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Lindau s.r.l.
corso Re Umberto 37 - 10128 Torino
A cura di
Ines Testoni, Guidalberto Bormolini,
Enzo Pace, Luigi Vero Tarca
Prefazione di
Emanuele Severino
Postfazione di
Marco Vannini
Introduzione
di Emanuele Severino
non sia ancora e che quindi, nascendo, essi escano dal nulla
e divengano enti. Il pensiero ontologico-filosofico estende
poi a ogni ente questo senso estremo del diventar altro e da
altro − il senso che in relazione al mancato ritorno dei morti
esprime la delusione angosciata per quelli amati e il sollievo
per quelli odiati e temuti. (È dunque perché si crede di con-
statare che i morti non ritornano più che il loro mancato ri-
torno viene spiegato incominciando a pensare che essi sono
diventati nulla. Non viceversa.)
11. − Ma oltre al senso sin qui indicato della follia del di-
ventar altro, la dimensione alla quale da gran tempo i miei
scritti si rivolgono − e che essi chiamano destino della verità,
prefazione 29
di Ines Testoni
Introduzione
1
Emanuele Severino, La filosofia futura, Rizzoli, Milano 1989, pp. 281-2.
discesa dal calvario… 37
degli episodi più celebri del Bhagavadgītā, il Canto del Beato. Po-
chi altri testi stanno all’altezza di questo». In che modo il dio
allontana l’angoscia da Arjuna? Sorridendo gli mostra la verità.
Gli dice: «Mai ci fu un tempo in cui io e tu e ognuno di questi
principi non eravamo; né vi sarà un tempo in cui non saremo
[…]. Chi pensa di poterlo uccidere non discerne la verità […].
Combatti dunque e uccidi!».
2
René Girard, La violence et le sacré, 1972 [trad. it. La violenza e il sacro, a
cura di Ottavio Fatica e Eva Czerkl, Adelphi, Milano 1980]. Id., Le bouc
émissaire, 1982 (trad. it. Il capro espiatorio, Adelphi, Milano 1987).
3
Rudolf Otto, Das Heilige, Über das Irrationale in der Idee des Göttlichen und
sein Verhältnis zum Rationalen, 1917 (trad. it. Il sacro. L’irrazionale nella idea del
divino e la sua relazione al razionale, Zanichelli, Bologna 1926, 2006, ed. SE).
38 I. testoni
4
Friedrich Schleiermacher, Reden über die Religion, 1799, Monologen, 1800
(trad. It. Discorsi sulla religione e Monologhi, Sansoni, Firenze 1947).
5
Ines Testoni, L’ultima nascita, Bollati Boringhieri, Torino 2015. Id., Il dio
cannibale, Utet, Torino 2001.
discesa dal calvario… 39
1. Salita al calvario
6
Il quadro, che porta come titolo Salita al Calvario, è conservato al Kunsthi-
storisches Museum di Vienna. A questa opera si è ispirato il film di Lech
Majewski The Mill and the Cross [Il mulino e la croce], la cui trasposizione
in italiano porta come titolo I colori della passione, il quale trae ispirazione
dall’omonimo libro del critico d’arte Michael F. Gibson, anche autore, as-
sieme a Majewski, della sceneggiatura.
discesa dal calvario… 41
7
Emanuele Severino, Il destino della tecnica, Rizzoli, Milano 1998 (nuova
ed., 2009).
discesa dal calvario… 43
8
Sigmund Freud, Una difficoltà della psicoanalisi, 1916, in Opere, Vol. VIII,
Bollati Boringhieri, Torino 1989, pp. 657-664.
44 I. testoni
9
Ludwig Feuerbach, Das Wesen der Religion, 1846 (trad. it. L’essenza delle
religione, Laterza, Roma-Bari 2003).
10
Ludwig Feuerbach, Theogonie nach den Quellen des classischen hebräischen
und christlichen Althertums, 1857 (trad. it. Teogonia secondo le fonti dell’anti-
chità classica, ebraica e cristiana, Laterza, Roma-Bari 2010).
discesa dal calvario… 45
11
Karl Marx, Zur Kritik der Hegelschen Rechts-Philosophie, 1943 (trad. it. Per
la critica della filosofia hegeliana del diritto di Hegel, Editori Riuniti, Roma
1969).
46 I. testoni
12
Charles Darwin, Autobiography, 1958 (trad. it. Autobiografia, Torino, Ei-
naudi 2006, «Opinioni religiose», p. 70). Id., The descent of man and selection
in relation to sex, 1871 (trad. it. L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col
sesso, 1871, trad. it. a cura di M. Lessona, Barion, Milano 1926, pp. 109-
110).
discesa dal calvario… 47
13
Giordano Bruno, Spaccio de la bestia trionfante, 1584, copia anastatica, Isti-
tuto Suor Orsona Benincasa, Napoli 1994, p. 159.
48 I. testoni
14
Sigmund Freud, L’avvenire di un’illusione, 1927, in Opere, Vol. X, Bollati
Boringhieri, Torino 1980, pp. 431-485.
15
William Golding, The lord of flies, 1952 (trad. it. Il signore della mosche,
Mondadori, Milano 2007).
16
American Psychological Association, APA resolutions on religious, reli-
gion-based and/or religion-derived prejudice. Retrieved August 2015, https://
www.apa.org/about/policy/religious-discrimination.pdf
17
American Psychological Association, Ethical principles of psychologists
and code of conduct, Washington DC, 2002. American Psychological As-
sociation Council of Representatives, Resolution on hate crimes, Washing-
ton DC, 2005. American Psychological Association Council of Represen-
tative, Resolution on prejudice, stereotypes, and discrimination, Washington
DC, 2006.
50 I. testoni
18
Gordon W. Allport, The individual and his religion, Macmillan, New York
1950. Id., The nature of prejudice. Reading, Addison-Wesley, Boston 1954. Id.
et al. Personal religious orientation and prejudice, «Journal of Personality and
Social Psychology», n. 5, 1967, pp. 432-443.
19
Bob Altemeyer, Enemies of freedom: Understanding right-wing authoritari-
anism, Jossey-Bass, San Francisco 1988. Id., Why do religious fundamental-
ists tend to be prejudiced? «International Journal for the Psychology of Reli-
gion», n. 13, 2003, pp. 7-28.
20
Michael J. Donahue, Intrinsic and extrinsic religiousness: Review and meta-
analysis, «Journal of Personality and Social Psychology», n. 48, 1985, pp.
400-419. Id., Religion, attitudes, and social behavior, in Raymond F. Paloutiz-
ian, Crystal L. Park (a cura di), Handbook of the psychology of religion and
spirituality, Guilford Press, New York 2005, pp. 274-291.
21
Lee Kirkpatrick, Evolutionary psychology: An emerging new foundation for
the psychology of religion, in Raymond F. Paloutizian, Crystal L. Park (a
cura di), Handbook of the psychology of religion and spirituality cit., pp. 101-
119.
discesa dal calvario… 51
22
Sheldon Solomon et al., A terror management theory of social behavior: The
psychological functions of self-esteem and cultural worldviews, «Advances in
experimental social psychology», n. 24, 1991, pp. 159-168. Ernest Becker,
The denial of death, Free Press, New York 1973.
23
Tom Pyszczynski et al., Mortality Salience, Martyrdom, and Military Might:
The Great Satan Versus the Axis of Evil, «Personality and Social Psychology
Bulletin», n. 32, 2006, pp. 525-537. Tom Pyszczynski et al., Terrorism, Vio-
lence and Hope for Peace. A Terror Management Perspective, «Current Direc-
tions in Psychological Science», n. 17, 2008, pp. 318-322.
24
Jamie Arndt et al., Subliminal exposure to death-related stimuli increases de-
52 I. testoni
26
Ines Testoni, L’ultima nascita cit.
discesa dal calvario… 55
di Enzo Pace
Introduzione
1
Per una più ampia trattazione di tale approccio rinvio a Enzo Pace, Reli-
gion as Communication, Farnham-Ashgate, Surrey-Burlington 2011.
64 e. pace
2
Sul nesso religione e memoria v. Danièle Hervieu-Léger, La religion pour
mémoire, Cerf, Paris 1993 (trad. it.: Religione e memoria, Il Mulino, Bologna
1996).
3
Mi rifaccio a Maurice Halbwachs, Les cadres sociaux de la mémoire, Alcan,
Paris 1925.
66 e. pace
4
V. René Girard, La violence et le sacré, Grasset, Paris 1972 (trad. it.: La
violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980) e Guy G. Stroumsa, La fine del
sacrificio, Einaudi, Torino 2006.
5
V. Max Weber, Economia e società, Edizioni di Comunità, Milano 1983.
6
Dobbiamo al filosofo Leibniz la nozione di cui stiamo parlando.
68 e. pace
7
V. Ramakrishna, The Gospel of Sri Ramakrishna, Ramakrishna Vivekananda
Center, New York 1972, p. 421.
morire vivendo 69
8
V. Enzo Pace, Raccontare Dio. La religione come comunicazione, Il Mulino,
Bologna 2008.
9
Cit. in Solange Thierry, Le constat bouddhiste, in Frédéric Lenoir, Ysé Tra-
dan-Masquelier (a cura di), Encyclopédie des religions, Bayard, Paris 1977,
p. 1731.
72 e. pace
1. Morire danzando
Bari 1990.
morire vivendo 73
11
Per una sintesi su queste diverse vie resta insuperato il testo di J. Spen-
cer Trimingham, The Sufi Orders in Islam, Oxford University Press, Oxford
1998 (trad. it.: Gli ordini sufi nell’islam, Besa Editrice, Nardò 2007, tradu-
zione e introduzione di Guglielmo Zappatore). Si veda, per un’aggiornata
mappa delle vie sufi, Alexandre Popovic, Gilles Veinstein (a cura di), Les
voies d’Allah, Fayard, Paris 1996.
74 e. pace
E tutto quel che vaga sulla terra perisce (fānin), e solo resta
(yabqā) il Volto del Signore, pieno di potenza e di Gloria. 13
Il quarto saluto rinvia all’idea del ritorno dal viaggio ce-
leste in terra, l’accettazione della condizione finita e precaria
dell’essere umano, la materialità del vivere dopo l’ebbrezza
mistica. Il derviscio così, termina il suo viaggio, ed è «morto
prima di morire». La cerimonia si chiude, a questo punto,
con i dervisci che hanno interrotto all’unisono e all’improv-
viso la loro vorticosa danza, con l’attacco di un’ultima ses-
sione musicale: essa consiste nella recita di alcuni versetti
del Corano, compresa la prima sura (quella «che apre» il Co-
rano) e in una preghiera cantata per tutti i profeti (compresi
13
Corano, sura 55, vv. 26-27, versione a cura di A. Bausani, Rizzoli, Milano 1994.
morire vivendo 79
2. Vedersi morto
14
V. Storie di santi e diavoli. Dialoghi, Milano, Mondadori, 2005, 2 voll.
15
Paolo di Tarso, Prima Lettera ai Corinzi (10,31), Edizioni San Paolo, Cinisello
Balsamo 1998.
16
Ignazio di Loyola, Roberto Calasso (a cura di), Il racconto del pellegrino.
Autobiografia, Adelphi, Milano 1966.
17
V. Ignazio di Loyola, Esercizi spirituali, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo
morire vivendo 81
via ridurre del tutto alle ragioni del mondo. Ignazio in tal
mondo sembra, per un verso, prossimo alla spiritualità de-
gli alumbrados e, per un altro, non lontano dall’etica calvi-
nista. Egli sembra quasi a cavallo fra Riforma protestante e
Controriforma cattolica.
Gli alumbrados (letteralmente, gli illuminati), difatti, fa-
cevano parte di un movimento mistico, a maglie larghe e
poco strutturato, diffusosi nella Spagna fra ’600 e ’700. I
vari rappresentanti di tale movimento – fra cui personaggi
di spicco come Teresa d’Avila e Giovanni della Croce – so-
stenevano la possibilità di raggiungere un livello estatico,
grazie al quale contemplare Dio: un’illuminazione donata
dallo Spirito Santo che rendeva le persone toccate da questa
grazia, impeccabili (santi). Per queste idee l’Inquisizione spa-
gnola sottopose a ripetute indagini sia Teresa che Giovanni
e, per un certo periodo, accusò anche Ignazio di far parte di
tale movimento. Giovanni della Croce (1542-1591), parlava
di contemplazione, infusa direttamente dall’intervento divino.
Tale condizione estatica consentiva al contemplante di avere
una visione semplice ed essenziale della verità assoluta e
della caducità delle realtà mondane.
Ignazio, inoltre, pur essendo uomo della Controriforma
cattolica, sembra per alcuni aspetti non lontano dalle idee
di Calvino. Del resto, attorno agli stessi anni in cui Calvino
torna a Ginevra, nel 1541, per dare forma a un modello di
città-di-Dio in terra, Ignazio vede approvati i suoi Esercizi
spirituali da papa Paolo III. Fra i due non ci furono contat-
ti, ma è sorprendente costatare come in entrambi si faccia
strada un’idea, tutta moderna, della santificazione come ac-
cordo fra giustizia divina e obbedienza a una vocazione
(a una chiamata) che porta un credente a vivere la propria
vita (professionale) come se Dio stesso l’avesse chiamato a
84 e. pace
fare ciò che egli fa. Perciò tutto ciò che facciamo di buono,
è un dono di Dio che è dato a vantaggio non del credente
solo davanti a Lui, ma degli altri e dell’ordine del creato,
ad majorem Dei Gloriam. Sin qui alcune analogie fra Ignazio
e Calvino.
Molto più vicino mi sembra, invece, il metodo ignaziano
di apprendere il senso del vivere imparando a guardare la
vita in punto di morire, a quello sperimentato da Giovanni
della Croce: per quest’ultimo, infatti, per cogliere l’essenza
dell’essere, occorre sperimentare le tenebre, la notte, il nul-
la. Come Giovanni, Ignazio negli Esercizi accompagna una
persona lungo un cammino d’iniziazione alla contempla-
zione del senso autentico del vivere e del nesso altrettanto
autentico che la vita ha con il morire. Un itinerario che serve
a fare un’esperienza più che a imparare astrattamente del-
le dottrine di fede, un’esperienza noetica, come la definisce
William James 19. Chi arriva a questo stadio non sente solo
qualcosa, ma si apre a una conoscenza illuminante, in base
alla quale l’orientamento del senso dell’agire individuale e
sociale muta, cambia di segno.
