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SOSTAKOVIC: QUINTA SINFONIA

La ​Sinfonia n. 5 in re minore​ (Op. 47) di ​Dmitrij Šostakovič​ fu scritta tra l'aprile e il luglio del ​1937​ e fu
eseguita per la prima volta a ​Leningrado​ dall'Orchestra Sinfonica di Leningrado (Odierna ​Orchestra
filarmonica di San Pietroburgo​) diretta da ​Evgenij Mravinskij​, il 21 novembre dello stesso anno. È una delle
più conosciute, apprezzate ed eseguite opere del maestro russo.

Storia
La stesura di questa sinfonia avvenne in un periodo travagliato della vita del compositore.
Nel ​1936​ ebbe luogo la rappresentazione dell'opera “​Lady Macbeth del Distretto di Mcensk​”. Un mese dopo,
la ​Pravda​ stroncò l'opera di Šostakovič definendola, in un articolo anonimo(talvolta attribuito a ​Stalin​ stesso,
presente alla rappresentazione), “Il caos anziché la musica”. Era chiaro che le composizioni di Šostakovič
non erano ben viste dal regime. La cosa si rese palese quando, all'incontro dell'​Unione dei Compositori​ una
settimana dopo la pubblicazione dell'articolo sulla Pravda, ​Lev Knipper​, ​Boris Asafiev​ e ​Ivan
Dzerzhinsky​ consigliarono al compositore di "tornare" sulla retta via: ciò significava la semplificazione delle
sue future opere e l'adattamento di queste ai modelli alla base del ​Realismo Socialista​. Šostakovič non
sembra avere altra possibilità che accettare di adeguarsi ai limiti imposti dal regime sovietico. Chiese perciò
aiuto al ​maresciallo​ ​Mikhail Tukhachevsky​, allora uno dei più alti ufficiali dell'​Armata rossa​ e fino al ​1925​ suo
protettore. Il maresciallo rimase però vittima delle ​Grandi purghe​ messe in atto dal regime staliniano e,
accusato ingiustamente di tradimento, venne fatto fucilare. Inoltre alcuni degli amici del compositore russo
vennero arrestati e fatti misteriosamente sparire. Per un anno Šostakovič temette di subire la loro stessa
sorte.
Il compositore completò nel frattempo la sua ​quarta sinfonia​ in aprile, ma ritirò l'opera proprio durante le
prove, per timore di avere ulteriori problemi col regime. Quattro mesi dopo aver ritirato l'ultima sua sinfonia,
cominciò a scrivere la successiva. Šostakovič tentò con questa di riabilitarsi dinanzi allo Stato, attraverso
una nuova composizione che, almeno in apparenza, risultasse all'altezza delle aspettative del partito.
La sinfonia fu un grande successo, e si dice abbia ricevuto un'ovazione durata mezz'ora.

Struttura
La sinfonia dura all'incirca 45 minuti, e si divide in 4 ​movimenti​:
Moderato
In questo primo tempo, Šostakovič sfodera le sue capacità compositive attraverso la costruzione per climax
delle diverse sezioni del movimento: esse crescono per intensità attraverso lo strettissimo sviluppo delle idee
tematiche, fino a raggiungere la vetta espressiva a metà del movimento con un'immensa esplosione
orchestrale, che poi lentamente ripiega su sé stessa sino a spegnersi in un'ultima lirica ripresa dei temi del
primo tempo.
La sinfonia si apre con gli archi, che subito espongono il tema, alla base di tutta la prima sezione del
movimento. In questa parte il tema sembra descrivere sensazioni alterne di serenità e inquietudine.
Successivamente il tema viene esposto anche dalla sezione dei legni e degli ottoni, e si assiste al solo di
corni, flauti, clarinetti. La seconda sezione del movimento si apre intorno al sesto minuto, quando l'entrata
del pianoforte distrugge il clima di serenità iniziale e apre la strada al solo dei corni. In seguito si ha l'entrata
delle trombe, dei legni. Inizia così il crescendo di tutta l'orchestra, che risolverà con l'entrata delle trombe, dei
timpani e del rullante: questa parte della sinfonia è una marcia che deve essere intesa come uno
sbeffeggiamento del compositore russo verso il regime stalinista. Alla fine della marcia, inizia un nuovo
crescendo orchestrale: Šostakovič affida alle varie sezioni dell'orchestra la ripetizione del tema iniziale. Con i
colpi dei timpani si raggiunge l'apice della tensione della sinfonia. Dopo questa violenta sezione, la musica
torna in toni più contenuti, con dialoghi tra i vari legni. L'entrata dei corni fa da preludio all'entrata del flauto
solista, e infine assistiamo all'intervento del primo violino. La sinfonia conclude con una particolare scala
cromatica, ripetuta tre volte, affidata alla celesta.
