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IL SE CONDO LIBRO
D E L L O P E R E
B U R L E s c H E
DEL BERNI DEL MARTELLI
DEL MOLZA # DEL FRANZESI
DEL BINO is DELL'ARETINo
E d'altri Autori.
Appreſſo JA cop o B R or D E L E T
In Usecht al Reno 1771.
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DI M. FRANCESCO BERNI
A 1 L a c o R T E
bÈL DUCA ALESSANDRO A PISA,
NºCacaſangue
-
mandate Sonetti, ma Prugnuoli,
vi venga a tutti quanti, i si
Sualche buon peſce per queſti di Santi, i
È poi capi di latte negli orciuoli. i .
se non altro detalli di Vivuoli, i
Sappiam, che ſiete ſpaſimati amanti,
E per amor vivete in doglia, e'n pianti,
E fate verſi come Luſignuoli. i
- Concludendo in effetto
Che noi farem la vita alla diviſa,
se noi ſtiamo a Firenze, e voi a Piſa .
●姿 4 を勢
A L LA M A R C H E S A NA
D I : P E S C. A. R. A.
R I N G, A N T A Z I O N E.
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'Io diſſi mai mai neſſun di verona, s
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D E S C R. I Z I O N E
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D E L G I o V I o. - - - -
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p=1+A P vA
Di M. Franceſco Berni.
Espx idra “. º º
Ch'io ſappia, in proſa o n verſi ha mai parlato
Dell'eccellenza, e virtù de la Piva.
Ond"io forte mi, fon ftato ammirato,
Vedendo, ch' egli è un nobile ſtrumento,
E degno d'eſſer da ciaſcun lodato.
Conoſco degli ingegni più di cento, ... ."
Buoni, e gentili, atti a far queſta coſa,
Ma il capo tutti quanti han pien di vento.
E fi perdon chi in fcriver una rofa,
Chi qualch'erba, od un fiume, od un uccello,
O qualche ſelva, o prato, o valle ombroſa.
E così van beccandoſi il cervello:
Ma diria alcun, tu ancor foſti di quelli,
Io l confeſſo, e di queſto non m'appello.
Ma diciam pur, ch'alli ſuggetti belli,
E degni, doverebbono attaccarſi.
Quei, che gl'ingegni hanno ſvegliati, e ſnelli
Vogliono in certe baje affaticarſi, -
C A PI To Lo PR 1 M o
ALLA SUA INNAMORATA.
- o -
UAND'io ti ſguardo ben dal capo a piei,
E ch'io contemplo la cima, e 'l pedone,
i par aver acconcio i fatti miei.
Alle guagnel, tu ſei un bel Donnone, ,
Da non trovar nella tua beltà fondo;
Tanto capace ſei con le perſone, c
re
é咨r3安吻
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CA PI To L o se c o N D o
A L L A D E T T A
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Tu ſei i" pur ch'io muoia affatto,
Prima che tu mi voglia ſoccorrire,
E farmi andar in frega com'un gatto.
i Ma
Ma ſe per tuo amor debbo morire, i
Io t'entrerò col mio ſpirito adoſſo,
E sfameronmmi innanzi al mio uſcire. I
E non ti varrà dir, non vò, non poſſo, i primi
Cacciato ch'io t'avrò il mio ſpirto drento,
Non.ti avvedrai che i corpo ſarà groſſo.
2
Al tuo diſpetto anche ſarò contento, o
E mi 紫鷺 nel tuo ventre a ſguazzare, i
Come ſe foſſi proprio l'argomento, o
Se Preti mi vorranno diſcacciare, o
Non curerò minacce, nè ſcongiuri,
Ti fo dir, »avranno lagio di gracchiare. -
- - rir.
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ri - - - -
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IX -
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8 9
Biſogna
Per un ſodo prima
trovar ingegno naturale;
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caccia i luochi, A ...)