Per giungere a varcare tale soglia, Ignazio, come altri
maestri spirituali hanno insegnato, ricorre alla tecnica
dell’orazione. Egli raccomanda, infatti, al discepolo di ri-
gettare le sensazioni esterne, attraverso graduali esercizi
e sforzi volti a sollecitare l’immaginazione. Immaginare
sensazioni non ordinarie o immedesimarsi nelle sensazio-
ni provate da Cristo in croce, aiuta il discepolo a trovare
il modo di gustare la morte e il morire senza morire, in
and Co., New York 1902 (trad. it.: Le varie forme dell’esperienza religiosa,
Morcelliana, Brescia 1998).
morire vivendo 85
20
Che Ignazio abbia avuto esperienze mistiche, del resto, è noto, così
come risultano dalle sue lettere a padre Lainez. V. Daniello Bartoli, His-
toire de Saint Ignace de Loyola d’après les Monuments originaux, Société de
Saint’Augustin, Bruges 1893.
21
V. su questo tema gli studi fondamentali di Hans Jonas, The Gnostic Re-
ligion, Beacon Press, Boston 1972 (trad. it. Lo gnosticismo, SEI, Torino 1991)
e Filoramo, Il risveglio della gnosi cit.
86 e. pace
smo, come avviene con Mani e la sua setta nel III secolo
dopo Cristo.
Hans Jonas 22, che ha dedicato al tema un ponderoso lavo-
ro, ha sostenuto giustamente che lo gnosticismo non è un’ac-
cozzaglia di elementi diversi, un sincretismo spurio e senza
identità, ma una vera e propria tendenza religiosa con una
propria interna coerenza e con una precisa identità. Ciò che,
infatti, secondo l’autore, caratterizza tale tendenza è l’idea
di salvezza tramite la conoscenza. Non però orientata a un
oggetto né tanto meno frutto di una rivelazione dall’alto. La
conoscenza salva di per sé, quando si offre come via per su-
perare le dicotomie alienanti: fra l’io e il mondo esteriore, fra
l’essere umano e Dio, fra mente e corpo. La sofferenza che
tali dicotomie suscitano, generando un senso di alienazione
interiore, diventa nello gnosticismo l’avvio di un cammino
di conoscenza iniziatica (per gradi sino all’illuminazione fi-
nale) che alla fine conduce al superamento dell’alienazione
stessa. Illuminarsi significa perciò ritrovarsi con sé stessi, in
armonia fra mente, corpo e spirito.
Tale prospettiva spirituale ha preso forma in varie reli-
gioni, in particolare in una rete di gruppi e movimenti nati
e diffusisi fra il I e il III secolo d.C. in ambiente ellenistico
e cristiano. Ciò che ci interessa richiamare, osservando tali
movimenti, è l’idea della salvezza come processo di auto-
risveglio spirituale e di auto-redenzione, che può avvenire
sotto la guida un maestro di grazia. Nell’antichità il movi-
mento più importante è rappresentato dalla setta di Mani,
mentre in epoca medioevale dalla setta dei Catari. In epoca
moderna, infine, lo gnosticismo riaffiora nel romanticismo
tedesco, mentre forme di neo-gnosticismo si possono tro-
22
Jonas, Lo gnosticismo cit., p. 51.
morire vivendo 87
23
V. Filoramo, Il risveglio della gnosi cit., p. 35-42.
24
V. sul tema Luigi Berzano, New Age, Il Mulino, Bologna 1999 e dello stes-
so autore Spiritualità senza Dio?, Mimesis, Milano 2014. Si vedano, inoltre,
Carla Bertolo, Soggettività e yoga, Unipress, Padova 2013 e Enzo Pace, Una
religiosità senza religioni, Guida, Napoli 2015.
25
Si tratta di uno dei molti testi classificati dalla Chiesa primitiva come
apocrifi. Il testo in lingua copta è stato rinvenuto nel 1945 a Nag Hamma-
di in Egitto. Risalirebbe, secondo gli studiosi, al 140 d.C. Riflette idee pro-
prie degli ambienti gnostico-cristiani. Questo testo era tenuto in grande
considerazione da Mani e la sua setta. Per la lettura del testo rinvio a Mat-
teo Grasso, Vangelo secondo Tommaso. Introduzione, traduzione, commento,
Carocci, Roma 2011. Per un’ampia trattazione e introduzione ai vangeli
apocrifi v. Marcello Craveri, I vangeli apocrifi, Einaudi, Torino 1969.
88 e. pace
26
Su tale movimento v. Kurt Rudolph, Il mandeismo, in Giovanni Filoramo
(a cura di), Storia delle religioni, Einaudi, Torino 1995 e Aldo Magris, Il
manicheismo. Antologia di testi, Morcelliana, Brescia 2000.
morire vivendo 89
27
V. sul tema Edmondo Lupieri, Fra Gesù e Cristo, in Giovanni Filoramo,
Daniele Menozzi (a cura di), Storia del cristianesimo, Laterza, Roma-Bari
1997 e Adriana Destro, Mauro Pesce, Antropologia delle origini cristiane, La-
terza, Roma-Bari 2004. Per una lettura sociologica del fenomeno rinvio a
Enzo Pace, Il carisma, la fede, la chiesa. Introduzione alla sociologia del cristia-
nesimo, Carocci, Roma 2012.
90 e. pace
29
V. Mario Cardano, Lo specchio, la rosa e il loto, Seam, Roma 1997, p. 65. Si
vedano anche Luigi Berzano, Damanhur, popolo e comunità, Elledici, Leumann
1995; Massimo Introvigne, Damanhur. A Magical Community in Italy, in Bryan
Wilson, John Cresswell (a cura di), New Religious Movements, Routledge, Lon-
don 1991, pp. 183-194; Maria Immacolata Macioti, Michele Del Re, Comunità
spirituali del XXI secolo, Aracne, Roma 2013; Enzo Pace, Damanhur de la religion
à la politique, in «Ethnologie Française», n. 4, 2004, pp. 575-590.
94 e. pace
Conclusione
30
V. Sigmund Freud, Die Zukunft einer Illusion, Internationaler Psychoana-
lytischer Verlag, Leipzig 1927 (trad. it: L’avvenire di una illusione, Bollati
Boringhieri, Torino 1990).
Negazione della morte
Scenari della vita umana nel tempo dell’immortalità
1
Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Enciclopedia delle scienze filosofiche in com-
pendio (1830) (trad. it. Benedetto Croce, Laterza, Bari 1967, §§ 375-376: δ)
La morte dell’individuo da sé stesso, p. 342.
100 L. V. Tarca
2
«[…] la morte per noi non è nulla: giacché ogni bene e male è nel senso,
e la morte è privazione di senso.», Epicuro, Lettera a Meneceo, in Scritti
morali, introduzione e traduzione di Carlo Diano, ed. a cura di Giuseppe
Serra, testo greco a fronte, Rizzoli, Milano (1987) 20049, pp. 50-61, p. 51.
negazione della morte 101
3
Anselmo d’Aosta, Proslogion, ed. italiana a cura di Lorenzo Pozzi, Rizzo-
li, Milano 1992.
102 L. V. Tarca
4
Anselmo d’Aosta, Proslogion cit., pp. 124 (latino) e 125 (italiano).
5
Ivi, cap. XXVI, p. 154.
6
Ludwig Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus (1922 [1921 con il ti-
tolo Logisch-Philosophische Abhandlung]), ed. it. a cura di A. G. Conte con
testo originale a fronte, Einaudi, Torino 1989, aforisma 6.4311, p. 171.
7
Ivi, aforisma 6.431, p. 171; ho tradotto «auhfört» con «cessa» invece che
con «termina».
8
Ivi, aforisma 6.521, p. 173; nella traduzione ho sostituito «risoluzione»
con «soluzione».
9
Martin Heidegger, Essere e tempo (1927), trad. it. di P. Chiodi, UTET
(1969), 19862, p. 388.
10
Ivi, p. 383.
negazione della morte 103
11
Ivi, p. 378.
104 L. V. Tarca
12
Ho approfondito questo tema nel saggio: La trappola del dolore e le vie del-
la liberazione, in Matteo Bianchin, Mauro Nobile, Luigi Perissinotto, Mario
Vergani (a cura di), La vita nel pensiero. Scritti per Salvatore Natoli, Mimesis,
Milano-Udine 2014, pp. 457-477.
106 L. V. Tarca
13
Martin Heidegger, Essere e tempo cit., p. 398.
14
Ludwig Wittgenstein, Tractatus cit., aforisma 6.43, p. 171.
15
Frase attribuita al profeta Osea (Os 13,14), ripresa da san Paolo (1 Cor
15,54-55), e così riportata da Girolamo nella Vulgata.
negazione della morte 107
16
Aristotele, Met. I 982b11-17.
negazione della morte 109
17
Questo è il cuore del pensiero di Emanuele Severino, che indica nella
persuasione che le cose possano diventare altro da quello che sono, fino
a diventare quell’estremo altro che è il loro non essere, la follia essenziale
che il pensiero e la civiltà occidentali stanno portando alle estreme conse-
guenze. Le opere filosofiche fondamentali di Severino sono pubblicate da
Adelphi, Milano; tra queste si ricordano, qui: La struttura originaria (1958)
(1981), Essenza del nichilismo (1980), Destino della necessità (1980), Tautótēs
(1995), La Gloria (2001), Oltrepassare (2007), La morte e la terra (2011). Per
una lettura di fenomeni connessi alla tematica di questo saggio ispirata
alla filosofia di Severino si può vedere Ines Testoni, Autopsia filosofica. Il
momento giusto per morire tra suicidio razionale ed eternità, Apogeo, Milano
2007.
18
Questo è il tema che emerge dalla mia filosofia, rispetto alla quale mi
limito qui a ricordare: Differenza e negazione. Per una filosofia positiva, La
Città del Sole, Napoli 2001; La filosofia come stile di vita. Introduzione alle
pratiche filosofiche, Bruno Mondadori, Milano 2003 (scritto con Romano
Màdera); Quattro variazioni sul tema negativo/positivo. Saggio di composizio-
ne filosofica, Ensemble ’900, Treviso 2006. Chi di negazione ferisce… L’unico
argomento possibile per una confutazione della verità inconfutabile, in Marco
Simionato, Luigi Vero Tarca (a cura di), A partire da Severino. Saggi di onto-
logia e metafisica, Aracne, Roma 2015.
110 L. V. Tarca
19
Su questo si può vedere il mio saggio Lo spirito della tecnica: dal potere
all’onnipotere, in Gianluigi Pasquale (a cura di), Ritorno ad Atene. Studi in
onore di Umberto Galimberti, Carocci, Roma 2012, pp. 389-397.
negazione della morte 111
20
E sarebbe allora interessante chiedersi che cosa significhi questo «essere
a portata di mano» pensandolo in riferimento alla coppia heideggeriana
Zuhanenheit/Vorhandenheit.
112 L. V. Tarca
Milano 1991.
negazione della morte 117
22
Su questo si può vedere il mio saggio Il privilegio della negazione. Un
percorso interculturale tra Oriente ed Occidente, in Leonardo Marcato (a cura
di), Forme della negazione, Mimesis, Milano-Udine 2015, pp. 81-99.
118 L. V. Tarca
Martin Heidegger, Che cos’è metafisica? (1929), trad. it. di Franco Volpi,
23
24
Raimon Panikkar, Vita e parola. La mia Opera, a cura di Milena Carrara
Pavan,, Jaca Book, Milano 2010, p. 17.
25
Si veda Rimon Panikkar, La realtà cosmoteandrica. Dio-uomo-mondo, Jaca
Book, Milano 2004, p. 152 e passim.
negazione della morte 121
di Amos Luzzatto
Il bambino peritonitico
1
In Massimo Giuliani, Il pensiero ebraico contemporaneo, Morcelliana, Brescia
2003, p. 54.
riflessioni sulla spiritualità ebraica… 141
2
Martin Buber, Incontro, Città Nuova, Roma 1994, p. 46.
142 G. Luzzatto voghera
Voi stessi avete visto ciò che io ho fatto all’Egitto e come ho sol-
levato voi su ali di aquile e vi ho fatti venire fino a me. Ora, se
vorrete ascoltare la mia voce e custodirete la mia alleanza, voi
sarete per me la proprietà tra tutti i popoli, perché mia é tutta
la terra! Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione
santa. 3
3
Es 19,5.
4
TB, Shabbath 88a.
144 G. Luzzatto voghera
5
David Gianfranco Di Segni, La montagna rovesciata e l’identità ebraica, in
«Shalom» marzo 2000 (www.morasha.it/zehut/gd12_montagna.html).
riflessioni sulla spiritualità ebraica… 145
6
Michael Walzer, Menachem Loberbaum, Noam J. Zohar, The Jewish Po-
litical Tradition, vol. 2, Membership, Yale University Press 2003, p. 50
riflessioni sulla spiritualità ebraica… 147
7
Walzer, Loberbaum, Zohar, The Jewish Political Tradition, vol. 2, Member-
ship cit., p. 68.
riflessioni sulla spiritualità ebraica… 149
8
Walzer, Loberbaum, Zohar, The Jewish Political Tradition, vol. 2, Member-
ship cit., p. 80.
9
Kitzùr Shulchàn Arùkh 32:1.
riflessioni sulla spiritualità ebraica… 151
il fuoco insieme al Sefer Torà!». […] Dopo pochi giorni Rabbì Yosè
ben Kismà morì; tutti i più importanti cittadini romani partecipa-
rono al suo funerale e gli fecero una grande commemorazione.
Al loro ritorno trovarono Rabbì Chaninà ben Teradiòn che stu-
diava Torà, radunava gente e stava abbracciato a un Sefer Torà.
Lo catturarono, l’avvolsero nel Sefer Torà, lo circondarono con
dei rami e accesero il fuoco, mettendogli sul petto spugne di lana
imbevute d’acqua per prolungarne l’agonia. Gli disse allora sua
figlia: «Padre, è questa la ricompensa a cui devo assistere?». Le
rispose: «Se io bruciassi da solo, mi sarebbe difficile sopportarlo;
ma ora che brucio insieme al Sefer Torà, chi esigerà una ripara-
zione per l’offesa recata alla Torà la richiederà anche per l’offesa
a me». Gli chiesero poi i suoi allievi: «Maestro, cosa vedi?». Disse
loro: «La pergamena brucia ma le lettere volano in alto». Gli allie-
vi allora dissero: «Apri la bocca e fai entrare il fuoco dentro di te
[per accelerare la fine]!». R. Chaninà rispose loro: «È meglio che
si riprenda l’anima Colui che l’ha data piuttosto che sia l’uomo a
provocare un danno a sé stesso». A quel punto il centurione ro-
mano [là presente] gli disse: «Maestro, se io aumento le fiamme e
ti tolgo le spugne di lana da sopra il petto, mi porterai con te nel
mondo futuro?». «Sì», gli rispose Rabbì Chaninà. Allora quello
disse: «Giuramelo!». Rabbì Chaninà glielo giurò e immediata-
mente il centurione aumentò le fiamme e tolse le spugne di lana.
Presto l’anima si dipartì e anche il soldato si gettò dentro al fuoco.
