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tratti da:
- Manuale di Diritto Penale (Parte speciale)
Simone edizione 2014
- Approfondimenti a cura di PLURIS/UTET 2015
- Riassunti a cura di GOMMALACCA MN8
- Fiandaca Musco 2014
- Pagliaro 2014
- Marinucci e Dolcini 2014
Autore: Avv. Davide Tutino, dottore di ricerca, Università degli Studi di Catania
Con la collaborazione della dott.ssa Graziella Sangrigoli – Dottoressa in Giurisprudenza
Capitolo 1
1. Generalità
2. Istigazione a commetter delitti contro la personalità dello Stato (art. 302), abrogazione
dell’art. 303
3. Intese per commettere delitti contro la personalità dello Stato
4. Segue: La banda armata (art. 306)
5. L’assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata (art. 307)
6. Casi di non punibilità
7. Generalità
8. Istigazione a commetter delitti contro la personalità dello Stato (art. 302), abrogazione
dell’art. 303
9. Intese per commettere delitti contro la personalità dello Stato
10. Segue: La banda armata (art. 306)
11. L’assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata (art. 307)
12. Casi di non punibilità
Capitolo 2
2
I delitti contro la Pubblica Amministrazione
Capitolo 3
I reati contro l’amministrazione della giustizia
1. Calunnia
2. Autocalunnia
3. False informazioni al pubblico ministero
4. Falsa testimonianza
5. Delitti di favoreggiamento
Capitolo 4
I delitti contro l’ordine pubblico
1. Premessa
2. Delitti di Istigazione e apologia
3. Associazione per delinquere
4. Associazione di tipo mafioso
5. Scambio elettorale politico-mafioso
Capitolo 5
I delitti contro la fede pubblica
(fonte : I REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA, relazione di Cino Augusto Cecchini ( dirigente polizia locale di
Padova))
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1. Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (articolo 476 c.p.).
2. Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.)
3. Falsità in scrittura privata (art. 485 c.p.)
Capitolo 6
I delitti contro il patrimonio
1. Furto
2. Art. 316ter
3. Appropriazione indebita
4. Rapina.
5. Truffa
6. Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
7. Frode informatica
8. Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
9. Usura
10. Mediazione usuraria
11. Ricettazione
12. Riciclaggio
13. Infedeltà patrimoniale e corruzione privata.
14. Art. 2635 cp: Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità (c.d. corruzione privata)
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Capitolo 1
I delitti contro la personalità dello Stato
Sezione Prima
Considerazioni generali
Il nostro codice, al titolo I del libro II, distingue tali delitti in cinque capi:
I delitti contro la personalità dello Stato sono i delitti che offendono un interesse
politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino.
Per personalità dello Stato si intende tutto quel complesso di interessi politici
fondamentali di altra indole, rispetto ai quali lo Stato intende affermare la sua personalità.
Quanto al segreto di Stato sono coperti da segreto, gli atti, i documenti, le notizie, le
attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità della
Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste
dalla Costituzione a suo fondamento, all’indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle
relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato.
Sezione Seconda
Delitti contro la personalità internazionale dello Stato
L’art. 241 c.p. sanziona penalmente chiunque compie atti violenti diretti e idonei:
– A sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato
straniero;
– A menomare l’indipendenza o l’unità dello Stato.
Sono oggetto della tutela giuridica della norma:
1) l’integrità (intesa come fisionomia territoriale)
2) l’indipendenza (intesa come assenza di vincoli di soggezione ad altro Stato) e
3) l’unità dello Stato (intesa come unità ed indivisibilità dello Stato, quale
espressamente e solennemente proclamata dall’art. 5 della Costituzione).
Quanto alla condotta, trattandosi di fattispecie di attentato, viene punito qualunque atto
(violento) diretto e concretamente idoneo a porre in pericolo uno dei beni tutelati dalla
norma.
La pena è la reclusione non inferiore a dodici anni, aumentata fino a un terzo se il fatto è
commesso con violazione dei doveri inerenti l’esercito di funzioni pubbliche.
Si procede d’ufficio e la competenza spetta alla Corte d’Assise. L’arresto in flagranza è
obbligatorio ed il fermo è consentito.
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L’art. 242 punisce il fatto del cittadino (o dell’ex cittadino) che porti le armi contro lo Stato o
presti servizio militare nelle forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano.
È un reato di mera condotta a carattere permanente.
Non è punibile chi trovandosi durante le ostilità nel territorio dello Stato nemico, ha
commesso il fatto per esservi stato costretto da un obbligo impostogli dalle leggi dello
Stato medesimo.
È sufficiente il dolo generico.
La pena prevista è l‘ergastolo; la competenza è la Corte d’Assise e si procede d’ufficio; sono
applicabili le misure cautelari personali; l’arresto in flagranza è obbligatorio; il fermo è
consentito.
a) L’art. 243 sanziona chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero
muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano ovvero commetta altri
fatti diretti a tale scopo. Il bene giuridico specificamente tutelato è l’interesse al
mantenimento della pace.
Per intelligenza si intende intese o accordi di qualunque genere.
Il reato è aggravato se sia seguita guerra o ostilità a seguito di tali intelligenze.
Il dolo richiesto è specifico.
Per il reato semplice la pena è della reclusione non inferiore a 10 anni; per quello
aggravato la pena è l’ergastolo. La competenza è della Corte d’Assise; si procede d’ufficio.
Possono applicarsi le misure cautelari personali; l’arresto in flagranza è obbligatorio e il
fermo è consentito.
b) L’art. 244 punisce chiunque, senza l’approvazione del governo, fa arruolamenti o compie
altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo
di guerra.
Reato di pericolo. Il delitto è aggravato se la guerra avviene.
c) L’art. 245 punisce chiunque tiene intelligenze con lo straniero per impegnare o per
compiere atti diretti ad impegnare lo Stato italiano alla dichiarazione o al mantenimento
della neutralità o della dichiarazione di guerra.
d) L’art. 246 sanziona il fatto del cittadino che si lasci corrompere dallo straniero
accettando danaro o altra utilità o la semplice promessa di danaro o utilità , per compiere
atti contrari all’interesse nazionale.
Queste fattispecie tutelano il segreto nei confronti di notizie che hanno particolare
rilevanza per la sicurezza dello Stato.
Caratteristiche comuni di questi reati sono:
– Il poter esser commessi sia in tempo di pace che in tempo di guerra;
– Il poter essere soggetto attivo sia il cittadino, sia lo straniero, ovunque esso dimori.
Sono previsti due reati che possono essere commessi soltanto in tempo di guerra.
L’art. 266 c.p. punisce chi istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento
dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio Stato, ovvero fa ai
militari l’apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri
militari.
L’istigazione può commettersi tanto in pubblico che in privato.
Il delitto si consuma quando l’istigazione è percepita dal primo dei militari cui è rivolta;
è irrilevante, ai fini della commissione del reato, che tale istigazione venga o meno accolta.
Il tentativo è ammissibile.
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Per militari si intende coloro che, sia in servizio, sia in congedo illimitato. Facciano parte delle
Ai sensi dell’art. 270 c.p. è punito chiunque, nel territorio dello Stato:
– Promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire
violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a
sopprimere violentemente l’ordinamento politico e giuridico dello Stato;
– Partecipa alle predette associazioni.
La fattispecie configura un reato di pericolo presunto.
Il dolo richiesto è specifico.
Per Fiandaca e Musco <<il tentativo non sembra ammissibile perché ciò che potrebbe
costituirlo è già sufficiente per la consumazione>>.
L’art. 270ter sanziona chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o d favoreggiamento,
dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a
taluna delle persone che partecipano alle associazioni indicate negli articolo 270 e 270bis.
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Il dolo è generico, e consiste nella coscienza e volontà di dare rifugio, fornire il vitto, ecc. ad
una persona che si sa esser membro di una associazione per delinquere.
Quanto alla condotta circa la nozione di arruolamento rilevante, parte della dottrina ha
rilevato che il legislatore, nel descriverne i caratteri, ha utilizzato il verbo <<arruolare>>, dal
significato più ampio e generico rispetto al verbo <<reclutare>>, la qual cosa da ritenere che
assuma rilievo qualunque condotta diretta a far proseliti per le finalità indicate dalla norma.
Sezione Terza
Delitti contro la personalità interna dello Stato
Essi sono:
1. Attentato contro il Presidente della Repubblica.
2. Offesa alla libertà del Presidente della Repubblica.
3. Offesa all’onore e al prestigio del Presidente della Repubblica.
4. Lesa prerogativa della irresponsabilità del Presidente della Repubblica.
C) Fattispecie circostanziale
Il delitto, è aggravato:
1. Se è commesso in danno di persone che esercitano funzioni giudiziarie, o penitenziarie
ovvero di sicurezza pubblica, nell’esercizio o a causa delle loro funzioni (3° comma).
2. Se dal fatto deriva la morte della persona (4° comma) ovvero lesione grave o
gravissima (2° comma). Poiché l’attentato è un reato a consumazione anticipata, la
morte della vittima, sia nel caso di attentato alla vita che in quello di attentato
all’incolumità , è prevista come circostanza aggravante del reato stesso.
Interesse tutelato: personalità dello Stato, ma anche tutela del patrimonio dei privati
cittadini, dell’incolumità pubblica, nonché dell’economia nazionale.
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Come accennato in precedenza, il delitto è configurabile solo ove il fatto non costituisca più
grave reato.
C) Elemento soggettivo
dolo specifico occorre la cosciente e volontaria realizzazione della condotta deve
affiancarsi la finalità di terrorismo.
D) Fattispecie circostante
Il delitto è aggravato, se:
1) Se diretto contro la sede della Presidenza della Repubblica, delle Assemblee
legislative, della Corte costituzionale, di organi del Governo o comunque di organi
previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali:
2) Se dal fatto deriva pericolo per l’incolumità pubblica ovvero un grave danno per
l’economia nazionale.
Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello Stato,
o la forma del Governo , è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
La fattispecie è stata modificata con l. 24 febbraio 2006, n.85, che ha fatto venire meno
l'originario riferimento ai "mezzi non consentiti dall'ordinamento costituzionale", quindi
sostituito con l'inciso atti violenti e idonei.
Tale cambiamento si giustifica alla luce della considerazione che l'ordinamento democratico
non deve vincolare i fini politici, ma è tenuto ad essere inflessibile sui mezzi utilizzati per
conseguire tali obbiettivi.
È punito sia colui che promuove un’insurrezione armata contro i poteri dello Stato, sia chi
partecipa all’insurrezione, senza averla promossa.
Il dolo richiesto è specifico occorrendo il fine di operare contro i poteri dello Stato.
Risponde di tale delitto chiunque, al fine di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un
fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato
o in parte di esso.
Anche questo è un delitto di attentato.
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A) Guerra civile (art. 286)
L’art. 286 punisce qualunque <<fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello
Stato>>.
Pena ergastolo.
C) Arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero (art. 288)
Viene punito chi, nel territorio dello Stato e senza approvazione del governo, arruola o arma
cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero.
D) Attentato contro gli organi costituzionali e contro le assemblee regionali (art. 289)
L’art. 289 sanziona penalmente, in via sussidiaria, chiunque commette atti violenti diretti ad
impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1) Al Presidente della Repubblica o al Governo l’esercizio delle attribuzioni o delle
prerogative conferite dalla legge;
2) Alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle
assemblee regionali l’esercizio delle loro funzioni.
Bene giuridico tutelato libero esercizio delle funzioni espletate dagli organi
costituzionali dello Stato (Presidente della Repubblica, Governo, Assemblee legislative,
Corte costituzionale) e dalle Assemblee regionali.
Reato plurioffensivo :
è finalizzato a tutelare:
1) libertà individuale,
2) la sicurezza dello Stato e dell’ordinamento costituzionale da fatti rivolti alla loro
destabilizzazione.