A. -
Ed eſſer ben nell'arte univerſale,
Trovar. cacciando. mille belli, giuochi.
Che cacciar come caccia il generale,
Provato abbiam, ch'n sè diletti ha pochi.
Convien, Donne, alla caccia uſar gran cura,
Servar ordini, tempi, arte, e miſura.
Come la caccia a chi ſa ben cacciare o a
E' di tutti i diletti il meglio e 'l fiore, ,
Così difficultade è nel trovare ● fr、 。
Un bel accomodato cacciatore, e 4
Ed aver can che poſſa al corſo ſtare, o
Nervofo , fvelto , e d'animofo core:º( (
E ſaper poi, quando la fera è preſa -
C A PIT o L o D E L M o Lz A
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Quel, ch'a te noce, adB altri
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Di M. Franceſco Coppetta.
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I lodar. Noncovelle ho nel penſiero,
Ma niente mi infraſca, e mi luſinga,
E ſon corſi al romor già Nulla, e Zero.
Ma quelli vi darei per una ſtringa , -
Io vò di Noncovel fare un guazzetto,
E ſon contento, che ciaſcun v'intinga.
Queſto fia cibo a racconciar perfetto i
Certi noſtri ſvogliati ſtomacuzzi, i
E voi, Compare, a queſta menſa aſpetto
Forza ſarà, che l'appetito aguzzi r , e i.
Chi di queſto ſi paſce una ſemmana,
Nè dirà, che la Starna, e 'l Fagian puzzi.
Ma per non fare alla Napoletana, 5 r. -
Lavatevi le mani, e giù ſedete,
E non vi paja la vivanda ſtrana. I
Diſpoſto un tratto ſon trarvi la ſete, i 6
. E non vò chi altri in corteſia m'avanzi
3 o Di Noncovelle, e Noncovelle avrete.
Queſto non è ſoggetto da Romanzi, e
Ma da cervelli aſtratti, e da perſone,
Che ſempre tengon l'Aſtrolabio innanzi:
Ma s'io credeſſi ſpogliarmi in giubbone, i
Mi ſon diſpoſto di moſtrarvi in rima,
E la ſua ſtirpe, e la ſua condizione.
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A" ;ralla voce si al volto, a io panni,
ºd in o ni voſtratto, avete cerai , i
Vie più di Niccolò, che di Giovanni; o -
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A M. Bernardo Giuſto.
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Or m'ha graſſi, e delicati
i diſegni guaſti, paſti, -
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ALLA SIGNORA ORTENSIA GRECA. - -
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Di M. Lodovico Martelli, iº
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IEN di dºlce iſo di dirvi in rima o se
GliChalte lodi di un giºcº anticº e bellº,
or , Gorge ogni altro ben, poco ſi ſtima 3
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Di. 19Vincenzo
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Martelli.
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IN L o D E DELLE MENz o GN E.
o i opi: iº ti rivo , i
OGLIoN quei, ch'a pigion tolgon Parliafo, º f
sforzarſi dri con Apollo, or con le Muſe,
Io per me ſono un'uom, che vivo a caſo?
Sì che tra noi ſieti fatte omai le ſcuſe, e -
Don Furor caro, andiancene alla buona i
Per le ſtrade dal volgo oggi deluſe.
Voi ſarete Aganippe, ed Elicona,
E darete cianciando a queſto ſtile, of
Quanto Apollo farebbe egli in perſona.
A me par ſovr ogni arte alta, e gentile º º
Il far capace a molti una Menzogna,
E richiede un'ingegno ben ſottile, i viº
E portar nella taſca la vergogna,
L'audacia in volto, e dir con sì bel mode,
Che talori paga il vert quel che ſi ſogna º
E ſovra ogni ſagacia approvo, e lodo, io º º
Se biſogna il giurar, perch altri l creda,
E queſto è quel martel, che ferma il ehiodo.