Uscì una voce dal cielo che disse: «Rabbì Chaninà ben Teradiòn
e il centurione sono invitati alla vita del mondo futuro!». Rabbi
[Yehudà ha-Nasì] pianse e disse: «C’è chi si procura la propria
parte del mondo a venire con un’ora sola e chi con tanti anni». 10
10
Tb, Avodà Zarà 18°, v. Gianfranco Di Segni, La «dolce morte» di Rabbì Ca-
ninà ben Teradiòn, in www.morasha.it/zehut/gd09_eutanasia.html
Il dolore e la sofferenza nell’ebraismo
tra pensiero e legge
1
Le malattie vengono classificate in quattro categorie: 1) «Pericolose per
la vita del paziente» e per cui il giudizio può essere espresso dall’interes-
sato, dal medico, da chiunque abbia conoscenza di medicina: rientrano
in questa categoria anche quei malanni non gravi che però lo possono di-
ventare (tra questi per esempio, la partoriente nei primi sette giorni dopo
il parto). 2) «Non pericolose»: si tratta di quelle malattie che costringono
parzialmente a letto e che, senza trattamento, possono evolvere in malat-
tia vera e propria. 3) «Semi malattie»: sono quelle malattie che presentano
evidenti sintomi passeggeri, quali il raffreddore o una tosse leggera. 4)
«Malesseri».
158 rav r. della rocca
2
Quasi? Omicidio?
il dolore e la sofferenza nell'ebraismo… 159
3
Oltre a indurre il visitatore a pregare per l’infermo, viene infatti stabilito
che: non c’è limite alla esecuzione del precetto, nel senso che il malato
può essere visitato anche più volte al giorno, salvo i casi in cui la visita
possa recare disturbo o interferire con la terapia; per quanto riguarda gli
estranei, viene suggerito di non effettuare la visita nei primi giorni del-
la malattia; occorre astenersi dall’effettuare la visita nelle prime e nelle
ultime tre ore del giorno; qualcuno suggerisce di non stare vicino al ca-
pezzale del paziente, perché qui, per tradizione, è più vicina la tradizione
divina; nel momento della visita, occorre far bene attenzione a quanto si
dice, onde evitare di fare apprezzamenti negativi nei confronti del me-
dico curante.; si deve far visita a qualsiasi malato, indipendentemente
dalla sua etnia e religione; si dovrebbero evitare le visite a chi è colpito da
malattie particolarmente dolorose per non causargli ulteriore disagio; si
deve sostenere il malato anche sul piano economico e per facilitare questa
pratica, che dovrebbe precedere anche molti altri obblighi, da secoli nelle
comunità ebraiche sono state costituite apposite confraternite.
160 rav r. della rocca
«Chi, tra gli dei, è come Te»?; «Al tikra elim ki im ilemim ki roé
beelbon banav veshotek», «Chi è muto quanto Te − Tu che vedi
l’umiliazione dei Tuoi figli e taci?».
Parlare del silenzio di Dio significa procedere su quel
solco tracciato dai grandi Maestri di Israele che nelle più
tremende sofferenze come sotto l’occupazione romana o nei
campi di sterminio abbiano sempre continuato a studiare
nella convinzione che questo era l’unico modo, nelle loro
generazioni, di ascoltare la voce di Dio.
Cacciati dal paradiso, Adamo ed Eva non si rifugiano
nella rassegnazione. Messi a confronto con la morte, deci-
dono di combatterla dando la vita, conferendo alla vita un
significato. Dopo la caduta si misero a lavorare, a operare
per l’avvenire, e gli impressero un volto umano insegnan-
doci che un istante di vita ha in se l’eternità, un istante di
vita vale l’eternità.
Jafà shaa achat bitshuvàh umaaasim tovim baolam azè mikol aolam
abba…
È preferibile una sola ora di penitenza e di buone azioni in que-
sto mondo a tutta la vita futura.
(Pirqè Avot, 4;22)
con l’uomo. Creando l’uomo, Dio gli ha fatto dono del segre-
to, non del principio, ma del ricominciamento.
In altre parole: all’uomo non è dato di creare dal nulla;
questo potere lo ha soltanto Dio: ma a ognuno è concessa la
possibilità di cominciare, ricominciando da capo e da capo.
Ogni uomo, ogni Adamo ricomincia tutte le volte che decide
di allinearsi dalla parte della vita.
La tradizione cristiana
di fronte alla morte
e al morire
Una riflessione sapienziale sul morire
di Gianfranco Ravasi
Una premessa
Bibliografia
di Andrea Toniolo
1
Davide Maria Turoldo, O sensi miei…, BUR, Milano 2006, p. 145 (il titolo
della poesia è Amore e morte).
184 A. toniolo
2
Fëdor Dostoevskij, L’idiota, Garzanti, Milano 1990, p. 262.
3
Albert Camus, La peste, Bompiani, Milano 1997, p. 174.
4
Jürgen Werbick, Essere responsabili della fede. Una teologia fondamentale,
Queriniana, Brescia 2002, p. 517.
morte e redenzione nel cristianesimo 185
5
Han Urs von Balthasar, Il cristiano e l’angoscia, Jaca Book, Milano 1987,
p. 37.
6
Karl Rahner, Sulla teologia della morte. Con una digressione sul martirio,
Morcelliana, Brescia 1972, pp. 78-79.
186 A. toniolo
7
Eberhard Jüngel, Possibilità di Dio nella realtà del mondo. Saggi teologici,
Claudiana, Torino 2005, p. 170.
188 A. toniolo
8
Karl Rahner, Morte, in Id. (a cura di), «Sacramentum Mundi», V, Morcel-
liana, Brescia 1976, col. 535.
morte e redenzione nel cristianesimo 189
9
Jüngel, Possibilità di Dio cit., p. 51.
190 A. toniolo
10
Jüngel, Possibilità di Dio cit., p. 175.
morte e redenzione nel cristianesimo 191
«Lo sapete voi che senza gli inglesi l’umanità può an-
cora vivere, può vivere senza la Germania, può vivere fin
troppo facilmente senza gli uomini russi, può vivere sen-
11
V. Antonio Montanari, «Fulget crucis mysterium». Il mistero della Croce
svelato dalla parola dei vangeli, in Bagellini Francesco, Ezio Luca Bolis et
al. (a cura di), «Perchè non venga resa vana la croce di cristo». La croce nella
spiritualità cristiana, Glossa, Milano 2013, pp. 141-178.
192 A. toniolo
12
Fëdor Dostoevskij, I Demoni, in Id., I Capolavori, Garzanti, Milano 2015,
p. 1600.
13
Han Urs von Balthasar, Gloria. Un’estetica teologica, Jaca Book, Milano
1985, vol. 1, p. 11.
morte e redenzione nel cristianesimo 193
14
Dostoevskij, L’idiota cit., p. XXII-XXIII.
194 A. toniolo
15
Max Scheler, Il risentimento nella edificazione delle morali, Vita e Pensiero,
Milano 1975, pp. 78-79.
16
Edith Stein, Scientia Crucis. Studio su s. Giovanni della Croce, Postulazione
Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1982, pp. 37-38.
morte e redenzione nel cristianesimo 195
Conclusione
17
Jüngel, Possibilità di Dio cit., p. 149.
196 A. toniolo
18
Silvano Zucal, La morte e l’avventura della libertà, postfazione in Karl
Rahner, Sulla teologia della morte, Morcelliana, Brescia 2008, p. 112.
morte e redenzione nel cristianesimo 197
19
Julia Kristeva, Bisogno di credere. Un punto di vista laico, Donzelli Editore,
Roma 2006, p. 114.
20
Ivi, p. 135.
Il corpo di luce nella mistica cristiana
Lo stato infuocato e la vita nell’Oltre
di Guidalberto Bormolini
1
La formazione del corpo di luce è anche un interessante terreno di dia-
logo interreligioso. In questo breve lavoro è impossibile inoltrarsi oltre a
questo semplice accenno, ma va ricordato che si tratta di un tema impor-
tante nelle tre religioni «abramitiche» (ebraismo, cristianesimo e islami-
smo). Per un primo approccio consigliamo di consultare: Gershom Scho-
lem, La cabala, Roma 1992 per la mistica ebraica; Henry Corbin, L’uomo di
luce nel sufismo iraniano, Roma 1971 per l’islam. Il tema della formazione
del corpo di luce è presente anche nelle mistiche estremo-orientali.
il corpo di luce nella mistica cristiana 201
2
Giovanni Crisostomo, Omelie su Giovanni, XXV, 2.
3
V. Ambrogio, I sacramenti, IV, 2,5.
202 G. Bormolini
4
Serafino di Sarov, Colloquio con N. A. Motovilov in Divo Barsotti (a cura
di), I mistici russi, Il Leone Verde, Torino 2000, pp. 18-29.
il corpo di luce nella mistica cristiana 203
2. Le immagini dell’Oltre
5
Archimandrita Sofronio, Silvano del Monte Athos (1866-1938): vita, dottrina,
scritti, Gribaudi, Milano 1978, p. 320.
204 G. Bormolini
6
Benedetto XVI, Omelia per la santa Pasqua, 2010.
7
V. Anselm Grün, Che cosa c’è dopo la morte, Paoline, Milano 2009, p. 7.
8
V. Lanfranco Rossi, I filosofi greci padri dell’esicasmo, Il Leone Verde, To-
rino 2000, cap. «Il viaggio dell’anima», pp. 339-379; Id., I primi quaranta
giorni dopo la morte: il viaggio attraverso i telonia, «La porta d’Oriente»,
n. 5, 2002, pp. 43-45; Tomàs Špidlík, Maranatha. La vita dopo la morte,
Lipa, Roma 2007.
il corpo di luce nella mistica cristiana 205
3. La divinizzazione
9
Carl Gustav Jung, Aniela Jaffè (a cura di), Ricordi, sogni, riflessioni, Il Sag-
giatore, Milano 1965, p. 336.
10
V. Blaise Pascal, Pensieri 164.
11
Jung, Ricordi, sogni, riflessioni cit., p. 342.
12
V. Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1989, pp. 106-
206 G. Bormolini
affidabilità: sta di fatto che, nella lotta per l’uomo nella quale
noi siamo coinvolti, la sua risposta è insufficiente. 15
18
Origene, La preghiera, XXVI, 6.
210 vedere oltre
percorso che dura tutta la vita. Ciò che avviene nel Battesimo è
l’inizio di un processo che abbraccia tutta la nostra vita – ci rende
capaci di eternità, così che nell’abito di luce di Gesù Cristo pos-
siamo apparire al cospetto di Dio e vivere con Lui per sempre.
5. La vita ascetico-contemplativa
19
Visio Baronti monachi longoretensis, 4.
20
Bonifacio, Epistola 115. Si tratta di un santo dell’VIII secolo molto vener-
ato in Germania, inviato da papa Gregorio II a evangelizzare quelle terre.
21
V. Jean Daniélou, La résurrection des corps chez Grégoire de Nysse, «Vig.
Christ», n. 7, 1953, pp. 154-155.
22
Gregorio di Nissa, L’anima e la Resurrezione, 1 (PG 46, 108A.).
il corpo di luce nella mistica cristiana 211
23
Caterina da Genova, Il trattato del Purgatorio, XII.
212 G. Bormolini
24
Giovanni Crisostomo, Lettera a Teodoro, 12.
25
Pseudo-Macario, Spirito e fuoco: omelie spirituali, Quiqajon, Magnano
1995, p. 365.
26
Théophile Ortolan, «Abstinence», in Alfred Vacant, Eugène Mangenot,
Émile Amann (a cura di), Dictionnaire de Théologie Catholique, Paris 1903,
vol. 1, col. 275.
27
Evagrio Monaco, Sul discernimento delle passioni e dei pensieri, 23.
il corpo di luce nella mistica cristiana 213
28
Gregorio Palamas, Centocinquanta capitoli, 67, in Nicodimo Aghiorita (a
cura di), La Filocalia, Gribaudi, Torino 1987, vol. 4, p. 98.
29
V. Gregorio Palamas, Centocinquanta capitoli, 67, in Aghiorita (a cura di),
in La Filocalia cit., vol. 4, p. 87.
30
V. Guidalberto Bormolini, Nel fuoco delle passioni. Dall’amore erotico
all’amore spirituale, in «Testimonianze», n. 498-499, 2015, pp. 34-40. Id., Il
fuoco delle passioni. Fuoco di un amore assoluto per l’Assoluto, «Dada. Rivista
di antropologia post-globale», n. 2 speciale, 2015.
214 G. Bormolini
31
V. Massimo il Confessore, A Talassio, 21.
32
Tomàs Špidlík, La spiritualità dell’Oriente cristiano cit. p. 234.
33
V. Macario Egiziano, Parafrasi, 127, in Nicodimo Aghiorita (a cura di), La
Filocalia, Gribaudi, Torino 1985, vol. 3, p. 331.
34
V. Giovanni Carpazio, Ai monaci, 4, in Nicodimo Aghiorita (a cura di), La
Filocalia, Gribaudi, Torino 1982, vol. 1, p. 401.
35
V. Filoteo Sinaita, Quaranta capitoli, 27, in Nicodimo Aghiorita (a cura
di), La Filocalia, Torino 1983, vol. 2, p. 409.
il corpo di luce nella mistica cristiana 215
36
V. Guidalberto Bormolini, Luciano Giani, I logismoi. La disciplina dei pen-
sieri nei Padri del deserto, «Rivista di ascetica e mistica», n. 1, 2001, pp. 33-52.
37
V. Evagrio Monaco, Sul discernimento, 22, in Aghiorita (a cura di), La
Filocalia cit., vol. 1, p. 123.
38
Massimo il Confessore, Capitoli vari, 61, in Aghiorita (a cura di), La Filo-
calia cit., vol. 2, p. 179.
39
V. Marco Asceta, Lettera, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 1,
pp. 225-226.
40
V. Marco Asceta, Lettera, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 1,
pp. 226-227.
216 G. Bormolini
41
Elia Presbitero, Capitoli, 29, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol.
2, pp. 433-434.
42
Nilo Asceta, Discorso, 140, iin Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 1,
p. 287.
43
Elia Presbitero, Capitoli gnostici, 132, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 2, p. 447.
44
Nicodimo Aghiorita, Abate Filemone, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 2, p. 355.
45
Ivi, p. 355.
il corpo di luce nella mistica cristiana 217
46
Evagrio Monaco, Sul discernimento, 22, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 1, p. 123.
47
Massimo il Confessore, Capitoli vari, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 2, p. 179.
48
Macario Egiziano, Parafrasi, 98, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 3, p. 318.
