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aerospaziali
Giuseppe Corrao
Mission Control & Planning Systems – Telespazio S.p.A.
giuseppe.corrao@telespazio.com
+39 06 4079 3408
+39 3355904014
Il sistema aerospaziale
Elementi di astrodinamica
Meccanica orbitale
Missioni interplanetarie
Il sistema aerospaziale
Elementi costitutivi
Le missioni spaziali
Il sistema satellite Analisi dei requisiti
La piattaforma
Meccanica di assetto
Sottosistemi
I principi generali sui quali si fonda la meccanica orbitale sono derivati dalle osservazioni
dell’astronomo Giovanni Keplero (1571-1630), che hanno portato alla formulazione delle
seguenti 3 leggi:
Giovanni Keplero
Meccanica orbitale
Leggi di Keplero
Meccanica orbitale
A differenza di Keplero, che formulò le sue leggi in maniera totalmente empirica e sulla
sola base di osservazioni astronomiche, nel 1683 Isaac Newton (1642-1727) individuò la
relazione analitica descrivente il moto relativo di due masse nel vuoto (problema dei due
corpi), anche detta legge di gravitazione universale:
r M1 ⋅ M 2 r
F12 = −G ⋅ 2
⋅ r12
r
M1 M2
Riassumendo, vengono qui esposte le proprietà fondamentali derivate dallo studio della
meccanica orbitale:
1) Le orbite sono planari ed appartengono alla famiglia delle coniche
h2
µ p
r= =
1 + e ⋅ cos(θ ) 1 + e ⋅ cos(θ )
r r r
2) Il momento della quantità di moto si mantiene costante: H = r × v = cos t
a3
3) Il periodo orbitale è pari a: T = 2π
µ
v2 µ µ
4) L’energia meccanica totale si mantiene costante: ξ = − = − = cos t
2 r 2a
Meccanica orbitale
a3
t= (E − e sin E )
µ
Analisi delle perturbazioni
Quanto detto a proposito della soluzione delle equazioni del moto da parte di Newton
nel problema dei due corpi si basava sull’assunto che il corpo centrale fosse una sfera con
massa radialmente simmetrica e che non ci fossero altre forze a perturbare il sistema.
Nella realtà le cose non sono così semplici: la Terra non ha una distribuzione di massa
uniforme ed esistono effetti perturbanti (presenza del terzo corpo, forze diverse da quelle
gravitazionali) tali da rendere necessaria una riconsiderazione del problema.
Gli effetti maggiori sono dovuti a:
µ
∞ n ∞ ∞ n
I termini Jn e Jnq sono costanti e caratteristici della distribuzione di massa sulla Terra:
•Jn = armoniche zonali: rappresentano la dipendenza dalla latitudine
•Jnq = armoniche tesserali: rappresentano la dipendenza combinata latitudine + longitudine
Le componenti predominanti sono J2 che è dovuta allo schiacciamento dei poli della
Terra (circa 20 Km) e J22 che è dovuta alla ellitticità dell’equatore.
Analisi delle perturbazioni
Resistenza aerodinamica
La resistenza aerodinamica è una forza che si sviluppa solo per satelliti in orbita bassa o
in corrispondenza del perigeo di orbite fortemente eccentriche. Ha direzione opposta a
quella della velocità ed è proporzionale al suo quadrato:
1
FAD = − ρ a C D AeV 2
dove:
2
V = velocità rispetto all’atmosfera
CD = coefficiente di resistenza aerodinamica (varia in funzione della forma)
Ae = sezione del satellite esposta all’aria
ρa = densità dell’aria
Orbite geostazionarie
In generale la condizione necessaria affinché due
corpi mantengano invariata la propria distanza è cha
le forze centrifughe e di attrazione gravitazionali si
eguaglino:
G * M Earth G * M Earth
Fgrav ω *r =
2
r= 3
r2 ω2
Vtan Che si può anche scrivere come:
Fcent
µ
r=3 2
ω
Le orbite specializzate - GEO
Orbite geostazionarie
Km3 2π rad
µ = 398600,411 2 ω= = 7,29 *10−5
sec 86164s sec
ω
Caratteristiche orbitali
Fgrav
Semiasse maggiore 42164.2 Km
Vtan Velocità tangenziale 3,075 Km/sec
Altitudine 35786.2 Km
Fcent
Periodo orbitale 86164.1 sec
Le orbite specializzate - GEO
Le orbite specializzate - GEO
Per un satellite in orbita GEO le principali perturbazioni sono dovute (in ordine di importanza)
alla presenza della Luna, del Sole, della non sfericità della Terra e dalla pressione di radiazione
solare.