Allor ſi può veder quaſi vil preda i tullº,
Girſene vinto dalla tua invenzionè it º
Il ver, qual'uom, ch'a maggior forza ceda.
Girar gli occhi d'intorno alle perſone, i lº
Non cangiar volto, e non mutar colore,
E mentir quaſi per riputazione, i P
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LE TERzE RIME
DI MATTIO FRANZESI -
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A M. Carlo Capponi. -
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SOPRA LE svovº 5
A M. Benedetto Buſini.
OICH'adeſſo, Buſino, ognun m'affronta,
Perch'io gli faccia parte delle Nuove,
Nuove, che non le ſa chi le racconta.
- G 2 Prima
Prima che queſta coſa eſca d'altrove, e
Io vò dir delle
Nuove in queſta carta,
Acciocchè fempre in man me la ritrove.
Voglion coſtoro, avanti ch'e ſi parta,
Non ch'e giunga un corriere, aver l'avviſo,
Quando la fama ancor non ſe n'è ſparta.
E non han prima guardatoti in viſo,
Che dopo quel baciare alla Spagnuola,
Dopo una sberrettata, un chino, un riſo,
Dopo la prima, o ſeconda parola,
T'affrontan con un certo, che ſi dice?
Diceſi, ch'ognun mente per la gola.
perchè la coſa mai non ſi ridice
Com'ella ſta, e chi leva, e chi pone,
E chi la vuol carota, e chi radice.
Meſſoſi in cerchio poi queſte perſone,
Fan col gracchiar più roco mormorio,
Che ſe foſſe 'n un fiaſco un calabrone.
* - -
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S O P R A L E M A S C H E R E.
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●姿 Io6 逸勢
C A P, I T O L O
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Al Signor Molza.
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A Caino ſpenditore.
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C A P I T O L O
D E L L A MA LA N o T T e.
A M. Bartolemeo Giugni.
N tempo buio, bujo, e ſtrano, ſtrano,
Da fare addormentar le Sentinelle,
E da far rincarare il vino, e 'l grano:
Un'acqua da catini, e catinelle,
Per chi non ha le tetta bene acconce,
Un'acqua più da zoccol, che pianelle:
Che dal Ciel ne vien giù cen le bigonce,
E farà un gran pezzo la verſiera ; -
onde mille faccende ſaran ſconce:
Un eſſer mezzo giorno, e parer ſera,
Il ricordarmi d'una mala Notte
Vegghiata , e paſſeggiata intera, intera:
Saran cagion, che in cambio delle gotte
Io ve la mandi ſcritta appunto, appunto,
In queſte rime a vanvera dirotte.
or aſcoltate in buon ora, e in buon punto:
Io mi partii di Roma un non sò quando,
Baſta, ch'un giorno fu, che vieta l'unto.
E con un Mul, ch'andava ſaltellando,
Con dirli ſempre, o tu vai, o tu crepi,
E tuttavia gli ſproni inſanguinando,
A due ore di notte giunſi a Nepi,
Terra fu già dall'unico Aretino
Governata, or da fior d'altro, che
- - 3
ieri;
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ve?: 118 e
Eravi tutto il Gregge Palatino,
Ed il Santo Paſtore, ond'era pieno
Ogni Palagio, ed ogni chiaſſolino.
Chi alloggiava in paglia, e chi nel fieno,
. Altri s'era impancato, o intavolato,
Ed io mi raggiravo a quel ſereno.
Andava interrogando in ogni lato,
Se per danari, o per miſericordia,
Io poteſſi alloggiar nell'abitato.
Il popol tutto di comun concordia
Mi diceva, e non ci è luogo pe mezzi;
Onde per tutto ci è qualche diſcordia.
Diſſemi un, ſe volete, ch'io v'ammezzi -
C A P I T O L O
Al Signor Molza.
EL tempo, che queſt'era un'altra Roma,
º N E che quelli omaccioni a tutto 'l mondo
Avevan meſſo il baſto con la ſoma :
-
E che 'l ricciuto, il calvo, il bianco, e 'l biondo.