218 G. Bormolini
7. Il corpo infuocato
7. 1 La trasformazione ignea
La trasformazione del corpo di chi ha raggiunto il per-
fetto dominio delle passioni è paragonata al roveto ar-
dente, circondato dal fuoco senza riceverne danno 50. Chi
raggiunge lo stato infuocato non teme nulla, nemmeno la
morte, perché «tutto simile a una fiamma o a un fuoco ac-
ceso egli va in giro per luoghi segreti e oscuri, notte e gior-
no, scacciando i demoni, che fuggono lui più che lui loro,
per non essere arsi dal raggio infuocato, di fuoco divino,
che si sprigiona da lui» 51.
La veste di fuoco rende l’uomo di una materia simile a
quella della spada di fuoco che lo teneva lontano dal para-
diso, una volta rivestito di fuoco l’essere umano diviene egli
stesso un nuovo Eden recuperando la condizione originaria
in cui la morte non esisteva. Questo fuoco è sapienza che rico-
stituisce l’uomo a immagine dell’archetipo divino. L’integro
abito di luce delle virtù permette a Dio di abitare nell’anima
49
Diadoco di Fotica, Definizioni. Discorso, 85, in Aghiorita (a cura di), La
Filocalia cit., vol. 1, p. 385.
50
V. Giovanni Carpazio, Ai monaci cit. p. 400.
51
Simeone Nuovo Teologo, Capitoli, 51, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 3, p. 359.
il corpo di luce nella mistica cristiana 219
52
V. Massimo il Confessore, Duecento capitoli, 78, in Aghiorita (a cura di), La
Filocalia cit., vol. 2, p. 158..
53
Nicodimo Aghiorita, Proemio, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 1,
p. 48-49.
54
V. Esichio Presbitero, A Teodulo, 104, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 1, p. 250.
55
V. Diadoco di Fotica, Definizioni. Discorso, 85, in Aghiorita (a cura di), La
Filocalia cit., vol. 1, p. 385.
56
Gregorio Sinaita, Rigorosa notizia, 9, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 2, p. 583.
220 G. Bormolini
57
V. Massimo il Confessore, Capitoli vari, 28, in Aghiorita (a cura di), La Filo-
calia cit., vol. 2, p. 245.
58
Callisto Xanthopouli, Ignazio Xanthopouli, Metodo, 54, in Aghiorita (a
cura di), La Filocalia cit., vol. 4, p. 229.
59
V. Simeone Nuovo Teologo, Capitoli, 73, in in Aghiorita (a cura di), La Filo-
calia cit., vol. 3, p. 364.
60
Macario Egiziano, Parafrasi, 68, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 3, p. 302.
61
Marco Asceta, La legge, 136, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 1,
p. 182.
62
V. Callisto Xanthopouli, Ignazio Xanthopouli, Metodo, 63, in Aghiorita (a
cura di), La Filocalia cit., vol. 4, cit. p. 234.
63
Macario Egiziano, Parafrasi, 37, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 3, p. 286.
il corpo di luce nella mistica cristiana 221
64
V. Doroteo di Gaza, Istruzioni, III, 652d, 1-15.
65
Esichio Presbitero, A Teodulo, 101, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 1, p. 249.
66
Pietro Damasceno, Argomento, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol. 3,
p. 261.
222 G. Bormolini
67
V. Diadoco di Fotica, Definizioni. Discorso, 100, in Aghiorita (a cura di), La
Filocalia cit., vol. 1, p. 396.
68
Macario Egiziano, Parafrasi, 41, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit.,
vol. 3, p. 288.
69
V. Esichio Presbitero, A Teodulo, 32.102, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 1, pp. 236-249.
70
V. Ivi, 152, p. 260.
71
V. Niceta Stetatos, Prima Centuria, 17.18, in Aghiorita (a cura di), La Filoca-
lia cit., vol. 3, pp. 397-398.
72
Callisto Patriarca, Capitoli, 42, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia cit., vol.
il corpo di luce nella mistica cristiana 223
9. Un linguaggio nuovo
4, p. 329.
73
Callisto Xanthopouli, Ignazio Xanthopouli, Metodo, 29, in Aghiorita (a
cura di), La Filocalia cit., vol. 4, p. 193.
74
Filoteo Sinaita, Quaranta capitoli, 30, in Aghiorita (a cura di), La Filocalia
cit., vol. 2, p. 411.
224 G. Bormolini
75
Cit. in Jean Mallinger, Plutarco: i segreti esoterici, Atanor, Roma 1980, p. 64.
76
Anonimo, Racconti di un pellegrino russo, 4.
il corpo di luce nella mistica cristiana 225
77
Benedetto XVI, Omelia per la santa Pasqua 2010.
226 G. Bormolini
78
V. Ml 3, 19-20.
79
V. Bruno il Certosino, Commento alle epistole di san Paolo, PL CLIII, 139.
80
Jacques Le Goff, La nascita del Purgatorio, Einaudi, Torino 1996, p. 53.
il corpo di luce nella mistica cristiana 227
81
Joseph Ratzinger, Escatologia, morte e vita eterna, Cittadella, Assisi 1979,
p. 23.
228 G. Bormolini
82
Serafino di Sarov, Colloquio con N. A. Motovilov cit., pp. 41-45.
La tradizione islamica
di fronte alla morte
e al morire
«Morite prima di morire!»
(insegnamento del Profeta Muhammad)
Il significato della morte e la preparazione a essa
nella prospettiva dell’islam interiore ed esteriore
Introduzione
1
La Testimonianza di fede è necessaria anche per entrare a far parte della
ummah, della Comunità islamica. Si tratta del corrispettivo del Battesimo
cristiano, con la differenza che nell’islam la Testimonianza di fede rappre-
senta l’essenziale, pur se preceduta dalla grande abluzione rituale, men-
tre nel Battesimo cristiano è il simbolo dell’acqua purificatrice a essere
posto in primo piano.
2
Corano LVII, 2.
3
Corano XI, 63.
232 Panetta, Benassi
4
Corano II, 28.
5
In questo senso va intesa anche l’espressione Allâhu akbar, oggi così poco
compresa, che scandisce la preghiera rituale islamica e che significa «Dio
è più grande» di qualsiasi concezione mentale ci si possa fare di Lui.
Espressione che invita i fedeli a ricordare a ogni passo del cammino di
non associare a Dio neppure le esperienze e le realtà spirituali più elevate,
per proseguire con decisione verso l’Assoluto.
«morite prima di morire!» 233
6
Ibn ‘Atâ’Allâh al-Iskandarî, Hikam.
7
Compagno del Profeta Muhammad e anche secondo Califfo ortodosso
dell’islam (morto nel 644).
8
Alcuni sapienti attribuiscono questa parola al Profeta stesso. Un vade-
mecum estremamente sintetico e prezioso sull’argomento è quello redat-
to dal grande Maestro As-Sulamî, del IX secolo, che si intitola appunto, Le
malattie dell’anima e i loro rimedi, Pizeta, Milano 2004.
234 Panetta, Benassi
9
Parola del Profeta Muhammad.
10
Per una spiegazione esauriente delle varie modalità e gradi in cui può
realizzarsi la perfezione spirituale (Liberazione o, per essere più aderenti
ai termini del Sufismo, «estinzione in Dio»), si veda René Guénon, L’uomo
e il suo divenire secondo il Vedanta, Adelphi, Milano 1992.
«morite prima di morire!» 235
11
Nei termini della teologia islamica, si direbbe che pur avendo l’Angelo
della Morte (Azra’il) il suo potere e la sua giurisdizione, verso la quale
gli uomini in quanto uomini nulla possono, egli stesso non è però che un
messo divino, al servizio di Dio, sicché per coloro che hanno una retta
visione nemmeno la morte può frapporsi alla visione del Volto di Dio.
12
Fra gli autori precedenti alla venuta dell’islam che hanno approfondito
tale dottrina della polarizzazione dell’Essere in intelligenza e sensibilità
vi è Filone di Alessandria.
236 Panetta, Benassi
13
Se la pretesa negazione della metafisica operata da Kant si basava, come
ha ben evidenziato Guénon. V. Introduzione generale allo studio delle dottri-
ne hindu, Adelphi, Milano 1989; Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi,
Adelphi, Milano 20092, sulla «confusione fra l’immaginabile e il concepibi-
le», questo preteso recupero della metafisica su base fenomenologica non
rettifica in alcun modo tale errore, ma anzi pretende di sdoganare l’imma-
ginazione, divenuta fenomenologicamente «cosmica», attribuendole una
nuova modalità di accesso immediato alla «Verità» quale punto limite im-
manente. Ogni reale trascendenza è ormai totalmente dimenticata.
«morite prima di morire!» 237
14
Corano XXVIII, 88.
15
Abu Hamid Al-Ghazali, La nicchia delle luci, TEA, Milano 1989.
238 Panetta, Benassi
16
Per servirci di un esempio tipico dei Maestri del Vedanta, le passioni
umane divengono per coloro che hanno attinto tale estinzione come
«semi tostati», che non possono più germogliare e dare inizio ad azioni
vincolanti.
«morite prima di morire!» 239
2. «Vedere oltre» con gli occhi dello Spirito o con l’«occhio del
Cuore» (‘ayn al qalb): i gradi della Certezza
17
Tale linguaggio tecnico resta a tutti gli effetti simbolico e non può essere
assolutizzato o preso alla lettera. V. Titus Burckhardt, Introduzione alle dot-
trine esoteriche dell’Islam, Edizioni Mediterranee, Roma 1979.
18
Corano XV, 99.
19
Corano CII, 1-8.
240 Panetta, Benassi
20
Hadith Qudsi.
21
Ciò «senza di cui nulla è stato fatto di tutto ciò che è» (v. Gv 1,1-18).
242 Panetta, Benassi
22
Il termine «Allah», pur rappresentando essenzialmente una cifra simbo-
lica unica e inderivabile, è composto da al, «il» e ilâh, «divinità», e indica
la Divinità per antonomasia, e cioè l’Assoluto, l’Infinito, comprendente
sia l’Essere, che il Non essere, non manifestato.
«morite prima di morire!» 243
23
Sakshin nella terminologia indù. L’individualismo contemporaneo si
dibatte nella ricerca di una spiegazione materialistica dell’origine del-
la coscienza, il che resterà sempre una pura impossibilità; gli orientali,
al contrario, hanno ben chiaro che solo l’Assoluto può fungere da vero
principio di identità, mentre tutte le forme apparenti, comprese quelle
dei vari individui, sarebbero un puro nulla, immagini su uno schermo
senza spettatore, se non partecipassero a qualche livello di tale percezione
dell’Identità che l’Assoluto ha di Sé stesso.
244 Panetta, Benassi
24
L’opera di Al Ghazali si caratterizza proprio per la doppia lettura exo-
esoterica.
25
«Barakah» è un termine generico che significa «benedizione», ma che
nell’ambito delle confraternite si riferisce all’influenza spirituale trasmes-
sa dal santo fondatore, che presiede al cammino interiore degli iniziati.
26
Nella dottrina del sufismo il tafakkur è il complemento del dhikr, il ri-
cordo di Dio per mezzo della Sua Invocazione, e i trattati dei Maestri
disquisiscono su quale dei due sia superiore ai fini dell’ottenimento della
Conoscenza, ma anche qui si tratta di un dibattito simbolico, in quanto
l’Invocazione, divinamente superiore, fatica però a raccogliere i propri
frutti senza un’intenzione e un’aspirazione vivificate dalla meditazione
profonda.
«morite prima di morire!» 245
27
E cioè, con i mezzi e con la sincerità e le altre virtù necessarie. A costo di
sembrare ripetitivi, è necessario ribadire, che non vi è qui nulla di morali-
stico, bensì la necessità di adeguarsi alla trasparenza e purezza degli stati
superiori dell’essere. La Verità si lascia conoscere solo dai sinceri.
246 Panetta, Benassi
28
Corano LV, 27.
29
Corano XXI, 35.
30
È il senso «superiore» della morte come «universalizzazione», che pur
apparendo nella prospettiva dell’individuo altrettanto temibile della
morte ordinaria – in quanto comporta comunque la cessazione di ciò che
lo caratterizza in quanto tale –, ben si distingue dalla morte «inferiore»
come dissoluzione dell’essere cosciente. Alludono a ciò le parole evange-
liche: «Chi vorrà salvare la propria vita (o anima), la perderà, ma chi la
perderà per causa mia la ritroverà» (Mt 16,25).
31
Corano I, 5.
«morite prima di morire!» 247
32
Corano XIII, 26.
33
Corano LVII, 2.
34
René Guénon, Errore dello Spiritismo, Luni Editrice, Milano 1998.
35
Cap. III: «Forse che quando saremo morti e saremo terra faremo ritorno?
Sarebbe davvero tornare da lontano! Già Noi sappiamo quel che la terrà
si prenderà, e presso di Noi vi è un libro che conserva ogni cosa. […] E
abbiamo fatto scendere dal Cielo acqua benedetta (ma’an mubarakan), e
abbiamo fatto germogliare con essa giardini e il grano tra le messi, e pal-
me slanciate dalle spate sovrapposte, sostentamento per i servitori, e suo
tramite rivivifichiamo contrade che erano morte, ed è così che avverrà
l’uscita (al-khuruj, la resurrezione). […] Forse che Noi siamo esauriti per
la prima creazione? No, ma sono essi che sono confusi da una creazione
nuova!» (Corano L, 4-5; 10-11; 15).
248 Panetta, Benassi
36
«Riuscita» (khuruj) e «ritorno» (ba’d) sono due dei termini coranici che
si riferiscono alla resurrezione, detta anche il «rialzarsi in piedi» o «stare
eretti» (qiyamah) di fronte alla chiamata di Allah nell’ultimo Giorno. V.
anche Corano LXXV; Corano XCIII, 3.
37
«Voi preferite la vita di questo basso mondo, mentre l’Altra è migliore e
più duratura» (Corano LXXXVII, 16-17).
«morite prima di morire!» 249
38
V. l’opera di Al-Ghazali, La perla preziosa, Mimesi, Milano 1992.
250 Panetta, Benassi
39
Corano L, 31-34.
«morite prima di morire!» 251
40
Corano LXXV, 1-15.
Al cuore della vita
Riflessioni di musulmani d’Italia sulla morte
Introduzione
1
V. Jocelyne Cesari (a cura di), The Oxford Handbook of European Islam, Ox-
ford University Press, Oxford 2015; Chantal Saint-Blancat, Italy, in Jocelyne
Cesari (a cura di), he Oxford Handbook of European Islam cit., pp. 265-310.
2
Stefano Allievi, L’uomo e la morte in Occidente: verso un nuovo paradigma
interpretativo, in Corrado Viafora, Francesca Marin, Morire altrove. La buona
morte in un contesto intercultuale, FrancoAngeli, Milano 2014, pp. 49-71.
