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Introduzione all’ analisi e alla gestione dei sistemi

aerospaziali

Giuseppe Corrao
Mission Control & Planning Systems – Telespazio S.p.A.
giuseppe.corrao@telespazio.com
+39 06 4079 3408
+39 3355904014
Il sistema aerospaziale

Per sistema aerospaziale si intende l’insieme degli elementi necessari alla


realizzazione di una missione spaziale. Tali elementi sono costituiti da una
complessa struttura di variabili e di vincoli tra loro intimamente connessi.
La possibilità di progettare, realizzare e gestire efficacemente tali sistemi è
funzione della capacità economica, ingegneristica ed industriale del soggetto
interessato.
Le varie esigenze che si incontrano, spesso in antitesi l’una con le altre, fanno sì
che il risultato ottenuto sia una media pesata di queste: durante la fase di
progettazione è molto importante avere una visione generale del problema che
si deve affrontare.
Questo corso fornirà una visione generale delle problematiche relative
all’analisi e caratterizzazione delle missioni spaziali al fine di “grattare la
superficie” di un mondo estremamente complesso ma al tempo stesso
entusiasmante ed avvincente.
Contenuti

Elementi di astrodinamica
Meccanica orbitale
Missioni interplanetarie
Il sistema aerospaziale
Elementi costitutivi
Le missioni spaziali
Il sistema satellite Analisi dei requisiti
La piattaforma
Meccanica di assetto
Sottosistemi

Analisi ed Ottimizzazione di Missione


Elementi in ingresso
Meccanica dei lanciatori Transfer design
Definizioni di base
In lanciatori multistadio
Siti di lancio
Meccanica orbitale

I principi generali sui quali si fonda la meccanica orbitale sono derivati dalle osservazioni
dell’astronomo Giovanni Keplero (1571-1630), che hanno portato alla formulazione delle
seguenti 3 leggi:

1) L’orbita di ogni pianeta è un’ellisse con il Sole in


corrispondenza di uno dei fuochi
2) La congiungente tra Sole e pianeta spazza aree
uguali in tempi uguali
3) Il quadrato del periodo orbitale è proporzionale al
cubo della distanza media dal Sole

Giovanni Keplero
Meccanica orbitale

Leggi di Keplero
Meccanica orbitale

A differenza di Keplero, che formulò le sue leggi in maniera totalmente empirica e sulla
sola base di osservazioni astronomiche, nel 1683 Isaac Newton (1642-1727) individuò la
relazione analitica descrivente il moto relativo di due masse nel vuoto (problema dei due
corpi), anche detta legge di gravitazione universale:

r M1 ⋅ M 2 r
F12 = −G ⋅ 2
⋅ r12
r

M1 M2

r12 Isaac Newton


Meccanica orbitale

Gli studi di Newton confermarono le deduzioni di Keplero e permisero di quantificare i


parametri caratteristici del sistema. Il primo importante risultato ottenuto è che la
traiettoria descritta da un corpo rispetto all’altro è una conica giacente in un piano la cui
orientazione si mantiene costante nel tempo (conservazione del momento della quantità di
moto).
La conoscenza del
semiasse maggiore,
dell’eccentricità e
dell’anomalia vera ci
permette di identificare
univocamente la
posizione del satellite
rispetto al piano orbitale
Meccanica orbitale

La conoscenza dell’inclinazione orbitale, della longitudine del nodo ascendente e dell’argomento


del perigeo ci permette di identificare univocamente l’orientazione del piano orbitale rispetto ad
un sistema di riferimento inerziale. In definitiva, occorrono 6 informazioni per conoscere la
posizione di un satellite rispetto ad un sistema di riferimento inerziale.
Meccanica orbitale

Riassumendo, vengono qui esposte le proprietà fondamentali derivate dallo studio della
meccanica orbitale:
1) Le orbite sono planari ed appartengono alla famiglia delle coniche

h2
µ p
r= =
1 + e ⋅ cos(θ ) 1 + e ⋅ cos(θ )
r r r
2) Il momento della quantità di moto si mantiene costante: H = r × v = cos t

a3
3) Il periodo orbitale è pari a: T = 2π
µ

v2 µ µ
4) L’energia meccanica totale si mantiene costante: ξ = − = − = cos t
2 r 2a
Meccanica orbitale

Posizione in funzione del tempo

La determinazione della posizione del satellite lungo la sua orbita è un problema


complesso, dato che la velocità angolare è una funzione non lineare dell’angolo θ.

Una soluzione è stata


fornita da Keplero:

a3
t= (E − e sin E )
µ
Analisi delle perturbazioni

Quanto detto a proposito della soluzione delle equazioni del moto da parte di Newton
nel problema dei due corpi si basava sull’assunto che il corpo centrale fosse una sfera con
massa radialmente simmetrica e che non ci fossero altre forze a perturbare il sistema.
Nella realtà le cose non sono così semplici: la Terra non ha una distribuzione di massa
uniforme ed esistono effetti perturbanti (presenza del terzo corpo, forze diverse da quelle
gravitazionali) tali da rendere necessaria una riconsiderazione del problema.
Gli effetti maggiori sono dovuti a:

•Non sfericità della Terra


•Attrazione del Sole e della Luna
•Pressione di radiazione solare
•Forze aerodinamiche
•Spinta dei motori
Analisi delle perturbazioni

Asimmetria del potenziale terrestre

Non essendo un corpo a distribuzione omogenea di massa, il potenziale di attrazione


gravitazionale terrestre non dipende solo dalla distanza r dal centro di massa ma anche
dalla latitudine e longitudine. In forma estesa il potenziale terrestre si può scrivere come:

 µ  
∞ n ∞ ∞ n

U =   1 − ∑   J n Pn (sin ϕ ) + ∑∑   J nq Pnq (sin ϕ )(cos q (λ − λnq ))


 RE   RE 
 r   n = 2  r  n = 2 q =1  r  

I termini Jn e Jnq sono costanti e caratteristici della distribuzione di massa sulla Terra:
•Jn = armoniche zonali: rappresentano la dipendenza dalla latitudine
•Jnq = armoniche tesserali: rappresentano la dipendenza combinata latitudine + longitudine

Le componenti predominanti sono J2 che è dovuta allo schiacciamento dei poli della
Terra (circa 20 Km) e J22 che è dovuta alla ellitticità dell’equatore.
Analisi delle perturbazioni

Resistenza aerodinamica

La resistenza aerodinamica è una forza che si sviluppa solo per satelliti in orbita bassa o
in corrispondenza del perigeo di orbite fortemente eccentriche. Ha direzione opposta a
quella della velocità ed è proporzionale al suo quadrato:

1
FAD = − ρ a C D AeV 2
dove:
2
V = velocità rispetto all’atmosfera
CD = coefficiente di resistenza aerodinamica (varia in funzione della forma)
Ae = sezione del satellite esposta all’aria
ρa = densità dell’aria

Nelle orbite circolari basse la resistenza aerodinamica induce un moto a spirale


discendente; per le orbite eccentriche è tale da diminuire l’altitudine dell’apogeo.
F G * M Earth
ωgrav
2
*r =
r2
Le orbite specializzate - GEO

Orbite geostazionarie
In generale la condizione necessaria affinché due
corpi mantengano invariata la propria distanza è cha
le forze centrifughe e di attrazione gravitazionali si
eguaglino:

Fcent = Fgrav m sat * a cent = m sat * a grav


ω
Esplicitando le due relazioni si ricava che:

G * M Earth G * M Earth
Fgrav ω *r =
2
r= 3
r2 ω2
Vtan Che si può anche scrivere come:

Fcent

µ
r=3 2
ω
Le orbite specializzate - GEO

Orbite geostazionarie

Nel caso della Terra:

Km3 2π rad
µ = 398600,411 2 ω= = 7,29 *10−5
sec 86164s sec

ω
Caratteristiche orbitali
Fgrav
Semiasse maggiore 42164.2 Km
Vtan Velocità tangenziale 3,075 Km/sec
Altitudine 35786.2 Km
Fcent
Periodo orbitale 86164.1 sec
Le orbite specializzate - GEO
Le orbite specializzate - GEO

Orbite geostazionarie – elevazione in funzione della latitudine


Le orbite specializzate - GEO

Orbite geostazionarie e principio di Clarke

Tre satelliti geostazionari


sfasati di 120° tra di loro
lungo l’orbita geostazionaria
coprono gran parte del globo
terrestre e rendono possibili
le telecomunicazioni globali
via satellite
Le orbite specializzate - GEO

Effetti delle perturbazioni orbitali sulle orbite GEO

Per un satellite in orbita GEO le principali perturbazioni sono dovute (in ordine di importanza)
alla presenza della Luna, del Sole, della non sfericità della Terra e dalla pressione di radiazione
solare.
La presenza del Sole e della Luna ha l’effetto di generare una forza fuori dal piano orbitale,
modificando così sia l’inclinazione orbitale che l’eccentricità.
Le orbite specializzate - GEO

Effetti delle perturbazioni orbitali sulle orbite GEO


Presenza Sole-Luna
Per effetto della sola variazione di questi parametri la traccia a terra del satellite non è più
puntiforme ma descrive una traiettoria chiusa. La variazione di inclinazione determina un
moto verticale (nord-sud) mentre la variazione di eccentricità un moto orizzontale (est-ovest). Il
periodo di variazione è di 24 ore e la forma della curva è funzione delle intensità delle
perturbazioni.
Le orbite specializzate - GEO

Effetti delle perturbazioni orbitali sulle orbite GEO


Non sfericità della Terra – Drift di longitudine
Lo schiacciamento della Terra ai poli determina una leggera variazione della forza di attrazione
gravitazionale terrestre, che si traduce in un piccolo cambiamento del raggio dell’orbita rispetto
a quello nominale.
L’ellitticità dell’equatore causa una forza tangenziale sul satellite che è funzione della sua
longitudine di stazione.

Reale

Reale
Ideale

Ideale
Le orbite specializzate - GEO

Effetti delle perturbazioni orbitali sulle orbite GEO


Ellitticità dell’equatore – Drift di longitudine

La differenza tra il più grande ed il più piccolo raggio equatoriale non supera i 70 metri, ma
questo è fonte di importanti deviazioni del satellite rispetto alla longitudine di stazione.
La disposizione delle forze è tale da generare due punti di equilibrio stabile (79°E e 107,6°W) e
due punti di equilibrio instabile. L’ordine di grandezza del drift di longitudine è di circa 0,4°
all’anno.
Ore
G

0
5
10
15
20
25
30
35
40
en
na
io
Fe
bb
ra
io

M
ar
zo

Ap
ril
e
M
ag
gi
o

G
iu
gn
o

Lu
gl
io
Eclissi di Sole

Ag
os
to
Se
Tempi di eclisse in GEO

tte
m
br
e
Le orbite specializzate - GEO

O
tto
br
e
No
ve
m
br
e
Di
c em
br
e
Le orbite specializzate - GEO

Orbite geostazionarie e Station Keeping box


Per adempiere alla propria missione il satellite in orbita GEO deve rimanere in una
posizione stazionaria rispetto ad un osservatore posto sulla Terra. Tuttavia l’effetto delle
perturbazioni orbitali è tale da modificare tale posizione nel tempo, facendo descrivere al
satellite traiettorie apparenti ben determinate.
Ai fini pratici, la posizione di questo viene confinata in un volume di spazio denominato
Station Keeping box.
L’obiettivo dello station keeping è quello di compensare gli effetti delle perturbazioni
(variazione dei parametri orbitali) effettuando correzioni periodiche atte a mantenere il
satellite all’interno della stazione nella maniera più economica possibile.

35 Km

75 Km

0.1°

75 Km
Le orbite specializzate - Eliosincrona

Le orbite eliosincrone

Le orbite eliosincrone sono orbite geocentriche che, per effetto combinato della loro altitudine
ed inclinazione, hanno la caratteristica di passare sopra ogni punto della superficie terrestre
sempre alla stessa ora.
Questo è possibile sfruttando la non sfericità della Terra che causa una precessione del piano
orbitale, la cui intensità è pari, nel caso di orbite circolari, a:

3Rt2
ω p = − 2 J 2ω cos i
dove:
2r
ωp = rateo di precessione
Rt = raggio equatoriale terrestre
r = raggio dell’orbita
ω = pulsazione orbitale
i = inclinazione

Ponendo ωP uguale alla velocità angolare di rotazione della Terra attorno al proprio asse si
ottengono orbite che mantengono sempre costante la loro orientazione rispetto al Sole.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le orbite eliosincrone
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le orbite Molniya

La Molniya appartiene alla classe delle HEO (Highly Elliptic Orbit), essendo caratterizzata
dall’avere un perigeo relativamente basso e da un apogeo estremamente alto.
L’utilizzo classico è quello per le telecomunicazioni nelle zone ad alta latitudine (Russia), dove i
satelliti GEO sono poco efficaci, anche se le Molniya sono state usate per missioni di spionaggio
da parte dei russi e degli americani.
Per mantenere l’apogeo sempre sopra lo stesso punto occorre in primo luogo tener conto della
rotazione terrestre: l’orbita deve avere un periodo pari, multiplo o sottomultiplo del periodo di
rivoluzione terrestre. Le Molniya hanno periodo di 12 ore.
Inoltre, anche in questo caso la non sfericità della Terra è fonte di perturbazioni: a causa dello
schiacciamento ai poli l’argomento del perigeo varia (rotazione della linea degli apsidi) con un
rateo pari a:

7
 Re  5 cos i − 1
2
2
∆ωday = 4.98° *   *
 a  (
1 − e2
2
)
Per inclinazioni di 63,4° questa perturbazione si annulla, permettendo un notevole risparmio di
propellente per il mantenimento dell’orbita.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le orbite Molniya
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le orbite Molniya

La prima missione su queste


orbite fu effettuata dai sovietici
nel 1965 (Molniya-1).
L’energia richiesta per il
raggiungimento dell’orbita è
minore di quella necessaria per
un’orbita GEO, anche se sono
necessari almeno 3 satelliti per
avere una copertura continuativa.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le orbite Molniya
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Orbite MEO - la costellazione GPS

24 satelliti
6 piani orbitali
Periodo: 11 ore 58 minuti
Orbite circolari (e=0)
Inclinazione = 55°
Sfasamento orbitale 60°
Raggio = 26600 Km
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Orbite MEO - la costellazione Galileo

27 satelliti
3 piani orbitali
Periodo: 17 orbite in 10 giorni
Orbite circolari (e=0)
Inclinazione = 56°
Sfasamento orbitale 120°
Raggio = 29600 Km
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Trasferimenti orbitali
Il delta-V
In astrodinamica il delta-V rappresenta la variazione di energia necessaria per effettuare una
manovra orbitale.
Esso risulta spesso il parametro critico con cui raffrontarsi per la definizione di una missione
spaziale e viene tipicamente espressa in metri/sec o Km/sec. L’analisi dell’energia richiesta per
effettuare tutte le manovre necessarie al raggiungimento dell’orbita operativa ed al suo
mantenimento nel corso del tempo prende il nome di delta-V budget.