Allegretto
Il secondo movimento è un energico valzer d'ispirazione mahleriana, il cui tema principale deriva da una
germinazione dell'inciso melodico assegnato ai fiati nel grande centrale climax del primo movimento. Il
movimento consiste nella ripetizione di due temi, affidati alle varie sezioni dell'orchestra.
Largo
Dopo l'uso delle trombe e dei corni nei due precedenti movimenti, in questo Šostakovič non usa ottoni. Gli
archi sono divisi per tutto il movimento: i violini in 3 gruppi, le viole in 2, i celli in 2. I contrabbassi rimangono
all'unisono. In questo movimento, dai toni molto più contenuti rispetto ai precedenti, bellissime melodie
basate su un tema che verrà chiaramente esposto nella parte centrale (la prima volta lo si può ascoltare alla
metà del secondo minuto), sono cantate dagli archi e dai fiati solisti, a turno. L'apice della tensione del brano,
intorno al nono minuto, con il tema richiamato da archi e xilofono solisti, apre la strada allo stupendo tema
dei violoncelli soli, dopo la cesura. La chiusura del brano, affidata ad arpa e celesta, in un clima magico e
delicato, sembra richiamare la surreale fine del primo movimento.
Šostakovič dichiarò, in un articolo sulla rivista ​Večernjaja Moskva​ (Вечерняя Москва), del dicembre del
1940: "Il terzo movimento mi sembra riuscito. Penso di aver costruito un tempo che evolve progressivamente
dall'inizio alla fine."
Allegro non troppo
Nel quarto movimento sono presenti quattro sezioni. A rompere il clima quasi fatato del terzo movimento è
un crescendo di una battuta, di tutta l'orchestra, che fa da apertura ad un solo di timpani e ottoni, in una
marcia che coinvolge successivamente tutta l'orchestra. Segue un lungo dialogo tra archi, corni e flauti,
culminante nell'entrata dell'arpa. Successivamente entra l'intera orchestra, e con un crescendo, costante
sino alla fine, si raggiunge l'apice della tensione: dopo l'esplosione finale di tutta l'orchestra, questa sinfonia
si conclude con un solo di timpani, percussioni e ottoni (simboleggianti il potere del regime), che si
sovrappongono a un incessante ripetizione della tonalita di Re Maggiore della sezione degli archi,
rappresentantanti il compositore oppresso dal regime.
Sempre sul giornale precedentemente citato, il compositore parla così riguardo al quarto movimento: "Mi è
stato detto che lo stile del movimento è diverso da quello degli altri tre. Mi sento di smentire. In conformità
con l'idea principale dell'intera opera, il finale risponde a tutte le domande sorte nei precedenti tempi [...].
Questo finale dà una risposta ottimista ai momenti tragici che troviamo nei precedenti tempi della sinfonia".

Musica:​ Dmitri Shostakovich (1906 - 1975)

1. Moderato
2. Allegretto
3. Largo
4. Allegro non troppo
Organico:​ ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, clarinetto piccolo, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3
tromboni, basso tuba, timpani, tamburo militare, triangolo, piatti, grancassa, tam-tam, xilofono, glockenspiel,
2 arpe, celesta, pianoforte, archi
Composizione:​ Leningrado, 20 Luglio 1937
Prima esecuzione:​ Leningrado, Opernaja Studija Konservatorii (Filarmonica), 21 Novembre 1937

Guida all'ascolto 1

Ottimo pianista nato a Pietroburgo il 25 Settembre 1906 e cresciuto nel clima politicamente e culturalmente
incandescente che fa seguito alla rivoluzione sovietica, Shostakovitch si inserisce presto tra i migliori
compositori russi della sua epoca.
I suoi interessi sostenuti dall' amicizia con il direttore Malko, lo rendono attento agli sviluppi della musica
sovietica per la quale cerca un linguaggio direttamente accessibile alle masse pur restando sensibile agli
influssi che gli pervengono dal mondo occidentale.
In questo quadro si cimenta in tutti i generi musicali spaziando dalla musica leggera alle musiche da film ed
al Jazz, ma è nella musica sinfonica che esprime il meglio di sè fin da quando il 12 Maggio del 1924 viene
eseguita la sua Sinfonia n. 1.
La sua carriera si sviluppa con una fortunata serie di composizioni finchè nel 1934 la sua opera "Lady
Macbeth del distretto di Mzensk" è accolta con grande favore dal pubblico ma con critiche contrastanti dalla
stampa sovietica.
Il 29 Gennaio 1936, dopo una rappresentazione dell'opera alla presenza di Stalin, appare sulla Pravda una
serie di editoriali che la accusano di "puro formalismo piccolo borghese" deplorandone le "dissonanze
volute", il "confuso accavallarsi dei suoni" e soprattutto la deliberata "volontà di allontanarsi quanto più
possibile dall'opera classica", condannando tutto il genere musicale a cui appartiene la composizione e
minacciando l'autore di gravi conseguenze.