Tuttavia, qui lo scopo avuto di mira dall’agente (o dagli agenti) è un fine di terrorismo o di
eversione dell’ordine democratico.
Il fatto è commesso a fine di terrorismo quando l’agente o gli agenti hanno inteso, col privare
della libertà personale la vittima, attuare il loro metodo di lotta politica fondato sul
sistematico ricorso alla violenza.
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Il fatto commesso a fine di eversione dell’ordine democratico quando l’agente o gli agenti, col
privare della libertà la vittima, si prefiggono di attuare un piano che mira a sovvertire
l’ordinamento democratico dello Stato.
Fiandaca e Musco ha evidenziato che tale fattispecie ha una funzione meramente simbolica,
censurando l’anticipazione della soglia della punibilità da essa realizzata, e la difficoltà ,
per il giudice, di accertare la sussistenza del fine terroristico in base a parametri oggettivi.
Vilipendere = disprezzare, tenere a vile, ricusare qualsiasi valor etico, sociale o politico delle
istituzioni protette dalla norma.
Nazione Italiana è la comunità degli italiani, uniti dalla comunanza di storia, di lingua, di
memoria, di costumi e di aspirazioni.
L’art. 294 punisce chiunque, con violenza, minaccia od inganno, impedisce, in tutto o in
parte, l’esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno ad esercitarlo in senso
difforme alla sua volontà .
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Per diritti politici si intendono i diritti, spettanti ai cittadini, di partecipare alla vita
politica concorrendo all’organizzazione ed a funzionamento dello Stato (elettorato attivo e
passivo, referendum etc.).
Sezione Quarta
Reati contro gli Stati esteri
D) Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero (art. 299)
Risponde penalmente chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni
ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro
emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto dello Stato italiano.
Sezione Quinta
Attività preparatorie punibili
1. Generalità
In deroga a quanto sancito dall’art. 115 c.p. (secondo il quale l’istigazione non accolta non è
punibile):
l’art. 302 punisce chi istiga taluno a commettere uno dei delitti non colposi
preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo ..
Il primo comma dell’art. 306 punisce coloro che promuovono, costituiscono o organizzano
una banda armata, con il dolo – specifico – di commettere uno dei delitti previsti dall’art.
302;
La banda è un gruppo organizzato di più persone che, con attività e volontà oggettivamente
e soggettivamente distinte, tendono al perseguimento di un fine comune.
Per quanto riguarda i reati di cospirazione (artt. 304, 305, 307), non sono punibili coloro
che, prima della commissione del delitto:
- Disciolgono o determinano lo scioglimento dell’associazione;
- Se non sono fra promotori o capi, recedono dall’accordo;
- Impediscono l’esecuzione del delitto.
Per quanto riguarda la banda armata (artt. 306-307) non sono punibili coloro che, prima
del delitto, prima della ingiunzione allo scioglimento o, immediatamente dopo tale
ingiunzione:
- Disciolgono o determinano lo scioglimento della banda;
- Non essendo promotori o capi si ritirano dalla banda oppure si arrendono senza
opporre resistenza o consegnando o abbandonando le armi.
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Non sono comunque punibili coloro che impediscono l’esecuzione del delitto per cui la
banda è stata formata.
Capitolo 2
I delitti contro la Pubblica Amministrazione
Sezione Prima
Concetti generali e disposizioni comuni
Il titolo II del libro II del codice penale è dedicato all’esame dei delitti contro la pubblica
amministrazione.
Il titolo in esame è diviso in tre capi:
Capo I - Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (artt. 314-
335bis)
Capo II - Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione (artt. 336-356).
Capo III - Disposizioni comuni ai capi precedenti (artt. 357-360).
Ex art. 357 c.p. Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali
esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Dalla definizione legislativa si deduce che l’elemento che caratterizza il pubblico ufficiale è
l’esercizio di una funzione pubblica.
Il requisito dell’<<abuso di ufficio>> ha assunto, nel codice del 1930, una duplice
configurazione, essendo stato riferito o alla soggettività dell’ufficio (abuso della qualità ) o
alla oggettività di esso (abuso dei poteri).
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4. Il concetto di <<persona incaricata di un pubblico servizio>>
Per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della
pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e
con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera
meramente materiale.
Per l’art. 359: <<agli effetti della legge penale, sono persone esercenti un servizio di
pubblica necessità:
1. I privati che esercitano professioni forensi o sanitarie o altre professioni il cui esercizio
sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell’opera di essi
il pubblico sia per legge obbligato a valersi;
2. I privati che, non esercitando una pubblica funzione, né prestando un pubblico servizio,
adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della Pubblica
Amministrazione>>.
Il novero dei soggetti equiparati ai pubblici ufficiali, agli effetti anzidetto, è stato esteso:
- Ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte
penale internazionale
Sezione Seconda
I delitti dei pubblici ufficiali
contro la pubblica amministrazione
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Soggetto attivo può essere solo un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico
servizio, non anche l’esercente un servizio di pubblica necessità .
La nuova formulazione dell’art. 314 c.p. non prescrive più che il denaro o la cosa mobile,
oggetto del delitto, debba appartenere alla P.A., ma esige solo che essa si trovi nel
possesso o nella disponibilità del soggetto attivo.
Conseguenza è l’abrogazione del delitto di malversazione, già previsto dall’art. 315
D) La condotta <<appropriativa>>
Il fatto materiale consiste nell’appropriarsi il denaro o la cosa mobile posseduti per ragione
dell’ufficio o del servizio.
L’espressione <<uso momentaneo>> non va intesa come sinonimo di uso istantaneo, bensì ,
cioè protratto per un tempo limitato, così da comportare una sottrazione della cosa alla sua
destinazione istituzionale, tale da non compromettere seriamente la funzionalità della
pubblica amministrazione .
H) Consumazione e tentativo
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Il delitto si consuma quando il soggetto inizia a comportarsi nei confronti della cosa uti
dominus.
Non è richiesto anche il verificarsi di un danno per la P.A.
È ammissibile il tentativo.
I) Elemento soggettivo
Il dolo generico nel peculato.
Nel peculato d’uso dolo specifico (allo scopo di farne uso momentaneo).
L) Circostanze
Non sono ipotizzabili per il delitto di peculato le aggravanti di cui ai nn. 9 e 11 dell’art. 61.
La maggioranza delle ipotesi prima previste dall’art. 315, e cioè quelle di malversazione per
appropriazione, sono trasmigrate sotto la più ampia previsione dell’art. 314.
Le ipotesi di malversazione per distrazione, invece, rientrano, per lo più , nella figura
dell’abuso di ufficio.
Reato plurioffensivo
Presupposto del reato è l’errore sul dovuto (sull’an o sul quantum) da parte di colui che
effettua il pagamento al P.U. o all’incaricato del pubblico servizio;
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Tale errore non deve essere provocato dolosamente dal funzionario, altrimenti ricorre il
reato di concussione.
Commette tale reato chiunque, estraneo alla P.A., distragga dalle finalità cui erano destinate
somme di danaro (sovvenzioni, finanziamenti o contributi) ricevute dallo Stato o da altro
Ente pubblico o dalle Comunità Europee destinate a favorire iniziative per la realizzazione di
opere o per lo svolgimento di attività di pubblico interesse.
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L’interesse tutelato : imparzialità , buon andamento della P.A., tutela del privato contro le
sopraffazioni e i danni subiti a causa degli abusi dei pubblici funzionari;
soggetti passivi del reato sono, contemporaneamente, la P.A. e la persona che subisce il
danno derivante dall’abuso.
Si ha abuso della qualità quando il soggetto si avvale della sua qualità per costringer
altri a dare o promettere, indipendentemente dalla correlazione con atti del proprio ufficio.
C) Il costringimento
La costrizione consiste in quel comportamento del pubblico ufficiale idoneo ad ingenerare
nel privato una situazione di <<metus>>, derivante dall’esercizio del potere pubblico, che
sia tale da limitare la libera determinazione di quest’ultimo.
La costrizione, derivata dalla posizione soggettiva del P.U., deve porre il soggetto privato in
una situazione di minorata difesa rispetto alle richieste più o meno larvate di danaro o altra
utilità .
Promessa è l’impiego ad eseguire una futura prestazione, comunque assunta (sono irrilevanti
le forme ed i modi dell’impegno, poiché, si ricordi, il relativo patto, essendo un negozio illecito,
è nullo).
Indebita è la dazione o la promessa che non è dovuta, per legge o per consuetudine,
all’agente in quanto tale;
F) Consumazione e tentativo
In relazione al momento consumativo il reato di concussione si perfeziona
alternativamente con la promessa o con la dazione indebita per effetto dell’attività di
costrizione del pubblico ufficiale.
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Tentativo ammissibile .
7. La corruzione in generale
A) Interesse tutelato
interesse della P.A. all’imparzialità, correttezza e probità dei propri funzionari ed, in
particolare, l’interesse a che gli atti d’ufficio non siano oggetto di compravendita privata.
corruzione antecedente: il corrispettivo è pattuito prima del compimento dell’atto (più grave,
anche se il legislatore del ‘90 ha unificato la corruzione propria antecedente e susseguente
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Ex art. 318 c.p., risponde penalmente il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue
funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o
ne accetta la promessa.
Ante riforma 2012, si distingueva, sul piano sanzionatorio, fra corruzione impropria
antecedente (comma 1) sanzionata con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e corruzione
impropria susseguente (comma 2), sanzionata con la reclusione fino a 1 anno.
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A) Nozione
Rispondono di corruzione propria antecedente, in concorso necessario tra loro, il
pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio il quale, per omettere o
ritardare un atto del suo ufficio, o per fare un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve,
per sé o per un terzo, danaro od altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, nonché
colui che dà o promette il danaro o l’altra utilità al P.U. o all’incaricato di pubblico
servizio per uno dei fini suddetti.
Dolo specifico in quanto gli agenti devono compiere il fatto per il fine indicato nella
norma.
Tali aggravanti riguardano soltanto il delitto commesso dal pubblico ufficiale e non anche
quello commesso dall’incaricato di un pubblico servizio (art. 320, 2° comma).
Se ricorrono le aggravanti previste dal 319bis le pene suddette sono aumentate fino ad un
terzo.
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11. Corruzione in atti giudiziari (art. 319ter)
A) Nozione
Ricorre tale reato quando i fatti di corruzione siano stati commessi per favorire o
danneggiare una parte di un processo civile, penale o amministrativo.
Se dal fatto deriva l’ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque
anni, la pena è della reclusione da 5 a 12 anni;
Se deriva l’ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all’ergastolo, la pena
è della reclusione da sei a venti anni.
Dolo generico consistente nella cosciente e volontaria realizzazione della condotta, con la
consapevolezza del carattere indebito della dazione o promessa.
Le pene sono ridotte fino ad un terzo in presenza di fatti di particolare tenuità , ex art. 323bis
c.p.).
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13. Istigazione alla corruzione impropria (art. 322, 1° comma e 323bis)
Commette tale delitto chiunque offre o promette denaro od altra utilità, come
retribuzione non dovuta, a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico
servizio per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, qualora l’offerta o la
promessa non sia accettata.
Elemento psicologico dolo specifico dato che la norma richiede che l’agente agisca di
volta in volta per un fine individuato.
Il reato è attenuato se il fatto è di particolare tenuità (art. 323bis).
A) Nozione
Commette tale delitto chiunque offre o promette danaro od altra utilità, come
retribuzione non dovuta, ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico
servizio per indurlo ad omettere o a ritardare un atto dell’ufficio o del servizio, ovvero
a fare un atto contrario ai propri doveri qualora l’offerta o la promessa non sia
accettata.
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La pena è aumentata nei casi in cui i vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante
gravità .
Il reato infatti deve realizzarsi nello svolgimento delle funzioni o del servizio.
Per aversi abuso occorre soggetto abusi della funzione o del servizio.