Per il calcolo del delta-V l’equazione principale da tenere in mente è quella della conservazione
dell’energia:
v2 µ µ
− =− = cos t
2 r 2a
che può essere riscritta come:

2 1
v = µ − 
r a
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Immissione in orbita GEO – Trasferimento alla Hohmann


r 1= 6678 Km Per le orbite iniziale e finale:
r2 = 42164 Km µ
v1 = = 7,73 Km/sec
r1
µ
v2 = = 3,07 Km/sec
r2
Per l’orbita di trasferimento:
∆V1 2 1 
2 v1' = µ  −  = 10,15 Km/sec
 r1 at 
1 r1 ∆V2 2 1
v2' = µ  −  = 1,61 Km/sec
 r2 at 

r2
Segue che:

∆V = (10,15 − 7,73) + (3,07 − 1,61) = 3,88 Km/sec


Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Trasferimenti bi-ellittici

Questa strategia consiste in:


1. Sparo di perigeo per portare
l’apogeo della prima orbita di
trasferimento ad una quota molto
∆V1 alta
2. Sparo di apogeo per far
∆V2 coincidere la quota di perigeo
3 1 con l’orbita geostazionaria
r1 2
3. Sparo di perigeo (antivelocità)
∆V3 per la circolarizzazione orbitale

r2

I trasferimenti bi-ellittici possono essere vantaggiosi rispetto a quelli alla Hohmann solo nel
caso in cui Rf/Ri>14
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Modifica dell’inclinazione – cambiamenti di piano

Le manovre di variazione dell’inclinazione prevedono una rotazione pura del vettore velocità.
L’angolo di rotazione è pari alla variazione di inclinazione voluta. Il delta-V necessario vale:

 ∆i 
∆V = 2 * V1 * sin  
 2

V2 ∆V
∆i

V1

Per minimizzare il delta-V la manovra va effettuata a grandi distanze (apogeo).


Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Modifica dell’inclinazione – strategie attuabili

Con il trasferimento bi-ellittico il risparmio è


di 70 m/s, pari a circa 10 Kg di propellente
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

La velocità di fuga
La velocità di fuga è la velocità minima iniziale a cui un oggetto deve muoversi per potersi
allontanare indefinitamente da una fonte di campo gravitazionale.
In generale, un oggetto A in movimento nelle vicinanze di un altro corpo B possiede un’energia
meccanica totale costituita dalla somma di energia cinetica (derivante dalla sua velocità rispetto
a B) ed energia potenziale (derivante dalla sua posizione rispetto a B).
Se l’energia totale è negativa, allora il sistema è legato. Se l’energia è positiva, allora i due corpi
non sono legati, quindi si possono allontanare indefinitamente.
La velocità di fuga si ricava imponendo che l’energia totale, ovvero la somma di energia
cinetica ed energia potenziale sia uguale a zero

v2 µ 2µ
ξ = − = 0 ⇒ vf =
2 r r
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

Il metodo delle patched conics


Questo metodo permette di analizzare missioni complesse (satellite + corpi celesti) come una
sequenza di problemi dei due corpi (satellite + corpo). L’idea di base è che, quando il satellite è
sufficientemente vicino ad un corpo celeste, si può in prima approssimazione trascurare
l’effetto delle forze gravitazionali esercitate dal Sole, dalla Luna e dagli altri pianeti.
L’applicazione di questo metodo richiede la definizione della cosiddetta SFERA DI
INFLUENZA: luogo dei punti nei quali si eguagliano i rapporti tra la forza perturbante del
terzo corpo e la forza gravitazionale del corpo principale nei due differenti problemi dei due
corpi.

2
P1 A2
A= acc. gravitazionale
P= perturbazione

1 P1 P2
P2 =
A1 A2 A1
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

Il metodo delle patched conics

Sfera di influenza
Raggio equatoriale
Pianeta
(Km) N° di raggi Unità
Raggio (Km)
equatoriali astronomiche
Mercurio 2487 1,13*10^5 45 0,000753333
Venere 6187 6,71*10^5 100 0,004473333
Terra 6378 9,24*10^5 145 0,00616
Marte 3380 5,74*10^5 170 0,003826667
Giove 71370 4,83*10^7 677 0,322
Luna 1738 6,61*10^4 38 0,000440667
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

Caratteristiche planetarie

PLANET DISTANCE FROM SUN SIDEREAL PERIOD ECCENTRICITY INCLINATION


AU YEARS DEGREES
a T E α
1 MERCURY 0.4 0.24 0.206 7.004
2 VENUS 0.7 0.61 0.007 3.394
3 EARTH 1.0 1.00 0.017 0.000
4 MARS 1.5 1.88 0.093 1.850
5 JUPITER 5.2 11.86 0.048 1.308
6 SATURN 9.5 29.46 0.056 2.488
7 URANUS 19.2 84.07 0.046 0.774
8 NEPTUNE 30.1 164.82 0.010 1.774
9 PLUTO 39.4 248.6 0.248 17.150
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

Il gravity assist
La manovra di gravity assist, anche detta di swing-by, permette di ottenere cambi di velocità
senza consumo di propellente, in quanto viene sfruttato il campo gravitazionale esercitato dai
pianeti.

Rispetto ad un sistema di riferimento


eliocentrico la velocità aumenta quando i
passaggi sono effettuati dietro il pianeta
(figura a sinistra)
.
Elementi di astrodinamica – Missioni interplanetarie

Il gravity assist
La manovra di gravity assist, anche detta di flyby, permette di ottenere cambi di velocità senza
consumo di propellente, in quanto viene sfruttato il campo gravitazionale esercitato dai pianeti.

Rispetto ad un sistema di riferimento


eliocentrico la velocità aumenta quando i
passaggi sono effettuati dietro il pianeta
.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Le perturbazioni orbitali
Pressione di radiazione solare

Il flusso solare (potenza ricevuta per unità di area) genera una forza proporzionale alla
superficie apparante del satellite rispetto al Sole. Per satelliti con pannelli solari di grandi
dimensioni la forza esercitata non è trascurabile.

