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Bhakti e musica

Considerata di origine divina, la musica è parte rilevante della mitologia indù. La dea Sarasvatī è
onorata come patrona divina della musica; il dio creatore Brahmā ha creato la musica indiana come
"Quinto" Veda; Vishnu il conservatore suona la conchiglia e suona il flauto nel suo avatar Krishna;
Śiva sotto forma di Naarāja (signore della danza) suona il tamburo amaru durante la dissoluzione
cosmica. Componente importante delle cerimonie di adorazione, specialmente nelle solennità:
melodie sacre tramandate da millenni, eseguito da flauti seguiti da strumenti a percussione che ne
scandiscono il tempo, e accompagnano il canto, solitamente salmodie dei nomi divini o dei mantra
più importanti. Specialmente presso le scuole devozionali (bhakta 1 ), l’adorazione (bhajana) si
esprime anche attraverso il canto corale delle lodi (kirtana) del Signore.
Il Kirtan, così come il Bhajan, furono di notevole importanza per il mantenimento e la proliferazione
delle credenze religiose e delle pratiche dell'induismo popolare. Kirtan significa glorificare qualcuno
o qualcosa recitando o discutendo sulle sue più alte virtù. Questo significato è ancora attuale; ma, più
comunemente, Kirtan è associato all'ambientazione musicale di un testo che glorifica una divinità.
Anche se non è possibile determinare esattamente quando il termine ha acquisito un significato
musicale, non c'è dubbio che l'uso moderno del Kirtan come termine musicale è un'estensione delle
pratiche dei santi Bhakti medievali 2 che usavano il Kirtan come mezzo per diffondere il
devozionalismo emotivo che avevano sposato.
A partire dal VI secolo A.C., il movimento bhakti emerse nel sud dell'India favorendo un induismo
incentrato sulla devozione rispetto ad uno governato da sacerdoti e rituali, divenendo la motivazione
primaria per la creazione e l'esecuzione di musica religiosa del primo medioevo, elevata come una
dottrina distinta e un modo di vita religiosa superiore alla conoscenza (jñana; saggezza e conoscenza)
e alle opere (karman).
Seguendo le indicazioni della Bhagavadgita e della Bhagavatapurana, i bhakta hanno riconosciuto il
kirtan devozionale e il bhajan come veicoli primari di accesso personale al divino, innalzando la
divinità di Krsna a oggetto della maggior produzione della musica devozionale bhakti: la musica e il
canto sono stati di importanza centrale nel movimento Vaisnava Bhakti fin dai suoi inizi. In senso
teologico, possiamo distinguere tra musica offerta e musica ricevuta, tra musica diretta alla divinità e
musica concepita attraverso l'ispirazione divina. Entrambi i poli della costellazione dialettica sono
portati avanti dall'elemento devozionale sottostante: una persona dotata di devozione fa l'offerta
musicale per amore di Dio, ed è la sua devozione che permette all'uomo di partecipare alla
benedizione divina sotto forma di musica. È importante notare che il principio dialettico può
funzionare solo nella religione devozionale, perché presuppone un rapporto attivo e bifronte tra
l'uomo e la divinità. Ma mentre i termini kirtan e bhajan sono spesso usati in modo intercambiabile
nel linguaggio comune, essi cominciano a differire quando gli aspetti linguistici e contestuali sono
esaminati più da vicino. Per esempio, da un punto di vista linguistico, kirtan si riferisce strettamente
a una canzone che loda o glorifica una divinità, con una struttura “chiamata e risposta” che permette
l’interazione fra musicisti e uditori; bhajan si riferisce a una canzone che influisce sulla comunione
personale o sullo scambio emotivo con il divino. Anche i fattori geografici danno forma a significati
distinti. Nel nord, il kirtan può riferirsi all'atto del canto devozionale stesso, con il significato di bhajan
che significa una canzone specifica. Nel sud si trova il contrario. Più recentemente, "bhajan" ha
acquisito significato di una canzone devozionale, solista, eseguita a conclusione di un concerto di

1
Nell’induismo, pratica religiosa fondamentale («devozione, amor di dio») che assicura la salvezza; ha le sue radici
nella concentrazione mistica propria dell’ascetismo, ma è esente da ogni ardua speculazione; pur non escludendo la «via
delle opere» o la «via della conoscenza», si pone come via di salvezza tutta particolare (bhaktimārga), soprattutto
mediante la concezione di un dio personale, cui ogni creatura può rivolgersi con amore. Nata e sviluppatasi soprattutto
nell’ambito della devozione visnuitica, è praticata anche in altre correnti religiose induistiche, incentrate su una figura
divina ben personalizzata. http://www.treccani.it/enciclopedia/bhakti/
2
Si pensi soprattutto a Caitanya Mahāprabhu (lett. "il grande maestro/signore Caitanya” (Navadvip, 27
febbraio[2] 1486 – Puri, 9 luglio ? 1533) mistico indiano viṣṇuita, di particolare carisma, venerato in quel contesto
come manifestazione delle divinità di Kṛṣṇa e di Rādhā; nonché il fondatore di quella forma di viṣṇuismo che va sotto il
nome di viṣṇuismo gauḍīya o bengalese. https://it.wikipedia.org/wiki/Caitanya
musica vocale classica del nord. In alcuni casi, bhajan si riferisce ad un tipo specializzato di canto di
lode associato a un movimento religioso o guru.
Secondo il Bhagavatapurana, il metodo più semplice per evocare la presenza divina nel Kaliyuga 3 è
il Samkirtan, la glorificazione collettiva e la ripetizione incessante del nome di Dio; sottolinea inoltre
l'importanza del Samkirtan come parte del culto bhakti nell'epoca attuale (Kaliyuga, appunto) per
garantire la realizzazione spirituale degli uomini.

