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Esercizio N.1
A)Impressioni generali dello scritto
Leggendo il testo di Guardini la prima impressione esteriore che ne ricevo è quella di una chiarezza
espositiva notevole,di una lettura personale del tema trattato fino al punto da poter coinvolgere il
lettore in una messa in gioco delle sue convinzioni religiose ed in un approfondimento della sua
relazione con la Divinità.Sin dall’inizio richiamano la mia attenzione le considerazioni di Guardini
sulla funzione dei segni.I segni o,come le chiama lui,le “cose”,sempre ci inviano a significati
diversi,cangianti,in una ricerca che per ciascuno ha delle caratteristiche differenti,però nella quale
siamo quello che siamo,viaggiatori e pellegrini,proprio grazie al fatto che costantemente
crediamo,interpretando,lì dove non sappiamo, e,d’altra parte,cerchiamo di conoscere le cose in cui
crediamo.Infatti non crediamo se sappiamo e se conosciamo una cosa non abbiamo bisogno di
credere.Così è vero che “funzioniamo”solo se abbiamo la capacità di guardare più in là della cosa
stessa.Mi invita a pensare anche al fatto che Dio parla.Non scende un libro dal cielo,ne un singolo
individuo riceve un’illuminazione privata,ne la divinità lascia delle tracce sotto forma di immagini o
disegni.Questo Dio parla e si suppone che il ricevente possa intendere il codice linguistico della
divinità.Si suppone anche che Dio parla per primo e che il ricevente ascolta.Anche se fisserà le
comunicazioni divine colla scrittura l’atto originario è quello della parola e dell’ascolto.La terza
cosa che credo interessante è la proposta di Guardini di leggere l’Antico Testamento non come una
narrazione storica di una determinata popolazione,ma sotto un altro livello di verità.Un altro ordine
di verità che non è quello dei dati storico-scientifici ma della specificità e della qualità singolare
della storia d’Israele:una chiamata che è un invito ad andare,a porsi in viaggio lasciando le
sicurezze,una chiamata ad una persona(Abramo)che potremmo essere ognuno di noi,aldilà del
contesto storico e dell’identità culturale e linguistica.Credo infatti che l’appello di Guardini a questi
differenti “livelli”di verità sia molto profondo e ci aiuti a valorare la logica particolare di ciascuno,il
funzionamento unico e specifico delle persone.La ultima cosa che mi colpisce è la domanda attorno
al significato dell’espressione “avere fede”.Credo che l’autore ci dica che quest’atteggiamento
dev’essere quello del seguimento e dell’imitazione di uno stile di vita,mentalizzandoci su quello che
avrebbe potuto essere il modo di relazionarsi di quelle prime persone che ricevettero il messaggio
religioso con il messaggio stesso:non accettazione dogmatica ed acritica di un insieme di leggi e
proposizioni ma messa in pratica nella vita di qualcosa che toccherebbe la vita stessa.Un cristiano
cerca la verità smascherando i falsi idoli,gli inganni delle interpretazioni ed in questa esposizione
lascia vivere e dona parola ai gesti della libertà individuale.Un cristiano che fa della teoria e delle
questioni speculative e teoretiche qualcosa che si iscrive nella sua stessa carne e tocca la sua stessa
vita:questa la missione.