già presi;
• creare tradizioni;
• imparare ad amministrare il tempo;
• imparare ad amministrare l'attrezzatura, il materiale e le finanze di squadriglia;
• pregare insieme;
• giocare insieme (e trovate alcune idee);
• preparare le uscite;
• portare avanti le imprese.
L’Uscita di squadriglia consiste nel partire e nel fare attività organizzate autonomamente dalla squadriglia stessa, non
è obbligatoria e deve nascere come esigenza dei ragazzi. I capi non partecipano all’uscita, però la verificano.
La Missione di squadriglia, invece, pur nascendo come esigenza dei ragazzi, è organizzata dalla staff e va verificata.
La Specialità di squadriglia è uno strumento/attività che serve per far specializzare i membri della squadriglia in una
determinata “disciplina”, nasce come esigenza dei ragazzi, quindi facoltativamente e si ottiene effettuando 2 imprese
e 1 missione nell’arco di tempo di un anno e si può riconfermare completando una sola impresa.

ATTENZIONE !!!
Non è sufficiente, per gli EG, chiamare alcuni momenti di attività con il nome di Impresa, uscita, hike, riunione di Sq….
perché automaticamente li realizzino in misura piena ed efficace!
Una cosa per un'altra: è abbastanza frequente che passi sotto il nome di "riunione di Sq" niente più che 20/25 minuti
passati appoggiati sulla porta della sede chiacchierando in attesa che arrivino i vari ritardatari di turno per poi
spostarsi a dare 2 calci al pallone, inviarsi l’un l’altro sms oppure per mettersi a sentire gli ultimi mp3 scaricati.
Ugualmente tante uscite di Sq sono tutto tranne che il momento di concretizzazione, nella vita all’aperto, di scelte,
decisioni o momenti di organizzazione preparati da ognuno (a secondo del proprio incarico) durante la settimana.
Occorre che gli strumenti che chiamiamo con il nome di impresa, uscita, hike, riunione di Sq, etc. siano veramente
corrispondenti a questi strumenti del metodo nell’uso che ragazzi/e ne fanno in prima persona: altrimenti è una beffa
che procuriamo, per primi, proprio a loro ai quali non consentiamo di sfruttare - divertendosi - quei mezzi del gioco
dello scautismo che, se ben praticati, sono i più efficaci.
E’ un processo di assunzione che deve essere condotto con gradualità (specie nei reparti di più recente formazione),
ma deve essere un’attenzione presente in tutti i capi, particolarmente quando si hanno cospicui rinnovi di Capi-VCSq
oppure un "salto di generazione".
Sono queste le situazioni che rendono più difficile ai singoli assimilare spontaneamente (dalla diretta esperienza di
altri più grandi) uno stile di agire, di prepararsi, di imparare a decidere e/o a guidare sé e gli altri.
Inconcludenza e delusione: E’esperienza abbastanza simile (sia a Sq di guide che di scouts) il vivere momenti di
demoralizzazione, di delusione per una diffusa "caduta di tensione" che oggi, più spesso di ieri, coinvolge i più grandi o
le più grandi della Sq.
Questo avviene frequentemente quando il baricentro del loro interesse, del loro coinvolgimento personale si sposta
verso la fascia di età orizzontale (coetanei oppure Alta SQ): successivamente si sposterà ancora verso interessi più
comuni nel reparto, ma il periodo di crescita che stanno vivendo li porta ad oscillare come un pendolo più e più volte.
Talvolta è proprio un fatto di incostanza del momento, altre volte è reazione istintiva per un clima di inconcludenza (a
cui Csq-VCSq non sono per nulla estranei e che "contagia" anche i più piccoli).
Nelle Sq maschili spesso il fare concreto, la ricerca di competenze o di abilità pratiche si affievoliscono settimana dopo
settimana, immiserendosi sempre più. Nelle Sq di guide, le ragazze di frequente risolvono in superficialità la possibile
ricchezza del costruire relazioni personali di amicizia più radicata.
Cosa fare: In queste situazioni diventa determinante il ruolo del/della capo reparto per saper trasmettere - con slancio
ma senza approssimazione - ai più grandi il modo di agire, lo stile di condurre, la maniera di spronare la Sq (senza
sostituirsi ai Csq-VCSq). Il segreto è nello stare vicino ai CSq-VCSq, sostenerne l'entusiasmo, suggerire più idee e
proposte senza incanalare la loro scelta ma sollecitandoli a guardare in alto, a non demordere, a ripartire sempre con
slancio anche quando (e succede a tutti) ci si trova delusi dal comportamento degli altri.
Tutta la proposta del Reparto passa quindi davvero solo se vissuta concretamente in Squadriglia. La competenza ha
senso non se le imprese di Reparto sono belle ma se la Squadriglia vive con competenza la quotidianità, se funziona il
trapasso delle nozioni. L’esperienza di fede è viva se la Squadriglia impara a pregare, a riflettere, a correggersi l’un
l’altro fraternamente. L’accoglienza si sperimenta prima di tutto in Squadriglia che è la prima, vera, intensa esperienza
sociale che il ragazzo fa.
Il Sentiero resta lettera morta se il Consiglio di Squadriglia non la sente una cosa sua, con la quale distribuire compiti,
incarichi, posti d’azione, sulla quale confrontarsi al termine di un’impresa.
Occorre dunque organizzarsi per sconfiggere i Capi-Piovra e restituire ai ragazzi il Reparto, i bufali di Kensington
Garden, l’avventura in una pozza d’acqua ed a noi un po’ di meritata pigrizia.