La presenza del Sole e della Luna ha l’effetto di generare una forza fuori dal piano orbitale,
modificando così sia l’inclinazione orbitale che l’eccentricità.
Le orbite specializzate - GEO
Reale
Reale
Ideale
Ideale
Le orbite specializzate - GEO
La differenza tra il più grande ed il più piccolo raggio equatoriale non supera i 70 metri, ma
questo è fonte di importanti deviazioni del satellite rispetto alla longitudine di stazione.
La disposizione delle forze è tale da generare due punti di equilibrio stabile (79°E e 107,6°W) e
due punti di equilibrio instabile. L’ordine di grandezza del drift di longitudine è di circa 0,4°
all’anno.
Ore
G
0
5
10
15
20
25
30
35
40
en
na
io
Fe
bb
ra
io
M
ar
zo
Ap
ril
e
M
ag
gi
o
G
iu
gn
o
Lu
gl
io
Eclissi di Sole
Ag
os
to
Se
Tempi di eclisse in GEO
tte
m
br
e
Le orbite specializzate - GEO
O
tto
br
e
No
ve
m
br
e
Di
c em
br
e
Le orbite specializzate - GEO
35 Km
75 Km
0.1°
75 Km
Le orbite specializzate - Eliosincrona
Le orbite eliosincrone
Le orbite eliosincrone sono orbite geocentriche che, per effetto combinato della loro altitudine
ed inclinazione, hanno la caratteristica di passare sopra ogni punto della superficie terrestre
sempre alla stessa ora.
Questo è possibile sfruttando la non sfericità della Terra che causa una precessione del piano
orbitale, la cui intensità è pari, nel caso di orbite circolari, a:
3Rt2
ω p = − 2 J 2ω cos i
dove:
2r
ωp = rateo di precessione
Rt = raggio equatoriale terrestre
r = raggio dell’orbita
ω = pulsazione orbitale
i = inclinazione
Ponendo ωP uguale alla velocità angolare di rotazione della Terra attorno al proprio asse si
ottengono orbite che mantengono sempre costante la loro orientazione rispetto al Sole.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Le orbite eliosincrone
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Le orbite Molniya
La Molniya appartiene alla classe delle HEO (Highly Elliptic Orbit), essendo caratterizzata
dall’avere un perigeo relativamente basso e da un apogeo estremamente alto.
L’utilizzo classico è quello per le telecomunicazioni nelle zone ad alta latitudine (Russia), dove i
satelliti GEO sono poco efficaci, anche se le Molniya sono state usate per missioni di spionaggio
da parte dei russi e degli americani.
Per mantenere l’apogeo sempre sopra lo stesso punto occorre in primo luogo tener conto della
rotazione terrestre: l’orbita deve avere un periodo pari, multiplo o sottomultiplo del periodo di
rivoluzione terrestre. Le Molniya hanno periodo di 12 ore.
Inoltre, anche in questo caso la non sfericità della Terra è fonte di perturbazioni: a causa dello
schiacciamento ai poli l’argomento del perigeo varia (rotazione della linea degli apsidi) con un
rateo pari a:
7
Re 5 cos i − 1
2
2
∆ωday = 4.98° * *
a (
1 − e2
2
)
Per inclinazioni di 63,4° questa perturbazione si annulla, permettendo un notevole risparmio di
propellente per il mantenimento dell’orbita.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Le orbite Molniya
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Le orbite Molniya
Le orbite Molniya
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
24 satelliti
6 piani orbitali
Periodo: 11 ore 58 minuti
Orbite circolari (e=0)
Inclinazione = 55°
Sfasamento orbitale 60°
Raggio = 26600 Km
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
27 satelliti
3 piani orbitali
Periodo: 17 orbite in 10 giorni
Orbite circolari (e=0)
Inclinazione = 56°
Sfasamento orbitale 120°
Raggio = 29600 Km
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Trasferimenti orbitali
Il delta-V
In astrodinamica il delta-V rappresenta la variazione di energia necessaria per effettuare una
manovra orbitale.