Giva d'ogni ſtagion ſenza berretta,
In ſtato sì felice, e sì giocondo :
Era pure una vita benedetta, ,
Priva di cerimonie, e sberrettate, -
с А в 1 т о L. o.
D’UN v I A G G I o
А м. Benedetto Bufini.
i SOM'io partii da voi, con voi rimafi,
E con voi venni a caccia, e con la mente
Con voi ſon ſtato in tutti quanti i caſi.
Vedervi mi parea tra gente, e gente,
Comandar’ al bracchier qual capocaccia,
O veramente ſuo luogotenente,
- -
, Gi
Gr 1 I -
r
ఆ 126 శ
Girſene innanzi a gli altri cento braccia
Ghiribizzoſo, e con la montanara
stare a veder , fe fiera fi fcovaccia . ·
fd eſſerſi incapato qualche gara, si s
Come dire una ſtrada, o una poſta, *
Tô/779 I/. - I CA
ఆ 10 శక
с. А в т о н о
A MESSER FABIO SEGNI,
*
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C A P I T O -
L -
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A M E ss E R A NN I B AL CA Ro.
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C A P I T o L o
A MEssER BENEDETTo BusINI.
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ఆః 14 శe
с А в 1 т о І. о
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A MESSER L. UC A M A R T IN I.
• 9 -
sa 2 a 2 2 2 2 2 2 2 2 uovo,vo o, 2 o o, a o o,
C A P I T O L O
S O P R A L A P O S T A3
A Monſignor Dandino.
OI, quale ogni dì più perdiam di viſta,
Se Dio vi guardi d'ogni caſo ſtrano,
Nè cavalchiate mai giumenta triſta,
Ma che ſenza tirar punto a la mano,
Corra da sè, ſicura, e ripoſata,
Per fanghi, ſaſſi, ghiacci, e monte, e pi: o ,
E quando far volete la parata, -
*...*.* * ~* Non
●● 151 金*
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s o P R A L A P o s T A,
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હ છે: t ; ; જૈશ્વેિ
L E T T E R A
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A SE R PI E TR O DA SE zz A.
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E mi raccomandiates": aſſai i o ) .
Al virtuoſo gentil Cavalcanti, i
La Corteſia del qual ſempre adorai. ,
Gli amici voſtri ſtan ben tutti quanti, º
Sino al buon Cavaliere, a chi in quel ghiaccio
Non giovò'l lupo, nè li doppi guanti. .
Io vivo, e ſcrivo, e ſin di quà v'abbraccio. I
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G A P 1 T o L o
i, fri e se i
A MoNs1GN oR MA FF Eo
- r .
Che poi fu Cardinale.
- av - - - - - - 2
S O P R A LA E O R I A... -
- i - . .
R ecco, ch'io vi ſcrivo della Boria, o
La quale in petto, e in perſona ne viene,
Non per oſtentazione, e vanagloria:
Ma pi farvi conoſcer, quanto bene, -
È quanta fiamma mandi fuor quel fumo,
Qual tutta baldanzoſa in sè ritiene,
Dire appien le ſue lodi io non preſumo,
Ma ſolamente per un bel parere
- - -
L'inchioſtro, e'l tempo a dir di lei conſumo.
l - La
- --
ఆ 16ః శ*
La Boria fa perfetto ogni meſtiere,
Come fa anche la dilettaziono,
Che ſi sforza nell' opere piacere.
Tiene amicizia con l'ambizione,
Qual non fi debbe biafimare affatto ,
Poichè cammina alla riputazione. -
Giove di Boria, e diletto ipſo fatto *
S'empiè, creati li quattro elementi,
E l' uom veſtito del terreno imbratto.
Le Stelle, il Sol, la Luna, sì lucenti *
. .
In Marmo, in Bronz in Argento, ed in
2.