Fortemente colpito da queste accuse Shostakovich ritira immediatamente la Sinfonia n. 4 che è in fase di
prove e nel 1937 presenta la Sinfonia n. 5 come "una risposta positiva e stimolante da parte di un artista
sovietico a delle giuste critiche".
La sinfonia si rifà al sinfonismo tardo romantico che stava tornando in auge anche a livello internazionale pur
cercando una via personale verso una maggiore semplicità di linguaggio.
Shostakovich sa comunque abbinare i riferimenti al repertorio sinfonico e lirico con quelli specifici della
musica sovietica (marcia dei giovani Pionieri nel secondo movimento, musica funebre nel terzo e musica per
armonia militare nel finale).
Secondo le parole dell'autore la sinfonia ha per tema lo sviluppo della personalità umana. Al centro della
composizione, concepita liricamente da capo a fondo, pone un uomo con tutte le sue esperienze; il Finale
risolve gli impulsi del primo tempo e la loro tragica tensione, in ottimismo e in gioia di vivere.
La parte forse più riuscita della sinfonia è il "Moderato" iniziale in cui Sciostakovich tratteggia l' esperienza
tragica della coscienza umana nella quale raggiunge un' alta e nobile forza di espressione.
Nel secondo tempo "Allegretto" introduce elementi di una danza spensierata mentre nel "Largo" torna un'
atmosfera tesa e penosa, come se l' individuo non fosse ancora riuscito a liberarsi del suo intimo dolore;
infine l' "Allegro non troppo" finale risolve in letizia con notevoli effetti strumentali gli elementi drammatici dei
tempi precedenti.
Cosa pensare della sinfonia nel suo insieme? Credo la si possa definire la "Sinfonia dei misteri". Scritta sotto
gli influssi di cui sopra può essere un reale e sentito allineamento ai dettami della musica sovietica ma forse
è una parodia della musica di regime; il suo fascino deriva proprio dall'impenetrabilità di questi equivoci.
Certo è scritta da un genio dotato di prodigiosi doni musicali.
Terenzio Sacchi Lodispoto
Guida all'ascolto 2 ​(nota 1)
L'evento-shock che colpì l'allestimento della ​Lady Macbeth del distretto di Mcensk​, con il pesante intervento
censorio del regime sovietico, rischiò di provocare una spirale tragica per l'esistenza stessa di Sostakovic,
non solo per il suo futuro d'artista. Com'è noto, la ​première​ di quest'opera il 22 gennaio 1934 a Leningrado e
a Mosca riscosse un vistoso successo ma due anni dopo, inaspettatamente, la pubblicazione sulla ​Pravda​ (il
28 gennaio 1936) d'un articolo non firmato, ma probabilmente suggerito da Stalin ("Confusione invece di
musica") con la condanna dell'opera come "formalista", fece velocemente scomparire dalla programmazione
teatrale la ​Lady Macbeth​ ed anche il balletto ​L'onda limpida.​ Sostakovic dichiarò a Volkov: «Due attacchi
della Pravda in dieci giorni: era troppo per un uomo solo. Nessuno ebbe dubbi che sarei stato fatto fuori e
devo ammettere che il ricordo di quella prospettiva non mi ha più abbandonato». In conseguenza di quella
situazione e con la persistente accusa d'esser "un nemico del popolo", Sostakovic decise di non far più
eseguire la sua ​Sinfonia n. 4​, alla cui stesura aveva lavorato dal giugno 1935 al gennaio 1936,
completandone l'orchestrazione il 27 maggio in vista della ​première​ programmata alla Filarmonica di
Leningrado sotto la direzione di Fritz Stiedry. Ancora l'autore ricordò al riguardo: «Anche Stiedry era
spaventato a morte perché neppure lui sarebbe stato risparmiato». Quanto all'accusa di "formalismo" va
chiarito il significato del termine: «In arte il formalismo è l'espressione dell'ideologia borghese ostile al popolo
sovietico. Il partito non ha mai cessato di vigilare e combatte ogni manifestazione per quanto piccola di
formalismo. Contro coloro che fossero accusati di essere formalisti, l'autorità poteva far ricorso ad ogni sorta
di punizione, compresa l'eliminazione fisica».
Di per sé Sostakovic, scrivendo la ​Quarta Sinfonia​, un lavoro di proporzioni mahleriane e di linguaggio
avanzato, si era proposto di dar una risposta ai suoi detrattori in termini creativi, esaltando però certi aspetti
della propria arte che allora venivano posti sotto accusa. Nell'immediato, l'intervento di Stalin convinse
Sostakovic che la lotta era senza speranza ed allora si decise a sconfessare quel lavoro.