Esso risulta spesso il parametro critico con cui raffrontarsi per la definizione di una missione
spaziale e viene tipicamente espressa in metri/sec o Km/sec. L’analisi dell’energia richiesta per
effettuare tutte le manovre necessarie al raggiungimento dell’orbita operativa ed al suo
mantenimento nel corso del tempo prende il nome di delta-V budget.
Per il calcolo del delta-V l’equazione principale da tenere in mente è quella della conservazione
dell’energia:
v2 µ µ
− =− = cos t
2 r 2a
che può essere riscritta come:
2 1
v = µ −
r a
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
r2
Segue che:
Trasferimenti bi-ellittici
r2
I trasferimenti bi-ellittici possono essere vantaggiosi rispetto a quelli alla Hohmann solo nel
caso in cui Rf/Ri>14
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Le manovre di variazione dell’inclinazione prevedono una rotazione pura del vettore velocità.
L’angolo di rotazione è pari alla variazione di inclinazione voluta. Il delta-V necessario vale:
∆i
∆V = 2 * V1 * sin
2
V2 ∆V
∆i
V1
La velocità di fuga
La velocità di fuga è la velocità minima iniziale a cui un oggetto deve muoversi per potersi
allontanare indefinitamente da una fonte di campo gravitazionale.
In generale, un oggetto A in movimento nelle vicinanze di un altro corpo B possiede un’energia
meccanica totale costituita dalla somma di energia cinetica (derivante dalla sua velocità rispetto
a B) ed energia potenziale (derivante dalla sua posizione rispetto a B).
Se l’energia totale è negativa, allora il sistema è legato. Se l’energia è positiva, allora i due corpi
non sono legati, quindi si possono allontanare indefinitamente.
La velocità di fuga si ricava imponendo che l’energia totale, ovvero la somma di energia
cinetica ed energia potenziale sia uguale a zero
v2 µ 2µ
ξ = − = 0 ⇒ vf =
2 r r
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie
2
P1 A2
A= acc. gravitazionale
P= perturbazione
1 P1 P2
P2 =
A1 A2 A1
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie
Sfera di influenza
Raggio equatoriale
Pianeta
(Km) N° di raggi Unità
Raggio (Km)
equatoriali astronomiche
Mercurio 2487 1,13*10^5 45 0,000753333
Venere 6187 6,71*10^5 100 0,004473333
Terra 6378 9,24*10^5 145 0,00616
Marte 3380 5,74*10^5 170 0,003826667
Giove 71370 4,83*10^7 677 0,322
Luna 1738 6,61*10^4 38 0,000440667
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie
Caratteristiche planetarie
Il gravity assist
La manovra di gravity assist, anche detta di swing-by, permette di ottenere cambi di velocità
senza consumo di propellente, in quanto viene sfruttato il campo gravitazionale esercitato dai
pianeti.
Il gravity assist
La manovra di gravity assist, anche detta di flyby, permette di ottenere cambi di velocità senza
consumo di propellente, in quanto viene sfruttato il campo gravitazionale esercitato dai pianeti.
Le perturbazioni orbitali
Pressione di radiazione solare
Il flusso solare (potenza ricevuta per unità di area) genera una forza proporzionale alla
superficie apparante del satellite rispetto al Sole. Per satelliti con pannelli solari di grandi
dimensioni la forza esercitata non è trascurabile.
FRS = − pRS cR AS
dove:
pRS = pressione di radiazione solare (4.57*10-6 N/m2)
cR = riflettività (0÷2)
AS = area esposta al Sole
Orbite geostazionarie
I punti Lagrangiani
Lo studio del problema dei 3 corpi ha evidenziato come, nel caso in cui uno dei corpi
abbia massa molto inferiore a quella degli altri due, esistano dei punti in cui le forze che
agiscono sull'oggetto minore si bilanciano, creando una situazione di equilibrio. Questi
punti sono detti di Lagrange in onore del Joseph Lagrange che nel 1772 ne calcolò la
posizione.
Nel caso di corpi in moto circolare esistono cinque punti di equilibrio su cui può trovarsi
il corpo di massa trascurabile. Tre di essi giacciono sulla stessa retta dei due corpi
maggiori, uno compreso tra essi e due esterni; queste posizioni sono instabili; gli altri due
punti sono collocati sull'orbita del pianeta minore (tra i due maggiori), uno in anticipo e
l'altro in ritardo di 60° rispetto a questi, formando due triangoli equilateri.