254 M. Khalid Rhazzali
3
Tra gli altri si possono citare: Maurice Bloch, Jonathan Parry (a cura di),
Death and the Regeneration of Life, Cambridge University Press, Cambrid-
ge 1982; Pequeno A. Branquinho, Les morts voyagent aussi… «Le dernier
retour» de l’immigré portugais, «Esprit», 1983, pp. 153-156; Hien D. Trong,
Rythmes des vivants, mémoires des morts. Espace temps, rituels du culte des an-
cêtres, «Hommes et Migrations», n. 1134, 1190, pp. 19-21; Yassine Chaïb,
L’émigré et la mort, CIDIM-Edisud, Aix-en-Provence 2000; Sara Burkhalter,
Négociations autour du cimetière musulman en Suisse: un exemple de recompo-
sition religieuse en situation d’immigration, «Archives de sciences sociales
des religions», n. 113, 2001, pp. 133-148; Nathal Dessing, Rituals of Birth,
Circumcision, Marriage and Death among Muslims in the Netherlands, Peeters,
Louvain 2001; Dolorès Pourette, Pourquoi les migrants guadeloupéens veulent-
ils être inhumés dans leur île?, «Hommes et Migrations», n. 1237, 2002, pp.
54-61; Agathe Petit, Le rapatriement post-mortem ou l’ultime retour des «gens
du Fleuve», «Hommes et Migrations», n. 1236, 2002, pp. 44-52; Atmane Ag-
goun, Les musulmans face à la mort, Paris, Vuibert 2006; Yassine Chaïb, La
morte nell’immigrazione. La sepoltura come riferimento migratorio, «AUT AUT»,
n. 341, 2009, pp. 66-77; Khadiyaoulah Fall, Ndongo D. Mamadou, La mort
musulmane en contexte d’immigration et d’islam minoritaire. Enjeux religieux,
culturels, identitaires et espaces de négociation, Presses de l’Université Laval,
Québec 2011; Arnaud Esquerre, Gérome Truc, Les morts, leurs lieux et leurs
liens, «Raisons politiques, n. 41 (1), 2011, pp. 5-11; Khalid M. Rhazzali, Nei
pressi della morte: i volti della mediazione interculturale, in Viafora, Marin, Mo-
rire altrove cit., pp. 164-184.
al cuore della vita 255
4
V. Maurizio Ambrosini, Un’altra globalizzazione. La sfida delle migrazioni
transnazionali, Il Mulino, Bologna 2008.
5
Il mio interesse per la tematica della morte si inserisce nel quadro di una
ricerca pluriennale sull’islam d’Europa. La ricerca condotta con un approc-
cio di tipo qualitativo e sviluppata attraverso interviste in profondità, os-
servazione etnografica, si è articolata in due fasi. Nella prima, avvenuta
tra ottobre 2012 e febbraio 2013, sono stati intervistati 15 imam operanti
in centri islamici del Veneto e 15 mediatori interculturali, oltre a un mese
di enografia all’Ospedale di Padova. Nella seconda, avviata nel gennaio
2015 e tuttora in corso, sono state intervistate 20 persone che si dichiarano
musulmane (campione ragionato di 10 uomini e 10 donne, 8 marocchini, 3
tunisini, 3 albanesi, 3 bengalesi, 2 egiziani, un pakistani) e 5 imam operan-
256 M. Khalid Rhazzali
8
Per questa nozione si rinvia a: Khalid M. Rhazzali, L’islam in carcere,
Franco Angeli, Milano 2010.
9
Mamadou Fall, La mort musulmane cit., p. 126.
10
Peter L. Berger, The Social Reality of Religion, Faber and Faber, London 1969.
al cuore della vita 259
11
In proposito significative le considerazioni in: Abdennour Bidar, L’islam
sans soumission: Pour un existentialisme musulman, Albin Michel, Paris 2012.
al cuore della vita 261
3. Pronti a morire?
12
Sulla falsa attribuzione di questo detto al profeta segnaliamo questa inte-
ressante analisi: http://islamqa.info/ar/130847.
al cuore della vita 263
Quel giorno sono andato a trovare mio zio che era all’ospe-
dale in fin di vita. La sera eravamo attorno a un tavolo per
mangiare, appena ho fatto il primo boccone mi si è bloccata
la respirazione, non respiravo più, ho visto la morte, ho co-
minciato a fare… [mima il gesto di ansimare]. Gli altri era-
no scioccati, sono scappata verso il balcone e ho tenuto forte
264 M. Khalid Rhazzali
13
Malak al-Maut e ’Adab al-Qabr sono figure largamente utilizzate, spes-
so in forma a dir poco spregiudicata, in molta comunicazione finalizzata
soprattutto al proselitismo e alla «ri-conversione» dei musulmani d’Occi-
dente affidata a internet (soprattutto su YouTube), da prediche online di
contenuto ancora dottrinalmente tradizionale fino a vere e proprie docu-
fiction nelle quali l’angelo della morte e il castigo della tomba diventano
oggetto di messe in scena aggiornate agli esiti più recenti della cinema-
tografia più di effetto. Sulla rilevanza di internet nell’attuale comunica-
zione religiosa rinviamo al numero monografico «Religion and Internet»,
curato da Daniel Enstedt, Göran Larsson e Enzo Pace (2015), della rivista
«Annual Review of the Sociology of Religion» e in particolare alle con-
siderazioni contenute nel nostro articolo: Islam online. A net-nography of
conversion, «Annual Review of the Sociology of Religion», n. 6, 2015, pp.
165-182.
al cuore della vita 265
14
In questo senso si muove l’interpretazione contenuta in Aggoun, Les mu-
sulmans face à la mort cit.
268 M. Khalid Rhazzali
4. Dove riposare?
15
È l’organizzazione più antica in Italia, che confedera più di duecento mo-
schee e luoghi di culto nella penisola.
al cuore della vita 271
stima che il 95% delle salme prende la via del rientro in pa-
tria. Si spiega così che si sia andata creando una «route de la
mort» 16, che collega paesi d’accoglienza e paesi d’origine in
un tracciato ideale e materiale intessuto da pratiche consoli-
date e popolato da attori in esso stabilmente coinvolti. Alcuni
paesi d’origine concorrono sistematicamente alla copertura
delle spese, alcuni enti territoriali (regioni e comuni) italiani
17
intervengono per una parte delle spese, in alcuni casi com-
pagnie di bandiera di paesi musulmani 18 offrono il traspor-
to gratuito, ma non manca di fiorire l’iniziativa economica:
polizze assicurative proposte dalle banche, agenzie funebri
«halal», con tutto l’indotto di mestieri in ciò implicato.
Tuttavia, non ci troviamo di fronte a una specificità isla-
mica. Come la letteratura esistente conferma, situazioni ana-
loghe avvengono per altri gruppi etnici o religiosi, aspetto
puntualmente colto da uno dei nostri intervistati.
16
Come la definisce Yassine Chaïb, L’émigré et la mort cit.
17
Dopo l’abolizione per effetto della legge Turco-Napolitano del fondo per
il rimpatrio delle salme in precedenza istituito presso l’INPS.
18
È il caso, ad esempio, del Bangladesh.
272 M. Khalid Rhazzali
19
Fondazione privata con sede a Dublino che unisce studiosi e pensatori
musulmani provenienti da diversi paesi.
20
Fatwa n. 21 (2° Collection, III Session): www.juragentium.org/topics/is-
lam/it/pacini.htm#37
274 M. Khalid Rhazzali
21
Daniéle Hervieu Léger, La religion pour mémoire, Éditions du Cerf, Paris
1993.
22
Chaïb, L’émigré et la mort cit.
al cuore della vita 275
Conclusione
di Farhad Khosrokhavar
1
Per jihadismo intendiamo una forma di mobilitazione violenta in nome
di una versione radicale dell’islam contro l’Occidente empio, così come
contro i Paesi musulmani che sono anch’essi ritenuri empi in seguito alla
loro jahilliyya (N.d.T.: nel linguaggio coranico: lo stato d’ignoranza in cui
le tribù della penisola arabica vivevano prima dell’avvento dell’islam),
alla loro regressione all’idolatria.
280 f. Khosrokhavar
2
V. Michel Wieviorka, Société et terrorisme, Fayard, Paris 1988.
3
V. David Thomson, Les Français jihadistes, Les Arènes, Paris 2014 e Dou-
nia Bouzar, Ils cherchent le paradis, ils on trouvé l’enfer, Editions de l’Atelier,
Paris 2014.
la visione della morte nei giovani jihadisti europei 293
4
V. Carolyn Hoyle, Alexandra Bradford, Ross Frenett, Becoming Mulan? Fe-
male Western Migrants to ISIS, Institute for the Strategic Dialogue, London
2015.
5
V. Shiv Malik, Lured by ISIS: How the Young Girls who reveal in brutality are
offered cause, in «The Guardian», 20th february 2015.
la visione della morte nei giovani jihadisti europei 295
6
V. UK female jihadists run ISIS sex-slave brothels, in «Al Arabia News», 12th
september 2014.
296 f. Khosrokhavar
7
V. Delphine Darmency, Costance Desloire, Les femmes peshmergas, heroïnes
trompeuses de la société curde, in «Le Monde», 9 octobre 2014 ; e anche Mo-
hammad A. Salih, Meet the Badass Women Figthing The Islamic State, in
«Foreign Policy», 9th december 2014.
302 f. Khosrokhavar
8
V. Haroon Siddique, Jihadi Recruitment Video for Islamist Terror Group ISIS,
in «The Guardian», 20th june 2014.
9
V. Comment nos filles deviennent de califettes, in «Le Monde», 28 janvier 2015.
la visione della morte nei giovani jihadisti europei 303
10
V. Farhad Khosrokhavar, Radicalisation, Editions de la Maison de
Sciences de l’Homme, Paris 2014; dello stesso autore si vedano anche Le
jihadisme féminine aujourd’hui en Europe, in «Telos», 17 mars 2015 e Qui sont
les jihadistes , in «Sciences Humaines», n. 268, 2015.
306 f. Khosrokhavar
di Giangiorgio Pasqualotto
Premessa
1
V. Attilio Andreini, La morte nella cultura della Cina classica, in Francesco
P. De Ceglia, Storia della definizione di morte, Angeli, Milano 2014, p. 71.
V. anche Attilio Andreini, Categorie dello spirito nella Cina pre-buddhista, in
Maurizio Pagano, Lo Spirito. Percorsi nella filosofia e nelle culture, Mimesis,
Milano 2011, pp. 71-107. Sul tema della morte nella Cina antica v. anche
Eduard Erkes, T’oungPao. The God Of Death In Ancient China, Brill, Leiden
1939, pp. 185-210 e Constance A. Cook, Death In Ancient China. The Tale Of
One Man’s Journey, Brill, Leiden 2011.
2
Su questi tre modelli v. Donald Harper, Qi, Yin-Yang e i cinque agenti in
310 g. pasqualotto
Tiziana Lippiello e Maurizio Scarpari (a cura di), Dall’età del bronzo all’Im-
pero Han, in Maurizio Scarpari (a cura di), La Cina, Torino, Einaudi 2013,
vol. I**, pp. 694-703.
3
V. Giulio Boschi, Medicina cinese: la radice e i fiori, Ambrosiana, Milano
2003. Sull’importanza del Qi per la medicina cinese v. anche Thomas Lee
Wright, David Eisenberg, Encounters With Qi: Exploring Chinese Medicine,
Norton, New York 1995. Ma, Soprattutto, Manfred Porkert, The Theoreti-
cal Foundations Of Chinese Medicine: Systems Of Correspondence, MIT Press,
Cambridge (Mass.) 1974. In generale, v. l’ancora fondamentale lavoro di
Henri Maspero, Il soffio vivo. I procedimenti del «nutrire il principio vitale»
nella religione taoista antica (1937), Adelphi, Milano 1985.
morte nel taosimo 311
4
V. Fausto Tomassini (trad. dal cinese di), Testi taoisti, Utet, Torino 1977:
Taoteching, VII, XII, XXVI, LXII; Chuang tzu, pp. 376, 397-8, 421-25, 447,
457-8, 463, 467-9, 473, 76, 512, 521, 523, 545, 564, 567, 608, 616, 621.
5
Tàijítú (太極圖):
6
Sulle funzioni dinamiche della coppia yīn/yang ci siamo soffermati in
Giangiorgio Pasqualotto, Il Tao della filosofia, Pratiche, Parma 1989; ora:
Milano, Luni 2014. Per una trattazione complessiva del tema v. J. C. Co-
oper, Yin Yang. L’armonia taoista degli opposti, Ubaldini, Roma 1982; ma,
312 g. pasqualotto
10
Diagramma dei wŭ xíng:
11
Lo Huangdi Neijing è suddiviso in due parti: Suwen (Domande semplici)
e Lingshu (Perno spirituale). V. Claude Larre, Élisabeth Rochat de la Vallée
(a cura di), Huangdi Neijing Suwen, Jaca Book, Milano 1994 e Id., Huangdi
Neijing Lingshu, Jaca Book, Milano 1994. Sul Huangdi Neijing Suwen v. Paul
U. Unschuld, Huang Di Nei Jing Su Wen: Nature, Knowledge, Images In An
Ancient Chinese Text, California University Press, Berkeley 2003.
314 g. pasqualotto
12
V. Kiiko Matsumoto, Stephen Birch, Five Elements and Ten Stems: Nan
Ching Theory, Diagnostics and Practice, Paradigm, Brookline (MA) 1983; e
Nathan Sivin, Science and Medicine in Chinese History, in Id., Science in An-
cient China, Variorum, Aldershot 1995.
13
V. Jou Tsung Hwa, Il Tao della meditazione, Ubaldini, Roma 1990, cap. 2.
14
V. Russell Kirkland, Il Taoismo. Una tradizione ininterrotta, Ubaldini,
Roma 2006, p. 215.
morte nel taosimo 315
15
Sul taoismo filosofico v. Günter Wohlfart, Der Philosophische Dàoismus,
Chora Verlag, Köln 2001.
16
Anche questa separazione tra le due forme di taoismo è stata messa in
dubbio: da Isabelle Robinet, Storia del Taoismo dalle origini al quattordice-
simo secolo, Ubaldini, Roma 1993. Su questo dubbio v. anche Kirkland,
Il Taoismo cit.
17
Per i problemi relativi all’attribuzione e alle fasi della composizione
del testo si veda Attilio Andreini in Laozi. genesi del «dàodejing», Einaudi,
Torino 2004.
18
V. Alfredo Cadonna (a cura di), Lie Zi. La scrittura reale del vuoto abissale
e della potenza suprema, Einaudi, Torino 2008.
19
V. Fausto Tomassini (a cura di), Lionello Lanciotti (intr. di), Chuang-
Tzu, TEA, Milano 1989; Liou Kia-hway, Carlo Laurenti (trad. e cura di),
Zhuang-zi: (Chuang-tzu), Adelphi, Milano 1992; Lonardo Vittorio Arena
(a cura di), Zhuangzi, Rizzoli, Milano 2009; Augusto Shantena Sabbadini
(trad. e cura di), Chuang-tzu: (Zhuang-zi), Urra, Milano 2012.