Ed in luogo della ​Quarta​ - che sarebbe stata conosciuta la prima volta solamente nel 1961, dopo il "disgelo"
kruscioviano - Sostakovic presentò la ​Quinta Sinfonia​. La stesura di questa composizione fu iniziata il 18
aprile 1937 e ultimata tre mesi più tardi, il 20 luglio: in particolare il ​Largo​ fu redatto in tre soli giorni. Secondo
il pensiero stesso dell'autore, il contenuto ideologico della ​Quinta​ fu reso esplicito con l'articolo pubblicato
sulla ​Vecernaja Moskva​ il 25 gennaio 1938, dal titolo "La mia risposta creativa": «II soggetto della mia
Sinfonia è il divenire, è la realizzazione dell'uomo. Perché è lui, l'individuo umano con tutte le sue emozioni e
le sue tragedie che io ho posto al centro della composizione». Più oltre Sostakovic aggiungeva: «II mio
nuovo lavoro può esser definito una sinfonia liricoeroica. La sua idea principale si fonda sulle esperienze
emozionali dell'uomo e sull'ottimismo che vince ogni cosa».
In privato, all'amico Volkov però Sostakovic confessava: «Non crederò mai che qua attorno vi siano ovunque
soltanto degli idioti. Può darsi che portino maschere, che preferiscano la tattica della sopravvivenza per poter
mantenere un minimo di decoro. Dopo la morte di Stalin tutti dicono: "Non sapevamo, non capivamo.
Avevamo fiducia in Stalin. Ma ci hanno ingannati, e quanto crudelmente". Quando ho a che fare con gente
che parla in questo modo, vado in bestia. Chi era a non capire, a sentirsi ingannato? Tutti quelli che hanno
applaudito la ​Quinta Sinfonia​ sembravano gente istruita, scrittori, compositori, attori. Non crederò mai che
uno che non capisce niente, possa apprezzare la ​Quinta.​ Certo che capivano, capivano quel che stava
succedendo attorno a loro e capivano di che trattava la Quinta Sinfonia».
Che i timori di Sostakovic nel 1936 non fossero infondati, se ne ha conferma nel prender in considerazione la
cerchia degli amici del musicista, la tragica fine che travolse letterati come Leopold Auerbach, Osip
Mandel'stam, Nikolaj Kljuev, Boris Pilnjak ecc. Parecchi scelsero la via di scampo di abiurare, sconfessare il
proprio operato, così come aveva fatto nel 1933 Nikolaj Bucharin: ma quest'ultimo, cinque anni dopo, fu
fucilato dopo un sommario processo. E proprio mentre Sostakovic attendeva alla stesura della ​Quinta
Sinfonia​ c'era stato l'arresto, poi il processo agli eroi della Rivoluzione d'ottobre: fra questi c'era un amico
carissimo di Sostakovic, il generale Michail Tuchacevskij, violinista dilettante e appassionato di musica, che
fu d'improvviso accusato di tradimento e senza indugi passato per le armi.
Mentre attendeva che la ​Quinta​ entrasse in programmazione, Sostakovic trovò nella famiglia qualche
sollievo: nel 1936 era nata la figlia Galina, due anni dopo Maxim. Nel 1937 assunse l'incarico di professore al
Conservatorio di Leningrado, prima con la cattedra di strumentazione, poi con quella di composizione. Aveva
anche deciso di variare i generi compositivi: e nel 1938 vide la luce il ​Quartetto per archi n. 1​ a cui diede il
sottotitolo di "Primavera".
La prima esecuzione assoluta della ​Quinta Sinfonia​ ebbe luogo a Leningrado il 21 novembre 1937, proprio
nel giorno celebrativo del ventennale della Rivoluzione d'ottobre, con la Filarmonica diretta da Evgenij
Mravinskij. La prima in Occidente si svolse il 14 giugno 1938 alla Salle Pleyel di Parigi, sul podio Roger
Désormière. Alla Radio americana il 9 aprile l'aveva presentata Arthur Rodzinsky. La partitura, pubblicata nel
1939, fu edita di nuovo con qualche ritocco alla scrittura strumentale nel 1961. L'organico, rispetto a quello
della ​Quart​a, è un po' ridotto, pur risultando molto articolato nel settore delle percussioni in rapporto a talune
peculiari screziature coloristiche e intensificazioni dinamiche.
Il primo movimento, ​Moderato,​ adotta la forma-sonata con due idee principali e due motivi secondari.
L'impronta meditativa dell'avvio è contraddistinta dall'austera frase puntata iniziale, esposta in canone
all'ottava dagli archi. Spetta al flauto suggerire la prima idea legata a una figura discendente. Del tutto
antitetico nella sua fisionomia lessicale è il secondo tema enunciato dai primi violini con una cantabilità
dolcemente lirica. Prima della transizione allo sviluppo fa la sua apparizione un motivo secondario che verrà
poi ripreso dal pianoforte assieme agli archi nel registro grave. Nell'intera elaborazione la dialettica esaspera
la contrapposizione del materiale tematico mentre nella ripresa è la seconda idea a tornare per prima nella
tonalità di re maggiore a canone tra flauto e corno. Il clima generale tende a scemare d'intensità e nella
coda, di proporzioni concise, ricompaiono alcune delle figure più significative sino alla dissolvenza
conclusiva.