Sotto certe condizioni, questi punti di equilibrio sono stabili e gli oggetti di massa
trascurabile situati in questa posizione orbitano stabilmente intorno al corpo maggiore. È
il caso di Giove e degli Asteroidi Troiani orbitanti attorno al Sole.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
I punti Lagrangiani
I punti L4 ed L5 possono
essere di equilibrio stabile se è
verificata la condizione:
(K1 * K2) / (K1 + K2) < = 1 / 27
dove K1 e K2 sono le costanti
di gravitazione dei 2 corpi
principali.
Fonte: Wikipedia
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi
Segmento di terra
Il segmento di terra fornisce supporto al segmento spaziale e gestisce i dati generati dagli
strumenti di bordo inoltrandoli versi gli utenti finali.
E’ composto da un certo numero di elementi (centri di controllo e stazioni di terra) che
debbono nel loro complesso assicurare la piena funzionalità delle operazioni, anche
quando si gestiscono satelliti in orbita bassa o missioni interplanetarie in cui la visibilità da
una certa stazione non è sempre assicurata.
Centri di controllo
Assicurano:
•La ricezione della telemetria, che fornisce informazioni come lo stato di salute degli
equipaggiamenti o l’assetto rispetto ad un determinato sistema di riferimento;
•L’invio di telecomandi per il controllo della piattaforma;
•Il tracking del satellite per determinarne i parametri orbitali correnti
Stazioni di terra
Acquisiscono i dati di missione e li instradano verso gli utenti finali per l’elaborazione
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi
Segmento di terra
Le stazioni di terra sono tra loro collegate da linee di comunicazione dedicate che
assicurano la condivisione dei dati ed il normale flusso operativo delle informazioni, dei
comandi e dei controlli.
Gli fondamentali da tenere in considerazione nella definizione del segmento di terra sono
la copertura della stazione ed il link budget.
Ground segment
Segmento di terra
Il ground segment può essere progettato ex-novo o si può basare sui network già esistenti,
gestiti dalle diverse agenzie spaziali mondiali. A titolo di esempio viene riportato il NASA
DSN (Deep Space Network), utilizzato per l’esplorazione dello spazio profondo.
Il sistema aerospaziale - Definizione
Il segmento di lancio
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi
Segmento di lancio
Ambiente operativo
Fase orbitale
•Radiazione solare (pressione e temperatura)
•Radiazione terrestre (albedo, infrarosso)
•Pressione (“vuoto” 10-5 mbar)
•Resistenza aerodinamica (perigeo ed orbite LEO)
•Contaminazione elettromagnetica (fotoni emessi da radiazioni ed eruzioni solari)
•Cariche elettrostatiche
Il sistema aerospaziale – Le missioni spaziali
Obiettivi di missione
Primari Secondari
Ognuno di questi aspetti ha impatti sugli altri, per cui spesso il risultato finale (tradotto in specifiche
del sistema) è un compromesso che tenga in debita considerazione soprattutto i COSTI della missione.
Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali
•Requisiti funzionali
–Prestazioni del payload
–Copertura istantanea e totale
•Requisiti operazionali
–Durata della missione
–Disponibilità del dato
•Vincoli
–Costi
–Scadenze temporali
–Politici, normativi
Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali
Costi di missione
Satellite
8% Assicurazioni
18%
41%
Segmento 33%
Lancio
di terra
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti
Eliosincrona
TLC Tipologia
Polare
OT Inclinazione
Equatoriale
Scientifica
LEO
Altitudine MEO
Geosincrona
GEO
Periodo
Geostazionaria
HEO
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti
Requisiti di
Durata missione Lanciatore
Orbita
Stazioni di
Struttura
Terra
Payload
Propulsione
Controllo Power
termico budget AOCS
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti
Nel caso di missioni di telecomunicazione i requisiti di sistema possono essere soddisfatti sia
con satelliti geostazionari che con costellazioni di satelliti in orbita bassa. Le caratteristiche
orbitali da tenere in considerazione sono:
•Copertura: ampiezza della calotta sferica terrestre istantaneamente visibile dal satellite
•Angolo di elevazione: altitudine apparente del satellite al di sopra dell’orizzonte locale
•Distanza media stazione-satellite durante il periodo di visibilità
•Variazione temporale della distanza stazione-satellite
•Variazione temporale dell’angolo di elevazione
La possibile riduzione della potenza trasmessa si paga con una riduzione della zona di
copertura.