316 g. pasqualotto
1. Dàojiā
20
V. Tao Te Ching in Tomassini (trad. dal cinese di), Testi taoisti cit., p. 129,
v. 16.
21
V. Ivi, p. 141, vv. 1-6.
22
V. Laozi cit., p. 27. Attilio Andreini, seguendo Robert Henricks (capitolo
morte nel taosimo 317
24
Tao Te Ching, in Tomassini (trad. dal cinese di), Testi taoisti cit., cap. L, pp.
141-142, vv. 9-16.
25
Ivi, cap. XVI, vv. 17-18. Il termine «immortale» traduce xiān (仙) il cui ca-
rattere è composto da亻(uomo) e 山(montagna). Secondo la mitologia i luo-
ghi degli immortali erano «grotte celesti» o «isole felici». Sugli immortali
nel taoismo v. Livia Kohn, The Taoist Experience: An Anthology, SUNY Press,
New York 1993; Id., Dàoism Handbook, Brill, Boston 2000; Id., Dàoist Identity:
History, Lineage and Ritual, University of Hawaii Press, Honolulu 2002; Id.,
Dàoism and Chinese Culture, University of Hawaii Press, Honolulu 2005. V.
anche Catherine Despeux, Le immortali dell’antica Cina. Taoismo e alchimia
femminile, Ubaldini, Roma 1991.
26
Ivi, cap. XXXIII, vv. 7-8. V. Laozi cit., p. 155: «Chi non smarrisce la propria
posizione, a lungo permane / È longevo chi muore, ma nell’altrui me-
morte nel taosimo 319
moria non s’estingue»; cfr. Lao Tsu, Augusto Shantena Sabbadini (trad.
di), Tao Te Ching, Urra-Apogeo, Milano 2009, p. 275: «Non abbandonare
il proprio posto è permanere / Morire ma non essere dimenticato è lon-
gevità». Sul significato di Yang sheng cfr. François Jullien, Nutrire la vita,
Cortina, Milano 2005.
27
Tao Te Ching, Tomassini (trad. dal cinese di), Testi Taoisti cit., cap. LXXIII,
p. 186, vv. 1-2.
28
Ivi, v. 8.
29
Laozi cit. p. 77, v. 5.
30
Lao Tsu, Tao te Ching cit., p. 543.
31
Tao Te Ching, Tomassini (trad. dal cinese di), Testi Taoisti cit., cap. VIII; p.
54. Cfr. Alan Watts, Il Tao: la via dell’acqua che scorre, Ubaldini, Roma 1977.
320 g. pasqualotto
Puoi far sì che le gente / prenda sul serio la morte e non vada
lontano […] La gente invecchia e muore senza aver intrapreso
il viaggio per farsi visita. 33
32
Tao Te Ching, Tomassini (trad. dal cinese di), Testi Taoisti cit., Cap. LXXVI,
pp. 1-2, 6-10. Cfr. Laozi cit., p. 83: «Nel nascere molle e delicato è l’uomo
/ Morendo, muscoli tendini diventan duri e rigidi / […] Così dunque si
dice “Quel che è duro e rigido è compagno della morte, Quel che è molle,
delicato, sottile e tenue lo è della vita / Se rigido è l’assetto dell’esercito,
lontana è la vittoria / Se rigido è il tronco, per l’albero la fine giunta”».
33
Lao Tsu, Tao Te Ching cit., cap. 80, p. 587.
morte nel taosimo 321
Ciò che nasce è ciò che secondo la norma deve giungere alla
propria fine. Ciò che finisce non può sfuggire alla propria fine,
così come ciò che nasce non può sfuggire alla propria nascita.
Ecco perché voler prolungare la vita e allontanare la fine signi-
fica illudersi sugli anni che il destino ci ha assegnato. 35
34
Cadonna (a cura di), Liezi cit., I.4, p. 11. Cfr. I, 12, p. 29. Cfr. Zuang-zi cit.,
XVIII, p. 159.
35
Ivi, I.5, p. 15.
322 g. pasqualotto
Dào deve avere cara la vita solo nei limiti in cui questa gli
è data, senza volere forzare artificialmente il suo corso e la
sua durata 36.
In consonanza col Dàodéjīng, Liezi ribadisce la corrispon-
denza del nesso tra vita e morte con quello tra l’andare e il
tornare:
36
Cadonna (a cura di), Liezi cit., 7.9, p. 241 e 7.14, p. 255: «Sono quattro le
cose che impediscono agli uomini di rimanere nella quiete. La prima è la
longevità, la seconda è la fama, la terza è il rango, la quarta è la brama di
possesso. Chi si affanna dietro a questi quattro obiettivi teme gli spiriti,
teme gli uomini, teme l’autorità, teme le punizioni».
37
Ivi, I.8, p. 21.
morte nel taosimo 323
38
Ivi, 6.12, p. 19. Cfr. l’equivalente passo sulla reazione di Zhuang-zi alla
morte della moglie: Chuang-tzu, in Tomassini (trad. dal cinese di), Testi
taoisti cit., 116, p. 485; Zhuang-zi cit., XVIII, p. 158.
39
Zhuang-zi cit., III, p. 33.
324 g. pasqualotto
40
Zhuang-zi cit., p. 35. V. cap. IV, p. 41: «Sapere ciò contro cui non si può nulla
e accettarlo come Destino: ecco la suprema virtù». V. anche cap. V, p. 51 e
p. 54: «La morte e la vita, la durata e la distruzione, la miseria e la gloria, la
povertà e la ricchezza, la saggezza e l’ignoranza, il rimprovero e la lode, la
fame e la sete, il freddo e il caldo, queste sono le alterne vicende il cui corso
naturale costituisce il Destino».
41
Ivi, cap. VI, p. 58. V. anche p. 60: «La terra mi ha dato un corpo, la vita mi
ha stancato, la vecchiaia ha rallentato la mia attività, la morte mi riposerà.
Sia benedetta la vita e, per questo, benedetta sia anche la morte!».
morte nel taosimo 325
Chi soffiando ora con forza ora con dolcezza, espira e aspira,
espelle l’aria viziata e assorbe l’aria pura, si appende come un
orso e si stira come fa l’uccello, cerca solo la longevità. È questo
l’ideale di coloro che vogliono nutrire il proprio corpo sten-
dendolo e contraendolo. […] Chi raggiunge un’età avanzata
pur senza stendere e contrarre il suo corpo, dimentica tutto e
possiede tutto. È pacifico e immenso. Riunisce in sé tutte le per-
fezioni del mondo. In lui risiede la via dell’universo e la virtù
del Santo. 43
42
Chuang-tzu, in Tomassini (trad. dal cinese di), Testi taoisti cit., XVIII, p.
484. V. traduzione di Augusto Shantena Sabbadini: «Se vivono fino a di-
ventare sciocchi e confusi, per anni sono assillati dalla preoccupazione di
evitare la morte» (Chuang Tzu cit., p. 166).
43
Zhuang-zi cit., XV, p. 136.
44
Cfr. Angus C. Graham, La ricerca del Tao, Neri Pozza, Vicenza 1999, pp.
275-278.
326 g. pasqualotto
2. Dàojiāo
45
Per un’efficace sintesi delle complessità che caratterizzano il taoismo
religioso v. Ester Bianchi, Taoismo, Electa, Milano 2009. Per un’analisi più
approfondita v. Kohn, Il Dàoismo, in La Cina cit., vol. II, Mario Sabattini,
Maurizio Scarpari (a cura di), L’età imperiale dai Tre Regni ai Qing, Einaudi,
Torino 2010, pp. 539-632.
46
V. Robinet, Storia del Taoismo cit., p. 8.
47
V. Da Liu, Il Tao e la cultura cinese, Ubaldini, Roma 1981, p. 28.
48
V. Kirkland, Il Taoismo cit., p. 32.
49
Cfr. Attilio Andreini, Maurizio Scarpari, Il Dàoismo, Il Mulino, Bologna
2007, p. 33.
morte nel taosimo 327
50
V. Kristofer M. Schipper (a cura di), Concordance du Tao-tsang, École
française d’Extrême-Orient, Paris 1975. Il primo Dàozang fu compilato nel
440 d.C. e comprendeva circa 1200 testi; il secondo, fu redatto nel 748 d.C.
per ordine dell’imperatore Tang Xuan Zong; il terzo Dàozang fu realizza-
to attorno al 1016 d.C., arrivando a raccogliere circa 4500 testi; il quarto,
realizzato nel 1444 d.C. sotto i Ming in edizione definitiva, raccoglie circa
5300 testi. Il Canone taoista è suddiviso in tre sezioni principali: Dongzhen
(«Testi della suprema purezza» dedicati prevalentemente alla meditazio-
ne); Dongxuan («Testi del tesoro sacro» dedicati alle pratiche rituali); e
Dongshen («Testi dei tre sovrani» dedicati alle pratiche esorcistiche). V.
Fabrizio Pregadio (a cura di), The Encyclopedia of Taoism, Routledge, Lon-
don-New York 2008. Un’ottima selezione di testi compilati tra il II e il VI
secolo è quella presente in Stephen R. Bokenkamp, Early Dàoist Scriptures,
University of California Press, Berkeley 1997.
51
Sull’importanza dei fāngshì v. Robert Ford Campany, Making Transcendents:
Ascetics and Social Memory in Early Medieval China, University of Hawaii Press,
Honolulu 2009; Mark Csikszentmihalyi, Fangshi方士 «masters of methods», in
Pregadio (a cura di), The Encyclopedia of Taoism cit., pp. 406-409; Kenneth J.
DeWoskin, A Source Guide for the Lives and Techniques of Han and Six Dynasties
Fang-shih, in «Bulletin of The Society for the Study of Chinese Religions»,
1981, pp. 79-105; Id., Doctors Diviners and Magicians of Ancient China: Biogra-
phies of Fang-shih, Columbia University Press, New York 1983; Id., Fang-shih,
in William H. Nienhauser (a cura di), The Indiana Companion to Traditional
328 g. pasqualotto
55
V. Ivi, p. 115. V. anche Andreini, Scarpari, Dàoismo cit., pp. 70-84. Per le
ulteriori fasi del taoismo religioso v. Robinet, Storia del Taoismo cit., Kohn,
Il Dàoismo cit., Anna Seidel, Il Taoismo, religione non ufficiale della Cina, Ca-
foscarina, Venezia 1997.
330 g. pasqualotto
Conclusioni
56
V., ad esempio, Herrlee G. Creel, What Is Taoism? And Other Studies In
Chinese Cultural History, Chicago Univeristy Press, Chicago 1970; e Hol-
mes Welch, Taoism: The Parting Of The Way, Beacon, Boston 1965.
57
V., ad esempio, Max Kaltenmark, Le Lie sien Tchouan: biographies légen-
daires des immortel Taoistes de l’antiquité, Centre d’Etudes Sinologiques,
Peking 1953; John Lagerwey, Taoist Ritual in Chinese Society and History,
Mcmillan, New York 1987; Kristofer Schipper, Il corpo taoista, Ubaldini,
Roma 1993; Kirkland, Il Taoismo cit.
58
In realtà si potrebbe considerare come interpretazione intermedia quella
proposta da Kohn in Il Dàoismo cit.
morte nel taosimo 331
di Antonio Rigopoulos
Premessa
1
Carlo Della Casa (a cura di), Upaniṣad, UTET, Torino 1976, pp. 157-58. Si
veda anche il passo parallelo di Chāndogya Upaniṣad, V, 10, 1-8.
336 a. rigopoulos
2
Ivi, p. 62.
3
Stefano Piano (a cura di), Bhagavad-gītā. Il canto del glorioso Signore, Edi-
zioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 1994, p. 208.
la concezione della morte nel pensiero H indū 337
4
Della Casa, Upaniṣad cit., p. 133.
340 a. rigopoulos
5
M. V. N. Murthy, The Greatest Adventure. Essays on the Sai Avatar and His
Message, Sri Sathya Sai Books and Publications, Prasanthi Nilayam 1983,
p. 50.
la concezione della morte nel pensiero H indū 341
6
Federico Squarcini, Daniele Cuneo (a cura di), Aldo Schiavone (pref. di),
Il trattato di Manu sulla norma (Mānavadharmaśāstra), Einaudi, Torino 2010,
p. 135.
la concezione della morte nel pensiero H indū 343
7
Murthy, The Greatest Adventure cit., p. iii (trad. mia).
344 a. rigopoulos
8
Sui loci connessi al morire si veda Stefano Piano (a cura di), Luoghi dei
morti (fisici, rituali e metafisici) nelle tradizioni religiose dell’India, Edizioni
dell’Orso, Alessandria 2005.
9
Lett. «nutritore» Egli rappresenta la forza nutritiva del sole, con il quale è
identificato.
346 a. rigopoulos
10
Lett. «signore delle creature». Divinità suprema impersonante il potere di
manifestazione. In lui vittima sacrificale, sacrificio e sacrificante coincidono.
11
Il fuoco personificato. Egli è in primis il fuoco sacrificale, che reca le of-
ferte agli dèi, e il fuoco della pira funebre, che conduce nell’aldilà l’anima
del defunto.
12
Della Casa, Upaniṣad cit., p. 349.
13
Viceversa, l’uomo profano dovrà indossare sempre nuovi corpi/rive-
stimenti, di rinascita in rinascita. Come si legge in Bhagavad-gītā II, 22:
«Come un uomo si sbarazza dei vecchi abiti e ne prende altri nuovi, così
colui che possiede un corpo si sbarazza dei corpi vecchi e si unisce ad altri
nuovi»; Piano, Bhagavad-gītā cit., pp. 103-4.
la concezione della morte nel pensiero H indū 347
di Renukadas Y. Deshpande
Prolegomeni
4. Chi è la Morte?
primo luogo tale Nulla serve per fare spazio dentro di noi
affinché il Divino possa risiedervi nella piena manifestazio-
ne della sua gloria, la gloria nella Delizia dell’Esistenza. Se
la morte e la vita fossero un’illusione, allora entrambe sareb-
bero permanentemente dissolte in quel Nulla, facendo così
spazio perché l’immortalità positiva di Dio possa risiedere
nella dimensione divina. A dissolversi non sarebbe la fatti-
vità, ma l’illusione della Vita e della Morte, rivelandone così
la vera realtà.