In seconda posizione si ascolta lo Scherzo (​Allegretto)​ caratterizzato da quella sbrigatività, asciutta ed anche
un po' grottesca che diverrà una costante del sinfonismo di Sostakovic nella singolare sua pesante
scansione ritmica. Lo schema formale è A-B-A1-B1. Nella sezione iniziale si ascoltano due soggetti motivici
abbastanza affini nello slancio vigoroso mentre nella sezione successiva viene proposta una sorta di Trio,
con l'idea principale intonata dal violino solo in do maggiore sul soffice accompagnamento di arpe e pizzicati
dei violoncelli. Pure tale materiale viene poi coinvolto nel successivo incedere orchestrale dagli accenti
estroversi e bandistici. Dopo la ripresa della sezione "A" ricompare, in la minore, il motivo del Trio nel canto
dell'oboe, travolto infine dallo sberleffo conclusivo.
Il terzo movimento è un ​Largo​ in fa diesis minore dall'andamento lento e piuttosto libero: vi si individuano
almeno quattro motivi d'un certo risalto espressivo, per lo più improntati ad un'esplicita effusione lirica. Nel
commentarlo, Sostakovic scrisse: «II terzo movimento mi ha particolarmente soddisfatto: penso d'esser
riuscito a presentare un lento e costante processo evolutivo dall'inizio alla fine». Le prime due idee sono
avvolte da una serrata trama polifonica degli archi a otto parti: nel clima espressivo generale si può cogliere
il senso d'un commosso epicedio per le vittime del terrore staliniano. Intonata da un flauto appare la terza
idea mentre il quarto motivo è affidato all'oboe. Riprende vigore la trama polifonica per attingere un robusto
crescendo, al culmine del quale si ascolta la quarta idea in fortissimo proposta dai violoncelli all'acuto su un
prolungato tremolo al quale sono interessati anche i clarinetti nel registro grave.
Ritorna a questo punto in evidenza la terza idea intonata dai violini mentre per la struggente conclusione
Sostakovic fa riemergere il quarto tema nella rarefatta atmosfera delineata dagli armonici dell'arpa e della
celesta.
Il quarto movimento, ​Allegro non troppo​, esalta in maniera clamorosa il brusco effetto di contrasto con la
poetica conclusione del ​Largo.​ Risulta inequivoco il proposito di Sostakovic di far valere gli accenti più
vibranti nell'esaltazione dell'evento celebrativo. Scrisse, a guisa di commento, l'autore: «Mi è stato detto che
lo stile del quarto movimento è in qualche modo differente da quello degli altri tre. Devo però dire che non è
così perché, nel rispettare la principale idea dell'intero lavoro, il finale dà le risposte a tutte le domande
emerse nei tempi precedenti. La conclusione della ​Quinta​ offre cioè una soluzione ottimistica e gioiosa agli
episodi intensamente tragici degli altri tempi».
A differenza della dichiarazione pubblica, in privato Sostakovic comunicò a Volkov: «Ritengo sia chiaro a tutti
quel che "accade" nella ​Quinta.​ Il giubilo è forzato, è frutto di costrizione, esattamente come nel ​Boris
Godunov.​ È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: "II tuo dovere è di
giubilare, il tuo dovere è di giubilare" e tu ti rialzi con le ossa rotte, tremando, e riprendi a marciare,
bofonchiando: "II nostro dovere è di giubilare". Si può dunque definirla un'apoteosi quella della ​Quinta​?
Bisogna esser completamente sordi per crederlo. Fade'ev (che fu uno dei principali detrattori di Pasternak,
nella carica di primo segretario dell'Unione degli Scrittori, e che, dopo la denuncia dei crimini di Stalin fatta
da Kruscev, si suicidò) l'ha afferrato perfettamente e nel suo diario, scoperto dopo la morte, dice che il finale
della ​Quinta​ esprime l'irreparabilità della tragedia. Deve averlo avvertito con la sua anima di alcolizzato
russo».
Dal punto di vista formale, lo schema architettonico del quarto movimento è A-B-A1, nell'impiego di due idee
principali, ciascuna corredata da un motivo secondario che, per contrasto, è di stampo lirico. Con l'incalzante
alternarsi di accenti trionfalistici, squilli di strumenti a fiato, progressioni e intensificazioni d'estroversa
caratura espressiva, dall'​Allegro non troppo​ all'​Allegro​ e poi al ​Più mosso​, martellanti interventi delle
percussioni al vertice di crescendi d'impressionante potenza sonora, la ​Quinta​ sembra approdare
all'epidermica conclusione "ottimistica" preannunciata dall'autore. Ma d'improvviso Sostakovic cambia le
carte in tavola perché il parossismo fonico cede il campo ad una pausa di distensione, durante la quale il
corno intona la seconda idea ed i violini cantano una frase di stampo lirico, che preannuncia tra varie
modulazioni il quarto soggetto, esso pure distensivo. La serenità non si addice però alla ​Quinta​ e ben presto
riconquista il centro della scena la prima idea principale e la sezione "A1" dal re minore torna
perentoriamente al re maggiore per siglare l'intera composizione in un clima di emblematica enfasi retorica.