Per aversi punibilità l’abuso deve estrinsecarsi nella violazione di norme di legge o di
regolamento o dell’obbligo giuridico di astenersi .
Ingiusto è quel danno o quel vantaggio che senza l’abuso, e quindi rispettando le norme
concretamente violate dall’agente, non si sarebbe realizzato.
3. Consumazione e tentativo
Il delitto si consuma con il verificarsi del vantaggio o del danno che costituiscono difatti
l’evento del reato.
4. Elemento soggettivo
Dolo generico.
Il reato è aggravato nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante
gravità.
17. Utilizzazione di invenzioni o scoperte conosciute per ragioni d’ufficio (art. 325)
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A) Nozione e scopo della norma
L’art. 326 prevede tre distinte figure di reato:
a) Commette il primo reato il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico
servizio che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque
abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere
segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza (art. 326, 1° comma);
b) Commette il secondo il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che
per colpa agevola la conoscenza dei segreti suddetti (art. 326, 2° comma);
c) Commette il terzo reato il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio
che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale
illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete.
Elemento materiale del delitto doloso consiste nel portare a conoscenza di persona non
autorizzata a riceverla la notizia d’ufficio destinata a restare segreta ovvero nel tenere un
comportamento, positivo o negativo, che comunque faciliti a non autorizzato la cognizione
della notizia.
L’art. 327 (eccitamento al dispregio e vilipendio delle istituzioni, delle leggi o degli atti
dell’Autorità ) è stato abrogato dall’art. 18, 1° comma, della L. 25 giugno 1999, n. 205.
Oltre che manifestato, in modo espresso tacito, il rifiuto deve anche essere <<indebito>>.
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È <<indebito>> il rifiuto che non trova giustificazione nella legge o in una disposizione ella
pubblica autorità .
Dolo generico
B) L’omissione di atti non qualificati o qualificati ma che possono essere ritardati (art.
328, 2° comma)
Commette tale delitto il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che,
fuori dai casi previsti dal primo comma, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi
abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni
del ritardo. Questa figura riguarda gli <<atti non qualificati>> e gli <<atti qualificati>>
che possono essere ritardati.
Viene considerato reato il <<non compiere l’atto e non rispondere per esporre le
ragioni del ritardo>>.
Risponde di tale delitto il militare o l’agente della forza pubblica, il quale rifiuta o
ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall’autorità competente nelle
forme stabilite dalla legge.
35
si tratta di un’ipotesi di reato proprio, potendo essere realizzato soltanto da un
imprenditore per cui ove il soggetto attivo non sia tale si configura il diverso reato di cui
all’art. 340 c.p. (Cass. 13-6-1996, n. 5994).
Interrompere il servizio significa romperne la continuità, in modo che non si svolga più
regolarmente.
Chi riceve la cosa in custodia privata dal custode incaricato dall’autorità non può
commettere il reato. Si ritiene inoltre che il reato sia escluso anche in caso di nullità o
inesistenza dell’incarico al custode.
Se il reato è commesso in concorso tra il proprietario ed il custode, entrambi risponderanno
della figura delittuosa più grave prevista dal primo comma, salva la facoltà per il giudice di
diminuire la pena per il proprietario.
36
Oggetto materiale dell’azione criminosa deve essere una <<cosa>> sottoposta a sequestro
penale o amministrativo.
Il reato è escluso se l’atto di sequestro è inesistente.
Il fatto può esser commesso sia con una azione che con una omissione.
Sezione Terza
I delitti dei privati contro la P.A.
1. Profili generali
L’offesa agli interessi della P.A. non proviene dall’interno dell’amministrazione stessa ma
dall’esterno.
2. La reazione legittima ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, dopo il cd. Pacchetto
sicurezza (art. 393bis)
Ai sensi dell’art. 393bis c.p., neointrodotto dalla L. 15-7-2009, n. 94 (cd. Pacchetto sicurezza),
<<Non si applicano le disposizioni degli articolo 336, 337, 338, 339, 341bis, 342 e 343
quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico
impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti
arbitrari i limiti delle sue attribuzioni>>.
Violenza è l’impiego di energia fisica, sulla persona e sulle cose, per vincere un ostacolo
reale o supposto.
Sia la violenza che la minaccia deve essere finalizzata contro un’azione futura del P.U.
Ne deriva che non è necessario che il P.U. si trovi nell’esercizio delle sue funzioni
nel momento in cui il fatto è commesso.
Dolo specifico.
B) Elemento soggettivo
il dolo è specifico e si concreta nel fine di ostacolare l’attività pertinente al pubblico
ufficio o servizio in atto,
Scopo della norma è quello di assicurare il buon andamento della P.A., tutelando che sia
riservato agli organi competenti della Pubblica Amministrazione il potere esclusivo di
disporre della titolarità dell’esercizio delle pubbliche funzioni e dei pubblici servizi.
Elemento soggettivo
In entrambe le ipotesi il dolo è generico e si concreta nella coscienza e volontà di esercitare
arbitrariamente le funzioni e le attribuzioni; è necessaria, comunque, la consapevolezza
nell’agente dell’arbitrarietà del proprio comportamento.
L’errore sulla natura esecutoria dell’atto amministrativo, nella seconda ipotesi, esclude il
dolo.
C) Elemento materiale
La condotta consiste nell’esercitare la professione abusivamente, e cioè senza aver ottenuto
la speciale abilitazione.
D) Elemento soggettivo
Il dolo previsto è generico, e consiste nella coscienza e volontà di porre in essere l’atto di
esercizio della professione, con la consapevolezza di esercitare indebitamente la professione.
Capitolo 3
I reati contro l’amministrazione della giustizia
39
1. Calunnia
Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso
nome, diretta all'autorità giudiziaria o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di
riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa
innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione
da due a sei anni.
La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena
della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla
reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una
condanna all'ergastolo; e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una
condanna alla pena di morte.
L'art. 368, benché tuteli l'interesse della persona incolpata, è previsto innanzitutto a tutela
dell'interesse dello Stato a non instaurare processi penali contro innocenti.
Oggetto della Calunnia dev'essere un reato specifico, o un reato più grave di quello
di fatto commesso dal calunniato.
Sia la causa di estinzione o di depenalizzazione del reato falsamente attribuito non escludono
la calunnia se avvenute dopo la denuncia.
Inoltre il dolo è escluso qualora si crede per errore che l'incolpato abbia commesso un reato:
e non solo quando l'errore cade su una norma extrapenale in senso stretto, ma una diffusa
interpretazione in bonam partem dell'art. 47 considera “extrapenale” anche la norma penale
diversa da quella che disciplina il caso di specie.
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Si ha pluralità di calunnia se con un’azione si denunciano più persone, o una stessa persona
per più reati.
2. Autocalunnia
A differenza della calunnia in questo art. 369 l'agente incolpa se stesso, consapevole della
sua innocenza.
Quando più persone attribuiscono ad una di esse un reato (che non ha commesso), si
prospettano quattro soluzioni teoriche:
1. tutti colpevoli di Autocalunnia;
2. tutti colpevoli di Calunnia;
3. tutti colpevoli di entrambi i reati;
4. l’incolpato colpevole di Autocalunnia e gli altri di Calunnia. Quest’ultima ipotesi pare
preferibile se non vi è stato accordo tra le parti; la prima se tale accordo c’è stato.
Quando invece l’autocalunniatore, oltre a sé, incolpa anche altri (Calunnia), o aiuta il colpevole
ad eludere le investigazioni (Favoreggiamento personale), si pone il problema se vi sia o meno
un concorso di reati.
41
L'autocalunnia è reato di pericolo; per la sua consumazione è sufficiente che la falsa
accusa sia idonea a provocare l'inizio di un procedimento penale (C., Sez. VI, 7.3.1970).
Di recente ha chiarito C., Sez. VI, 16.7.2013, n. 30830 che non è punibile per i reati di falsa
testimonianza, calunnia e autocalunnia, ai sensi dell'art. 384, il testimone che ribadisca nel
processo le dichiarazioni autoaccusatorie e accusatorie precedentemente rese, non essendo
tenuto a modificare le false affermazioni originariamente riferite.
[1] Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o
dal procuratore della Corte penale internazionale di fornire informazioni ai fini delle
indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai
fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
[2] Ferma l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento
penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del
quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado
ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con
sentenza di non luogo a procedere.
[3] Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell'ipotesi prevista
dall'articolo 391 bis, comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le
informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore.
L'art. 371-bis costituisce una delle risposte alle stragi di Palermo, è quindi orientato a
combattere il fenomeno mafioso, in particolare negli ostacoli che esso crea contro la
corretta amministrazione della giustizia.
La ragione di tale aggiunzione normativa si deve alla diffusa convinzione che, nel nuovo c.p.p.,
il P.M. assume il ruolo di parte.
La condotta, nel delitto in esame, risulta modellata su quella tradizionalmente propria della
Falsa Testimonianza ex art. 372, cui si rinvia.
Il fatto deve essere commesso «nel corso di un procedimento penale»: dunque, resta ad
esempio escluso il procedimento di prevenzione.
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E’ un reato “proprio” del soggetto a cui sono richieste informazioni utili alle indagini
preliminari secondo le forme stabilite, il delitto è escluso se le informazioni comporterebbero
un’autoaccusa, per via del principio del nemo tenetur se detegere.
4. Falsa testimonianza
Reato di pericolo (Cass, Sez. VI, 10.1-29.1.2013, n. 4299). Reato “proprio”. Dolo Generico.
l'art. 372 ha visto ampliato l'oggetto della propria tutela, che ora comprende anche il
corretto esercizio della giurisdizione penale internazionale.
L'art. 372 descrive tre diverse condotte in grado di integrare il reato: il testimone può
affermare il falso, negare il vero o tacere, in tutto o in parte ciò che sa intorno ai fatti sui quali
è interrogato
Criterio di riferimento non è la verità oggettiva, ma quella soggettiva, ciò che il teste ha
percepito coi propri sensi.
E’ falso il teste che ha riferito di aver visto un fatto realmente accaduto ma non vi ha assistito.
Se il teste non si rende conto di travisare i fatti, per errore o dimenticanza, in questi casi il
dolo è escluso.
E' necessario che il teste abbia falsato fatti rilevanti per la causa e che la falsità sia idonea a
trarre in inganno il giudice.
Secondo la dottrina, il delitto de quo si consuma nel momento nel quale l'esame testimoniale
sia stato portato a compimento con l'esaurimento delle domande poste al testimone
5. Delitti di favoreggiamento
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Tre requisiti accumunano le due forme di Favoreggiamento previste dal codice:
1) l'aiuto,
2) la preesistenza di un reato,
3) l’assenza di concorso nel reato-preesistente.
Non può essere considerato favoreggiatore bensì “concorrente” chi ha arrecato un contributo,
materiale o morale, al reato-preesistente.
[1] Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di
morte o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta
taluno a eludere le investigazioni dell'autorità, comprese quelle svolte da organi della
Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti,
è punito con la reclusione fino a quattro anni.
[2] Quando il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416 bis, si applica, in ogni
caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni.
[3] Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di
contravvenzioni, la pena è della multa fino a euro 516.
[4] Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non
è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.
Si è poi precisato che il delitto di favoreggiamento non è configurabile se manca del tutto o
è dubbia la prova della sussistenza obiettiva del reato presupposto;
ma quando il dubbio cade soltanto sull'autore di questo reato, è configurabile il reato
di favoreggiamento nei confronti di chi, con il suo comportamento, abbia intralciato il
corso dell'attività giudiziaria (C., Sez. VI, 10.4.1986).
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Deve consistere in un aiuto teso a eludere le investigazioni dell'Autorità, o a sottrarsi alle
ricerche di questa.
Sottrarsi alle ricerche significa rendere vane le attività dirette alla coercizione personale,
cioè il fermo, l'arresto, la cattura o l'accompagnamento.