Nel poema epico di Sri Aurobindo «Savitri» era proprio
questo il culmine dello Yoga di Savitri nella conquista di Dio,
che era diventato Morte, che era diventato Morte nel mondo
crepuscolare di questo enorme Vuoto di Coscienza. Ma poi Sa-
vitri doveva imparare che cosa rappresenta quel Vuoto, quel
«codice mistico»: nel Nulla infinito era il segno ultimo, ovve-
ro il Reale era l’Inconoscibile. Nella grandezza di quest’espe-
rienza nirvanica Savitri diventa lo zero di Dio, il nulla di Dio,
perde del tutto l’individualità, e il suo ultimo briciolo di per-
sonalità incosciente si dissolve. La Volontà che plasma i mo-
vimenti dell’universo è ora la sua volontà. È ormai pronta ad
affrontare la Morte. Ha già ottenuto la vittoria sulla Morte, e
ora l’obiettivo è di farne uno strumento della sua volontà, con-
giunta con la Volontà suprema, all’opera per il futuro.
di Elio Guarisco
Introduzione
1
All’epoca della scoperta Karma Lingpa era un ragazzo di quindici anni.
Per la biografia di Karma Lingpa si veda: Bryan Jaré Cuevas (dissertazio-
ne di), The Hidden Treasures of Sgam-po Mountain: A History of the Zhi-khro
Revelations of Karma-gling-pa and the Making of the Tibetan Book of the Dead,
University of Virginia, May 2000 (UMI microform 9975415, © 2000 by Bell
&Howell Information and Learning Company US).
2
La grande liberazione mediante l’udire durante lo stato intermedio fa parte di
una letteratura tibetana contenuta nei terma. I terma sono insegnamenti
scritti o impressi nella mente di un individuo, o anche oggetti sacri che
vengono nascosti per poi essere riscoperti in secoli successive quando le
circostanze per una loro utilizzazione migliore sono presenti.
3
La parola Dzogchen si riferisce alla totale perfezione che è la vera na-
tura di ogni essere. Anche l’insegnamento che spiega la via per ricono-
scere tale natura è chiamato Dzogchen. Si veda: Chögyal Namkai Nor-
bu, Adriano Clemente (a cura di), Dzogchen, Lo Stato di Autoperfezione,
Astrolabio-Ubaldini, Roma 1986; e Chögyal Namkai Norbu, John Shane
376 E. Guarisco
(a cura di), Il Cristallo e la Via della Luce, Sutra Tantra e Dzogchen, Astrolabio
-Ubaldini, Roma 1986.
4
Gli stadi post mortem, chiamati bar do in tibetano, sono gli stadi che secon-
do la cultura indo-tibetana avvengono tra la morte e la rinascita.
5
Per risveglio qui si intende l’illuminazione, la meta finale del cammi-
no spirituale nelle religioni orientali. In genere descritta come il frutto
acquisito attraverso un cammino graduale di purificazione e perfezione,
nello Dzogchen invece equivale alla vera natura di ogni essere che può
essere riconosciuta istantaneamente. Si veda: Adriano Clemente (trad. dal
tibetano), Chögyal Namkhai Norbu (commento di), La suprema sorgente,
Kunje Gyalpo, il tantra fondamentale dello dzogchen, Ubaldini, Roma 1997;
e Elio Guarisco, Adriano Clemente, Jim Valby (trad. di), The Marvelous
Primordial State, The Mejung Tantra, A Fundamental Scripture of Dzogchen
Semde, Shang Shung, Arcidosso 2014.
risveglio al momento della morte 377
6
Le essenze vitali bianca e rossa (khams dkar dmar) si riferiscono all’essen-
za lunare acquisita dal padre e l’essenza solare acquisita dalla madre. Al
momento del concepimento sono rappresentate dal seme e dall’ovulo. Al
momento della nascita, il nucleo dell’essenza lunare va a posarsi un cima
della testa, il nucleo dell’essenza solare all’ombelico. Durante la vita in-
teragiscono e sostengono le sostanze del corpo umano e le funzioni della
mente. Al momento della morte si muovono e si incontrano al cuore e
questo dà origine alle tre luci o visioni: biancore, rossore e annerimento.
Si veda: Gyalwa Yangönpa, Elio Guarisco (trad. dal tibetano e annotato
da), Secret Map of the Body, Visions of the Human Energy Structure, Shang
Shung, Arcidosso 2015.
7
La chiarezza luminosa (‘od gsal) é la vera natura della mente, indefini-
bile e al di là dei pensieri. Essa é presente da sempre, in ogni condizione
dell’essere, indipendentemente dal grado di sviluppo interiore. Essa é
la vera natura dell’individuo e di ogni altra cosa. Tuttavia, offuscata da
azioni negative del passato, emozioni e pensieri non viene riconosciuta
durante la vita se non da coloro che ne fanno conoscenza attraverso le in-
dicazioni di qualcuno che ne ha un’esperienza concreta. Al momento del-
380 E. Guarisco
9
Nell’insegnamento Dzogchen si dice che ogni cosa si manifesta a causa del-
la capacità di manifestazione che il prioprio stato primordiale possiede in
modo naturale e che la manifestazione delle cose avvenga prima di tutto at-
traverso il suono, poi la luce e poi i raggi. Quando i raggi composti di luce di
vari colori si concretizzano, si manifestano le cose nel loro aspetto materiale.
382 E. Guarisco
10
Nella tradizione antica del Buddismo Ttibetano (rNying ma) esiste un
particolare metodo di meditazione chiamato shi-tro, nel quale si visualiz-
zano i simboli del mandala delle divinità pacifiche e irate. Ciascuna di
queste divinità rappresenta un aspetto del corpo e della mente. Allenan-
dosi a questo metodo ci si avvicina alla percezione della purezza primor-
diale che é la natura dell’individuo. Quando queste immagini appaiono
durante lo stato intermedio, colui che ne ha familiarità, invece di scam-
biarle per delle visioni esterne, le riconosce come manifestazione di sè.
Si veda Elio Guarisco (trad. dal tibetano e annotato da), Clara Lovisetti,
Federico Ballarin (trad. dall’inglese), Risvegliarsi al momento della morte, il
risveglio al momento della morte 383
Libro tibetano dei morti, La grande liberazione mediante l’udito durante gli stadi
intermedi, Shang Shung, Arcidosso 2015.
384 E. Guarisco
11
Il corpo mentale è simile al corpo con il quale noi sperimentiamo emo-
zioni, sensazioni e visioni durante lo stato di sogno.
risveglio al momento della morte 385
Conclusione
Bibliografia
Traduzioni inglesi e italiane del «Libro tibetano dei morti» (ordine cro-
nologico)
di Massimo Raveri
che i due termini sono i nomi della verità, che sia l’Assoluto
sia quella scintilla di infinito che è in noi, sono due prospet-
tive di un’unica realtà. L’essenza delle Upaniṣad è forse rac-
chiusa in una folgorazione: «Ciò che è singolare e piccolo è
il Sé, ma anche il Tutto è il Sé. Quell’eterno Tutto è la verità.
Tu sei quello» (Chāndogya Upaniṣhad, 6,13, 1-3). La liberazio-
ne dal gorgo delle rinascite è riconoscersi nella luce di una
realtà più alta e sublime, e in essa perdersi.
Ma per il Buddha il Brahman e l’ātman non esistono, sono
pure illusioni della mente. Il suo insegnamento è radicale:
ogni forma della realtà è ontologicamente vuota, il soggetto
non costituisce una sostanza, ma è un «accidente»; non è
assoluto ed eterno, ma relativo e perituro; non è incondi-
zionato, ma condizionato. È un agglomerato di «aggregati»
psicofisici in perenne associarsi e dissociarsi. Dato che gli
aggregati costitutivi non hanno natura sostanziale, essi non
possono che originare dei composti caduchi e «vuoti». L’io è
una successione concatenata di stati di coscienza, è un «flus-
so» dalle forme sempre cangianti, che si sviluppa all’infinito
attraverso le diverse vite. L’Io individuale è semplicemente
un’espressione convenzionale: non è altro che un nome.
Ma la salvezza per il Buddha non può essere raggiunta
attraverso l’azione, anche se sacrale, perché l’azione porta a
un’altra azione e produce effetti karmici, i quali portano alla
rinascita e ad altre azioni, in un vortice senza fine. Quindi
deve essere subordinata a un più alto ideale, la sapienza
(prajñā), il vero fattore in grado di liberare l’uomo dall’igno-
ranza e dalle illusioni del proprio io empirico. La coscienza
(vijñāna) opera distinzioni e forma le nozioni − illusorie − di
soggetto e di oggetto, elaborandole da una massa di fattori
condizionanti (saṃkhata). Le forme di vita sono relative, ep-
pure l’io vi si rivolge con profondo desiderio (tṛṣṇā), cerca di
la contemplazione del paradiso… 395
1
David Kalupahana, Causality. The Central Philosophy of Buddhism, Univer-
sity of Hawai’i Press, Honolulu 1975. Alex Wayman, Buddhist Dependent
Origination, «History of Religions», n. 10, 1971, pp. 185-203.
396 m. raveri
2
Steven Collins, Nirvana and other Buddhist Felicities, Cambridge Univer-
sity Press, Cambridge 1998, p. 144.
la contemplazione del paradiso… 397
3
Paul Williams, Il Buddhismo Mahayana. La sapienza e la compassione, Ubaldini,
Roma 1990, p. 59.
la contemplazione del paradiso… 399
4
James Foard, Richard Payne, Michael Solomon (a cura di), The Pure Land
Tradition: History and Development, «Berkeley Buddhist Studies Series»,
University of California Press, Berkeley 1996.
5
Luis Gomez, The Land of Bliss, the Paradise of the Buddha of Measureless
Light. Translation of Sanskrit and Chinese Versions of the SukhavativyuhasËtra,
University of Hawai’i Press, Honolulu 1995.
400 m. raveri
6
V. Richard Payne (a cura di), Path of No Path: Contemporary Studies in Pure
Land Buddhism, University of Hawai’i Press, Honolulu 2009.
la contemplazione del paradiso… 403
7
V. Michele Marra, The Development of Mappō Thought in Japan, «Japanese
Journal of Religious Studies», a. 15, n. 1, 1988, pp. 25-54 e a. 15, n. 4, 1988,
pp. 287-305.
404 m. raveri
8
V. Jacqueline Stone e Namba Mariko (a cura di), Death and Afterlife in
Japanese Buddhism, University of Hawai’i Press, Honolulu 2009.
la contemplazione del paradiso… 405
9
V. Jacqueline Stone, By the Power of One’s Last Nenbutsu. Deathbed Practices
in Early Medieval Japan, in Richard Payne, Kenneth Kenichi Tanaka (a cura
di), Approaching the Land of Bliss: Religious Praxis in the Cult of Amitābha,
University of Hawai’i Press, Honolulu 2004, pp. 77-119.
406 m. raveri
10
James Dobbins, A Brief History of Pure Land Buddhism in Early Japan, in
Kenneth Kenichi Tanaka, Eisho Nasu (a cura di), Engaged Pure Land Bud-
dhism, Wisdom Ocean Publications, Berkeley 1998, pp. 113-165.
la contemplazione del paradiso… 407
11
V. Allan Andrews, The Teachings Essential for Rebirth. A Study of Genshin’s
Ōjōyōshū, Sophia University, Tōkyō 1973. Vedi anche Robert Rhodes,
Ōjōyōshū, Nihon Ojō Gokuraku-ki, and the Construction of Pure Land Di-
scourse in Heian Japan, «Japanese Journal of Religious Studies», a. 34, n. 2,
2007, pp. 249-270; Galen Amstutz, Mark Blum, Pure Lands in Japanese Reli-
gion, «Japanese Journal of Religious Studies», a. 33, n. 2, 2006, pp. 217-221.
la contemplazione del paradiso… 409
I testi non danno mai una risposta sul «come sia possi-
bile» un simile mondo, perché la domanda non è neanche
posta dal fedele. La Terra Pura è in fondo la risposta a un
bisogno di salvezza più urgente, che nasce da un senso di
diffuso disagio verso la ragione, sentita come strumento li-
mitato e illusorio, da una radicale sfiducia nelle possibilità
dell’uomo di raggiungere la salvezza con le sole sue forze
spirituali e senza l’aiuto di un’entità soprannaturale.
Mutano le convenzioni di quella che potremmo chiama-
re una «estetica del soprannaturale»: la vista e l’udito sono
13
Okazaki Jōji, Pure Land Buddhist Painting, Kodansha International-
Shibundo, Tokyo 1977.
412 m. raveri
14
Susanne Formanek, William La Fleur (a cura di), Practicing the Afterlife:
Perspectives from Japan, Verlag der Osterreichischen Akademie der Wis-
senschaften, Vienna 2004.
la contemplazione del paradiso… 413
15
Cesare Segre, Fuori del mondo. I modelli nella follia e nelle immagini dell’al-
dilà, Einaudi, Torino 1990, pp. 12-13.
414 m. raveri
19
René Sieffert, De quelques représentations du jugement des morts chez les
Japonais, in Le jugement des morts, «Sources Orientales», n. 4, Éditions du
Seuil, Paris 1961, pp. 255-285.
la contemplazione del paradiso… 417
20
Sakurai Tokutarō (a cura di), Jizō shinkō, Yūzankaku shuppan, Tōkyō
1982; vedi anche Yoshihiko K. Dykstra, Jizō the Most Merciful. Tales from Jizō
bosatsu reigenki, «Monumenta Nipponica», a. 33, n. 2, 1978, pp. 179-200.
418 m. raveri
21
Nihonryōiki, III, 9, in Nihon koten bungaku taikei cit., vol. 70, p. 339.
22
Sul tema dell’iconografia infernale vedi il numero 101 del 2011 della
rivista «Acta Asiatica», dal titolo Hell and Its Representations in Japanese
Culture: from Pictorial Art to Performing Art. Vedi anche Akiyama Ken et al.
(a cura di), Gaki zōshi, Jigoku zōshi, Yamai no sōshi, Kusōshi emaki, nella serie
«Nihon Emaki Taisei», vol. 7, Chūōkōronsha, Tōkyō 1977; Susan Matisoff,
Holy Horrors: The Sermon-Ballads of Medieval and Early Modern Japan, in
William La Fleur, James Sanford, Nagatomi Masatoshi (a cura di), Flowing
Traces. Buddhism in the Literary and Visual Arts of Japan, Princeton Univer-
sity Press, Princeton 1992, pp. 234-61; Caroline Hirasawa, The Inflatable,
Collapsible Kingdom of Retribution. A Primer on Japanese Hell Imaginery and
Imagination, «Monumenta Nipponica», a. 63, n. 1, 2008, pp. 1-50; Waka-
bayashi Haruko, Officials of the Afterworld. Ono no Takamura and the Ten
Kings of Hell in the Chikurinji engi Illustrated Scrolls, «Japanese Journal of
Religious Studies», a. 36, n. 2, 2009, pp. 319-349.
la contemplazione del paradiso… 419
24
Amida hishaku, tradotto da James Sanford in Amida’s Secret Life: Kaku-
ban’s Amida hishaku, in Payne, Tanaka (a cura di), Approaching the Land of
422 m. raveri
1
Particolarmente nel Tantra della Grande Segreta Unione del Sole e della
Luna (tib. Nyi-ma dang zla-ba’ i Kha-sbyor-ba gsang-ba’ i rgyud) e nel Tantra
del Suono che passa attraverso tutte le cose (tib. Sgra thal rgyur chen-po’ i
rgyud).
la spiritualità e la mistica tibetana… 427
2
Tantra dello Stato della Coscienza Spontaneamente Sorto (tib. Rig-pa
rang shar chen-po i rgyud).