FRS = − pRS cR AS
dove:
pRS = pressione di radiazione solare (4.57*10-6 N/m2)
cR = riflettività (0÷2)
AS = area esposta al Sole

L’effetto principale è quello di una modificazione dell’eccentricità dell’orbita, che evolve


con periodo pari ad un anno.
Per i satelliti in orbita bassa va tenuto conto anche dell’albedo terrestre.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

Orbite geostazionarie

In generale un'orbita si dice sincrona quando il corpo orbitante ha un periodo orbitale


pari al periodo di rotazione del corpo orbitato e la sua rivoluzione avviene nella stessa
direzione di rotazione del pianeta. Se il corpo orbitato è la Terra, allora l’orbita si dice
geosincrona.
L’orbita geostazionaria è un caso particolare di orbita sincrona, in cui in piano orbitale
coincide con quello equatoriale (i=0) e l’eccentricità è nulla (orbita circolare), tuttavia
un'orbita sincrona non ha bisogno di avere queste caratteristiche.
Un corpo in orbita sincrona non equatoriale (i≠0) sembrerà oscillare tra nord e sud
sull'equatore del pianeta, mentre un corpo in un'orbita ellittica (e≠0) sembrerà oscillare
tra est ed ovest. La combinazione di questi due moti produce un movimento a forma di 8
se osservato dal corpo orbitato.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

I punti Lagrangiani

Lo studio del problema dei 3 corpi ha evidenziato come, nel caso in cui uno dei corpi
abbia massa molto inferiore a quella degli altri due, esistano dei punti in cui le forze che
agiscono sull'oggetto minore si bilanciano, creando una situazione di equilibrio. Questi
punti sono detti di Lagrange in onore del Joseph Lagrange che nel 1772 ne calcolò la
posizione.
Nel caso di corpi in moto circolare esistono cinque punti di equilibrio su cui può trovarsi
il corpo di massa trascurabile. Tre di essi giacciono sulla stessa retta dei due corpi
maggiori, uno compreso tra essi e due esterni; queste posizioni sono instabili; gli altri due
punti sono collocati sull'orbita del pianeta minore (tra i due maggiori), uno in anticipo e
l'altro in ritardo di 60° rispetto a questi, formando due triangoli equilateri.
Sotto certe condizioni, questi punti di equilibrio sono stabili e gli oggetti di massa
trascurabile situati in questa posizione orbitano stabilmente intorno al corpo maggiore. È
il caso di Giove e degli Asteroidi Troiani orbitanti attorno al Sole.
Elementi di astrodinamica – Meccanica orbitale

I punti Lagrangiani

L1, L2 ed L3 sono punti di


equilibrio instabile.

I punti L4 ed L5 possono
essere di equilibrio stabile se è
verificata la condizione:
(K1 * K2) / (K1 + K2) < = 1 / 27
dove K1 e K2 sono le costanti
di gravitazione dei 2 corpi
principali.

Fonte: Wikipedia
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Una prima classificazione degli elementi costituenti un generico sistema aerospaziale è la


seguente:
Veicolo

Ground segment Ambiente operativo

A questi si aggiunge il segmento di lancio che definisce i parametri dell’orbita di parcheggio


o di quella operativa nel caso di orbite basse.
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Segmento di terra
Il segmento di terra fornisce supporto al segmento spaziale e gestisce i dati generati dagli
strumenti di bordo inoltrandoli versi gli utenti finali.
E’ composto da un certo numero di elementi (centri di controllo e stazioni di terra) che
debbono nel loro complesso assicurare la piena funzionalità delle operazioni, anche
quando si gestiscono satelliti in orbita bassa o missioni interplanetarie in cui la visibilità da
una certa stazione non è sempre assicurata.

Centri di controllo
Assicurano:
•La ricezione della telemetria, che fornisce informazioni come lo stato di salute degli
equipaggiamenti o l’assetto rispetto ad un determinato sistema di riferimento;
•L’invio di telecomandi per il controllo della piattaforma;
•Il tracking del satellite per determinarne i parametri orbitali correnti

Stazioni di terra
Acquisiscono i dati di missione e li instradano verso gli utenti finali per l’elaborazione
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Segmento di terra

Le stazioni di terra sono tra loro collegate da linee di comunicazione dedicate che
assicurano la condivisione dei dati ed il normale flusso operativo delle informazioni, dei
comandi e dei controlli.
Gli fondamentali da tenere in considerazione nella definizione del segmento di terra sono
la copertura della stazione ed il link budget.

Ground segment

Command Control Centre Command and


request tracking data
Spacecraft and payload
support Telemetry
Space
Users Ground station
segment
Mission data Mission data
Data relay
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Segmento di terra
Il ground segment può essere progettato ex-novo o si può basare sui network già esistenti,
gestiti dalle diverse agenzie spaziali mondiali. A titolo di esempio viene riportato il NASA
DSN (Deep Space Network), utilizzato per l’esplorazione dello spazio profondo.
Il sistema aerospaziale - Definizione

Il segmento di lancio
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Segmento di lancio

Il costruttore del lanciatore fornisce specifiche


(dimensioni, peso, orbita di rilascio) alle quali ci si deve
attenere per la corretta esecuzione della missione.
Il sistema aerospaziale – Elementi costitutivi

Ambiente operativo

L’ambiente operativo influenza fortemente le prestazioni e il tempo di vita dei sistemi


spaziali ed ha effetti sulle dimensioni, peso, complessità e costo del sistema.

Lancio e fase ascensionale


•Accelerazioni quasi statiche
•Vibrazioni (bassa ed alta frequenza)
•Urti (nella fase di separazione)
•Depressurizzazione rapida

Fase orbitale
•Radiazione solare (pressione e temperatura)
•Radiazione terrestre (albedo, infrarosso)
•Pressione (“vuoto” 10-5 mbar)
•Resistenza aerodinamica (perigeo ed orbite LEO)
•Contaminazione elettromagnetica (fotoni emessi da radiazioni ed eruzioni solari)
•Cariche elettrostatiche
Il sistema aerospaziale – Le missioni spaziali

Classificazione delle missioni spaziali

Navigazione Osservazione della Terra

Telecomunicazioni Missioni scientifiche


Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali

Analisi e definizione di una missione spaziale

Obiettivi di missione

Primari Secondari

Caratterizzazione della missione

Identificazione dei driver di missione

Definizione dei requisiti

Ognuno di questi aspetti ha impatti sugli altri, per cui spesso il risultato finale (tradotto in specifiche
del sistema) è un compromesso che tenga in debita considerazione soprattutto i COSTI della missione.
Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali

Driver Cosa limita il driver Cosa viene limitato dal driver


Dimensioni, peso Capacità del lanciatore Dimensioni e peso del payload

Potenza Dimensioni, peso Potenza del payload, vita operativa

Data rate Antenna, capacità di calcolo Quantità di informazione distribuita

Comunicazioni Copertura, ground stations Disponibilità del dato

Puntamento Costo, peso Risoluzione, accuratezza

N° di satelliti Costo Ridondanza, copertura

Altezza Veicolo di lancio, peso Copertura, tempo di vita

Copertura Orbita, payload Continuità nelle operazioni

Operazioni Costi, disponibilità di comunicazioni Efficienza


Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali

Tipologie di requisiti implementabili

I requisiti di missione si possono suddividere nelle seguenti macro aree:

•Requisiti funzionali
–Prestazioni del payload
–Copertura istantanea e totale

•Requisiti operazionali
–Durata della missione
–Disponibilità del dato

•Vincoli
–Costi
–Scadenze temporali
–Politici, normativi
Il sistema aerospaziale - Le missioni spaziali

Costi di missione
Satellite
8% Assicurazioni
18%
41%

Segmento 33%
Lancio
di terra
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Classificazione della missione e requisiti orbitali

Eliosincrona

TLC Tipologia
Polare
OT Inclinazione

Equatoriale
Scientifica

Loc & Nav Orbita

LEO

Altitudine MEO

Geosincrona
GEO
Periodo
Geostazionaria
HEO
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Dall’ analisi dei requisiti di missione si determina innanzitutto:


