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David Bowie

Videoclip anni ‘70

Negli anni Settanta David Bowie fu il primo cantante a sperimentare le possibilità promozionali


della fama di omosessuale, continuando ad alternare coming out gay e relazioni eterosessuali. Gli
album che Bowie pubblica tra il 1971 e il 1974, Hunky Dory, Ziggy Stardust and the Spiders from
Mars, Aladdin Sane e Diamond Dogs formano una delle epopee più grandiose del rock&roll: la
cronaca del crollo di mondi interiori ed esteriori, la disintegrazione dell’ego e della società stessa;
soprattutto questi album parlano di libertà sessuale e realizzazione di sé in un modo che la cultu-
ra popolare non aveva mai permesso prima. Fin dagli anni ’50 l’espressione della sessualità nel
rock&roll ha provocato lo sdegno dei moralisti, ma si trattava comunque sempre di una sessualità
tradizionale: la passione, l’amore e il dolore per la fine di una storia tra un uomo e una donna. All’i-
nizio degli anni ’70 la situazione è cambiata, addirittura è la moglie, Angela che spinge suo marito
a usare in modo ancora più audace il suo aspetto androgino. L’androginia esasperata di David
Bowie è il segnale che i tempi sono cambiati.
Moonage daydream: Nella tematica dell’album, è il brano in cui il messia alieno si rivela nella
sua combinazione di ribellione, e libertà sessuale e religiosa: l’archetipo della rockstar. Il videoclip
viene girato dal vivo durante alcune date dello Ziggy Stardust tour.
Bowie cerca di definire la mitologia di sé stesso come Ziggy Stardust, un “alligatore” forte e senza
rimorsi, un mamma/papà senza un genere sessuale specifico, al di là di ogni definizione, un inva-
sore spaziale: alieno, distante, incomprensibile, una “puttana del rock’n’roll” che non ha tabù né
limiti per arrivare al successo e alla fama.
Considerato il primo videoclip ufficiale, John, i’m only dancing, si tratta solo della ripresa d’una
prova generale di spettacolo teatrale, e non di materiale visivo prodotto o raccolto espressamen-
te per il filmato, come di solito avviene nei videoclip; qui stiamo perciò ancora parlando, del filma-
to promozionale d’un evento. Va notata la presenza dei ballerini/mimi “androgini” la ripresa dei
passi di danza intervalla quella dei primi piani di Bowie e dei suonatori, truccati in modo che non
fosse chiaro al primo sguardo quale fosse l’uomo e quale la donna. La canzone oggi è totalmen-
te innocua ma all’epoca provocò crisi isteriche e reazioni censorie. Il testo è però deliberatamen-
te ambiguo, al punto che è perfettamente lecita la lettura secondo cui John è in realtà l’amante del
cantante: la chiave di lettura gay finisce per sembrare decisamente più probabile di quella etero,
peraltro ostentata come quella “giusta” da tutti coloro che ne parlavano.
Il videoclip di The Jean Genie, il secondo diretto da Mick Rock dopo quello di John, I’m Only
Dancing, fu girato il 28 ottobre 1972 a San Francisco con sole 350 sterline. Il video comprende
frammenti di esibizioni live intervallati da scene degli Spiders from Mars che posano in un albergo,
dall’appropriato nome Mars Hotel, mentre Bowie esamina Cyrinda Foxe come regista cinemato-
grafico attraverso un obiettivo simulato intrecciando le dita.
«era piuttosto innovativo a livello di scenografia. Volevamo ottenere un look molto grafico, bianco,
quasi tipo Vogue, grandi porzioni di facce, occhi su abbaglianti fondali bianchi da inserire in un’am-
bientazione appropriata» commentò il cantante nel 1986. Il cameraman John Henshall, 69 anni,
conservò una copia di Bowie mentre interpretava Jean Genie nel 1973, registrata tramite l’uso
di lenti Fisheye designate da lui stesso. Uscito a due anni di distanza da Love You Till Tuesday,
Space Oddity è il decimo singolo del cantante ed il primo estratto dall’album omonimo. Il brano
lascia spazio a varie letture, il tema principale è lo spazio: l’agghiacciante storia di un astronauta
che non riesce a tornare dal suo viaggio, ma il testo ci parla della paura nel perdere il controllo, di
rassegnazione al destino, di isolamento, di alienazione e solitudine, temi che toccano nel profondo
la musica rock inglese negli anni in cui il rock psichedelico va per la maggiore; il brano rispecchia
anche l’angoscia collettiva della fine degli anni 60, la fine di un epoca felice che sembrava non