Dolo generico.
Il favoreggiamento personale si consuma nel momento nel quale è stato prestato l'aiuto ad
eludere le investigazioni dell'autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa.
Per delimitare meglio l’area di tutela del Favoreggiamento personale rispetto ad altri reati di
contenuto affine (per es. la Falsa testimonianza), si è precisato che esso tende ad
impedire modifiche dei contesti materiali esterni che ostacolano le attività investigative
urgenti.
Si ha Tentativo quando l’aiuto non è portato a termine (per es., messaggi non potuti
recapitare).
[1] Chiunque fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648,
648 bis e 648 ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un
reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa
da euro 51 a euro 1.032 se si tratta di contravvenzione.
[2] Si applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo
precedente.
Dolo Generico.
Il delitto si consuma nel momento e nel luogo nel quale l'agente ha posto in essere il
comportamento nel quale si concreta l'aiuto
Capitolo 4
I delitti contro l’ordine pubblico
1. Premessa
Bene tutelato : ordine pubblico/beni tutelati dalle norme che prevedono i reati scopo
46
L'art. 414 contempla due ipotesi distinte:
1) l'istigazione a delinquere e
2) l'apologia di reato.
E' necessario che l'istigazione, in base a quanto previsto dal 4° comma dell’art. 266:
- avvenga in pubblico;
- sia idonea nel contesto concreto;
- deve avere ad oggetto un delitto o una contravvenzione sufficientemente determinati nei
loro elementi di fatto, altrimenti si configura il diverso reato di cui all'art. 415.
Il delitto si consuma a prescindere dalla successiva commissione del reato istigato e, secondo
una tesi minoritaria, anche se la istigazione è percettibile dal pubblico ma non percepita.
Sulla base della Sent. Corte cost. n. 65/1970 l'apologia rileva se genera il serio pericolo del
compimento, nell'immediato contesto spazio/temporale, di reati da parte di terzi.
L'art. 415 colpisce la istigazione alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, sempre
se fatta in pubblico.
"Legge di ordine pubblico" è un concetto di difficile determinazione:
- alcuni vi comprendono tutte le norme imperative
- altri escludono da queste quelle penali in quanto rientranti nell’art. 414, nonostante
ciò il concetto rimane ampio ed indefinito.
[1] Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro
che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò
solo, con la reclusione da tre a sette anni.
[2] Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a
cinque anni.
[3] I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
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[4] Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la
reclusione da cinque a quindici anni.
[5] La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
[6] Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600,
601 e 602, nonché all'articolo 12, comma 3 bis, del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di
cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, si applica la reclusione da cinque a
quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi
previsti dal secondo comma.
[7] Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600
bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater.1, 600 quinquies, 609 bis, quando il fatto è
commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609 quater, 609 quinquies, 609
octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609
undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo
comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.
Il reato viene indicato in dottrina per lo più come reato di pericolo concreto.
Ponendo attenzione alla lesione della pace sociale che l'organizzazione criminale comporta
in se stessa, il reato è definibile di danno.
E’ irrilevante, ai fini della sussistenza del reato associativo, che i delitti programmati non
vengano in tutto o in parte realizzati.
Il dolo è specifico in quanto “si associano allo scopo di commettere delitti”, consiste nella
coscienza e volontà di contribuire all’attuazione di un programma criminale.
Occorre inoltre la consapevolezza che almeno due altre persone condividono il medesimo
scopo.
Non risponde del delitto colui che partecipi alla commissione di uno solo o di più reati
qualora ignori l'esistenza dell'associazione.
Mentre nell'ipotesi in cui sia a conoscenza dell'esistenza del sodalizio, risponderà del
reato associativo.
[1] Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è
punito con la reclusione da sette a dodici anni.
[2] Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò
solo, con la reclusione da nove a quattordici anni.
[3] L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della
forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e
di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o
indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di
autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per
49
sé o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di
procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
[4] Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da nove a quindici anni
nei casi previsti dal primo comma e da dodici a ventiquattro anni nei casi previsti dal
secondo comma.
[5] L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per
il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se
occultate o tenute in luogo di deposito.
[6] Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il
controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di
delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
[7] Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che
servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il
prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego. [Decadono inoltre di diritto le
licenze di polizia, di commercio, di commissionario astatore presso i mercati annonari
all'ingrosso, le concessioni di acque pubbliche e i diritti ad esse inerenti nonché le
iscrizioni agli albi di appaltatori di opere o di forniture pubbliche di cui il condannato
fosse titolare.]
[8] Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra e alle altre
associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della
forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli
delle associazioni di tipo mafioso.
Riguardo agli interessi protetti l'art 416-bis (dal 1982) lascia trasparire un reato
plurioffensivo:
- contro l’ordine pubblico, le libertà di mercato, di iniziativa economica, quelle civili,
ecc.
Sul piano degli scopi, più eterogenei rispetto al “programma criminale” dell’art. 416 in
rapporto alternativo:
- commettere delitti, come nell'art. 416 appunto, ma anche
- acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di
attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici.
50
Questo tende a delineare il nuovo volto imprenditoriale della mafia, e i termini gestione e
controllo vanno intesi nel senso più lato riconducibile a situazioni di fatto;
- 3 - realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri;
- 4- impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o procurare voti a sé o ad altri (nel
1992), tramite intimidazioni anche implicite.
La liceità di alcuni degli scopi summenzionati ha sollevato dubbi di incompatibilità con l’art.
18 Cost. (sulla libertà di associazione), risolti rinviando alla illiceità dei mezzi sufficiente ad
inficiare tutta la condotta.
L’8° e ultimo comma dell’art. 416-bis ne stende l’applicazione alla camorra ed a tutte le altre
associazioni del tipo di quella mafiosa altrimenti denominate.
Sono previste circostanze aggravanti, e come pena accessoria la confisca obbligatoria di tutti
i beni pertinenti al reato.
Elemento soggettivo:
a. dolo generico: coscienza e volontà di partecipare ad un’associazione avente certe
caratteristiche (cd affectio societatis)
b. dolo specifico: effettiva volontà di perseguire i fini dell’associazione
Secondo alcuni autori il dolo va modulato diversamente secondo i vari ruoli delineati dal
legislatore
Consumazione e tentativo:
consumazione: momento in cui si costituisce l’associazione
L’associazione si costituisce con l’accordo tra tre o più persone, accompagnato dalla
costituzione, contestuale o anche successiva, di una struttura organizzativa, anche
rudimentale, volta alla commissione di una pluralità indeterminata di reati.
Momento dell’ingresso del partecipe nell’associazione
Tentativo:
non configurabile (opinione prevalente in dottrina e in giurisprudenza): nei reati associativi
vi è già un’anticipazione della tutela/è un reato di pericolo
(atti idonei diretti in modo non equivoco a costituire un’associazione mafiosa
integrano già il reato, perché il bene tutelato è esposto a pericolo)
51
[1] Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo
comma dell'articolo 416 bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione
di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
[2] La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al
primo comma.
La condotta del reato è ora descritta quale accettazione della promessa di procurare voti
con le modalità mafiose (1° co.) e quale promessa di procurare voti con le modalità
mafiose (2° co.).
L'art. 416 ter prende in diretta considerazione la relazione tra il candidato alle elezioni e
l'associazione criminale, punendo, tra i vari possibili accordi che possono intercorrere tra
essi, esclusivamente l'accordo in cui i termini del sinallagma siano erogazione di denaro
versus promessa di voti.
Soltanto l'erogazione di denaro a favore del sodalizio mafioso concretizza, per il legislatore,
un disvalore di azione e di evento tale da richiedere la così severa sanzione penale prevista
dall'art. 416 bis.
E’ evidente che l'ordinamento non punisce accordi di tipo diverso dall'erogazione di denaro
versus promessa di voti.
Soggetto attivo del reato è un uomo politico candidato in una competizione elettorale o
persona che lo sostenga.
La formulazione della norma esclude dal novero dei comportamenti punibili il versamento di
denaro in un momento successivo all'avvenuta elezione, a titolo di ricompensa o di
ringraziamento.
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Capitolo 5
I delitti contro la fede pubblica
(fonte : I REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA, relazione di Cino Augusto Cecchini ( dirigente polizia locale di
Padova))
Nella categoria dei delitti contro la fede pubblica, sono ricompresi quattro tipi di falsità:
1) Falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo;
2) Falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento;
3) Falsità in atti
4) Falsità personali.
La dottrina prevalente, partendo dal dato testuale del titolo VII del codice penale - «Dei delitti
contro la fede pubblica» -, individua l'interesse tutelato nel "bene categoria" fede pubblica,
definita come la fiducia che la collettività ripone nella genuinità e veridicità di determinati
contrassegni rilevanti per la vita sociale (monete, carte di pubblico credito, valori di bollo,
biglietti di pubbliche imprese di trasporto) ed ai quali l'ordinamento giuridico riconosce
certezza e valore probatorio per la particolare funzione economica che svolgono nelle
relazioni giuridiche pubbliche e private.
Secondo la tesi della plurioffensività della falsità in atti, per la configurazione dei reati è
necessario che, oltre al pregiudizio arrecato alla fede pubblica, si verifichi la lesione dei singoli
interessi garantiti dal documento.
Il documento può essere definito “ogni scrittura riportata sopra un mezzo idoneo, promanante
da un determinato autore, contenente una esposizione di fatti o dichiarazioni di volontà, idoneo
a suffragare una pretesa giuridica o a provare un fatto giuridicamente rilevante”.
Si può stilare un elenco di requisiti minimi di un documento per essere tale, e cioè:
1) la forma scritta;
2) la riconoscibilità dell'autore o comunque della provenienza del documento;
3) un contenuto giuridicamente rilevante;
4) infine alcuni documenti richiedono la necessità dell’ apposizione della data.
S’intendono documenti:
- Atti pubblici
- Certificati o autorizzazioni amministrative
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- Copie e attestati
- Scritture private
- Documenti informatici
Dunque mentre nel falso materiale il documento viene falsificato nella sua essenza
materiale, ovvero non è genuino, nel falso ideologico, il documento è falsificato solamente
nella sostanza, e cioè nel suo contenuto ideale, e quindi non è veritiero.
Il falso ideologico, invece, sussiste ogni qualvolta un documento che non sia stato né alterato,
né contraffatto, contenga delle dichiarazioni menzognere;
1. Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (articolo 476 c.p.).
L’articolo 476 c.p. prevede il caso del pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle sue funzioni
forma, in tutto o in parte un atto falso o altera un atto vero.
se il fatto è commesso da un privato ricorrerà il delitto previsto e punito dall’articolo 482 c.p.
(Falsità materiale commessa dal privato).
L’articolo richiede che il pubblico ufficiale sia nell’esercizio delle sue funzioni;
Tale inciso lascia intendere che la falsificazione deve essere compiuta nei confronti di un atto
che rientri nella competenza funzionale e territoriale del pubblico ufficiale.
2. Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici (art. 479 c.p.)
54
Riceve o forma un atto nell’esercizio delle sue funzioni attestando falsamente che un
fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza;
Attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese;
Omette o altera dichiarazioni da lui ricevute;
Attesta comunque falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.
Formare una scrittura privata equivale a dire “contraffare”, creando con ciò un documento
che non proviene dall’autore apparente.
Alterare una scrittura privata vera, invece, significa apporre delle aggiunte o produrre delle
modificazioni dopo la sua formazione.
Si tratta, inoppugnabilmente, di una figura di falso materiale.
L’uso necessario alla consumazione del reato si ha quando la scrittura privata falsa esce
dalla sfera di disponibilità dell’agente, producendo i suoi effetti giuridici all’esterno nei
confronti di terzi;
L’elemento psicologico del reato è il dolo specifico, in quanto l’agente non deve solamente
volere la falsificazione, con la coscienza e volontà di offendere gli interessi protetti, ma deve
avere l’intenzione di procurare a sé un vantaggio o di cagionare ad altri un danno di
qualsiasi natura, sia di natura morale che patrimoniale.