lunedì 7 maggio 2012

RESPONSABILITA’ E AUTONOMIA
Baden-Powell, in realtà, non ha mai sollecitato e spronato verso l’autonomia della squadriglia.
Tante volte ha indicato come elemento fondante lo scautismo l’affidare la responsabilità nelle mani di ogni singolo
ragazzo, per farlo artefice più consapevole del proprio crescere e della propria vita.
Viene da sé, ovviamente, che la responsabilità di ogni singolo (caposquadriglia, ogni scout o guida responsabile di un
incarico, per le fasi di un’impresa, per un’incombenza assunta o per una necessità che si è manifestata) può attuarsi
pienamente in un ambito di gestione e di decisione autonoma delle attività, dei luoghi di ritrovo (angolo di squadriglia,
sede di reparto, angolo al campo, ...) dei materiali, delle idee e delle proposte messe a confronto ed accettate
reciprocamente.
Autonomia, responsabilità, fiducia, lealtà Sono le pietre di paragone, i banchi di prova di ogni ragazzo/a, ma anche di
ciascun capo e di ogni adulto che vuole agire con adolescenti.
In particolare l’insieme di sollecitazioni cui la squadriglia è soggetta entro il reparto (che ad ognuno è chiesto di
alimentare) tende ad esaltare con naturalezza progressiva l’aspetto della capacità di decidere, di agire, di prepararsi a
realizzare le attività, le idee, i progetti che man mano emergono.
Non è solo nella strutturazione tecnica degli incarichi che si concretizza il respiro di autonomia di una squadriglia. E’
piuttosto un costume di comportamento, un modo di agire reciprocamente (riflettere, decidere, realizzare) -dentro e
fuori la squadriglia- che gradualmente dovrà portare prima ad imparare a sapersi cavare d’impaccio in tutte le
occasioni di attività che si affrontano insieme, poi ad acquisire anche la mentalità di farsi carico di attenzione,
responsabilità, impegni anche verso altri più piccoli e meno capaci.
L’autonomia e la responsabilità servono per essere esercitate, altrimenti sono concetti astratti che nessuno è in grado
di spiegare, né di capire e -soprattutto- non piacciono ai ragazzi/e!
E’ solo nell’esercizio di una vita autonoma che una squadriglia costruisce, giorno dopo giorno, una trama di relazioni
personali, un clima e un’atmosfera che si tramanda e che può rimanere specifica e unica, propria solo di quella
squadriglia.
L'autonomia si manifesta anche attraverso tradizioni: è il modo di accogliere i novizi, è la tenacia di fronte alla
difficoltà che è emersa e ha fatto da cemento una volta, per la quale anche gli scouts che sono oggi in quella
squadriglia si sentono in dovere di dimostrarsi all'altezza.
E’ la possibilità e il dovere di decidere di testa propria cosa realizzare: come costruire l’angolo, dove andare a fare
l’uscita; quali imprese e in quali tempi; la gestione del materiale, delle quote di squadriglia e delle attività di
finanziamento frutto delle proprie iniziative; la necessità di prepararsi, allenarsi, imparare tecniche; imparare ad
utilizzare attrezzature e materiali, ...
Tutto questo ha ben altro sapore di libertà, di propria decisione quando è vissuto sotto l'indicazione, la regia, il
controllo di un adulto rispetto a quando nasce, volta dopo volta, da 7 cervelli che tentano di portare mille ragioni a
favore della propria proposta perché diventi la decisione presa dalla squadriglia.
Dopo ci sarà anche il momento in cui il caposquadriglia e il vice caposquadriglia cercheranno di capire un po’ meglio il
tutto; in Consiglio Capi potrà essere necessario limare e rivedere qualcosa di quanto era stato pensato ... però il
timone della squadriglia rimane sempre saldamente in mano ad ogni guida/scout quando si rende conto che l’impresa,
l’uscita, la base, l’attività al campo hanno l'inconfondibile sapore e l'impronta data da ciascuno di loro.