Luigi Bellingardi
Guida all'ascolto 3 ​(nota 2)
«Risposta pratica di un compositore a una giusta critica». Suona due volte tremendo il sottotitolo apposto da
Šostakovič alla ​Sinfonia n. 5 in re minore​, composta fra il 18 aprile e il 20 luglio 1937 a Leningrado ed
eseguita per la prima volta, sotto la direzione di Evgenij Mravinskij, dall'Orchestra Filarmonica di quella città il
21 ottobre 1937, nel giorno dell'anniversario del Ventennale della Rivoluzione. Tremenda è l'enunciazione in
sé, che sembrava ammettere che un compositore potesse fare ammenda per le opere che aveva creato (nel
caso di Šostakovič, ​Lady Macheth del distretto di Mszenk,​ stroncata un anno e mezzo prima dalla "Pravda"
con l'accusa di "formalismo" e di "caos cacofonico") e riabilitarsi agli occhi del regime con una sottomissione
ufficiale. Ma ancor più tremendo era il significato sottinteso a quella enunciazione: una sfida orgogliosa e
sprezzante all'ottuso richiamo all'ordine del potere, sotto la quale si celava una reazione rabbiosa e un'amara
coscienza critica.
L'opera di depistaggio messa in atto da Šostakovič a proposito della ​Quinta Sinfonia​ comincia dal sottotitolo
ma prosegue con le dichiarazioni sul programma che vi è sotteso: «Il nucleo ispiratore della mia Sinfonia è il
divenire, la realizzazione della personalità umana. Al centro della composizione, concepita liricamente da
capo a fondo, ho posto un uomo con tutte le sue emozioni e le sue tragedie; il Finale risolve gli impulsi del
primo tempo, e la loro tragica tensione, in ottimismo e in gioia di vivere». Queste parole bastarono per far
salutare la Sinfonia fin da suo primo apparire come l'emblema dell'ottimismo sfrenato e della fiducia nel
progresso imposti dall'avvento del regime stalinista. L'eminente scrittore sovietico Aleksej Tolstoj poté
affermare: «La ​Quinta​ è la 'Sinfonia del Socialismo'. Comincia con il Largo delle masse che lavorano
sottoterra, un 'accelerando' corrisponde alla ferrovia sotterranea: l'Allegro, poi, simboleggia il gigantesco
macchinario dell'officina e la sua vittoria sulla natura. L'Adagio rappresenta la sintesi della natura, della
scienza e dell'arte sovietica. Lo Scherzo rispecchia la vita sportiva dei felici abitanti dell'Unione. Quanto al
Finale, simboleggia la gratitudine e l'entusiasmo delle masse».
Bisognerà attendere la postuma ​Testimonianza​ raccolta da Solomon Volkov, uno dei documenti più
agghiaccianti e insieme problematici sulla storia della musica e della cultura durante l'epoca staliniana, per
comprendere quali fossero lo stato d'animo e la visione del compositore al momento della nascita
della ​Quinta Sinfonia:​ «Ritengo sia chiaro a tutti quel che 'accade' nella ​Quinta.​ Il giubilo è forzato, è frutto di
costrizione, esattamente come nel ​Boris Godunov​. È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e
intanto ti ripetesse: 'Il tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di giubilare. . .', e tu ti rialzi con le ossa rotte,
tremante, e riprendi a marciare bofonchiando: 'Il nostro dovere è di giubilare, il nostro dovere è di giubilare...'
Si può dunque definirla un'apoteosi, quella della Quinta? Bisogna essere completamente sordi per crederlo».
Pare di ascoltare, per restare nel tema di questo concerto, l'eco amplificata di un Lied di Mahler.
Come in Mahler, sia pure con caratteri storicamente e idiomaticamente diversi, anche la musica di
Šostakovič sembra rappresentare un destino: l'irreparabilità della tragedia. La facciata esterna, levigata,
dell'orchestrazione (limpida nonostante il gran numero di strumenti convocati, con l'aggiunta di tutte le
percussioni, pianoforte compreso), il rigore della forma-sonata classica e l'economia dei quattro movimenti
tradizionali (ma con tempo lento e Scherzo invertiti di posto) faticano a contenere l'urgenza simbolica dei
temi e la violenza catastrofica delle sonorità, ma soprattutto ad alleviare il profondo dramma umano che, con
accenti fortemente interiorizzati, vi si svolge. In altri termini, la logica formale che governa tutto il tessuto
compositivo garantendo strette connessioni fra le varie sezioni, il solido bitematismo su cui si fonda il primo
movimento e il rilievo che vengono ad assumere le smorfie sardoniche e l'effusione lirica prima del finale
trionfale, non riescono a soffocare la vena tragica e desolata, le taglienti e angolose durezze di questo
affresco grandioso e apocalittico.