့ဖ. l
te?: 164 3 2
ma
S'affaticaron valoroſamente, º º
Sol per farne medaglie a centinaiº a º
Cammei, Statue, Coloſſi, e parimente - e - .
Laſſar pien di ſtupor l'architettura » .
Fabbricando così ſuperbamente . io a
Per Boria eſpreſſa, l'arte, e la natura, o
Inſieme gareggiando , hanno inſegnata º
La Pittura perfetta, e la Scultura. I
Mirate pur la volta, e la facciata
Del divin Michelagnolo, e ſuoi marmi, i
Che con l'arte natura ha ſuperata. Il
onde la Boria ad onorarlo, parmi, i
che intorno li ſtia ſempre, e che li dica :
Altri che tu non può viva moſtrarmi.
Conſiderate dunque in che fatica, - , -
QuelLolitigar
ſpendere i preſente
per morti, o per firo,
pelriſegne, i
- 2 Que
v
º 166 3º
-
C A P 1 T o L o
IN L o D E DELLO SPA G o .
nº - e o ai
e-
i" , eddi Epicuro
piacer tal Vim ilponer
ſommo bene
dovette. -.
C A P I T O L O
IN L o D E D E R IN FR E s C A T o I,
C A P I T O L O
Il ver
〈g笠 186 逸勢
L E T T E R A
A ME ss E R JA c o P o se L LA J o.
Sºlº la voſtra, come caro pegno
D'amiſtà nuova, e dal ſuo bel modello,
Schizzo in riſpoſta queſto mio diſegno.
S'Apelle, o Michelagnolo il pennello
Aveſſer preſo, non avrien potuto
Ritrarvi, come voi fatto a capello.
Ond'io, che già per fama ho conoſciuto
Il bel Sellajo, or lo conoſco eſpreſſo,
E fin di quà l'ammiro, e lo ſaluto.
E potrò dir ſcontrandolo, gli è deſſo,
Il che perchè di me poſſiate fare,
Mandovi un ſpolverezzo di me ſteſſo.
Tomo II, N Saper
●兹194总°
LET
é莎r97兹命
L E T T E R A.
A 1, O R E N Z O S C A L A.
L E TERZ E RIME
DI STRASCINO DA SIENA,
A L L A P A S Q U IN A
C A P I T O L O
C A P I TG L O S E C O N D O
C A P I T O L Q
Dr M ess E R P 1 E T R o A R ET 1 No
Alla ſua Diva.
C A P I T O L o
IN LO D E DE L B I C C H I E R E ,
Di M. Bino.
C A P I T O L O
D1 ANDREA L O R I
I N L o D E D E L L E M E L E.
A Luca Valoriani.
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●変 2zo 逸の
C A P I T O L O.
р і м. І. u. c А м А в т 1 м 1,
A Vifino Merciajo.
IA era il Sole all'Orizzonte giunto,
Quand' io di Pifa venni quì flamani:
Or ſi truova a Merigge di bel punto.
Ed ora ho deſinato, e fra i Tafani
Parmi ſentir le Muſe giù da' monti,
Venute a diportarfi pe pantani.
Ma ſe le non ſi parton mai da fonti,
Avran mandato qualche fattoraccio,
Che riſcuota l'entrate, e tenga i conti:
Poich'io mi ſento un capo pien d'impaccio,
Che razzola il cervello, e manda fuori
- Quel ch'io lor debbo come Poetaccio.
E s'io non ſon fra i rivi, o 'nfra gli allori,
Son n” un palude, en fra le fue cannucce,
Che mi bagna, e difendon dagli ardori.
E quì ſerivo, Viſin, queſte cartucce,
Per mandarle in iſcambio delle nuove,
E farem, come dire alle mammucce.