AUTONOMIA oppure ... “LIBERTA’ VIGILATA”


Abbastanza spesso nei reparti si hanno situazioni che nascono dal medesimo equivoco: come e fino a che punto i capi
possono/devono intromettersi nella autonomia delle attività e nelle decisioni delle squadriglie?
L’errore è:
• l’eccessiva interferenza, l’intralcio (quasi a sostituirsi ai ragazzi/e e ai capi squadriglia nell’affrontare scelte,
decisioni, idee) oppure, all’opposto,
• un comportamento di totale indifferenza di fronte a quello che in squadriglia si riesce, bene o male, "a stampare"
perché, in fondo, è solo consentendo di provare e riprovare che si impara. Anzi, la migliore esperienza è proprio
quella di provare l'insuccesso per poter essere in grado di fare meglio la volta prossima.
Ebbene la squadriglia è l’unica struttura di reparto di cui non fanno parte i capi. In essa, più che altrove, i ragazzi/e
riescono ad essere protagonisti delle decisioni e delle attività. Per questo motivo i capi, non coinvolti nell'attività di
squadriglia, potrebbero sentirsi liberi nel tempo a questa dedicata.
Tutto ciò andrebbe a favore di una maggiore autonomia e di un minor impegno dei Capi, se non fosse che non è
possibile sospendere l’azione educativa proprio quando i ragazzi/e vivono uno dei momenti fondamentali del metodo:
è proprio in squadriglia infatti, che gli E/G attuano e vivono la propria progressione personale.
Un buon Capo, pur non avendo partecipato, sa sempre ciò che avviene nelle squadriglie, così da essere sempre in
grado di svolgere il proprio ruolo che non consiste nel sostituirsi ai ragazzi ma, al contrario, nel coinvolgerli
maggiormente, rendendoli consapevoli delle loro possibilità e incoraggiandoli a fare delle scelte.
ad essere preparati e allenati nelle tecniche di base per saper affrontare, con lo stile del fare del proprio meglio in ogni
circostanza, quelle situazioni che li pongono alla prova in misura impegnativa, ma alla loro portata.
Esistono "canali ufficiali" per entrare in contatto con la vita di squadriglia:
- Il Consiglio Capi è necessario per stimolare una corretta gestione della squadriglia, in modo che ognuno abbia un
proprio compito, una propria responsabilità concreta. Con i capisquadriglia si verifica quello che può non andare,
cercando insieme le soluzioni
- Al Consiglio della Legge, durante le "verifiche" di ognuno, la vita di squadriglia è spesso uno degli argomenti
principali, e quando al C.d.L. (oppure in seguito) gli E/G si pongono gli obiettivi per raggiungere tappe e specialità, il
Capo può consigliare che questi siano rivolti alla vita di squadriglia, nella quale si dovrà fare in modo che sia poi
possibile raggiungerli durante le attività, le imprese...
- Per casi particolari il Capo reparto può farsi invitare al Consiglio di Squadriglia dove, senza sostituirsi al capo
squadriglia, può tirar fuori qualche idea che faccia tornare l'entusiasmo, ma che poi gli E/G in modo autonomo
svilupperanno e decideranno se e come realizzare.
Per garantire un buon funzionamento delle squadriglie rimane fondamentale il rapporto capo-ragazzo:
- con il caposquadriglia per una continua verifica dell’attività di squadriglia, in modo che egli si senta seguito e possa
sempre consigliarsi, senza essere limitato nella propria esperienza di autonomia e responsabilità.
- con tutti gli scouts/le guide del reparto: così il capo, conoscendone le aspirazioni, può riuscire a suscitare gli
interessi sulla base dei quali ognuno può definire meglio, in squadriglia, il proprio ruolo e la propria attiva
partecipazione.
Un'altra via -"non ufficiale" ma ricca e feconda, consiste nella capacità di sapersi intendere "guardandosi negli occhi".
E’ quel senso di serenità, di sicurezza e fiducia che ognuno sente attorno a sé quando è tra persone con le quali gioca,
lavora, sogna e vive la propria avventura.
Quando esiste questo "canale aperto" un Capo riesce a conoscere fino in fondo il cuore di ogni guida e scout - e quindi
anche ogni momento della loro squadriglia - senza desiderio (palese o nascosto) di intromettersi per modificarla come
vorrebbe lui.
Da tutto ciò si può concludere che può/deve esistere un intervento dei capi nella squadriglia, consistente nel vigilare
che ogni E/G abbia l’effettiva possibilità di percorrere un cammino di progressione personale, per il resto la squadriglia
è solo dei ragazzi.
Autonomia della squadriglia non è sinonimo di irresponsabilità dei capi. Può non essere superfluo ricordare che,
comunque, per ogni attività la responsabilità di scout e guide (sempre minorenni) rimane sulle spalle dei capi, così
come del resto è per ogni genitore nei riguardi delle azioni dei propri figli.
Si tratta di guidare, anche sollecitando verso l'autonomia e l'acquisizione di responsabilità personali, ad essere
preparati e allenati nelle tecniche di base per saper affrontare -con lo stile del fare del proprio meglio in ogni
circostanza- situazioni che li pongono alla prova in misura impegnativa, ma alla loro "portata".
Abbiamo dunque provato ad identificare nella nostra quotidianità di Vita di reparto/Squadriglia, quali sono le
problematiche ricorrenti, le criticità, e dunque a raggrupparle per categorie omogenee:

Ruoli in Sq e tra Capo-ragazzo


(ovvero il confine tra autonomia Incarichi Progettualità Autonomia
e intervento dei Capi)

• Ruolo del Vice non è molo • C’è confusione tra Incarico e • I ragazzi sono troppo • Autonomia fino a dove? Qual è
funzionante, non sente il ruolo posto d’Azione dispersivi, non sanno scandire il confine dell’intervento dei
• Capo Sq fa da “accentratore”, • Alcuni incarichi sono più vicini il tempo, non lo capi e quando no?
sia nel fare che nel pensare! al reale vissuto/esigenze della padroneggiano • La Sq fatica ad essere
• Il Capo “comanda” troppo, ma Sq, altri invece sono inventati • C’è difficoltà nel rendere progettuale e dunque
non conduce! ad hoc, altri sono solo teorici e presenti tutti i membri della Sq autonoma; spesso bisogna
• E’ difficile insegnare il ruolo non hanno riscontro reale (non sono attenti ai loro accompagnarla in quasi tutte
del “leader” e farlo sentire • Non sono inseriti e previsti nel impegni) le fasi di un impresa,
allettante per i ragazzi Sentiero • Difficoltà nel portare a termine dall’ideazione alla verifica,
un progetto (tempi dilatati, altrimenti si perdono!
poco controllo, svogliatezza, • Fino a che punto doversi
etc.) spingere nell’autonomia?
Quanto in mano ai ragazzi?
Quanto ai Capi? E in caso di
insuccesso?

Queste, le possibili attenzioni da tenere che abbiamo individuato nei lavori di gruppo:

Ruoli in Sq e tra Capo-ragazzo


(ovvero il confine tra autonomia Incarichi Progettualità Autonomia
e intervento dei Capi)

• Allargare il primo Con.Ca. • Incarico = riguarda la • Calendario con date e orari di • Meno spazio, diminuire le
dell’anno anche ai ViceCsq per preparazione, è continuativo, Attività, Imprese, uscite, con riunioni di reparto
condividere il ruolo è strutturale della vita di Sq scadenze, incarichi, mansioni. • I piccoli saranno incentivati se
• Progettare insieme dove va la • Posto d’azione = breve, legato • il Programma è da verificare hanno realmente un ruolo
Sq e le attività in genere al “fare” specifico, all’Impresa sempre! /posto d’azione
• Verificare i ruoli (CSq, VCSq) • Gli incarichi devono prima di • Affiancamento iniziale dei Capi • Puntare in alto nel “fare” per
• Usare il Sentiero che fonisce tutto servire a qualcosa, vissuti è possibile, ma “una tantum”, le Riunioni di Sq:
già molte occasioni per vivere nel quotidiano! Quindi per il solo trapasso della o Specialità
l’autonomia (tappe, incarichi, mantenere solo quelli modalità di lavoro o Attività di reparto solo per
mete, obiettivi, specialità, concretizzabili nel quotidiano • Sentiero: obiettivi verificabili e spronare inizialmente, per
etc.)! e nel tempo verificati, che rivelino la far viaggiare la fantasia,
• Capo testimone: sia • Verificare gli incarichi? Si, se concretizzazione del progetto come volano per la vita di Sq
autorevole e non autoritario, vengono definiti prima, e se • No progetti troppo lunghi • fare molti Con.Ca per avere
coerente, un esempio di come sono concreti • Importanza dei ruoli NEL confronto; Con.Ca allargato ai
si conduce un “gruppo” progetto e della verifica, per Vice “quando necessario”
sentirsi utili, e sviluppare così il • Calendario: pianificare (CSq)
senso di appartenenza aduna insieme, verificare, fare
comunità (Sq o Reparto) tutoraggio se necessario
all’inizio

BIBLIOGRAFIA
Giù le mani dalla Sq di Roberto Lorenzini , “Proposta Educativa" - 9/1985
Giocare la squadriglia - AGESCI Emilia Romagna BRANCA EG, Centro di documentazione “L’ALBERO” – 2002
Manuale della branca Esploratori e Guide – Agesci Fordaliso – 2010

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