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti
RE
sin ρ =
RE + H
1) Il carico utile
2) La piattaforma
Sono inoltre comuni tecniche di stabilizzazione miste (ruote + motori per il controllo di
assetto) e sporadicamente vengono utilizzate altre tecniche di controllo passivo (ad es. a
gradiente di gravità).
Il sistema satellite – La piattaforma
I satelliti spinnati sono generalmente costituiti da una piattaforma rotante ad una velocità tale
da assicurare la necessaria rigidezza giroscopica e da un modulo meccanico controrotante atto
all’alloggiamento del payload ed al suo corretto puntamento; le celle solari sono distribuite
lungo l’intera superficie esterna della piattaforma.
Il sistema satellite – La piattaforma
Il sistema satellite – La piattaforma
I satelliti 3 assi hanno una struttura parallelepipeda che permette una elevata precisione nel
puntamento a fronte di un complicato controllo di assetto. Le celle solari sono disposte su
grandi appendici (pannelli solari) che garantiscono una elevata generazione di potenza.
Il sistema satellite – La piattaforma
Il sistema satellite – Meccanica di assetto
Roll X
Yaw
Pitch
Y
Il sistema satellite – Meccanica di assetto
Coppie di disturbo
Thruster Sensors
Solar array
Data handling
Battery
Telemetry Command & Ranging Payload
Power conditioning
& distribution
Il sistema satellite – Sottosistema UPS
In assenza di atmosfera non avvengono scambi di calore per convezione ma solo per
conduzione ed irraggiamento.
La conduzione viene sfruttata per mezzo di tubi (heatpipes) ad alta conducibilità
termica che collegano gli equipaggiamenti di bordo con appositi pannelli radianti posti
all’esterno della carrozza.
La logica di controllo di sistema è gestita da una Thermal Control Unit (TCU) per
mezzo di sensori di temperatura.
Il sistema satellite – Sottosistema T&C
SPOT4
Il sistema satellite – Sottosistema PCD
Durante i periodi di illuminazione le varie sezioni dei pannelli solari vengono attivate o
meno in funzione del carico elettrico attivo in quel momento al fine di mantenere il
bilancio energetico a bordo (potenza generata = potenza assorbita); durante i periodi di
eclisse la potenza necessaria viene invece fornita dalle batterie.
Gli elementi costitutivi sono:
E’ composto dall’AOCS (Attitude and Orbit Control System) e dal sottosistema Data
Handling. A livello hardware l’unità più importante è la Spacecraft Control Unit (SCU), che
ha il compito di interfacciare l’intero satellite con il centro di controllo di missione.
Le Remote Unit (RU) hanno il compito di gestire le informazioni da e per i sottosistemi di
bordo per mezzo dei bus di comunicazione.
Il sistema satellite – Sensori
I sensori hanno il compito di rilevare informazioni utili ai fini della stima della posizione del
satellite durante il suo moto.
Per un satellite GEO vengono utilizzati i seguenti:
-Sensori di Sole (SAS, Sun Acquisition Sensor), il cui scopo è quello di allineare un asse del
satellite con la congiungente Sole – satellite
-Sensori di Terra (IRES, Infra Red Earth Sensor), il cui scopo è quello di misurare l’errore di
assetto del satellite (angoli di roll e pitch) rispetto al centro del disco terrestre
-Giroscopi laser (IMU, Inertial Measurement Unit), utilizzati per misurare la velocità angolare
del satellite
Il sistema satellite – Sensori
Yaw
Roll
Il sistema satellite – Sensori
Il sistema satellite – Attuatori
Gli attuatori vengono utilizzati per correggere l’assetto del satellite in presenza di coppie di
disturbo e per orientarlo secondo le necessità di missione (esecuzione di manovre orbitali).
Si utilizzano:
-Reaction Control Thruster (RCT), per le correzioni di assetto sui tre assi. Per garantire il
controllo del satellite sono necessari 8 RCT. Il funzionamento è regolato da una valvola
comandata elettronicamente che permette di modulare la spinta secondo un ben definito
profilo di sparo.