Capitolo 6
I delitti contro il patrimonio
Il legislatore del 1930 ha raggruppato nel titolo XIII i "delitti contro il patrimonio"
distinguendo nel capo I quelli commessi con violenza alle cose o alle persone e nel capo II
quelli commessi mediante frode.
Esaminando i "delitti contro il patrimonio" occorre definire l'ambito operativo delle nozioni
di possesso e di detenzione.
55
C’è possesso quando esiste un :
rapporto soggetto con una cosa avente come contenuto l'esercizio di un potere sulla cosa
corrispondente alla proprietà o ad altro diritto reale, autonomo nei confronti del titolare di un
potere giuridico maggiore e indipendentemente sia dall'animus rem sibi habendi, sia dalla
liceità o no della situazione possessoria;
C’è detenzione ogni qualvolta si è in presenza di un mero rapporto materiale con la cosa,
quale che sia l'animus che ispira l'agente, se questi si trova nell'ambito della sfera di controllo
del titolare di un potere giuridico maggiore.
Per quanto riguarda il problema della natura necessariamente patrimoniale del danno, da
ritenersi secondo alcuni autori comunque requisito implicito dei delitti contemplati nel titolo
XIII, con conseguente irrilevanza penale del fatto "innocuo" o comunque giudicato
insignificante dai consociati.
1. Furto
Il furto in diritto penale è un reato contro il patrimonio previsto dall'art. 624 c.p.
Interesse protetto dalla norma è l'interesse di ciascuno che nulla gli sia illecitamente
sottratto, sia che la cosa abbia valore patrimoniale, sia che l'interesse alla sua
conservazione venga ritenuto rilevante secondo il comune sentire dei consociati.
Dunque non protegge solo la “proprietà .
Il soggetto passivo del reato potrà essere chiunque, esclusi casi di incapacità parziale-
relativa previsti dall'art. 649.
Soggetto passivo della condotta e soggetto passivo del reato (titolare solo quest'ultimo
della facoltà di proporre querela e di costituirsi parte civile nel procedimento penale, nonché
del diritto al risarcimento del danno) possono non coincidere:
- si pensi al furto posto in essere in un grande magazzino nel quale persona offesa-
danneggiata dal reato è il proprietario, e soggetto passivo della condotta è il
commesso al quale la cosa viene sottratta.
Sia il legislatore, parlando di spossessamento, sia la maggioranza della dottrina ravvisano una
lesione dell'interesse del possessore, a parte qualche autore dell'idea che il furto sia una
violazione della proprietà : tuttavia il reato non sempre comporta uno svantaggio per il
proprietario, specialmente quando questi non è contemporaneamente il possessore.
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Al possessore spetta, pertanto, il diritto di querela.
L'oggetto materiale dell'azione del furto è necessariamente una cosa mobile.
Come tale si intende ogni entità che presenti i caratteri della definitezza spaziale e
dell'esistenza autonoma, e sia idonea a soddisfare un bisogno umano sia morale che
materiale e formare oggetto di diritti patrimoniali.
Tra le cose mobili vengono inserite anche le energie naturali (energia elettrica, gas, energia
termica), purché costituiscano una sottrazione ad altri soggetti.
Le onde radio in chiaro, che possono essere percepite da tutti, non possono costituire
oggetto di furto;
Elemento soggettivo:
Il coefficiente psicologico è il dolo specifico, il che significa che l'agente deve essere
consapevole dell'altruità della cosa mobile e volerne la sottrazione e l'impossessamento.
L’agente deve avere inoltre, lo scopo di ricavarne un profitto per sé o per altri;
Se è necessaria la coscienza che la cosa sia di altri, l'autore che ritenga per un errore di fatto
oppure per un errore nell'interpretazione di disposizioni non penali, di vantare un diritto sul
bene, non commette furto
Circostanze aggravanti:
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Uso della violenza sulla cosa
La ragione dell'aggravante (cosiddetta "effrazione") sta nella maggiore pericolosità che
l'agente dimostra servendosi della violenza e nella riduzione della difesa del bene, prodotta
dall'uso di un mezzo di aggressione più efficace del normale.
Usare violenza sulla cosa significa danneggiarla, trasformarla oppure destinarla ad una
finalità diversa da quella che ha originariamente;
il significato del termine "danneggiare" viene fornito dal delitto di danneggiamento, il quale
stabilisce che danneggiare un bene significa distruggerlo, disperderlo, deteriorarlo o
renderlo inservibile.
La violenza deve essere operata prima o compiendo il reato, dunque non è rilevante ai fini
del furto che la cosa sia stata fatta oggetto di violenza dopo il fatto;
La cosa sulla quale si rivolge la violenza deve presentare una sufficiente capacità
difensiva, altrimenti non emerge l'aggressività dell'agente.
L'oggetto della violenza deve essere necessariamente la cosa, poiché l'uso della violenza
contro la persona è elemento oggettivo del reato di rapina.
Per mezzo fraudolento si intende uno strumento oppure uno stratagemma diretto a superare
l'ostacolo che l'avente diritto abbia posto a difesa del bene.
La chiave è uno strumento fraudolento sia quando è falsa sia quando è autentica, ma in
questo secondo caso il ladro deve esserne venuto in possesso illegittimamente;
Il raggiro deve avere lo scopo di facilitare la sottrazione della cosa e non di farsela
consegnare dal soggetto passivo, altrimenti si configura il reato di truffa, dove l'artificio è
finalizzato ad ottenere l'atto di disposizione patrimoniale da parte dell'offeso.
L'aggravante trova la propria ratio nel particolare allarme sociale che, specie in aree rurali,
il furto in esame comporta.
Si ha furto con strappo allorché la sottrazione del bene avviene strappando la cosa alla
persona (non con violenza rivolta verso la persona perché in tal caso si integrerebbe il reato
di rapina).
2. Art. 316ter
Art. 316-ter
Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante
l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non
vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente,
per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello
stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici
o dalle Comunità europee (innovazione del 1992) è punito con la reclusione da sei mesi
a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a 3999,96 euro si applica
soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da 5.164
euro a 25.822 euro. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio
conseguito.
Condotta incriminata
forma commissiva: mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti
falsi o attestanti cose non vere
- falsità: sia materiale sia ideologica e pertinente all’an o al quantum dell’erogazione
Elemento soggettivo
Dolo generico: rappresentazione della falsità delle dichiarazioni o dei documenti, cui
deve aggiungersi la volontà di utilizzarli al fine della percezione di indebito;
nella versione omissiva è necessaria la consapevolezza e la volizione della mancata
informativa o dell’incompletezza dei dati forniti, dirette a conseguire l’indebito
Consumazione e tentativo
- consumazione: il reato si consuma nel momento e nel luogo in cui viene
conseguita l’indebita erogazione
- tentativo: ammissibile (e sono configurabili anche il recesso attivo e la desistenza
volontaria)
3. Appropriazione indebita
Il possesso dev’essere fondato su un titolo qualsiasi (legge, contratto, altra causa) purché
lecito.
Difficile è accertare il reato quando il possesso avviene su cose fungibili come il denaro,
perché il possederle equivale all’averne la proprietà con l’obbligo di restituirne la stessa
somma.
Tuttavia, nel diritto penale il concetto di altruità non coincide con quello civilistico di
proprietà bensì con l’interesse a mantenere un vincolo di destinazione del bene che altri non
deve violare, per es. spendendo per scopi diversi il denaro in suo possesso.
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Il tentativo è difficilmente configurabile per la stessa difficoltà di accertamento del
mutamento psicologico nel possessore.
4. Rapina.
La Rapina è considerata un reato complesso ex art. 84, composto da furto e violenza privata.
Per effetto dell’art. 581 la violenza nella rapina può consistere nelle sole percosse, ogni
violenza più grave comporterà un concorso di reati.
L’art. 628 equipara la Rapina propria, in cui con violenza o minacce ci si impossessa della cosa
mobile altri, alla Rapina impropria commessa subito dopo la sottrazione per assicurare a sé o
ad altri il possesso della cosa o l’impunità : il sottoporle ad un medesimo regime sanzionatorio
viene messo in discussione per la maggior gravità del secondo comportamento.
Rapina propria
La violenza (fisica) solo su persone e la minaccia (violenza psichica) su cose o persone,
possono ricadere sul possessore del bene o su terzi ad esso congiunti:
- esse devono essere state realizzate dal soggetto attivo, altrimenti chi si approfitta di
uno stato di paura, indotto da altri, commette il diverso reato di Furto.
Altra differenza dal furto si ha nel concetto di detenzione che non è più considerata come
disponibilità potenziale sulla cosa bensì come disponibilità materiale per la necessaria
vicinanza fisica dei beni in questa tipologia di reato.
Come nel furto non si ha rapina se il vantaggio che ne consegue non ha natura economica,
il profitto dev’essere ingiusto.
Rapina impropria
La minaccia o la violenza devono avvenire “immediatamente dopo la sottrazione” per
assicurare la contestualità e unicità del fatto.
In particolare quando il fine specifico del dolo consiste nel “assicurare a sé o ad altri il
possesso della cosa sottratta” la condotta coercitiva si collocherà tra sottrazione e
definitivo impossessamento della refurtiva.
Se il dolo è commesso per uno scopo diverso da quelli espressi dalla norma non si ha reato di
Rapina.
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E’ pacifica la configurazione del tentativo di Rapina impropria quando dopo la sottrazione,
con l’uso di violenza o minaccia non si è conseguito lo scopo previsto.
5. Truffa
A) Truffa comune
Art. 640 c.p.: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o
ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre
anni e con la multa da 51 euro a 1.032 euro.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro:
a) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di
far esonerare taluno dal servizio militare;
b) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo
immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze
previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante.”
Tipologia di reato
Fattispecie a cooperazione artificiosa della vittima (non vi è solo un’aggressione unilaterale da
parte dell’agente [es. furto], ma è necessario che il soggetto passivo cooperi alla produzione
del danno)
Bene tutelato
a) Solo patrimonio (Fiandaca-Musco -> l. 689/1981: procedibilità a querela; tutela
civilistica contro il dolo)
b) Solo libertà del consenso
c) Patrimonio, ma anche libertà della vittima di disporre delle sue risorse senza
fraudolente interferenze altrui (dottrina e giurisprudenza prevalenti) -> ma cfr. infra
d) Patrimonio (e libertà di disporne), ma anche buona fede della vittima
e) Buona fede del pubblico in generale -> critica: profilo pubblicistico -> incompatibile
con la perseguibilità a querela introdotta con la l. 689/1981
Condotta incriminata
Reato di evento a forma vincolata:
A. Artifici o raggiri
B. Induzione in errore
C. Atto dispositivo
D. Danno (patrimoniale) e profitto ingiusto per sé o per altri
B) Artifici o raggiri
Artificio: manipolazione o trasfigurazione della realtà esterna, provocata attraverso la
simulazione di circostanze inesistenti o la dissimulazione di circostanze esistenti
Raggiro: attività simulatrice sostenuta da parole o argomentazioni atte a far scambiare il falso
per vero.
C) Induzione in errore
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Errore: falsa o distorta rappresentazione di circostanze di fatto, capace di incidere sul
processo di formazione della volontà -> deve essere generato dagli artifici o raggiri (non rileva
lo sfruttamento dell’errore preesistente, ma rileva il rafforzamento dell’errore).
Rileva il dubbio insuperabile/indeterminato, mentre non rileva il dubbio
superabile/concreto, cioè sorretto da elementi concreti, tali che il soggetto potrebbe
indagare al fine di prevenire da solo di cadere in errore -> qui non c’è reato perché la vittima
potrebbe autotutelarsi (mentre il diritto penale è solo l’extrema ratio)
D) Atto dispositivo.