dovesse mai finire, il resto è storia: la fine del movimento hippy, l’arrivo dell’eroina (che in quel
periodo Bowie provò) e la guerra in Vietnam.
Il video di Space Oddity venne girato dal fotografo Mick Rock agli RCA Studios di New York nel
dicembre 1972, durante la parte finale dello Ziggy Stardust Tour. Si trattava di una ripresa piuttosto
statica di Bowie intento a suonare la chitarra nello studio deserto, circondato da un armamentario
pseudo-era spaziale. Bowie girò il video nelle vesti di Ziggy Stardust, con un aspetto quindi molto
diverso da quello che aveva il 6 febbraio 1969 quando, nelle riprese del video promozionale Love
You Till Tuesday, si presentava più appropriatamente nelle vesti di un astronauta che parte per il
cosmo, su quello che sembra un ciclomotore a forma di casco, e viene abbordato da due inganne-
voli “sirene dello spazio” acconciate in stile Blake’s 7, una nota serie tv fantascientifica Britannica
degli anni 70. «Molti film mi hanno profondamente impressionato negli anni sessanta e uno dei
più importanti è stato 2001: Odissea nello spazio. Lo collegavo al senso di isolamento. Questo e
diversi altri elementi modellarono molte delle mie performance, e forse hanno predetto il mio stile
di vita negli anni settanta.» Come cita lo stesso Bowie una fonte d’ispirazione per Space Oddity fu
sicuramente il celeberrimo film di Stanley Kubrick del 1968. Da questo punto di vista, il brano può
rappresentare una riflessione sul carattere vano e transitorio della fama, infatti Bowie comincia a
porsi domande sui criteri della celebrità e si comincia a prefigurare la fusione dei diversi significati
di “star”.
Un videoclip surreale quello di “Life on Mars?”, girato da Mick Rock nel 1973, quasi inquietante
nella sua staticità, al punto da apparire come un fluttuante dipinto pop-art. Sarà anche uno dei pri-
mi one man show di Bowie, perfettamente a suo agio in quel make-up grottesco che insieme alla
melodia in campo bianco e uno spiazzante completo turchino (a cura dell’ineffabile stilista Freddi
Buretti) faranno bucare lo schermo.
Il videoclip di “Be My Wife” segna anche il ritorno di Bowie ai videclip ufficiali dai tempi di “Life
on Mars?“, con il quale tra l’altro condivide la scenografia completamente bianca sul quale si sta-
glia. Tra i due videoclip, infatti, esistono solo versioni semi-ufficiali prese da apparizioni televisive.
La regia di Stanley Dorfman diede al video un tocco originale mostrando un eccentrico David
Bowie con un trucco ispirato a Buster Keaton, in abbigliamento minimal con tanto di sandali ai
piedi, mentre esegue alla chitarra un’interpretazione irriverente, volutamente sciatta e svogliata,
della canzone, in netto contrasto con i sentimenti espressi nel testo della stessa e cantando la
traccia vocale visibilmente in playback, senza nemmeno preoccuparsi di muovere le labbra ad
un certo punto dell’esecuzione. Uno dei video più iconici del cantante è sicuramente quello girato
per la canzone “Heroes”, a Parigi il 27 Settembre 1977,dal regista Nicholas Ferguson. Riesce a
mantenere l’accento sul piglio epico del brano privando il videoclip di ogni artificio o storia: c’è solo
Bowie quasi immobile, in controluce, che canta la canzone.
“D.J” è uno dei primi brani a essere fornito di un commento visivo davvero elaborato. Il merito è
del regista David Mallet, conosciuto sul set del “Kenneth Everett Show” dove già sperimentava
tecniche come il chromakey, in grado di sovrapporre immagini e virare i colori in modo palesemen-
te artificioso.
In “D.J.” Bowie impersona il protagonista nevrastenico della canzone. Le immagini di lui che di-
strugge la sua apparecchiatura sono alternate a quelle di una autentica passeggiata per Londra,
con la gente che lo circonda e lo abbraccia. Un’idea semplice ma efficace per un pezzo profetico
che denuncia il dj come nuovo “artista della vita moderna”. Bowie, inoltre, aveva dedicato un intero
disco (Outside) alla trasfigurazione estetica della morte come opera d’arte. Nel concept album egli
interpretava un detective che indagava, metaforicamente, sulla morte dell’innocenza. Il cortocircu-
ito tra trasfigurazione artistica della vita e morte dell’innocenza era stato esplorato definitivamente
da Wilde ne Il Ritratto di Dorian Gray, non a caso incarnato da Bowie nel video di “Look Back in
Anger”.

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