Attraverso i saggi di
Baudelaire scopriamo la vita
di Constantin Guys,
considerato il pittore della vita
moderna
Nel 1863 Baudelaire scrive di Constantin Guys, disegnatore e pittore francese nato a Flessinga nel 1805.
Proprio come Eduard Manet, Constantin, infatti, vaga come un perfetto flaneur parigino alla ricerca del
sublime e del meraviglioso nascosti nella quotidianità. Si immerge nella metropoli, divenendo così un
attento e analitico conoscitore del tessuto urbano.
Cosa avrebbe mai potuto appagare questo spirito da girovago bohémien più dell’eterna bellezza e della
stupenda armonia in una capitale come Parigi?
Il fascino della modernità lo cattura e con tratto rapido e consapevole ci trasporta in un mondo di donnine
svolazzanti, affollati bistrot, corse di cavalli e palchetti di teatro abitati da procaci signore corteggiate da
dandy vestiti di tutto punto, il tutto condito da una certosina attenzione ai particolari, alla moda e all’ estetica
di quell’epoca.
Non a caso Baudelaire definisce Guys ‘peintre de la vie moderne’, il pittore della vita moderna. Lo
sguardo critico dell’io narrante è difatti un punto di vista esclusivo attraverso cui scaturiscono delle
réveries morales non solo sulla figura dell’artista ma anche su donne, musica e immaginazione che
trasformano questa raccolta di brevi saggi, pubblicati da Le Figaro, nell’ esaltazione della summa estetica
baudelairiana.
Utilizzando il pretesto di commentare l’opera del misterioso e geniale pittore, lo scrittore pronuncia il suo
elogio all’artificiale, alla precarietà della congestione cittadina e alla vita da dandy metropolitano,
sovvertendo così le grandi idee ottocentesche di quella borghesia illuminata che tuttavia non desisteva dal
celebrare la bontà e l’armonia della natura.
È senz’altro facile annotare le numerose affinità, la spregiudicatezza e i paradossi che accomunano la figura
di Constantin Guys a quella di Charles Baudelaire.
Chissà che il poeta non si sia servito dell’artista come summa del suo alter ego.