- Momentum Wheel (MW), che viene posta in rotazione rapida (lungo l’asse di pitch) al fine di
fornire la necessaria rigidezza giroscopica al satellite. A causa della presenza di perturbazioni
secolari, la ruota deve essere periodicamente desaturata per mezzo degli RCT
Il sistema satellite – Attuatori
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
Il sottosistema PICS garantisce il controllo dell' assetto e dell'orbita in tutte le fasi della
missione. In una satellite stabilizzato su 3 assi sono previsti diversi modi operativi in funzione
delle diverse fasi dimissione; la transizione di modo avviene sia in maniera automatica
(transizione nominale o di emergenza), sia per mezzo di telecomandi inviati dal centro di
controllo.
Ognuno di questi modi prevede l'utilizzo di alcuni dei sensori ed attuatori presenti a bordo del
satellite:
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
IDLE è una modalità operativa passiva, nella quale il satellite non è controllato. Esso viene
automaticamente raggiunto alla prima accensione della SCU conseguentemente al rilascio del
lanciatore. Viene inoltre comandata da terra al momento del dispiegamento dei pannelli solari
e delle antenne.
La SAM è utilizzata per orientare l'asse -Z del satellite lungo la congiungente tra questo ed il
Sole (ameno di una tolleranza di :t3°). Lo scopo di questa manovra è essenzialmente quello di
disporre il piano dei pannelli solari a 90° rispetto alla direzione dei raggi del solari, al fine di
assicurare il massimo rendimento di carica delle batterie. La SAM può essere raggiunta in
qualsiasi fase della missione, ma nominalmente viene usata durante la fase di Transfer Orbit.
La EAM viene effettuata per puntare l’asse +Z del satellite verso il centro della Terra. Questa
manovra si rende necessaria ai fini della stima di assetto del satellite. L’entrata in EAM è
possibile sia dalla TO che dalla GEO.
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
Il GCM è un modo utilizzato per orientare il satellite da un assetto iniziale noto ad un altro
assetto predefinito. Viene utilizzato in preparazione dello sparo di apogeo, affinchè la
direzione di spinta dei motorini sia quella richiesta. La manovra di allineamento è controllata
con i giroscopi di bordo. L’assetto viene descritto per mezzo dei quaternioni.
La AMF viene usata per mantenere il satellite in un assetto inerziale durante la fase di sparo
del motore di apogeo. L’assetto voluto è mantenuto per mezzo dell’uso degli RCT
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
Il NM è utilizzato per mantenere il satellite in puntamento terra durante tutta la vita operativa.
Il controllo di assetto viene effettuato per mezzo della ruota di momento che genera una coppia
di controllo lungo l’asse di pitch (y) e per mezzo degli RCT per gli assi di yaw(z) e di roll (x). Il
sensore utilizzato è l’IRES
La SKM è usata per mantenere il puntamento terra durante la fase di station keeping. Queste si
suddividono in manovre nord-sud e manovre est-ovest. Gli errori di angolari vengono
misurati dall’IRES e quelli di velocità angolare dall’IMU. Il profilo di spinta ha andamento
trapezioidale.
F (Newton)
t
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
In collaborazione con Glauco Di Genova
Telespazio Flight Dynamics
glauco.digenova@telespazio.com
AOM - Generalità
La LEOP rappresenta la fase che va dal rilascio del satellite sull’orbita di parcheggio al
completo dispiegamento del carico utile dopo il raggiungimento del box di longitudine
assegnato sull’orbita geostazionaria.
• Riduzione dell’inclinazione a 0°
• Circolarizzazione dell’orbita (r=r_GEO)
• Raggiungimento della longitudine di stazione assegnata
AOM – Elementi in ingresso
Vincoli di sistema
Visibilità di stazione
• Minima durata di doppia visibilità da parte di stazioni TM/TC prima di ogni LAE
• Minima durata di doppia visibilità da parte di stazioni TM/TC dopo ogni LAE
• Minima durata di visibilità della stazione di prima acquisizione
Spari di apogeo
• Durata massima
• Visibilità del Sole nel campo di vista del sensore
• Strategia di back-up in caso di NO-GO
AOM – Elementi in ingresso
• Un primo sparo di apogeo calcolato in maniera tale che l’orbita risultante abbia un
periodo di 24 ore. In questo modo si può effettuare il secondo sparo di apogeo con la
stessa copertura di stazione
• I primi due spari di apogeo sono tali da portare il perigeo molto vicino all’orbita
geostazionaria e l’inclinazione è ridotta a 0°
• Altri due spari di perigeo sono effettuati per diminuire l’altezza dell’apogeo sino
all’orbita geostazionaria
AOM – Transfer design
Profili di backup
L’applicazione delle strategie di trasferimento orbitale e l’ottemperanza ai
vincoli di sistema porta alla definizione di un profilo nominale di missione.