Io ſono in un paeſe, e non ſo dove
Si falga lʼerta, o fi fcenda la china ,
Nè per l'aſciutto ancor, nè quando e piove,
Che quì per tutto è ſtato già marina,
Nè ſi può dir nè 'n quaggiù, nè in laſsù;
Doti, che rado il Ciel largo deſtina,
Per
(aリ 22 を執
C A P I T O L O
-
-
IN Lo D E D 1 e E GLI,
Villa del Signor Adam Centurioni.
Iº credo eſſere ſtato ne' più begli
Luoghi di Villa, ed al giudizio mio,
Gli hanno a far poco, o non nulla con Pegli,
Chi lo vedrà, come l'ho veduto io, e
Poſſa eſſer fatto ſchiavo, sei non dice,
Che gli è uſcito delle man di Dio. . Gli
- 1
a変 224 登*
---------------------
C A P I T o L C
1N Lope D EL MoRTA, o,
Di S. B. a Lorenzo de Bardi.
UANDo ripenſo alle lodi immortali,
Che ſi ſon date a Cardi, a Peſche, a Fave,
A Fichi, a Ghiozzi, a Anguille, e Orinali.
E chi cantò del Forno sì ſoave,
E de'capricci più d'un centinajo:
Soggetti tutti da perſone brave.
Ma che non ſi ſia detto del Mortaio,
Della circunferenza, e del peſtello
Che ſe n'adopra ad ognora un migliaio,
E come ſia uno ſtrumento bello,
E come vi ſi adopri, e meni drento:
Materia da Petrarca, e da Burchiello,
E che non ſia ſtato meſſo al cimento,
Al paragon d'ognaltra maſſerizia,
Mi maraviglio, e per quinto elemento.
E ne fanno le donne una letizia
Quando gli è forte, come s'appartiene,
E pur ch'egli abbi peſtello a dovizia.
P 2 Per
喀228安莎
C A P I T O L O
IN Lo D E DELLA MARTIN GALA ,
Di M. Franceſco Baldelli.
E voce aveſſi più ch'una cicala, -
P 4 Ma
ఆర్త 22 శP)
LE TERZE RIME
DI BRONZINO PITTORE.
2.
C A P 1 T o L o
in LoDE DELLA GALEA.
C A P 1 T o Lo sE C o N D o
IN LO D E DELLA GA LE A
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A Meſſer Luca Martini.
C A P I T o L o
IN Lo D E DELLA zanz ARA.
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C A P I. T O L O
A M. Lodovico Domenichi.
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-
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C A P I T O L O
Di Luca valori ANI,
I N 1. o D E D E C A Lz o N 1,
A Luigi Spadini.
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C A P 1 T o L o
º
IN Lo DE DE L L'AsIN o,
E Vi parrà capriccio daddovere,
Compar mio caro, a dirla quì tra noi,
S'io canto quel, che di cantare ſpero,
Già non ſaran bugie di ſtrani Eroi, -
Va dì ,
e 287 32
Una coſa,
Ond'ei ſaràche
coldebba
tempoeſſer
più inteſa,
lodato: º
a
c A P 1 T o L o
DI M. GIov ANNAN DREA DELL'
ANGUILAR A,
Al Cardinale di Trento.
SR A baſſi, fra mezzani, e fra gli Eroi,
Signor, Paſtore, e Cardinal di Trento,
Non ſi ragiona d'altro, che di Voi.
S'io vo, s'io ſto, dove ſi parli, ſento
Dir del voſtro leggiadro, alto intelletto,
E del raro giudizio, che v'è drento. »
Da ch'io mi levo, ſin ch'io vado al letto, e
Altro non mi vien detto, altro non s'ode:
Come ſe non ci foſſe altro ſoggetto. . .
O Dio come gioiſce, e come gode ,
L'antico mio Padron Leone Orſino, i
Quando racconta qualche voſtra lode,
Vi moſtra ſcritto in volgare, en latino,
Di proſe, e verſi ha ſempre le man piene,
Che vi ſcrive oggi ognun, fuor che Paſquino.