- caratteri dell’atto (Fiandaca-Musco):
Atto di disposizione patrimoniale non in senso civilistico, bensì in senso ampio: non
solo atti attributivi, ma anche comportamenti materiali patrimonialmente rilevanti
(es. eliminazione di un oggetto raro di cui esistono solo due esemplari, con
conseguente aumento di valore dell’esemplare dell’agente), comportamenti
meramente esecutivi, atti abdicativi, atti estintivi, persino un non facere (prescrizione,
decadenza, ritardo).
- Se la vittima è inconsapevole dell’atto di disposizione (o, secondo qualche autore, dei
suoi effetti; es. Tizio induce fraudolentemente Caio a regalargli un vestito, sapendo che
questi vi ha dimenticato dentro dei soldi) si avrà un reato di aggressione unilaterale.
La truffa è reato istantaneo e di danno che si perfeziona nel momento in cui alla
realizzazione della condotta tipica dell'autore abbia fatto seguito la deminutio patrimonii del
soggetto passivo.
Nel delitto di truffa, mentre il requisito del profitto ingiusto può comprendere in sé qualsiasi
utilità , incremento o vantaggio patrimoniale, anche a carattere non strettamente economico,
l'elemento del danno deve avere necessariamente contenuto patrimoniale ed economico,
consistendo in una lesione concreta e non soltanto potenziale che abbia l'effetto di produrre,
mediante la "cooperazione artificiosa della vittima" che, indotta in errore dall'inganno
ordito dall'autore del reato, compie l'atto di disposizione, la perdita definitiva del bene da
parte della stessa; ne consegue che in tutte quelle situazioni in cui il soggetto passivo assume,
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per incidenza di artifici e raggiri, l'obbligazione della dazione di un bene economico, ma
questo non perviene, con correlativo danno, nella materiale disponibilità dell'agente, si verte
nella figura di truffa tentata e non in quella di truffa consumata. (Cass. Pen., SS. UU., 16-12-
1998 (dep. 19-01-1999), n. 17, Cellammare).
Ingiusto profitto:
- Va accertato indipendentemente dal danno.
- Anche mancata diminuzione del patrimonio.
- Sul carattere patrimoniale o meno del profitto due sono le tesi:
1) Tale elemento ha natura non necessariamente patrimoniale e si sostanzia anche nel
soddisfacimento di un interesse psicologico o morale, (dottrina e giurisprudenza
dominanti, Marinucci-Dolcini).
2) E’ necessaria la natura patrimoniale, ci deve essere, cioè, almeno una mancata
diminuzione della ricchezza (es. l’agente evita con un raggiro di pagare un servizio) (tesi
Sostenuta da Fiandaca-Musco)
Circostanze aggravanti.
1) Se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico:
- lo Stato o l’ente pubblico deve essere soggetto passivo (vittima può essere poi un
soggetto qualificato o meno);
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- nozione di ente pubblico -> giurisprudenza: ente che persegue finalità pubbliche
o svolge funzioni di interesse pubblico (incluse le Comunità europee). In tale
circostanza aggravante:
a) Si ha danno anche quando vi è una semplice frustrazione degli scopi perseguiti
con le erogazioni pubbliche;
b) Spesso non si ha atto dispositivo (es. falsificazione del bollo di circolazione);
c) L’attitudine ingannatrice della condotta va considerata alla luce del fatto che lo
Stato ha un obbligo di controllo (altrimenti si amplierebbe troppo l’ambito
applicativo della norma e si finirebbe per piegarla a scopi di tutela
dell’inefficienza della p.a.).
2) Se il fatto è commesso col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare.
- Conferma della rilevanza della truffa in atti illeciti (cfr. supra);
- Ratio: tutela dell’immagine della p.a.;
- Scarsa applicazione;
- Concorso apparente di norme con il millantato credito.
Secondo la giurisprudenza e la dottrina sussiste tale aggravante anche nel caso in cui chi ha
pagato aveva diritto, per legge, all’esonero dal servizio militare.
Art. 640 bis, introdotto con la l. 55/1990 lotta al fenomeno della captazione abusiva di
erogazioni pubbliche (c.d. beni prestazione).
Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
La pena è della reclusione da uno a sei anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo
640 bis riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello
stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti
pubblici o delle Comunità europee.
A) Ratio di tutela
1) Insufficienza del sistema di repressione delle frodi nel conseguimento di erogazioni
pubbliche;
2) Presenza di un elevato numero di frodi, specie in relazione alle sovvenzioni
comunitarie;
3) Necessità di tutelare le erogazioni comunitarie;
4) Necessità di reprimere fenomeni dotati lesività particolare: non vi è solo una lesione
del patrimonio dell’ente erogatore, ma anche dell’interesse al raggiungimento degli
obiettivi di politica economica (sviamento di risorse) -> critica: la truffa non è una
figura adeguata, perché qui non si lede solo il patrimonio, ma anche l’interesse al
corretto utilizzo delle risorse pubbliche.
B) Profili sistematici
Natura giuridica:
Il reato in questione configura un’aggravante.
La truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche prevista dall'art. 640 bis c.p. costituisce
una circostanza aggravante del delitto di truffa di cui all'art. 640 dello stesso codice e non
figura autonoma di reato. (In applicazione del principio la Corte ha ritenuto corretta la
declaratoria di prescrizione pronunciata dal giudice di merito previa concessione di
attenuanti equivalenti alla circostanza aggravante). Cass. Pen., SS. UU., n. 26351/2002. Il bene
protetto è diverso rispetto alla truffa comune: patrimonio pubblico quale insieme di risorse
destinato a fini specifici.
Criterio di imputazione:
criterio soggettivo di imputazione ex art. 59: l’agente deve conoscere la circostanza o
ignorarla per colpa (differenza ancora più evidente prima del ‘90: applicazione oggettiva
delle circostanza). Il reato autonomo doloso: ogni elemento costitutivo deve essere
abbracciato dal dolo, dunque è necessaria la piena conoscenza.
C) Condotta Incriminata
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Richiamo all’art. 640.
Particolarità (cfr. aggravante ex art. 640 co. II n. 1):
1) Secondo la giurisprudenza si ha danno anche quando vi è un semplice sviamento
rispetto agli scopi perseguiti con le erogazioni pubbliche (c.d. lesione del valore d’uso
del bene);
2) Secondo alcune sentenze, come per l’art. 640 co. II n. 1, l’attitudine ingannatrice della
condotta va considerata alla luce del fatto che l’ente erogatore ha un obbligo di
controllo (altrimenti si amplierebbe troppo l’ambito applicativo della norma e si
finirebbe per piegarla a scopi di tutela dell’inefficienza della p.a.).
D) Oggetto
Contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque
denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità
europee:
- Contributi e sovvenzioni: a fondo perduto;
- Finanziamenti: concessioni di credito a condizioni vantaggiose per impieghi
determinati;
- Mutui agevolati: si differenziano dai finanziamenti per la maggiore ampiezza dei
termini di restituzione;
- Altre erogazioni…: difetto di tassatività .
La pena per il reato in questione è data dalla reclusione da uno a sei anni, si procede d’ufficio
e la competenza è del Tribunale Monocratico. Le misure cautelari personali sono consentite;
l’arresto in flagranza è facoltativo; il fermo non è consentito.
7. Frode informatica.
Art. 640ter:
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“Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico
o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti
in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto
profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51
euro a 1.032 euro.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1.549 euro se ricorre
una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il
fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di
cui al secondo comma o un'altra circostanza aggravante”.
A) Bene Tutelato.
a) Patrimonio (Marinucci-Dolcini);
ragione: è una figura di truffa;
b) Anche regolare funzionamento dei sistemi informatici e telematici (Fiandaca-Musco)
B) Condotta incriminata
Con tale fattispecie si intende reprimere la condotta dei cd. Hachers, pirati dell’informatica.
Pur essendo molteplici le modalità possibili per configurare il reato, la miglior dottrina ha
elaborato tre tipi di condotta:
- L’alterazione o l’immissione di dati;
- L’alterazione del cd. “software” finalizzata alla frode;
- L’alterazione delle informazioni (intese come correlazione fra dati)
C) Elemento soggettivo
Dolo generico
Non è necessaria la volontà di indurre in errore o ingannare
D) Consumazione.
L’art. 640 ter prevede, ai fini della sua consumazione, la percezione di un ingiusto profitto con
altrui danno.
E) Circostanze aggravanti.
Costituiscono circostanze aggravanti:
1) Il fatto commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far
esonerare taluno dal servizio militare;
2) Il fatto commesso con l’abuso della qualità di operatore del sistema;
3) Il fatto commesso con furto o indebito utilizzo dell’identità digitale in danno di uno o
più soggetti.
Il delitto di cui all’art. 640 ter cp è punibile a querela di parte e nelle ipotesi aggravate
perseguibili d’ufficio.
Art. 648-ter
“Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis,
impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è
punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 1.032 euro a 15.493 euro.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.
La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 648.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648”.
La norma introdotta con la l. 55/1990 (reato privo di precedenti in altre legislazioni), è stata
così modificata con la l. 328/1993
A) Bene tutelato.
1) Patrimonio
ratio: impedire che si possano rimettere in circolazione capitali illegalmente
acquisiti;
2) Ordine economico -> tutela della concorrenza e/o degli investimenti; evitare l’utilizzo
di metodi illeciti nell’ambito dell’attività finanziaria; evitare il travolgimento delle
regole del mercato, con approvvigionamento del capitale a costo zero, etc.
3) Ordine pubblico: impedire lo sviluppo e il rafforzamento della criminalità
organizzata;
4) Reato ostativo scoraggiare la commissione dei reati presupposto.
B) Soggetto attivo.
Chiunque: reato comune salvo autore o concorrente del/nel delitto presupposto.
C) Condotta incriminata.
Fuori dei casi di concorso nel reato e fuori dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis
(clausola di riserva):
- chi impiega i capitali di provenienza illecita deve averne la disponibilità, dunque
normalmente ha commesso il reato presupposto o ha già realizzato i presupposti della
ricettazione o del riciclaggio.
Riconducibilità all’art. 648 ter di casi in cui:
- l’agente prima ricetta o ricicla i beni e solo in un secondo momento decide di
reimpiegarli;
- l’agente ha solo continuato una catena di passaggi che aveva a monte un ricettatore o
un riciclatore, cioè la sua condotta è successiva alla “ripulitura” del capitale
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(ovviamente con la consapevolezza della provenienza delittuosa) (Trib. Lecce, 06-06-
2003);
- l’agente non ha contatto con il denaro o i beni di provenienza delittuosa;
- il comportamento non costituisce ostacolo all’identificazione della provenienza
delittuosa del bene criterio non accettabile se si ritiene, come fa Grasso, che l’inciso
sia qui requisito implicito;
- il delitto presupposto è colposo opinione minoritaria: secondo la dottrina
prevalente il fatto che la norma non dica “delitti non colposi” è dovuto ad una mera
svista (anche perché tali reati non presentano prezzo/prodotto/profitto);
- l’agente conosce la provenienza delittuosa successivamente alla ricezione.
E) Elemento soggettivo.
Dolo generico, è cioè sufficiente che colui che impiega il danaro, i beni o le altre attività sia
consapevole che questi provengano da un delitto.
F) Circostanze.
Comma II: aggravante: La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di
Comma III: attenuante: La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo
648 attenuante del fatto di particolare tenuità
9. Usura
Soggetto attivo.
Trattasi di reato comune -> persona fisica ma anche persona giuridica
B) Condotta incriminata.
Abrogata la normativa precedente che presupponeva, per la configurabilità del reato,
l’esistenza contemporanea del vantaggio usuraio, di un obiettivo stato di bisogno e della
consapevolezza da parte dell’agente di tale stato e quindi del suo approfittamento.