Occorre però definire delle strategie di backup tali da assicurare la corretta
esecuzione delle operazioni anche in occasione di eventi non previsti.
B a ck -u p 1 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 1
B a ck -u p 2 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 2
B a ck -u p 3 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 3
Profili di backup
INJECTION
Apogee : 4 Apogee : 6
DV : 444.724 DV : 445.686
∆M : 445.844 ∆M : 446.741
Longitude : 339.500 Longitude : 23.982
Ae
Ve m V
pe p0
dm
*Ve + ( pe − p0 )* Ae
dm
F=
dt
( pe − p0 )* Ae
Definendo la velocità equivalente come Veq = Ve +
(dm / dt )
risulta:
dm
F= *Veq = m& *Veq
dt
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base
d (mv )
I = ∫ Fdt = ∫ dt = ∫ d (mv ) = ∆(mv )
dt
dm
I = ∫ Fdt = ∫ m *Veq dt = ∫
& *Veq dt = m *Veq
dt
L’impulso esprime la variazione di quantità di moto al termine dell’applicazione della forza.
L' impulso specifico è l' impulso per unità di peso di propellente :
I F * ∆t ∆m
I sp = = , da cui segue : F = I sp * g * = I sp * g * m& = m& *Veq
∆m * g ∆m * g ∆t
Veq
In base a questo si può scrivere : I sp =
g
L’impulso specifico esprime l’efficienza del sistema: quanto più esso è alto, quanto meno
propellente è necessario per ottenere la stessa variazione di quantità di moto.
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base
∆v
M0
= e ve
M1
Equazione di Tsiolkowsky
m0 D
∆V = I sp g ln − ∫ gdt − ∫ dt
mf m
Isp= impulso specifico
m0= massa iniziale
∆V nel vuoto perdite per gravità
mf= massa finale
perdite per resistenza
aerodinamica
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base
Propulsione
I possibili tipi di propulsione vengono classificati in:
Propulsione
In questa tabella vengono forniti i valori di impulso specifico e di spinta per i diversi tipi
di problema .
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base
Masse e coefficienti
m0=massa iniziale
m0 = m p + m s + m L mP=massa propellente
mL=massa payload
mL
Rapporto di payload λ= E’ la misura della massa del
m p + ms payload rispetto alla restante
massa del lanciatore
ms
Coefficiente strutturale ε= Caratterizza il rapporto tra la
mP + ms massa delle strutture rispetto a
quella del propellente
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base
∆V di riferimento
v2 µ µ
L’energia meccanica vale ξ = − =− . Nel caso di orbite circolari r = a quindi:
2 r 2a
µ Km 3
v= µTerra = 3.986 ⋅105
r sec 2
Per un’orbita LEO (altitudine 350 Km) risulta v= 7,9 Km/sec, ma se si includono le perdite
per gravità e resistenza aerodinamica il valore aumenta a v=9,65 Km/sec.
Questo è il valore di ∆V target da ottenere per l’immissione in orbita bassa di un satellite.
Anche non considerando le perdite, per un lanciatore avente ISP = 320 sec risulta che la
massa di propellente necessaria deve essere circa 12 volte maggiore della massa della
struttura + quella del carico utile.
Con un semplice lanciatore monostadio il rapporto tra il carico utile e la massa totale
avrebbe un valore estremamente basso.
Meccanica dei lanciatori – I lanciatori multistadio
La latitudine del sito di lancio determina la minima inclinazione ottenibile per l’orbita di rilascio:
cos i
sin β =
cos L
L= latitudine
i= inclinazione
β= azimuth (misurato dal nord in senso orario)
Vincoli operativi
Ogni sito di lancio ha una zona di rispetto che limita il possibile azimuth di lancio e determina
quindi le inclinazioni minime e massime raggiungibili.