Il contrasto tra apparenza e realtà si realizza in tutta evidenza nel Moderato iniziale. Un tema degli archi in
forma di canone, che ricorda il soggetto della ​Grande Fuga op. 133​ di Beethoven, conferisce un carattere
arcaico, quasi sovratemporale, al tortuoso cromatismo nelle cui spire si contorce. Il secondo tema,
presentato dai violini primi su un'uniforme fascia accordale in ritmo di marcia funebre degli altri archi,
introduce un'atmosfera mitemente lirica: ma il significato di contemplativa, estranea fissità di questa oasi
lirica è ribadito dalla tonalità lontana dal re minore d'impianto, prima mi bemolle minore e poi mi maggiore.
Gli ingannevoli profili classici di questo movimento precipitano ben presto in tragedia, annunciata dal
pianoforte in un clima di montante parossismo sonoro. Il tema iniziale viene sommerso armonicamente, si
abbatte, sprofonda, esaspera il contrasto con il secondo tema sino a raggiungere il culmine dell'intensità
drammatica. Poi tutto rapidamente si arena per lasciar spazio alla ripresa, in una tensione gravemente
rilassata. La conclusione è attonita, sospesa tra la melodia spettrale dell'ottavino e i tocchi assorti della
celesta.
Il secondo tempo è un vigoroso ​Allegretto​ in forma di Scherzo, nella tonalità di la minore e di chiarissima
struttura tripartita. L'esordio marcato di violoncelli e contrabbassi instaura subito il tono espressivo generale,
che ricorda quello dei ​Ländler​ stravolti di Mahler, con qualche effetto bandistico più pronunciato, forse
intenzionalmente caricaturale. Anche qui l'ambiguità (o meglio la duplicità) predomina, suggerendo ora uno
struggente ripiegamento nostalgico, ora un brutale sogghigno liberatorio. L'ironia diviene disperata, acre, alla
fine quasi sarcastica.
Segue un ​Largo​ di trasognata cantabilità, in fa diesis minore e tutto dominato dalle sonorità degli archi.
Šostakovič lo considerava il movimento più riuscito, nel quale aveva ottenuto di «costruire un tempo che
evolve in modo progressivo dall'inizio alla fine». Nella sua forma aperta si susseguono, in un fitto intreccio
polifonico, quattro diverse idee tematiche, tutte di affine carattere lirico, che si completano a vicenda senza
contrasti, dando all'insieme un senso di compattezza e di flessibilità. Più elegiaco che mesto, pensoso più
che serioso, questo movimento è anche il più personale della Sinfonia, quello nel quale il furore represso si
stempera in una specie di commossa sublimazione del dolore. È un momento di introspezione e di pietà,
forse un atto di sincera devozione alle ragioni ideali della musica, oltre le contingenze della storia.
La Sinfonia si conclude con un finale ​Allegro non troppo​ in re maggiore, in cui i toni appariscenti, positivi e
ottimistici, giungono a effetti roboanti. Secondo l'autore il finale della Sinfonia doveva dare «una risposta
ottimistica e gioiosa agli episodi intensamente tragici dei movimenti precedenti». Ma la soluzione che
propone è una risposta ansiosa e dubbiosa a interrogativi che rimangono tutto sommato insoluti: anzi,
riaffermati. Il giubilo che la pervade non è soltanto stridente, ma anche troppo platealmente esibito per
essere vero. È, intenzionalmente, l'ottimismo del vacuo e del retorico. Ed è dunque qui che l'irreparabilità
della tragedia tocca il suo apice: nella costrizione a doversi fingere a tutti i costi entusiasta, e nel far capire,
dietro l'apparenza di un'enfasi convenzionale, quasi volgare, tutto il dramma e la protesta per questa
condizione. Il pubblico al quale Šostakovič si rivolgeva avrebbe compreso il messaggio in codice della
Sinfonia? Certo che l'avrebbe compreso, avrebbe capito quel che stava succedendo attorno a loro e capito
di che trattava la ​Quinta Sinfonia.​ Questo, non il compromesso, era il senso del mascheramento.
Nel vortice di un conflitto di proporzioni immani, la musica di Šostakovič ci insegna l'arte umanissima del
sopravvivere alle utopie con un minimo di decoro, e la necessità di lottare lucidamente con ogni mezzo,
anche con il parziale sacrificio di sé, per tenere in vita la speranza.