•Il tipo di orbita (LEO, MEO, GEO) e suoi parametri caratteristici
•Il dimensionamento della piattaforma
•La tipologia di controllo di assetto
Il tipo di orbita scelto condiziona scelte quali la tipologia di data link ed il posizionamento
delle stazioni di terra per una continua copertura temporale.
Il dimensionamento della piattaforma ed il tipo di controllo di assetto utilizzato vengono
ottimizzati in funzione del carico utile trasportato e dell’ambiente esterno, il quale a sua volta
dipende dal tipo di orbita scelto per la missione.
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Requisiti di
Durata missione Lanciatore

Orbita

Stazioni di
Struttura
Terra
Payload

Propulsione

Controllo Power
termico budget AOCS
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Nel caso di missioni di telecomunicazione i requisiti di sistema possono essere soddisfatti sia
con satelliti geostazionari che con costellazioni di satelliti in orbita bassa. Le caratteristiche
orbitali da tenere in considerazione sono:
•Copertura: ampiezza della calotta sferica terrestre istantaneamente visibile dal satellite
•Angolo di elevazione: altitudine apparente del satellite al di sopra dell’orizzonte locale
•Distanza media stazione-satellite durante il periodo di visibilità
•Variazione temporale della distanza stazione-satellite
•Variazione temporale dell’angolo di elevazione
La possibile riduzione della potenza trasmessa si paga con una riduzione della zona di
copertura.
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

L’altezza dell’orbita sopra la superficie terrestre


determina l’ampiezza del campo di vista, all’interno
del quale possono operare gli strumenti di
comunicazione e di osservazione.
Risulta:

RE
sin ρ =
RE + H

L’angolo di nadir η è misurato dalla congiungente


Terra-satellite ed è usato per individuare la
rotazione necessaria al puntamento del target.
L’angolo di elevazione ε misura l’altezza del
satellite rispetto all’orizzonte.
Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Satelliti in orbita - statistiche


Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Satelliti in orbita - statistiche


Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Satelliti in orbita - statistiche


Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Satelliti in orbita - statistiche


Il sistema aerospaziale – Analisi dei requisiti

Satelliti in orbita - statistiche


Il sistema satellite – La piattaforma

Il satellite può essere visto come un sistema costituito da due elementi:

1) Il carico utile
2) La piattaforma

Il carico utile ha il compito di effettuare la missione prevista.


Nel caso di missioni per telecomunicazioni è composto da ricevitori, trasmettitori
ed antenne, mentre per le missioni di osservazione della Terra può essere
costituito da sistemi di osservazione ottici, a infrarosso e a microonde)

La piattaforma ha il compito di fornire tutti i servizi necessari (potenza elettrica,


controllo termico, controllo di assetto, collegamento con le stazioni di terra).
Viene generalmente suddivisa nei seguenti sottosistemi:
-Propulsione
-Controllo termico
-Controllo di assetto
-Data handling
-Generazione e distribuzione di potenza
-Ranging, telemetria e telecomandi
Il sistema satellite – La piattaforma

Stabilizzazione della piattaforma

La stabilizzazione della piattaforma è necessaria sia per garantire un adeguato


funzionamento del carico utile sia per effettuare le necessarie manovre orbitali. Avviene
principalmente per mezzo di due metodi:

-Stabilizzazione per rotazione (spin): il satellite ha una forma cilindrica. La


stabilizzazione si ottiene facendo ruotare la struttura attorno ad un asse principale di
inerzia (rigidezza giroscopica). Questa tecnica è di tipo passivo: la rigidezza giroscopica
limita il moto di precessione del vettore momento angolare causato dalle coppie di
disturbo
Il sistema satellite – La piattaforma

Stabilizzazione della piattaforma


Il sistema satellite – La piattaforma

Stabilizzazione della piattaforma

- Stabilizzazione su 3 assi: il satellite ha la forma di un parallelepipedo. La


stabilizzazione è di tipo attivo e si ottiene compensando le coppie di disturbo con coppie
uguali e contrarie per mezzo di ruote di momento.

Sono inoltre comuni tecniche di stabilizzazione miste (ruote + motori per il controllo di
assetto) e sporadicamente vengono utilizzate altre tecniche di controllo passivo (ad es. a
gradiente di gravità).
Il sistema satellite – La piattaforma

I satelliti spinnati sono generalmente costituiti da una piattaforma rotante ad una velocità tale
da assicurare la necessaria rigidezza giroscopica e da un modulo meccanico controrotante atto
all’alloggiamento del payload ed al suo corretto puntamento; le celle solari sono distribuite
lungo l’intera superficie esterna della piattaforma.
Il sistema satellite – La piattaforma
Il sistema satellite – La piattaforma

I satelliti 3 assi hanno una struttura parallelepipeda che permette una elevata precisione nel
puntamento a fronte di un complicato controllo di assetto. Le celle solari sono disposte su
grandi appendici (pannelli solari) che garantiscono una elevata generazione di potenza.
Il sistema satellite – La piattaforma
Il sistema satellite – Meccanica di assetto

Il corpo rigido libero

Il più semplice modello dinamico utilizzato per descrivere il comportamento di un


satellite in orbita è quello di corpo rigido libero.
Un corpo si dice rigido quando ogni suo elemento di massa mantiene distanza costante
rispetto a a tutti gli altri (indeformabilità) e libero quando non è soggetto ad azioni
esterne (coppie di disturbo).
Il movimento di un corpo rigido nello spazio è la cosiddetta precessione, che avviene
come segue:
-Il vettore momento quantità di moto M è costante nello spazio inerziale e definisce una
direzione fissa γ
-Uno dei assi principali di inerzia descrive un cono di apertura α (angolo di
precessione) attorno ad γ r
γ r
r r ω
M = Iω
α
Il sistema satellite – Meccanica di assetto

Gli assi satellite

Roll X

Yaw

Pitch

Y
Il sistema satellite – Meccanica di assetto

Coppie di disturbo

Le coppie di disturbo ambientali causano rotazioni indesiderate attorno al centro


di massa che vanno adeguatamente corrette. Esse sono causate da:

-Pressione di radiazione solare


-Gradienti di gravità
-Campo magnetico terrestre
-Disallineamento spinta motori
-Flessibilità delle strutture
-Sloshing
-…

La dinamica di assetto è la disciplina che studia il moto del satellite attorno al


proprio centro di massa.
Il sistema satellite – Meccanica di assetto

Meccanica orbitale vs. meccanica di assetto


Il sistema satellite – Meccanica di assetto

Effetti dei disturbi


Per effettuare correttamente la missione assegnata si deve debitamente tenere in conto
l’effetto dei disturbi nella catena di controllo del sistema.
Il sistema satellite – Sottosistemi

Propulsion Attitude and


System Orbit
Control System

Thruster Sensors
Solar array

Data handling

Battery
Telemetry Command & Ranging Payload
Power conditioning
& distribution
Il sistema satellite – Sottosistema UPS

Unified Propulsion System

Il sottosistema UPS fornisce al satellite la spinta e le coppie di controllo necessarie per:

- Raggiungere l’orbita geostazionaria a partire da quella di rilascio del lanciatore