Il nuovo articolo 644 cp modificato con la legge 7-03-1996 n. 108 z+. fuori dei casi preveduti
dall'articolo 643 (circonvenzione di persona incapace):
A. Farsi dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri interessi o altri
vantaggi usurari : prestazione usuraia;
B. Procurare a taluno una somma di danaro o altra utilità facendo dare o promettere, a
se o ad altri per la mediazione usuraia, un compenso usuraio: mediazione usuraia.
C) Elemento soggettivo.
Il dolo del reato di usura è costituito dalla coscienza e volontà di percepire interessi, vantaggi
o compensi usurai, non è più necessario l’approfittamento dello stato di bisogno.
Il consenso dell’avente diritto non scrimina, perché la manifestazione di volontà della
vittima è elemento della fattispecie, anche se si tratta di volontà viziata. Affinché sussista il
delitto di usura è necessario che gli interessi , i vantaggi o i compensi dati siano usurari
rispetto alla prestazione di dare o procurare danaro o altra utilità .
Ai sensi dell’art 2 della legge 108/96 modificato e convertito in legge 12/07/2011 n.106 il
limite oltre il quale gli interessi sono sempre usuari è stabilito nel tasso medio risultante
dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale aumentato di un quarto, cui si
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aggiunge un margine di ulteriori quattro punti percentuali . La differenza tra il limite e il tasso
medio non può essere superiore a otto punti percentuali.
La formulazione dell’art. 644 cp è stata costruita dal legislatore sotto forma di norma penale
in bianco in cui una parte del precetto è rinvenibile nell’articolo mentre per l’altra
parte (determinazione del tasso limite) deve farsi riferimento ad una fonte esterna
diversa (il provvedimento amministrativo costituito dalla rilevazione del Ministero del
Tesoro).
D) Consumazione e tentativo.
L’ art. 644ter (introdotto con la l. 108/1996): La prescrizione del reato di usura decorre dal
giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale. La norma non è univoca:
l’unico elemento che emerge chiaramente dall’art. 644ter è che il reato deve considerarsi
unico in presenza di plurimi versamenti di interessi (e anche se siano intervenute modifiche
delle condizioni), purché non si abbia la prestazione di un nuovo capitale ( ipotesi di reato
continuato). La conseguenza è che allo stato accogliersi la tesi che il delitto in questione sia un
reato permanente.
Il Tentativo:
Configurabile per parte della dottrina, secondo altri, invece, il tentativo non è configurabile
trattandosi di reato a consumazione anticipata.
E) Circostanze.
Comma V: aggravanti (ampliate con la riforma del 1996):
Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà :
1) Se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di
intermediazione finanziaria mobiliare;
2) Se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o
proprietà immobiliari;
3) Se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) Se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o
artigianale;
5) Se il reato è commesso da una persona sottoposta con provvedimento definitivo alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di
applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione.
F) Sanzioni.
Il Comma IV dell’art. 644 cp prevede, nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi
dell'articolo 444 del codice di procedura penale, la confisca obbligatoria:
(1) dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato
(2) ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per
interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o
compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento
dei danni.
Confisca (cfr. art. 240 c.p.):
1) Obbligatoria;
2) Anche nel caso di patteggiamento;
3) Non solo per il prezzo del reato, ma anche per il profitto;
4) Anche per equivalente;
5) Anche presso terzi (non si richiede che il terzo sia a conoscenza del reato o vi abbia
partecipato -> scarso rispetto del principio di colpevolezza [Marinucci-Dolcini])
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ratio: privare l’usuraio di qualunque beneficio sul versante economico
n.b. applicabile anche a fatti commessi prima del 1996, perché la confisca è una misura di
sicurezza sottoposta alla regola dell’art. 200 c.p. e non all’art. 2 c.p.
A) Profilo sistematico.
È un reato autonomo rispetto all’usura.
B) Condotta incriminata
Fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma (usura) chiunque procura a
taluno una somma di danaro o altra utilità facendo dare o promettere, a se o ad altri per la
mediazione usuraia, un compenso usuraio.
C) Elemento soggettivo
Dolo generico
D) Consumazione
Momento in cui il soggetto passivo riceve la somma di denaro o altra utilità frutto dell’opera di
mediazione .
E) Circostanze aggravanti
Le medesime del reato di usura.
11. Ricettazione.
Art. 648
Ricettazione.
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto,
acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o
comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la
reclusione da due ad otto anni e con la multa da 516 euro a 10.329 euro.
La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a 516 euro, se il fatto è di
particolare tenuità .
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto, da cui il
denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una
condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
A) Profilo storico-sistematico
Il Codice Rocco ha autonomizzato il delitto di ricettazione rispetto al c.d. delitto presupposto
nel diritto romano, nel diritto intermedio, nella dottrina del primo Novecento e ancora in
parte nel Codice Zanardelli (che collegava la pena a quella del delitto presupposto) non si
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trattava di una figura autonoma, bensì di una forma di auxilium post delictum o di concorso
accessorio dopo il delitto -> finzioni giuridiche.
C) Soggetto attivo.
Reato comune ma c.d. reato a soggettività ristretta infatti sono esclusi:
- I concorrenti del reato presupposto clausola di riserva (cfr. infra);
- Il danneggiato del reato riacquista la cosa che gli appartiene;
- Il proprietario della cosa (che conservi la disponibilità della cosa da altri
legittimamente posseduta, es. pegno) esercita un suo diritto (Fiandaca-Musco;
punto controverso);
- soggetti ex art. 649 (causa di non punibilità )
D) Condotta incriminata.
Reato a forma vincolata.
fuori dei casi di concorso nel reato (c.d. delitto presupposto);
secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti:
a) Si ha concorso nel delitto presupposto se si ha un contributo anteriore alla
commissione del reato, anche sotto forma di accordo dotato di efficacia
causale in merito all’acquisto del futuro prodotto del reato;
b) si ha ricettazione quando si ha un comportamento successivo alla
commissione del delitto presupposto o un comportamento antecedente privo
di efficacia causale (caso del c.d. omnimodo facturus).
1) Ricettazione vera e propria.
Acquista, riceve od occulta.
A) Acquistare:
a) Interpretazione ampia (orientamento prevalente in dottrina e in giurisprudenza):
ogni attività negoziale, a titolo oneroso o gratuito, che produce l’effetto giuridico di
far entrare la cosa nella sfera giuridico-patrimoniale dell’agente, attribuendogli il
possesso uti dominus;
b) Interpretazioni restrittive: solo la compravendita (orientamento diffuso) o i negozi
a titolo oneroso (orientamento isolato).
B) Ricevere:
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Ogni acquisizione della cosa che comporti materiale trasferimento della detenzione, anche
temporaneo -> nozione residuale rispetto all’acquisto:
a) Tutte le forme di conseguimento del possesso non uti dominus, es. acquisto a titolo
di diritto reale di godimento (opinione prevalente);
b) Acquisto del possesso in tutti i modi diversi dalla compravendita (orientamento
tradizionale) o mediante negozi a titolo gratuito (opinione isolata)
C) Occultare:
Azione di nascondere la cosa implica la disponibilità : secondo molti autori è pleonastico
(Fiandaca-Musco)
a) Denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto;
- Denaro: carta moneta e moneta metallica avente corso legale in Italia o
all’estero;
- Cose:
Problema 1: le mere utilità (es. prestazioni di servizi).
a. Giurisprudenza: divisa (favorevole la più risalente);
b. Dottrina prevalente: contraria (Fiandaca-Musco) (ma secondo alcuni sarebbero
possibile oggetto di ricettazione i beni immateriali, come le fonti di energia).
Problema 2: i beni immobili:
a. Compresi secondo parte della dottrina lettera della norma;
b. Non compresi secondo altra parte della dottrina (Fiandaca-Musco) i beni immobili
hanno un sistema di circolazione che li garantisce maggiormente.
- Provenienti da qualsiasi delitto:
- delitto e non contravvenzione/illecito civile/illecito amministrativo (opinione
dominante);
(opinione minoritaria: anche contravvenzioni: esigenze di tutela; utilizzo del termine “reato”
nella clausola di riserva; etc.)
- delitto anche non contro il patrimonio (es. delitto contro la p.a., falso, delitti
previsti da legge speciali);
- provenienza:
- Legame con il reato:
a. Interpretazione ampia (dottrina e giurisprudenza dominanti): tutto ciò che si ricollega
al delitto: profitto, prezzo, prodotto, cose che servirono a commettere il reato
(profitto del reato: vantaggio di natura economica che deriva causalmente dal reato;
prezzo del reato: compenso dato per indurre taluno a commettere il reato/utile
pattuito e conseguito da un soggetto determinato come corrispettivo dell’esecuzione
di un illecito; prodotto del reato: cosa materiale che si origina dal reato
medesimo/risultato empirico dell’esecuzione del reato);
b. Interpretazione restrittiva (dottrina minoritaria, Fiandaca-Musco): la norma fa
riferimento alla “provenienza” e non alla generica “attinenza”: solo i beni ottenuti
mediante il reato .
- Provenienza diretta o indiretta:
a. Solo diretta (dottrina risalente) evitare la propagabilità ad infinitum;
b. Anche indiretta (dottrina e giurisprudenza dominanti) possono anche esservi
intermediari, purché l’acquirente sia consapevole della provenienza delittuosa;
c. Al fine di procurare a sé o ad altri un profitto.
Dolo specifico, cfr. infra.
intermediazione nella ricettazione o comunque si intromette nel farle acquistare,
ricevere od occultare.
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- NO intermediazione civilistica vi rientra qualsiasi attività idonea a mettere in contatto
dell’autore del reato con un terzo possibile acquirente, di buona o mala fede (a
prescindere dal raggiungimento dello scopo).
Comma III: Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto,
da cui il denaro o le cose provengono, non è imputabile o non è punibile ovvero quando
manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.
conseguenza: la ricettazione è accessoria rispetto al delitto presupposto, dunque:
a. si configura quando con riferimento al delitto presupposto sussiste:
- una situazione di inimputabilità ;
- una causa personale di non punibilità ;
- la mancanza di condizione di procedibilità ;
- la mancanza di una condizione obiettiva di punibilità :
- una causa di estinzione del reato (art. 170 c.p.: quando un reato è il presupposto
di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all'altro reato -> però se
il reato presupposto si estingue _prima_ della commissione della ricettazione non
si configurerà quest’ultimo reato [causa: uso del verbo “estendersi”])
b. non si configura quando non si realizza il reato presupposto per:
- mancanza di antigiuridicità (causa di giustificazione);
- mancanza di colpevolezza (difetto di elemento psicologico, errore rilevante
[punto controverso, ad es. in tema di favoreggiamento, cfr.]);
- abolitio criminis ma cfr.:
modifica degli elementi normativi della fattispecie criminosa.
Problema della applicabilità dell’art. 2 (co. 2) in caso di modifica indiretta o mediata della
fattispecie incriminatrice, realizzata attraverso la modifica degli elementi normativi della
fattispecie (elementi della fattispecie comprensibili solo sotto la logica presupposizione di una
norma), anche extragiuridici:
a) orientamento restrittivo (prevalente in dottrina [Romano, Marinucci-Dolcini] e
diffuso in giurisprudenza): non si ha abolitio criminis perché la modifica non fa mutare
il contenuto di disvalore della fattispecie.
►Cass. Pen., n. 36218/2003: il disvalore della fattispecie di ricettazione non muta se
viene abolito il reato presupposto.
b) orientamento intermedio (Grasso; parte della giurisprudenza): si ha abolitio criminis
se si tratta di norme integratrici vere e proprio suscettibili di incidere sul disvalore
astratto della fattispecie (es. concetto di arma), mentre non si ha abolitio criminis nel
caso di mutamento di semplici norme di qualificazione richiamate (es. concetto di
“moneta avente corso legale nello Stato”).
c) orientamento estensivo (Fiandaca-Musco): l’art. 2 co. 2 si applica a tutte le ipotesi di
modifica degli elementi normativi, in quanto essi sono incorporati nella fattispecie
incriminatrice.