Il canto collettivo dei nomi divini è molto popolare in tutta l'India e viene correttamente chiamato
nām kīrtan, saṃkīrtan, o nām bhajan. Cantato e danzato a semplici melodie accompagnate da tamburi
e cimbali, nām kīrtan o nām bhajan esprime una fervida devozione e serve come mezzo di liberazione
spirituale più immediati rispetto a quelli eseguiti con ordinarie pūjā o osservanze religiose. Come
abbiamo visto sopra nel Bhāgavatapurāṇa, per quanto riguarda nām kīrtan o saṃkīrtan, la
glorificazione e l'incessante ripetizione del nome di Dio, è assunta come la via principale verso la
realizzazione spirituale nella l'attuale età del kaliyuga: questi canti danno la possibilità alle persone
non scolarizzate nella tradizione della musica classica indiana di sperimentare un simile senso di
euforia musicale.
Hare ̣Krishna, il canto conosciuto come il mahāmantra (grande mantra per la liberazione), fu proposto
di Śrī Caitanya Mahāprabhu, fondatore del movimento Gaudiya Vaishnava (noto anche come Bengali
Vaishnava, o Chaitanya Vaishnavismo), movimento religioso indù Vaishnava. "Gauḍīya" si riferisce
alla regione Gauḍa (l'attuale Bengala/Bangladesh) con il Vaishnavismo che significa "il culto di
Krishna". La sua base teologica è principalmente quella della Bhagavad Gītā e Bhāgavata Purāṇa
come interpretata dai primi discepoli del Chaitanya ,come Sanātana Gosvāmin, Rūpa Gosvāmin, Jīva
Gosvāmin, Gopala Bhaṭṭa Gosvāmin e altri; continua in India, e nel resto del mondo tramite il
movimento Hare Krsna ( ISCKON - International Society for Krishna Consciousness ) l'associazione
fondata a New York nel 1966 dal maestro spirituale indiano A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada
(1896-1977) espressione del movimento viṣṇuita/kṛṣṇaita Nord Occidentale, si basa
sull'insegnamento di Caitanya.

Il motivo di questa supremazia dei nomi di Kṛṣṇa è spiegato nel Padma Purāṇa (Pātāla-khaṇḍa,
Mathurā-māhāhātmya):
tārakāj jāyate muktiḥ prema-bhaktis tu pārakād

"Tutti gli altri nomi di Viṣṇu (incluso Rāma) danno mukti (liberazione), mentre i nomi di Kṛṣṇa danno
l'amore di Dio (prema)".
Anche se Śrī Caitanya è il fondatore e propagatore originale del canto su larga scala del Hare Kṛṣṇa
mahā-mantra, possiamo risalire a tempi molto precedenti e, di fatto, fino agli antichi testi Vedici. La
maggior parte delle fonti non sono molto conosciute e molte rimangono ancora inedite. Ha senso dire
che tali trattati e persino il mahā-mantra stesso non fossero ampiamente conosciuti prima di Śrī
Caitanya – il yuga-avatara di Kṛṣṇa che doveva ancora apparire per inaugurare lo yuga-dharma – hari-
nāmasaṅkīrtana. Troviamo ancora riferimenti diretti al mahā-mantra specialmente nel Kali-santaraṇa
Upaniṣad (letteralmente "conoscenza per passare sopra l'era di Kali"), che è l'unico Upaniṣad che dà
l'intera Hare Kṛṣṇa mahā-mantra.
Questa minore Upaniṣad, molto breve, appartiene all'Kṛṣṇa-yajur-veda ed è elencato nel Muktikā-
canon. Il suo riassunto è il seguente: alla fine del Dvāpara-yuga il grande saggio Nārada si è avvicinato
al Brahmā, il creatore dell'universo, chiedendo come sia possibile superare gli effetti malvagi
dell'imminente Kaliyuga.

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Secondo l'interpretazione della maggior parte delle Sacre Scritture induiste, tra cui i Veda, il Kali Yuga è l'ultimo dei
quattro yuga; si tratta di un'era oscura, caratterizzata da numerosi conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale.
https://it.wikipedia.org/wiki/Kali_Yuga
In risposta alla sua domanda Brahmā sostiene che si può farlo cantando il nome di Nārāyaṇa, la
persona primordiale. Mentre gli si chiede di nuovo quali nomi esatti dovrebbero essere i nomi di un
canto, Brahmā recita a Nārada l'intera Hare Kṛṣṇa mahā-mantra:

hare kṛṣṇa hare kṛṣṇa kṛṣṇa kṛṣṇa hare hare


hare rāma hare rāma rāma rāma hare hare
iti ṣoḍaśakaṁ nāmnāṁ kali-kalmaṣa-nāśanaṁ
nātaḥ parataropāyaḥ sarva-vedeṣu dṛśyate

Bibliografia

Giovanni Filoramo (a cura di), Hinduismo, Editori Laterza, 2002.

Giorgio R. Franci, L’Induismo, Il Mulino, 2000.

Beck, G.L., Sonic Theology: Hinduism and Sacred Sound, Columbia: University of South Carolina
Press., 1993.

Beck, Guy L., Sonic Liturgy: Ritual and Music in Hindu Tradition. Columbia: University of South
Carolina Press., 2012

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