- Acquisire e mantenere il punto di stazione sulla GEO
- Effettuare le opportune manovre di controllo di assetto
- Seguire il deorbiting a fine vita operativa

Gli elementi costitutivi sono:


Sistema pressurizzante
Assicura una pressione di funzionamento adeguata e costante nel tempo dei serbatoi di
propellente
Sistema propellente
Fornisce gli elementi (ossidante e comburente) necessari per la generazione della spinta
Reaction Control Thruster
Motorini per il controllo di assetto
Apogee Boost Motor
Fornisce la spinta necessaria a i trasferimenti orbitali
Il sistema satellite – Sottosistema UPS
Il sistema satellite – Sottosistema TCR

Telemetry Command and Ranging System

Permette al satellite di ricevere comandi, trasmettere telemetria ed alle stazioni di terra


di effettuare le operazioni di ranging grazie ai transponder di bordo.
Nella fase LEOP vengono utilizzate 2 antenne omnidirezionali in banda S (2÷4 GHz) ai
lati opposti della struttura affinché sia possibile inviare e trasmettere dati
indipendentemente dall’assetto della struttura.
Il sistema satellite – Sottosistema T&C

Thermal & Control System

Lo scopo di questo sottosistema è quello di mantenere la temperatura degli


equipaggiamenti e delle strutture all’interno dei limiti operativi previsti. In particolare
il controllo termico prevede:

- Un adeguato isolamento dell’ambiente interno del satellite rispetto alle condizioni


ambientali esterne
- La capacità di dissipare il calore generato dagli equipaggiamenti
- La possibilità di riscaldare gli equipaggiamenti durante i periodi di eclisse

In assenza di atmosfera non avvengono scambi di calore per convezione ma solo per
conduzione ed irraggiamento.
La conduzione viene sfruttata per mezzo di tubi (heatpipes) ad alta conducibilità
termica che collegano gli equipaggiamenti di bordo con appositi pannelli radianti posti
all’esterno della carrozza.
La logica di controllo di sistema è gestita da una Thermal Control Unit (TCU) per
mezzo di sensori di temperatura.
Il sistema satellite – Sottosistema T&C

SPOT4
Il sistema satellite – Sottosistema PCD

Power Conditioning and Distribution System


Questo sottosistema si occupa della:

- Generazione di potenza elettrica durante le fasi di illuminazione


- Generazione di potenza elettrica dalle batterie durante le fasi di eclissi
- Distribuzione della potenza elettrica a tutti i carichi
- Gestione dei cicli di carica e scarica

Durante i periodi di illuminazione le varie sezioni dei pannelli solari vengono attivate o
meno in funzione del carico elettrico attivo in quel momento al fine di mantenere il
bilancio energetico a bordo (potenza generata = potenza assorbita); durante i periodi di
eclisse la potenza necessaria viene invece fornita dalle batterie.
Gli elementi costitutivi sono:

-Solar array: celle in arseniuro di gallio (4 KW in full deployment)


-Solar Array Drive Electronics: rotazione pannelli, gestione telemetrie, trasferimento di
potenza
-Batterie: 2, in Nichel-Idrogeno (97 Ah)
Il sistema satellite – Sottosistema PCD
Il sistema satellite – Sottosistema PICS

Platform Integrated Control System

E’ composto dall’AOCS (Attitude and Orbit Control System) e dal sottosistema Data
Handling. A livello hardware l’unità più importante è la Spacecraft Control Unit (SCU), che
ha il compito di interfacciare l’intero satellite con il centro di controllo di missione.
Le Remote Unit (RU) hanno il compito di gestire le informazioni da e per i sottosistemi di
bordo per mezzo dei bus di comunicazione.
Il sistema satellite – Sensori

I sensori hanno il compito di rilevare informazioni utili ai fini della stima della posizione del
satellite durante il suo moto.
Per un satellite GEO vengono utilizzati i seguenti:

-Sensori di Sole (SAS, Sun Acquisition Sensor), il cui scopo è quello di allineare un asse del
satellite con la congiungente Sole – satellite

-Sensori di Terra (IRES, Infra Red Earth Sensor), il cui scopo è quello di misurare l’errore di
assetto del satellite (angoli di roll e pitch) rispetto al centro del disco terrestre

-Giroscopi laser (IMU, Inertial Measurement Unit), utilizzati per misurare la velocità angolare
del satellite
Il sistema satellite – Sensori

Yaw

Roll
Il sistema satellite – Sensori
Il sistema satellite – Attuatori

Gli attuatori vengono utilizzati per correggere l’assetto del satellite in presenza di coppie di
disturbo e per orientarlo secondo le necessità di missione (esecuzione di manovre orbitali).
Si utilizzano:

-Reaction Control Thruster (RCT), per le correzioni di assetto sui tre assi. Per garantire il
controllo del satellite sono necessari 8 RCT. Il funzionamento è regolato da una valvola
comandata elettronicamente che permette di modulare la spinta secondo un ben definito
profilo di sparo.

- Momentum Wheel (MW), che viene posta in rotazione rapida (lungo l’asse di pitch) al fine di
fornire la necessaria rigidezza giroscopica al satellite. A causa della presenza di perturbazioni
secolari, la ruota deve essere periodicamente desaturata per mezzo degli RCT
Il sistema satellite – Attuatori
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale

Il sottosistema PICS garantisce il controllo dell' assetto e dell'orbita in tutte le fasi della
missione. In una satellite stabilizzato su 3 assi sono previsti diversi modi operativi in funzione
delle diverse fasi dimissione; la transizione di modo avviene sia in maniera automatica
(transizione nominale o di emergenza), sia per mezzo di telecomandi inviati dal centro di
controllo.
Ognuno di questi modi prevede l'utilizzo di alcuni dei sensori ed attuatori presenti a bordo del
satellite:
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale

IDLE è una modalità operativa passiva, nella quale il satellite non è controllato. Esso viene
automaticamente raggiunto alla prima accensione della SCU conseguentemente al rilascio del
lanciatore. Viene inoltre comandata da terra al momento del dispiegamento dei pannelli solari
e delle antenne.

La SAM è utilizzata per orientare l'asse -Z del satellite lungo la congiungente tra questo ed il
Sole (ameno di una tolleranza di :t3°). Lo scopo di questa manovra è essenzialmente quello di
disporre il piano dei pannelli solari a 90° rispetto alla direzione dei raggi del solari, al fine di
assicurare il massimo rendimento di carica delle batterie. La SAM può essere raggiunta in
qualsiasi fase della missione, ma nominalmente viene usata durante la fase di Transfer Orbit.

La EAM viene effettuata per puntare l’asse +Z del satellite verso il centro della Terra. Questa
manovra si rende necessaria ai fini della stima di assetto del satellite. L’entrata in EAM è
possibile sia dalla TO che dalla GEO.
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale

Il GCM è un modo utilizzato per orientare il satellite da un assetto iniziale noto ad un altro
assetto predefinito. Viene utilizzato in preparazione dello sparo di apogeo, affinchè la
direzione di spinta dei motorini sia quella richiesta. La manovra di allineamento è controllata
con i giroscopi di bordo. L’assetto viene descritto per mezzo dei quaternioni.