3
Sfera di luce multicolore.
4
Manifestazione della Luce come unione di infiniti dischi brillanti e mul-
ticolori che si sovrappongono.
432 c. Namkhai Norbu
Dopo di ciò si entra nello stadio detto della ‘unione della Luce
con lo Stato di Coscienza dell’individuo. Adesso da sé stessi
sorgono infiniti raggi di luce che si uniscono direttamente alla
luce d’arcobaleno che si manifesta in forma di numerosi man-
dala scintillanti. Dopo il momento di espansione della luce da
sé stessi, tutti i raggi luminosi e scintillanti vengono riassorbiti
in sé. Adesso si deve rimanere rilassati e fiduciosi, forti della
pratica fatta durante la vita, come un figlio sulle ginocchia della
madre, riconoscendo tutto come manifestazione della propria
Saggezza.
Il terzo stadio è quello della «unione che svanisce in saggezza»,
in cui da sé stessi sorgono separatamente le varie luci come
correnti di luce che si manifestano distintamente, un colore alla
volta, nei mandala luminosi.
5
I Deva o Dei (tib. lha) sono esseri condizionati dall’orgoglio, concentrati
sul proprio ego, sui piaceri e sul senso estetico: hanno lunghe vite piace-
voli, ma anche loro sperimentano la sofferenza della morte.
436 c. Namkhai Norbu
6
Gli Asura o Semidei (tib. lha ma yin) sono rappresentati come potenti
guerrieri sempre pronti a litigare e combattere.
7
Per ignoranza si intende la non conoscenza della propria natura origina-
le: la condizione degli animali è caratterizzata proprio dall’incapacità di
evolversi e di espandere la propria coscienza.
8
I Preta o spiriti affamati (tib.yid dwags) vengono raffigurati come esseri
dalla grande pancia gonfia e dal collo sottilissimo in cui non può passa-
re nulla che sia più grande di uno spillo: sono perennemente tormenta-
ti da una fame che non possono saziare, rappresentazione dell’avidità e
dell’ansia di possesso.
9
Nel tantra «Il Re che tutto crea» (Kun-byed rgyal-po).
la spiritualità e la mistica tibetana… 437
Chögyal Norbu Namkhai (a cura di), l libro tibetano dei morti, Newton
10
11
Sono pillole o polveri potenziate in modi particolari, che conducono alla
liberazione attraverso il sapore quando sono ingerite (myong grol).
12
Tib. rdo rje’i glu: è un mantra scritto in lingua di Oddiyana, molto impor-
tante nell’insegnamento Dzogchen.
440 c. Namkhai Norbu
13
Tib. btags grol gyi ‘khor lo: è un pezzo di carta o di stoffa su cui sono scritti
dei mantra e che è stato potenziato. Rappresenta la liberazione attraverso
il contatto (btags grol).
14
Tib. grol ba drug ldan, sei metodi che permettono di creare una causa
per la futura liberazione attraverso il contatto con i sei sensi: liberazione
attraverso la vista (mthong grol), attraverso l’udito (thos grol), attraverso
l’olfatto (dri grol), attraverso il gusto (myong grol), attraverso il contatto
(btags grol), attraverso il ricordo (dran grol).
la spiritualità e la mistica tibetana… 441
Possa questo breve scritto aiutare tutti gli esseri che vaga-
no nell’oceano dell’esistenza.
Bibliografia
Namkhai Norbu Chögyal (a cura di), l libro tibetano dei morti, New-
ton Compton, Roma 1983.
Namkhai Norbu Chögyal, Lo yoga del sogno e la pratica della luce
naturale, Ubaldini, Roma 1996.
Namkhai Norbu Chögyal, The Tibetan Book of The Dead, North At-
lantic Books, Berkeley-Arcidosso, 2013 («Introduction», pp. XXV-
LXIV).
Namkhai Norbu Chögyal, Nascere, vivere e morire, Shang Shung,
Arcidosso 2007.
Namkhai Norbu Chögyal, Clemente Adriano, La Suprema Sorgente,
Ubaldini, Roma 2010.
Ponlop Dzogchen, La mente oltre la morte, Ubaldini, Roma 2009.
Sogyal Rinpoche, Il Libro Tibetano del Vivere e del Morire, Ubaldini,
Roma 1994.
Postfazione
di Marco Vannini
1
A completamento di quanto qui solo brevemente accennato, rimando al
mio Indagine sulla vita eterna (con Massimo Polidoro), Mondadori, Milano
2014 e, prima ancora, ad Ananda K. Coomaraswamy, Tempo ed Eternità,
Luni, Milano 1996.
444 M. vannini
Questa nascita non avviene solo una volta all’anno, o una volta
al mese, o una volta al giorno, ma sempre, ovvero al di sopra del
tempo, in quello spazio in cui non c’è né il qui né l’ora.
L’anima ha due potenze che non hanno a che fare col corpo, e
che sono l’intelletto e la volontà: esse operano al di sopra del
tempo.
l’anima sono talmente una cosa sola, che Dio non può avere
niente di proprio che lo separi dall’anima o lo renda altro da
essa. È verità certa che il tempo non può, per natura, toccare
Dio né l’anima. Se l’anima potesse essere toccata dal tempo,
non sarebbe anima: Se Dio potesse essere toccato dal tempo,
non sarebbe Dio.
Tutto ciò che si opera nel tempo tende solo a far sì che lo spirito
riconosca sé stesso, trovi sé stesso. Solo così trova la sua liber-
tà, giacché è libero ciò che non si riferisce ad altro, né da esso
dipende. Quando lo spirito trova sé stesso, scompare ogni este-
riorità e dunque ogni tempo, passato e futuro. Chi pone l’Asso-
luto nell’esteriorità, in altro, lo pone nel tempo, passato e futuro
e così sta negando Dio come spirito. Si ferma allo stadio della
devozione e del culto, ma questo significa respingere lo spirito,
anzi. È il vero e proprio peccato contro lo Spirito Santo, verso
il quale non si può usare indulgenza, giacché chi parla di una
ragione solo finita mentisce contro lo Spirito e non è propria-
mente cristiano.
Perciò prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere es-
senziale è al di sopra di Dio, se prendiamo Dio come inizio del-
le creature. Però in quell’essere in cui Dio è al di sopra di ogni
essere e di ogni distinzione, là ero io stesso, volevo me stesso e
conoscevo me stesso, per creare questo uomo che sono. Perciò
io sono causa di me stesso secondo la mia essenza, che è eterna, e
non secondo il mio divenire, che è temporale. Perciò io sono non
nato e, secondo il modo del mio non essere nato, non posso mai
morire. Secondo il modo del mio non essere nato, sono stato in eter-
no, sono ora e sarò in eterno. Quello che sono secondo la nascita
deve perire ed essere annientato, giacché è mortale, e dunque
deve corrompersi col tempo […] ma quando sono libero della
mia volontà, della volontà di Dio, di tutte le sue opere e di Dio
stesso [ovvero nel pieno distacco], là sono al di sopra di tutte le
creature e non sono né Dio né creatura, ma sono invece quello
che ero e quello che sono e sarò in eterno.
Guidalberto Bormolini
Laureato presso la Pontificia Università Gregoriana, ha conse-
guito la Licentia docendi in Antropologia Teologica ed è dottorando
in Teologia Spirituale presso l’Ateneo S. Anselmo a Roma. È do-
cente al Master «Death Studies & the End of Life» dell’Università
di Padova. Sacerdote e monaco nella comunità dei Ricostruttori
dirige un centro di formazione alla meditazione a Firenze. Si oc-
cupa della formazione del personale presso numerosi Hospices,
ASL e strutture ospedaliere. È autore di numerosi saggi e articoli
di spiritualità.
Elio Guarisco
Ha studiato in Europa con un una decina di autorevoli in-
segnanti tibetani, in particolare con un importante consigliere
filosofico del Dalai Lama. Rimane per più di venti anni in In-
dia, lavorando alla traduzione di una grande enciclopedia del
sapere indo-tibetano conosciuta come Sheja Kunkyab scritta alla
fine del XIX secolo. È uno dei traduttori principali del progetto
Ka-ter dell’istituto Shang Shung per la traduzione di antichi testi
dell’insegnamento Dzogchen. Inoltre è insegnante del Training
per traduttori dalla lingua tibetana, promosso dall’Istituto Shang
Shung.
Farhad Khosrokhavar
È Directeur d’Études all’EHESS (École des Hautes Études en
Sciences Sociales, Sorbonne, Paris) e ricercatore presso le Cen-
tre d’Analyse et d’Intervention Sociologiques (CADIS, EHESS-
CNRS). Le sue ricerche vertono prevalentemente sulla sociologia
dell’islam contemporaneo e sui problemi sociali e antropologici
dell’islam in Francia. È stato visiting professor presso l’Università
di Harvard.
Amos Luzzato
Ha completato gli studi medi a Gerusalemme per poi studiare
Medicina in Italia, speccializzandosi in Chirurgia e percorrendo
le qualifiche ospedaliere di assistente, aiuto, primario. Ottenuta la
Libera Docenza, ha cercato di introdurre il linguaggio e la concet-
tualità matematica nelle sue ricerche cliniche. Si è anche dedicato
a studi di cultura ebraica. È stato eletto per due mandati alla Presi-
denza dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
gli autori 467
Enzo Pace
Già professore ordinario di Sociologia e di Sociologia delle re-
ligioni presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia
e Psicologia applicata dell’Università di Padova, è coordinatore
della classe di Scienze sociali della Scuola Galileiana di Studi Su-
periori dell’Università di Padova e fondatore del master sugli
studi sull’islam d’Europa. Visiting professor all’EHESS-Paris, è
stato Presidente dell’International Society for the Sociology of
Religion.
Giangiorgio Pasqualotto
È professore di Estetica presso il Dipartimento di Filosofia, Socio-
logia, Pedagogia e Psicologia applicata dell’Università di Padova.
468 vedere oltre
Khalid Rhazzali
Ph.D. in Sociologia dei Processi Comunicativi e Interculturali
all’Università di Padova e Dottore di ricerca in Sociologia generale
all’EHESS di Parigi, è docente di Diversità culturale nel corso di
Comunicazione intercuturale all’Università USI di Lugano (CH) e
di Sociologia dei diritti umani all’Università degli Studi di Pado-
va. Co-dirige (con Stefano Allievi) in quest’ultimo ateneo il Master
in Studi sull’islam d’Europa. Nel 2014 è stato visiting professor a
l’Unversité de Lausanne, Faculté de théologie et de sciences des
religions.
Gianfranco Ravasi
Ha studiato alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontifi-
cio Istituto Biblico. È stato membro della Pontificia Commissione
Biblica e docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale.
È presidente del Pontificio Consiglio della cultura ed ha incari-
chi in altre Commissioni e Consigli Pontifici. Collabora al «Corti-
le del Gentili», la struttura vaticana creata per favorire l’incontro
e il dialogo tra credenti e non credenti. È Cardinale della Chiesa
gli autori 469
Massimo Raveri
È professore ordinario di Religioni e Filosofie dell’Asia Orien-
tale presso il Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Medi-
terranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Antropologo, si è
specializzato nel campo delle religioni orientali presso l’Univer-
sità di Firenze. Ha poi approfondito la sua specializzazione nelle
Università di Kyoto e di Oxford. Come visiting professor ha tenuto
dei Seminari nell’Università di Copenhagen, Londra, Lione, Gine-
vra e all’École Pratiques des Hautes Etudes en Sciences Religieu-
ses di Parigi.
Antonio Rigopoulos
È professore associato d’Indologia all’Università Ca’ Foscari,
presso il Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterra-
nea. La sua ricerca verte principalmente sui seguenti ambiti: li-
gnaggi ascetici e devozionali hindū, con particolare riferimento
all’area culturale del Maharashtra (Dattasampradāya; Shirdi Sai
Baba); traduzione annotata di testi sanscriti relativi alla rinuncia e
alla bhakti; l’istituto del guru; le mitologie del termitaio; i temi del
silenzio e della negazione in ambito vedico e buddhista antico.
Emanuele Severino
È tra i filosofi più importanti e conosciuti nella cultura con-
temporanea. Accademico dei Lincei, Cavaliere di Gran Croce, Me-
daglia d’oro della Repubblica per la cultura e collaboratore del
«Corriere della Sera». Tra i suoi più importanti impegni accademi-
ci ricordiamo che ha fondato il Dipartimento di Filosofia e Teoria
delle Scienze dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, ove insegna
dal 1972. Il suo lavoro di docenza lo vede impegnato anche all’Ac-
cademia dei Lincei, all’Università Bocconi di Milano e alla Facoltà
di Filosofia del San Raffaele di Milano.
470 vedere oltre
Ines Testoni
È psicoterapeuta psicodrammatista, professoressa di Psicolo-
gia sociale all’Università degli Studi di Padova, Direttrice del Ma-
ster Death Studies & The End of Life, Manager Director di diversi
progetti europei, membro di numerose associazioni nazionali e
internazionali per lo studio dei rapporti tra psicologia, religione,
tanatologia, palliazione e suicidio. È autrice di una cinquantina di
articoli di rilevanza nazionale e internazionale e di altrettanti in-
terventi a congressi. Ha pubblicato una decina di volumi e curato
altrettante opere.
Andrea Toniolo
È docente stabile di Teologia fondamentale presso la Facoltà
teologica del Triveneto, ha conseguito il dottorato in Teologia alla
Pontificia Università Gregoriana di Roma (1994); soggiorni di stu-
dio e ricerca a Tubinga, Parigi e Chicago. Dal 2007 è stato docente
stabile di Teologia fondamentale presso la Facoltà Teologica del
Triveneto, dal 2008 al 2012 preside della Facoltà Teologica del Tri-
veneto; attualmente è responsabile del Servizio Nazionale della
CEI per gli Studi Superiori di Teologia e di Scienze Religiose.
Marco Vannini
Laureato in Filosofia con una tesi sul Wittgenstein metafisico e
mistico. Si è baccalaureato in Teologia presso lo Studio Teologico
Fiorentino. Ha compiuto viaggi e soggiorni di studio in Europa
e in altri continenti, a contatto con culture e religioni non cristia-
gli autori 471