- dichiarazione di illegittimità costituzionale (anche se alcune sentenze sono attestate in
senso contrario, in quanto l’art. 2 co. 2 non si applicherebbe alle mutazioni degli elementi
esterni della fattispecie)
n.b. delitti commesso all’estero: per alcuni autori è richiesta la punibilità /procedibilità ex artt.
7-10
cioè: quello che rileva è, malgrado alcune oscillazioni dottrinali, che vi sia un reato
“completo” sotto il profilo “oggettivo”, con irrilevanza del profilo “soggettivo”
profili processuali:
- Secondo la giurisprudenza non si richiede che il delitto presupposto sia stato accertato
con sentenza passata in giudicato, né che siano stati individuati gli autori: è sufficiente
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che dagli atti del processo l’esistenza del reato risulti con certezza (dunque può
anche esservi stata una sentenza di proscioglimento con riguardo al delitto
presupposto).
- Se il procedimento per il delitto presupposto è in corso si avrà riunione o sospensione.
n.b. nella prassi giudiziaria si tende censurabilmente a contestare la ricettazione quando non
si riesce a provare con certezza il reato presupposto e l’imputato si trovi in possesso di cose di
provenienza illecita critica: è necessaria l’esistenza certa di un delitto presupposto.
E) Elemento psicologico.
1. Dolo generico: volontà di acquistare/ricevere/occultare ovvero di intromettersi nel
fare acquistare/ricevere/occultare il denaro o la cosa mobile che si sa essere di
provenienza delittuosa.
problema: la consapevolezza della provenienza delittuosa:
- deve sussistere al momento dell’acquisto o della ricezione (non rileva il dolo
superveniens);
- necessità della rappresentazione del fatto nella sua materialità (ma non è
necessario che il soggetto conosca le precise circostanze di tempo, modo e luogo
del delitto presupposto) possibile rilievo dell’errore sul fatto;
- necessità della rappresentazione della qualificazione giuridica del fatto si
ritiene sia sufficiente la conoscenza parallela nella sfera laica possibile rilievo
dell’errore sulla norma penale che prevede il fatto presupposto.
Cfr. errore su elementi del fatto dovuto ad errore su legge extrapenale: art. 47 co. 3 norma
penale richiamata dalla norma incriminatrice (es. calunnia) rilevante per la dottrina
maggioritaria (il concetto di “norma extrapenale” include le norme penali diversa da quella
incriminatrice) la giurisprudenza però lo riconduce all’art. 5
dubbio sulla provenienza delittuosa:
a. Dolo eventuale (parte della dottrina e giurisprudenza più recente) il dubbio in
campo penale esclude in generale la buona fede; si ha dolo eventuale se il
soggetto si è anche soltanto posto il quesito circa l’illecita provenienza del bene e
ha accettato il rischio.
b. Il dubbio equivale ad ignoranza rileva solo il dolo diretto (parte della dottrina;
Fiandaca-Musco; opinione prevalente in giurisprudenza) nel caso di dubbio si
ha incauto acquisto ex art. 712.
n.b. secondo la giurisprudenza la consapevolezza della provenienza delittuosa del denaro o
delle cose può trarsi dagli elementi considerati “sospetti” dall’art. 712 in tema di incauto
acquisto (qualità delle cose, condizione di chi le offre, entità del prezzo) o da altri elementi (es.
comportamento di chi offre le cose) cioè: si presume la conoscenza della provenienza
delittuosa in presenza di indizi così gravi ed univoci che una persona di media levatura
intellettuale non poteva, secondo la comune esperienza, non avere la certezza del loro
illegittimo possesso in capo a chi deteneva le cose o le offriva
2. dolo specifico: fine di procurare a sé o ad altri un profitto.
problema: natura del profitto:
a. necessariamente economico-patrimoniale;
b. di qualunque natura (Marinucci-Dolcini)
problema: ingiustizia del profitto:
a. sì (parte della dottrina, Fiandaca-Musco) altrimenti non si giustificherebbe
l’incriminazione;
b. no (altra parte della dottrina) argomento letterale (salvo che il profitto si
concretizzi in un vantaggio per l’autore del delitto presupposto, perché in questo
caso si avrebbe favoreggiamento reale).
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F) Momento di consumazione e tentativo.
Consumazione:
Reato istantaneo ad effetti permanenti;
1. Ricettazione vera e propria: secondo la dottrina prevalente (Marinucci-Dolcini) si
consuma nel momento in cui è raggiunto l’accordo tra chi trasferisce e chi acquisisce la
cosa proveniente da delitto, secondo le regole civilistiche (senza che siano necessari il
conseguimento del profitto, che è solo l’oggetto del dolo specifico, né la traditio o il
pagamento del prezzo, anche se alcune sentenze recenti richiedono l’ottenimento del
possesso);
2. Intermediazione nella ricettazione: si consuma col compimento del primo atto di
mediazione e non è necessario il perfezionamento dell’accordo (né il conseguimento
del profitto, che è solo l’oggetto del dolo specifico).
Tentativo:
configurabile non nel caso di intermediazione (giurisprudenza costante).
G) Circostanze.
Comma II: attenuante del fatto di particolare tenuità (introdotta con la l. 152/1975).
- simile all’art. 323bis e diversa dall’art. 62 n. 4 (“danno patrimoniale di speciale
tenuità”) qui va considerato il fatto nel suo complesso: danno + profitto + altri
elementi ex art. 133 c.p.
- giurisprudenza: possibile concorso con le attenuanti generiche ma se la speciale
tenuità del danno è già stata considerata per concedere l’attenuante di cui al co. II la
circostanza di cui all’art. 62 n. 4 resterà assorbita.
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12. Riciclaggio
Art. 648bis
Riciclaggio.
“Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità
provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo
da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da
quattro a dodici anni e con la multa da 1.032 euro a 15.493 euro.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è
stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.”
A) Bene tutelato.
Reato plurioffensivo:
1. patrimonio ma la tutela di questo bene giuridico è secondaria e un danno
patrimoniale potrebbe anche mancare;
2. amministrazione della giustizia volontà di impedire che vi siano ostacoli alla
ricostruzione dell’origine illecita dei beni;
3. ordine economico tutela della concorrenza e/o del risparmio; evitare l’utilizzo di
metodi illeciti nell’ambito dell’attività finanziaria; evitare il travolgimento delle regole
del mercato, con approvvigionamento del capitale a costo zero, etc.
4. ordine pubblico impedire lo sviluppo e il rafforzamento della criminalità
organizzata;
5. reato ostativo scoraggiare la commissione dei reati presupposto.
B) Soggetto attivo.
Chiunque: reato comune salvo autore o concorrente del/nel delitto presupposto.
C) Condotta incriminata.
- Fuori dei casi di concorso nel reato (c.d. delitto presupposto), se il concorrente del
delitto presupposto ricicla il denaro si ha un mero post factum non punibile (in altri
termini, non si può configurare “l’autoriciclaggio”) , la condotta incriminata consiste in:
A.
1. Sostituire denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo;
2. Trasferirli;
3. Compiere altre operazioni in relazione ad essi;
B. In modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
D) Elemento soggettivo.
Dolo generico: volontà di compiere l’attività di sostituzione/trasferimento/ostacolo, con
la consapevolezza della provenienza dei beni da delitto non colposo.
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F) Circostanze.
Comma II: aggravante.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale ->
individuazione dell’“attività professionale”.
Attenuante: La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto
per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
ratio: presunzione di minore gravità .
L’art 71 del D.Lgs n.159/2011, le pene previste dal reato di riciclaggio sono aumentate da un
terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad
una misura di prevenzione personale durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre
anni dal momento in cui è cessata l’esecuzione. Si procede d’ufficio quando il delitto è
commesso da persone sottoposte a misure di prevenzione.
Alla pena è sempre aggiunta una misura di sicurezza detentiva.
Art. 2634 CP
Infedeltà patrimoniale
“Gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un interesse in conflitto con
quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio,
compiono o concorrono a deliberare atti di disposizione dei beni sociali, cagionando
intenzionalmente alla società un danno patrimoniale, sono puniti con la reclusione da sei mesi a
tre anni.
La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati
dalla società per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale.
In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da
vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza
al gruppo.
Per i delitti previsti dal primo e secondo comma si procede a querela della persona offesa”.
A) Bene tutelato.
- patrimonio sociale (anche beni posseduti o amministrati dalla società per conto di
terzi);
- tutela indiretta dei soci
B) Soggetti attivi.
Reato proprio -> amministratori, direttori generali e liquidatori
n.b. il socio può concorrere con l’intraneus nel reato proprio.
C) Soggetto passivo.
La società o i terzi i cui beni erano amministrati dalla società .
D) Fatto tipico.
I soggetti attivi avendo un interesse (anche per conto di terzi, elemento non specificato dalla
norma) in conflitto con quello della società , compiono o concorrono a deliberare atti di
disposizione dei beni sociali o beni di terzi amministrati dalla società ; tale condotta attiva,
cagiona un danno alla società ; si tratta di reato di evento.
Volontaria esclusione dei fatti omissivi (rischio di eccessivo ampliamento della fattispecie).
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E) Elemento soggettivo.
Dolo specifico: i soggetti attivi agiscono per al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto
profitto o altro vantaggio. Il fatto che il vantaggio o il profitto sia anche a vantaggio di altri,
diversi dai soggetti attivi, comporta che il conflitto di interessi può essere generato anche da
un intesse di terzi, per conto dei quali gli amministratori agiscono.
Precisazione: il terzo comma dispone, con presunzione assoluta, che non è ingiusto il
profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o
fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo.
La pena è da sei mesi a tre anni, si tratta allora di delitto, e si procede a querela della persona
offesa.
F) Consumazione e tentativo.
Consumazione: reato di evento: momento e luogo in cui si cagiona il danno patrimoniale
Tentativo: configurabile (possibilità desistenza volontaria e recesso)
14. Art. 2635 cp: Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità (c.d. corruzione
privata)
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti
preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito
della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono
atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando
nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.
Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è
sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è
punito con le pene ivi previste.
Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati
in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in
misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di
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intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive
modificazioni.
Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della
concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.”
A) Bene tutelato.
a) buon andamento della società/dovere di correttezza dei soggetti obbligati verso la
società ;
b) patrimonio della società ma il danno può non essere patrimoniale -> comunque è
tutelato indirettamente;
c) tutela indiretta della concorrenza
B) Soggetti attivi.
Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti
contabili societari, i sindaci e i liquidatori; Si tratta, dal lato passivo di reato proprio.
Soggetto passivo: la società .
C) Fatto tipico.
Il soggetto attivo, o i soggetti attivi in seguito della dazione o della promessa di denaro o altra
utilità , per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al
loro ufficio o degli obblighi di fedeltà .
L'art. 2365 c.c. si occupa solo della corruzione susseguente, e il reato si può realizzare con una
azione o un'omissione.
Si tratta, comunque, di reato di evento. La condotta deve aver cagionato anche un nocumento
alla società , termine più esteso di danno, volendo far ricomprendere un qualsiasi danno subito
dalla società , non escluso un danno di immagine presso il pubblico.
D) Elemento soggettivo.
Dolo specifico: i soggetti attivi devono essere coscienti di accettare il denaro o altra utilità
per una condotta che viola gli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà .
E) Circostanze.
Comma IV: La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati
regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura
rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58.
F) Questioni processuali.
Comma V: Si procede a querela della persona offesa (la querela presentata nei confronti del
soggetto qualificato si estende anche agli extranei).
problema dell’individuazione della persona offesa: cfr. art. 2634 cc
n.b. il terzo danneggiato dall’atto antidoveroso non è persona offesa (non è titolare del bene
tutelato), dunque non può presentare querela, ma può agire per ottenere il risarcimento dei
danni.
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