La AMF viene usata per mantenere il satellite in un assetto inerziale durante la fase di sparo
del motore di apogeo. L’assetto voluto è mantenuto per mezzo dell’uso degli RCT
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale

Il NM è utilizzato per mantenere il satellite in puntamento terra durante tutta la vita operativa.
Il controllo di assetto viene effettuato per mezzo della ruota di momento che genera una coppia
di controllo lungo l’asse di pitch (y) e per mezzo degli RCT per gli assi di yaw(z) e di roll (x). Il
sensore utilizzato è l’IRES

La SKM è usata per mantenere il puntamento terra durante la fase di station keeping. Queste si
suddividono in manovre nord-sud e manovre est-ovest. Gli errori di angolari vengono
misurati dall’IRES e quelli di velocità angolare dall’IMU. Il profilo di spinta ha andamento
trapezioidale.

F (Newton)

t
Il sistema satellite – Controllo di assetto e orbitale
In collaborazione con Glauco Di Genova
Telespazio Flight Dynamics
glauco.digenova@telespazio.com
AOM - Generalità

In questa sezione verranno illustrate le metodologie utilizzate per l’analisi ed


ottimizzazione di una missione LEOP (Launch and Early Orbit Phase) di un satellite
geostazionario.

La LEOP rappresenta la fase che va dal rilascio del satellite sull’orbita di parcheggio al
completo dispiegamento del carico utile dopo il raggiungimento del box di longitudine
assegnato sull’orbita geostazionaria.

Gli input del sistema sono:

• Orbita di rilascio del lanciatore e relative dispersioni


• Ground station network
• Vincoli di missione
• Longitudine di stazione

I target di missione sono:

• Riduzione dell’inclinazione a 0°
• Circolarizzazione dell’orbita (r=r_GEO)
• Raggiungimento della longitudine di stazione assegnata
AOM – Elementi in ingresso

Profilo di lancio di ATLAS 3


AOM – Elementi in ingresso

Orbita di rilascio di ATLAS 3

Parameters Unit ATLAS 3


Injection epoch (GMT) YYYY/MM/DD hh:mm:ss 2002/07/15 21:30:00
Parametri di dispersione a 3σ:
Semimajor axis Km 24457.62203879
Eccentricity 0.73120195
Inclination Deg 18.17166842 ATLAS 3
RAAN (Ω) Deg 70.92597116 a (km) 54.2
-4
Argument of perigee Deg 179.18882931 e 5. 10
True anomaly Deg 16.74870511 i (deg) 0.02
Apogee altitude at injection Km 35963.0 Ω (deg) 0.18
Perigee altitude at injection km 196.0 ω (deg) 0.2

Le principali caratteristiche sono:


•Il raggio di apogeo, che è molto vicino a quello dell’orbita geostazionaria (42164 Km)
•L’argomento del perigeo, tale che l’apogeo sia vicino al piano equatoriale (ω=0° o 180°)

La conoscenza dell’orbita di rilascio permette di ottenere informazioni molto utili quali:


• Epoca e durata delle eclissi
• Azimuth ed elevazione della stazione di prima acquisizione
AOM – Elementi in ingresso

Orbita di rilascio di ATLAS 3


AOM – Elementi in ingresso

Ground station network


Station Coordinates
Ground Station Latitude (deg) Longitude (deg) Height (m)
FUCINO 41.980 13.603 679.201
MALINDI -2.995 40.194 12.314
DONGARA -29.0457 115.3487 241.93
SOUTH POINT 19.0136 -155.663 245.00
SANTIAGO -33.151 -70.666 735.027
AOM – Elementi in ingresso

Prima acquisizione –Tempistica


AOM – Elementi in ingresso

Prima acquisizione – Analisi di AER


AOM – Elementi in ingresso

Vincoli di sistema

I vincoli da tenere in debita considerazione sono relativi a:

Visibilità di stazione
• Minima durata di doppia visibilità da parte di stazioni TM/TC prima di ogni LAE
• Minima durata di doppia visibilità da parte di stazioni TM/TC dopo ogni LAE
• Minima durata di visibilità della stazione di prima acquisizione

Spari di apogeo
• Durata massima
• Visibilità del Sole nel campo di vista del sensore
• Strategia di back-up in caso di NO-GO
AOM – Elementi in ingresso

Analizzati gli elementi in ingresso, occorre ottimizzare i diversi trasferimenti orbitali al


fine di minimizzare la quantità di propellente necessaria al conseguimento della
missione ed aumentare così la vita operativa del satellite.
Oltre al propellente necessario per i trasferimenti orbitali occorre tenere in conto
quello da utilizzare per le manovre di controllo di assetto (Sun pointing, spin-up,
despin, attitude holding) e di de-orbiting alla fine della vita operativa.

L’ottimizzazione è quindi quella fase in cui si definisce e si tenta di minimizzare la


cosiddetta funzione di costo, che tiene conto di tutti gli elementi del sistema:

• 7 variabili di stato: massa, posizione, velocità


• 4 controlli per la manovra: tempo iniziale, tempo finale, direzione di sparo (azimuth,
elevazione)
• 2 parametri: spinta, elevazione
AOM – Transfer design

Il problema della minimizzazione del consumo di propellente comporta lo studio della


strategia ottima di trasferimento, anche tenendo conto delle dispersioni del lanciatore
e della possibilità di NO-GO in occasione degli spari. Questo comporta la definizione
di almeno una strategia di backup per ogni sparo previsto.
In generale, gli spari sono sempre calcolati sulla linea dei nodi (intersezione dei piani
orbitali iniziale e finale) e l’intensità totale necessaria al raggiungimento dell’orbita
finale viene frazionata per permettere di ridurre l’errore tra la stima effettuata in fase
di progettazione ed il caso reale (perdite, under/over performances del motore di
apogeo).

Dopo ogni sparo di apogeo è necessario effettuare una accurata determinazione


orbitale al fine di valutare l’errore accumulato rispetto a quanto pianificato in fase di
progetto. Negli spari successivi si terrà conto di questi errori per ripristinare le
condizioni nominali.
AOM – Transfer design

SSTO (Super Syncronous Transfer Orbit)

La tecnica del SSTO consiste nell’iniettare il satellite su si un’orbita di trasferimento


avente periodo maggiore di 24 ore (super sincrona) al fine di minimizzare il consumo
di propellente per il cambio di inclinazione.
Gli svantaggi di questa strategia sono la lunga durata (10/15 giorni) e la necessità di
installare a bordo speciali sensori di terra vista la grande distanza raggiunta.
Una possibile strategia potrebbe essere 2AEF + 2 PEF:

• Un primo sparo di apogeo calcolato in maniera tale che l’orbita risultante abbia un
periodo di 24 ore. In questo modo si può effettuare il secondo sparo di apogeo con la
stessa copertura di stazione
• I primi due spari di apogeo sono tali da portare il perigeo molto vicino all’orbita
geostazionaria e l’inclinazione è ridotta a 0°
• Altri due spari di perigeo sono effettuati per diminuire l’altezza dell’apogeo sino
all’orbita geostazionaria
AOM – Transfer design

Strategie di trasferimento orbitale

• Le tecniche di ottimizzazione per un generico trasferimento orbitale in orbita GEO


prevedono orbite di trasferimento tali da presentare opportunità di sparo di apogeo nelle
medesime condizioni di visibilità di stazione ogni due o tre orbite. Questo vuol dire
avere drift di longitudine di 180° o di 120° rispettivamente

•L’intensità dell’ultimo sparo di apogeo


deve essere sufficientemente bassa per
poter minimizzare l’effetto di eventuali
over-performances del motore. A tale
scopo l’altezza del perigeo viene
comunque tenuta più bassa rispetto
all’orbita GEO, prevedendo una fase di
drift di longitudine

•Nel caso di under-performances


occorrerà compensare le più alte velocità
di drift di longitudine per mezzo di spari
RCT
AOM – Transfer design

Profili di backup
L’applicazione delle strategie di trasferimento orbitale e l’ottemperanza ai
vincoli di sistema porta alla definizione di un profilo nominale di missione.
Occorre però definire delle strategie di backup tali da assicurare la corretta
esecuzione delle operazioni anche in occasione di eventi non previsti.