Sergio Sablich
Guida all'ascolto 4 ​(nota 3)
Musicista precocissimo (a vent'anni aveva prodotto quel piccolo gioiello della «Prima Sinfonia») e assai
generoso di note, Sciostakovic, per la prodigiosa capacità assimilativa, pareva avviato in gioventù sulla
strada dell'eclettismo stravinskiano. Nello stesso tempo permanevano in lui elementi strutturali cari al
sinfonismo post-romantico europeo, ai quali rinunciava mal volentieri, malgrado all'interno di essi fossero
evidenti segni di insofferenza e di sfaldamento formale, riconducibili alla lezione di Mahler. E a Malher, con
alle spalle il gusto del grandioso caro a Strauss e a Wagner, Sciostakovic guardò in modo affatto personale.
Naturalmente la figura del musicista sovietico assai complessa come diverse sono le direttrici che segnano il
suo cinquantennale arco compositivo, teso fra la raffinatissima e disincantata «Sachlichkeit» dei quartetti e di
alcuni mirabili nuclei cameristici — particolarmente individuabili all'interno delle ultime sinfonie — alla, perfino
insopportabile, magniloquenza di taluni quadri orchestrali: autentici «murales» da leggersi in chiave
storico-politica essendo legati alla specifica situazione del proprio paese. Situazione, come si sa, che aveva
raggiunto negli anni trenta momenti drammatici e contraddittori: l'eterno scontro dell'intellettuale con il potere
costituito, il tacito assenso alle istituzioni, pena l'isolamento e l'emarginazione, il cedimento, alla fine, verso
linee culturali ufficialmente riconosciute. In questi termini, secondo i severi censori, non rientravano opere
quali «Lady Macbeth» e il balletto «Limpido fiume», di lettura troppo complicata e addirittura moralmente
inaccettabile. Tutto questo accadeva fra il 1930 e il 1934. Il musicista, richiamato all'ordine, sentì allora il
bisogno di un immediato riscatto, offeso anche nella sua profonda coscienza di uomo politico e di
democratico. Nacque cosi la «Quinta Sinfonia», pietosamente definita da lui stesso «Naturale risposta di un
artista sovietico ad una giusta critica». L'occasione era propizia: cadeva giusto il ventennale della
Rivoluzione e l'opera doveva costituire una sorta di omaggio musicale a quella significativa data. La
«Quinta», eseguita puntualmente nel 1937, riscosse un consenso unanime e ancor oggi gode di grande
fortuna. Una fortuna, peraltro, malgrado i condizionamenti del caso, tutt'altro che immeritata rispecchiando
quel caratteristico «stile lirico», che contrassegna la maturità artistica del compositore: lo stile del «Quintetto
per pianoforte», del «Trio con pianoforte», della successiva «Settima», «Ottava» e «Nona» Sinfonia.
Scritta per un vasto organico, la «Quinta» si avvale dell'aggiunta di arpe, pianoforte e celesta e, nell'insieme,
strutture e moduli sintattici prediligono il quieto vivere di una classicità, rivissuta secondo gli schemi cari a
tanta produzione del primo dopoguerra: vale a dire sapienti intrecci polifonici, strumentazione abilmente
elaborata, sicurezza e fluidità di scrittura.
Il primo tempo, «Moderato» in 4/4, si articola in tre parti: due ampi Adagi che racchiudono un crescendo
fortemente ritmato (alla Marcia) annunciato dal pianoforte e dagli ottoni e sottolineato da un pizzicato degli
archi. L'ombra di Mahler si estende lungo questa sezione intermedia lasciando un piccolo spazio, nel finale,
al Prokofiev del «Nievski». Quindi riaffiora il suggestivo tema melodico annunciato nella prima parte e che
era stato affidato agli archi.
Il successivo «Allegretto» in 3/4, svolto in forma di Scherzo-Valzer, ha una scrittura piana e trasparente. I
chiari accenti popolareschi rivelano l'adesione di Sciostakovic alle nuove direttive estetiche, di cogliere, cioè,
alle radici nazionali della cultura musicale russa, evidenziandone al massimo i caratteri. I risultati sono
abbastanza tiepidi se si pensa, ad esempio, alla forza, davvero rigenerata, di tali operazioni in Bartók.
Un vasto «Adagio» in 4/4 apre il terzo tempo. I ricordi mahleriani si intrecciano ancora una volta con
Prokofiev («Giardini d'inverno»). Affiora, in questa sezione, la personalità più autentica di Sciostakovic, le
sue suggestioni letterarie per le brumosità nordiche, il suo lirismo indefinito e trasparente.
Il conclusivo «Allegro ma non troppo», pure in 4/4, inizia con una marcia e utilizza materiali tematici del
primo e del terzo movimento. I colpi della percussione introducono la parte finale che si risolve in una
gigantesca fanfara, basata sulla trasformazione del tema che apre il finale con un pieno orchestrale.
Marcello De Angelis

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