Quì ſtudi, corte, piazze, pranzi, e cene
Par, ch ognor partoriſchino qualche atto,
Che fa di voi parlare, e ſempre in bene.
Talch'io mi ſon innamorato affatto,
E v'ho, Monſignor, poſto tanto amore,
Ch'io ne divengo ogni giorno più matto.
Io, che ſon dolce, e tenero di cuore,
Di propria volontà voluto ho farmi
Voſtro perpetuo ſchiavo, e ſervidore.
- - - - -
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E ſe
ఆ 295 వళి
ergamºsan «mºva =ణతాఙ<re
C A P I T O L O
D I M. LO D O VICO D O M E NIC H I ,
A MA st R o J A c o P o D I N E R 1 ,
Ceruſico, e Barbiere.
с А в I то L о *
1.
dELLA Z U P P A
A Filippo Giunti.
UEL poco ingegno, c'ho, mi s'avviluppa
Solo a penſar, Filippo, com'io poſſa
Oneſtamente celebrar la Zuppa.
L'amor, e l'umor ſuo m'entra nell'oſſa
Sì fattamente, ch'aguzzar volendo
La punta dello ſtil, vie più s'ingroſſa.
Spirami tu del tuo favor ſtupendo,
Bacco, perchè adoprar a queſta impreſa
Apollo tuo fratel non vò, nè intendo.
Il tuo liquor m'ha sì la mente acceſa,
Che poco ſtimo l'acqua d'Ippocrene:
E la difgrazia fua manco mi pefa.
Molti ſon quei, c'han poſto il ſommo bene
Nelle felicità di queſto Mondo,
Nell'eſſere onorato, e ricco bene.
Altri d'ingegno più ſaldo, e profondo,
Stiman, che la virtù ſol poſſa dare
Piacer compito, e a null'altro ſecondo.
Chi i diletti di Vener ſuol prezzare
Più d'altro, e dice, che i compleſſi ſuoi
Non trovano quaggiù maggior, nè pare.
Altri la ſanità fan prima, e poi
L'eſſere amato, e fornito d'amici,
Con cui poſſi partir gli affetti tuoi,
V 4 -
e3 3 1 2 3º
- V 6 Ma
(e3; 316 29,
C A P 1 T o L o
IN LODE DELL' UMOR MALINCONICO
ALL' UMOR DI BOLOGNA .
Di Mattio Franzeſi.
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s or R A 11 rassraetare º
Al medefimo.
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e2; 321 2º
SO
e; 322 22
S O N E T T O
DI M. FRANCESCO BERNI
Scritto a maniera di Proſa tra le facete Lettere, e
piacevoli raccolte per M. Dionigi
- Atanagi pag. 27.
T A V O L A
D E C A P 1ToL I
DI M. FRANCESCO BERNI.
D e 1 M o 1 2 a.
De Fichi. 2i
D 1 M. FR A N cEsco C o p P E TT A.
Di Noncovelle. 28
Del Medeſimo. 31
A M. Bernardo Giuſto. 33
Canzone nella perdita d'una Gatta. 3
O
In lode dell'Oſteria. 4
Alla
ఆ 25 :P
In lode dell'Altalena.
D 1 V1 N C E Nzo M A R T E L L 1.
D E L S 1 G. G 1 R o l A M o R Us c E l l 1.
D 1 M. PI E TR o A R E TI No.
41 மக. -
206
D и М. В ы м о.
D А м о к е л L о к и.
In lode delle Mele. 2:5
D 1 M. Luc A M A RT IN 1.
D I S. B.
D E L BR o Nz i No PIT To s E.
D 1 M. VA L E R 1 o B U o N G1 o co.
D I L U c A V A Lo R 1 A N 1. -
D I M. B.
DI M. LoDovIco DoMENICHI. -
D 1 M A Tr1o FR A Nz Es 1.
D 1 M. Fa a Ncesco B ea N1.
Sonetto. 322
I L F I N E.
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