B a ck -u p 1 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 1
B a ck -u p 2 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 2
B a ck -u p 3 C o rre sp o n d in g to a fa ilu re a t L A E F 3

Mission Profiles Summary


Mission LAEF apogees ∆T ∆M (Kg)
profiles Days Hours Minutes
Nominal 4/6/9 4 12 48 1372.067
Back-up 1 6/8/11 5 11 18 1371.535
Back-up 2 4/8/11 5 12 42 1372.132
Back-up 3 4/6/12 6 12 40 1372.042
AOM – Transfer design

Profili di backup
INJECTION

Apogee : 4 Apogee : 6
DV : 444.724 DV : 445.686
∆M : 445.844 ∆M : 446.741
Longitude : 339.500 Longitude : 23.982

Apogee : 6 Apogee : 8 Apogee : 8


DV : 639.055 DV : 639.253 DV : 695.332
∆M : 538.621 ∆M : 538.772 ∆M : 580.772
Longitude : 340.974 Longitude : 341.202 Longitude : 25.181

Apogee : 9 Apogee : 12 Apogee : 11 Apogee : 11


DV : 541.971 DV : 542.052 DV : 542.195 DV : 490.075
∆M : 377.597 ∆M : 377.650 ∆M : 377.716 ∆M : 337.955
Longitude : 342.258 Longitude : 342.351 Longitude : 342.511 Longitude : 2.582

Nominal Strategy Bck 3 Strategy Bck 2 Strategy Bck 1 Strategy


Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Equazione della spinta

Ae
Ve m V
pe p0
dm

L’equazione della spinta per un lanciatore si scrive:

*Ve + ( pe − p0 )* Ae
dm
F=
dt
( pe − p0 )* Ae
Definendo la velocità equivalente come Veq = Ve +
(dm / dt )
risulta:

dm
F= *Veq = m& *Veq
dt
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Si definisce impulso la quantità :

d (mv )
I = ∫ Fdt = ∫ dt = ∫ d (mv ) = ∆(mv )
dt
dm
I = ∫ Fdt = ∫ m *Veq dt = ∫
& *Veq dt = m *Veq
dt
L’impulso esprime la variazione di quantità di moto al termine dell’applicazione della forza.
L' impulso specifico è l' impulso per unità di peso di propellente :

I F * ∆t ∆m
I sp = = , da cui segue : F = I sp * g * = I sp * g * m& = m& *Veq
∆m * g ∆m * g ∆t
Veq
In base a questo si può scrivere : I sp =
g
L’impulso specifico esprime l’efficienza del sistema: quanto più esso è alto, quanto meno
propellente è necessario per ottenere la stessa variazione di quantità di moto.
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Equazione del lanciatore ideale

In un sistema di riferimento solidale al lanciatore vale la:


d ( m *V ) dV dm dm
F= = m* +V * = m& *Veq = − *Veq
dt dt dt dt
m0
Si può scrivere allora: dV = −Veq *
dm , da cui segue: ∆V = Veq * ln
m mf

∆v
M0
= e ve
M1

Per aumentare di n volte la velocità occorre aumentare di en la massa del lanciatore.


Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Equazione di Tsiolkowsky

m0 D
∆V = I sp g ln − ∫ gdt − ∫ dt
mf m
Isp= impulso specifico
m0= massa iniziale
∆V nel vuoto perdite per gravità
mf= massa finale
perdite per resistenza
aerodinamica
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Propulsione
I possibili tipi di propulsione vengono classificati in:

1. Cold gas, dove la spinta avviene grazie all’espansione di un gas pressurizzato in un


ugello
2. Chimica, dove l’energia molecolare del propellente viene trasformata in energia
cinetica. E’ il tipo di propulsione in assoluto più utilizzato e viene a sua volta
classificato in:
• Liquido, sia mono che bi-propellente
• Solido
3. Elettrica, dove la quantità di massa espulsa viene accelerata tramite un campo elettrico

Propulsione chimica: liquida bi-propellente e solida


Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Propulsione
In questa tabella vengono forniti i valori di impulso specifico e di spinta per i diversi tipi
di problema .
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

Masse e coefficienti

m0=massa iniziale
m0 = m p + m s + m L mP=massa propellente
mL=massa payload

m0 Esprime il rapporto tra la massa


Rapporto di massa al burnout Z= totale e quella alla fine della
ms + mL combustione del propellente

mL
Rapporto di payload λ= E’ la misura della massa del
m p + ms payload rispetto alla restante
massa del lanciatore

ms
Coefficiente strutturale ε= Caratterizza il rapporto tra la
mP + ms massa delle strutture rispetto a
quella del propellente
Meccanica dei lanciatori – Definizioni di base

∆V di riferimento

v2 µ µ
L’energia meccanica vale ξ = − =− . Nel caso di orbite circolari r = a quindi:
2 r 2a

µ Km 3
v= µTerra = 3.986 ⋅105

r sec 2

Per un’orbita LEO (altitudine 350 Km) risulta v= 7,9 Km/sec, ma se si includono le perdite
per gravità e resistenza aerodinamica il valore aumenta a v=9,65 Km/sec.
Questo è il valore di ∆V target da ottenere per l’immissione in orbita bassa di un satellite.
Anche non considerando le perdite, per un lanciatore avente ISP = 320 sec risulta che la
massa di propellente necessaria deve essere circa 12 volte maggiore della massa della
struttura + quella del carico utile.
Con un semplice lanciatore monostadio il rapporto tra il carico utile e la massa totale
avrebbe un valore estremamente basso.
Meccanica dei lanciatori – I lanciatori multistadio

I lanciatori multistadio permettono di raggiungere, a parità di propellente,


strutture e payload, velocità finali più elevate rispetto ad un analogo
monostadio a causa del fatto che il coefficiente strutturale diminuisce
durante la fase di ascesa.
Meccanica dei lanciatori – I lanciatori multistadio
Meccanica dei lanciatori – Siti di lancio

Sito di lancio e prestazione del lanciatore

La latitudine del sito di lancio determina la minima inclinazione ottenibile per l’orbita di rilascio:

cos i
sin β =
cos L

L= latitudine
i= inclinazione
β= azimuth (misurato dal nord in senso orario)

E’ utile avere una bassa latitudine anche perché si sfrutta


la velocità di trascinamento terrestre (circa 460 m/s
all’equatore), che diminuisce con un fattore di cos(lat).
Meccanica dei lanciatori – Siti di lancio

Vincoli operativi
Ogni sito di lancio ha una zona di rispetto che limita il possibile azimuth di lancio e determina
quindi le inclinazioni minime e massime raggiungibili.

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